10 gennaio 2024
Francesco Paolo Michetti e il Cenacolo di Francavilla al Mare.
13 dicembre 2023
La poesia del pescarese Oberdan Merciaro.
di Angelo Iocco
Spartito musicale, per gentile
concessione del M° Loretta D’Intino |
Versione “giuliese” della canzone “Oh, Francaville!”, archivio Sandro Galantini |
Il Coro di Giulianova, archivio Sandro Galantini |
Prima Festa delle Canzoni di Giulianova,
archivio Sandro Galantini |
11 dicembre 2023
Tradizioni popolari d’Abruzzo: il giorno di Ognissanti, oggi noto come Halloween.
Particolare del quadro votivo offerto dalle parrocchie di Perloz e Lillianes, 1685 |
Tradizioni popolari d’Abruzzo: il giorno di Ognissanti, oggi noto come Halloween
di Angelo Iocco
Se qualcuno legge la novella aprente della raccolta Trecce Nere di
Domenico Ciampoli, con l’identico titolo del volumetto, Tip. Treves, Milano,
1891, potrà piacevolmente ammirare le suggestioni dello storico atessano, nel
riportare un’antica tradizione di Canzano nel teramano la notte di Ognissanti,
quando nell’aia di una stalla i paesani banchettano insieme in onore dei Morti,
aspettando che i defunti passino a far visita nel mondo dei vivi. Una
suggestione premonitrice per la triste fine della ragazza protagonista,
leggiamo insieme uno stralcio:
“C’era
il pranzo de’ morti e la fiaccolata. Secondo il costume, la mamma e Mariuccia
si dettero un gran da fare per imbandire in mezzo alla casa una gran mensa: di
quella notte le anime de’ parenti vengono a visitarci e per ognuno dev’essere
un posto a tavola: a dritta le femmine, a mancina i maschi, a capo i nonni, in
fondo i bambini; e come tutto è pronto, si spegne il fuoco, versando dell’acqua
sui tizzoni e sulla brace: forse pensano che al mondo di là qualcuno può averne
troppo, di fuoco. Poi si recitano le preghiere pe’ morti. A mezzanotte s’ode
uno scampanio improvviso, un urlio terribile: tutte le finestre delle case
illuminate, per le vie buie una turba di gente che grida, va picchiando gli
usci, e porta in mano tante fiaccole strane: sono canne o pali in capo a’ quali
è un teschio vuoto, dalle cui occhiaie esce la luce d’una candeletta; teschio,
per così dire, ma in verità è una zucca bucata che ne fa le veci.”
Suggestioni che il Ciampoli in prima persona, nelle sue contrade, dovette vedere, e di cui si servì, sulla scorta degli studi dei suoi amici etnologi De Nino e Finamore. Si tratta di una delle più antiche testimonianze letterarie scritte sul Culto dei Morti in Abruzzo.
Halloween non è altro che la semplificazione di "All Hallows' Eve" = la vigilia di Tutti i Santi.
Molte delle nostre feste o ricorrenze (anche quelle religiose come Natale,
Pasqua) sono incardinate a riti e tradizioni di origine pagana.
Il 25 dicembre, per esempio, è in realtà la antichissima festa del Sol
Invictus, collegata al culto del dio Mitra.
Le nostre più belle Chiese sono state costruite su antichi templi pagani.
Gli aspetti di natura commerciale hanno abbondantemente condizionato tutte
le nostre feste, comprese quelle considerate religiose.
La Festa di Halloween è una della celebrazioni più sentite e diffuse in
tutto il mondo.
Per curiosità culturale, questa è la storia delle manifestazioni della
notte di Ognissanti, con riti presenti da secoli anche sul territorio italiano.
Alcune ricerche in proposito raccontano che in varie regioni viene
celebrata dalla notte dei tempi.
Nel celebrare la commemorazione dei defunti, una tradizione vuole che i
primi Cristiani, vagabondassero per i villaggi chiedendo un dolce chiamato
“pane d’anima”, più dolci ricevevano e maggiori erano le preghiere rivolte ai
defunti del donatore.
A Massafra in provincia di Taranto gli anziani raccontano che il 31 ottobre
i morti di notte escono dal cimitero in processione e percorrono le vie del
paese vecchio con il dito acceso a mo’ di candela. Se incontrano un passante
che va al mattino presto a lavorare lo uccidono e lo portano con sé. Queste
anime del purgatorio entrano nelle chiese per celebrare messa. Una leggenda
narra che una volta un vivo entrò in chiesa e quando il prete si girò per la
benedizione verso la navata, il vivo si accorse che non aveva il naso e solo
allora fu sopraffatto dagli altri morti.
Le anime del purgatorio erano molto rispettate nelle case dei nonni. Oltre
ad un’apposita preghiera pronunciata ogni giorno durante il Rosario, veniva
loro riservato tutto l’anno un coperto vuoto a tavola, con tanto di sedia,
forchetta o cucchiaio e tovagliolo. Le anime del purgatorio ritornano nel
cimitero la notte dell’Epifania.
Vittorio Monaco, per quanto riguarda l’area Peligna e la Valle di Sulmona, raccolse diverse usanze, ispirandosi anche a quanto già scritto dal suo predecessore Antonio De Nino negli Usi e costumi abruzzesi, in Capetièmpe – Capodanni d’Abruzzo, Textus, L’Aquila 2011. Il volume in forma ciclica ripercorre le tradizioni dell’avvio di un periodo dell’anno, partendo dal Capetiempe dell’Ognissanti, arrivando all’Avvento di Natale, al Capodanno e all’Epifania, per concludere con Sant’Antonio abate e i riti della Santa Pasqua.
A SULMONA, si svolgeva il 2 novembre l’ufficio funebre più singolare, durato fino alla fine del 1800, il BANCHETTO FUNEBRE che ricordava la tradizione celtica e anche romana. La città seguiva “la processione” fino al cimitero dove si celebrava la messa e poi la baldoria. Questo rientrava in quella concezione secondo cui il defunto potesse godere ancora dei piaceri della vita sprigionati accanto a lui. I giovani, durante la notte, scarabocchiavano tibie e teschi con gesso bianco sulle porte delle case per dire che i morti erano stati lì quella notte, come riporta De Nino nel I vol. degli Usi abruzzesi, 1879, con un rito simile all’Halloween che oggi conosciamo, anche se il motivo era differente da quello goliardico e consumistico. Le antiche usanze sono riportate in una bellissima e lunga poesia di Francesco Simonetti: Sulmona nei riti religiosi, Angeletti, Sulmona, 1901, ritrascritta in Sulmona Città d’arte e di poeti, a cura di E. Mattiocco, G. Papponetti, Carsa, Pescara, 1996.
Fino agli anni ‘40 a PRATOLA PELIGNA, nella sera di Ognissanti, i ragazzi con il volto imbiancato
di farina bussavano alle porte delle case.
7 dicembre 2023
Carlo Pace scultore lancianese di monumenti e presepi.
Carlo Pace, ph di Vittoria De Cecco |
Carlo Pace scultore
lancianese di monumenti e presepi
di Angelo Iocco
Chi oggi entra al Teatro comunale “F. Fenaroli” di Lanciano,
nell’atrio rimane estasiato nell’essere accolto da due busti in bronzo,
ricavato dai calchi in gesso originali dello scultore Pace, essi ritraggono il
musicista e maestro di cappella Francesco Paolo Masciangelo (1823-1906) e
Fedele Fenaroli (1730-1818), maestro di contrappunto al Conservatorio di
Napoli. Pace realizzò il calco in gesso anche per il monumento a Fenaroli del
1930 per il bicentenario della nascita, collocato nei giardini della stazione
ferroviaria dove si trova la Villa delle Rose. Ma chi era Carlo Pace?
Fu da sempre molto attivo nell’arte della sua bottega di terracotta, anche se definirlo semplice artigiano è poco. Lo dimostra una Mostra realizzata nel Natale 2019 presso il palazzo vescovile di Lanciano a cura dell’Associazione “Amici del Presepio”, con opere prestate da collezionisti privati (Madonne, Maddalene, Bambinelli, Pastori) che ha saputo coinvolgere vari lancianesi e non collezionisti d’arte, i quali si ritrovano delle terracotte dei pastori o di personaggi da presepio che furono fabbricati dalle abilissime mani di Pace. Carlo in questa nobile arte popolare era un vero maestro, e fu uno degli epigoni di un’arte che si andava spegnendo, quella semplice dei mastri della terracotta. Il presepe lancianese infatti vuole statue umilissime in terracotta, modellate nei riccioli, nelle pieghe delle vesti, con occhi bucati, non dipinte. Una reminiscenza dell’arte napoletana proiettata nella Lanciano dell’altra sponda del mare. Molti altri artigiani lancianesi e non si sono cimentati nell’arte del presepe, successivamente le umili statue di terracotta sono state dipinte, anche gli occhi sono stati abbelliti col bianco e il nero. La Mostra d’arte del 2019 ha permesso di ammirare come fosse meticoloso Carlo Pace nella realizzazione delle scenografia di gusto napoletano, le grotte, le rovine di antichi templi o chiese dove ambientare il Sacro Mistero della Nascita del Salvatore; i pastori e le figure varie di massaie, venditore d’acqua, pescatori, spaccapietre, viandanti, sono realizzati con vivo realismo e cura del dettaglio; perfino i vestiti sono abilmente ritagliati e cuciti nei manichini di terracotta. Se ciò può apparire cosa scontata e ovvia, Pace fu nella cura di questi particolari in vero maestro. Nella Mostra sono state esposte anche statuette di terracotta di uomini e donne nell’ambito tradizionale abruzzese, come quello di Scanno, di Pettorano, di Aquila, fornendo un degno omaggio a questo lancianese poco conosciuto.
Bozzetto per Busto di Fedele Fenaroli, dall’ex Museo civico
lancianese - Foto dal libro di Giacomo de Crecchio “Piazza Plebiscito 1583-2023
a Lanciano”, Nuova Gutemberg, Lanciano 2023
25 novembre 2023
L’itinerario d’Arte Sacra Lancianese di Peppe Candeloro.
Particolare
del Cristo, dal Discorso della Montagna, 1982, chiesa di San Pietro, Lanciano
L’itinerario d’Arte Sacra Lancianese di Peppe Candeloro
L’artista abruzzese
Peppe Candeloro di Casoli, classe 1931, da sempre amante dell’affresco e del
disegno, ha trovato negli anni ’70, una vera famiglia nel rione Cappuccini di
Lanciano, dove ha insegnato per 30 anni nella scuola media “Umberto I”.
Nel corso della sua
vita a Lanciano ha lasciato numerose opere, specialmente affreschi, li troviamo
in una cappella del, cimitero comunale di Lanciano, in una cappella del
cimitero di Frisa, nella sala consiliare del Comune di Lanciano, e nelle
chiese.
L’Itinerario d’Arte
Sacra si sviluppa così:
•
Chiesa di Santa Chiara Sec XVII-XVIII , Largo Santa Chiara, poi inizio viale
Cappuccini
•
San Pietro Prima metà anni ‘50 – Largo San Pietro
•
Ex convento San Bartolomeo Sec XVI -
viale Cappuccini – Largo San Bartolomeo
•
Chiesetta Madonna delle Grazie di Marcianese, fine sec XIX - rotatoria contrada Marcianese
•
Parrocchia Maria SS. delle Grazie di Marcianese, 1999-2001 – via Marcianese
Tutte ubicate lungo una direttiva di circa 3 chilometri che inizia da Corso Roma (Largo Santa Chiara), attraversa Viale Cappuccini e raggiunge Contrada Marcianese: è la Strada Statale 8
XII
- V - LXXXVIII Firenze
Caro
Candeloro, La ringrazio della Sua lettera gentilissima che, purtroppo. mi
raggiunge mentre sono indisposto e sotto cura. Perciò non posso dilungarmi nel
risponderLe. Posso dirLe che apprezzo la Sua inventiva e il senso compositivo
dei Suoi affreschi. Scendendo al particolare […] Ad ogni modo complimenti e
buon lavoro. Con viva cordialità Suo, Pietro Annigoni Il LINGUAGGIO
DELL’AFFRESCO […]Proprio rifacendosi ai trattati medioevali, meditando sui
ricettari, sulle loro indicazioni e istruzioni, sulle loro regole, Peppe
Candeloro ha recuperato quel linguaggio tecnico più antico e genuino che molti
avevano dimenticato o travisato e ne ha fatto il mezzo per eccellenza per i
suoi messaggi. Che non scendono mai ad arcaistiche riprese o imitazioni di
fatti del passato, ma che si servono di quella tecnica per estrinsecare al
meglio il suo mondo, le sue idee sulla vita e sull’uomo di oggi. Filtrando e
investendo il proprio linguaggio di tutti i più saporiti succhi del suo colto
esistere.
Firenze, giugno 1993 Umberto Baldini
22 novembre 2023
Domenico Ciampoli, racconti e novelle abruzzesi.
13 novembre 2023
Filippo Santoleri, architetto orsognese dell’Ottocento.
Cimitero comunale di
Orsogna |
Filippo Santoleri, architetto orsognese dell’Ottocento
di Angelo Iocco
Pochissimi lo conoscono o hanno sentito parlare di lui. Come ho accennato in un altro articolo sull’ingegnere Giacomo Torrese di Canosa, vissuto qualche trentennio prima di lui, il Santoleri operò alla fine dell’800, nell’area di Orsogna e dintorni. Ingegnere fu, lo studioso Armando de Grandis ci ha riferito che restaurò la chiesetta di San Rocco fuori il paese di Crecchio, che si trovava esattamente nel piazzale di ingresso al castello De Riseis, andata purtroppo distrutta nella seconda guerra mondiale. La cappella in una foto storica si mostra rettangolare con abside semicircolare; gli interni furono restaurati alla maniera neoclassica, con i capitelli ionici, le paraste, e i tipici stilemi di questa corrente che in Abruzzo giunse abbastanza tardi, esattamente dopo l’Unità d’Italia, salvo sporadici episodi di committenze colte, mi viene in mente il monumento a Michele Bassi d’Alanno, signore di Carpineto Sinello, nella seconda cappella di sinistra della chiesa di San Giovanni dei Cappuccini in Chieti, dove appaiono evidenti segni della massoneria, l’occhio di Dio, l’angelo con la fiaccola capovolta il sarcofago alla greca, e tanti altri elementi. Tonando a Santoleri, non possiamo ammirare la chiesa di Crecchio che restaurò, ma possiamo ammirare i cimiteri comunali che egli progettò per i paesi di Orsogna[1], forse Arielli, non molto distante dal piccolo paese di provenienza, e infine quello di Castelfrentano, Come ricorda lo storico Matteo Del Nobile nel suo libro La Madonna della Selva a Castel Frentano (2021), all’epoca nonostante le precise disposizioni di Napoleone sulle sepolture, a Castelfrentano e dintorni si continuava comodamente a seppellire i defunti in fosse comuni, oppure i più abbienti, nelle varie chiese e cappelle, ei diversi ossari, rischiando di generare epidemie di colera.
Foto storica di Villa
Cavacini, archivio Marco Cavacini |
5 novembre 2023
Ricordo di Michele Scioli, grande ricercatore della storia di Castel Frentano.
RICORDO DI MICHELE SCIOLI, GRANDE RICERCATORE DELLA STORIA DI CASTEL FRENTANO
di Angelo Iocco
Nel 2024 ricorrerà il decennale della scomparsa del dott. Michele Scioli. E' nato il 16 marzo 1935 a Castel Frentano (CH) dove risiedette per tutta la vita. Dopo aver conseguito la maturità classica a Lanciano, si è laureato in Lettere con indirizzo storico-archeologico. Come ha avuto modo di ricordare il suo “erede spirituale” Matteo De Nobile, che ne porta avanti la memoria attraverso le ricerche di storia a Castel Frentano, lo Scioli sin da fanciullo iniziò a coltivare la sua passione per le ricerche, frequentando la biblioteca comunale di Lanciano, tentando di rintracciare qualche nota sulla storia di Castel Frentano, che ai suoi tempi era pressocché inesistente presso le riviste, o le monografie. E appuntò delle note tratte dai manoscritti di Bocache e Pollidori su dei quaderni, che in seguito riutilizzerà, e saranno riutilizzati anche da Del Nobile per il suo manuale Da Guasto Superiore a Castel Frentano: un’esposizione storica, 2011.
Scioli fu assistente alla regia, e attore anche nelle
commedie presentate dalla Compagnia Teatrale Abruzzese 80, nata nel 1979, che
ha riproposto i grandi successi della tradizione castellina: La feste di
Sante Rocche e Lune e spose, tutte na cose. Amante della storia, collaborò
alla ricostruzione del Monumento ai caduti del Colle della Vittoria, finanziato
dal Sen. Raffaele Caporali. Frequentando gli archivio diocesani e comunale di
Lanciano, sin dalla fine degli anni ’70 ha avviato il suo grande progetto di
raccolta e regestazione dei documenti e protocolli notarili inerenti vendite,
cause civili e criminali, affitti, rivele, proprietà e quant’altro riguardasse
la comunità di Castel Frentano, o Castel Nuovo, come si chiamò sino al 1864. Il
primitivo abbozzo ci fu con la pubblicazione di Castel Frentano: appunti di
storia (1981), seguito di Sulle tracce di Castel Nuovo; presso il
Bullettino di Storia Patrai in Abruzzo, pubblicò anche un resoconto della
storia paesana: Castel Nuovo, una rifondazione del tardo Medioevo,
ricerche sempre puntualmente corredate dai documenti, sfatando de facto
quell’antico mito di Pietro Polidori che nel suo manoscritto sosteneva che il
paese fosse di fondazione longobarda, a opera del Conte Petrino per conto del
Conte Trasmondo di Chieti, notizia completamente inventata che indusse in
errore diversi scrittori, compresi i valenti Emiliano Giancristofaro e
Vittorina De Cecco nel lor volume Frentania sconosciuta. I volumetti,
oggi rari, conservati nelle principali biblioteca della regione, compresa la
comunale e la diocesana di Lanciano, hanno un ricco corredo fotografico, e
riportano anche le note degli scavi archeologici degli anni ’80 della
Soprintendenza di Chieti, effettuati in contrada Trastulli, nonché note di
arte, Scioli fu uno dei primi a commentare l’opera artistica del locale
Giuliano Crognale, le cui opere si trovano in tutte le chiese maggiori del
paese, che era stato già ricordato, ma più per i sentimenti politici, da
Raffaele Persiani in Alcuni ricordi politici per la massima parte Abruzzesi
al cadere del 18mo e 19mo secolo, spoglio dalla Rivista abruzzese di
Teramo, 1900. Lo Scioli, come farà nella trascrizione e pubblicazione dell’Autobiografia
di Giuliano Crognale con alcuni inediti, Lanciano 2010, commentando le
opere con corredo fotografico, non tralascerà nulla del suo paese che non sia
da ricordare, vagliare, criticare con acume.
26 ottobre 2023
I Marchiani di Ortona, Ignazio e Francesco Paolo, pittori del tardo classicismo abruzzese, con un appendice su Serafino Giannini e le sue pitture a San Valentino in Abruzzo Citeriore.
Francesco Paolo Marchiani, Sacra Famiglia, chiesa madre di Villamagna. Altare di patronato famiglia De Palma |
Parliamo di un contesto
artistico in cui, specialmente nella provincia di Chieti, che nel pescarese (mi
riferisco a quella fascia che in quei tempi comprendeva nel chietino ancora i
paesi della Majella occidentali quali Serramonacesca, Bolognano, Abbateggio,
San Valentino), operava la bottega di Guardiagrele. Erano attivi soprattutto
l’anziano Nicola Ranieri con le sue pitture ridotte ormai a imitazioni di sé
stesso e delle sue tele antecedenti al 1799, quando i francesi, stando alle
cronache, distrussero il suo studio con le stampe dei Santi a cui si ispirava
per i quadri, e del suo fido discepolo Francesco Maria de Benedictis. Non c’è
chiesa maggiore o minore nei paesi d’Abruzzo del chietino e del pescarese,
almeno al sud del fiume Pescara, i di cui parroci o arciconfraternite non
avessero commissionato a Ranieri o de Benedictis una tela, un santino, un
trittico a un santo patrono, come nel caso della chiesa madre di Bucchianico.
Ma quale palese imitazione di un concetto artistico ormai cristallizzato nel
bozzetto! Quali stanche e solite ripetizioni in 3 o 4 quadri dello stesso tema,
magari per chiese a pochi km di distanza l’una dall’altra! I Marchiani in un
primo momento seppero dare una risposta a questa guazza. E lo vediamo con il
capostipite della scuola.
Ignazio Marchiani
nacque a Ortona alla fine del ‘700, studiò disegno e pittura, a Napoli,
tornando poi in città, dove ebbe varie commissioni per palazzi e chiese
ortonesi. Ebbe contatti anche con l’anziano Nicola Ranieri da Guardiagrele, che
gli dette alcuni rudimenti, e probabilmente anche qualche stampa da cui trarre
spunto. Ma le qualità delle opere dei due artisti sono assai differenti. In un
quaderno dell’Associazione Ortonese di Storia Patria del 2004 sugli uomini illustri
di Ortona, è riportato che Ignazio dipinse una veduta di Ortona dal colle di
San Vito, con le principali chiese e palazzi, e San Tommaso benedicente (1824),
collezione privata; nel 1832 dipinse per la chiesa della Madonna delle Grazie
una Madonna col Bambino. Anche se non firmati, di lui si riconoscono dei quadri
provenienti dalla demolita chiesa di San Domenico a Terravecchia, allestiti
oggi nella biblioteca diocesana che sorge al posto della chiesa.
Ignazio Marchiani, veduta di Ortona e la processione di S. Tommaso, 1824 |
Ignazio si trasferì nei primi dell’800 a Chieti per insegnare disegno, ebbe vari allievi, tra cui Francesco Paolo Michetti, e fu lodato per il suo disegno preciso, la caratterizzazione corretta dei tratti anatomici, e l’originalità dell’uso del colore a tinte calde. Resta di lui anche un ritratto di Don Ludovico Del Giudice nella galleria degli Arcivescovi del palazzo vescovile a Chieti. La Madonna di Ortona è abbastanza statica, ma ha un candore nel viso, e nelle braccia del Bambino eretto sul ginocchio; l’accavallamento delle gambe della Vergine per mostrare il piede è una convenzione abbastanza usuale.
19 ottobre 2023
Storia del Risorgimento e della Massoneria in Abruzzo.
Chieti ai tempi di Monsignor Saggese
17 ottobre 2023
Olindo Jannucci alla conquista delle Maggiolate abruzzesi.
10 ottobre 2023
Artisti Abruzzesi - La bottega dei Conti di Sulmona alla fine dell’800.
di Angelo Iocco