Pagine

Visualizzazione post con etichetta Paganica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Paganica. Mostra tutti i post

3 febbraio 2024

Lorenzo Grilli, Gioacchino Volpe, Di una ribadita coerenza storiografica. Il Prof. Volpe all'Università "Pro Deo" di P.Felix A. Morlion, vol.3.

Lorenzo Grilli, Gioacchino Volpe, Qualcosa se se salvò, vol.2.

Da: Archive.org

Lorenzo Grilli, Gioacchino Volpe nello specchio del suo archivio. Qualcosa se ne salvò. La tesi di laurea e le lezioni su Bonifacio VIII. vol.1.

 

Gioacchino Volpe nell'Italia repubblicana.

Da: IASRIC

Lo storico Gioacchino Volpe, nato a Paganica (AQ) il 16 febbraio 1876 e morto a Santarcangelo di Romagna (RN) il 2 ottobre 1971, fu, all’avvio della sua attività scientifica e di ricerca, uno de principali esponenti della cosiddetta scuola economico-giuridica, che sotto l’influenza del marxismo, così come filtrato dal pensiero di Antonio Labriola e di Gaetano Salvemini, introdusse la dimensione economica e sociale nello studio del Medioevo. Professore all’Università di Milano a partire dal 1905, Volpe si convertì al nazionalismo negli anni del primo conflitto mondiale dedicandosi da allora soprattutto allo studio della storia moderna e contemporanea. Intellettuale di punta del regime fascista, fondatore dell’ISPI e dal 1929 Accademico d’Italia, non aderì alla Repubblica Sociale Italiana per la fede monarchica e sabaudista che lo caratterizzava e che anche dopo la guerra, fu, insieme al nazionalismo, uno dei tratti salienti della sua produzione pubblicistica.

11 ottobre 2022

Giovanni De Paulis da Paganica.


Le opere dell’artista paganichese Giovanni De Paulis avranno finalmente una sistemazione decorosa
di Sabrina Giangrante

Le sculture di Giovanni De Paulis (1861-1959), artista nato a Paganica, avranno una degna sistemazione in un locale nella Villa comunale della frazione, infatti le sue opere verranno finalmente trasferite presso un locale di proprietà comunale, recentemente restaurato, sito in Via del Rio in Paganica è quanto stabilito con deliberazione della giunta comunale numero 484 del 19 ottobre ultimo scorso su proposta dell’assessore alla valorizzazione del patrimonio del Comune dell’Aquila, Fausta Bergamotto, e per merito soprattutto dell’interessamento dal parte dell’ingegner Claudio Panone.
«Inizialmente le opere d’arte di De Paulis - si legge in una nota - erano conservate nel deposito del museo nazionale d’Abruzzo, donate dallo stesso alla Soprintendenza ai Baaas per l’Abruzzo dell’Aquila sperando che potessero essere esposte nei locali del Museo».
Ma chi era Giovanni De Paulis? Lo spiega nell’introduzione della pubblicazione del 1996, “Un artista paganichese: Giovanni De Paulis”, lo storico aquilano Raffaele Colapietra che così descrive l’artista: «Giovanni è la negazione del notabile... I tre anni di Argentina costituiscono un’esperienza indimenticabile, che influisce profondamente sull’uomo e sul poeta, con risultati che anche al profano sembrano tutt’altro che trascurabili, ma l’uomo che torna “prostrato” a casa è rimasto un angustiato, un insoddisfatto(...). Giovanni De Paulis, a poco più di quarant’anni, è sul viale del tramonto, l’amicizia e poi la successione del Patini alla Scuola di arti e mestieri non lo confortano se non in quanto lo fanno sentire vicino ad una grande tradizione che anch’essa va tramontando, quella artigiana: la grande guerra, con i suoi dolori, farà il resto».
Ma pure in alcuni versi del Parini, appresi da un prete quando da ragazzo studiava presso l’Istituto Tecnico dell’Aquila, guidarono ogni azione della sua vita: «Me non nato a percotere le dure illustri porte; nudo accorrà, ma libero, il regno della morte. Né ricchezze né onore con frode o con viltà il secol venditore mercar mi vedrà».
Una vita dedicata all’arte, spirito inquieto e insoddisfatto, con un carattere orgoglioso e riservato, tutt’altro che combattivo, il più delle volte fu ignorato e boicottato dalla stessa L’Aquila, «concluse la sua esistenza nell’apatia e nello sconforto e guardandosi indietro riconobbe di essere stato “stoltamente dignitoso”, tuttavia tranquillo di non aver saputo fare l’ipocrita o l’affarista e nemmeno di non aver mai appartenuto a “camarille o chiesuole”».
La sua anima sensibile di artista, scaturisce anche nella «poesia semplice e scorrevole ma profonda di amore e di amarezza, il dramma della nostra gente, l’emigrazione. Anche nella scultura De Paulis, appare come un artista di alta levatura; il suo stile non appartiene a nessuna scuola ma è l’immagine della sua personalità infatti nel gruppo scultoreo “Lasciando la patria”, detto anche “L’Emigrante”, egli esprime il dolore dell’uomo che lascia il proprio paese, preoccupato del futuro e con il cuore in pena e in ansia, e la serenità del figlioletto che ancora non può avvertire la nostalgia e la paura dell’ignoto».
Poeta e scultore, nonché pittore, novelliere, commediografo, professore e inventore, un uomo che ha dedicato la sua vita all’arte, figura eclettica e geniale doveva avere finalmente quel giusto e doveroso riconoscimento e la collocazione delle sue opere nel paese che ne ha visto i primi vagiti renderanno compiuta l’opera.

Sabrina Giangrande, 11.11.2020

4 agosto 2022

Loris Di Giovanni, Elso Simone Serpentini, “La Libera Muratoria in Abruzzo dal XVIII al XX secolo”, (Artemia Nova Editrice).


Dal Principe di San Severo a Gabriele Rossetti, ai legami con Ettore Ferrari, alla loggia Aeternum…Un saggio racconta la Massoneria in Abruzzo dal XVIII secolo.

Loris Di Giovanni ed Elso Simone Serpentini hanno da poco dato alle stampe il volume “La Libera Muratoria in Abruzzo dal XVIII al XX secolo” (Artemia Nova Editrice. Il quarto pubblicato dal Centro Studi sulla Storia della Massoneria in Abruzzo (Ce.S.S.M.A.), uscito per i tipi della casa editrice teramana diretta da Maria Teresa Orsini. Per quanto la letteratura sulla Massoneria sia abbondante, non si può certo dire che avesse finora trovato una collocazione in ambito scientifico, men che meno in Abruzzo, prima dell’opera dei due insigni studiosi e storici, che ricostruiscono la presenza in Abruzzo di uomini e associazioni che in qualche modo si richiamano ai valori libero-muratori, calandosi anche nel contesto socio-culturale e della vita politica di ogni periodo storico analizzato. Un vero e proprio manuale di storia di ben 542 pagine, nelle quali si succedono, oltre alle ricerche storiche, le immagini di illustri massoni abruzzesi, diplomi e brevetti, in un percorso che dalla seconda metà del XVIII secolo arriva fino agli anni Sessanta del secolo scorso.

Punto di partenza dello studio sono le logge napoletane e la figura del Principe di San Severo, per passare alle officine castrensi francesi insediate a Lanciano, i loro rapporti con l’Intendente d’Abruzzo Pierre Joseph Briot e i legami con la Carboneria. Il Grande Oriente murattiano e le sue prime logge nella regione precedono un rapido excursus delle singole logge a Teramo, Pescara, Chieti e L’Aquila. Ricostruita nel dettaglio è l’appartenenza alla Massoneria del gentiluomo di Atri Carlo Acquaviva d’Aragona, che nella seconda metà del Settecento aderì ad una loggia napoletana, ed i contatti di suo zio cardinale Troiano Acquaviva con Giacomo Casanova, che ospitò giovanissimo a Roma, nel suo palazzo a Piazza di Spagna. Pochi anni dopo Casanova verrà iniziato a 25 anni in una loggia di Lione.

Viene anche analizzato il carteggio massonico del marchese Gesualdo de Felici di Pianella, maestro venerabile della loggia teatina Vettio Catone, quello dello zio Camillo de Felici de’ baroni di Rosciano e i suoi rapporti con Giuseppe Garibaldi, strettissimi dopo aver salvato la vita a suo figlio Menotti; quindi la storia massonica della famiglia Delfico di Teramo, con la prova dell’affiliazione di Gian Filippo alla loggia Vittoria di Napoli, come delle frequentazioni del fratello Melchiorre con il danese Friedrich Münter e con i salotti latomici della capitale del Regno. Non è un caso che sulla copertina del volume campeggi il diploma di maestro massone di Filippo de Filippis Delfico, rilasciatogli da una loggia di Marsiglia, città nella quale si trovava in esilio.

Studiata poi nel dettaglio è la straordinaria figura di Costanzo Di Costanzo, figlio cadetto del Duca di Paganica, che si trasferì giovanissimo dal popoloso paese dell’aquilano in Germania per evitare d’entrare nella vita religiosa, come invece avevano dovuto fare i suoi numerosi fratelli e sorelle, eccetto il primogenito Giovanni destinato a succedere nel ducato al padre Ignazio. A Monaco di Baviera il giovane Costanzo indossò la divisa militare. Entrò nella massoneria, avviatovi dal cognato anch’egli militare, poi passò tra gli Illuminati di Baviera con il nome iniziatico di “Diomede”.

La figura di Gabriele Rossetti e suoi rapporti con la Carboneria e la Massoneria a Napoli sono studiati anche in relazione alla statua che la locale loggia – che ricordava il suo nome nel suo titolo distintivo – gli fece erigere a Vasto.

Stesso studio per la statua di Ovidio, su indicazione della loggia Panfilo Serafini. Il monumento al poeta Ovidio, , fu realizzato a Sulmona dal fratello Ettore Ferrari (Roma 1845-1929), che dal 1904 al 1917 ricoprì la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, e che fu importante scultore noto per la statua di Giordano Bruno in Campo de’ Fiori a Roma, inaugurata il 9 giugno 1889 con una grandiosa manifestazione pubblica e un tripudio di labari massonici, compresi quelli abruzzesi, oltre che per le statue di Garibaldi, Mazzini, Quintino Sella ed altre ancora.

La realizzazione della statua a Sulmona seguiva quella di Costanza, in Romania, l’antica Tomi dove Ovidio scontò l’intero suo esilio fino alla morte nel 17 d.C., realizzata per interessamento di Remus Opreanu. In quella giovane nazione Ferrari aveva scolpito nel 1881 anche la statua di Heliade Radulescu, padre della letteratura romena.
Furono proprio gli esponenti della Massoneria di Sulmona a convincere Ferrari a realizzare l’opera dedicata a Ovidio, accettando il solo rimborso delle spese. Pur se nominato cittadino onorario della cittadina abruzzese il 17 febbraio 1925, Ferrari il giorno dell’inaugurazione del monumento non volle esser presente, in quanto acceso repubblicano e antimonarchico. Invero, pochi giorni prima della cerimonia, si era recato nella città peligna per aggiungere alla mano destra della statua di Ovidio lo stiletto, realizzato in un secondo tempo.

Un’altra novità del volume consiste sicuramente nell’aver rintracciato il nome di Angelo Camillo De Meis da Bucchianico nel piedilista della loggia Felsinea di Bologna, nel 1867 accanto a quello di Giosuè Carducci. Lo scisma ferano del 1908 in Abruzzo, e le sue conseguenze, viene trattato con notizie finora inedite. L’inizio del ‘900 vedrà il susseguirsi di tante associazioni nate in terra abruzzese con il contributo della Massoneria: le società operaie e di mutuo soccorso, l’Associazione del Libero Pensiero “Giordano Bruno” a Teramo, i comitati massonici pro Cuba e Candia.

La nascita dei fasci di combattimento e del partito massonico della Stella Nera dividerà in due campi avversi i fratelli del Goi da quelli fedeli alla Gran Loggia d’Italia, nata il 21 marzo del 1910 da un percorso di scisma all’interno del Grande Oriente portato avanti da un gruppo di logge di rito scozzese capeggiato dal pastre evangelico Saverio Fera.

D’interesse anche le notizie dell’Archivio Centrale di Stato che riguardano la soppressione dell’Ordine in Abruzzo, durante il fascismo, e i documenti rinvenuti sui rapporti delle Prefetture, indicanti nel dettaglio i sequestri e le devastazioni nelle officine abruzzesi e molisane. I documenti riguardanti i massoni sono stati individuati seguendo la pista della sigla K3, con la quale il regime fascista indicava gli affiliati alle logge di qualsivoglia obbedienza.
Nel secondo dopoguerra l’attenzione si sofferma su un personaggio di Chieti, Romeo Giuffrida, già braccio destro di Raoul Palermi e direttore d’una rivista massonica importante che si stampava a Pescara, “Voce Fraterna”. Dalla Comunione Massonica spuria del Giuffrida nascerà la Loggia Aternum, poi regolarizzata dal Goi e loggia madre d’Abruzzo.
Gli anni della ricostruzione del Grande Oriente in Abruzzo e l’opera dei suoi pionieri Valentino Filiberto, Alfredo Diomede e Josè Guillem Guerra chiudono la trattazione. Di notevole valore storico è la ricostruzione di numerosi piedilista delle varie logge abruzzesi nelle quattro province, utilissimi, al pari dell’indice dei nomi e d’una ricca appendice documentale.
Ma la vera novità del volume è la scoperta dell’importanza avuta dai “fratelli” di fede protestante nella storia della Massoneria abruzzese. Nel 1907, seicentesimo anniversario della morte di Fra Dolcino, viene fondata una loggia, unica in Italia con questo titolo distintivo. Dove? A Lanciano. A scorrere il suo piedilista saltano all’occhio due fratelli di fede protestante: Camillo Pace e Federico Mecarozzi. All’evangelico Gabriele Rossetti è dedicata una loggia, dove, guarda caso, dopo essersi spostato dalla loggia di Lanciano e dal triangolo che stava principiando a Paglieta, il primo mastro venerabile è proprio il pastore evangelico Camillo Pace.
Nel 1927 un altro pastore protestante, Aurelio Cappello (in corrispondenza con Francesco Fausto Nitti), è costretto dal regime fascista a chiudere il circolo giovanile “Gabriele Rossetti” a Palombaro. Ma il contributo dato dai fratelli protestanti non si ferma alla statua dedicata al patriota vastese. A rialzare le colonne delle logge del Grande Oriente d’Italia in Abruzzo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, sarà un altro pastore protestante, Agostino Piccirillo, promotore della regolarizzazione di una loggia sorta dallo scisma ferano e aderente ad una struttura teatina di Giuffrida, che diverrà dopo pochi anni la “loggia madre” del nascente Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili abruzzesi. 
(fonte Corriere Nazionale)