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17 giugno 2025

Enrico Galavotti, IL PANE E LA PACE. L'EPISCOPATO DI LORIS FRANCESCO CAPOVILLA IN TERRA D'ABRUZZO, 2015.

Augusto D'Angelo, Il clero in Abruzzo (1958 - 1978).


Omaggio al M° ENNIO VETUSCHI (1927-2021) della Corale "G. Verdi di Teramo. Canti Abruzzesi.


Omaggio al M° ENNIO VETUSCHI (1927-2021) della Corale "G. Verdi di Teramo con Canzoni abruzzesi da lui elaborate.
I grandi successi della canzone abruzzese popolare, come LAMENTO DI UNA VEDOVA, ARVI', ALL'ORTE, J'ABBRUZZU, LA JERVE A LU CANNETE, LU SANT'ANTONIE, MO VE MO VA.


Chi era il Maestro Ennio Vetuschi? Conosciamolo meglio dalla biografia tracciata da Carla Tarquini per la Corale Verdi. 
“Nato a Teramo nel 1927, Ennio Vetuschi si accosta alla musica da bambino influenzato dal padre musicista che suonava il flicorno e la chitarra. 
A 12 anni riceve in regalo un violino da un amico di famiglia che strappa al padre la promessa di far studiare musica al ragazzo. 
Si iscrive all’Istituto Musicale Pareggiato “G. Braga” e con la maestra Anna Maria De Petris scopre il canto. 
Contemporaneamente frequenta l’Istituto per geometri. 
Si diploma nel 1946 e nel 1948 vince un concorso al Genio Civile di Teramo dove rimarrà fino alla pensione. 
Nei primi anni del dopoguerra un episodio fu determinante per la sua futura carriera di direttore d’orchestra. 
Ospite a Roma di una zia paterna, entra in San Pietro e sente cantare il Coro della Cappella Sistina diretto dal maestro Lorenzo Perosi. 
Ne rimane folgorato. Creare un coro polifonico nella sua città diventa il suo sogno. 
Decide di studiare uno strumento che gli permetta di insegnare le parti ai cantori. 
Al Braga si iscrive al corso di pianoforte e in sette anni prende il diploma del decimo anno. 
Mentre è ancora studente dell’Istituto Musicale, nel 1948, a 21 anni, Ennio Vetuschi crea il primo nucleo di quello che qualche anno dopo diventerà ufficialmente l’Associazione corale teramana “Giuseppe Verdi”. 
Il documento relativo viene rogato con atto notarile il 14 maggio 1953. 
Le prime prove del giovane coro furono fatte in casa dell’insegnante di canto Anna Maria De Petris. 
Quando il numero degli cantori iniziò a crescere ci fu la necessità di cercare un locale più idoneo. 
La prima sede del nuovo Coro fu il Carminello, un tempietto neogotico vicino alla chiesa del Carmine che sarà abbattuto anni dopo quando fu aperta la via Savini. 
La ricerca di una sede stabile sarà un problema cronico per la Corale “Giuseppe Verdi” che anche attualmente è sistemata in una sede provvisoria. 
I primi repertori del Coro Verdi furono soprattutto di musica lirica e infatti in veste di Coro lirico esso partecipò alle due Stagioni teatrali organizzate a Teramo, al Teatro Apollo, nel corso del “Giugno teramano” 1957 e 1958. Ma nel frattempo, accanto alla lirica, il Maestro Vetuschi aveva introdotto nel repertorio del Coro brani di musica polifonica e, a rinsaldare il legame con l’Abruzzo, anche alcuni canti popolari trascritti ed elaborati da lui stesso “secondo un gusto corale polifonico”. 
Con questi due nuovi repertori il Coro teramano partecipò, nel 1955, all’importante Concorso Internazionale di Musica Polifonica “Guido D’Arezzo” ad Arezzo, dove tornerà l’anno successivo e ancora nel 1959, nel 1960 e infine nel 1987. 
Furono esperienze particolarmente importanti e formative. Ma la svolta decisiva nella carriera di Maestro concertatore ci sarà per Ennio Vetuschi nel 1973 quando, dopo avere superato una selezione severissima, è ammesso a un corso di direttore d’orchestra indetto dal Teatro Comunale di Bologna, tenuto dal severissimo Maestro Sergiu Celibidache di origini rumene. 
Quello di Celibidache fu un insegnamento prezioso. Ennio Vetuschi imparò da lui moltissimo, persino la gestualità che diventò più lieve e più misurata. 
L’anno dopo, per la stagione teatrale 1974/75, Vetuschi fu chiamato al Teatro di Bologna per una collaborazione annuale come Maestro Sostituto. 
Il contratto gli sarebbe stato rinnovato per l’anno successivo ma motivi di lavoro e familiari lo costrinsero a tornare a Teramo. 
Nel 1980, a cura dell’Ente Provinciale del Turismo di Teramo e della Cassa di Risparmio di Teramo, Ennio Vetuschi pubblica la raccolta di Canti Popolari Abruzzesi da lui trascritti ed elaborati. 
Al 1990 risale un’esperienza straordinaria nella carriera artistica di Ennio Vetuschi. In quell’anno fu chiamato dal Conservatorio “Rimski-Korsakov” di San Pietroburgo a tenere una “master class” sull’opera italiana. Vi rimase sei mesi. Le sue lezioni furono apprezzatissime. Le teneva in lingua russa che Vetuschi parlava correntemente. Fu colmato di attenzioni e di affetto. Alla sua partenza gli fu regalato il bozzetto in gesso del busto, ora nel Museo dell’Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo, commissionato per lui al noto scultore russo Michail K. Anikuschin. 
Rientrato a Teramo, Ennio Vetuschi tornò a dedicarsi con l’entusiasmo e la passione mai venuti meno al suo amato Coro che dirigerà fino al 2006 quando la bacchetta di direttore passerà nelle mani del Maestro Carmine Leonzi”.

2 giugno 2025

IL CANTO POPOLARE ABRUZZESE NELLE TRADIZIONI DI IERI E DI OGGI – Capitolo VI: I Canti popolari di Sant’Antonio abate (Lu Sant’Antonie) in Abruzzo.

 

IL CANTO POPOLARE ABRUZZESE NELLE TRADIZIONI DI IERI E DI OGGI – Capitolo VI: I Canti popolari di Sant’Antonio abate (Lu Sant’Antonie) in Abruzzo

di Angelo Iocco 

Vita di S. Antonio abate in breve 

S. Antonio Abate (Qumans, 12 gennaio 251 – Deserto della Tebaide, 17 gennaio 356) è stato un abate ed eremita egiziano. Contemporaneo di Paolo di Tebe, è considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati; a lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale, abbà, si consacrarono al servizio di Dio. La sua vita è stata tramandata dal suo discepolo Atanasio di Alessandria. È uno dei quattro Padri della Chiesa d'Oriente che portano il titolo di "Grande" insieme allo stesso Atanasio, a Basilio e a Fozio di Costantinopoli. È ricordato nel Calendario dei santi della Chiesa cattolica e da quello luterano il 17 gennaio, ma la Chiesa ortodossa copta lo festeggia il 31 gennaio che corrisponde, nel suo calendario, al 22 del mese di Tobi. Antonio nacque a Coma (l'odierna Qumans) il 12 gennaio del 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent'anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l'esortazione evangelica: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri".

Segue in pdf

21 maggio 2025

Il culto dei Santi Patroni in Abruzzo.

IL CULTO DEI SANTI PATRONI IN ABRUZZO

 Si può parlare di identità regionale dell’Abruzzo solo a partire dal sec. XVIII; precedentemente si preferisce parlare di una “identità sfuggente” 1, dovuta alla sua conformazione policentrica, in cui ogni città ha difeso il suo peso politico, la sua presenza sul territorio. Ancora oggi c’è un forte campanilismo tra comuni e anche tra subregioni.

La storia ecclesiastica abruzzese ci documenta che lo spazio cittadino è profondamente segnato dalla presenza dell‘elemento religioso che si ritrova non solo nella agiografia e toponomastica, ma anche del paesaggio stesso costellato di chiese, monasteri, abbazie dal passato più o meno potente, e anche da piccoli luoghi di culto rupestri, cappelle tratturali, edicole votive. Più di tutti il Santo Patrono ha costituito il nucleo aggregante della identità municipale, segnando profondamente la cultura antropologica dei luoghi. Il culto per il santo patrono cittadino è l’espressione più antica e persistente del rapporto fra il santo e il luogo in cui ha versato il suo sangue e di cui spesso è stato anche vescovo, o che ha onorato con la sua vita esemplare e ha protetto dai pericoli spirituali e materiali.

Ci sono molti studi sulle cause e gli effetti del culto del Santo Patrono e su chi era, nel pensiero protocristiano, un Santo e come nasce e si sviluppa il relativo culto. Ne cito solamente due.
Uno studio a carattere generale:
Peter Brown, Il culto dei santi. L’origine e la diffusione di una nuova religiosità, Einaudi, Torino 2002.
Un altro studio in 5 volumi, specificatamente sui comuni abruzzesi:
Maria Concetta Nicolai, Un Santo per ogni campanile. Il culto dei Santi Patroni in Abruzzo
Volume I – Gesù e la sua Famiglia, gli Arcangeli, gli Apostoli ed Evangelisti
Volume II – I Martiri
Volume III – Papi , Vescovi e Patriarchi
Volume IV – Abati monaci, eremiti, eremitani, pellegrini e santi ausiliatori
Volume V – I taumaturghi. Due predicatori dell’osservanza. Tre santi della controriforma

Scrive I. Silone nella presentazione dell’Abruzzo sul Tourin Club 1948 (tutto il testo):

Nel quadro severo delle sue montagne e nelle difficili condizioni di esistenza da esse determinate, il profilo spirituale dell’Abruzzo è stato modellato dal cristianesimo: l’Abruzzo è stato, attraverso i secoli, prevalentemente una creazione di santi e di lavoratori.

Dopo averne capito le montagne, che sono il corpo, per scoprire l’interna struttura morale dell’Abruzzo bisogna dunque conoscerne i santi e la povera gente.

Si può infatti dire che manchino nella storia locale glorie civili e militari paragonabili a quelle della maggior parte delle altre regioni d’Italia; mentre, durante tutto il medioevo, che fu l’epoca di formazione dell’Abruzzo, e fino al secolo scorso, le anime elette non vi trovarono altro scampo e non vi conobbero altre forme di sublimazione e di genialità all’infuori di quelle religiose. E questo si rivela, a prima vista, anche al forestiero più distratto, per l’assoluta inferiorità costruttiva dell’architettura civile rispetto a quella religiosa: non sono infatti pochi i luoghi d’Abruzzo, tanto urbani che rurali dove, a chiunque abbia gusto ed interesse per le creazioni dell’arte, dopo aver visitato le chiese e i conventi, resta poco o nulla da vedere.

L’Abruzzo è pertanto fra le regioni più cristiane d’Italia. Questa regione che in tutta la sua storia, per i suoi duri valichi ed il carattere chiuso, aspro e diffidente dei suoi abitanti, è sempre stata di difficile accesso alle nuove credenze, fu invece tra le prime ad aprirsi al cristianesimo; erano ancora i tempi apostolici e il territorio si chiamava tuttavia provincia Valeria, quando vi arrivò e fu accolto il Vangelo. La nuova religione vi fu professata subito da uomini che l’accolsero in tutto il suo rigore, alieni dalle facilitazioni costantiniane, secondo attesta la memoria di un monachesimo autoctono, diverso da quello farfense e vulturnense e anteriore a San Benedetto.

Fino al Decretum super electione sanctorum in patronos di papa Urbano VIII (23 marzo 1630) la scelta dei santi patroni dei luoghi era operata indistintamente dalla Chiesa e dalle istituzioni civili, talvolta eleggendosi al patronato finanche i santi non canonizzati. Col decreto il pontefice pose fine agli arbitri fino ad allora perpetrati ed impose regole severe per l’elezione dei santi tutori, rendendo obbligatoria l’approvazione pontificia e imponendo un iter che prevedeva il voto ufficiale dell’ordinario diocesano, del clero secolare, di quello regolare e della popolazione del luogo interessato dal patrocinio, per poi trasmettersi l’incartamento alla Congregazione dei riti per una meticolosa analisi dello stesso.
Il decreto del 1630 è restato in vigore fino alla comparsa delle Normae de patronis constituendis promulgate il 19 marzo 1973 da papa Paolo VI. Le nuove norme stabiliscono una riduzione del numero dei santi patroni ad uno solo per snellire i calendari liturgici delle Chiese particolari, ma soprattutto confermano che la scelta del patrono spetta a coloro che godono della sua protezione, e quindi non solo al vescovo e al clero ma anche e soprattutto al popolo che è esplicitamente chiamato a esprimersi mediante pubbliche consultazioni.

In Italia tradizionalmente è consuetudine festeggiare il santo che ha il ruolo di patrono in una comunità. Nella città patrocinata, la giornata dedicata al santo è celebrata come un giorno festivo (il suo fondamento è nei contratti collettivi ). Il festeggiamento tradizionale prevede alcune cerimonie pubbliche, processioni, fuochi d’artificio e momenti conviviali. Il giorno festivo varia da comune a comune, a volte anche per uno stesso santo. Diversi comuni hanno fissato una doppia data; altri non hanno fissato una precisa data ricorrente ma una giornata relativa (per esempio ultima domenica di luglio, ecc.). In Abruzzo questa tradizione è ancora molto sentita e la festa del santo patrono continua ad essere la festa delle feste; è diventata molto più laica ma sempre identificante ed aggregante per le comunità, in modo particolare per i paesi soggetti nel tempo a forte emigrazione.

Il culto del Santo Patrono è comunque collegato alla storia delle diocesi abruzzesi, di cui si parla in un altro articolo.

Elenco cronologico culto dei Santi Patroni in Abruzzo

Ecco in ordine cronologico e raggruppati per mesi i Santi Patroni dei comuni abruzzesi. Per curiosità diciamo che i Santi titolari del patronato sono 173 (tra i più frequenti: la Madre di Dio 24, San Nicola di Myra 18, San Rocco 15, San Giovanni Battista 11). Per le feste che hanno come riferimento a Pasqua o in Albis occorre tenere in considerazione la data annuale della Pasqua.

Gennaio

La fortune favese - Compagnia Li Nipure de Tatone. F.I.T.A. Federazione Italiana Teatro Amatori - Abruzzo.

11 maggio 2025

Alfred Van Muyden, "Donna abruzzese con bambino che allatta", 1850.

Alfred Van Muyden, (1818 - 1898)
"Donna abruzzese con bambino che allatta", 1850
Olio su tela, cm 65.5x52.5
Museo delle Belle Arti, Gand (Belgio).