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23 giugno 2025

Giorgio Pillon (1918 - 2003), giornalista, scrittore, critico d'arte ed esperto di intelligence. - Spie per l'Italia, 1968 - Gli "Ospiti" di Don Luigi Anelli, 1982.

Giorgio Pillon davanti ad un quadro di De Chirico

Giorgio Pillon  (1918 - 2003), giornalista, scrittore, critico d'arte ed esperto di intelligence. 
Spie per l'Italia, 1968  Gli "Ospiti" di Don Luigi Anelli, 1982.
 di Filippo Marino, 23.06.2025


Giorgio Pillon, nato nel 1918, è stato una figura poliedrica del panorama culturale e giornalistico italiano del Novecento.
Giornalista, scrittore, critico d’arte, esperto di intelligence, ha saputo attraversare epoche e continenti con uno sguardo acuto, pur mantenendo sempre saldo il legame con la città di Vasto, alla quale rimase affettivamente legato fino alla morte, avvenuta a Roma nel 2003.
Frequentando da giovane studente universitario la biblioteca di Vasto, allora diretta dal prof. Luigi Anelli, ebbe modo di incontrare casualmente intellettuali di alto profilo a cui era consentito di frequentare la biblioteca, in quanto internati politici presso l’allora Campo di Concentramento di Istonio Marina. 
Tra questi il prof. Mario Borsa, già corrispondente per l’Italia del Times e futuro direttore del Corriere della sera (cfr. Gli “Ospiti" di Don Luigi Anelli).
Laureatosi in Lettere all’Università di Torino con una tesi su Gabriele Rossetti, Pillon iniziò la sua carriera nel mondo dell’insegnamento in Abruzzo. Significativa fu anche l’esperienza del servizio militare, svolto in Liguria con il grado di capitano dell’esercito, durante un periodo cruciale per l’Italia e l’Europa intera.
Nel dopoguerra si dedicò al giornalismo, professione che avrebbe segnato profondamente la sua esistenza. 
Nel 1947 si trasferì in Argentina, a Buenos Aires, dove divenne redattore capo della rivista letteraria in lingua spagnola Histonium, fondata e sostenuta dall’imprenditore vastese Carlo Della Penna
Fu un’esperienza editoriale innovativa, che diede voce alla cultura italiana all'estero, contribuendo al dialogo tra intellettuali europei e latinoamericani.
L’anno successivo Pillon assunse l’incarico di corrispondente per il Corriere della Sera, ricoprendo anche il ruolo di inviato speciale per tutta l’America Latina. 
La sua penna raccontò i fermenti sociali, politici e culturali di un continente in piena trasformazione. 
Parallelamente, mantenne contatti costanti con l’Italia, dove collaborava con importanti testate come Il Messaggero (sotto lo pseudonimo di “Italo Marini”), Il Tempo, Il Gazzettino e Il Borghese.
Nel 1954 fece ritorno definitivo in patria e si stabilì a Roma. 
Qui intraprese una nuova fase della sua carriera, assumendo il ruolo di capo redazione del settimanale umoristico Candido, fondato da Giovannino Guareschi, ben noto per le avventure cinematografiche di Peppone e Don Camillo. 
La rivista fu un punto di riferimento per la stampa satirica e d’opinione dell’epoca, specie in chiave monarchica e anticomunista, contribuendo con lucidità e ironia ai dibattiti culturali e politici del tempo.
Scrittore eclettico e appassionato, Giorgio Pillon pubblicò migliaia di articoli su temi tra i più diversi: dalla politica all’arte, dal cinema al teatro. 
Nel 1958 gli fu conferito il prestigioso Premio Marzotto per la storia dell’arte, riconoscimento che ne consacrò la competenza critica in ambito artistico. 
Dodici anni dopo, nel 1970, ottenne anche il Premio Andersen per la letteratura d’infanzia, a testimonianza della sua capacità di rivolgersi con sensibilità anche ai più giovani.
La figura di Giorgio Pillon resta un esempio di intellettuale impegnato, capace di unire rigore analitico, curiosità umanistica e uno spirito cosmopolita. 
Un uomo di lettere e d’azione, che ha saputo attraversare il secolo con passione e lucidità, lasciando un’impronta profonda nella cultura italiana e internazionale.

Giorgio Pillon, caricatura di Pino Jubatti

Pubblicazioni:

Pillon G., I Savoia nella bufera, Il Borghese, 1972.

Pillon G., Racconti brevi, Serarcangeli, Roma, 1977.

Pillon G., De Chirico e il fascino di Rubens, Serarcangeli, Roma, 1991.

Pillon G., Floria un amore a Verona, Serarcangeli, 1992.

Pillon G., Segreti incontri. Confidenze indiscrete di noti personaggi,  Serarcangeli, 1996.

Pillon G., L’anfora di Re Gustavo, Serarcangeli, 1998.

Pillon G., Dodici bottiglie di champagne,  Serarcangeli, 2002.





2 maggio 2025

Il Mattino Illustrato, n.39, 1926. Il Principe Ereditario a Vasto.


Il Mattino Illustrato, n.39, 1926. 
Il Principe Ereditario Umberto di Savoia a Vasto il 12.09.1926 per l'inaugurazione del monumento a Gabriele Rossetti, l'acquedotto del Sinello ed il primo palazzo scolastico. 

7 aprile 2025

Vasto - Istonio: professioni, 1938, da L'Annuario Generale d'Italia e dell'Impero italiano. Alcune considerazioni.




Viaggio nella provincia italiana. Vasto 1938: un equilibrio sociale perduto. Alcune considerazioni.
Esplorare il passato per interpretare il presente e programmare il futuro.
di Filippo Marino

Sfogliare le pagine ingiallite dell’Annuario generale d’Italia e dell’Impero italiano del 1938 è come fare un viaggio nel passato. 
Può sembrare un gesto da semplici appassionati di storia, ma ciò che emerge da questi fogli dedicati a Vasto - la mia città, allora chiamata Istonio - ma anche in altre località, è una fotografia sociale che oggi appare sorprendentemente distante. 
Vedo non una sterile elencazioni di nomi e mestieri, ma una comunità in cui il tessuto delle professioni era equilibrato, armonico, vario, identitario e profondamente radicato nel territorio.
Un mosaico di mestieri, spesso tramandati, di artigiani, contadini, commercianti e professionisti che coesistevano in un fragile ma percepibile equilibrio  sociale.
La varietà dei ruoli – il fabbro, il calzolaio, il sarto, l’ortolano, il medico, il farmacista, ecc. – racconta di una società in cui ogni lavoro aveva un significato, una funzione, legata a un valore personale e a un riconoscimento collettivo.
Oggi questo panorama è radicalmente cambiato.
La scolarizzazione di massa, lo sviluppo industriale, l’urbanizzazione, la tecnologia, la digitalizzazione, la globalizzazione, sono tutti fattori che hanno portato a una trasformazione epocale della società. 
Tutto è mutato. Zygmunt Bauman parla di “società liquida”. 
Le professioni manuali sono state sostituite da attività tecnico-scientifiche, le campagne si sono svuotate, l’artigianato si è ridotto a nicchia.
Secondo dati ISTAT, in Italia nel 1938 circa il 50% della popolazione attiva era impiegata in agricoltura; oggi non arriva al 4%. 
Le attività manifatturiere di piccola scala hanno ceduto il passo a grandi industrie e multinazionali. 
Nel settore commerciale, la diffusione della grande distribuzione organizzata ha quasi azzerato il piccolo commercio di quartiere.
Penso, ad esempio, al mestiere dell’ortolano di quei tempi che era molto di più di un semplice lavoratore agricolo: era un custode di conoscenze pratiche e teoriche, acquisite e tramandate all’interno della famiglia. 
La sua capacità di selezionare semi, piante, curare i raccolti, gestire le stagioni e vendere i prodotti di altissima qualità direttamente ai clienti, lo rendeva una figura centrale  nel sistema locale.
Oggi la globalizzazione e le norme imposte dal mondo della grande distribuzione hanno reso questa figura economicamente insostenibile. 
La qualità dei prodotti ha ceduto il passo a logiche di quantità e profitto. 
I guadagni più alti per pochi sono costati la perdita di posti di lavoro, di saperi, di sapori e la scomparsa di un legame diretto tra produttore e consumatore.
Ha tenuto abbastanza il ruolo del medico che è rimasto fondamentalmente invariato nel tempo, nonostante il suo sviluppo con le specializzazioni e la sua organizzazione nelle Asl, negli ospedali e nelle cliniche, non di certo, però, per la parte burocratica.
L’Annuario del 1938 non è solo un documento storico: è uno specchio che ci interroga.
Possiamo immaginare un futuro in cui parte di quell’equilibrio venga recuperata? 
È possibile conciliare il progresso tecnologico con un ritorno a forme di produzione più genuine, umane e sostenibili?
Esperienze contemporanee come i mercati a chilometro zero, le cooperative agricole e i laboratori artigiani che resistono nelle città italiane sembrano suggerire che una strada, seppur difficile, esiste.
Forse la vera lezione del passato, però, non sta nel riproporre modelli superati, ma nel riscoprire il valore umano e sociale del lavoro e il legame tra comunità, territorio e professioni.

Vasto - Istonio, San Salvo: professioni, 1938. (selezione P.Romondio)