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18 dicembre 2023

Raffaele Mattioli, Il banchiere della modernità - La formazione dei giovani talenti: una vera missione. "Il Sole 24 Ore" 17.12.2023.



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ECONOMIA E SOCIETA
Domenica
17 dicembre 2023

Raffaele Mattioli/1. Francesca Pino ricostruisce il percorso intellettuale dell’economista che ha trasformato la Comit da soggetto finanziario a infrastruttura culturale dello sviluppo italiano

Paolo Bricco

Esistono libri che sono aspettati con ansia dalla comunità italiana interessata al Novecento, ai suoi snodi e alle sue personalità. Raffaele Mattioli. Una biografia intellettuale è uno di questi. Francesca Pino, a lungo responsabile degli archivi storici di Intesa Sanpaolo, è stata dagli anni 80 l’appassionata depositaria della memoria di Mattioli e ha scritto, prima di questo tanto atteso opus magnum di una vita, non pochi articoli scientifici sul banchiere umanista.

Pino dichiara subito il suo metodo e la sua linea interpretativa. Mattioli è considerato soprattutto nel suo pensiero e nella sua influenza appunto intellettuale, che è stata così vasta e profonda da trasformare la banca – la “sua” Banca Commerciale – da un soggetto finanziario in una specie di infrastruttura culturale e sociale dello sviluppo italiano nel Secondo dopoguerra. Evidenzia l’autrice: «Anche se denso di fatti e avvenimenti, questo mio lavoro non risponde ai canoni della storia d’impresa e della banca, pur indicando alcuni tratti dell’imprenditorialità che sono ben riconoscibili in Mattioli. Ho limitato l’uso di modelli, schemi e comparazioni, e l’attualizzazione con rimandi a problematiche dei nostri giorni, cercando piuttosto di illuminare gli aspetti che permettono di collocare Raffaele Mattioli tra i “classici” cui si è tanto dedicato, e di dare alle nuove generazioni la possibilità di scoprirne il pensiero e il temperamento».

Questa biografia osserva il canone della narrazione temporale lineare. L’incipit apre uno squarcio sulle origini di Mattioli, che appartiene a una generazione di giovani provinciali arrivati da adulti a Milano: «Il ramo paterno della famiglia di Raffaele Mattioli era ben radicato a Vasto: il nonno Francesco Paolo è descritto come “negoziante” di pelli grezze e “pizzicagnolo” in un Indicatore generale del commercio del 1881».

Sui primi anni in Abruzzo, lo scrittore Alberto Vigevani riporterà così le confidenze ricevute da Mattioli: «A volte, con abbandono, mi raccontava memorie della propria infanzia, ricordi della giovinezza. L’inverno a Vasto faceva un gran freddo, Mattioli bambino usciva a spasso col nonno che portava un pesante mantello di panno nero. Quando nevicava, lo prendeva sotto l’ala del mantello e il bambino, con la mano, ne sollevava appena una falda: in quello spiraglio, quasi fosse praticato nel sipario di un palcoscenico, s’incantava allo spettacolo delle strade, delle case, del mercato con le sue bancarelle, della chiesa illuminata».

Ma il filo rosso più consistente e robusto che si dipana nel libro è, appunto, quello intellettuale.

Intellettuale nel senso della tecnica economica. E intellettuale nel senso della cultura umanistica. Sul primo versante – dopo l’esperienza esistenziale e politica, nel 1919, nella città occupata di Fiume, dove svolge la mansione di addetto stampa – Mattioli a Milano diventa caporedattore della «Rivista bancaria» e, nel 1920, scrive alla fidanzata Emilia: «La mia Rivista va sempre meglio. Mi è giunta oggi da Vilfredo Pareto una lettera che mi ha fatto molto piacere. Tu non sai chi è Vilfredo Pareto? È il più grande economista italiano, e senza dubbio uno dei più grandi del mondo».

La dimensione analitica permane nella costruzione di una idea di banca: sulla sua rivista compare assiduamente l’attività svolta a favore delle imprese dalle banche americane nel commercio estero, con lo studio dei mercati, della produzione e della distribuzione dei diversi settori.

Qui si coglie l’antica radice riflessiva da cui si genererà la Comit di Mattioli, capace di edificare il mito di sé stessa sul suo servizio studi e sulla sua funzione di bussola delle imprese italiane, dal boom economico, sui mercati internazionali.

Nella cultura umanistica, Mattioli è l’espressione della ricerca di una modernità nell’idealismo, nel senso di Benedetto Croce, e nel tentativo di contribuire alla sprovincializzazione della cultura italiana, resa senza respiro e senza visione da vent’anni di fascismo, attraverso l’organizzazione e la promozione culturale di istituti (per esempio l’Istituto Italiano per gli Studi Storici), di biblioteche, di gruppi di lavoro intellettuali.

L’elemento interessante – nella fusione di queste due accezioni di pulsione culturale – è il compromesso che il pensiero fa con la realtà e che, nella biografia di Mattioli, si traduce – già sotto il fascismo della recessione post crisi del 1929 e poi nella democrazia della ricostruzione – nella continua e assidua attività di elaborazione di strategie sistemiche a beneficio del Paese.

Nel suo dialogo serrato con l’establishment – di cui è una sorta di mago, di organizzatore e di incantatore – propone in una lettera del 28 maggio 1947 un manifesto di politica economica a Palmiro Togliatti, in risposta alla richiesta del capo carismatico e politico del Partito Comunista Italiano di avere un aiuto per capire la situazione monetaria e finanziaria.

Ricostruisce Pino: «L’invito del banchiere a Togliatti era quello di guardare ai fondamentali dell’economia del Paese, a “fare i conti” (come si continuava a dire e pensare nel suo entourage), e a non disinteressarsi della “sana finanza” che è un “interesse nazionale – di tutta la nazione – e se a qualcuno deve importare più che ad altri è proprio a quei ceti a cui più particolarmente il Suo partito si dirige”».

Pensiero e realtà, politica e finanza, tecnocrazia e umanesimo. Tutto nella vita del nipote del negoziante di pelle grezze di Vasto, Abruzzo, Italia.


Francesca Pino
Raffaele Mattioli.
Una biografia intellettuale
Il Mulino, pagg. 404, € 34

https://www.ilsole24ore.com/



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Raffaele Mattioli è stato un economista capace di stimolare lo sviluppo economico e civile dell’Italia durante tutto il Novecento. È ricordato come il banchiere umanista nel libro edito dal Mulino e scritto da Francesca Pino, consigliere dell’International Council on Archives dell’UNESCO. Il suo ritratto nel nostro longform domenicale


                di Francesca Pino, 10.12.2023

Economista di formazione, Raffaele Mattioli resse dal 1933 al 1972 la Banca Commerciale Italiana, da lui salvata al tempo della Grande crisi e rilanciata verso una nuova espansione con criteri manageriali d’avanguardia. A partire da documenti, scritti e carteggi in gran parte inediti, Francesca Pino ne compone la biografia intellettuale, evidenziandone la grande capacità di stimolare lo sviluppo economico e civile dell’Italia, e di favorirne l’apertura internazionale. A emergere è il costante impegno sociale e culturale come un filo rosso che collega lo studente Raffaele Mattioli, attento a far propri gli insegnamenti di maestri quali Attilio Cabiati, Luigi Einaudi e Benedetto Croce, al convinto antifascista e promotore della vita economica e intellettuale del nostro paese. Un estratto (pp. 375 ss.) da Raffaele Mattioli. Una biografia intellettuale, Bologna, Il Mulino, 2023.


Mentre l’Italia andava migliorando la propria situazione economica, non era mutata nella diagnosi di Mattioli la valutazione del problema storico della carenza di uomini competenti e responsabili, per «la gestione degli affari del paese» nei vari campi. Il banchiere aveva allevato nuove leve non solo nella Banca Commerciale, ma anche nei campi del giornalismo e della politica, muovendosi nella prospettiva dell’alta formazione, con l’Istituto Croce in primis e con il sostegno dato ad altri centri di formazione come l’Ispi di Milano, la Sioi e vari istituti universitari. Un canale importante per l’educazione alla politica e alla democrazia fu quello delle riviste militanti da lui promosse («La Cultura», tra il 1929 e il 1934, «La Nuova Europa», 1944-1946, e «Lo Spettatore italiano», 1948-1956). Una chiara manifestazione del suo pensiero si trova espressa nel 1955, quando Mattioli si sentì tentato di rispondere a un’indagine della rivista fondata da Giulio Andreotti «Concretezza», sui problemi della pubblica amministrazione: pletorica e inefficiente, costituiva (e costituisce) un annoso problema. Preparò una bozza che probabilmente non venne spedita, nella quale di proposito non si soffermava sull’ipotesi di una razionalizzazione organizzativa (che pure, date le dimensioni della azienda-stato, avrebbe permesso «soluzioni più audaci, più drastiche e più economiche»), ma si concentrava piuttosto sugli aspetti politici della questione, mettendo in evidenza le motivazioni che lo Stato aveva per «creare dei posti di lavoro»: «nel suo interesse di amministratore per poter effettuare la selezione dei migliori su una massa più vasta, nel suo interesse di politica economica per ridurre la disoccupazione, e nell’interesse della stabilità sociale per assorbire, fissare ed imborghesire un certo numero di intellettuali più o meno mancati». Restando nel quadro dell’ideologia liberal-democratica, non mancavano «esempi flagranti di sprechi, di abusi, di ingerenze che sarebbero ridicoli se non si giustificassero con una finalità fiscale, con un residuo di mentalità poliziesca o con la necessità di far fare qualcosa a qualcuno». Era vano sperare di estirpare questi mali così radicati, senza una rigorosa riaffermazione degli ideali della nostra res publica, ossia senza una vera e propria riforma morale che riaccenda in tutti i cittadini la coscienza della loro solidarietà con lo stato. Finché c’è l’amministrazione da una parte e gli amministrati dall’altra, il fisco da un lato e dall’altro il contribuente, il governo e i governati, il tutore dell’ordine e della moralità e il minorenne da guidare e correggere, – le riforme dell’amministrazione resteranno benefici parziali o effimeri omaggi a questa o quella ideologia. (Archivio storico di Intesa Sanpaolo, patrimonio BCI, Carte Mattioli, cart. 218, fasc. Note, n. 35).

Raffaele Mattioli.  Ritratto realizzato in studio fotografico a New York durante la missione economica italiana negli Stati Uniti, novembre 1944 – marzo 1945.

Come ideologie, aveva passato rapidamente in rassegna l’estremo liberalismo, il comunismo assoluto e l’ideologia liberal-democratica. […] Un passo dalle relazioni annuali di bilancio della Banca Commerciale Italiana sintetizza le sue preoccupazioni per l’immobilismo del paese: Che cosa è dunque successo in Italia dopo il 1962-63? A nostro parere è successo qualcosa di più serio e di meno nocivo che la fase negativa di uno dei soliti cicli economici. Lo slancio produttivo degli anni antecedenti ha urtato contro un complesso di strutture e di infrastrutture antiquate e rigide: le norme tributarie, gli ordinamenti amministrativi, l’organizzazione previdenziale, l’apparato scolastico, tutta l’armatura delle comunicazioni, la rete distributiva, le tecniche dell’agricoltura, gran parte del sistema giuridico e la mentalità stessa di molti imprenditori, son rimasti quel che erano cinquanta e più anni fa, e impacciano l’impeto di rinnovamento e di progresso economico che in tanti settori già si è affermato e tenta di farsi luce (Banca Commerciale Italiana, Raccolta delle relazioni di bilancio 1945-1965, esercizio 1965, pp. 334-335).

Lo statuto dell’Associazione per lo studio della formazione della classe dirigente nell’Italia unita

Nel tentativo di contrastare queste derive, Mattioli convocò nel 1970 un gruppo di storici contemporanei per formare l’Associazione per lo studio della formazione della classe dirigente nell’Italia unitaallo scopo di raccogliere, vagliare e coordinare le ricerche – in corso e future – prodotte dalle diverse scuole «ideologiche» (cattolica, comunista ecc., che non dialogavano tra loro), e di pubblicare una rivista dal foscoliano titolo «Ipercalisse» (supremo nascondimento), affiancata da una collana di saggi. Fu scelto un motto in greco, Mantis aristos ostis eikazei kalos («È buon profeta chi congettura bene») che correva lungo un cerchio nel quale era riprodotto un ritratto di gusto ottocentesco e romantico del Foscolo. Il libello dell’Ipercalisse era stato composto nel 1815, con l’uso di chiavi e occultamenti di identità, per polemizzare contro l’arrendevolezza degli intellettuali nei confronti dei «Governanti». Alle riunioni domenicali, convocate in casa Mattioli e coordinate da Brunello Vigezzi insieme a Giorgio Rumi ed Enrico Decleva, furono invitati studiosi già affermati, giovani ricercatori e alcuni dei «consiglieri culturali» di Mattioli. Un Quaderno di ricerca promosso dalla Fondazione Rafaele Mattioli per la storia del pensiero economico (Sulla formazione della classe dirigente. L’ultimo progetto di Raffaele Mattioli, Torino, Aragno, 2023, a cura di chi scrive) ricostruisce in dettaglio la vicenda e il network degli studiosi partecipanti all’iniziativa.

A casa tra i libri, primi anni Sessanta, (articolo di Antonello Gerbi, Una sedia vuota a Milano, in «Il Mondo», 18 luglio 1974, p. 29).

Lo spettro delle ricerche si configurava come molto ampio, perché nel termine di classe dirigente erano inclusi tutti coloro che, al governo o all’opposizione, nel parlamento o fuori di esso, muovendosi in una sfera ufficiale ovvero entro spazi propri ed autonomi o addirittura alternativi, abbiano svolto, svolgano, o si preparino a svolgere compiti che vanno al di là del puro esercizio d’un mestiere, d’una professione, d’una funzione, per contribuire invece, nelle forme e nei settori propri ad ognuno (politico, economico, amministrativo, militare, religioso, culturale, sindacale…) a quella che è, di periodo in periodo e ai diversi livelli, la «gestione degli affari del paese». Mattioli era interessato alla finalità «politica» del progetto, per studiare come incanalare verso riforme utili al paese le agitazioni innescate dal Sessantotto. Dopo la sua scomparsa, avvenuta il 27 luglio 1973, il progettò si arenò.

«Mattioli, il volto inatteso della banca ironicamente umana» Così Guido Piovene lo qualificò, congedandosi dalla tappa milanese del suo Viaggio in Italia: «Qui, nella rigorosa difesa dell’interesse e del lucro, le muse attorniano Mercurio». E a proposito della Banca Commerciale osservava: «se è in parte il prodotto dell’ambiente, in parte non minore questo ambiente è stato modellato e animato da lui». La Comit aveva contribuito a formare alcuni tra gli uomini politici più in vista, Malagodi, Merzagora, La Malfa, «egualmente nutriti di spiriti laici e progressistici, aperti alle idee e non pavidi dei fatti». La loro impronta comune era l’ultima eredità del Risorgimento. […] Non senza qualche accento, in taluni, di un radicalismo paradossale in una banca: la sempre risorgente querela contro le scarse capacità di riforma, in senso politico e religioso, della società italiana. Che però in Mattioli si vela di umanesimo e di ironia. Proprio quest’ultima caratteristica, l’ironia, contraddistingueva il banchiere: «un’irriverenza che ricorda Galiani (o, come egli preferisce dire, “di stampo galianeo”), tanto più esplicita quando travolge la sua stessa persona» (citazioni da G. Piovene, Viaggio in Italia, Milano, Mondadori, 1957, p. 79). […] È sorprendente – in un civil servant che sentiva profondamente il valore delle istituzioni – la presenza tanto spiccata di un côté iconoclasta, di un’ironia dionisiaca e carnale, molto abruzzese nel buon senso paesano, napoletana e meridionale nella fantasia, negli esorcismi e nella fedeltà alle radici. Il riserbo da banchiere che si tramutava nel suo contrario, l’impertinenza, era un espediente per sciogliere la tensione e per contenere una natura calda di affetti e di generosità, partecipe delle disgrazie civili della «patria» e orientata sempre alla difesa della parte sana della società: i lavoratori di ogni ordine e grado e, come si legge nella biografia appena edita dal Mulino, gli oppressi da ingiustizie e persecuzioni.

Da: startupitalia.eu

16 dicembre 2023

Alessandro Aresu, "I mondi di Raffaele Mattioli", da Pandora Rivista, 2023.

I mondi di Raffaele Mattioli

di Alessandro Aresu

Una volta Marcello De Cecco, geniale conoscitore della storia e dell’anima dell’economia, sempre fortemente legato alla sua identità abruzzese, ha raccontato il suo incontro col conterraneo Raffaele Mattioli, storica guida della Banca Commerciale Italiana. L’intervento del banchiere di Vasto fu essenziale per permettere al giovane De Cecco (non senza evitare di rimarcare, con ironia, che non si trattava di “quello della pasta”) di studiare a Cambridge[1], nel percorso di ricerca che ha poi portato a classici internazionali come Moneta e Impero.

È solo uno dei cento rivoli del fiume impetuoso di Raffaele Mattioli nella storia d’Italia, nella storia delle idee e delle classi dirigenti. Il profilo di Mattioli restituisce una figura di prima grandezza tra gli attori della ricostruzione italiana. Il suo ricordo continua ad alimentare attenzione pubblica a cinquant’anni dalla morte avvenuta il 27 luglio 1973. Ancora oggi ci sorprende l’originalità del suo esempio italiano ed europeo, come ha ricordato di recente Ferruccio De Bortoli sulle pagine del Corriere della Sera[2]. E questo avviene perché vari mondi s’intersecano nel banchiere nato nel 1895 a Vasto, oltre alla sua impronta nella storia della Banca Commerciale Italiana.

Il mondo dei libri, senz’altro. Apriamo anzitutto l’opera in due volumi Cinquant’anni di vita intellettuale italiana, che Mattioli cura con Carlo Antoni, studioso di Hegel e della filosofia tedesca, per gli ottant’anni di Benedetto Croce. Mattioli, che ci tiene personalmente a fare il curatore, convoca per quell’impresa editoriale personalità che comprendono Bruno Nardi per gli studi medievali, Arnaldo Momigliano per la storia antica, Mario Praz per la letteratura inglese, Giovanni Macchia per la letteratura francese, Luigi Einaudi per la scienza economica, e molti altri.

Il volume dedicato a Mattioli nel 1970, Un augurio a Raffaele Mattioli, e aperto da un suo ritratto realizzato da Renato Guttuso, contiene tra l’altro testi di Riccardo Bacchelli (che ricorderà Mattioli dopo la morte in una commemorazione all’Istituto Italiano per gli Studi Storici), Elena e Alda Croce, Roberto Longhi, Gianfranco Contini, oltre a Eugenio Montale e Carlo Emilio Gadda. Già con questi brevi cenni prende forma quella colonna di libri, di riferimenti culturali di cui Mattioli parlava con Palmiro Togliatti: i libri come precondizione dell’azione politica, della cultura politica, di ogni progetto per il futuro dell’Italia.

Mattioli aveva l’ossessione di sviluppare la cultura italiana, di imprimere il suo segno al suo allargamento, all’inclusione di nuove prospettive. Il primo mondo di Mattioli è questa vitalità editoriale. Leggere libri, suggerire libri, scoprirli, riscoprirli e salvarli (come per i Quaderni di Gramsci con l’amico Piero Sraffa), discuterne, pubblicarli. I libri in grado di abbattere le barriere, il linguaggio dei libri che ti fa dare del tu ai maestri, che alimenta l’amicizia davanti a una bottega dell’usato. Nella vita di Mattioli, da aiuto bibliotecario della Bocconi a braccio destro del banchiere Toeplitz, ci sono sempre i libri di mezzo, i riferimenti ai libri, le conversazioni sui libri. Fino al sogno, ma più che altro la necessità, di fare libri. Plasmare imprese editoriali come Ricciardi, sostenere riviste e altri editori. Una vita di libri, impressionante nella sua estensione e nella sua ambizione. Una vita “libresca”? Di sicuro, mai noiosa. Perché l’ironia è un tratto costante di Mattioli, anche nel parlare della sua stessa cultura. Sempre pronto alla battuta, al richiamo della leggerezza prima dell’allargamento popolare di questa categoria in Calvino.

18 agosto 2023

Associazione di Promozione Sociale “Massimo Lelj”, Tione degli Abruzzi. Iniziative culturali e valorizzazione degli scrittori Massimo Lelj e di Giovanni Titta Rosa.


L’Associazione di Promozione Sociale “Massimo Lelj” è nata il 5 novembre 2016 a Tione degli Abruzzi, con la finalità di realizzare iniziative e progetti culturali, educativi e formativi, ispirandosi a principi di democrazia, solidarietà ed etica, al fine di elevare la conoscenza e la crescita personale della collettività di riferimento.
L’Associazione, che inizialmente aveva tra i suoi scopi primari la diffusione e la ristampa delle opere dello scrittore tionese Massimo Lelj, ha nel tempo allargato la propria attività di promozione letteraria a tutti gli scrittori natii del territorio o che dello stesso hanno scritto e parlato, anche attraverso la manifestazione Stagioni al Sirente, che rappresenta parte dell’attività del sodalizio.
Dal 2020 l’Associazione ha la propria sede all’interno del settecentesco palazzo Lelj, dove lo scrittore tionese visse durante l’infanzia e la prima adolescenza; in una porzione del palazzo è attivo un centro visita del Parco Regionale Sirente-Velino.
In futuro parte del Palazzo Lelj, ristrutturato e consolidato e gestito dall’Associazione, ricorderà, all’interno di un progetto ecomuseale, le figure degli scrittori Massimo Lelj e del conterraneo Giovanni Titta Rosa.

Associazione di Promozione Sociale “Massimo Lelj”
Associazione di Promozione Sociale “Massimo Lelj” - Facebook

6 agosto 2023

L’Album pittorico letterario abruzzese.

L’Album pittorico letterario abruzzese
di Angelo Iocco

Pagine dell’Album pittorico: entrata di Vittorio Emanuele a Pescara nel 1860, sul ponte di barche sul fiume


L’Album Pittorico e Letterario Abruzzese fu fondato da Francesco Vicoli di Chieti nel 1859. L’intenzione era quella di riportare in Abruzzo quel sentimento per la ricerca patria, avviato con Pasquale De Virgilii sempre a Chieti nel 1836, quando fondò il Giornale Abruzzese di lettere, scienze ed arti, in seguito trasferito a Napoli per problemi con l’Intendenza di Chieti circa le visioni politiche del De Virgilii. L’Album pittorico ebbe vita breve, nel 1860 a causa di problemi col governo borbonico chiuse; era stampato in città dalla Tip. Del Vecchio, storica stamperia di Chieti. Il diretto, Vicoli, era un valente patriota teatino, appassionato di letteratura, e promotore della causa dell’unità nazionale. Il fratello Luigi combatté in varie battaglie, e quando morì, fu sepolto nel cimitero monumentale di Chieti, e lo scultore Costantino Barbella gli realizzò la scultura granitica de “La Morte”, una delle sue opere più riuscite.
Al giornale collaborarono i maggiori intellettuali abruzzesi dell’epoca: Raffaele Del Ponte (1813-1872), pittore e incisore di Chieti, che realizzò i disegni, Angelo De Luca da Guardiagrele, già attivo presso il Giornale Abruzzese, Luigi e Francesco Vicoli, Ignazio De Innocentiis da Orsogna, Gianfedele Cianci poeta orsognese, Francescopaolo Ranieri da Guardiagrele, Clemente de Caesaris politico, poeta e oratore di Penne che fu coinvolto nei moti antiborbonici pennesi del 1837, e che combatterà strenuamente per la causa italiana nelle carceri della Fortezza di Pescara. A seguire Gabriello Cherubini , De Stephanis, Panfilo Serafini da Sulmona, Antonio De Nino, Angelo Leosini da Aquila con numerosi articoli riguardanti l’arte e la storia del circondario amiternino.