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23 ottobre 2024

Cesare Tudino, compositore di Atri del sec. XVI.


CESARE TUDINO

Citta: Atri (TE), Roma
Data nascita: 1530?
Data morte: 1591-92

Nulla sappiamo della sua data di nascita né di quella di morte, ma i dati in nostro possesso ci fanno ritenere che sia nato in Atri (dove é testimoniato che vi fossero diversi parenti) intorno agli anni '30 del Cinquecento ed ivi morto dopo il 1590 , anno di pubblicazione, a Venezia, della sua ultima raccolta di musiche.
Da un'annotazione di pagamento redatta in un libro di conti conservato nell'Archivio Capitolare di Atri, la sua morte sembrerebbe da far risalire al periodo compreso tra gli ultimi mesi del 1591 e i primi del 1592.
Per quanto riguarda la sua formazione musicale si ritiene che sia avvenuta nella sua stessa cittá, nella scuola musicale della Cattedrale, istituita nella prima metá del '500 da Julio Quintio Fileon. Non si esclude peró che sia stato puer cantor in San Giovanni in Laterano in Roma, nelle cui carte d'archivio risulta appunto in tale veste, nel 1543, un tal Cesare soprano. L'ipotesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che in seguito, negli anni 1558-59, il Tudino prestó sicuramente la sua opera di organista nella Basilica romana.
Fu canonico nella Cattedrale di Atri dove operó per alterni periodi come musicista dal 1552 al 1588. Fu forse musico alle dipendenze del marchese Giovan Iacopo Trivulzi di Vigevano, al quale dedicó Li madrigali a Note Bianche et Negre cromatiche et Napolitane a 4, Venezia, Scotto, 1554, e presso la corte atriana degli Acquaviva d'Aragona, dedicando al duca Giovan Girolamo Il primo libro delli soi madrigali a 5 voci, stampato a Roma il 9 gennaio 1564, e al di lui figlio, duca Alberto, il primo libro delle Missae Quinque Vocum, stampato da Vincenti a Venezia nel 1589. Oltre a tali opere, di lui ci rimangono ( sparsi in biblioteche ed archivi di tutta Europa ed America): Mottettorum quinque vocibus Liber primus, Venezia, Vincenti, 1588 (dedicati al cardinale Ottavio Acquaviva, fratello del duca d'Atri Alberto); Magnificat omnitonum a 4 e a 8 voci, Venezia, Vincenti, 1590 (dedicati al vescovo di Atri e Penne, Giovan Battista De Benedictis).
Molte sue canzoni "alla napolitana" sono comprese in antologie dell'epoca. Inoltre, presso la Staats-und Stadtbibliothek di Augsburg, sono conservate alcune sue opere manoscritte. Ne testimoniano la fortuna presso i suoi contemporanei la grande importanza delle cariche avute, la presenza di sue composizioni in raccolte altrui (a mo' di garanzia di qualitá), il prestigio dei tipografi che ne stamparono le opere, nonché, fatto forse unico nella storia musicale rinascimentale, una lapide marmorea conservata nel Museo Capitolare di Atri, che riproduce un canone a quattro voci del musicista, dedicato a S. Cecilia (1577).

Marco Della Sciucca






17 settembre 2024

Sandro Galantini, Beautiful Atri, mon amour, da Tesori d'Abruzzo.


 Beautiful Atri, mon amour

Ecco come hanno celebrato e descritto la «Città vetusta» scrittori, poeti e viaggiatori di fama, italiani e stranieri, tra Otto e Novecento

Testo di Sandro Galantini

Vaga e solarina, la ginestra si estenua in trama di sussurro appigliandosi sopra il precipizio che serba nelle sue rughe storie di vento e di pioggia. Gli spettacolari calanchi di Atri, che fanno dirupare lo sguardo su una landa asprigna in cui pare arda il cuore della terra, sono immoti eppure sembrano non avere quiete. Difficile immaginare come queste bolge audaci e magre, su cui volteggiano i falchi pecchiaioli, preludano l’incontro con una città di remotissime origini, intima e fascinosa al contempo, che aduna straordinari tesori d’arte e monumenti dalla bellezza disarmante.

Calanchi di Atri (ph. Giancarlo Malandra)

La naturale propensione alla seduzione di Atri, irresistibile nella tessitura delle ore diurne allorché – come ricordava lo scrittore Michele Prisco ne Il cuore della vita del 1995 – rifulge «d’uno splendore nitidissimo e animato», diviene addirittura sortilegio con la morbidezza felina della sera. Ed allora quando vie, piazze e stradine vengono addomesticate dai bagliori struggenti dei lampioni, questa città «alta, nobilissima» ed estranea agli «adescamenti marini», ancor di più «coinvolge, stupisce, dà emozioni sapientemente articolate», scrive con efficacia ustionante Giorgio Manganelli ne La favola pitagorica, l’intrigante libro uscito per Adelphi nel 2005 che raccoglie i suoi reportage dal 1971 al 1989. Sicché non appare un cedimento all’iperbole quella tripletta di sintetiche definizioni – «perla della collina abruzzese», «limpido esempio di fusione tra architettura e natura», «stupendo centro per i cultori dell’arte e della bellezza» – che il senese Luigi Volpicelli, pedagogista di fama internazionale, aveva riservato in un suo articolo su Atri pubblicato nel 1969 nella rivista del Touring Club Italiano “Le vie d’Italia e del mondo”.

Veduta di Atri (ph. Giancarlo Malandra)

Torniamo però a Manganelli, coriféo del viaggio come immersione passionale e totalizzante nei luoghi. Secondo lo scrittore e giornalista milanese, Atri, la cui cattedrale giudicata splendida da Guido Piovene nel 1956 e citata da Paolo Volponi nel suo romanzo Il palazzo ducale del ’75 gli appare «una mole di indimenticabile potenza geometrica», è decisamente «una città più che antica, arcaica».

Accanto e in aggiunta al paesaggio ed alle emergenze architettoniche, è dunque la storia, in questo caso plurimillenaria, a costituire un elemento ulteriore di attrattività urbana.

Veduta di Atri, 1792

La pensava così anche uno dei protagonisti del Grand Tour, il globetrotter Edward Lear, che il 29 settembre 1843 guada tre fiumi e affronta la faticosa salita per Atri spinto dalla fama dell’«antica Hadria», quella stessa precedentemente osservata da lontano, e descritta sul piano storico, dal connazionale Keppel Richard Craven. Una vetusta città che – annota il viaggiatore londinese – per quanto «decaduta» pure è in grado di calamitare l’attenzione per alcuni «ruderi ciclopici» e per le «mura pittoresche», oltre che per la spettacolare veduta sull’Adriatico e sul retroterra. Ma a stordire e meravigliare Lear, come fosse un balenio fosforico, è la cattedrale, «uno degli edifici in stile gotico italiano più perfetti» tra quelli da egli visitati in Abruzzo e della quale pertanto non lesina inchiostro nella descrizione che consegnerà al suo volume Illustrated Excursions in Italy, pubblicato nel 1846.

Carta dell’Abruzzo (da E. Lear, Illustrated Excursions in Italy, 1846).

Quasi esemplate su quelle del Lear, sono le più sintetiche notazioni dello scrittore e poeta francese Charles-Emmanuel Nicolas Didier per l’Italie pittoresque del 1845. Vero è – lui dice, rievocando così la simile osservazione espressa già nel primo ‘400 dall’umanista Francesco Filelfo – che la fisionomia del borgo è quella ormai di una comune «bourgade campagnarde», appollaiata sulla cresta di una collina arida ed immemore della grandezza passata. E però secondo Didier visitare Atri è doveroso trattandosi di una delle «villes primitives de l’Italie», tanto da aver dato nome al mare Adriatico e i natali alla famiglia dell’imperatore Adriano.

Veduta di Atri (da Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato, 1858?)

Malioso polo-calamita in grado di coagulare, in virtù del suo passato onusto di gloria, ragguardevoli esponenti della cultura europea (come l’enciclopedico Aubin-Louis Millin, venuto in loco il 12 ottobre 1812 per incontrare Francesco Sorricchio, «persona ragguardevole» e collezionista di antiche monete atriane), la città pure continua ad arpeggiare l’anima di chi desidera farsi soggiogare tout court dalla straripante grazia della cattedrale e dei tanti monumenti presenti.

Cattedrale di Atri (ph. Giancarlo Malandra)

Se per lo scozzese Charles Mac Farlane, salito da Napoli negli Abruzzi nella torrida estate del 1848, l’acquaviviana Atri ancora stretta nelle sue mura è senza dubbio «la più antica, la più romantica e in ogni caso la più interessante» tra le località collinari che prueggiano a ridosso del tracciato litoraneo da Pescara verso nord, mezzo secolo dopo, in uno scenario sideralmente diverso, per il filosofo Augusto Conti è una meta imprescindibile trattandosi di una località storica notevole in cui «guide amorevoli e dotte» conducono il visitatore alla scoperta e alla migliore comprensione delle numerose opere d’arte presenti.

Teatro comunale di Atri, primo ‘900

Tra il 1848 di Mac Farlane e il 1897 del toscano Conti c’è stato intanto un vero profluvio di pubblicazioni d’indole varia che ha posto Atri in luce meridiana. Ai prodotti maggiormente significativi del viaggio borghese ottocentesco come le guide Bradshaw e, più ancora, i Murray Handbooks dalle iconiche copertine rosse coi caratteri dorati, si sono infatti affiancati sia i saggi di numismatica, sia gli studi e le robuste monografie a firma di illustri cultori delle arti: da Heinrich Wilhelm Schulz a Enrico Gennarelli; da Charles Callahan Perkins al duo Cavalcaselle-Crowe. È però grazie ad una novella apparsa nel 1872 se la città irrompe potentemente nello scenario internazionale. Si tratta di The bell of Atri (La campana di Atri) del famosissimo poeta statunitense Henry Wadsworth Longfellow, opera di tale fortuna non solo letteraria da approdare al cinema nel 1920 e da venire riproposta in numerose edizioni, l’ultima delle quali uscita nel gennaio 2024.

Cattedrale di Atri, primo ‘900

Storia ed arte continuano ad essere l’endiadi di Atri anche quando il viaggio cambia pelle e si modernizza, divenendo predace con l’automobile. Ce lo dimostrano icasticamente i resoconti nel 1907 di Ugo Ojetti e di Carlo Placci nell’anno seguente. Ammaliati entrambi dalla cattedrale e dai superbi affreschi al suo interno, i viaggiatori-automobilisti Ojetti e Placci ci consegnano infatti descrizioni che pur nitide, tuttavia sono parsimoniose di parole e si direbbe impazienti, come d’altronde impongono i tempi nuovi. Ed epigrafico, nonostante sia uno storico di vaglia, sarà pure Gustave Schlumberger riferendo della sua visita ad Atri ed alla cattedrale cittadina, «uno dei più bei monumenti religiosi dell’Abruzzo», nei suoi Voyage dans les Abruzzes et les Pouilles del 1916. Ai tornanti della dialettica non aveva rinunciato invece il conte e critico d’arte Arturo Jahn Rusconi, spesosi largamente in dotte dissertazioni sul più importante edificio sacro atriano, e sui pregevoli interni, in un ampio articolo diremmo a metà strada tra divulgazione dotta e saggio scientifico pubblicato da “Emporium” nel gennaio 1905 con ricco corredo di foto.

Cattedrale di Atri, interno (ph. Alessandro Antonelli)

Per quanto le pagine novecentesche ridisegnino ottiche e rimodulino tempi d’approccio, in ogni caso Atri continua ancora a sorprendere. Sarà forse per la sua «aria segreta, ritrosa quasi» e per la promessa mantenuta del suo «spettacolo di bellezza», come afferma convintamente lo scrittore Mario Pomilio. Sarà – ancora – perché la città sembra desiderosa di restituire racconti in timida trasparenza a chi le si accosta con rispetto e discrezione. Oppure sarà per le sue chiese, per le residenze gentilizie, per le case minute che possiedono, tutte, un loro cuore, una perfezione leggera accentuata dal filo dei tramonti e dai fiori dell’aurora. Sarà come sarà, l’aristocratica Atri è un ritaglio d’anima che ha segreti specchi e sa donare, ieri come oggi, un giro pieno di emozioni.

Da: Tesori d'Abruzzo

16 maggio 2024

Carlo Verdecchia, "Carro con buoi".

Carlo Verdecchia, "Carro con buoi", olio su cartone telato, cm 40x50, collezione private.

 
Carlo Verdecchia (Atri, 1905 - 1984)
"Carro con buoi"
Olio su cartone telato, cm 40x50
Collezione private.


Carlo Verdecchia, "Carro con buoi", olio su cartone telato, cm 40x50, collezione private.

8 aprile 2024

Desiderio Abruzzese, Gruppo Folkloristico di Atri, diretto dal M° Pasqualino Santini.




LATO A
OILI'...OILA' di De Titta-Di Jorio
LU PIANTE DE LI STAGGIUNE di Illuminati-Di Jorio
LA CICOGNA SOPRA IL TETTO di Santini
LI CAMBANE DI ATRE popolare, elab. Mincione-Santini
L'AMORE E' BELLE A FFA'
DESIDERIO ABRUZZESE
TERESINE di De Titta-Di Jorio

LATO B
A LA FIERA DI LANCIANE di Albanese
AMORE CHE SE NE VA di Illuminati-Di Jorio
LA CITELE E LU VECCHIE di Santini
SERENATA STUNATE di Marcolongo-Di Jorio
CHI TE L'HA FATTE FA'
LU PIANTE DE LE FOJJE di De Titta-Albanese
T'ASPETTE CUNCETTI' di Gileno-Verrocchio

26 ottobre 2023

Sulla Collina - La romanza nel salotto degli Acquaviva.



Il cd “Sulla Collina” - la romanza nel salotto degli Acquaviva - nasce dalla volontà di dar voce a compositori di indubbio valore musicale e culturale non solo per la città di Giulianova a cui questi autori son legati per nascita o vissuto ma per tutti quei luoghi, in Abruzzo e fuori dai confini regionali, in cui la famiglia Acquaviva ha avuto la sua solida influenza.
A dar voce a queste musiche incise per la prima volta e alcune mai eseguite in tempi recenti due artisti giuliesi Manuela Formichella soprano accompagnata al pianoforte da Piergiorgio Del Nunzio che per amore verso le loro origini hanno affrontato lo studio e la registrazione di 16 brani per canto e pianoforte. Accanto a Gaetano Braga si potranno ascoltare composizioni di Sofia Properzi Acquaviva D’Aragona, di Andrea Acquaviva D’Aragona, di Luigi Leone e di Clodomiro Caravelli. Quest’ultimo (1888-1929), musicista, compositore e animatore radiofonico fu emigrato molto giovane negli Stati Uniti d’America dove avrebbe svolto la sua attività di docente governativo, a partire dai primi anni ‘20 del Novecento, presso la Lehigh School Music di Allentown.
Portano la sua firma la canzone valzer radiofonica Broadcasting Station L-O-V-E del 1924, la partitura bilingue Sulla collina (On The Hill) del 1925, dedicata alla città di nascita unendo un memore pensiero a Gaetano e Giuseppe Braga, il valzer You’re just the kind of a girl i like, the only one for me e When we smiled as we met and passed, del 1927, oltre a Dolce visione (Sweet vision) e Italia l’inno della patria, messe a stampa rispettivamente il 4 aprile e il 18 luglio del 1928.

Il soprano Manuela Formichella, giuliese, è una raffinata interprete che porta ovunque nel mondo la cultura musicale abruzzese con concerti sull’ortonese F. P. Tosti e gli altri musicisti abruzzesi autori di romanze da salotto. Ha all’attivo altri due dischi “Dormir, sognare” di arie e duetti del compositore abruzzese Antonio di Jorio e “Un D’Annunzio nuovo” su musiche originali del compositore statunitense Brendan McConville su La pioggia nel pineto dannunziano, disco che ha vinto il Global Music Award per contemporary classical album!

La presentazione del disco avverrà sabato 14 settembre presso il Palazzo Kursaal di Giulianova alle ore 21 grazie alla volontà dell’Accademia Acquaviva e vede il sostegno dell’Amministrazione Comunale e del Polo Museale Civico di Giulianova, di “Tesori d’Abruzzo” editore De Siena leader nella promozione della nostra regione, del Lions Club di Giulianova Castrum e del Bim (Bacino Imbrifero Montano).
Il disco è corredato anche dalle parole dello storico Sandro Galantini.