16 settembre 2024
Canzoni Abruzzesi, Coro folk Vito Olivieri, S.Vito Chietino, Cuscì cante lu Core nostre, 1977.
25 luglio 2024
Deo Bozzelli (1912-1999) musicista sentimentale abruzzese della sua San Vito.
Deo Bozzelli |
Deo Bozzelli (1912-1999) musicista sentimentale abruzzese della sua San Vito
di
Angelo Iocco
1 – Biografia
Deo
Bozzelli nacque in una casetta di via Orientale a San Vito Chietino[1],
l’11 agosto 1912, fratello di Ismaele, anche lui muratore di una impresa, nonno
di Emiliano Bozzelli. Nel registro dei battesimi della parrocchia
dell’Immacolata Concezione è chiamato “Amedeo”, tuttavia nel registro civile
dei nati del Comune, figura come “Deo”. Sarebbe, secondo la figlia, una
deformazione di “Diego”. Era chiamato da piccolo “Diucce”. Dalla maestra e
memoria storica di San Vito Maria Di Clemente, è sempre ricordato
affettuosamente come “zio Amedeo”. La sua era una famiglia che di generazione
in generazione tramandava il lavoro edile, come muratori.
Non
si sa molto della sua infanzia, frequentò le elementari a San Vito, sin da
bambino ebbe una forte passione per la musica. Non si hanno documenti su
eventuali frequentazioni di corsi di musica, che tra l’altro in questa area
d’Abruzzo scarseggiavano. Si imparava “a orecchio”, e di fatti le figlie di
Deo, Franca e Concetta, ricordano che il padre dichiarava di aver imparato da
autodidatta. Non bisogna dimenticare che in quei tempi erano assai famose per
le loro esecuzioni alle feste patronali, alle cerimonie, alle commemorazioni,
le bande di Lanciano e Sant’Apollinare chietino (quest’ultima tra le più antiche
dell’Abruzzo, fondata nel 1814). C’è un’altra fonte, che tuttavia
necessiterebbe di documenti per essere certificata, si racconta che Bozzelli
seguì molto le rappresentazioni canore e le canzoni che scriveva il
compositore, anche lui pare autodidatta, Vito Olivieri (1865-1941), della
Marina, che partecipò come direttore dell’orchestra alle rassegne delle Feste
del Mare del 1923-26. Sicuramente Bozzelli rimase affascinato da queste
esecuzioni sullo sfondo dell’Adriatico, facendosi cullare dalle note di Serenatella a lu mare, Care amore, o Lu viagge.
Raggiunta
la maggiore età, Deo Bozzelli deve viaggiare dall’Abruzzo, per andare a fare il
militare nella Val Pusteria. Dalle fotografie conservate dalle eredi,
apprendiamo che suonava, a 20 anni, il clarinetto nella Banda della Marina
Militare. Quando fu richiamato alle armi durante la guerra, tornò a suonare
nella Banda, certamente apprezzato per le sue qualità.
6 marzo 2024
Vita e opere del M° Francesco Paolo Santacroce di Lanciano.
Francesco Paolo Santacroce |
Francesco Paolo Santacroce |
14 febbraio 2024
Canzoni abruzzesi. Coro folkloristico Giulio Sigismondi, 1980.
26 gennaio 2024
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa.
Ludovico Teodoro, San Leucio nelle vesti di vescovo, con ai piedi il Dragone, Duomo di Atessa |
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa
Prima Puntata
di Angelo Iocco
Poco si conosce di
questo artista, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti[1],
uno dei migliori che fu attivo nell’Abruzzo chietino e nel Molise, ma anche
nell’area di San Benedetto del Tronto e del teramano (dipinse il soffitto della
Collegiata di Campli), dagli anni ’30 agli anni ’50 del ‘700. Per vent’anni
dominò la scena con altri colleghi spesso napoletani, come Ludovico De Majo,
Francesco Solimena, Giovan Battista Spinelli. Fu sepolto a Chieti nella chiesa
di San Domenico, andata demolita nel 1914 per costruire il palazzo della
Provincia di Chieti. La lezione del Teodoro pare essere stata recepita anche in
Atessa, benché non siano attestate sue opere nelle chiese. Un esempio è
l’affresco della volta della sala grande del palazzo De Marco-Giannico, ex casa
di riposo, in Largo Castello, la cui scena illustra al primo piano Ercole che
combatte l’Idra di Lerna, e al centro il Giudizio di Paride con Giunone,
Minerva e Venere con l’Amorino, e attorno nelle nuvole dell’Olimpo, figure
femminili e Grazie. La scena, ripresa anche dalle stampe che circolavano in
quei tempi, ricorda per la divisione in due scomparti,. Le due tele del Teodoro
di Chieti (chiesa di Santa Maria della
Civitella) e Guardiagrele (chiesa di Santa Chiara) con il tema della Cacciata
del Demonio e degli Angeli ribelli dal Paradiso.
Dal volume A. e D. Jovacchini, Per una storia di Atessa, Cassa di Risparmio, Atessa, 1993 |
Ludovico figlio di Donato, attivo nella
seconda metà del Settecento, fu ugualmente pittore, e non dimenticò
l’insegnamento paterno, apprezzava le grandi scene corali, spesso
rintracciabili nei dipinti di Luca Giordano a Napoli, dove andò a formarsi,
come fece suo padre; e non mancava sicuramente di avere una personale
collezione di stampe, da cui traeva ispirazione per i suoi affreschi di ampio
respiro. Al momento, pienamente attribuibile a Ludovico, sono la tela di San
Leucio vescovo col dragone, presente nell’altare maggiore del Duomo di Atessa,
firmato e datato 1779. Benché non firmate, mi sento di attribuirli anche le due
tele laterali del coro dei Canonici, che ritraggono la Natività con la Sacra
Famiglia, e l’Adorazione dei Pastori. Opere un di gusto teodoriano per la ben costruita
scenografia, anche se con le immancabili grossolane superfetazioni del Bravo, e
i fondi oscuri tipici dell’ultimo Donato, di chiara derivazione tardo
caravaggesca[2].
Anonimo, Annunciazione, chiesa della Santissima Annunziata, Civitaluparella, 1790.
Il secondo riquadro:
“David accoglie Saul vincitore contro Golia” è molto simile al quadro dipinto
dal padre Donato che mostra la scena di “Davide con la testa di Golia davanti a
Saul”, oggi conservata nel palazzo Martinetti-Bianchi di Chieti, oppure allo
stesso soggetto per la volta della chiesa madre di Colledimezzo. La
composizione del soggetto ha la stessa matrice, ma il risultato di Ludovico è
più scadente. In parte è dovuto ai restauri di Ennio Bravo, che ha cambiato
alcuni volti, in parte alla stanca ripetizione dei modelli, come il barbuto
Saul sul trono che è impaurito dalla scena macabra, e il giovane David, che con
la sua smorfia di sofferenza esprime quel mansuetismo, quasi senso di colpa per
i propri trionfi, che accomuna diverse opere di Donato che abbiano questa peculiarità
del Trionfo del Bene sul Male, quasi uno strizzare l’occhio al Davide con la
testa di Golia del Caravaggio. Ma appunto, ciò non riguarda tutte le opere del
Donato, basta riferirsi ai volti trionfanti di Giuditta con la testa di
Oloferne nella chiesa di Sant’Agata di Chieti, o ad altri soggetti simili, come
lo stesso tema nella cupoletta del santuario dell’Assunta di Castelfrentano, et
similia.
Donato Teodoro, Incontro tra Salomone e la Regina di Saba, Museo d’arte “C. Barbella”, Chieti, foto M. Vaccaro per gentile concessione |
La scena “Saul placato
dall’arpa di David e l’Arca dell’Alleanza” si divide in tre momenti, sulla
sinistra il coro di cantatrici con strumenti musicali, al centro Saul che suona
l’arpa, a destra i sacerdoti e l’Arca.
Navata del Duomo di Atessa |
Osserviamo le fotografie delle pitture della volta del Duomo.
1° dipinto: L. Teodoro, Giuditta e Oloferne, particolare |
2° dipinto, Saul e David con la testa di Golia, particolare di David |
3° dipinto: David suona l’arpa con l’Arca dell’Alleanza, veduta d’insieme e particolare |
4° dipinto: Salomone e la Regina di Saba. |
L’ultima scena “La Regina di Saba” ha moltissime somiglianze con il dipinto di Giacinto Diano che realizzerà nel 1788 ca. nella Basilica cattedrale di Lanciano, la matrice della stampa da cui i due pittori hanno attinto è la stessa. Anche qui notiamo l’esasperazione dei volti, l’abbruttimento dei tratto somatici dei sacerdoti e delle cariche ebraiche, nonché i lunghi nasi, gli occhi strabuzzati, i pizzetti appuntiti, i turbanti delle figure di religione islamica contro cui si scontrano gli ebrei. Le pennellate sono molto chiare, seppur Ludovico non riesca a eguagliare la grandezza paterna. Osservando queste pitture, ci viene in mente il primo Donato Teodoro, non ancora trentenne, che fu attivo nel cantiere del santuario dell’Assunta di Castel Frentano, con la controfacciata della “Cacciata dei mercanti dal Tempio”; le pennellate simili, i colori leggermente sbiaditi, l’affresco orale di personaggi che si intrecciano in un turbinio di azioni, di giravolte, di scene concitate che inducono al movimento, a riguardare più volte la scena per adocchiarne i particolari.
Ludovico nel Duomo
dipinse anche i tondi laterali con le figure degli Apostoli, e delle tele applicate
ai pilastri della navata maggiore del Duomo, con le scene della Via Crucis.
Altre opere d’arte a
San Leucio
Nel Duomo. Il pulpito
in legno è della bottega Mascio di Atessa.
NAVATA DI SINISTRA,
altare di San Michele che sconfigge Lucifero, è brutta copia di Francesco
De Benedictis[3]
del quadro di Guido Reni (sia De Benedictis che il suo predecessore Giuliano
Crognale di Castelfrentano ne sfornarono di queste orride copie del quadro di
Guido Reni per le chiese del chietino!), che però forse avrà copiato dal suo
maestro Nicola Ranieri, per il san Michele presente nell’altare maggiore della
chiesa di sant’Antonio di Lanciano, o da una stampa del quadro di Reni che
circolava molto facilmente tra i disegnatori dei suoi tempi.
2° altare: Santa Lucia
martire, quadro moderno di Ennio Bravo[4]
A seguire. Statua di
san Pietro seduto, del XVI secolo, in pietra, dall’atteggiamento meditativo.
3° altare di San
Giuseppe in cammino col Bambino, dell’800, autore locale, della scuola di
Giacomo Falcucci
4° altare di San
Bartolomeo martirizzato, opera dello stesso autore del precedente San
Giuseppe col Bambino
CAPOALTARE NAVATA
SINISTRA A CAPPELLA: nicchie con statue
del Sacro Cuore, San Donato e Madonna Immacolata, bottega locale. Il soffitto è
stato rifatto da Bravo con i soliti cassettoni e fioroni.
Nella nicchia di
controfacciata della seconda navata di sinistra, c’è il busto di San Leucio in
argento di scuola napoletana datato 1857, e la costola del drago.
Ritratto del Prevosto Giandomenico Maccafani, presso la Sagrestia |
NAVATA DESTRA: a muro
in controfacciata, tela dell’Ultima Cena, autore ignoto, ma forse Giacomo
Falcucci o di un suo seguace.
Altari laterali:
1° altare di Sant’Anna
con Maria Bambina, tela di F. De Benedictis, di poco interesse.
2° altare con Martirio
di San Sebastiano, con ex voto, forse di Giacomo Falcucci[5], è
classificato come di anonimo dell’800.
3° altare di San
Martino in gloria, con i putti che reggono le spighe. Ignoto, forse questo
è un altro dipinto ignoto di Ludovico Teodoro; la postura è identica alla tela
di san Leucio nell’altare maggiore. Il Santo con il braccio destro benedice,
con l’altro regge il Vangelo e il pastorale. Accanto due angeli che reggono
fasci di spighe. Quasi
sempre Martino vescovo ha in mano un
grappolo d’uva e un fascio di spighe di grano, per
ricordare il suo protettorato sulle messi. A san Martino si rivolgevano
preghiere per un raccolto prospero di grano, uva ed altro. Questa iconografia è
presente in diverse opere pittoriche e scultoree che ritraggono il Santo. I due
angeli hanno i volti tipici delle figure di Donato Teodoro, che riutilizzò
questi modelli per diverse altre sue pitture, specialmente quello dell’angelo
di destra che è di profilo, riutilizzato nei servitori delle pitture di
Castelfrentano, Lanciano, Chieti. Interessante è anche la veduta in prospettiva
di Atessa, dietro il santo, dal lato di Vallaspra, sulla destra vediamo il
Duomo, con parte della facciata antica, privata nel 1935 delle volute laterali
baroccheggianti, un restauro che forse ha restituito un aspetto troppo
“razionalista” all’antica facciata gotica, a giudicare il periodo storico in
cui venne recuperata. Sulla sinistra vediamo le mura di Porta Sant’Antonio, con
il chiostro dell’antico convento dei Cappuccini e poi delle Clarisse di San
Giacinto, demolito negli anni ’60, di cui resta una porzione con degli archi, e
la torre massiccia della chiesa di Santa Croce.
Ludovico Teodoro (?), San Martino in gloria, con paesaggio, Duomo di Atessa
31 agosto 2023
Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate.
VITO OLIVIERI (1865-1941) di San Vito chietino, le Canzoni abruzzesi
Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate
di Angelo
Iocco
Nella storia della musica abruzzese d’autore, occorre necessariamente parlare di Vito Olivieri di San Vito chietino (1865-1941). Poco si sa delle sue origini, e molte notizie, come mi ha confidato il ricercatore delle sue memorie, lo storico Pietro Cupido di San Vito recentemente scomparso, sono di tradizione orale. Ad esempio chi lo conobbe ricorda che svolgeva in gioventù la professione di calzolaio, e che si dilettava di musica. Non si sa come studiò e dove perfezionò i suoi rudimenti musica, dato che, come possiamo vedere dagli spartiti manoscritti conservatisi di alcune sue canzoni, il nostro Olivieri era ben ferrato nel contrappunto. Resta un mistero, sicché non giungano in futuro documenti a supporto delle nostre ipotesi; una situazione analoga dicasi per il musicista Arturo Colizzi (1885-1964) di Rocca San Giovanni, che lavorò nelle canzoni abruzzesi con il sanvitese Giulio Sigismondi e altri, e scrisse la celebre Voga voghe (1922) per il Concorso delle canzoni di Lanciano. Grazie alle informazioni raccolte da Cupido sull’Olivieri, che si spera siano in fururo pubblicate, e sono lettere, corrispondenze, documenti, fotografie, tra cui il ritratto del musicista, sono riuscito a trarre queste poche righe.
L’Olivieri sicuramente, come dimostrano
le ricerche di Cupido, fu influenzato nelle sue compoisizioni dai canti
popolari del paese, dato che, scrisse
una ballata di Sant’Antonio abate. Sant’Antonio è celeberrimo in Abruzzo, non
c’è paese che non lo festeggi il 17 gennaio, e che non abbia un repertorio di
canti popolari o d’autore a lui dedicati. In effetti il Sant’Antonio sanvitese,
ancora oggi eseguito da qualche compagnia spontanea, ha molto a che fare con i
testi delle varie versioni che il 17 gennaio sono cantate da compagnie allegre
a Mozzagrogna, Treglio, Torre Sansone di Lanciano, Castelfrentano, Ortona ecc.
Anche in questa versione sanvitese, il
cui testo era ben noto all’Olivieri già negli anni ‘20, ad esempio abbiamo il
simpatico ritornello:
S.Antonio
Ecco il vostro S.Antonio,
fier nemico del demonio,
son venuto in mezzo a voi,
ma da lontano un’ombra
vedo ancor.
Son venuto in mezzo a voi
A benedirvi e poi partir.
Coro
È venuto in mezzo a noi
a benedir e poi partir.
S.Antonio
Col cilicio intorno al fianco
sono giunto tanto stanco
per fuggire li da Satana
che non mi lascia riposar.
Coro
Col cilicio intorno al fianco
Lui è giunto tanto stanco
per fuggir li da Satana
che non lo lascia riposar.
S.Antonio
Mi disturba nel mangiare,
mi tormenta nel pregare,
mi si ficca sotto il letto,
e non mi lascia riposar.
Coro
Lo disturba nel mangiare,
lo tormenta nel pregare,
gli si ficca sotto il letto,
e non lo lascia riposar.
S.Antonio
È perciò son qui scappato
per non essere più tentato
da quel mostro scellerato
che dal cielo fu scacciato.
Oltre al Sant’Antonio, Cupido ha rintracciato altre musiche della tradizione popolare trascritte dall’Olivieri, vale a dire un Canto della Passione, un canto del resto molto popolare, eseguito dalle compagnie solitamente il Giovedì santo, di casa in casa, o per le strade, per annunciare l’avvenuta cattura di Gesù dopo la Cena. Leggendo le note dell’Olivieri e il testo tradito, notiamo che si tratta della classica Passione al modo frentano, che con qualche leggera modifica nelle note o in qualche parola, ricorre in tutte le zone circonvicine San Vito, a Lanciano, Castelfrentano, Chieti, Ortona, ecc., e inizia con il celebre: O bona gente state a sentire / la passione di Gesù vi voglio contare!
Olivieri seppe trasmettere nelle sue melodie, come i suoi colleghi Liberati, De Cecco, Montanaro, quel sapore popolare abruzzese di cui non poteva fare a meno, pur realizzando delle composizioni originali con testo d’autore, a discapito di qualcuno che vorrebbe una netta linea di demarcazione tra canzone abruzzese d’autore, e canto popolare, come se non ci sia una perfetta simbiosi tra l’una e l’altra! E invece ce n’è eccome! Basta dare uno sguardo alla Ninna nanna su versi di Giulio igismondi e musica di Arturo De Cecco, e confrontarla con i vari testi delle Ninne nanne popolare abruzzesi raccolte dagli etnologi Finamore, Giancristofaro, De Nino, Lupinetti, oppure le varie Ninne nanne scritte dal De Titta, dallo Zimarino, dal Dommarco!
Eduardo Di Loreto |
27 agosto 2023
Rai, Linea Verde Estate. La costa dell'Abruzzo: da Ortona a Vasto - 27/08/2023
17 maggio 2023
Oliviero Di Clemente, il poeta, il cantore della sua San Vito Chietino.
Per la composizione di questo scritto, ringraziamo di cuore la figlia Maria Di Clemente, che gelosamente custodisce l’archivio con le carte dell’amato padre, prematuramente scomparso.
Fu consigliere comunale
di San Vito, divenne in seguito, negli anni ’40, Dirigente d’Ufficio comunale,
fu corrispondente del Messaggero, dove scrisse vari articoli che trattavano di
storia e cultura di San Vito, redasse negli anni ’30 il volume della sua Città
nella collana delle Città d’Abruzzo diretta da Alfredo Bontempi e
Federico Mola. Molto pittoresche, in questo volumetto, le descrizioni della
Marina e dell’eremo dannunziano, ricche di fascino; scriveva spesso come
ricorda la figlia Maria con un acronimo: Livio Montecèlere, e partecipò come
giurato a varie gare canore abruzzesi, e fu naturalmente poeta. Rimane
memorabile la sua Serenata d’amore con musica di Amedeo ”Deo” Bozzelli, ancora
oggi riproposta nei cori, e canticchiata dagli anziani sanvitesi. Partecipa
alla Festa speciale per il Patrono San Vito martire nel 1937 a San Vito nella
rassegna canora: “Cuscì cante lu Core nostre” (seguita da un’altra edizione nel
1947), con le canzoni Stu cante è pe’ te, con musica di Amedeo “Deo” Bozzelli,
Core di stu core, con musiche di Pagliari, Scappe ‘nche mme,
sempre con musica di Bozzelli, Amore perdute, Damme nu fiore, Suspire
d’amore, tutte musicate da Bozzelli. Per la III Festa della Canzone a San
Vito scrive La canzone de lu marinare con musica del sanvitese Amedeo “Deo”
Bozzelli, a seguire Tu mi vuo’?; con musiche di Liberati segue Sta mode,
poi Rimpiante d’amore con musica di Marrocco; con musiche del Maestro Rocco
Jarlori, che fu anche direttore del Coro “Vito Olivieri”, scrisse Marì fammi
cuntente!. Per la II Festa delle Canzoni di Crecchio del 1948 scrive con
musica del Bozzelli Malencunije. Per la Festa delle Canzoni di
Sant’Apollinare del 1948, presenta Piove e fère lu sole, su musica
dell’Olivieri, ormai morto da 7 anni a L’Aquila dimenticato e negletto; una
canzone dal sapore detittiano, il cui titoli riprende chiaramente una poesia
del suo Canzoniere abruzzese. Alla IV festa dell’Uva di Caldari del ’46 scrive
Cante nche mè su musica dell’amico Bozzelli. Un infarto lo stroncò appena
cinquantenne, impedendogli di comporre nuovi capolavori.
1 maggio 2023
Omaggio a Luciano Flamminio, la voce d'Abruzzo.
27 aprile 2023
Cuscì cante lu Core nostre, Canzoni abruzzesi, Coro folkloristico Vito Olivieri, San Vito Chietino, 1977.
Da: Abruzzo Forte e Gentile 95