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7 novembre 2021

Antonio Mezzanotte, Da Bucchianico al Perù: Carmine Nicola Caracciolo di Santobono.

Carmine Nicola Caracciolo nel giorno del suo ingresso a Lima, capitale del Perù,
il 5 ottobre 1716, di artista anonimo
.

Da Bucchianico al Perù: Carmine Nicola Caracciolo di Santobono
di Antonio Mezzanotte

Suo nonno, Ferrante, era stato una gran testa calda: opportunista, spavaldo, attaccabrighe, ottimo spadaccino. Si scontrò varie volte a duello, fece da prestanome in operazioni finanziarie poco chiare, qualche tempo dopo riuscì a comprarsi all’asta la città di Chieti, poi rifiutò di levarsi il cappello dinnanzi a Masaniello, scappò per un pelo alla folla che voleva linciarlo (e che gli saccheggiò il palazzo di Napoli), fu colpito a morte da una archibugiata a Nola mentre, alla testa dei propri soldati, andava all'assalto dei rivoltosi. Una vita movimentata.
Carmine Nicola fu apparentemente l’esatto contrario dell'antenato: riflessivo, di buona cultura, anche un po’ piacione e bravo oratore. Aveva una inclinazione tutta particolare per gli studi letterari, compose numerose poesie, opere buffe, favole, anche un compendio storico della propria famiglia.
Non si trattava, però, di una famiglia qualunque: parliamo dei Caracciolo Principi di San Buono, Duchi di Castel di Sangro, Marchesi di Bucchianico e feudatari di mezza provincia di Chieti, dell’Alto Sangro, dell’Alto Molise e titolari di feudi anche nel pescarese.
Carmine Nicola nacque proprio a Bucchianico (CH) il 5 luglio 1671, rampollo di cotanta progenie. Da ragazzo visse in paese, con qualche puntata a Castel di Sangro e a San Buono, nella Valle del Treste. La madre curò molto la sua istruzione e, quando da adulto arrivò a Napoli, si circondò di poeti e giuristi, frequentò i circoli culturali più esclusivi della Capitale (le famose Accademie) e ne creò altrettanti, tutti accumunati dallo splendore della sua corte. Amava la bella vita e le belle donne (ci fu un mezzo scandalo per aver messo gli occhi su una cantante, che però era la favorita del viceré Medinaceli).

Antonio Mezzanotte, Storia di una truffa, di uno zio spendaccione e di un giudizio durato 109 anni.

"Il Tribunale della Vicaria" di Napoli, presso Castel Capuano,
olio su tela, sec. XVII, attribuito a Carlo Coppola ovvero ad Ascanio Luciani
 
Storia di una truffa, di uno zio spendaccione e di un giudizio durato 109 anni
di Antonio Mezzanotte

Un bambino di tredici mesi, rimasto orfano di padre, morto in guerra, viene affidato alla tutela dello zio paterno. Questo zio, amante della bella vita, ma notoriamente con le tasche bucate, in pochi anni svende buona parte del patrimonio che ha ereditato il nipote: terreni, case, mobili, preziosi, industrie ed intasca i soldi senza dichiarare nulla al Fisco. I compratori, che conoscono il carattere del personaggio, fanno finta di credere di acquistare beni di modico valore, terreni improduttivi, case in rovina. Invece l’affare è davvero lucroso: lo zio tutore realizza subito un bel gruzzolo, i compratori con poco prezzo si impadroniscono di grasse aziende agricole, palazzi, mobili d’arte e dei beni immobili così acquistati nulla trascrivono nei Pubblici Registri, sicché gli stessi continuano a figurare come intestati al minore.
Quando lo zio muore, il nipote, divenuto maggiorenne, scopre che molto probabilmente è stato frodato: in primo luogo dallo zio, che non ha mai avuto una contabilità separata del patrimonio amministrato per conto del nipote (e che, ovviamente, gli ha lasciato in eredità solo debiti), ma anche dal notaio, dai testimoni delle compravendite, dai periti che hanno attestato il falso e forse anche dal Giudice tutelare, che ha concesso con interessata e remunerata leggerezza le autorizzazioni per disporre del patrimonio intestato ad un minore. Così decide di promuovere un'azione legale contro i compratori ed i loro aventi causa per chiedere l’annullamento dei contratti e per rientrare in possesso di tutto.
Sembra una vicenda giudiziaria che potremmo leggere sui giornali di oggi; invece, risale a circa 350 anni fa e vide come protagonista una delle più potenti e influenti famiglie nobili che dominavano buona parte dell’Abruzzo: i Caracciolo, principi di San Buono, duchi di Castel di Sangro, marchesi di Bucchianico, nonché feudatari di numerosi paesi, tra cui Rosciano, Alanno, Cugnoli, ma anche Guardiagrele, Filetto, San Martino sulla Marrucina, Monteferrante e buona parte dell'Alto Sangro, dell'Alto Vastese e dell'Alto Molise.
Il bambino rimasto orfano era Marino V Caracciolo, figlio di quel Ferrante, avventuriero e brillante spadaccino, il quale riuscì persino a comprarsi la città di Chieti ma che perse la vita durante la rivolta di Masaniello, e lo zio era Gianbattista, cavaliere di Malta e, come tale, Priore di Messina. I compratori di immobili e feudi furono Ludovico de Pizzis di Ortona (uomo ambizioso e spregiudicato, il suo motto era: “chi non s’arrischia, non acquista”) e Marc’Antonio Leognani Fieramosca di Civitaquana (un personaggio calcolatore e con il fiuto per gli affari, di lui si diceva che “faceva valere per ducato il suo carlino”).