31 ottobre 2024
28 agosto 2024
Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II
Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di
interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II
di Angelo Iocco
Qualche nota su Felice Ciccarelli
Essendoci già occupati del Ciccarelli, qui desideriamo
segnalare altre tre opere poco conosciute. Per la prima opera, conservata nel
convento di San Francesco di Lanciano per la pubblicazione della fotografia,
ringraziamo per la squisita disponibilità Padre Fabrizio OFM Conv.
Felice Ciccarelli, Madonna col Bambino tra San Michele e San Bernardo. Convento di San Francesco, Lanciano. Foto Angelo Iocco.
Essa è una Madonna col Bambino con ai piedi San Michele arcangelo e San Bernardo. La tela necessiterebbe di un restauro, faceva parte dell’antica cappella di Sant’Angelo; ammirandola notiamo immediatamente delle affinità con la Madonna del Carmine dipinta dal Ciccarelli nella chiesa di San Rocco di Atessa, tra le opere più riuscite di questo pittore. Il San Michele invece è tratto dal quadro della Madonna con San Michele e San Giovanni presso la chiesa madre di San Giovanni in Rapino. Ciccarelli al posto della Madonna di Atessa che accenna un sorriso, qui ha realizzato una versione più seria e malinconica.
Le altre opere sono l’Immacolata Concezione, che il Ciccarelli
realizzò per la chiesa di San Lorenzo in Rapino, e per la cappella del Duomo di
Guardiagrele.
F. Ciccarelli, Madonna
Immacolata come Regina degli Angeli, chiesa di San Lorenzo, Rapino. ID, Madonna
Immacolata, Duomo di Guardiagrele.
Nella tela di Rapino la Madonna è al centro di una
grande nuvola attorniata da angioletti, in un paesaggio botticelliano naturale
con tempietti e cittadelle in una innaturale posizione prospettica, nel quadro
guardiese invece la Madonna è racchiusa in una classica mandorla, sorretta da 4
angeli, mentre nel primo piano si vede la tomba vuota, e gli Apostoli che
adorano il miracolo dell’Assunzione. Si notano somiglianze con il quadro della
Madonna nella chiesa di San Francesco di Loreto Aprutino, e quanto a scene
corali, esso è uno dei più belli realizzati da questo pittore.
9 luglio 2024
Fileno Cavacini, un sindaco e fotografo appassionato di Castel Frentano.
Fileno Cavacini con donna Anna Maria Cocco (1865-1935), sua moglie, in posa, Castrel Frentano, archivio Marco Cavacini. |
Fileno Cavacini, un sindaco e fotografo appassionato di Castel Frentano
di Angelo Iocco
Di recente il Comune di Castel Frentano ha ristrutturato una
scalinata che da piazza della Chiesa, porta in via Orientale, dove sta la
cosiddetta “frana”[1]e tale scalinata quasi
completata, è stata dedicata a Fileno Cavacini (1855-1910) nell’anno 2023.
La scalinata sarà realizzata sul luogo occupato dal palazzo
appartenuto al Cavacini e abbattuto a causa delle lesioni generate dalla frana
del 1881 che sconvolse la parte orientale del paese, facendo perdere parte
della cinta muraria, del piano della Porta Grande, e palazzi vari, compreso
l’antico Municipio.
La frana di Castel Frentano, si vedono ancora le case
crollate nell’area di Largo Chiesa-via Garibaldi-Largo Marconi; non esiste
ancora il terrazzamento per la realizzazione di via Orientale. |
Fileno Cavacini fu sindaco di Castel Frentano per la prima
volta nel 1877, poco più che ventenne. Signorilmente buono e assai apprezzato
dai suoi concittadini, nei tre mandati (1877-1883, 1892-1899, 1902-1905) si
rivelò un oculato amministratore della cosa pubblica. Tra l’altro, fece
restaurare la Casa municipale, impiantare un ufficio postale e telegrafico,
costruire il camposanto, completare l’illuminazione pubblica, acquistare
l’orologio pubblico collocato sul campanile.
Nell’anno della frana, 1881, che causò la
distruzione della parte orientale del paese, Fileno Cavacini era sindaco. Fu in
quella circostanza, come riportano le cronache dell’epoca, che egli si prodigò
in maniera esemplare nell’aiutare coloro che avevano perso la casa o che si
trovavano comunque in grande difficoltà a causa della frana.
Santuario dell’Assunto, lastra Polzinetti. |
7 luglio 2024
5 luglio 2024
Castel Frentano, Giovani contadine che suonano e danzano, 1890 ca.
3 luglio 2024
Giuseppe Di Battista (1930-2013) e le sue ricerche abruzzesi.
Giuseppe Di Battista (1930-2013) e le sue ricerche abruzzesi
di Angelo Iocco
Castel Frentano, Archivio storico
Associazione teatrale “Di Loreto-Liberati”, nei locali dell’Asilo Caporali,
riordinato da Angelo Iocco[1]
13 febbraio 2024
Canzoni abruzzesi, Coro Pierino Liberati di Castel Frentano.
26 gennaio 2024
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa.
Ludovico Teodoro, San Leucio nelle vesti di vescovo, con ai piedi il Dragone, Duomo di Atessa |
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa
Prima Puntata
di Angelo Iocco
Poco si conosce di
questo artista, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti[1],
uno dei migliori che fu attivo nell’Abruzzo chietino e nel Molise, ma anche
nell’area di San Benedetto del Tronto e del teramano (dipinse il soffitto della
Collegiata di Campli), dagli anni ’30 agli anni ’50 del ‘700. Per vent’anni
dominò la scena con altri colleghi spesso napoletani, come Ludovico De Majo,
Francesco Solimena, Giovan Battista Spinelli. Fu sepolto a Chieti nella chiesa
di San Domenico, andata demolita nel 1914 per costruire il palazzo della
Provincia di Chieti. La lezione del Teodoro pare essere stata recepita anche in
Atessa, benché non siano attestate sue opere nelle chiese. Un esempio è
l’affresco della volta della sala grande del palazzo De Marco-Giannico, ex casa
di riposo, in Largo Castello, la cui scena illustra al primo piano Ercole che
combatte l’Idra di Lerna, e al centro il Giudizio di Paride con Giunone,
Minerva e Venere con l’Amorino, e attorno nelle nuvole dell’Olimpo, figure
femminili e Grazie. La scena, ripresa anche dalle stampe che circolavano in
quei tempi, ricorda per la divisione in due scomparti,. Le due tele del Teodoro
di Chieti (chiesa di Santa Maria della
Civitella) e Guardiagrele (chiesa di Santa Chiara) con il tema della Cacciata
del Demonio e degli Angeli ribelli dal Paradiso.
Dal volume A. e D. Jovacchini, Per una storia di Atessa, Cassa di Risparmio, Atessa, 1993 |
Ludovico figlio di Donato, attivo nella
seconda metà del Settecento, fu ugualmente pittore, e non dimenticò
l’insegnamento paterno, apprezzava le grandi scene corali, spesso
rintracciabili nei dipinti di Luca Giordano a Napoli, dove andò a formarsi,
come fece suo padre; e non mancava sicuramente di avere una personale
collezione di stampe, da cui traeva ispirazione per i suoi affreschi di ampio
respiro. Al momento, pienamente attribuibile a Ludovico, sono la tela di San
Leucio vescovo col dragone, presente nell’altare maggiore del Duomo di Atessa,
firmato e datato 1779. Benché non firmate, mi sento di attribuirli anche le due
tele laterali del coro dei Canonici, che ritraggono la Natività con la Sacra
Famiglia, e l’Adorazione dei Pastori. Opere un di gusto teodoriano per la ben costruita
scenografia, anche se con le immancabili grossolane superfetazioni del Bravo, e
i fondi oscuri tipici dell’ultimo Donato, di chiara derivazione tardo
caravaggesca[2].
Anonimo, Annunciazione, chiesa della Santissima Annunziata, Civitaluparella, 1790.
Il secondo riquadro:
“David accoglie Saul vincitore contro Golia” è molto simile al quadro dipinto
dal padre Donato che mostra la scena di “Davide con la testa di Golia davanti a
Saul”, oggi conservata nel palazzo Martinetti-Bianchi di Chieti, oppure allo
stesso soggetto per la volta della chiesa madre di Colledimezzo. La
composizione del soggetto ha la stessa matrice, ma il risultato di Ludovico è
più scadente. In parte è dovuto ai restauri di Ennio Bravo, che ha cambiato
alcuni volti, in parte alla stanca ripetizione dei modelli, come il barbuto
Saul sul trono che è impaurito dalla scena macabra, e il giovane David, che con
la sua smorfia di sofferenza esprime quel mansuetismo, quasi senso di colpa per
i propri trionfi, che accomuna diverse opere di Donato che abbiano questa peculiarità
del Trionfo del Bene sul Male, quasi uno strizzare l’occhio al Davide con la
testa di Golia del Caravaggio. Ma appunto, ciò non riguarda tutte le opere del
Donato, basta riferirsi ai volti trionfanti di Giuditta con la testa di
Oloferne nella chiesa di Sant’Agata di Chieti, o ad altri soggetti simili, come
lo stesso tema nella cupoletta del santuario dell’Assunta di Castelfrentano, et
similia.
Donato Teodoro, Incontro tra Salomone e la Regina di Saba, Museo d’arte “C. Barbella”, Chieti, foto M. Vaccaro per gentile concessione |
La scena “Saul placato
dall’arpa di David e l’Arca dell’Alleanza” si divide in tre momenti, sulla
sinistra il coro di cantatrici con strumenti musicali, al centro Saul che suona
l’arpa, a destra i sacerdoti e l’Arca.
Navata del Duomo di Atessa |
Osserviamo le fotografie delle pitture della volta del Duomo.
1° dipinto: L. Teodoro, Giuditta e Oloferne, particolare |
2° dipinto, Saul e David con la testa di Golia, particolare di David |
3° dipinto: David suona l’arpa con l’Arca dell’Alleanza, veduta d’insieme e particolare |
4° dipinto: Salomone e la Regina di Saba. |
L’ultima scena “La Regina di Saba” ha moltissime somiglianze con il dipinto di Giacinto Diano che realizzerà nel 1788 ca. nella Basilica cattedrale di Lanciano, la matrice della stampa da cui i due pittori hanno attinto è la stessa. Anche qui notiamo l’esasperazione dei volti, l’abbruttimento dei tratto somatici dei sacerdoti e delle cariche ebraiche, nonché i lunghi nasi, gli occhi strabuzzati, i pizzetti appuntiti, i turbanti delle figure di religione islamica contro cui si scontrano gli ebrei. Le pennellate sono molto chiare, seppur Ludovico non riesca a eguagliare la grandezza paterna. Osservando queste pitture, ci viene in mente il primo Donato Teodoro, non ancora trentenne, che fu attivo nel cantiere del santuario dell’Assunta di Castel Frentano, con la controfacciata della “Cacciata dei mercanti dal Tempio”; le pennellate simili, i colori leggermente sbiaditi, l’affresco orale di personaggi che si intrecciano in un turbinio di azioni, di giravolte, di scene concitate che inducono al movimento, a riguardare più volte la scena per adocchiarne i particolari.
Ludovico nel Duomo
dipinse anche i tondi laterali con le figure degli Apostoli, e delle tele applicate
ai pilastri della navata maggiore del Duomo, con le scene della Via Crucis.
Altre opere d’arte a
San Leucio
Nel Duomo. Il pulpito
in legno è della bottega Mascio di Atessa.
NAVATA DI SINISTRA,
altare di San Michele che sconfigge Lucifero, è brutta copia di Francesco
De Benedictis[3]
del quadro di Guido Reni (sia De Benedictis che il suo predecessore Giuliano
Crognale di Castelfrentano ne sfornarono di queste orride copie del quadro di
Guido Reni per le chiese del chietino!), che però forse avrà copiato dal suo
maestro Nicola Ranieri, per il san Michele presente nell’altare maggiore della
chiesa di sant’Antonio di Lanciano, o da una stampa del quadro di Reni che
circolava molto facilmente tra i disegnatori dei suoi tempi.
2° altare: Santa Lucia
martire, quadro moderno di Ennio Bravo[4]
A seguire. Statua di
san Pietro seduto, del XVI secolo, in pietra, dall’atteggiamento meditativo.
3° altare di San
Giuseppe in cammino col Bambino, dell’800, autore locale, della scuola di
Giacomo Falcucci
4° altare di San
Bartolomeo martirizzato, opera dello stesso autore del precedente San
Giuseppe col Bambino
CAPOALTARE NAVATA
SINISTRA A CAPPELLA: nicchie con statue
del Sacro Cuore, San Donato e Madonna Immacolata, bottega locale. Il soffitto è
stato rifatto da Bravo con i soliti cassettoni e fioroni.
Nella nicchia di
controfacciata della seconda navata di sinistra, c’è il busto di San Leucio in
argento di scuola napoletana datato 1857, e la costola del drago.
Ritratto del Prevosto Giandomenico Maccafani, presso la Sagrestia |
NAVATA DESTRA: a muro
in controfacciata, tela dell’Ultima Cena, autore ignoto, ma forse Giacomo
Falcucci o di un suo seguace.
Altari laterali:
1° altare di Sant’Anna
con Maria Bambina, tela di F. De Benedictis, di poco interesse.
2° altare con Martirio
di San Sebastiano, con ex voto, forse di Giacomo Falcucci[5], è
classificato come di anonimo dell’800.
3° altare di San
Martino in gloria, con i putti che reggono le spighe. Ignoto, forse questo
è un altro dipinto ignoto di Ludovico Teodoro; la postura è identica alla tela
di san Leucio nell’altare maggiore. Il Santo con il braccio destro benedice,
con l’altro regge il Vangelo e il pastorale. Accanto due angeli che reggono
fasci di spighe. Quasi
sempre Martino vescovo ha in mano un
grappolo d’uva e un fascio di spighe di grano, per
ricordare il suo protettorato sulle messi. A san Martino si rivolgevano
preghiere per un raccolto prospero di grano, uva ed altro. Questa iconografia è
presente in diverse opere pittoriche e scultoree che ritraggono il Santo. I due
angeli hanno i volti tipici delle figure di Donato Teodoro, che riutilizzò
questi modelli per diverse altre sue pitture, specialmente quello dell’angelo
di destra che è di profilo, riutilizzato nei servitori delle pitture di
Castelfrentano, Lanciano, Chieti. Interessante è anche la veduta in prospettiva
di Atessa, dietro il santo, dal lato di Vallaspra, sulla destra vediamo il
Duomo, con parte della facciata antica, privata nel 1935 delle volute laterali
baroccheggianti, un restauro che forse ha restituito un aspetto troppo
“razionalista” all’antica facciata gotica, a giudicare il periodo storico in
cui venne recuperata. Sulla sinistra vediamo le mura di Porta Sant’Antonio, con
il chiostro dell’antico convento dei Cappuccini e poi delle Clarisse di San
Giacinto, demolito negli anni ’60, di cui resta una porzione con degli archi, e
la torre massiccia della chiesa di Santa Croce.
Ludovico Teodoro (?), San Martino in gloria, con paesaggio, Duomo di Atessa
13 novembre 2023
Filippo Santoleri, architetto orsognese dell’Ottocento.
Cimitero comunale di
Orsogna |
Filippo Santoleri, architetto orsognese dell’Ottocento
di Angelo Iocco
Pochissimi lo conoscono o hanno sentito parlare di lui. Come ho accennato in un altro articolo sull’ingegnere Giacomo Torrese di Canosa, vissuto qualche trentennio prima di lui, il Santoleri operò alla fine dell’800, nell’area di Orsogna e dintorni. Ingegnere fu, lo studioso Armando de Grandis ci ha riferito che restaurò la chiesetta di San Rocco fuori il paese di Crecchio, che si trovava esattamente nel piazzale di ingresso al castello De Riseis, andata purtroppo distrutta nella seconda guerra mondiale. La cappella in una foto storica si mostra rettangolare con abside semicircolare; gli interni furono restaurati alla maniera neoclassica, con i capitelli ionici, le paraste, e i tipici stilemi di questa corrente che in Abruzzo giunse abbastanza tardi, esattamente dopo l’Unità d’Italia, salvo sporadici episodi di committenze colte, mi viene in mente il monumento a Michele Bassi d’Alanno, signore di Carpineto Sinello, nella seconda cappella di sinistra della chiesa di San Giovanni dei Cappuccini in Chieti, dove appaiono evidenti segni della massoneria, l’occhio di Dio, l’angelo con la fiaccola capovolta il sarcofago alla greca, e tanti altri elementi. Tonando a Santoleri, non possiamo ammirare la chiesa di Crecchio che restaurò, ma possiamo ammirare i cimiteri comunali che egli progettò per i paesi di Orsogna[1], forse Arielli, non molto distante dal piccolo paese di provenienza, e infine quello di Castelfrentano, Come ricorda lo storico Matteo Del Nobile nel suo libro La Madonna della Selva a Castel Frentano (2021), all’epoca nonostante le precise disposizioni di Napoleone sulle sepolture, a Castelfrentano e dintorni si continuava comodamente a seppellire i defunti in fosse comuni, oppure i più abbienti, nelle varie chiese e cappelle, ei diversi ossari, rischiando di generare epidemie di colera.
Foto storica di Villa
Cavacini, archivio Marco Cavacini |
5 novembre 2023
Ricordo di Michele Scioli, grande ricercatore della storia di Castel Frentano.
RICORDO DI MICHELE SCIOLI, GRANDE RICERCATORE DELLA STORIA DI CASTEL FRENTANO
di Angelo Iocco
Nel 2024 ricorrerà il decennale della scomparsa del dott. Michele Scioli. E' nato il 16 marzo 1935 a Castel Frentano (CH) dove risiedette per tutta la vita. Dopo aver conseguito la maturità classica a Lanciano, si è laureato in Lettere con indirizzo storico-archeologico. Come ha avuto modo di ricordare il suo “erede spirituale” Matteo De Nobile, che ne porta avanti la memoria attraverso le ricerche di storia a Castel Frentano, lo Scioli sin da fanciullo iniziò a coltivare la sua passione per le ricerche, frequentando la biblioteca comunale di Lanciano, tentando di rintracciare qualche nota sulla storia di Castel Frentano, che ai suoi tempi era pressocché inesistente presso le riviste, o le monografie. E appuntò delle note tratte dai manoscritti di Bocache e Pollidori su dei quaderni, che in seguito riutilizzerà, e saranno riutilizzati anche da Del Nobile per il suo manuale Da Guasto Superiore a Castel Frentano: un’esposizione storica, 2011.
Scioli fu assistente alla regia, e attore anche nelle
commedie presentate dalla Compagnia Teatrale Abruzzese 80, nata nel 1979, che
ha riproposto i grandi successi della tradizione castellina: La feste di
Sante Rocche e Lune e spose, tutte na cose. Amante della storia, collaborò
alla ricostruzione del Monumento ai caduti del Colle della Vittoria, finanziato
dal Sen. Raffaele Caporali. Frequentando gli archivio diocesani e comunale di
Lanciano, sin dalla fine degli anni ’70 ha avviato il suo grande progetto di
raccolta e regestazione dei documenti e protocolli notarili inerenti vendite,
cause civili e criminali, affitti, rivele, proprietà e quant’altro riguardasse
la comunità di Castel Frentano, o Castel Nuovo, come si chiamò sino al 1864. Il
primitivo abbozzo ci fu con la pubblicazione di Castel Frentano: appunti di
storia (1981), seguito di Sulle tracce di Castel Nuovo; presso il
Bullettino di Storia Patrai in Abruzzo, pubblicò anche un resoconto della
storia paesana: Castel Nuovo, una rifondazione del tardo Medioevo,
ricerche sempre puntualmente corredate dai documenti, sfatando de facto
quell’antico mito di Pietro Polidori che nel suo manoscritto sosteneva che il
paese fosse di fondazione longobarda, a opera del Conte Petrino per conto del
Conte Trasmondo di Chieti, notizia completamente inventata che indusse in
errore diversi scrittori, compresi i valenti Emiliano Giancristofaro e
Vittorina De Cecco nel lor volume Frentania sconosciuta. I volumetti,
oggi rari, conservati nelle principali biblioteca della regione, compresa la
comunale e la diocesana di Lanciano, hanno un ricco corredo fotografico, e
riportano anche le note degli scavi archeologici degli anni ’80 della
Soprintendenza di Chieti, effettuati in contrada Trastulli, nonché note di
arte, Scioli fu uno dei primi a commentare l’opera artistica del locale
Giuliano Crognale, le cui opere si trovano in tutte le chiese maggiori del
paese, che era stato già ricordato, ma più per i sentimenti politici, da
Raffaele Persiani in Alcuni ricordi politici per la massima parte Abruzzesi
al cadere del 18mo e 19mo secolo, spoglio dalla Rivista abruzzese di
Teramo, 1900. Lo Scioli, come farà nella trascrizione e pubblicazione dell’Autobiografia
di Giuliano Crognale con alcuni inediti, Lanciano 2010, commentando le
opere con corredo fotografico, non tralascerà nulla del suo paese che non sia
da ricordare, vagliare, criticare con acume.
5 ottobre 2023
Antonio Maranca e la Istoria Diplomatica di Lanciano. Parte seconda, la Cronaca della Visita di Ferdinando II a Lanciano nel 1832.
Ferdinando II d’Aragona |
Il Maranca dunque
riporta solo i diplomi in cui Lanciano viene arricchita e investita di questo e
di quell’altro privilegio. Notiamo, leggendo queste carte, il rito solito di
umiliazione della delegazione dei sindaci al nuovo re, per avere conferma delle
precedenti carte, notiamo la conferma dei vari feudi del circondario
lancianese, che Lanciano alla fine vendette, esempio di Castelnuovo, senza
l’autorizzazione regia, come prescritto nei privilegi, notiamo le conferme,
specialmente quelle di Ferdinando o Ferrandino II del 1495 di tutti i privilegi
passati, notiamo un ennesimo tentativo di Ortona di istituire la sua Fiera con
l’usurpazione di Carlo VIII, privilegio immediatamente cancellato da Ferdinando
I e poi da Federico III ribadito nel suo annullamento; notiamo il tentativo di
Chieti di istituire una sua Fiera presso la Pescara, puntualmente bloccato
dalla regia corte…fino ad un arresto improvviso dei privilegi, soltanto
qualcuno del 1608 di Filippo IV e la menzione di una lettera del re Carlo VI
del 1729. Eppure altri documenti ce ne sono! Specialmente documenti e dispacci
per quanto riguarda la gestione delle Fiere, tanto che molti di questi sono
raccolti nel volume Fiere e consigli (gli unici che si sono degnati di
studiarli, per sommi capi, finora sono stati Corrado Marciani e Luigi Russo nel
suo libro postumo sulle Fiere lancianesi), presso l’Archivio storico comunale;
insieme ad altre carte di un volume senza titolo, che ha utilizzato carte di
scarto, con diversi conteggi di bestie vendute e invendute, risalente al XVII
secolo, che si conserva nella sezione Manoscritti della biblioteca comunale
lancianese. Ma tempo al tempo, avremo modo di integrare ulteriori notizie con
questi documenti inediti.
Lettera di re
Ferdinando dell’ottobre 1464 scritta da Chieti ai sindaci di Lanciano,
acciocché il tesoriere regio facesse il suo conto per lo sposalizio di Eleonora
d’Aragona sua figlia. Segue la trascrizione della lettera, in cui Re
Ferdinando, ai sindaci di Lanciano, condona le collette per lo sposalizio della
figlia Eleonora, in quanto la città si è sempre dimostrata fedele e retta verso
la Corona. Dato nella Città di Chieti, 11 ottobre 1464; lettera citata anche da
Fella.
Al num. 173, c’è una
lettera spedita da Caramanico il 20 ottobre, il re Ferdinando rinnova le grazie
a Lanciano, ricordando di come fu bene trattato quando fu ospitato in città, e
manifesta il desiderio di ritornarvi; fa inoltre intendere delle cattive
condizioni di salute della regina Giovanna d’Aragona, per cui si vede costretto
a rientrare a Napoli, e a rimandare la visita in Lanciano. Segue il testo della
lettera. Dato in Caramanico, 20 ottobre 1464.
Segue il privilegio del
re Ferdinando del 1465, in cui nomina cavaliere Denno Riccio di Lanciano,
donandogli dei beni per i meriti. Segue una lettera del re al Preside d’Abruzzo
del 10 giugno 1470, in cui gli comunica di reprimere le ribellioni dei paesani
di Castel Nuovo (Castelfrentano)[1].
Il 17 novembre 1467 il
re fece differire il pagamento della gabella del vino sino ad aprile, perché
gli introiti della Città maturavano a maggio con la Fiera, nel documento questa
Fiera viene detta antica “di mille anni” e tra le più antiche del regno,
ricordando ed accordando la franchigia per i mercanti partecipanti, anche
dall’estero; dalle mercanzie provenienti alle Fiere, il re ordinò che il regio
fisco riscuotesse il 3 e mezzo percento, il re ricordò la proroga della
franchigia di 3 anni nei confronti di Paglieta, nel circondario lancianese, e
relativa diminuzione della tassa.
Al num. 175 del 18
dicembre 1468, il re ordinò ai sindaci di Lanciano che vi alloggiasse la
squadra di Nicola di Turali, e che le altre truppe di passaggio andassero
altrove, onde impedire danni pecuniari alla Città.
Al num. 176: lettera
del re Ferdinando al Preside d’Abruzzo, del 10 giugno 1470, già citata, di
reprimere i disordini dei Castellini a Lanciano. Ne segue un’altra, in cui
concede poteri al Preside per il modo e il come reprimere la rivolta. Lettera
data in Castel Nuovo di Napoli, 10 agosto 1470.
Num 178: Il Re
Ferdinando accorda a Lanciano, il 1 maggio 1471 il permesso, con il pagamento
di 200 ducati, di acquistare i castelli di Turri e Moggi (oggi zona
Rizzacorno), incamerati nel Regio Demanio dopo esser stati espropriati al Conte
Orsini.
Num 179: il 4 agosto
1472, Lanciano ottenne favori col possesso di Ari.
Num. 180: il diploma
del 1 maggio 1476, con regio assenso, si ottiene la vendita di metà del
castello di Moggio da Giacomo di Cicco a beneficio della città.
Num. 181: nel 1480 re
Ferdinando e la moglie Isabella accordano che alle Fiere della città non vi
potessero essere, nel momento dello svolgimento, rappresaglie e arresti per debiti.
Num. 182: il 18 aprile
del 1480 il re, dagli accampamenti presso Taranto, dà ordine a Carletto
Caracciolo suo ciambellano, di comunicare a Lanciano il possesso dei castelli
di S. Venera e Castel Nuovo, di Aregio (Arielli), Ocrecchio, di Vasto inferiore
e superiore, e S. Amato, e di esercitarvi i propri diritti, giusta la
convenzione di re Ladislao del 20 marzo 1406.
Num. 183: il 20 giugno
1480 il re ordinò che si ottenesse la franchigia alla Fiera per i mercanti,
affinché potessero ottimamente esercitare i commerci, per le mercanzie
provenienti dal porto di San Vito, e di pagare la tassa del 3 e mezzo percento
per lo scalo portuale; che gli ufficiali regi rispettassero i Capitoli e i
Privilegi accordati a Lanciano, affinché non ci fossero disturbi durante lo
svolgimento, e che il Capitano regio non si intromettesse negli affari
municipali, e che solo i deputati avessero il diritto di tenere il sigillo
pubblico, come da protocollo.
Num. 184: nel diploma
regio, Denno Ricci ebbe l’indulto generale nel parlamento del 7 novembre 1481,
e fu reintegrato nella Città con i beni e gli onori, re Ferdinando commissionò
l’osservanza del privilegio ad Alfonso II suo figlio, vicario del Regno.
Num. 185: una lettera
reale del 3 dicembre 1487, in cui Lanciano può usare 200 ducati per la
riparazione delle mura, con l’intervento del Tesoriere regio e del Capitano. La
concessione durerà 5 anni, nel fondaco regio verrà stimata la quantità tale da
prelevare 200 ducati ad anno, con la condizione detta di riparare le mura. Dato
in Foggia, 3 dicembre 1487.
Num. 186: privilegio da
Castel Nuovo, il 22 maggio 1488, dove il re ordina la cacciata da Lanciano
degli ebrei, schiavoni, ed epiroti per i disordini e gli scandali; Maranca
desume queste brevi note sempre dalla ms. Istoria critica di Lanciano,
vol. 1 , di Antinori, un tempo presso la sua biblioteca a Lanciano, e poi
confluita nei manoscritti della Biblioteca nazionale “Vittorio Emanuele III” di
Napoli. Segue la trascrizione in latino della lettera di re Ferdinando, in cui
per questi scandali, multa di 1000 denari chi avrebbe cercato di far rientrare
costoro nella città. Dato a Paglieta 5 luglio 1489.
Carlo V |
Num 188: privilegio di
Ferdinando del 1488 in cui approva gli Statuti lancianesi per un Collegio di
Artieri, di aghi e di fusari.
Num. 189: lettera del
nuovo re Alfonso II ai “magnifici e diletti uomini lancianesi fedeli alla
Corona”, in cui invita i lancianesi a non dolersi per i passaggi delle truppe
regie, promettendo di ampliare i privilegi già in possesso della Città, per
conto del patrizio Denno Ricci, ma al momento “che non semo per mancare un pelo
da quando lo Signoro Re comanda, e questo fatto sia subito, perché detti homini
di armi stanno qua’ e tuttavia si querelano”. Dato in Ortona, 28 marzo 1489.
Num. 190: lettera di
Alfonso duca di Calabria dell’11 luglio 1489 a suo figlio Ferdinando II
principe di Capua, che staziona in Paglieta, affinché scacciasse gli schiavoni
e gli epiroti per disordini..
Num. 191: privilegio di
Ferdinando da Foggia, il 3 dicembre 1489, che concede 2000 ducati per
riedificare le mura, i torrioni, le antemurali, i rinforzi della parte
meridionale (ovvero la zona sud del Torrione aragonese). Commenta Maranca che
in quel momento Lanciano diventò una Piazza, e inizierà a subire diversi
assedi, celeberrimo quello che avverrà per mano del Conte di Lautrech.
Num. 192: Alessandro VI
Papa per evitare dissidi tra chietini e lancianesi, smembrò il territorio
diocesano, e dichiara la Chiesa Lancianese direttamente sottoposta alla Santa
Sede, e non più alla Diocesi Teatina; il breve apostolico è del 9 ottobre 1492.
Num. 193: altro
protocollo di re Ferdinando del 18
febbraio 1494 in cui concede a Denno, Giovanni Riccio 200 ducati sulla bagliva
di Laniano, confermando a loro il possesso di Fossaceca, Pietraferrazzana e S.
Apollinare.
Num. 194: il nuovo re
Alfonso II riceve la delegazione dei sindaci lancianesi per l’omaggio di rito,
il 15 marzo 1494, e conferma tutti i passati privilegi in protocollo,
sottoscritti anche dal suo figlio Ferdinando II duca di Calabria.
Napoli, piazza Mercato |
22 settembre 2023
Camillo Di Benedetto, poeta maliconico di Castel Frentano.
di Angelo Iocco
Ormai da un po’ è caduto nel dimenticatoio, eppure fu un
grande poeta, nativo di Castel Frentano, nacque il 19 luglio 1918, e morì a
Lanciano il 20 settembre 1992. Crebbe sotto la fama dei due grandi cantori di
Castannove, il dott. Eduardo Di Loreto, di cui imparò le poesie, e di Pierino
Liberati, fine musicista. Per ragioni di lavoro, Di Benedetto dovette
trasferirsi più volte, fino a trovare un posto alla Società Elettrica Frentana
presso l’ENEL come tecnico, a Lanciano, dove si trasferì, all’ultimo piano di
un palazzo a via salita Madrigale vicino piazza Garibaldi, comunicando con
l’appartamento del prof. Federico Mola di Orsogna, altra grande mente
lancianese. Di carattere riservato, umile, ma con una precisa visione della
vita e dell’esistenza, compose bellissime poesie, che raccolse in volumetti,
nonché compose canzoni, che furono musicate da Mario Lanci, Lino Crognale,
Vincenzo Polidoro. Famosa e ancora eseguita la canzone “Come lu grane” con
musica di Lanci. Partecipò a Montesilvano al Festival Canti della Montagna.
Festival Canti della Montagna, 1990
Coro “T. Coccione” Poggiofiorito
Funtanelle di muntagne di Di Benedetto e Vincenzo Polidoro
4° edizione
Incante d’Abruzze di Di Benedetto e Polidoro
5° edizione
Majella me’ di Di Benedetto e Polidoro
Due principali raccolte poetiche: La mentucce e l’ardiche,
Itinerari, Lanciano 1979, e La pruteste, Itinerari, Lanciano, 1964.
La prima raccolta fu l’ultima da lui pubblicata, dove
raccoglie il meglio della produzione della sua vita, articolata in vari gruppi.
Molto evocative sono delle liriche: “Lu frene de lu monne”, il Poeta affronta
il problema reale del tempo che fugge nella vita, il cui freno, l’unica gioia,
è solo un evento lieto, in questo caso la nascita del nipotino. Bellissime le
liriche “Suonne e nustalggie” (quest’ultima musicata da Mario Lanci), e
“Destine ‘ngrate”, dove inizia a trasparire la poetica del Di Benedetto, la sua
visione del mondo, il suo concetto della vita, affrontato sulla base delle
esperienze sociali nel piccolo paese di Castelfrentano; nella prima Di
Benedetto si abbandona alla nostalgia, un sogno di ombre e fantasmi, dei suoi
cari ora non ci sono più, e rievoca con commozione il Natale, momento in cui ci
si riuniva accanto al focolare per aspettare l’ora della Messa, unico momento
di assoluta felicità, innocenza, e concordia della famiglia. Nella seconda Di
Benedetto maledice il tempo, che non porta giovamenti, ma solo sventure, fa invecchiare,
fa perdere la forza, e gli amici di un tempo, tema che riprenderà anche nella
poesia metaforica “Ere nu galle”, un gallo piumato, vigoroso e fiero, e ora da
vecchio, ridicolo, che non riesce manco a cantare per dimostrare la sua forza,
tutto spennato.