Pronipote di Francesco Paolo Tosti, nacque a Ortona da Pietro ed Emilia Primavera. Nel suo paese compì gli studi liceali manifestando forte interesse per la musica. Quindi si trasferì a Roma per studiare composizione, ma allo scoppio della prima guerra mondiale interruppe gli studi e raggiunse il fronte come ufficiale dei bersaglieri. Al termine della guerra si recò a Bologna dove, allievo di Franco Alfano, conseguì il diploma in composizione al Liceo musicale "G. B. Martini" nel 1921. Quindi si dedicò alla composizione e alla tradizione musicale della sua terra abruzzese.
Nel 1920, in qualità di direttore del coro, Guido Albanese partecipò all'organizzazione della prima Maggiolata Abruzzese di Ortona, manifestazione di canzoni dialettali che sarebbe andata avanti con successo fino al 1976 (nonostante le diverse interruzioni nel corso degli anni). Alla Maggiolata presentò alcune tra le sue migliori composizioni, come il trittico Terra d'ore (comprendente La Smarroccatura, Quand'arvè le prime rose e La Villigne), su versi di Luigi Dommarco, Lu piante de le fojje e L'Acquabbelle, entrambe su versi di Cesare De Titta, Core mé e Ci manche all'Adriatiche na perle, di cui egli stesso scrisse le parole.
Nel 1922 compose la celebre Vola vola vola, su versi di Luigi Dommarco, canzone che assurse a tale celebrità da venire considerata l'inno musicale dell'Abruzzo. Il brano avrebbe vinto il "Festival internazionale della canzone italiana" di Parigi nel 1953.
Dal 1929 al '31 tenne la critica musicale sul quotidiano "L'Impero" di Mario Carli. Agli inizi degli anni Trenta fu collaboratore dell'Istituto Luce, realizzando i commenti musicali per i primi cinegiornali sonori. Inoltre collaborò col regista Mario Camerini, per la colonna sonora dei film Giallo (1933) e Cento di questi giorni (1933).
Fu attratto dal teatro dannunziano e compose le musiche per la rappresentazione della Figlia di Iorio, realizzata nel 1931 con la regia di Luigi Antonelli a Pescara, e replicata nel 1935 al Teatro Argentina di Roma.
Fu autore di colonne sonore per documentari cinematografici e televisivi, musiche per la rivista, musica sacra, musiche di scena, romanze, liriche corali, inni patriottici, musica leggera, brani bandistici. Sue liriche furono pubblicate a Bologna dall'editore Bongiovanni e presso l'editore Pizzi & C.
Nel 1999 è stato pubblicato il catalogo delle sue opere, ad opera di Gianfranco Miscia, Francesco Sanvitale e Gianluca Sulli, comprendente 238 composizioni conservate nell'Archivio dell'Istituto Nazionale Tostiano di Ortona.
Il comune di Ortona gli ha dedicato una strada, e apposto una targa commemorativa presso la sua casa in Ortona, in corso Vittorio Emanuele.
canzone abruzzese di Luigi Dommarco e Guido Albanese,
versione integrale di 4 strofe.
Vola vola vola... canzone abruzzese della
III Maggiolata ortonese del 1922 versi di Luigi Dommarco, musica di Guido Albanese esegue il Coro Voci delle Ville di Ortona del M° Rosanna Meletti, versione
integrale con le 4 strofe.
«E vola vola vola vola e vola lu cardille nu vasce a pizzichille ne me le può negà.»
(ritornello della quarta strofa)
Vola vola vola allude a un semplice gioco infantile abruzzese nel quale alcuni ragazzi raccolti intorno a un compagno poggiano l'indice sul ginocchio di questi: il ragazzo che comanda il gioco pronuncia rapido le parole «Vola vola vola...» e il nome di un animale.
Se si tratta di un animale volante, gli altri devono «volare», sollevando il dito, altrimenti no.
Chi sbaglia è costretto a pagare pegno.
In realtà, è una canzone d'amore che ambienta il corteggiamento nell'età infantile, in modo vuoi nostalgico e delicato, vuoi malizioso.
Nel testo di Dommarco risiede probabilmente una delle chiavi del successo del brano, ma buona parte si deve anche alla scrittura musicale di Albanese, semplice e popolare: un tempo di mazurca che alterna una strofa a due ritornelli (ABB) e richiama la struttura del canto agreste, ove le strofe si intendono corali e il ritornello solistico.
Ciascun ritornello, proprio come nel gioco, inizia con le parole «E vola vola vola vola...» e prosegue nominando un volatile: specialmente noto è il verso «E vola lu cardille», al punto di confondersi con il titolo del brano, anche mercé i riferimenti al cardellino nella poesia o nella canzone napoletana, o citazioni come quelle presenti nel Cardillo addolorato (1993) di Anna Maria Ortese.
Canti Natalizi Abruzzesi, raccolta Zimarino, Di Pasquale, Lupinetti, Albanese
RACCOLTA DI CANTI ABRUZZESI A TEMA NATALIZIO
di
Padre Settimio Zimarino
Guido Giuliante
Padre Giuseppe Di Pasquale
Guido Albanese
Luigi Dommarco
Padre Giancrisostomo d'Antonio
Padre Donatangelo Lupinetti
Corali:
EGIDIO CORBETTA, BERGAMO
CORALE P. LIBERATI - CASTEL FRENTANO
CORO FOLK ABRUZZESE
I 100 anni di Vola vola vola, la canzone inno d’Abruzzo (1922-2022)
di Angelo Iocco
Ci aspettavamo che i 100 anni della canzone più celebrata, e anche più sfruttata d’Abruzzo, venisse celebrata con maggiore partecipazione e interesse delle istituzioni. L’8 maggio 2022 è passato da un pezzo, così come quell’8 maggio 1922 quando la canzone scritta da Guido Albanese e Luigi Dommarco fu presentata dapprima al Festival delle Canzoni abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile, e dopo la bocciatura alla Maggiolata di Ortona. Andiamo con ordine.
Per chi si accinge a leggere queste righe, e poco o nulla sa delle canzoni abruzzesi, deve innanzitutto distinguere due, o meglio tre filoni della canzone d’Abruzzo, quella popolare di tradizione orale, che da anni e anni i contadini e i buontemponi si passano di bocca in bocca nel lavoro dei campi, nelle battute di pesca in mare, nelle scarpinate su monti, ecc., che hanno vari temi, il lavoro, la mietitura, la raccolta delle olive, il lamento funebre, il lamento della partenza del marito, la gioia della serenata, la ninna nanna ai piccini; poi il filone delle canzoni di questua, ricorrenze festive o sacre, come quelle del Sant’Antonio, della Pasquetta d’Epifania, le canzoni della Novena dell’Immacolata, le canzoni dal sapore di lauda medievale del Giovedì e Venerdì Santo, ecc. ecc. Materia per etnologi; a seguire vediamo il secondo filone delle canzoni popolari che però sono diventate ormai materia anche per i Cori folk, poiché sono state eseguite a inizio ‘900 delle elaborazioni personali da parte dei maestri, e tra i primi di costo, annoveriamo, per rimanere in ambito ortonese, anche il grande Francesco Paolo Tosti. Tosti trascrisse e rielaborò 15 Canti Abruzzesi, un suo coetaneo di Francavilla, Ettore Monatnaro fece la stessa cosa con più canti e con più criterio scientifico nell’avvicinarsi al vero, mancando allora strumenti di registrazione, e pubblicò 2 volumi dei “Canti della Terra d’Abruzzo”, che comprendono anche il celebre Lamento della vedova, o “Alla Francavillese”, oggi nota anche come “Amore amore” e “A la Lancianese”.
Questi canti, insomma, rielaborati da vari maestri come Paolo Mantini di L’Aquila, Giuseppe Di Pasquale di Pescara, il Montanaro, Antonio Piovano di Pescara e altri, sono quelli che oggi forse molti conoscono, come “Tutte le fontanelle – All’orte – So ite a fa la jerve a lu cannete – Mo ve mo va – Amore amore – Canto delle lavandaie – L’arie de lu metere – Ti li so ditte, Mariucce – Maria Nicola” e vari altri.
Infine giungiamo al terzo filone della canzone abruzzese, ci siamo permessi di fare questa ampia premessa in modo da rendere abbastanza chiaro, in forma piuttosto stringata per quanto possibile, al lettore, quali siano le differenze dei generi della canzone abruzzese. Ovvero il terzo punto è quello della canzone abruzzese d’autore, nata già nel 1888 con Tommaso Bruni e Francesco Paolo Tosti, che musicarono “La viuletta” a Francavilla; ma nel 1920 con Guido Albanese, Antonio Di Jorio, padre Settimio Zimarino, Guido Ricci e altri nacque la vera e proprio Canzone Abruzzese a Ortona, con l’avvio di festival canori, inizialmente noti come Piedigrotte, per rifarsi ai festival napoletani; ma già con la II Maggiolata di Ortona, nel 1921, questo termine “maggiolata” verrà ufficialmente adottato, dato che le feste con i Cori e gli autori si celebravano in città nel maggio, il mese della “rinascita” della natura e dell’agricoltura, e il mese delle feste patronali di Ortona. Già nel 1920, sfogliando le canzoni del libretto, possiamo vede come comunque l’Albanese, nipote del Tosti, cercasse di mantenere comunque un cordone ombelicale con la tradizione popolare delle canzoni, malgrado i testi fossero nuovi, ovvero scritti e presentati da vari poeti della zone, come Cesare De Titta, Luigi Dommarco, Nino Saraceni, Eduardo Di Loreto. Un esempio è dato dal tema della raccolta delle olive in autunno, come non commuoversi davanti ai motivi cantilenanti, tristi, lenti, bigi d’autunno che ascoltiamo nella canzone “Lu piante de le fojje” su versi del De Titta? E consideriamo che i cori rappresentavano con queste canzoni anche scenette, mimavano il tema delle canzoni, dunque il pathos era ancora più sentito e partecipato dal pubblico!
L’Albanese voleva fare della Maggiolata qualcosa di veramente grande, tanto che negli anni ’50 presso la Rai a Roma cercò anche di istituzionalizzare e nazionalizzare il festival della Maggiolata, per portarlo all’attenzione del grande pubblico del nostro Paese, provando anche a far entrare alcune canzoni abruzzesi al famoso festival di Sanremo! Quanto amore dette l’Albanese per la sua terra, come così poco fu ripagato da gente miope… di poche vedute!
Veniamo alla III Maggiolata di Ortona del 1922 con la canzone “Vola vola vola”. L’Albanese e il suo amico Luigi Dommarco; la coppia era affiatatissima, il pubblico esultava quando venivano presentate le loro canzoni e nel 1922 avevano ancora tutto da dare, visto che già dall’anno seguente aumentarono il tiro, proponendo delle scenette agresti recitate, il primo quadro del cosiddetto Trittico di Terra d’Oro: “La smarroccatura”. Avevano già avuto dei successi alle prime due Maggiolata; l’Albanese però si avvide che un gruppo di intellettuali capitanati dal grande Camillo De Nardis di Orsogna, insegnante al Conservatorio di Napoli, aveva indetto nell’aprile 1922 un Concorso di canzoni a Lanciano. Il Concorso fu molto controverso nella selezione delle canzoni dei cosiddetti favoriti, come De Titta, Di Jorio, Giulio Sigismondi di San Vito, Luigi Illuminati illustre linguista di Atri, don Evandro Marcolongo da Atessa, che esercitava il parrocato al duomo di Ortona. Infatti varie canzoni oggi repertorio fisso di molti Cori, come “Din don” (De Titta-Di Jorio) furono scartate al posto di altre; anche “Vola vola vola” fu scartata, dopo essere stata relegate tra le 24 canzoni presentate, nella categoria “dilettanti”, con la motivazione che queste canzoni rispecchiavano troppo l’andamento già divenuto “sorpassato” delle Maggiolate di Ortona, mentre a Lanciano si chiedeva qualcosa di nuovo che rappresentasse il sentimento abruzzese, a detta dei giurati.
Vola vola vola allude a un semplice gioco infantile abruzzese nel quale alcuni ragazzi raccolti intorno a un compagno poggiano l'indice sul ginocchio di questi: il ragazzo che comanda il gioco pronuncia rapido le parole «Vola vola vola...» e il nome di un animale. Se si tratta di un animale volante, gli altri devono «volare», sollevando il dito, altrimenti no. Chi sbaglia è costretto a pagare pegno.
In realtà, è una canzone d'amore che ambienta il corteggiamento nell'età infantile, in modo vuoi nostalgico e delicato, vuoi malizioso. Nel testo di Dommarco risiede probabilmente una delle chiavi del successo del brano, ma buona parte si deve anche alla scrittura musicale di Albanese, semplice e popolare: un tempo di mazurca che alterna una strofa a due ritornelli (ABB) e richiama la struttura del canto agreste, ove le strofe si intendono corali e il ritornello solistico.
Ciascun ritornello, proprio come nel gioco, inizia con le parole «E vola vola vola vola...» e prosegue nominando un volatile: specialmente noto è il verso «E vola lu cardille», al punto di confondersi con il titolo del brano, anche mercé i riferimenti al cardellino nella poesia o nella canzone napoletana, o citazioni come quelle presenti nel Cardillo addolorato (1993) di Anna Maria Ortese.
Pochi sanno che il testo completo del Dommarco, cui occorre riconoscere l’attività versatile di poeta schietto e dalla facile improvvisazione sentimentale, è di 4 strofe, e non solo 3, come riproposto quasi sempre dai Cori. La terza strofa è un omaggio alle canzoni a dispetto abruzzesi, cioè una critica all’innamorata che si ritira dal corteggiamento, facendo troppo la “preziosa”, e il ritornello del “vola vola vola”, tira in ballo lo strumento che accompagna il suono dello zampognaro, la ciaramella; a seguire viene la 4° strofa che inizia con “Come li fiure nasce a primavere / l’amore nasce da la citilanze”, ecc.
L’Albanese, tornando al discorso della bocciatura del 1922, ne fu punto, e scrisse che la sua canzone “avrebbe spiccato il volo fuori dall’Abruzzo”, e le sue parole furono profetiche, non solo perché vinse la Maggiolata dell’8 maggio 1922, secondi furono ad esempio due giovani molto promettenti di Castelfrentano: Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati; ma perché la canzone, curata amorevolmente dall’Albanese fino alla fine, a discapito di molte altre canzoni abruzzesi finite nel dimenticatoio dopo la seconda guerra mondiale, fu rappresentate altre volte. Innanzitutto nel 1927 l’Albanese la pubblicò ufficialmente insieme ad altri suoi brani nei “Nuovi Canti d’Abruzzo”, a seguire furono diverse le incisioni su disco.
Numerosi artisti hanno interpretato Vola vola vola fin dal suo esordio. Dopo l'incisione del coro delle Maggiolate ortonesi (Complesso corale e strumentale Eden) si ricordano le versioni di Carla Boni e Gino Latilla, Licia Morosini e Vittorio Paltrinieri, Claudio Villa, Vittorio Tognarelli, Wolmer Beltrami e di svariate formazioni folk abruzzesi come il Coro Gran Sasso (L'Aquila) e la Corale Verdi (Teramo). Altre versioni si devono a Gigliola Cinquetti, a Rosanna Fratello, a Mina (in un medley di canzoni popolari incluso nell'album Signori... Mina! vol. 3), alla cantante Ines Taddio (1962) in tedesco (testo di Joachim Relin) ed inserita nell'album "Carusello Italiano" https://www.discogs.com/Ines-Taddio-Carusello-Italiano/release/3679942 al Piccolo Coro dell'Antoniano. Alla cantante Antonella Ruggiero si deve l'esecuzione dal vivo al Teatro Sociale di Bellinzona (Svizzera) con Paolo Di Sabatino (pianoforte), Roberto Colombo (vocoder e basso synth) e Renzo Ruggieri (fisarmonica). Il brano è contenuto nell'album "Quando facevo la cantante" (2018) - CD 1 "La canzone dialettale e popolare".
Al festival delle Canzoni della Russia, l’Albanese ricorda un aneddoto, che tra i vari canti italiani fu proposto “L’acquabbelle”, la sua prima canzone presentata alla Prima Maggiolata del 1920, su versi del De Titta, già pubblicata nel “Canzoniere abruzzese” a Lanciano nel 1919; soltanto che nella presentazione c’era la nota “canzone di anonimo”, dunque canzone popolare. L’Albanese recepì il messaggio, aveva raggiunto la perfezione con quella canzone, al punto da far sembrare che fosse di tradizione orale; intendiamoci, non lo sapeva, l’intenzione dei presentatori non fu malevola, ma non disse niente comunque, perché comprese che aveva agito bene, che adoperava quel sapore, quel sentimento di generazioni e generazioni di abruzzesi, che erano entrati nella sua vena musicale, permettendogli di confezionare simili capolavori.
Qualcosa che oggi invece, nell’ambito della musica e del canto abruzzese, si è trasformato in pressapochismo, lassismo o addirittura plagio! Vediamo, nel trattare delle canzoni e della musica abruzzese, confusione e superficialità da parte di chi spesso ne tratta, soprattutto abruzzesi. Esistono, come abbiamo riportato, fonti di riferimento, libretti, archivi, documenti, ritagli di giornale d’epoca, importantissimi per comprendere quale periodo fu questo di cui trattiamo, conservati nelle apposite biblioteche regionali. Ma chi oggi va a fare studi in biblioteca? E così assistiamo impotenti a chi va cianciando che “Vola vola vola” è una canzone popolare di anonimo, a chi non sa nemmeno cosa furono le Maggiolate di Ortona, a chi si affanna di decifrare lo pseudonimo C. D’Evrano, non sapendo che fu usato da don Evandro Marcolongo per partecipare, prete quale era, alle rassegne canore; oppure a chi plagia le canzoni delle Maggiolate, come nel caso di Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati, pubblicando nei CD o nei libretti che le loro musiche sono di anonimo e che sono state riscoperte e rielaborate da tal gruppo o da tal coro, oppure orchestrine e gruppetti rockettari che improvvisano a orecchio, senza saper nemmeno leggere uno spartito musicale, le varie canzoni della tradizione, stravolgendole completamente, riproponendo ad esempio come ci è capitato di ascoltare “Lu piante de le fojje” alla maniera di un concerto metal, orrore!
O ancora chi non sapendo nemmeno leggere uno spartito, come da loro stessi dichiaratoci, si appropriano di canzoni registrate regolarmente, e le facciano proprie, ne cambiano il testo, oppure propongano, senza ricordare da dove hanno attinto, o meglio rubato il testo, versioni fantasiose di canzoni o di poesie al grande pubblico, in alcuni casi perfino a trasmissioni Rai, spacciandole come “antiche canzoni abruzzesi scoperte e rielaborate da loro”. Il pubblico, specialmente quello nazionale, che purtroppo immagino sia ancora digiuno, specialisti e cultori a parte, della tradizione delle canzoni abruzzesi e della loro storia, non potrà rimanerne che confuso, con una idea falsata ed errata della canzone abruzzese, la disinformazione dilaga, e poi produce altri falsi, specialmente con gli strumenti di internet quali i social, facebook, telegram, tiktok; ed è un peccato perché i cultori delle materia dovrebbero fare di più per promuovere invece la vera storia della canzone abruzzese, e far “volare”, la nostra “Vola vola vola” inno d’Abruzzo! Ma purtroppo, come ci è capitato di osservare, anche se con un sorriso sì, ma dal retrogusto amaro, le politiche e le istituzioni culturali abruzzesi non riescono da anni a propagandare la vera cultura della nostra Regione, una cultura ormai commerciale, da marketing, riduttiva, errata e sbagliata… e in certi casi con degli spot pubblicitari al limite dell’offesa alla nostra intelligenza… e per ora tornando a Bomba, Vola vola vola, se conosciuta, è conosciuta fuori Abruzzo per le parole fatte da Maurizio Crozza nelle sue puntate dedicate al senatore “abruzzesissimo” Antonio Razzi.
LE CANZONI ABRUZZESI DI GUIDO ALBANESE eseguite dal Coro Vecchi Cantori di Raiano, diretti dal M° Ottaviano Giannangeli, Ortona 1978, gentile concessione di Andrea Giampietro e Giacomo Di Tollo
IL COMPONIMENTO “VOLA, VOLA, VOLA” NON E’ CONOSCIUTO ESATTAMENTE DAGLI ABRUZZESI E DALLA MAGGIOR PARTE DEI CORI DELLA NOSTRA REGIONE.
di Camillo Berardi
Il canto Vola, vola, vola con
versi di Luigi Dommarco e musica di Guido Albanese, è considerato l’Inno
d’Abruzzo, anche se esistono altre canzoni abruzzesi che avrebbero
titolo per esserlo. Ne è un patente esempio “J’Abbruzzu” che con incisiva
efficacia poetica descrive “Ju Gran Sassu” dalla cui sommità si
osservano “j’unu e j’atru mare”, la “Maiella”
madre del popolo abruzzese, che è anche
la montagna più fiorita d’Europa, la “Marina” con le vele colorate, i “pastori”,
la “malia
della ciaramella”, ecc…
In questo splendido quadro poetico-musicale
è dipinto e racchiuso tutto
l’Abruzzo, ma riconosco che Vola, vola, vola rappresenta l’Inno
regionale, nato peraltro nel territorio che da sempre è la culla del folklore abruzzese.
Carla Boni e Gino Latilla - Vola vola vola
Alla celebrità del canto ispirato a un gioco fanciullesco che facevano i nostri avi, hanno contribuito - in maniera determinante - il successo discografico avuto con Carla Boni, Gino Latilla e l’Orchestra diretta dal M° Cinico Angelini in un 78 giri della Cetra, il 1° Premio Assoluto vinto al Festival Internazionale della Canzone Italiana a Parigi nel 1953 e l’essere stato inserito - il componimento - nel repertorio dei canti alpini eseguiti dal celeberrimo Coro trentino della SAT. (Società Alpinisti Tridentini), il più celebre tra i cori alpini italiani. I fratelli Pedrotti, direttori di detto coro, nell’attività di ricerca di significativi canti popolari nel territorio nazionale, nella prima metà del secolo scorso s’incontrarono con il M° Guido Albanese, instaurando con lui una stretta amicizia e un’intensa attività musicale: questa significativa e proficua collaborazione non è nota agli abruzzesi. Il risultato che ne derivò, fu che nel repertorio dei canti popolari del Coro della SAT, furono inseriti tre canti d’ispirazione popolare abruzzese, d’autore, tutti musicati dal grande compositore Albanese: oltre a “Vola, vola, vola”, anche “L’accquabbèlle” e “Lu piante de le fojie”. E’ opportuno rilevare che tutti gli altri canti del Coro SAT, sono di autori ignoti. Questo Coro celeberrimo si è esibito nei teatri più prestigiosi d’Italia, e ha tenuto moltissimi concerti in Europa, in America, in Asia e in Australia, facendo conoscere nel mondo anche i tre canti significativi della nostra terra.
Coro della Sat - Vola vola vola
Il M° Patrizio Paci,
Direttore del prestigioso Coro alpino “La Cordata” di Montalto delle Marche (AP),
nello studio “Il canto di ispirazione
popolare”, nella parte dedicataalle canzoni abruzzesi,
sottolinea la collaborazione musicale del M° Guido Albanese con i fratelli
Pedrotti del Coro della SAT e al riguardo riporta quanto segue: <<Silvio
Pedrotti, richiamato nel 1940 sul fronte occidentale, con incarico di formare
il Coro del Battaglione “Val di Fassa”, risponde con fermezza ad un maggiore
che gli chiede informazioni sullo stato del Coro: “Il nostro repertorio è di 24
canzoni, signor maggiore! C’è dentro tutto il repertorio della SAT, le più
belle canzoni, quelle nate in trincea, le canzoni del nostro Trentino e anche
due motivi abruzzesi”(1).
Non è difficile intuire che i due motivi abruzzesi
sono “L’Acquabbelle” e “Vola, vola”. Nel 1953 il Coro della SAT vince il
prestigioso Concorso Polifonico Internazionale di Arezzo e il M° Luigi
Pigarelli, storico e illustre armonizzatore della maggior parte dei brani
eseguiti dal coro trentino, si congratula così con Silvio Pedrotti per la
prestigiosa vittoria: “I putei non stanno nella pelle per il riconoscimento
conquistato. Hanno ragione e io godo con voi. Per quando tornerai, ti
trascriverò nitidamente ‘Lu piante de le fojie’ di Guido Albanese” (2).
La nota trascrizione pigarelliana fu elaborata per coro virile a sei voci>>.
(1) tratto da Mauro Pedrotti - Note in Paradiso -
Capitolo IV - I due sergenti
(2) tratto da Mauro Pedrotti - Note in Paradiso -
Capitolo III - Luigi Pigarelli e Antonio Pedrotti
Ma su Vola, vola, vola devo
riconoscere che gli abruzzesi non conoscono esattamente il loro Inno, infatti,
sono a loro note soltanto tre strofe, e quattro ritornelli che fanno volare “Lu pavone”,“Lu
gallinacce”,“Lu cardille” e “La ciamarelle”, termine
- quest’ultimo - che assai spesso viene sostituito impropriamente da “ciaramelle”
o “ciarammelle”
che peraltro è un oggetto che “non può volare”. In verità, “La ciamarelle”, che non
rappresenta neanche la “ciammarica”, è una deliziosa
farfallina che viene così chiamata nel territorio dove è nata la canzone;
denominata anche “ciarmarelle”, viene facilmente confusa con “ciaramelle” o
“ciarammelle”.
Fatte queste prime precisazioni, rimarco
che la (quasi) totalità dei cori abruzzesi, conoscendo come già detto soltanto tre
strofe equattro ritornelli, nell’eseguire il brano è costretta ad eliminare
un ritornello, sacrificando il pavone, il gallinaccio o la “ciamarelle”,
salvaguardando soltanto il cardellino.
Come si spiega questa patente anomalia?
L’ho scoperto nell’adolescenza, quando
durante la mia frequentazione delle Alpi, nella città di Udine ascoltai per la prima volta
il celeberrimo Coro della SAT che nel programma del concerto di “canti
alpini” aveva inserito anche Vola, vola, vola, eseguendo il brano
nella versione completa di quattro
strofe e quattro ritornelli.
Il Trittico di Terra d'Oro è composto da tre scene agresti, scritte da Luigi Dommarco e musicate da Guido Albanese per la Maggiolata abruzzese del 1925, una delle più trionfali di Ortona per le canzoni proposte anche da altri concorrenti, come Padre Settimio Zimarino e Antonio Di Jorio.
Il Trittico si compone di scene recitate dai figuranti e da parti cantate da solisti, duetti e in coro: La smarroccature, Quand’arvè le prime rose, La villegne; rappresentano la summa di quel processo di idealizzazione e celebrazione della canzonetta amorosa e festaiola abruzzese, qui Dommarco e Albanese furono i grandi mattatori; la scena agreste è tra le più elaborate e forse poco note di questi festival canori abruzzesi, che si uniscono alle altre canzoni della tradizione corale folkloristica, come La Savetarelle rielaborata dal M° Giuseppe Di Pasquale, oppure a La serenata de lu 'mbrijìche di Cameli e Di Jorio.