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1 novembre 2024

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

 

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

di Angelo Iocco

Nacque a Miglianico nel 1893, lo stesso anno del famoso compositore abruzzese Guido Albanese a Ortona. Apprese i rudimenti della musica con la banda locale, poi continuò gli studi, insegnando infine musica privatamente. Si sposò nel 1922; apprezzato musicista si trasferì a Chieti, dove nel 1930 fu chiamato a dirigere l’orchestra al Teatro Marrucino di Chieti per un Galà fascista, dove si erano riunite le delegazioni degli Squadristi provinciali. Pubblicò in questi anni a Ortona, per la tip. Bonanni, delle raccolte di studio per musica. Dopo la guerra continuò a fornire le lezioni di musica, e pubblicò: Il canto nella scuola : 15 composizioni didattiche per le scuole elementari e ad uso degli Istituti magistrali, scuole di tirocinio, scuole di avviamento. Con aggiunta di 3 quadri sinottici tonali per esercizi teorico-pratici. Parte I Firenze : Tip. G. E P. Mignani, [1947]. Collaboratore della Rivista Abruzzese a Chieti, che poi si trasferirà a Lanciano, il Ciampella pubblicò due scritti di musica abruzzese: La personalita e l'arte di F. Paolo Tosti, e Venerdi Santo e il Miserere di F. S. Selecchi . Quest’ultimo uno dei primi studi moderni critici, che si svincolava dalle estetiche esagerazioni degli scrittori di Chieti, come Francesco Vicoli, e riportava un’analisi musicale del celebre Miserere. Partecipe alle Maggiolate di Ortona, risorte dalle devastazioni belliche, nel 1947 si presentò con la canzone Amore me’, amore me!, forse la più famosa della sua produzione, tanto da essere adottata dal Coro folk “Antonio Di Jorio” di Atri, incisa nel cd “Venticelle d’Abruzze” a cura del M° Concezio Leonzi. E’ una canzone che è simbolica nel periodo in cui fu scritta, un periodo di un Abruzzo in macerie, la piccola Miglianico era in macerie, così come Ortona e Francavilla, ricordate nel programma finale dalla canzone dell’Albanese: Ci manche all’Adriatiche na perle, presentata nella Maggiolata del ’47. Il canto di Ciampella invece invoca l’amore, la felicità, la gioia di continuare a vivere, quasi volesse esorcizzare lo spettro della devastazione ancora tangibile.


Per Miglianico, Ciampella scrisse anche un suggestivo Miserere, ancora oggi eseguito, sui versi dei Salmo 50; una composizione per banda che per tonalità ascendente, in certi punti ha delle affinità con il Miserere del Selecchy di Chieti, ma ovviamente il colto Ciampella lo reinterpreta e ne fa un pezzo originale. Acute le voci al v. “secundum magnam misercordiam tuam”, per poi ridiscendere in tonalità, nella conclusiva “Miserere, miserere mei Deus!”.

A Miglianico si eseguono da parte della Confraternita S. Pantaleone le musiche del Miserere di Ciampella, dal Salmo 50, che comprende le strofe del “Misere mei Deus – Et secundum multitudinem miserationem tuarum – Amplius lava me”; mentre del Maestro di Banda Ettore Paolini, storica figura miglianichese, la Marcia funebre. Il testo è tratto dalle Sette ultime parole (Le tre ore di Agonia di Nostro Signore) di Saverio Mercadante, mov. 1: Già trafitto, andante mosso. È uno spettacolo ancora oggi, ascoltare queste due musiche nella chiesa madre di Miglianico suonate dalla Corale, e poi partecipare al commovente corteo della processione del Cristo morto per le strade del paese, seguendo il Feretro e la Banda.


Ecco le canzoni presentate dal Ciampella alle Maggiolate di Ortona

Amore me, amore me! (1947)

La fije e lu core di tatà (1948)

Villanelle annamurate (1950)

Mare e sonne (1952)

 

17 agosto 2024

Uomini illustri di Lanciano: Luigi Renzetti (1860-1931) e Giuseppe Maria Bellini (1860 - 1940).

Luigi Renzetti

Uomini illustri di Lanciano: Luigi Renzetti (1860-1931) e  Giuseppe Maria Bellini (1860-1940)

di Angelo Iocco

Luigi Renzetti (1860-1931) 

Lanciano tra la fine dell’800 e il primo ventennio del Novecento, ebbe due importanti personaggi di spicco nel campo della ricerca storica, prima che le loro opere venissero oscurate da ricerche più documentate e esaustive sulla città, dal benemerito Corrado Marciani.

Il Renzetti nacque a Lanciano il 14 ottobre 1860, nel quartiere Lancianovecchia nel palazzo di famiglia, lungo la salita dei Frentani. Morì nella stessa città il 2 dicembre 1931 in povertà, malato da tempo. Una targa ricorda ancora oggi il luogo nativo, una struttura antica, rimaneggiata più volte, che forse poteva fungere da torre di avvistamento. Figlio di un impiegato, Luigi fu avviato agli studi privati presso il patriota risorgimentale Carlo Madonna (1809-1890), che tanto dette per la patria, e visse gi ultimi anni della vita nella miseria, lui figlio di un illustre giureconsulto presso la Sottoprefettura di Lanciano quale fu Antonio Madonna da Lama dei Peligni (ricordato dal De Crecchio nel suo Il triangolo della Giustizia a Lanciano, 2012) dopo l’agognata Unità d’Italia, e ridotto a scrivere versi d’occasione e per committenti appositi per motivi alimentari. Renzetti sicuramente fu influenzato in giovinezza dal sentimento per la Patria del Madonna, e soprattutto dovette assorbire quel sentimento di amore per le belle lettere, per la musica, e di amore per la Patria, per la piccola patria di Lanciano, verso cui nutrì profonda venerazione. Lo approfondiremo, infatti nel 1878, quando viene fondata la casa editrice Carabba in città, Renzetti pubblica giovanissimo una raccolta di memorie su Lanciano, dal titolo Notizie storiche della Città di Lanciano; lavoro encomiabile per un ragazzo di nemmeno vent’anni! Come successivamente verrà notato, Renzetti realizzò sì un lavoro apprezzabile che riportava l’attenzione, in assenza di volumi stampati di Storia patria, le notizie essenziali per la storia lancianese. Si trattava del primo lavoro edito che riunisse in maniera succinta e abbastanza scorrevole le varie notizie sulla città, già compilate da diversi storiografi locali, come Giacomo Fella, Anton Ludovico Antinori, Pietro Pollidori, Uomobono Bocache, Antonio Maranca, Carmine de Giorgio e Domenico Romanelli. Il lavoro tuttavia risulta abbastanza sbrigativo, specialmente nella citazione delle note, alquanto approssimative, nel citare vagamente l’opera di Bocache o dell’Antinori. Su quest’ultimo c’è da dire qualcosa in più. Nel 1790 Romanelli già aveva edito dei manoscritti di Antinori riguardanti i fascicoli mss. della Istoria critica di Lanciano, presso la Biblioteca nazionale di Napoli, dal titolo Antichità storico critiche dei Frentani, e poi lo stesso parlò ampiamente di Lanciano nelle Scoverte Patrie dei Frentani, 1805-1809…ma ahimè che critiche feroci ci saranno a posteriori! A piene mani Renzetti parafrasò interi capitoli dalle memorie di Antinori, facendo il “bel riassunto”, nel trattare le vicende storiche della Città dalle remote origini, con i soliti campanilismi dell’ipotetica fondazione del 1 settembre 1180 a.C. da parte di Anxa compagno di Enea a Troia, dell’eroe frentano Osidio Oplaco, delle magnificenze dei templi romani, del ponte di Diocleziano, dei conciliaboli alla Fiera, ecc. ecc. sino alle vicende delle guerre commerciali con Ortona (qui il sentimento post-risorgimentale del Renzetti prevale al punto da giudicare Lanciano superiore a Ortona), e arrivando finalmente alle vicende del sentimento nazionale dei Lancianesi nelle rivolte francesi del 1799, nell’attacco del generale Pronio, nei movimento carbonari di Madonna, di don Floraspe Renzetti, di Fioravante Giordano, di Pasquale Maria Liberatore e altri, fino ai fatti a lui contemporanei.

 

Pianta di Lanciano, “la farfalla di pietra”, dell’ing. Nicola Maria Talli, prima metà dell’800, presso la Biblioteca comunale di Lanciano.

 

Trattoria La Volpetta lungo via del commercio, poi via Valera; nell’attuale Larghetto Gemma di Castelnuovo, dove Renzetti si recava a pranzo con gli amici.

L’antico stabilimento tipografico Carabba, all’inizio di viale Cappuccini da Largo Santa Chiara, demolito negli anni ’60.


L’opera sulla storia di Lanciano è abbastanza buona, ancora oggi è consultata da chi vuole accingersi a iniziare gli studi sulle cose di Lanciano, anche se come naturalmente è, appare datata, superata da nuove vicende ampiamente documentate ad esempio da Corrado Marciani che andò a fare le ricerche negli appositi archivi, e da altri studiosi come Domenico Priori, anche ampiamente trattò delle vicende lancianesi nei suoi tre volumi della Frentania, o ancora da Florindo Carabba, che in 2 volumi tra il 1995 e il 2000 ha esaustivamente riportato alla luce le Notizie storiche di Lanciano.

Ciò che, con buona pace del Bellini, si contesta al Nostro, è la mancanza di originalità, dettata appunto dalla forse troppo giovanile età, quando pubblicò il suo libro. Bisogna anche parlare qui dei rapporti del Renzetti che ebbe con le fonti, avendo potuto consultare anche i manoscritti del Bocache, che dal 1880 furono acquistati dal Comune e conservati nella biblioteca del Liceo ginnasio, e successivamente nella Comunale, o che per rapporti di parentela, poté accedere a Casa Maranca, e alle carte del giureconsulto Antonio Maranca (1773-1858), nipote diretto dell’arcivescovo Antonio Ludovico Antinori. Tuttavia, Renzetti non riuscì a pubblicare granché, anzi, per dirla tutta, fece delle azioni non proprio ortodosse nei confronti degli antichi manoscritti, aggiungendo note personali ai manoscritti di Bocache (da ricordare ad esempio una nota aggiunta e firmata nel 1886 circa la consuetudine di baciare il ginocchio al Mastrogiurato all’apertura della Fiera), note denunciate, senza però fare nomi in quanto il Renzetti viveva ancora, già illo tempore dal Coppa-Zuccari nell’introduzione al 1° volume dell’Invasione francese negli Abruzzi nel 1798-99, L’Aquila 1928, per non parlare delle sue aggiunte personali al manoscritti inedito del Maranca Biografia degli uomini illustri di Lanciano presso la Biblioteca provinciale di Pescara, come abbiamo potuto vedere, poiché questo manoscritto, come si legge nella pria pagina, fu donato dal Renzetti alla famiglia Brasile nel 1886, e poi per vicende alterne fu acquistato insieme al Fondo Renzetti, dall’amministrazione provinciale pescarese. Diciamo, lassismi, nomi a parte, che potevano essere evitati, ma tant’è la cultura della provincia!

Spendiamo altre parole sul Renzetti. Nella Biblioteca provinciale D’Annunzio di Pescara si conserva un manoscritto dal titolo Ricerche storico cronologiche della nobile famiglia degli Arcucci in Lanciano, compilato nel 1885 circa, con in allegato altri inserti di ricerche, come notizie estratte dal Libro di memorie di Antinori della diocesi di Lanciano sul vescovo Gaspare de Aventinis (XV sec.). Operetta a metà tra la leggenda e la commemorazione patria, poiché se da una parte abbiamo conferma di un ramo degli Arcucci napoletani che ebbero nel 1648 il feudo di Arielli e Villanova (Poggiofiorito), divenendone baroni, dall’altra abbiamo gaie leggende e invenzioni sulla figura inesistente di tal Simone da Lanciano cardinale di San Sisto a Roma nel XV sec., quando Renzetti non fa altro che confondersi con i suoi “colleghi” predecessori di storia patria circa Simon Langham inglese; oppure pretende che il poeta napoletano Giovanbattista Arcucci fosse a tutti i costi lancianese sulla base di presunti documenti oggi irrintracciabili.

Forse l’attività più congeniale al Renzetti fu quella di poeta. Scrisse e improvvisò diverse poesie nei momenti di allegria, come ricorda Federico Mola, dei pranzi alla trattoria La Volpetta di Lanciano, in compagnia di Modesto Della Porta, Vincenzo Gagliardi, Raffaele Mariani e altri buontemponi. Era la fine dell’800, periodo delle origini della canzonetta popolare abruzzese, e proprio in quegli anni da Lanciano uscirono due fresche canzonette: Li bille di Lanciane su testo di Rafaele Mariani e musica di Francesco Bellini (1860-1928), ricantata ancora oggi dal gruppo folk Lu Cantastorie, e Prime ca scì…dope ca no su testo di Cesare de Titta e musica dello stesso Bellini, zio dell’ispettore onorario Giuseppe, di cui tra poco si tratterà.

Giulio Sigismondi


Il Renzetti fece di più, come ricorda il poeta Virgilio Sigismondi, figlio del celebre don Giulio di San Vito, e ancor prima di lui un articolo di Guido Albanese nell’introduzione al libretto VII Maggiolata di Ortona, 1926. Nel 1896 in contrada Santa Liberata, Renzetti organizzò un piccolo coro di contadine che con la loro gaiezza civettuola, cantò alcune canzoni scritte da lui e dal fratello maggiore Camillo Renzetti, nato a San Vito. Purtroppo i testi non si conservano, ma alcuni versi sono stati tratteggiati dall’Albanese nella sua introduzione alle origini della canzone abruzzese. Virgilio ci racconta anche che la simpatia di “don Luiggine” per il teatro e lo spettacolo lo portò a far parte delle prima Filodrammatiche lancianesi, e ad essere il mentore di un giovanissimo Giulio Sigismondi, alle prime armi negli anni ’10 con la poesia e lo spettacolo. Luigi paternamente gli fornì dato consigli del mestiere, nell’inventare le sue prime macchiette popolari, ispirate ai fatti di tutti i giorni, che poi Giulio avrebbe perfezionato insieme al fratello Aristide, come l’Urtulane, e probabilmente anche Lu rifilatore, che nel 1921 mise in musica con Antonio Di Jorio, portando i suoi sketch da one-man show per i teatri di Lanciano e della provincia, con grande successo. Inutile soffermarsi, tornando alle origini della canzone abruzzese, sulla fama della festa del Martedì in Albis del 1888 al Convento di F.P. Michetti, con il coro diretto dal M° Vittorio Pepe che cantò la canzonetta La viulette di Bruni-Tosti. Infatti di lì a poco, Arturo De Cecco di Fara San Martino, insegnante a Pescara, nel 1911 organizzò una Rassegna di canti a Francavilla al mare, di cui resta memoria la canzone Oh, Francaville! di Merciaro-Tancredi, che verrà ripresa alla Maggiolata di Giulianova del 1928 con gli stessi versi, ma il ritornello cambiato in Oh, Giulianove!

La coppia Luigi-Camillo Renzetti partecipò a diverse rassegne degli anni ’20 con le loro canzoni. Ricordiamo per le Maggiolate ortonesi Lassàteme durmì (III Maggiolata 1922), e Se vvu minì nghe mme (VII Maggiolata 1926). Poco nota per la rarità, ma alquanto salace e direi crudele, è la canzone La sirinate di lu suspette, scritta dalla coppia per la Festa delle Canzoni per il Settembre lancianese del 1921, in cui l’innamorato tradito, augura a mo’ di canzone a dispetto, seguendo i canoni della serenata della gelosia, i peggiori mali e disgrazie alla sua ex ragazza. Luciano Flamminio ne conserva una copia con spartito che riproduciamo.



Camillo Renzetti continuerà a scrivere canzoni anche per le Feste dell’Uva di Poggiofiorito (1929-1938), e per la Sagra della canzone fasciata abruzzese nello stesso paese. Sua è Ci sta na casarelle alla IX Sagra dell’Uva (1938), con musica di Antonio Ricchiuti da Palombaro.


Concludiamo la biografia del Renzetti con un inedito di Carlo Madonna, poeta lancianese, il quale, tornando al testo sulla famiglia Arcucci, tradusse per il Renzetti in italiano, dal latino, un carme di Bernardino Rota in lode del poeta Giovanbattista Arcucci:

Vivrà, vivrà, me ‘l credi, Arcucci, il carme,

comunque osti di Lachesi la destra

Inesorata, e più l’avida sempre

Voracità del Tempo.

Spregia de’ Fati l’implacabil ira,

che mal della cieca urna? Ah, da l’estreme

assurgerà del cenere faville

superstite la Fama.

Coro a le Muse, te ridice l’antro

Äonio, e te la sacra onda disseta.

Le falde ime di Pindo aver potuto

Noi costeggiarl ne basti!



Il Renzetti dopo il suo primo successo giovanile, continuò fino alla fine, come dimostrano i suoi manoscritti conservati a Pescara,  a occuparsi di storia lancianese, pubblicando la Storia di Lanciano, seguita nel 1894 dalle Memorie di Casa Nostra, una raccolta di personaggi illustri della città Lancianese e altre situazioni non trattate nel precedente libro, e poi colla pubblicazione del libro del Santuario di Nostra Signora del Ponte ecc., dove ricostruiva tutte le vicende storiche (e ovviamente pure quelle leggendarie) della Basilica della Madonna del Ponte, delle tradizioni popolari e religiose, della Cappella musicale, e delle bellezze architettoniche e artistiche dell’edificio, sino agli ultimi restauri a fine ‘800, il nostro Renzetti si fabbricò la fama di grande custode di memorie patrie della Città. Ebbe specialmente la fortuna di accedere all’archivio Stella-Maranca, avendo tra le mani i manoscritti del già citato Antonio Maranca, come la Biografia degli uomini illustri lancianesi, anch’ess conservato a Pescara, su di cui, in una maniera che oggi farebbe discutere i filologi, apportò correzioni, cancellature e aggiunte di altri personaggi illustri lancianesi.

Eppure c’era qualcosa che lo rendeva infelice, come confidò a vari amici, testimonianze orali e anche manoscritte giunte sino a noi. Egli era un dipendente statale, faceva parte di quel ceto piccolo-borghese che si aspettava di più dalla vita, fu impiegato anche alla Sottoprefettura di Lanciano, andò a Roma, dove collaborò con il giornale “Capitan Fracassa”, dove scrivevano anche altri abruzzesi come D’Annunzio, Scarfoglio, e altri, e ivi pubblicò varie poesia, liriche dal gusto antico toscano alla Cecco Angiolieri o al Burchiello, autori di cui era assai appassionato; la sua passione per la poesia non lo abbandonerà mai, e infatti il professor Federico Mola, a che lui fine penna e “forchetta”, ricorderà gli agoni di poesia tra una spaghettata e l’altra tenuti alla trattoria La Volpetta di Lanciano, che sta in via del commercio, poi via Umberto I. Qui Renzetti si sfidava con un giovanissimo Modesto Della Porta di Guardiagrele, destinato a grandi successi nella lirica abruzzese. L’entusiasmo per la poesia e per l’arte, portò Renzetti a istituire una sorta di Filodrammatica al teatro comunale di Lanciano, e nello stilare un programma per gli spettacoli. Negli anni ’20 con la nascita dei festival della canzone abruzzese, come la Maggiolata di Ortona, nel 1922 si dette da fare per partecipare col fratello musicista Camillo alle gare dei canti. Compose varie canzoni, tra cui una “Sitinate de lu suspette”, presentata a un concorso di canzoni a Lanciano nel settembre 1921; e scrisse canzoni anche per qualche Maggiolata a Ortona….Poi, dopo aver inaugurato la stagione del Teatro Dialettale Abruzzese a Lanciano con due testi di Cesare de Titta, la tragedia! Renzetti divenne cielo, e passò gli ultimi anni della sua vita in semi-indigenza nella casa nata, dove morirà nel 1931. Chiese di essere sepolto con molta riservatezza, ancora oggi nel colombaio del cimitero comunale c’è la sua lapide, spoglia, accanto quella della sorella.


Foto senile di Renzetti, Archivio Giacomo de Crecchio

Renzetti ebbe un’altra iattura, quella di entrare in competizione con Giuseppe Maria Bellini, quasi suo coetaneo, ispettore onorario ai Monumenti d’Abruzzo nell’area di Lanciano. Ad esempio, come avremo modo di scrivere, Bellini denunciò lo stato deplorevole in cui a fine ‘800 versava il celebre monastero benedettino di San Giovanni in Venere, all’abbandono e allo sfacelo totale, e ci scrisse un opuscolo storico. Bellini e Renzetti appartenevano a quell’intelligentia che si affaticava nelle ricerche storiche, che produceva saggi e opuscoli, con le nuove case editrici, per rendere grande la gloria della propria città. Non sempre però il rigore storico era scientifico, e qualche informazione veniva falsificata. Bellini criticò l’opera del Renzetti, e si dette da fare per produrre una raccolta di Memorie Lancianesi da pubblicare in risposta all’opera giovanile, fortunata, e avvantaggiata dal “rimaneggiamento” di vari testi consultati dal Renzetti in biblioteca, che rimase manoscritta, e che dal palazzo di famiglia presso palazzo Berenga, che si trovava lungo corso Roma, demolito dopo la guerra, oggi è in archivio privato.


***

Giuseppe Maria Bellini (1860 - 1940)

Giuseppe M. Bellini, ph  Anxanum.net


Con Renzetti ebbe ad avere rivalità l’ispettore onorario ai Monumenti dell’Abruzzo Giuseppe Maria Bellini (1860-1940), di antica famiglia lancianese, fratello del celebre musicista e maestro di cappella della Cattedrale, Francesco Paolo Bellini. Quasi coetaneo del Renzetti, Bellini a sua volta visitò le carte del Bocache, e anche qui lasciò la sua traccia, un po’ qui e un po’ lì, annotando errori, o aggiungendo altre notizie a lui contemporanee su un preciso fatto accaduto, inserendo firma e data di aggiunta. Dalle carte di Antinori, Maranca e Bocache, anche il Nostro Bellini cercò di compilare una raccolta di notizie lancianese, dal titolo Effemeridi di Storia Lancianese, opera rimasta inedita, confluita nell’archivio privato Giacomo de Crecchio, quando ne entrò in possesso dagli ultimi eredi residenti nel quartiere Borgo. Qualcosa tuttavia il Bellini pubblicò, vari articoli sui giornali locali, come ad esempio I 3 Abruzzi, avviato nel 1889 presso la tip. Masciangelo, con notizie estratte principalmente dagli studi e saggi di Vincenzo Bindi, Vincenzo Balzano e Ignazio Carlo Gavini, che confluiranno poi in un volume del 1889. Ecco alcuni monumenti abruzzesi studiati dal Bellini: chiesa di Santa Maria Maggiore (solite note delle origini dal tempio di Apollo), cita il portale di Perrini (che lui dice Petrini), ricorda la Croce di Nicola da Guardiagrele del 1422 (che però sbaglia nel dire Nicola di Andrea Gallucci, seguendo gli studi di Filippo Ferrari). Nei numeri successivi parla della basilica di San Bernardino di L'Aquila, poi Santa Maria di Collemaggio, il Duomo, riaperto al culto nel 1887 da Mons. Valentini, le varie chiese aquilane, il Castello spagnolo, l'abbazia di San Clemente a Casauria, la Cattedrale di Atri, i monasteri di Santo Spirito a Majella e San Liberatore alla Majella, la Cattedrale di Teramo e le chiese più pregevoli, l'abbazia di Santa Maria del Lago, la Cattedrale di Chieti.

Altri saggi del Bellini:

Lo stemma della Città di Lanciano estr. da: Arte e storia, 15 marzo 1892

Nicola da Guardiagrele e la grande croce processionale nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Lanciano, tip. Masciangelo, Lanciano 1891

Il Marchese d’Ormea e il conclave del 1730, Teramo : tip. del Corriere abruzzese, 1892

L’Arte in Abruzzo: brevi notizie di vari monumenti abruzzesi dichiarati nazionali, Lanciano : tip. F. Tommasini, 1889

La musica sacra in Lanciano: appunti storici, tip. Masciangelo, 1904

In Abruzzo: storia, critica, e arte, Firenze : Tipografia Minori Corrigendi, 1897

Pubblicò dei discorsi commemorativi per la morte di Francesco Masciangelo e il centenario della nascita Giuseppe Palizzi, poi un discorso nel 1893 per il centocinquantesimo della morte dell’abate e storico Pietro Pollidori da Fossacesia, letto nel liceo ginnasio di Chieti

Il Castellano ed una lettera inedita dello storico D. Uomobuono Bucacchi sul rinvenimento di un'antica iscrizione, dalla rivista Arte e Storia, A. XII, n. 8

Il Bellini riprende queste brevi notizie già edite per un capitoletto dell’opuscolo Notizie sulla contrada di Santa Giusta vergine e martire in Lanciano – Brevi note sulla vita della santa e sacra novena, a cura di Vincenzo Villante, Lanciano, tip. Masciangelo 1932, citato anche in AA.VV., Fede, storia e tradizione. Santa Giusta e la sua contrada, Lanciano 2006)

 

L’articolo del Bellini sulla rivista fiorentina mostra solamente la “pura erudizione” nel citare la sua fonte, il Bocache, che attraverso il suo collega canonico Silvestro Finamore, corrispondente per suo tramite con la Reale Accademia di Belle Lettere di Napoli e il Real Museo archeologico, cercava di far conoscere al Regno le anticaglie romane di Anxanum. E qui si parla sempre della famosa iscrizione dei Decurioni rinvenuta nel ‘500, e di altri frammenti e tegole, come quello del 1791 con l’iscrizione osca indecifrata, che Bocache fece spedire a Napoli, oggi persa. Poco o nulla di interessante, o almeno di quanto non fosse stato già scritto dal Romanelli nelle sue Scoverte Patrie, vol. 1, 1805.

Elogio funebre del prof. cav. Gennaro Finamore : letto nei funerali il 10 Luglio 1923 / da Giuseppe M. Bellini

Lanciano : Stab. tip. fratelli Mancini, 1924

Il Pontificato di Mons. Antonio Ludovico Antinori in Lanciano / Giuseppe Maria Bellini

Fa parte di: Anton Ludovico Antinori e il 2. centenario della sua nascita

Notizie storiche del celebre monastero benedettino di San Giovanni in Venere e tre dissertazioni inedite di Pietro Pollidoro / Giuseppe Maria Bellini ; introduzione di Emiliano Giancristofaro, presentazione di Giovanni Di Rito

Lanciano : Rivista abruzzese, 2008

 

Anton Ludovico Antinori e il 2. centenario della sua nascita / pubblicazione della Società di storia patria negli Abruzzi

Aquila : Tip. di A. Perfilia, 1904

 

Le Notizie storiche del celebre monastero di San Giovanni in Venere sono una continuazione “ideale” dello studio di qualche anno prima edito da Vincenzo Zecca di Chieti, nel tentativo di suscitare l’attenzione del Ministero dell’Interno sulle condizioni pietose di abbandono in cui versava la celebre abbazia fossacesiana. Naturalmente la fonte principale, oltre allo Zecca, è quella del Bindi, che attinse ampiamente agli studi di Romanelli e Pollidori, pubblicandone anche 3 dissertazioni inedite. Bellini si interessò della figura dell’abate fossacesiano e nel 1887 in occasione del bicentenario della nascita, partecipò a un convegno commemorativo sulla sua vita, e dettò la lapide affissa alla chiesa del Rosario di Fossacesia. Purtroppo c’è da dire che allora, come oggi, la figura di questi due dotti uomini fossacesiani, Pollidori e Romanelli, sono ancora studiati e soprattutto le loro stramberie credute come oro colato, senza che si vada dettagliatamente a verificare la fonte di provenienza delle loro congetture. E dunque ancora oggi la storia locale è ancora “viziata” da falsi e invenzioni sfornate da questi due dotti uomini di cultura, in cui purtroppo caddero anche il Renzetti e il Bellini.

11 luglio 2024

Inventario delle canzoni abruzzesi e dei documenti delle buste del fondo "musicisti abruzzesi" presso l'archivio museo del folklore abruzzese – Associazione culturale “Tommaso Coccione”, Poggiogiorito.



INVENTARIO DELLE CANZONI ABRUZZESI E DEI DOCUMENTI DELLE BUSTE DEL FONDO “MUSICISTI ABRUZZESI” PRESSO L’ARCHIVIO MUSEO DEL FOLKLORE ABRUZZESE –

ASSOCIAZIONE CULTURALE “TOMMASO COCCIONE” POGGIOFIORITO

Redatto dal Prof. Angelo Iocco, come libero volontario e socio della detta Associazione T. Coccione.

DESCRIZIONE DEL FONDO

Tra i più ricchi della provincia di Chieti in materia di canzoni folkloristiche abruzzesi, si compone di varie cartelle d’archivio, ordinate da Camillo Coccione (1940-2022), collezionando fotocopie di spartiti e spartiti originali di diversi autori, da quelli delle Maggiolate di Ortona a quelli delle Settembrate di Pescara, fino agli autori minori delle maggiolate e rassegne canore dell’hinterland ortonese e abruzzese tra gli anni ’30 e ’60, fino alle edizioni dei Festival della campagna di Pianella, della Panicella d’oro di Taranta Peligna, dei Festival abruzzesi di Bisenti e Roccascalegna, del Trabocco d’Oro di Fossacesia, dei Canti del bimbo di Francavilla-Chieti scalo, dei Canti della montagna di Montesilvano e Tornimparte, dei festival della Viuletta d’oro di Francavilla al mare.

Ciascuna busta è ordinata, laddove è indicato, seguendo il criterio dell’ordine alfabetico dei cognomi dei Musicisti dalla A alla Z, il corredo di note riguarda ciascuna canzone manoscritta, o fotocopia di un manoscritto. Laddove è indicato, diverse musiche d’autore sono state armonizzate dal M° Mario D’Angelo, che negli anni ’50 e ’80 animò la Corale di Poggiofiorito.

L’Archivio, consultabile su prenotazione, è situato nella sede dell’Associazione culturale “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito – Museo del folklore abruzzese T. Coccione, in corso Vittorio Emanuele III, 36, Poggiofiorito (CH), CAP. 66030

Estremi cronologici: 1920-2009

CONTENUTO DELLE CARTELLE

1) BUSTA “A” – ANONIMI ABRUZZESI – CANTI POPOLARI

LA FONTE DI LI FATE di Saraceni-Ricchiuti (testo e spartito)

SCIA’ BBINDETTE L’URGANETTE di Saraceni-D’Angelo

SALTARELLO ABRUZZESE elab. R. Panza

LA MAMME E LA FIJE elab. Di Pasquale

MARIA NICOLA elab. Gialloreto

LAMENTO DELLA VEDOVA - elab. Gialloreto

L’ARIE DE LU METERE popolare di Gessopalena. Elab. De Caesaris

TUTTE LE FONTANELLE

VULEMICI BBENE – L’AMORE A VINT’ANNE popolare

ZI NICO’ elab. Colecchia (C. De Caesaris)

LA SAVETARELLE ABRUZZESE elab. Di Pasquale

CANTO DI QUESTUA DEL SANT’ANTONIO trascr. Di Silvestre

ANGELAROSE di Giannangeli-Di Pasquale

QUANDE LA FIJA ME’ elab. Di Pasquale

LA PASSIONE DE DDIJE popolare, elab. Di Pasquale

SANT’ANTONIE DE I PARUITE popolare di Tocco Casauria, elab. Di Pasquale

TUTTE LE FONTANELLE popolare, elab. Santacroce

TIETTE SSI PENE di N. Lanci

TUTTE LE FONTANELLE elab. Di Pasquale

MO VE…MO VA elab. Di Pasquale

ALL’ORTE elab. D. Lanci

ALL’ORTE elab. E. Cionci

LU SANT’ANTONIE elab. Vetuschi

TARANTELLE PE’ CARULINE

SANT’ANTONIO DI SAN VITO CHIETINO popolare, ricostr. D. Bozzelli, donato da L. Flamminio, 1981

SANT’ANTONIO DI QUADRI1

LA COTTA ORSOGNESE – organetto Marcello Eugenio

1 Manoscritto + dattiloscritto

BALLO IN PIAZZA – SALTARELLO di N. D’Avanzano

QUADRIGLIA ABRUZZESE

LU DENSE

SALTARELLO ALL’ORGANETTO di Marcello Eugenio

VALZER di Marcello Eugenio

LA MAZURKA ABRUZZESE di Marcello Eugenio

PANE COTTE di Marcello Eugenio

LU PASSITTI A LA SCIOVETE di Marcello Eugenio

QUADRIGLIA di Marcello Eugenio

Copione PROCESSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO – Modo di Castel Frentano2

LA PASSIONE DE DDIE – modo di Crecchio – canto popolare rielaborato da Di Scipio, Crecchio 1975

2) ALBANESE GUIDO (1893-1966)3

POVIRE GIRASOLE di G. Sigismondi

LU PIANTE DE LE FOJJE di C. De Titta

VUOJJE PIJA’ LA MOJE di M. Della Porta

VOLA VOLA VOLA di L. Dommarco

DONNA ROSE E DON PEPPINE di Albanese

LA MAGGIAJOLE di Dommarco

CORE ME’ di Albanese

‘MMEZZ’ A LA VIGNE di Albanese

L’ACQUABBELLE di De Titta

A LA FIERA DI LANCIANE di Albanese

CHIARENELLE di De Titta

BUONANOTTE AMORE di Dommarco

NOZZE D’AMORE di Dommarco

CI MANCHE A L’ADRIATICHE NA PERLE di Albanese

LA CAMPAGNOLE di Dommarco

13 febbraio 2024

La canzone abruzzese a Poggiofiorito – Dalle Feste dell’Uva alla Prima festa della canzone fascista abruzzese (1929-1939).


La canzone abruzzese a Poggiofiorito – Dalle Feste dell’Uva alla Prima festa della canzone fascista abruzzese (1929-1939)
di Angelo Iocco

Per questo articoli, si ringrazia l’Associazione culturale “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, e in particolare Vincenzo Coccione, per avermi concesso l’accesso all’archivio e alle fotografie.

Dedico questo pezzo alla Memoria

Per una storia della canzone folk Abruzzese, del periodo classico che va dalla fine dell’800 sino agli anni ’50, vogliamo quo ricordare il decennio d’oro della Canzone abruzzese nel paesino di Poggiofiorito, vicino Ortona. La città definita “perla dell’Adriatico” da G. D’Annunzio, proprio nel 1920 avviava la stagione delle Maggiolate abruzzesi con l’Albanese, il Di Jorio, lo Zimarino, e altri, con rassegne e concorsi di Cori dei paesi d’Abruzzo, dei loro maestri e dei loro autori di canzoni da esibire per la premiazione. Gli altri paesi dei dintorni non stettero inerti a guardare la città che proprio in quel tempo diventava la sede ufficiale della Canzone d’Abruzzo, sicché già negli anni immediatamente successivi, a Castelfrentano, Orsogna, Lanciano, Pescara, San Vito ecc. nacquero delle rassegne con dei propri autori e poeti, che cercarono di imitare la famosa Maggiolata ortonese. Poggiofiorito ebbe un ruolo di grande rilievo, poiché nel 1929, nacquero le Feste dell’Uva. Si racconta che il celebre poeta Cesare de Titta venisse a passare le estati in compagnia dell’amico Antonio Di Jorio proprio nella villeggiatura di Poggio, e che propose qui, visti i numerosi e ampli campi di vigneti, di istituire una festa dedicata all’uva. Mai parola più profetica quella del De Titta, dato che anche dopo la guerra, l’area di Ortona echeggiò dei canti, intendiamoci i canti d’autore presentati alle varie rassegne di Caldari, Rogatti, Frisa, Crecchio, Tollo ecc., che prendevano l’ideale, ma appunto soltanto l’ideale, e non sempre l’andamento ritmico della tradizione, dei canti antichi che le massaie e le mondine o i viandanti solitari, o le allegri brigate di giochi e di serenate intonavano da anni e anni, repertorio di una enciclopedia popolare di tradizione orale, che per fortuna un gruppo di etnologi abruzzesi come il De Nino, il Pansa, il Finamore, il Ciampoli, ebbero la cura di raccogliere e trascrivere.

Articolo de Il Messaggero, del 1939 – copia presso Centro di Documentazione Teatrale di Castelfrentano


La Storia della Sagra dell’Uva di Poggiofiorito

Tornando a Poggiofiorito, nel 1929 il M° Ercole Zazzini, grande animatore delle feste, organizzò la prima edizione, cui partecipò anche Cesare De Titta con l’inseparabile Antonio Di Jorio, fornendo alcune canzoni. Le canzoni erano sponsorizzate dall’Ente OND di Chieti; in quegli anni era tornato per la convalescenza nell’ariosa terra natia, dall’America, il giovane poggese Tommaso Coccione, reduce da grandi successi e da incisioni dei suoi ballabili per fisarmonica. Il Coccione darà forte impulso alle maggiolate, esibendosi con la fisarmonica, strumento allora quasi sconosciuto e non facente parte del corollario degli strumenti d’orchestra per queste feste canore. Altri animatori delle feste furono il poeta poggese Tommaso Di Martino, che scriveva le canzoni, e il chietino Antonio Ambrosini, coetaneo di Modesto Della Porta da Guardiagrele, che come lui morirà appena 50enne per un brutto male. I poeti concorrenti, insieme ai musicisti, erano dell’area frentana, vediamo un giovane Cesare Fagiani di Lanciano, che negli anni ’40 e ’50 sarà molto conosciuto con le due commedie al teatro Fenaroli di Lanciano, vediamo Ugo Di Santo, originario del Molise, che ugualmente diventerà famosissimo nel musicare operette teatrali, come “Lulù aiutami tu” di Eduardo Di Loreto; vediamo Di Loreto stesso da Castelfrentano con l’amico Pierino Liberati, reduci dai grandi successi delle Maggiolate del 1922 e 1il 23, poi l’anziano Vito Olivieri di San Vito, che nel 1923 e il 1926 era stato grande animatore delle Feste del Mare nel suo paese marinaro, e che con Di Loreto aveva scritto varie canzoni per le Maggiolate e varie commedie teatrali, di cui purtroppo quasi tutti gli spartiti, testi a pare, sono andati persi; poi Attilio Fuggetta da Sulmona, capostazione a Fossacesia appassionato di musica, grande concorrente alle Maggiolate con l’amico fossacesiano Nino Saraceni. E poi la grande rosa dei rappresentanti della musica Abruzzese classica, Antonio Di Jorio, Guido Albanese, Giulio Sigismondi, Luigi Dommarco, Olindo Jannucci da Città Sant’Angelo, grande animatore delle Maggiolate dopo la morte dell’Albanese, che con l’Albanese vinceva quasi sempre alle Maggiolate della sua città, poi ancora Cesare de Titta, Antonio Ambrosii, Tommaso Di Martino e il fisarmonicista poggese tanto amato, che figurava in testa a ogni libretto delle Feste dell’uva, Tommaso Coccione.
Purtroppo, come dettoci dallo stesso figlio Vincenzo Coccione, a causa dei danni della guerra a Poggio, e degli spartiti del padre che andarono dispersi per non curanza, accadde che varie partiture delle Feste dell’Uva andarono perse, ancora oggi irrintracciabili; per cui Vincenzo, per l’amore così grande che lo ha portato a fondare una associazione dedicata a suo padre, alla raccolta di quanto si era salvato dell’amato genitore, volle rimusicare, avvalendosi dello stile che aveva Tommaso, quelle canzoni che erano rimaste “mute” a causa della distruzione delle partiture. Infatti, come detto altrove, i libretti servivano più che altro per stampare i testi delle canzoni, e non erano inclusi gli spartiti; nella metà degli anni ’20, Guido Albanese ebbe l’accortezza di far stampare in accluso ai testi, anche gli spartiti delle canzoni presentate, in modo da impedirne la dispersione.
Come possiamo vedere, leggendo i libretti e i testi, le canzoni hanno per tema la vendemmia, l’uva, non a caso le feste si facevano a settembre, nei palchi inghirlandati con tralci di vite e di succosi grappoli, si celebrava la prosperità e la fertilità delle campagne poggesi, perfino l’ultima canzone del De Titta scritta prima di morire, è un inno alla ricchezza e alla floridezza di queste contrade, così come la canzone del Di Martino “Poggefiurite”. Le feste successivamente, nel 1939, evolvettero per così dire, nella “Festa della canzone fascista abruzzese”, promossa dall’OND Chieti, nella quale molti sono i riferimenti al fascismo, così come scritto testualmente nella presentazione del libretto; quello era proprio ‘intento, magnificare le glorie e i successi della guerra, della spedizione in Etiopia, della ricchezza del Paese grazie alle riforme di Mussolini e al patto con Hitler, e via dicendo. E dunque, leggendo questi testi, che farebbero arrossire qualsiasi estimatore della canzone popolare abruzzese, dell’Albanese autore della notissima Vola vola vola, del mite Fagiani autore della celebre poesia “La squijje di Natale”, del Di Jorio così tanto portatore di quell’idea di abruzzesità, insomma comprendiamo che i tempi erano quelli che erano, e occorreva adattarsi per queste rassegne di folklore, verso le quali specialmente la propaganda di Regime voleva imporsi, per penetrare nelle menti degli spettatori. Così vediamo ad esempio una magnifica “Ninna nanna” postuma di Cesare de Titta, musicata dall’orsognese Camillo de Nardis (il quale musicherà altri testi di ispirazione fascista, ad esempio una canzone del marinaio su versi del concittadino Raffaele Paolucci), che vede “ingabbiati” quei versi così soavi e andanti, cullati dalle note, nei riferimenti all’accendere un cero alla Madonna (uso abruzzese) per ricordare il figlio in guerra, o nella madre che è orgogliosa del gagliardetto del proprio figlio combattente, o nella preghiera a Mussolini e la speranza di una nuova Roma imperante simbolo di civiltà e progresso come nell’Impero. Insomma una canzone che trasuda fascismo da tutti i porti, per non parlare della “Savitarella fasciste” del Di Martino, dove i cantori si fanno beffe dell’Inghilterra e della Francia dello storico impero coloniale, per lodare invece l’opera conquistatrice dell’Etiopia da parte dell’Italia. Tornando alla Ninna nanna detittiana, pochi sanno che oggi la canzone è ancora riproposta, insieme a “Suonne” di Marcolongo-DI Jorio, soltanto che sono state epurate, ripulite delle incrostazioni fasciste; Ennio Vetuschi della Corale Verdi di Teramo, ne ripropose soltanto la prima strofa, poiché le ultime due sono quelle più rigurgitanti di sentimento patriottico. Altri Cori ne hanno proposto solo 2 strofe, ma oggi tendenzialmente si usa proporre la versione del Vetuschi. Possiamo solo dire che questa bellissima canzone di don Cesare fu sporcata dai tempi che corsero, poiché nelle melodie, riecheggia esattamente, benché elaborati, quei motivi popolari che cantavano le mamme ai loro bambini per farli addormentare.
Dopo questa Sagra della canzone fascista, Poggiofiorito non ebbe fino alla guerra altre rassegne canore. I tempi erano cambiati, la guerra imperversava. Dal 1947 in poi con Mario d’Angelo da Villa Romagnoli, giunto a Poggiofiorito per dirigere il coro, inizieranno nuove rassegne, e verrà creata quella canzone che ancora oggi è l’inno del paese: L’Uve di Poggifiurite.

17 ottobre 2023

Olindo Jannucci alla conquista delle Maggiolate abruzzesi.

Olindo Jannucci alla conquista delle Maggiolate abruzzesi
di Angelo Iocco

Nacque a Città Sant’Angelo il 17 novembre 1891, e morì a Pesaro il 22 marzo 1977.
Studiò musica con Bozzi e Ildebrando Pizzetti, si diplomò al Conservatorio di Pesaro in strumentazione per banda. Tornato nel suo paese, diresse per vari anni la locale banda civica, esibendosi in turnè. Insegnò contrappunto e musica presso il Conservatorio “Luisa d’Annunzio” di Pescara, e negli ultimi anni tornò al Conservatorio di Pesaro, fino al ritiro per raggiunti limiti di età e alla morte.
Scrisse anche musica da camera, per canto e per pianoforte. Purtroppo al momento, a parte queste brevi notizie desunte da alcuni giornali e dalla biografia scritta da Ottaviano Giannangeli per il volume “Canzuna nustre” a cura di Virgilio Sigismondi, che raccoglie l’opera omnia del padre Giulio (1893-1966), non siamo in grado ancora di fornire ulteriori ragguagli sull’attività musicale di Jannucci, specialmente sui pezzi per banda che scrisse, o i brani di musica da camera. Suo figlio fu presidente della provincia di Pescara per vari anni, ma non si occupò di scrivere qualcosa sul padre, così come attualmente non esiste un articolo che succintamente raccolga materiali sulla sua vita e produzione artistica. I libretti e gli articoli di giornale parlano attualmente per Olindo, insieme a qualcuno che lo ha conosciuto personalmente, come il M° Antonio Piovano e il M° Francesco Paolo Santacroce.
Piovano ricorda di averlo conosciuto personalmente alle Settembrate abruzzesi di Pescara degli anni ’60, così come Santacroce ricorda che nel 1957 circa Jannucci era presente con Antonio Di Jorio, celeberrimo musicista e suo amico, a un convegno sulla canzone a Lanciano, e ricorda il fare molto gentile ed elegante di questo personaggio, sempre ben vestito e molto in avanti nel vedere il futuro della canzone, rispetto a vari altri che si limitavano a proporre le solite canzonette per i vari concorsi. Jannucci iniziò la sua carriera nel mondo delle Maggiolate abruzzesi di Ortona. Alla 10° edizione del 1929, scrisse la canzone “‘N ti pozze vidè” su versi di Nicola Farinelli. Farinelli scriverà altre canzoni con Jannucci, nel 1930 pubblica “Li guè che mi de’ mojeme”, nel 1933 la canzone “Funtanella chiuse”. La seconda canzone di questo elenco è stata ripresentata varie volte dal Coro di Crecchio, sotto la direzione del M° Rosanna Meletti, ed è stata anche registrata su audiocassetta. Fa parte di quel filone delle canzone “di gusto fascista”, sulla scia di “Vivere senza malinconia” di Carlo Buti, in cui il marito cerca di evadere dalla monotonia di casa, ma la moglie riesce sempre a beccarlo e fargliela passare male! Jannucci sarà sempre molto vicino al M° Guido Albanese, l’anima vera delle Maggiolate, comparirà spesso tra i membri della commissione, e nel secondo dopoguerra, dopo la parentesi della direzione di Siro Garzarelli nei primissimi anni ’50, anche lui collaboratore dell’Albanese e compositore di varie canzoni alle Maggiolate, Jannucci dal 1955 prenderà in mano il timone delle famose Maggiolate, le quali purtroppo in quel periodo stavano attraversando una grave decadenza. Gli autori dei periodi d’oro degli anni ’20 e ’30 iniziavano a morire, non c’erano più Eduardo Di Loreto, don Evandro Marcolongo, le “anime” della Maggiolata; tuttavia entrarono nuove leve, come Cristo Sorrentino, Antonio Del Pizzo, Aniello Polsi, Domenico Ceccarossi, Plinio Silverii, a cercare di dare una ventata fresca ai vuoti che la morte aveva lasciato….vuoti che troppo spesso, come nell’edizione del 1958, venivano riempiti da riproposizioni e omaggi di varie altre canzoni che ebbero successo nelle prime edizioni. L’edizione del 1958 si ricorderà per il grande omaggio di pezzi che furono scritti da Di Loreto e Liberati, De Titta e Di Jorio, Marcolongo e Di Jorio, De Titta e Albanese, Dommarco e Albanese, e via dicendo. Questo fu il compito di Jannucci fino al 1966, quando diresse l’ultima volta la Maggiolata, che definitivamente, anche per contrasti con il comitato organizzatore, cadde inesorabilmente dopo oltre 40 anni di onorata attività; un’ultima edizione ci sarà nel 1976, ma il canto di Ortona era già morto da un pezzo.


12 giugno 2023

Compositori abruzzesi: Antonio Ricchiuti, il musicista di Palombaro.

Caricatura di Ricchiuti, dal Giornale d’Italia, 24 settembre 1936, 
articolo inerente la Sagra dell’Uva di Poggiofiorito.

Compositori abruzzesi: Antonio Ricchiuti, il musicista di Palombaro
di Angelo Iocco

Antonio Ricchiuti nacque in Palombaro nel 1888 da Giuseppe e Maria Natale, un piccolo paese della ridente provincia di Chieti, e vi morì. Alle soglie del secolo scorso aperse gli occhi alla immensa mole della Majella. Palombaro è terra rinomata di bandisti, tra cui ricordiamo Giandonato Giosaffatto (1882-1968); il Ricchiuti visse nel sobborgo di San Carlo, nel colle che digrada in frana verso Pennapiedimonte; nella piccola casa visse sino alla morte, e così il fratello Pietro e il figlio Ermete, che ne custodì la memoria e le carte. Compositore versatile, del tutto sconosciuto, se non nell’ambito locale, scrisse non solo canzoni abruzzesi per le famose Maggiolate di Ortona, ma anche pièces teatrali, suite da camera, canzoni in lingua, e anche un Miserere per Palombaro. Ricordiamo una “Scena del villaggio” operetta musicale agreste in 3 atti, le romanze “Se non torni – Fuggiamo – Quando miro la natura”, i poemetti sinfonici “Dalle falde della Majella – Forte e gentil Abruzzo – Alba primaverile – Abruzzo”, gli inni patriottici “Sempre avanti, Savoia! - Inno della Vittoria – Vieni in Africa – XXI Aprile – La nuova Italia”, dal chiaro sapore propagandistico per le imprese del Fascismo, delle belle pastorali abruzzesi, la Ninna nanna di Natale, dei tango e delle canzonette napoletane. Notiamo da un catalogo scritto dal figlio Ermete, un repertorio di ben 351 titoli, non tutti facilmente reperibili, ma su cui promettiamo di continuare a interessarci per custodire la memoria dell’insigne musicista palombarese. Maggior fortuna hanno avuto la diffusione delle canzoni abruzzesi. Come detto, il Ricchiuti partecipò alle Maggiolate di Ortona, vediamo le canzoni “Gne na farfalle” su testo di Nino Saraceni di Fossacesia, graziosa descrizione allegoria dell’amore a farfallina, che si posa sul fiore, e trova il compagno ideale, poi “L’Amore cante”, un bel duetto di festosità tra le spume del mare e le verde campagne delle colline, un’altra canzone d’amore: “Lu ramajette”, che fiorito, fa germogliare l’amore tra gli appassionati.


Non solo Saraceni scrisse canzoni con lui, nelle Maggiolate, ma notiamo anche nel 1927 la canzone “La mostre” con Luigi Dommarco, poi “Rusine”, scritta con Antonio Ambrosini di Chieti nel 1924, e una canzone, tratta dal Canzoniere abruzzese di Cesare de Titta, uscita dopo la morte di costui, nel 1939: “Nen te vojje ‘ngannà”.


Il Ricchiuti partecipò anche a un altro importante festiva canoro, che si teneva nella vicina Poggiofiorito, la Sagra delle Canzoni dell’Uva; scrisse canzoni nell’edizione del 1938: “Paranzelle” con il Tenente Tommaso Di Martino, dedicata alle graziose barchette che vanno a pesca in mare, e poi con Nino Saraceni “La fonte di la Fate”. Questa canzonetta è considerata come una delle meglio riuscite dalla felice coppia Saraceni-Ricchiuti, narra in tre strofe, più i ritornelli, di una ragazza-fata che va a prendere l’acqua con la conca a una sorgente della Majella, e che lì incontra l’amore. Una immagina clichè che abbiamo imparato a conoscere della tipica ragazza abruzzese in abito variopinto che si aggira per i monti. Eppure la canzone ebbe un grandissimo successo, e fu riproposta dal Coro di Poggiofiorito col M° Tommaso Coccione, a Roma per la festa solenne per la venuta del Fuhrer; e nei giornali dell’epoca, tra cui un articolo del dott. Eduardo Di Loreto di Castelfrentano sul “Messaggero”, la canzone fu salutata come una delle più belle mai scritte in abruzzese.


Il Ricchiuti dopo questo felicissimo periodo con i cori folkloristici, tornò a Palombaro, a insegnare musica, come fece per tutta la vita. Partecipò anche alla 4° edizione del Festival della Canzone Abruzzese e Molisana di Vasto, con una canzone scritta dall’amico Nino Saraceni. Non si sa, al momento, molto altro della sua vita, visse fino a tarda età negli anni ’60, quando la morte lo colse nella sua casa che guarda verso la Montagna Madre.

24 novembre 2022

Canzoni del Folklore Abruzzese, 1987, Coro Tommaso Coccione di Poggiofiorito.


CANZONI FOLK ABRUZZESI del Coro "Tommaso Coccione" di Poggiofiorito, esibizione del 1987, Archivio Vincenzo Coccione.

JAMME BELLE di Camillo e Vincenzo Coccione

LA CAMPAGNOLE popolare, elaborazione Antonio Piovano

LA BUSTARELLE di Ottaviano Giannangeli e Antonio Di Jorio
LU FUSARE NNAMMURATE di Giulio e Mirella Sigismondi MINTAGNE di Lino Crognale

LA CUJJETURE DE LA 'LIVE di Giulio Sigismondi e Tommaso Coccione LUCENACAPPELLE di Giulio Sigismondi e Giuseppe Gargarella A CORE A CCORE di Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati LA CANZONE DE LU GRANE di Nicola Mattucci e Antonio Di Jorio

SSA VUCCUCE di Camillo e Vincenzo Coccione
DIMME PICCHE' vincitrice a La Viuletta d'oro di Francavilla al mare 1985, di Luciano Flamminio e Vincenzo Coccione

MARIA NICOLA popolare

LA MAMMA E LA FIJJE popolare, elaborazione Vincenzo Coccione

SALTARELLA PAISANE di Antonio Ambrosini e Tommaso Coccione.

23 settembre 2022

Mario Bosco, il cantore di Lancianovecchia.

Mario Bosco, il cantore di Lancianovecchia
di Angelo Iocco

Se Lanciano ha nella sua schiera di poeti Cesare Fagiani con suo padre Alfonso, Francesco Brasile e Giuseppe Rosato, tra i più popolari, tra quelli più intimi e più schietti e pimpanti, conoscerà certamente il maestro Mario Bosco. 
Nacque a Lancianovecchia, in via dei Frentani, dove visse, presso il palazzo De Crecchio. Giovanissimo, assistette ai fatti luttuosi della seconda guerra mondiale, e al sacrificio dei giovani Martiri Ottobrini del 5 e 6 ottobre 1943; in una intervista Rai del 1996 per un documentario sulla guerra in Abruzzo, infatti Mario Bosco ricorda di come ad esempio un ragazzo dei Martiri disse alla madre, dopo aver preso la comunione: “mamma, sento che oggi c’è necessità di dare il sangue! Devo andare anche io!”. Bosco successivamente partecipò insieme a vari altri civili a quelle operazioni di sabotaggio contro l’oppressione tedesca, e fu decorato a guerra finita. 
Studiò, e andò a fare il maestro in varie località, finendo la sua attività a Lanciano col pensionamento negli anni ’80. 
Da sempre appassionato di poesia e arte, nel 1986 fu nominato presidente onorario dalla nascente Associazione culturale “Amici di Lancianovecchia”, ancora oggi in attività. 
Con questa associazione, Bosco cercò di dare impulso alle varie attività culturali della città, valorizzando i monumenti e le chiese. Amico della maestra Concetta Tritapepe di Lanciano, partecipò con lei a vari concorsi di poesia della città e dintorni; memorabili quelli di Poggiofiorito e di Castelfrentano, dove più volte ebbe lodi per le sue liriche organizzati dall’Associazione culturale Di Loreto-Liberati con a capo Peppino Di Battista, e l’Associazione corale “T. Coccione” con Vincenzo e Camillo! 
Non solo, Bosco fu amico di vari musicisti con cui scrisse delle bellissime canzoni che parteciparono al Festival del Trabocco d’Oro di Fossacesia, alla Viuletta d’Oro di Francavilla al mare, alle Settembrate Abruzzesi di Pescara, e via dicendo.
Sono le canzoni Chi ssi cojje? con musica di Aniello Polsi, A lu trabbocche con musica di Mario Lanci, una canzone che non a caso vinse il primo premio a Fossacesia. Con Lanci suo amico fraterno e grande mente della musica a Lanciano, il Bosco scrisse varie canzoni. Questa che ha per tema il trabocco e l’amore, i panorami marini di San Giovanni in Venere, è seconda solo alla canzone di Sigismondi e Albanese Lu pescatore (1927) per finezza, senza fronzoli, senza parole banali, ma solo piena di vivo sentimento, andante come se si sia cullati dalle onde del mare.
                               
Le altre liriche sparse del Bosco riguardano principalmente le attività artigianali dell’antica Lanciano, e ovviamente la celebrazione dei bellissimi monumenti, il ricordo delle tradizioni e delle feste.
Vediamo la lirica dedicata al Dono che si celebra a Lanciano l’8 settembre:

Lu done a la Madonne de lu Ponte

Gn'attacche la ciambotte chelu sone
cumenze ccamminà lu Cumitate,
lu Schineche e na morre di scacchiate
che ttè li bandirelle di lu done

Dapò ... Passe dapò la divuzione:
conche di grane cariche 'nfiurate,
figure di Madonne, uve 'ndurate,
quatrine che ha ricotte ugne frazione,

'na voce che mmi cante dentre ancore ...
E mentrre scoppie attorne l'allegrie,
fra bombe, bande e ssone di campane,

la fede che si sbusciche a lu core,
smove le labbre a tante Avemmarie
pè salutà la Mamme di Langiane.

Oppure come non ricordare l’inno al rione Lancianovecchia, che inizia con “Palazze, arcate, chiese e campanile”, o la poesia della Squilla di Natale, su cui ci si sono cimentati anche Fagiani e Rosato, o la poesia della tradizione del Sant’Antonio, o la poesia per bambini sull’albero di Natale?
Bosco è il cantore dell’innocenza, mostra la figura dell’anziano mite e schietto che con facilità e amore ricorda, come una biblioteca spalancata, le antiche memorie di un popolo di mastri e artigiani che operò nei secoli a Lancianovecchia, la sua terra.
C’è un’altra poesia sul suo quartiere, che inizia con:

Lancianoevecchie, core di Lanciane,
che custodisce usanze e tradiziune,
tu spenne all’arie l’utime pallune
pe’ culurà nu sone di campane.

In cima a tutto sta “la mazza de lu Campanile”, ovvero il campanile della Cattedrale, il simbolo protettore della città, baluardo della fede e delle tradizioni. 
La sua memoria è custodita dai nipoti e dalla figlia Paola Bosco, la Città gli ha intitolato una scuola elementare nel rione Cappuccini; si auspica che un giorno si riesca ad avere una pubblicazione integrale delle sue liriche, a completamento della rosa degli artisti che hanno fatto grande, nel loro piccolo, la letteratura della città di Lanciano.

                                                    A lu trabbocche (1969)

 A lu trabbocche (1969) 
Canzone abruzzese (versi Mario Bosco musica Mario Lanci ) Corale Guido Albanese