Il
versamento del Fondo Fagiani alla Biblioteca comunale, risale ai primi anni
2000, da parte della famiglia Fagiani-Volpe. Il tutto consiste in una decina di
buste d’archivio, contenenti faldoni e cartelle. Questo primo censimento sommario
ha ripartito il tutto in 7 buste d’archivio, con successiva suddivisione in
cartelle e faldoni, utilizzando la numerazione romana. Molti documenti sono
originali, pochi sono fotocopie, mentre si conservano diverse copie di
volantini e libretti.
Il
materiale non è sempre disposto in maniera ordinata, per cui, laddove
possibile, si è proceduto a un riordino delle carte, come per i manoscritti de Un marziano a Lanciano, e Saggio sulla poesia di Luigi Renzetti.
Il
fondo Fagiani-Sigismondi ha una prevalenza di documentazione relativa
l’attività letteraria e giornalistica di Cesare Fagiani, rispetto a quella di
Giulio Sigismondi, di cui il figlio Virgilio (classe 1942), ha incrementato il
patrimonio documentario con la donazione di fotografie, cd, e libretti di
poesie. Si attende, in futuro, un successivo versamento dell’archivio G.
Sigismondi, conservato presso lo stesso erede, alla biblioteca comunale.
Il
materiale attualmente è conservato presso la Biblioteca comunale “Raffaele
Liberatore” di Lanciano, nell’edificio di Villa Marciani, nell’area
dell’Ufficio 3.
La
Madonna della Libera, è venerata da tempi remoti. La tradizione popolare
riporta che essa è benefica contro i terremoti. Infatti nel 1456 un gravissimo
terremoto funestò l’Abruzzo e la Majella, distuggendo diversi paesi. L’antica
chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore, e andò distrutta. Venendo
ricostruita, il parroco si raccomandò alla Vergine insieme a tutta la comunità.
Nel 1706, il 3 novembre, di notte, un nuovo catastrofico terremoto della conca
sulmonese devastò diversi paesi gravitanti sulla Majella. Ma Palombaro rimase
illesa. Questo fu interpretato come un chiaro segno di speciale protezione
della Madonna. I palombaresi, che nel frattempo erano fuggiti nel pieno buio
fuori dal paese, rifugiatisi in ricoveri di fortuna, decisero che il pericolo
fosse cessato, e ritornarono in paese. E con gran sorpresa nella chiesa madre
trovarono la statua della Vergine col Bambino intatta, posta in piedi
sull’altare maggiore. Il Miracolo del salvataggio di Palombaro dalla
catastrofe tellurica era compiuto!
Fotografia di P. Chiappini, dall’opuscolo stampato nel 1967 in sua memoria della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi (fonte http://www.breadpapa.it/lucoli/personaggi.html),ritratto nel cortile del Convento di San Giuliano, L’Aquila.
Padre Aniceto Chiappini O.F.M. da Lucoli, storico abruzzese
di Angelo Iocco
Poeta e storico. Già annalista, archivista e bibliotecario generale dell’Ordine dei Frati Minori, fu tenente cappellano nella Grande Guerra; deputato della Deputazione abruzzese di Storia Patria, diresse con illuminata competenza il suo “Bullettino”.
Nessun poeta o scrittore lucolano, all’infuori di padre Aniceto Chiappini nel suo celebre lavoro Lucoli Medioevale e del sacerdote Pietro Marrelli (discendente del patriota Pietro Marrelli) nel Sunto di storia patria di Lucoli, datato 1894, ha mai rivolto la propria attenzione alle vicende dell’Abbazia di San Giovanni Battista, con tanta passione.
Nato a Peschiolo di Lucoli (L’Aquila) il 25 marzo 1886, da Pietro e Margherita Marinanza.
Morì a L’Aquila il 6 agosto 1967 nel Convento di San Bernardino.
Nella biblioteca del Convento dell’Osservanza della Santissima Annunziata del Poggio, adagiato sui colli di Orsogna, ci è capitato di consultare un dattiloscritto inedito di Vincenzo Simeoni, giornalista e scrittore orsognese molto legato alla Fede e all’Ordine Minoritico. Esso è un sunto di storia del Convento di Orsogna dalla fondazione nel 1448 fino agli anni ’70 del Novecento. Tra i vari personaggi abruzzesi dell’Osservanza legati al Convento del Ritiro dell’Annunziata del Poggio, non può mancare la figura specchiata del P. Chiappini, di cui qui riportiamo la trascrizione del cap. 113 dell’opera di Simeoni, a futura memoria del posteri!
Il P. Chiappini nacque il 25 marzo 1886 a Lucoli (L’Aquila) dove fu battezzato col nome di Filippo in omaggio al famoso Apostolo di Roma, di cui fu sempre devoto, ma fu presto affascinato dall’ideale francescano. Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali, il 10 dicembre 1901 vestì le Serafiche Lane col nome di Fra’ Aniceto nel Convento di Orsogna (Chieti), fondato nel 1448 in un mare di verde da San Giovanni di Capestrano, l’Apostolo d’Europa Unita e vincitore della famosa battaglia di Belgrado (22 luglio 1456). In questo luogo mistico e suggestivo, trasformato in Ritiro nel 1742 dal Servo di Dio Francesco De Acetis da Caramanico, Fra Aniceto si sottopose volentieri alla rigorosa disciplina che ha formato numerose anime elette nel corso dei secoli, fra le quali il B. Cristoforo da Penne (morto il 1 aprile 1451), il Ven. Ludovico Riccelli da Gildone (morto il 1 aprile 1774) e lo stesso P. Francesco da Caramanico (morto nel 1785), che riposano tutti nella stessa Chiesa.
Quindi si può affermare che questo Ritiro, originalmente chiamato della Santissima Annunziata del Poggio, costituì anche per P. Aniceto la base della sua forte personalità e la sua pedina di lancio. Completati con ardore e impegno gli studi classici, filosofici e teologici, il 25 luglio 1910 il novello Sacerdote celebrò la Prima Messa nella Cattedrale dell’Aquila. L’anno successivo fu inviato al Collegio internazionale di Sant’Antonio a Roma, dove dopo severi studi, il 13 luglio 1913 conseguì brillantemente la laurea in Storia ecclesiastica, specializzandosi poi il 18 giugno 1914 anche nelle Scienze ausiliarie della Paleografia e diplomatica presso la Scuola pontificia del Vaticano.
Attori: - Virgilio Sigismondi - Maria Di Clemente - Mario Cipriani - Mario Iavicoli - Nicola Iurisci - Nicola Firmani - Gaetano Testa - Carlo Alberto Simone.
Giulio Sigismondi (Guardiagrele 1893, San Vito Chietino 1966) poeta e cantore abruzzese
Giulio Sigismondi nacque il 2 marzo 1893 a Guardiagrele (Ch) dai lancianesi ALfredo e Rosa De Ritis. Compì gli studi ginnasiali a Lanciano (Ch) ed ebbe come insegnante Ettore Allodoli. A soli sedici anni pubblicò, in copie manoscritte su quaderni scolastici, una raccolta di quarantadue poesie in lingua dal titolo Fiori primitivi, dedicata "agli amici sinceri".
Terminati gli studi liceali si iscrisse alla facoltà di medicina di Napoli. Dopo il bienno cambiò facoltà iscrivendosi a lettere.
La città partenopea lo formò artisticamente. Ebbe modo di conoscere e frequentare famosi artisti quali Salvatore Di Giacomo ed E.A.Mario (quest'ultimo gli musicò due testi poetici per canzoni in lingua): con loro seguiva la rinomata "Piedigrotta" (festival della canzone napoletana) assimilandone il gusto e la voglia di cantare.
Scrisse i primi testi letterari per canzoni, lavori teatrali, novelle e racconti. Collaborò alla redazione di periodici lancianesi, compose alcuni poemetti (dieci in tutto) che riunì in una raccolta dal titolo Tra le mentucce, che dedicò alla cara memoria della madre (morta giovane quando il poeta era appena sedicenne) che lui stesso dattiloscrisse e districuì agli amici.
Intorno agli anni venti iniziò la stagione poetica più felice. Scrisse i testi delle canzoni che hanno avuto maggior successo e che vedranno poi la realizzazione tipografica nel 1923 con il titolo di Canzune nustre e due lavori teatrali Passe l'angele e dice ammén e Lu Jenche editi in un unico volumetto.
Nell'aprile 1922, contrappose alla "Maggiolata" di Ortona (nata nel 1920) la "Festa delle canzoni" dove l'accoppiata Sigismondi-Gargarella risultò vincitrice per la categoria "professionisti" (cft. "L'Alba", n.4, 1922), con la canzone rimasta famosa Canzune nustre.
Nel giugno del 1927 convolò a nozze con la roccolana Teresa Grazia Amelia, essendosi stabilito a Rocca San Giovanni (Ch) per aver vinto un posto di Segretario comunale.
Nel dicembre del 1932 si trasferì a San Vito Chietino (Ch) dove fu chiamato a ricoprire il posto vacante di Segretario comunale.
A Rocca San Giovanni erano nate le due figlie Mirella e Perla; a San Vito Chietino, dopo dieci anni, nacque il terzogenito Virgilio.
A San Vito fu accolto con grande amicizia e simpatia ed il legame si rafforzò sempre più negli anni a seguire, fino alla morte avvenuta il 14 maggio 1966.
Nel 1961 a Giulio Sigismondi venne conferito il "Premio Cultura Città di Chieti" un significativo riconoscimento ufficiale per la sua attività letteraria.
Nel 1965, poco prima di morire, Guido Albanese scriveva, tra l'altro, al suo amico fraterno Giulio: «[...] dove sono andate a finire le belle Maggiolate ortonesi?». A quel pianto accorato si è unito il pianto di tutto l'Abruzzo, perchè nel volgere pochi mesi si assistette alla scomparsa di due uomini, tra i più illustri figli, che hanno contribuito, in maniera inconfutabile, all'affermarsi della "Maggiolata".
Ottaviano Giannangeli nella prefazione alla pubblicazione della raccolta Canzune nustre - Canti popolari abruzzesi di Giulio Sigismondi, edito a cura di Virgilio Sigismondi (figlio del poeta) scrive: Tra l'altro << Si potrebbe usare, per Sigismondi, la qualifica di cantore essenzialmente melico, quando si precisi però nel forgiare i versi per canzoni egli è sempre formalmente, letterariamente “impegnato” […] ogni canzone è l'episodio di una storia: e il risultato può essere un affresco folkloristico […] La sua dote precipua potrebbe ravvisarsi nella discrezione e nell'eleganza>>
Aristide Sigismondi
Fu vero ambasciatore del dialetto abruzzese negli Stati Uniti degli anni ’20 e 30′. Era nato a Lanciano nel 1882
Aristide, Francesco, Raffaele Sisigmondi nacque a Lanciano, strada del Popolo, il 20 settembre del 1882 da Alfredo (ventiquattrenne “impiegato” figlio di Francesco e Rosolina) e da Rosa De Ritis (ventunenne figlia di Antonio e Giulia Scopinaro). I genitori di Aristide si erano sposati il 29 gennaio del 1881. Il giovane Aristide decise di lasciare l’Abruzzo alla ricerca del “sogno americano”.
Giunse ad “Ellis Island” nel 1904 a bordo della “Prinz Oskar”. Giunto negli Stati Uniti fu assunto dalla “Bank Pitelli” con la quale lavorò fino al 1910. Ma la sua volontà era un’alta. Lasciò la Banca e mise su una compagnia amatoriale (con lui Giuseppe De Laurentis e Gennaro Amato) di “Vaudeville” (commedia leggere in cui alla prosa vengono alternate strofe cantate). Grandi successi furono “U Shoemaker” e “Gland to Meet You Paisan” che venivano cantati, con orgoglio, dai nostri emigranti. Fu sempre attento a proporre canzoni, storie ed aneddoti legati alla sua terra d’origine l’Abruzzo. Dotato di una ottima voce, era un baritono, incise numerose canzoni.
Ma erano le sue istrioniche e comiche esibizioni che lo resero il più famoso ed affermato “macchiettista” dell’epoca. Il suo personaggio di maggior fortuna fu “Frichino” ma anche “Don Peppe Rusacatore” ebbe un notevole apprezzamento da parte del pubblico. Con “Frichino” si esibì con la storica e famosa Radio “WMCA”. Fu un successo senza precedenti. Poi, dal 1934, fu ingaggiato dalla Radio “WOV” nella quale aveva un suo spazio fisso nel “Rabinovich Program” e successivamente ne realizzò uno tutto suo: “Buon Pranzo”.
Il suo “The Death of the Mulberry Street Feast” fu la più bella parodia sulla dura realtà della vita a “Little Italy”. Negli anni venti la sua canzone “No Beer, No Work” ebbe uno straordinario successo. Altre sua canzoni che poi divenivano spettacoli furono: “Lu mastu de festa ‘e Mulberry Stritto”; “’E cafuncelle d’ America”;” ‘e guaie ‘e Nicola”; “Nun te voglio Cuncette’”;” Lu Currede”; “Il Diavolo e l’Acqua Santa”; “Cartoline da Little Italy” e poi “A Figlia e Jorio”. Aristide Sigismondi si esibì un tutti i più importanti teatri d’America. Sposò Kate , siciliana di quindici anni più giovane di lui, che gli diede un unico figlio Aldo. Aristide Sigismondi morì a New York, dove aveva sempre vissuto, nel maggio del 1971.
A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”
Modesto Della Porta, Vùjje pijà' la mojje , da Ta-Pù
Guido Albanese compose la canzone "Vùjje pijà' la mojje" per omaggiare Modesto Della Porta in occasione della sua dipartita e la presentò alla 15 Maggiolata di Ortona il 4 settembre 1938.
Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di
interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II
di Angelo Iocco
Qualche nota su Felice Ciccarelli
Essendoci già occupati del Ciccarelli, qui desideriamo
segnalare altre tre opere poco conosciute. Per la prima opera, conservata nel
convento di San Francesco di Lanciano per la pubblicazione della fotografia,
ringraziamo per la squisita disponibilità Padre Fabrizio OFM Conv.
Felice Ciccarelli, Madonna col Bambino tra San Michele e San Bernardo. Convento di San Francesco, Lanciano. Foto Angelo Iocco.
Essa è una Madonna col Bambino con ai piedi San Michele
arcangelo e San Bernardo. La tela necessiterebbe di un restauro, faceva parte
dell’antica cappella di Sant’Angelo; ammirandola notiamo immediatamente delle
affinità con la Madonna del Carmine dipinta dal Ciccarelli nella chiesa di San
Rocco di Atessa, tra le opere più riuscite di questo pittore. Il San Michele
invece è tratto dal quadro della Madonna con San Michele e San Giovanni presso
la chiesa madre di San Giovanni in Rapino. Ciccarelli al posto della Madonna di
Atessa che accenna un sorriso, qui ha realizzato una versione più seria e
malinconica.
Le altre opere sono l’Immacolata Concezione, che il Ciccarelli
realizzò per la chiesa di San Lorenzo in Rapino, e per la cappella del Duomo di
Guardiagrele.
F. Ciccarelli, Madonna
Immacolata come Regina degli Angeli, chiesa di San Lorenzo, Rapino. ID, Madonna
Immacolata, Duomo di Guardiagrele.
Nella tela di Rapino la Madonna è al centro di una
grande nuvola attorniata da angioletti, in un paesaggio botticelliano naturale
con tempietti e cittadelle in una innaturale posizione prospettica, nel quadro
guardiese invece la Madonna è racchiusa in una classica mandorla, sorretta da 4
angeli, mentre nel primo piano si vede la tomba vuota, e gli Apostoli che
adorano il miracolo dell’Assunzione. Si notano somiglianze con il quadro della
Madonna nella chiesa di San Francesco di Loreto Aprutino, e quanto a scene
corali, esso è uno dei più belli realizzati da questo pittore.