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11 aprile 2024

Donato Ricci, Canti della mia terra d'Abruzzo, 1996.


CD - CANTI DELLA MIA TERRA D'ABRUZZO, musiche del M° Donato Ricci di Guardiagrele (1917-2001), con Aldo Aimola e Mauro Iacovella; esecuzione del  del Coro L'Aquila-Tossicia, 1996.

1 - PRIMAVERE di Aldo Aimola, Donato Ricci
2 - COME L0UVE di Aimola-Ricci
3 - NE' SPARETE A LI CILLUCCE di Aimola-Ricci
4 - LU TESORE ME' di Aimola-Ricci
5 - PAESE LUNTANE di M. Iacovella, D. Ricci
6 - VULESSE PIZZICARME di Aimola-Ricci
7 - STU CANTE di Aimola-Ricci
8 - CALE L'AUTUNNE di Aimola-Ricci
9 - NINNA NANNE di Aimola-Ricci
10 - NA VELE NU SONNE di Aimola-Ricci
11 - CANTE DI PESCATURE di Aimola-Ricci
12 - NU SEME PINZIUNATE di Aimola-Ricci

26 marzo 2024

Modesto Della Porta, il Poeta d’Abruzzo e del Ta-pù.


Modesto Della Porta, il Poeta d’Abruzzo e del Ta-pù

di Angelo Iocco

 

L’Abruzzo è Modesto Della Porta. Guardiagrele è Modesto Della Porta.

Nel panorama della Poesia dialettale abruzzese, non possiamo non parlare del Nostro. Talmente amato era, e popolare, che ad esempio quando estrassero i corpi dei Caduti della tragedia di Marcinelle nel 1956, nella tasca di un opera fu trovata una copia sgualcita della sua raccolta di liriche Ta-pù, lu trumbone d’accumpagnamente.

Nacque il 21 marzo 1885, il primo giorno di primavera, e come lui diceva: La primavere è ‘ntrate, e i’ so’ scite. In questo saggio offriamo un sunto della vita e delle opere del Nostro, ampiamente studiato da Vito Moretti Nei Saggi di bibliografia Dellaportiana e in Per Modesto Della Porta. Saggi e apparati critici, in cui il Moretti riordina criticamente la composizione delle sue poesie, in ordine cronologico, con le diverse varianti dei manoscritti, e in allegato la commedia incompiuta de La Commedie di Cicche di Sbrascente.


Guardiagrele, piazza Duomo


Origini

Casa natale di Modesto, via M. della Porta, ex via Cavalieri

Nato a Guardiagrele, da Donato e Maria Vitacolonna, frequentò la scuola elementare e in parte la scuola media. Purtroppo dovette interrompere gli studi molto presto, e ciò lo segnerà a vita, non avendo potuto ricevere una formazione educativa completa. Divenne un sarto quale era la professione del padre, ed esercitò il mestiere nel suo paese e a Roma, ma amava comporre poesie che era solito recitare agli amici. Inizialmente pubblicò in periodici locali. Le poesie erano d'occasione (es: La pescherella), soprattutto per satira (L'amore de le 'hette - Lu pallune), inaugurazioni o matrimoni, come quello dell'amico Zopito Valentini direttore della rivista "Aprutium".

Le prime poesie e vita di paese

Aveva un fratello, Remo (1887-1986) e la sorella Concetta, che consegneranno le sue carte dopo la morte nel 1938. Remo e Modesto inizialmente furono di idee giolittiane e antisocialiste, a seguire di queste scelte, negli anni 1920 Modesto ebbe contrasti anche con gli amici come Gino Orlando, col quale si divertiva adesso in paese in compagnia del pittore Tommaso Cascella nelle taverne.



Il sentimento libero e critico e poco incline all'accomodamento fascista, portarono nel 1926 Modesto e Remo a essere schedati come antifascisti dal podestà Guido Cristini e a subire delle vessazioni. Nel frattempo Modesto intrattenere rapporti con vari personaggi dell'intellighenzia abruzzese e no, come il senatore Raffaele CaporaliRaffaele Paolucci di cui era fervido ammiratore, Luigi PolacchiGuido Albanese. A Caporali dedicò un sonetto N'avetra canzune in occasione di una cerimonia. Con Polacchi partecipò alla fondazione nel 1934 della Casa della Poesia a Pescara, un cenacolo di intellettuali abruzzesi. Negli anni 1920 Modesto partecipò alla Festa delle Canzoni abruzzesi di Lanciano e a qualche festa delle Maggiolate a Ortona con delle canzoni (Amore vecchie e amore nove - Vujje pijà la moje - Carufine). Avendo vinto il primo premio alla Festa delle canzoni di Lanciano, suscitò l'ira dei più famosi poeti abruzzesi come Cesare De Titta, Giulio Sigismondi, Evandro Marcolongo, e del professor Federico Mola di Orsogna; al contrario fu difeso dallo scrittore Giuseppe Mezzanotte di Chieti e da Camillo De Nardis da Orsogna famoso musicista a Napoli.

Il Della Porta era accusato di essere un intruso in questi concorsi, uno scrittore poco istruito e di serie B, generando vari strascichi polemici. L'unica sua canzone di cui resta lo spartito di G. Albanese è Vujje pijà la mojje.


Le poesie più impegnate

Amareggiato anche dalle vessazioni degli esponenti del fascismo, ragion per cui fu costretto a dare il buon esempio iscrivendosi al partito, e tirando un sospiro di sollievo qiando per malgoverno fu deposto il podestà Cristini, e inoltre deluso dal fatto di non essere considerato tra i poeti d'Abruzzo, Modesto fu difeso dall'amico professore Luigi Polacchi e Alfredo Luciani; tra gli altri amici aveva il pittore Michetti, Federico Spoltore, il comico Alfredo Bontempi. In questo contesto, Modesto si inserì nel dibattito circa il nuovo teatro dialettale abruzzese, si esibì nei teatri regionali suscitando applausi, e scrisse alcuni copioni poi andati persi, di cui restano i due atti di Cacce su rospe, una rielaborazione della famosa parabola biografica del bandista Francesco "Cicche" Di Sbrascente, pubblicata da Vito Moretti a Guardiagrele nel 1999 ("Per Modesto Della Porta: inediti e apparati critici", Guardiagrele 1999).

6 settembre 2023

Giuseppe Lamberti, un tardo-solimenesco in Abruzzo.

Giuseppe Lamberti, La Madonna e San Girolamo eremita, 
chiesa di San Gaetano (oggi in Arcivescovado), Chieti.

Giuseppe Lamberti, un tardo-solimenesco in Abruzzo
di Angelo Iocco

Giuseppe Lamberti, nato a Ferrara intorno al 1700 e morto nel 1763, fece parte di quella schiera di pittori della scuola del Solimena, che si sparpagliarono, per committenze varie, nelle varie province del Regno di Napoli. 
Dopo aver dipinto qualche tela nella sua provincia d’origine, Lamberti si spostò nel chietino, insieme ad altri pittori stranieri, quali Giambattista Gamba e Nicola Maria Rossi, ma anche Ludovico e Paolo de’ Majo, Paolo de Mattheis, Francesco de Mura, molto più vicini all’Abruzzo, originari del napoletano. 
In quel tempo le due principali diocesi dell’Abruzzo Citeriore, quella di Chieti nel periodo di Mons. Michele de Palma, e quelle di Lanciano e Ortona-Campli, rette rispettivamente da:
· Giuseppe Falconi † (20 dicembre 1717 - 16 marzo 1730 deceduto)
· Giovanni Romano † (11 settembre 1730 - 26 settembre 1735 nominato vescovo di  Catanzaro)
· Marcantonio Amalfitani † (26 settembre 1735 - 11 novembre 1765 deceduto)
· Arcangelo Maria Ciccarelli, O.P. † (30 aprile 1731 - 19 dicembre 1738 nominato arcivescovo, titolo personale, di Ugento)
· Domenico De Pace † (26 gennaio 1739 - marzo 1745 deceduto)
Risultavano tra le più influenti, insieme alle locali Confraternite, nel territorio. 
Memori dei rinnovamenti pittorici apportati nel napoletano da Luca Giordano, Mattia Preti (anch’egli attivo in Abruzzo), Domenico Antonio Vaccaro e seguaci, nonché appunto seguaci della lezione solimenesca, Lamberti e la cerchia degli altri pittori citati si misero al servizio dei vari committenti, per la realizzazione di qualche dipinto, a richiesta di un vescovo o di un priore.

Giuseppe Lamberti, da Ferrara in Abruzzo

Poche sono le opere attribuite a questo pittore, operante in Abruzzo e del quale sono note alcuni dipinti collocati in chiese di Guardiagrele, Penne e Lanciano dove nella chiesa del Suffragio è conservata, proveniente dalla Cattedrale, una tela raffigurante l’Incoronazione della Vergine. 
Questa pittura è collocata nel secondo altare di destra, voluto dalla Confraternita della Madonna del Suffragio, il Lamberti, come erano soliti fare altri pittori minori, riciclò un quadro precedentemente commissionato da Mons. De Palma a Chieti per la chiesa di San Gaetano da Thiene, di cui affrescò anche il cupolino: “Visione di San Girolamo e la Vergine Maria”, nell’altare maggiore sormontato dallo stemma in stucco della famiglia Frigerj-Durini, che aveva il diritto di patronato; nel cupolino affrescò invece la “Gloria di San Gaetano in Paradiso tra schiere angeliche”, molto simile alla cupola del cappellone del Sacramento della Basilica di Santa Maria di Pescocostanzo, con rimandi alla pittura del Gamba. 
L’ultima tela incastonata nell’altare a macchina templare greco-classica con ai lati le Allegorie delle Virtù a guardia, opera dell’architetto Giambattista Gianni del Canton Ticino (il quale progettò diversi altri altari delle chiese teatine, all’attuale San Domenico al Corso, a San Francesco al Corso, alla Cappella del Sacro Monte dei Morti del Duomo, ecc.), risulta “San Girolamo eremita”.

Giuseppe Lamberti, Gloria di San Gaetano, cupola della chiesa di San Gaetano, Chieti. Foto Marco Vaccaro

La chiesa del Purgatorio di Lanciano, nel rione Borgo, possiede la già citata opera di Lamberti, che risente di parecchi ricicli del dipinto della chiesa di San Gaetano di Chieti, cui Michele De Palma era assai devoto, essendosi fatto seppellire proprio nella cappella del braccio destro del transetto del Duomo, dove figura un ulteriore dipinto della “gloria di San Gaetano” di Ludovico de’ Majo; altra pittura nella chiesa lancianese, si trova nella cappella privilegiata del SS.mo Rosario, e raffigura la “Vergine del Rosario, tra San Giuseppe, San Gennaro con le ampolle del sangue, e Papa Pio V”, che volle la Lega Santa per la celeberrima Battaglia di Lepanto, 1570, anno in cui fu solennizzata la festa del Rosario. 
Questo dipinto risente di alcune imperfezioni, la Madonna troppo schematica e rappresentata in proporzioni più piccole, per comunicare l’effetto di spazialità della scena, rispetto alle figure in primo piano di San Gennaro e Pio V, il cui volto di quest’ultimo è un ulteriore prestito del Lamberti da un suo dipinto di Chieti.

27 agosto 2023

Rai, Linea Verde Estate. La costa dell'Abruzzo: da Ortona a Vasto - 27/08/2023


Da Ortona a Vasto: prosegue il viaggio di Linea Verde Estate lungo le coste dell'Abruzzo. Partenza nel segno delle gabbie aperte alla creatività: ad Ortona, la nuova vita del vecchio zoo divenuto, grazie ad un'associazione culturale visionaria, "Zooart", un favoloso viaggio tra realtà, illusione, storia, arte e musica che creano fantastiche emozioni per chi guarda e ascolta. Quindi i "Giganti del Mare" di Vasto: in una zona dove si susseguono scogliere, baie e calette, la secolare traduzione dei trabocchi, antichi congegni di pesca diffusi lungo la costa. Poi la scalinata di Terravecchia, la spiaggia della Ritorna, il Castello Aragonese, l'anziano liutaio: in bicicletta, i luoghi simbolo ed i personaggi di Ortona, uno dei porti più importanti di tutto l'Adriatico e il principale dell'Abruzzo per bacino, fondale e movimento. Spazio anche per le tradizioni gastronomiche, con il prelibato frutto di una preziosa alleanza tra allevatori, contadini e trasformatori: a Scerni, con i fratelli Antonio e Luigi, per la produzione e il processo di stagionatura della ventricina, salume tipico abruzzese e presidio Slow Food dal 1998, e a Guardiagrele, meraviglioso borgo che fa da cornice all'imponente massiccio della Majella, per gustare le prelibate "sise delle monache", dolce tipico locale. Poi, il fascino della riserva di Punta Aderci, la prima area protetta d'Abruzzo, istituita nel 1998: un'estensione di circa 285 ettari, un paesaggio agricolo di tipo tradizionale, con ampi vigneti, oliveti e appezzamenti coltivati, un anfiteatro marino che ospita numerose essenze vegetali, il promontorio che domina tutto intorno, nella zona compresa tra la spiaggia di Punta Penna e la foce del fiume Sinello. Infine, l'arrivo a Vasto per la raccolta dei pomodori mezzo tempo: di forma rotonda e leggermente allungata, con un sapore pronunciato con un retrogusto dolciastro e una consistenza tenera e carnosa, sono l'ingrediente indispensabile per la preparazione del mitico brodetto.

22 agosto 2023

La bottega di Nunzio e Antonio Ferrari da Guardiagrele.

Nunzio Ferrari, statua di Sant’Antonio abate, chiesa di San Rocco, Guardiagrele

La bottega di Nunzio e Antonio Ferrari da Guardiagrele
di Angelo Iocco

L’uno era il padre di don Filippo Ferrari, prevosto di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele, l’altro lo zio. Don Filippo era nato nel 1867, e morì nel 1943, fu attivo nel parrocato della chiesa madre di Guardiagrele, e soprattutto nei primi del ‘900, produsse varie opere di carattere storico-divulgativo sulla storia della stessa chiesa, sulle opere di Nicola “Gallucci” da Guardiagrele, partecipò alla Mostra Regionale d’Arte Abruzzese di Chieti nel 1905, fece scavi archeologici nella necropoli italica di Comino vicino il paese, ma spesso fu tacciato di campanilismo, e di scrivere notizie false, o interpolazioni volute delle fonti per far risaltare maggiormente la sua patria. Avremo modo di interessarci di don Filippo, e delle sue indagini storico-archeologiche e delle sue travagliate vicende di istituire a Guardiagrele un museo civico-archeologico in altri articoli. Tornando ai fratelli Ferrari, erano parenti della famosa bottega di orafi Ferrari, che tanto lustro dette alla piccola Guardiagrele, e che ugualmente nel 1905 partecipò alla Mostra d’arte a Chieti con dei pezzi di vario gusto, e che furono recensiti anche in un numero del 1930 della serie “Città d’Abruzzo”, proprio nella monografia su Guardiagrele. Molto fini nella realizzazione della scultura lignea, in pietra e scagliola, i Ferrari realizzarono alcune statue nelle chiese del loro paese, ad esempio nella chiesa di San Rocco sotto il Duomo di Santa Maria, si conservano un Sant’Antonio abate e un San Rocco, di fine fattura, tanto da farle sembrare del XVIII sec. la loro produzione ben presto superò i confini provinciali, e la bottega sfornò statue per diverse chiese, anche a Sulmona, dove ci sono alcune figurine datate 1907; qui però notiamo come la plastica sia meno elaborata, e si riconosca che le opere siano dei prodotti moderni che cercano di imitare l’antico barocco, non eguagliando altri modelli leccesi, che nelle parrocchie minori abruzzesi erano sovente richieste in quei tempi.
Emigrarono in America, dove ebbero comunque modo di farsi valere con la loro arte. La bottega dei Ferrari si può inserire in quel contesto di revival della scultura plastica abruzzese dell’Ottocento che imitava i fasti del Barocco, a iniziare alla fine del Settecento con Luigi e Filippo Tenaglia di Orsogna, i quali trovarono nel chietino degni epigoni nella bottega Falcucci di Atessa.


Fratelli Ferrari, Sant’Ambrogio, statua della Basilica cattedrale di Lanciano, 1885

Presso gli eredi, come ricorda un numero del giornale guardiese “Aelion”, Piccola “Madonna della Pietà” in pietra. Tra le opere che maggiormente hanno caratterizzato in Abruzzo la loro produzione, ricordiamo quelle per la città principale del circondario del Sangro ovvero Lanciano; nel 1874 Nunzio Ferrari firma una statua di San Francesco Saverio che predica, per la cappella omonima della chiesa di Santa Lucia al Borgo, di bella fattura. Una tela coeva della “Predica di S. Francesco Saverio agli Indiani” fu realizzata da Francesco Paolo Palizzi per la chiesa di Santa Chiara. La devozione lancianese per questo santo, per San Filippo Neri e per San Pompilio Pirrotti, è dovuta proprio alla predicazione di quest’ultima tra Chieti e Lanciano, presso la famiglia Capretti del Borgo, il quale impiantò le Scuole Pie dell’Ordine degli Scolopi. Ecco spiegata la devozione del quartiere per San Francesco nella chiesa di Santa Lucia.

Nunzio Ferrari, San Francesco Saverio, chiesa di Santa Lucia, Lanciano, 1874

Altre opere di rilievo dei Ferrari in Lanciano, sono il gruppo delle quattro statue monumentali di Sant’Ambrogio, Sant’Anastasio, Sant’Agostino e San Girolamo, presso le nicchie della navata della Basilica cattedrale di Lanciano- già lo storico Luigi Renzetti, contemporaneo dei fratelli Ferrari, e testimone oculare del lavoro eseguito nel 1885, ne parlò nella sua monografia sul Santuario di Nostra Signora del Ponte, lodando la bella opera. Le statue sono severe, ricche di particolari, i quattro Dottori della Chiesa sono rappresentanti mentre leggono o redigono i loro famosi Scritti, Sant’Agostino guarda in alto, ispirato da Dio, San Girolamo è più grave, leggendo il suo cartiglio, con la testa canuta, sono figure che danno gravità e severità alla grande basilica rococò lancianese, e che danno testimonianza di come Guardiagrele sia sempre stato centro di arti orafe, scultoree, e pittoriche con la bottega di Nicola Ranieri.

6 agosto 2023

L’Album pittorico letterario abruzzese.

L’Album pittorico letterario abruzzese
di Angelo Iocco

Pagine dell’Album pittorico: entrata di Vittorio Emanuele a Pescara nel 1860, sul ponte di barche sul fiume


L’Album Pittorico e Letterario Abruzzese fu fondato da Francesco Vicoli di Chieti nel 1859. L’intenzione era quella di riportare in Abruzzo quel sentimento per la ricerca patria, avviato con Pasquale De Virgilii sempre a Chieti nel 1836, quando fondò il Giornale Abruzzese di lettere, scienze ed arti, in seguito trasferito a Napoli per problemi con l’Intendenza di Chieti circa le visioni politiche del De Virgilii. L’Album pittorico ebbe vita breve, nel 1860 a causa di problemi col governo borbonico chiuse; era stampato in città dalla Tip. Del Vecchio, storica stamperia di Chieti. Il diretto, Vicoli, era un valente patriota teatino, appassionato di letteratura, e promotore della causa dell’unità nazionale. Il fratello Luigi combatté in varie battaglie, e quando morì, fu sepolto nel cimitero monumentale di Chieti, e lo scultore Costantino Barbella gli realizzò la scultura granitica de “La Morte”, una delle sue opere più riuscite.
Al giornale collaborarono i maggiori intellettuali abruzzesi dell’epoca: Raffaele Del Ponte (1813-1872), pittore e incisore di Chieti, che realizzò i disegni, Angelo De Luca da Guardiagrele, già attivo presso il Giornale Abruzzese, Luigi e Francesco Vicoli, Ignazio De Innocentiis da Orsogna, Gianfedele Cianci poeta orsognese, Francescopaolo Ranieri da Guardiagrele, Clemente de Caesaris politico, poeta e oratore di Penne che fu coinvolto nei moti antiborbonici pennesi del 1837, e che combatterà strenuamente per la causa italiana nelle carceri della Fortezza di Pescara. A seguire Gabriello Cherubini , De Stephanis, Panfilo Serafini da Sulmona, Antonio De Nino, Angelo Leosini da Aquila con numerosi articoli riguardanti l’arte e la storia del circondario amiternino.

18 settembre 2022

Le glorie di un capocomico, Alfredo Bontempi di Lanciano.


Le glorie di un capocomico, Alfredo Bontempi di Lanciano
di Angelo Iocco

Quanti a Lanciano ricordano il maestro elementare e commediografo Alfredo Bontempi? (1893-1983) Nacque nel rione Borgo, poco si sa dell’infanzia, ma della sua attività teatrale molto parla il libro di P. Verratti e L. Bontempi pubblicato a Castel Frentano nel 2007. 
Dopo aver conseguito la licenza elementare, iniziò a insegnare nelle scuole di Lanciano, stringendo amicizia con il maestro Cesare Fagiani, poco più giovane di lui, e vari altri rappresentanti della cultural lancianese. 


Appassionati di teatro, negli anni dell’amministrazione Sigismondi del teatro comunale Fenaroli, Bontempi iniziò a formare delle Filodrammatiche per portare in scena delle farse, degli atti unici, o intermezzi tra uno spettacolo e il cinematografo. Alla brigata si unirono anche Domenico Bomba detto Mimì come suggeritore, il piccolo Federico Mola (1881-1978), Ugo Di Santo e il poeta Giulio Sigismondi da Guardiagrele, che con le sue farse e i suoi monologhi farà sganasciare dalle risate innumerevoli spettatori. 
In quegli anni Bontempi spalleggiò anche l’amministrazione Gerardo Berenga, alle soglie del fascismo.


Il 3 e 4 marzo del 1923, in pieno periodo fascista, fu rappresentata al teatro comunale di Castel Frentano e poi a Lanciano anche E' na cosa pazziarelle, favola dialettale-teatrale in due quadri composta dal duo Di Loreto-Liberati, purtroppo andata persa; nelle stesse serate fu rappresentata anche I Balilla, commedia in due atti scritta da Alfredo Bontempi, attore e scrittore lancianese amico del Maestro.
Bontempi era uno dei principali mattatori della Filodrammatica del teatro Lancianese in quegli anni, insieme al poeta Cesare Fagiani, oltre che come lui maestro di scuola, e dirigeva la rivista satirica “Il Beffardo”, su cui anche Di Loreto scrisse alcuni bozzetti, firmandosi con pseudonimo femminile; era direttore di una compagnia di comici di Lanciano, scriveva e dirigeva le sue commedie, come Delirio…parziale (1927), I Balilla (1928), Lu nide negli anni ’50 per il teatro di Milano, con poesie cantate di Nino Saraceni di Fossacesia, e rappresentata anche a Lanciano. 
Personaggio poco ricordato oggi il Bontempi, fu attivo in diverse riviste, anche dopo la guerra, con Nuvole a Lanciano, la quale si occupava di vari argomenti, anche culturali, dando importanza soprattutto agli storici musicisti locali, dai Sabini a Fenaroli, a Masciangelo. Questa commedia fu scelta in un Concorso del teatro italiano bandito a Milano, e Bontempi ebbe modo di rilanciare il teatro abruzzese, che allora dopo alcuni sprazzi di notorietà nell’era fascista, stava ricadendo pericolosamente nell’ambito localistico e provinciale. L’opera in sé è una veduta nostalgica della vita semplice di campagna, del matrimonio felice tra i due sposini, che provano ad andare nella grande città a Roma, sentendosi però dei pesci fuor d’acqua e preferendo ritornare nel piccolo cantuccio paesano, senza i problemi quotidiani. Le deliziose canzoni scritte da Saraceni allietano i 3 atti, testimonianza della spiccata versatilità del Teatro Frentano alla commedia teatrale brillante con intermezzi musicali, dove il musicista di turno (maestri furono Antonio Pancella, Nicola Benvenuto, Ugo Di Santo, Pierino Liberati) poteva far cantare il cuore abruzzese in questi momenti della scena rappresentata, consacrando de facto Lanciano a questo primato.


Carnevale del 1949 a Lanciano, Filodrammatica “L. Renzetti”, da sinistra Cesare Fagiani, Giovanni Nativio, Vituccio Iavicoli, il Maestro Alfredo Buontempi, Ugo Di Santo, Ferdinando Mercadante, Tanino La Barba, Gigino Carinci (la Pizecca), Mario De Matteo, Mauro Volpe.

Bontempi era ben inserito nel mondo sociale colto di Lanciano, intrattenendo rapporti con Gennaro Finamore, il poeta e storico locale Luigi Renzetti e suo fratello Camillo che parteciparono anche alle Maggiolate di Ortona, Domenico Bielli compilatore di un vocabolario abruzzese, Federico Mola professore orsognese e studioso dei temi più disparati, Modesto della Porta il poeta sarto di Guardiagrele, il consigliere comunale e poeta Giulio Sigismondi[1] di San Vito, e poi i rapporti col senatore Paolucci, Ciampoli, Pantini, le compagnie filodrammatiche Alfieri di Lanciano, quella Dopolavorista del Marrucino di Chieti ecc.[2] 
Mola e Bontempi diressero per pochi numeri inoltre una rivista: le “Città d’Abruzzo illustrate”, dove si ripromettevano di descrivere, con l’ausilio di vari studiosi locali, le maggiori città abruzzesi; progetto molto ambizioso che però si ridusse solo all’area frentana e pescarese, parlando di Lanciano, Orsogna, Guardiagrele, Castel Frentano, San Vito e qualche altro centro. Ciononostante, questi libretti, quasi tutti conservati nella biblioteca comunale di Lanciano, sono preziosi per scoprire varie particolarità e curiosità di questi paesi, specialmente Guardiagrele, che era oltre a Lanciano una delle città più ricche e belle descritte. L’intento era proprio quello di illustrare, con leggerezza, quasi una guida turistica, alcune realtà poco conosciute dell’Abruzzo. Mentre Lanciano risaltò per la bellezza dei monumenti e delle secolari tradizioni, Guardiagrele risaltò per la bottega dei fratelli Ranieri esperiti nella lavorazione del ferro, per gli oggetti d’arte sacra e per la maestria di Nicola da Guardiagrele, oltre che per l’erezione recente del Sacrario ai Caduti d’Abruzzo nel 1923. Ciò che cercarono Mola e Bontempi fu proprio la collaborazione con studiosi d’arte e storia locale come Giuseppe Iezzi, don Filippo Ferrari, Luigi Renzetti, Francesco Verlengia nel redigere queste piccole e pregiate guide dei paesi abruzzesi, che sarebbero state veramente deliziose, se si fossero estese alle cittadine del teramano, dell’aquilano, della valle Peligna. Peccato davvero! Nel numero di Castel Frentano si spaziava dalle notizie storiche finora note a quelle storico artistiche, a quelle curiose sulla presenza del corpo di don Iginio Vergily, a quelle del teatro e della musica, dove si elogiavamo i giovani talenti di Liberati e Di Loreto. Se Eduardo Di Loreto intraprese a metà anni ’20 la via del teatro, un po’ lo ha dovuto anche alla sapienza e all’intraprendenza vulcanica del Bontempi, che appunto meriterebbe un po’ più di attenzione e riconoscimento, insieme a tutte quelle altre eminenti personalità che “forgiarono” l’identità Abruzzese nel primo trentennio del ‘900.


Tra le ultime opere scritte da Bontempi, Noi siamo le colonne, nella quale c’è sempre un contrasto tra società dagli antichi valori, e società moderna e consumistica degli anni ’60, e infine Girandole, del 1982, una commedia per bambini in cui si rievocano le vecchie glorie del nostro anziano capocomico, dal volto paffuto e solare, che si spegnerà novantenne  un anno più tardi. Allo stato attuale a Lanciano non c’è nemmeno uno slargo o una strada intitolata a questo valente comico e maestro di teatro!







[1] Ci piace ricordare che anche Sigismondi si inserì nel dibattito del teatro dialettale abruzzese, tanto da pubblicare col titolo: “Teatro Abruzzese – Passa l’Angele e dice ammèn” a cura di Virgilio Sigismondi, una sua raccolta di testi teatrali, poi riedita in anastatica a cura del figlio Virgilio.

[2] Ricordi di un filodrammatico in Lanciano, o cara, a cura di Giovanni Nativio, Itinerari, Lanciano 1979.

11 settembre 2022

Giuliano Crognale di Castel Nuovo, un pittore di provincia.


Giuliano Crognale di Castel Nuovo, un pittore di provincia
di Angelo Iocco


Autoritratto
Giuliano Crognale, pittore, poeta, nasce il 10 luglio 1770 a Castel Frentano, e vi muore il 20 luglio 1862. Per la precisione lui nacque a Castel Nuovo, tale era il nome del paese sino al 1863, quando cambierà nome in Castel Frentano per evitare casi di omonima nel nuovo Regno d’Italia, ma il novantaduenne Giuliano non riuscirà ad assistere a tale cambio, per lui Castel Frentano fu sempre, così come per i castellini veraci, Castel Nuovo, o anche “Castannove”. 
Suo padre era un medico, Giuliano discendeva da una delle famiglie più facoltose di Castel Frentano, originatesi dal canonico don Domenico Crognale, che fu arciprete, vicario del vescovo di Lanciano, e che acquisì con il denaro il titolo di Marchese di Castel Nuovo.

Disegno dell’Apollo Belvedere per Antonio Madonna,
dal libro di G. De Crecchio “Il triangolo della giustizia a Lanciano”, 2010


Ha inizialmente studiato letteratura e classici in una scuola religiosa e seminario a Lanciano. Nel 1787 si trasferì a Napoli per studiare legge. Gravitava per studiare pittura con Raffaele Ciappa. Nel 1790 si trasferì a Roma, dove lavorò sotto il pittore senese, Salvatore Tonci. Di questo primo periodo di attività non abbiamo tracce di opere del Nostro. Nel giro di un anno era tornato a Lanciano.
Durante gli anni Novanta, mostrò simpatia per gli interessi repubblicani e questo portò alla sua incarcerazione da parte delle autorità borboniche locali a Castelnuovo. Infatti con la presa del Forte di Pescara da parte dei francesi di Murat, Crognale vi fu nominato tesoriere; ma la Repubblica durò poco, il governo borbonico con le truppe sanfediste riprese il potere, e Crognale dovette darsi alla macchia.


Educazione di Maria bambina, chiesa di Santo Stefano, Castel Frentano


Incredulità di San Tommaso apostolo, Chiesa di Santo Stefano, Caste, Frentano


Ottenne il rilascio promettendo di scrivere un poema panegirico sui suoi rapitori, come riporta nella sua Autobiografia, che è stata pubblicata di recente a cura di Michele Scioli per la Rivista Abruzzese di Lanciano. Il poema dal sapore pantagruelico, non fu mai composto.
Tuttavia, nel 1799 fu di nuovo sottoposto a proscrizione e, sotto pena di morte, fuggì in esilio a Fermo fino al 1801, quando ricevette l'amnistia. Di Crognale possediamo, grazie alla sua Autobiografia, importanti notizie per ricostruire la sua carriera, interessanti sono i suoi rapporti ad esempio con l’intellighentia lancianese, era amico del giureconsulto e magistrato Antonio Madonna di Lama dei Peligni presso il Tribunale di Lanciano, padre di quel famoso patriota Carlo Madonna (1809-1890) che tanti si dette da fare a Lanciano per favorire la causa dell’Unità d’Italia, e che tra le opere più note, scrisse l’azione sacra “La Sunamitide – Ovvero il trionfo della Virtù e della Bellezza” con le musiche di Francesco Masciangelo per il ventennale dell’Incoronazione della statua della Madonna del Ponte di Lanciano (1833-1853). Per Antonio Madonna, Crognale realizzò una copia su cartoncino del famoso Apollo Belvedere, il disegno è molto corretto e preciso, anche se non supera i livelli della semplice “copia” di un originale.

Crognale fu amico dell’ingegnere anti-borbonico Nicola Maria Talli di Lanciano, agrimensore, redattore di un manoscritti sulla Corografia di Lanciano, assai interessante, pubblicato a cura di Lucia Di Virgilio col tiolo “La farfalla di pietra” per conto della Rivista Abruzzese di Lanciano. Un trattatello interessante in cui il Talli stila cifre sulle misure dei terreni della città, lo stato attuale delle entrate e delle uscite, le tradizioni, le feste, il costume della gente, le malattie, l’età anagrafica di ciascuno, numerazione di chiese, congreghe, palazzi, famiglie, insomma una preziosa fonte di informazioni che serviva al Regno di Napoli per avere informazioni relative la città.
Crognale e Talli furono intimi amici, e continuarono la loro corrispondenza anche durante l’esilio del Talli, che fu ospitato più volte dal Crognale in incognito, e viceversa. Discorrevano nelle lettere di tutto, soprattutto Crognale nella sua raccolta di epistole dal titolo simpatico “Pesci moreschi”, chiedeva a Talli informazioni geologiche circa dei laghetti sulfurei che si erano creati nella valle del Moro, tra Castel Frentano e Lanciano, a seguito di piccole frane, e simpaticamente favoleggiava sulla tossicità di tali pesci insieme a Talli, ché essendo stati mangiati da un contadino, questi era morto misteriosamente subito dopo.
Oltre ai vari interessi per la natura, l’alchimia e la medicina, vediamo come Crognale fu e soprattutto è noto come pittore. Pittore ovviamente della provincia, da rapportarsi a quel gruppo di artisti locali che non riuscirono a valicare i confini del loro circondario per scarsezza di mezzi e soprattutto povertà di originalità nelle committenze. Tra alti e bassi di carriera, Crognale è da inserire in questo contesto di pittori locali quali Nicola Ranieri di Guardiagrele e i suoi allievi De Benedictis e Palmerio, di Francesco Renzetti di Lanciano, di Eliseo De Luca da Lanciano, Nicola de Arcangelis, e Vincenzo Ronzi da Penne, tutti attivi tra fine Settecento e prima metà dell’Ottocento. E sembra quasi, da vox populi, che Crognale dipingesse a volte proprio coi piedi per il suo sentimento antiborbonico, preferendo invece la pittura dei soggetti classici, come il già citato Apollo. Si dice che bellissimi fossero le sue pitture murali massoniche presso la villa Carabba che insisteva sul viale Cappuccini di Lanciano, dove si riunivano i carbonari della città, tra cui Pasquale Liberatore e don Floraspe Renzetti, ma che per sciaguratezza, non venne censita con fotografie o disegni degli affreschi, e barbaramente demolita negli anni ’60 per costruirvi su un casermone.
Tornando al Crognale pittore, le sue maggiori opere sono a Castel Frentano e Lanciano. Nel suo paese ricevette commissioni nel 1823 e nel 1836 per la Congrega del Santissimo Rosario e per il santuario della Madonna Assunta. Come rileva nella sua Autobiografia, Crognale si schermì, ritenendosi non più idoneo per avanzata età, ma dopo varie pressioni, e forse anche per motivi alimentari, alla fine accettò l’incarico. Per la prima chiesa del Rosario, Crognale realizzò le pitture della volta centrale con scene Mariane, tre scene simboliche della vita di Maria che vanno dall’altare all’ingresso, in ordine discorse: la Natività, l’Incoronazione della Vergine a Regina dei Cieli, la Morte della Vergine. Come riporta lo stesso Crognale nei suoi scritti, qui originalità non c’è, perché si aiutò con delle stampe preconfezionate circa il soggetto da ritrarre. E così facevano questi pittori locali, e non solo, quali De Luca, Ronzi, ecc. inoltre questi dipinti nel 1901 sono stati danneggiati dal crollo del soffitto della chiesa per pioggia, e restaurati male dal pittore Innocenzo Giammaria, sicché con gli ulteriori lavori del 2017, poco si è potuto salvare dell’antico colore. Fatto sta comunque che la resa anatomica dei personaggi è appena accennata, i volti sono mono-espressivi, c’è come un senso di sciatteria e trascuratezza nel guardare queste pitture. Certi volti sono appena abbozzati con due pennellate appena eseguite!
L’altro ciclo è quello del santuario Mariano, Crognale realizzò sempre le pitture per la volta centrale, avvalendosi dell’ausilio di stampe. Non si sa se le ebbe in prestito dal pittore Ronzi, in quegli anni anche lui attivo in paese perché aveva sposato una Cavacini, il quale era dedito a dipingere la volta della cappella del Monte dei Morti (1848), o la cosa andò al contrario. Fatto sta che la volta con la scena della Santissima Trinità è quasi uguale a quella del Ronzi al Monte dei Morti, ambedue pitture brutte e stanche, ma quella di Ronzi per sciatteria, e mala organizzazione degli spazi (la rappresentazione di Dio e Gesù minuscoli rispetto al cielo per esaltarne la grandezza e l’immensità) è insuperabile. Ugualmente Crognale si ricicla utilizzando per il santuario una scena già dipinta al Rosario: la Madonna sopra una nuvola inginocchiata mentre riceve la corona di Regina dei Cieli. È evidente quanto Crognale o non avesse tanta voglia di rispettare le committenze, forse anche poco laute, delle congreghe, oppure avesse degli evidenti limiti nella sua arte! Carina la scenografia sui pennacchi della cupoletta a scodella, con le pitture più belle di Donato Teodoro, con le scene della Strage degli Innocenti. Ma anche qui, nulla di originale, Crognale forse copiò a pitture di Francesco Renzetti di Lanciano, soprattutto le scene del centurione con la corazza e la spada mentre tiene la gamba di un infante, il quale forse ugualmente copiò a qualche stampa che circolava per i mercati o le chiese!
Veniamo ora alla chiesa madre di Santo Stefano, imbevuta di opere di Ronzi e Crognale. Diremmo che l’architettura stessa di scuola napoletana basterebbe a rendere carina la chiesa, senza la necessità di pitture aggiuntive per gli altari laterali…ma Crognale e Ronzi qui si sforzarono di fare del loro meglio…come poterono. Vediamo una copia abbastanza accettabile del famoso San Michele di Guido Reni che schiaccia il Demonio (Nicola Ranieri copiò sempre il quadro di Reni per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Antonio a Lanciano, e Crognale eseguì una copia che oseremmo dire “oscena” per il primo altare di destra del Duomo di Atessa), a seguire una Educazione di Maria Bambina con Sant’Anna. Crognale precisa nel suo scritto che doveva eseguire un quadro di San Nicola, cambiato poi repentinamente per volere della famiglia committente; infatti vediamo sulla sinistra un San Giuseppe dai tratti incerti, e soprattutto con le proporzioni errate e minori rispetto al testone di Sant’Anna mentre inginocchiata ha un libro in mano, e con l’altra regge la piccola Maria…una pittura oscura, riuscita male, e direi quasi lugubre, indegna di un omaggio alla Madonna!

 

G. Crognale, Assunzione di Maria, volta del santuario della Madonna Assunta, Castel Frentano


Andando avanti negli altri altari, notiamo pitture dell’Incredulità di San Tommaso, sempre ispirata a auna stampa napoletana, e poi due tele di Vincenzo Ronzi, una Immacolata Concezione al primo altari di sinistra, con lo stemma dei Crognale in basso, e infine nell’altare privilegiato di sinistra del transetto, una Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Rosa da Lima. Due opere quasi identiche per le espressioni dei personaggi, la Madonna ritratta nelle stesse identiche posizioni, il volto uguale; differenza tra Ronzi e Crognale fu che il secondo cercava di elaborare, anche se minimamente, il disegno dalle stampe originali, il primo invece fotograficamente copiava con tratteggi più precisi, quasi facesse delle stampe su tela con il pennello, e copiava ripetutamente anche da sé stesso; visto che le due Madonna della chiesa di Santo Stefano sono ulteriori copie di quadri realizzati nella sua area del Pennese, di cui una Madonna col Bambino per la chiesa madre di Spoltore.


V. Ronzi, Madonna del Rosario tra Santi, Chiesa di Santo Stefano, Castel Frentano

                           

Giuliano Crognale fu incaricato anche dalle varie famiglie ricche castelline di dipingere le loro case, e ne abbiamo esempio da pitture conservate, ma richiedenti un urgente restauro, del palazzo Cavacini di via Garibaldi, che ingloba l’isolato di piazza Marconi e via san Camillo de Lellis. Scene convenzionali, una Madonna col Bambino tra Angeli sulla volta della stanza maggiore, e una Madonna col Bambino per la cappella privata. Tra le ultime pitture, dove notiamo un raro esempio di dipinto “massonico” in ambito chiesastico in Abruzzo (nella provincia ci viene in mente il bassorilievo del Duca Michele Bassi D’Alanno nella cappella privilegiata della chiesa di san Giovanni dei Cappuccini in Chieti). Trattasi di un dipinto a secco sulla parete della controfacciata della cappella del Monte dei Morti. Forse i confratelli vollero arricchirla con qualcosa di più originale rispetto alle croste di Ronzi, e dunque ammiriamo una tomba a piramide spezzata, con rappresentata, appena percettibile, la Pietà, e al fianco due angeli tristi, ma abbastanza “legnosi” e ingessati nell’aspetto, di cui uno regge una fiaccola capovolto, simbolo del fine-vita; e infine alla base della piramide un teschio, quello di Adamo, simbolo della Confraternita.
Tra le opere lancianesi, si segnala una copia sputata dell’Ultima Cena di Leonardo nel refettorio dell’antico convento dei Cappuccini, ora di proprietà dell’Hospice “Alba Chiara”, e in cattivo stato di conservazione.


Ultima Cena, refettorio ex convento dei Cappuccini, Lanciano


Crognale in sostanza non fu un pittore eccelso, e certamente anche lui se ne rendeva conto, forse nell’ambito del piccolo paese era rispettato certamente, e forse lui ambiva a committenze più interessanti, magari qualcosa del nuovo Regno che doveva venire, e che riuscì a percepire dalla sua Castel Frentano nel 1860. suo figlio Luigi Crognale fu sindaco di Castel Frentano e fine studioso di cose antiche, compilò col padre un Catalogo di uomini illustri inedito, presso lo studioso Matteo Del Nobile, e redasse un primo Dizionario della parlata castellina, uno tra i ‘rimi in Abruzzo, pubblicato per la Rivista Abruzzese a cura di M. Scioli e Nicola Fiorentino.

30 marzo 2022

Nicola da Guardiagrele, Madonna dell'Umiltà, 1420-30.

Nicola da Guardiagrele, Madonna dell'Umiltà, 1420-30.

Nicola da Guardiagrele, (Guardiagrele, sec. XV)
"Madonna dell'Umiltà", 1420-30
Tempera su tavola a fondo oro, cm 67x51
Gallerie degli Uffizi, Firenze.


Opera firmata in alto sulla cornice OPUS NICOLAY DE GUARDIA GRELIS