Pagine

Visualizzazione post con etichetta Escher Maurits Cornelis. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Escher Maurits Cornelis. Mostra tutti i post

13 novembre 2024

L’Abruzzo visto da Escher, l’artista dei mondi impossibili.

 

L’Abruzzo visto da Escher, l’artista dei mondi impossibili

A Roma, la più grande e completa mostra su Escher a Palazzo Bonaparte con più di 300 opere legate all'artista olandese. 

di Fausto D'Addario

A cento anni dalla sua prima visita a Roma, Maurits Cornelis Escher è tornato nella Capitale a Palazzo Bonaparte nella più grande e completa mostra interamente dedicata alla tecnica, alla bellezza, alle vorticose illusioni e disillusioni di uno dei più celebri artisti del Novecento. Amato dagli appassionati d’arte, matematica, scienze, design e grafica, Escher è stato capace di creare un linguaggio assolutamente unico e inconfondibile: le sue architetture fantastiche, le prospettive apparentemente semplici e chiare, ma geometricamente impossibili sono state riprodotte nei modi più diversi, fra copertine di libri e dischi e scenografie teatrali e cinematografiche. La mostra antologica, organizzata in otto sezioni per più di 300 opere, esplora passo dopo passo la produzione e l’evoluzione del celebre incisore olandese: dagli inizi, sotto l’influenza dell’Art Nouveau, al periodo italiano, tra i più belli e fecondi della sua vita, fino alle oniriche metamorfosi e agli infiniti paradossi, che producono un completo straniamento in chi guarda. C’è anche una ricostruzione dello studio che l’artista aveva a Baarn in Olanda, con gli strumenti originali, compreso il cavalletto che portava con sé nei suoi viaggi in Italia. 


Dal novembre del 1923, sulla scia del Grand Tour, Escher si trasferì nella nostra penisola risiedendo stabilmente a Roma, ma ogni anno intraprendeva un viaggio attraverso l’Italia per catturarne i magnifici paesaggi. La sua predilezione andava alle regioni centro-meridionali, dalla Costiera amalfitana alla Calabria, dall’Abruzzo alla Toscana, dalla Sicilia alla Corsica. Lasciò definitivamente l’Italia solo nel 1935 a causa della crescente oppressione del movimento fascista, ma l’Italia e l’Abruzzo rimasero nel suo cuore. Prima di partire, l’Istituto Storico Olandese gli dedicò un’ultima mostra, recensita con queste parole dall’Osservatore romano: 

A vero dire Escher è una vecchia conoscenza per chi frequenta il mondo artistico romano. Chi non conosce quell’alto biondo pittore olandese, che beve il sole con gli occhi […]. A forza di vivere in Italia non è più l’olandese fantastico e pur analitico di quando illustrava libri di leggende nordiche”.

Escher si recò tre volte in Abruzzo tra il 1928 e il 1935, vagabondando a piedi, con vettura postale, a cavalcioni sui muli, insomma, con ogni mezzo allora disponibile. Il primo viaggio, che fu quello che lo stregò, avvenne nell’aprile del 1928, quando scoprì questa terra selvaggia, “tra le aree più inospitali dell’Italia“, come ebbe ad ammettere; il secondo avvenne nei mesi di maggio e giugno del 1929 nelle zone interne della Regione, con l’intenzione di realizzare un libro illustrato sull’Abruzzo; il terzo ed ultimo nel febbraio del 1935. Per un artista che veniva dalla geografia orizzontale dei Paesi Bassi, il paesaggio abruzzese gli appariva così imprevedibile con i suoi dirupi, le gole e le valli scoscese, per i contrasti nettissimi tra luci e ombre, impensabili nelle atmosfere olandesi. Ed era una continua emozione. In una lettera al suo amico Bas Kist, Escher scriveva: 

Mi sono abituato a fare questo tipo di viaggi ogni primavera, mi restituiscono vigore nel corpo e nell’anima e poi raccolgo del materiale per i mesi successivi. Non conosco altra gioia che vagabondare per le colline e attraverso le valli, da paese a paese, sentire gli effetti della natura incontaminata“. 


Lo scopo era prendere appunti, scattare foto, abbozzare schizzi e preparare i disegni: anche se il volume sperato non vide mai la luce, le sue incursioni abruzzesi produssero un risultato meraviglioso, con le stampe di paesi come Goriano SicoliScannoAnversa degli AbruzziCastrovalvaFara San Martino, Pettorano sul Gizio, Alfedena, Opi e Cerro al Volturno, per la maggior parte nell’aquilano e nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. La composizione dei paesaggi è sempre filtrata dalla sua interiorità: 

«Nelle mie incisioni cerco di provare che noi viviamo in un mondo bello e ordinato e non in un caos senza norme, anche se talvolta sembra sia così. I miei soggetti sono spesso giocosi: sento forte il bisogno di dimostrare l’assurdità di alcune certezze che noi consideriamo irrefutabili. È, per esempio, un piacere combinare volutamente oggetti di due e di tre dimensioni, rapporti di superficie e di spazio, e farsi gioco delle leggi di gravità». 

Nella sognante veduta di Fara San Martino Escher indugia sulle sue abitazioni arroccate l’una sull’altra, adagiate sulla collina che va verso il quartiere di San Pietro. Si vede anche il ruscello che scorreva in superficie, con i vari ponticelli; a destra si il quartiere di Terra Vecchia che si arrampica su una ripida altura. La montagna invece è rappresentata da un disegno molto particolare, che riproduce astrattamente le scanalature della roccia. Il tutto sospeso in una dimensione fra la realtà e l’immaginazione. 

Nei disegni successivi Escher si concentra sull’architettura della natura: ne capta gli elementi essenziali, si sofferma sui particolari e predilige vedute fortemente prospettiche. Ad Alfedena rimase colpito dai molti alberi potati in maniera strana, con un solo ciuffo di foglie sulla cima. Qui furono gli abitanti del paese ad essere i veri artisti: avevano appena raccolto le foglie per le capre, perché in inverno gli animali non potevano andare al pascolo con la neve, dando così al paese un aspetto surreale. Nella litografia di Scanno emerge il dato architettonico e realistico: Escher raffigura uno scorcio ancora oggi rimasto inalterato, Vico Ciorla, con una scalinata in discesa e il gioco di contrasti in salita delle gradinate di accesso alle case. Due figure femminili che lavorano al tombolo in abiti tradizionali e in lontananza un monte con degli alberi che si infittiscono coronano l’opera. Ancora oggi questo scorcio esiste sostanzialmente inalterato e una riproduzione dell’opera viene esposta su una parete del vico. Ad Opi Escher rimase incantato dalla fisionomia urbanistica: due filari di case in groppa sul dorso di un monte; il panorama quasi metafisico e le stradine che si allargano aprono l’orizzonte della stampa, anziché rinchiuderla in una sequenza claustrofobica di architetture e scalinate. L’artista olandese amava ripetere “Lo stupore è il sale della terra“.


Con il paesaggio lontano e sconfinato di Castrovalva, tra i borghi più inaccessibili della Regione, Escher realizza una delle sue migliori litografie, sintesi delle sue esperienze in Abruzzo. La natura appare fantastica e reale allo stesso tempo: la ripida pendenza su cui sorge l’abitato, i tornanti del sentiero di montagna, le nuvole, il perdersi dell’orizzonte e della valle, l’essenza dell’intera composizione coglie il mistero delle antiche origini dei severi scenari abruzzesi. A lui è intitolato l’ultimo tornante prima dell’ingresso nel paese, il Girone Escher, da dove è possibile ammirare Castrovalva dalla stessa angolazione e prospettiva raffigurata nella litografia. Ecco cosa ha scritto l’olandese nel suo diario ricordando quella giornata: “Ho trascorso quasi un giorno intero seduto a disegnare a lato di una stretta strada di montagna. Sopra di me c’era la scuola e mi divertivo a sentire le chiare voci dei bambini mentre cantavano le loro canzoni”. 

Accontentiamoci di questa breve carrellata: non possiamo purtroppo soffermarci su tutti i disegni. Escher lasciò l’Italia nel 1935, dopo un ultimo nostalgico viaggio in Abruzzo; da questo momento la sua arte e i suoi esperimenti evolvono verso le forme astratte, le composizioni geometriche e le architetture impossibili, che lo hanno reso celebre. Ma l’antico ricordo dell’Abruzzo, con la sua gente, i suoi scorci e la sua struggente bellezza dovette rimanergli impresso nel cuore. Già nella Natura morta con specchio, che segna una svolta nella sua maturazione artistica, si riconosce una delle stradine del borgo di Villalago nel vicolo rappresentato nello specchio. Ancora, nel 1958 le montagne sullo sfondo del labirintico Belvederedel 1958 sono una ripresa di quelle già raffigurate nel disegno di Pettorano sul Gizio.

La sua salute fu sempre cagionevole: l’ultima opera, Serpenti, è del 1969. Poi, sempre più malato, si limitò a ristampare le sue opere. Maurits Cornelis Escher morì il 27 marzo 1972 all’ospedale Diakonessenhuis di Hilversum, in Olanda. Fu un grande maestro, che visse in quattro nazioni diverse affrontando i tempi difficili delle due guerre, ma la sua ricerca artistica non ne venne scalfita e rimase un unicum. Escher ha trasfigurato il visibile, intrecciando ciò che vedeva con ciò che percepiva. Quell’alto biondo pittore olandese, che beveva il sole con gli occhi, ha espresso con semplicità e chiarezza la sua vocazione:

Vedere due mondi diversi nello stesso identico luogo e nello stesso tempo ci fa sentire come se fossimo in balìa di un incantesimo. Solo un artista ci può dare questa illusione e suscitare in noi una sensazione eccezionale, un’esperienza dei sensi del tutto inedita“.

Da: L'Aquilablog.it

13 settembre 2020

Viaggi in Abruzzo: Estella Canziani e Maurits Cornelis Escher.

Viaggi in Abruzzo: Estella Canziani e Maurits Cornelis Escher.


Estella Canziani: “Attraverso gli Appennini e le Terre degli Abruzzi. Paesaggi e vita paesana”, 1928.

      La riedizione del volume di Estella Canziani: "Attraverso gli Appennini e le Terre degli Abruzzi. Paesaggi e vita paesana" a quasi un secolo dal viaggio che l’autrice compì in Abruzzo insieme al padre, è un occasione preziosa per rileggere, o leggere per la prima volta, - considerata la scarsa diffusione del testo pubblicato in Inghilterra nel 1928 e tradotto in Italiano solo molti anni più tardi - un libro che ci restituisce un Abruzzo che non c’è più. Un mondo irrimediabilmente e definitivamente scomparso con la fine del mondo contadino e silvo-pastorale.

    E’ la stessa autrice che nella prefazione dichiara esplicitamente il suo intendo: “Questo libro – con 24 immagini a colori e disegni in bianco e nero – vuole essere soprattutto una descrizione del paese e della vita di pastori e contadini nelle quasi sconosciute province italiane degli Abruzzi, nell’Appennino centrale, come essi erano immediatamente prima della guerra (I guerra mondiale).”
    La pittrice inglese, appassionata di folclore, arriva in Abruzzo con l’idea precisa di ricercare un mondo lontano dalla “civiltà”, dove è più facile ritrovare paesaggi, vita, tradizioni e credenze popolari che la interessano, incuriosiscono e affascinano. Depurato dagli elementi più inverosimili - una terra pericolosa e infestata dai briganti - alla quale era stata erroneamente preparata, trova un mondo nel quale “contadini e pastori, sebbene primitivi e molto spesso impulsivi, mostravano agli stranieri che sapevano comprenderli genuina simpatia e non di rado eccezionale gentilezza”.

    Nel resoconto del viaggio la Canziani descrive, senza particolari mediazioni o interpretazioni, quello che vede e che riesce a raccogliere nei comuni – quasi esclusivamente dell’Aquilano e della Valle Peligna - che visita. Pratiche religiose, canzoni, modi di dire, poesie, rituali magico-religiosi, la vita di ogni giorno, i paesaggi e i ritratti dei propri dipinti e i tanti disegni in bianco e nero. Tutto contribuisce a documentare l’Abruzzo dei primi anni del secolo scorso.

    Oggi più che mai, quando anche gli elementi materiali della nostra storia e della nostra cultura sono venuti meno per gli effetti di un disastroso terremoto, abbiamo bisogno di ritrovare il filo di collegamento con un passato che ha contribuito a determinare fortemente la nostra identità. Il libro della Canziani, da questo punto di vista, è una piacevole ed utile lettura.

    “Colgo l’occasione per ringraziare coloro che si sono impegnati a conservare gli antichi monumenti e le tradizioni di quello che è uno dei più bei paesi del mondo”. Così si esprime l’autrice nella prefazione.

    Monumenti e tradizioni. Ai quali aggiungerei il paesaggio, di quello che continua ad essere uno dei più bei paesi al mondo. Anche oggi, che molti dei monumenti sono da restaurare, il paesaggio deve essere salvaguardato da attacchi continui e le tradizioni, che non sono bizzarrie folcloristiche, devono essere, per quel che ancora permane, conservate.
    Sono le cose da fare in un “programma” che ci viene da chi un secolo fa visitò “gli Abruzzi” e ci restituisce oggi l’essenziale che dà senso al nostro stare negli stessi luoghi, in quella montagna abruzzese che l’autrice collegò in qualche modo alle Alpi del Piemonte, della Savoia e della Val d’Aosta che erano state in precedenza meta dei suoi viaggi.

Da: http://tabacus.ilcannocchiale.it/2009/12/12/il_libro_di_estella_canziani.html


***

Alcune opere della Canziani:


Estella Canziani, “Cooking near Sulmona, Abruzzi, 1913-28”, watercolour and bodycolour on brown paper, 27.6 x 18.9 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.



Estella Canziani, “Bride in Old Costume, Abruzzi, 1910-28”, watercolour with touches of bodycolour, 29.3 x 21.1 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.




Estella Canziani, “Gold Jewellery, 1913-28”, watercolour and bodycolour on blue-grey paper, 12.5 x 17.6 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.



Estella Canziani, “Evil Eye Amulets, Abruzzi, 1910-28”, watercolour on blue paper, 17.9 x 12.7 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.




Estella Canziani, “On the Way to Pian de'Emparatore, Abruzzi, 1913-28”,
watercolour and bodycolour, 19.2 x 27.8 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom
.


Estella Canziani, “Procession of S. Domenico, Abruzzi, 1913-28”,
 watercolour and bodycolour on grey-brown paper, laid onto card, 35.4 x 25.4 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.



Estella Canziani, “Widow And Bride, Scanno , Abruzzi, 1910-28”,
watercolour and bodycolour, 23.6 x 19.9 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.


Estella Canziani, “Corona, Lent Doll and Harness, Abruzzi, 1920-28”,
watercolour and bodycolour on blue-grey paper, 17.8 x 12.6 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.


Estella Canziani, “The Grandmother, Mascione, Abruzzi, 1920-28”, watercolour & touches of bodycolour on grey paper, 27.8 x 18.2 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.



Estella Canziani, “Tying on Charm against Evil Eye, Scanno, Abruzzi, 1913-28”, watercolour and bodycolour on grey-brown paper (folded edge), 27.7 x 19.2 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.



Estella Canziani, “Castel del Monte, Abruzzi, 1913”, watercolour over pencil with bodycolour, 25.3 x 35.4 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.





Estella Canziani, “Castelvecchio, Abruzzi, 1913-28”, watercolour and bodycolour on brown paper, 27.9 x 18.9 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.



Estella Canziani, “Maria with cooking pots, Mascione, Abruzzi, 1913-28”, watercolour and bodycolour, 39.5 x 36.2 cm., Birmingham Museums Trust, United Kingdom.


***


Escher e l’Abruzzo: una storia da riscoprire.

Escher, autoritratto

Maurits Cornelis Escher è stato un incisore e grafico olandese, vissuto tra la fine dell’ottocento e i primi anni ’70 del novecento. La sua arte è ancora oggi amatissima, non tutti sanno, però, che è legata indissolubilmente all’Abruzzo.
Nel 1922 Escher si trasferì in Italia e dopo aver vissuto brevemente in Toscana, si trasferì dapprima sulla Costiera Amalfitana, per poi stabilirsi definitivamente a Roma. Durante la sua permanenza nella capitale, che abbandonerà nel 1935, si dice per evitare che suo figlio George diventasse un piccolo Balilla, Escher prende l’abitudine di passare l’estate viaggiando per l’entroterra dell’Italia centro meridionale; i suoi sono veri e propri viaggi avventura ante litteram, a dorso d’asino, mangiando quello che ci si riusciva a procurare e passando la notte spesso all’aperto. Ecco quello che dice l’artista in una lettera all’amico Bas Kist: “Mi sono abituato a fare questo tipo di viaggi ogni primavera, mi restituiscono vigore nel corpo e nell’anima e poi raccolgo del materiale per i mesi successivi. Non conosco altra gioia che vagabondare per le colline e attraverso le valli, da paese a paese, sentire gli effetti della natura incontaminata.”
Dopo aver visitato la Calabria, tra il 1928 e il ’35 Escher visitò per tre volte l’Abruzzo.
L’incisore olandese rimase stupefatto dalla natura lussureggiante della nostra regione; abituato ai paesaggi dell’Olanda è colpito dalle gole, le montagne e soprattutto dagli incantevoli borghi aggrappati ai monti. Tanto colpito che progetta di dedicare all’Abruzzo un volume illustrato, un libro che non vedrà mai la luce ma di cui ci rimangono 28 bellissime incisioni, tra le migliori del periodo paesaggista di Escher.
L’olandese coltiva quasi un’ossessione soprattutto per l’antico borgo di Castrovalva, minuscola frazione di Anversa degli Abruzzi, posto a 820 metri sul livello del mare. Castrovalva è un borgo difficilmente raggiungibile, fuori da strade di passaggio e per questo fuori da grandi giri turistici, ma per chi vi arriva, lo spettacolo che offre è unico. Per recarsi a Castrovalva si deve percorrere la statale 479 verso Scanno e poi arrampicarsi, tornante dopo tornante, per la ripida strada che porta al borgo, fino all’ultima curva a gomito, denominato “Girone Escher” proprio in onore del soggiorno dell’incisore, dove è posta una lapide a ricordo. Il paesino, che sorge nelle Gole del Sagittario, è composto da poche, antiche case, che si raccolgono attorno alla chiesa di Santa Maria della neve, in piazza Risorgimento, e dall’arco medievale che sorge a poche decine di metri. Le incisioni che ritraggono Castrovalva sono tra le più apprezzate e conosciute di Escher, sono apparse in decine di mostre nei più prestigiosi musei del mondo; ma un altro fatto, più avventuroso e in linea coi tempi, lega il nome di Escher al borgo. Durante una delle sue visite, infatti, l’incisore, stanco per la lunga arrampicata, decise di fermarsi a trascorrere la notte nella casa del maestro elementare Don Vito, posta prima dell’ingresso al paese. Fu qui che all’alba venne arrestato dalle forze dell’ordine, accusato di aver preso parte all’attentato a Vittorio Emanuele III, che aveva avuto luogo a Milano poco tempo prima. L’accusa, che fu in breve smontata, era partita da una donna del paese, insospettita dallo sguardo “malvagio” dello straniero Escher e, soprattutto, dal fatto che la sera prima non avesse preso parte alla processione del Corpus Domini.
Ma le incisioni del grande artista olandese che ritraggono l’Abruzzo sono numerose e non sono ambientate solo a Castrovalva; Escher esplorò altri borghi nei dintorni di Sulmona e nell’entroterra della regione, ecco così splendide opere su Goriano Sicoli, Scanno, Opi e Anversa degli Abruzzi.


Escher, Castovalva, incisione



Dopo il 1935 Escher lasciò l’Italia continuando a evolversi nella sua arte, il famoso “Belvedere” del 1958 tuttavia presenta una sorta di “tributo” alla regione che gli era rimasta nel cuore e negli occhi; il paesaggio ritratto è infatti una sorta di Gran Sasso visto in modo speculare. La fortuna dell’incisore olandese, un po’ come tutta la sua arte, si contrassegnò per la bizzarria; infatti ebbe grande successo dapprima tra matematici e scienziati, che vedevano ritratte nelle sue opere teorie cui Escher era giunto per induzione, essendo, per sua stessa ammissione, piuttosto scarso in matematica e non proprio brillante nell’afferrare alcuni concetti scientifici. Più tardi arrivò anche la consacrazione nel mondo dell’arte, tanto che Escher poté godere di grande fama ancora in vita. Ma l’incisore, che aveva tratto forte ispirazione dall’italiano Giovanbattista Piranesi, di cui era grande ammiratore e collezionista, rimase sempre un personaggio peculiare, schivo e riservato ma consapevole della propria unicità, tanto che si raccontano vari aneddoti sulla sua persona. Alla fine degli anni ’60 Mick Jagger gli scrisse una lettera, chiedendo il permesso di utilizzare una sua opera per la copertina di un disco dei suoi celebri Rolling Stones. Jagger, in modo assai informale, e forse non conoscendo la personalità di Escher, esordì con un “Ciao Maurits” che non andò giù al maestro, il quale, gelido, rispose “Sono il signor Escher” e che non aveva tempo per simili sciocchezze. Tuttavia, anche se dopo la sua morte, una sua immagine fu comunque utilizzata per una cover di un disco dei Pink Floyd.
Ma qual è l’eredità di Escher? Le sue opere continuano a essere ammirate e studiate, anche da scienziati, in tutto il mondo, per non parlare degli utilizzi commerciali in spot e merchandising. E con esse, continua a essere ammirato in tutto il mondo anche il nostro Abruzzo più selvaggio e ancestrale, proprio quello che aveva conquistato l’artista olandese e che è ancora ben presente tra i nostri monti.


 


 Andrea La Rovere, da: PescaraPescara.it


***


M.C. Escher (sulla sinistra), in viaggio tra Scanno e Villetta Barrea, nel maggio del 1929.




M.C. Escher, Opi.



***