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1 novembre 2024

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

 

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

di Angelo Iocco

Nacque a Miglianico nel 1893, lo stesso anno del famoso compositore abruzzese Guido Albanese a Ortona. Apprese i rudimenti della musica con la banda locale, poi continuò gli studi, insegnando infine musica privatamente. Si sposò nel 1922; apprezzato musicista si trasferì a Chieti, dove nel 1930 fu chiamato a dirigere l’orchestra al Teatro Marrucino di Chieti per un Galà fascista, dove si erano riunite le delegazioni degli Squadristi provinciali. Pubblicò in questi anni a Ortona, per la tip. Bonanni, delle raccolte di studio per musica. Dopo la guerra continuò a fornire le lezioni di musica, e pubblicò: Il canto nella scuola : 15 composizioni didattiche per le scuole elementari e ad uso degli Istituti magistrali, scuole di tirocinio, scuole di avviamento. Con aggiunta di 3 quadri sinottici tonali per esercizi teorico-pratici. Parte I Firenze : Tip. G. E P. Mignani, [1947]. Collaboratore della Rivista Abruzzese a Chieti, che poi si trasferirà a Lanciano, il Ciampella pubblicò due scritti di musica abruzzese: La personalita e l'arte di F. Paolo Tosti, e Venerdi Santo e il Miserere di F. S. Selecchi . Quest’ultimo uno dei primi studi moderni critici, che si svincolava dalle estetiche esagerazioni degli scrittori di Chieti, come Francesco Vicoli, e riportava un’analisi musicale del celebre Miserere. Partecipe alle Maggiolate di Ortona, risorte dalle devastazioni belliche, nel 1947 si presentò con la canzone Amore me’, amore me!, forse la più famosa della sua produzione, tanto da essere adottata dal Coro folk “Antonio Di Jorio” di Atri, incisa nel cd “Venticelle d’Abruzze” a cura del M° Concezio Leonzi. E’ una canzone che è simbolica nel periodo in cui fu scritta, un periodo di un Abruzzo in macerie, la piccola Miglianico era in macerie, così come Ortona e Francavilla, ricordate nel programma finale dalla canzone dell’Albanese: Ci manche all’Adriatiche na perle, presentata nella Maggiolata del ’47. Il canto di Ciampella invece invoca l’amore, la felicità, la gioia di continuare a vivere, quasi volesse esorcizzare lo spettro della devastazione ancora tangibile.


Per Miglianico, Ciampella scrisse anche un suggestivo Miserere, ancora oggi eseguito, sui versi dei Salmo 50; una composizione per banda che per tonalità ascendente, in certi punti ha delle affinità con il Miserere del Selecchy di Chieti, ma ovviamente il colto Ciampella lo reinterpreta e ne fa un pezzo originale. Acute le voci al v. “secundum magnam misercordiam tuam”, per poi ridiscendere in tonalità, nella conclusiva “Miserere, miserere mei Deus!”.

A Miglianico si eseguono da parte della Confraternita S. Pantaleone le musiche del Miserere di Ciampella, dal Salmo 50, che comprende le strofe del “Misere mei Deus – Et secundum multitudinem miserationem tuarum – Amplius lava me”; mentre del Maestro di Banda Ettore Paolini, storica figura miglianichese, la Marcia funebre. Il testo è tratto dalle Sette ultime parole (Le tre ore di Agonia di Nostro Signore) di Saverio Mercadante, mov. 1: Già trafitto, andante mosso. È uno spettacolo ancora oggi, ascoltare queste due musiche nella chiesa madre di Miglianico suonate dalla Corale, e poi partecipare al commovente corteo della processione del Cristo morto per le strade del paese, seguendo il Feretro e la Banda.


Ecco le canzoni presentate dal Ciampella alle Maggiolate di Ortona

Amore me, amore me! (1947)

La fije e lu core di tatà (1948)

Villanelle annamurate (1950)

Mare e sonne (1952)

 

13 febbraio 2024

La canzone abruzzese a Poggiofiorito – Dalle Feste dell’Uva alla Prima festa della canzone fascista abruzzese (1929-1939).


La canzone abruzzese a Poggiofiorito – Dalle Feste dell’Uva alla Prima festa della canzone fascista abruzzese (1929-1939)
di Angelo Iocco

Per questo articoli, si ringrazia l’Associazione culturale “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, e in particolare Vincenzo Coccione, per avermi concesso l’accesso all’archivio e alle fotografie.

Dedico questo pezzo alla Memoria

Per una storia della canzone folk Abruzzese, del periodo classico che va dalla fine dell’800 sino agli anni ’50, vogliamo quo ricordare il decennio d’oro della Canzone abruzzese nel paesino di Poggiofiorito, vicino Ortona. La città definita “perla dell’Adriatico” da G. D’Annunzio, proprio nel 1920 avviava la stagione delle Maggiolate abruzzesi con l’Albanese, il Di Jorio, lo Zimarino, e altri, con rassegne e concorsi di Cori dei paesi d’Abruzzo, dei loro maestri e dei loro autori di canzoni da esibire per la premiazione. Gli altri paesi dei dintorni non stettero inerti a guardare la città che proprio in quel tempo diventava la sede ufficiale della Canzone d’Abruzzo, sicché già negli anni immediatamente successivi, a Castelfrentano, Orsogna, Lanciano, Pescara, San Vito ecc. nacquero delle rassegne con dei propri autori e poeti, che cercarono di imitare la famosa Maggiolata ortonese. Poggiofiorito ebbe un ruolo di grande rilievo, poiché nel 1929, nacquero le Feste dell’Uva. Si racconta che il celebre poeta Cesare de Titta venisse a passare le estati in compagnia dell’amico Antonio Di Jorio proprio nella villeggiatura di Poggio, e che propose qui, visti i numerosi e ampli campi di vigneti, di istituire una festa dedicata all’uva. Mai parola più profetica quella del De Titta, dato che anche dopo la guerra, l’area di Ortona echeggiò dei canti, intendiamoci i canti d’autore presentati alle varie rassegne di Caldari, Rogatti, Frisa, Crecchio, Tollo ecc., che prendevano l’ideale, ma appunto soltanto l’ideale, e non sempre l’andamento ritmico della tradizione, dei canti antichi che le massaie e le mondine o i viandanti solitari, o le allegri brigate di giochi e di serenate intonavano da anni e anni, repertorio di una enciclopedia popolare di tradizione orale, che per fortuna un gruppo di etnologi abruzzesi come il De Nino, il Pansa, il Finamore, il Ciampoli, ebbero la cura di raccogliere e trascrivere.

Articolo de Il Messaggero, del 1939 – copia presso Centro di Documentazione Teatrale di Castelfrentano


La Storia della Sagra dell’Uva di Poggiofiorito

Tornando a Poggiofiorito, nel 1929 il M° Ercole Zazzini, grande animatore delle feste, organizzò la prima edizione, cui partecipò anche Cesare De Titta con l’inseparabile Antonio Di Jorio, fornendo alcune canzoni. Le canzoni erano sponsorizzate dall’Ente OND di Chieti; in quegli anni era tornato per la convalescenza nell’ariosa terra natia, dall’America, il giovane poggese Tommaso Coccione, reduce da grandi successi e da incisioni dei suoi ballabili per fisarmonica. Il Coccione darà forte impulso alle maggiolate, esibendosi con la fisarmonica, strumento allora quasi sconosciuto e non facente parte del corollario degli strumenti d’orchestra per queste feste canore. Altri animatori delle feste furono il poeta poggese Tommaso Di Martino, che scriveva le canzoni, e il chietino Antonio Ambrosini, coetaneo di Modesto Della Porta da Guardiagrele, che come lui morirà appena 50enne per un brutto male. I poeti concorrenti, insieme ai musicisti, erano dell’area frentana, vediamo un giovane Cesare Fagiani di Lanciano, che negli anni ’40 e ’50 sarà molto conosciuto con le due commedie al teatro Fenaroli di Lanciano, vediamo Ugo Di Santo, originario del Molise, che ugualmente diventerà famosissimo nel musicare operette teatrali, come “Lulù aiutami tu” di Eduardo Di Loreto; vediamo Di Loreto stesso da Castelfrentano con l’amico Pierino Liberati, reduci dai grandi successi delle Maggiolate del 1922 e 1il 23, poi l’anziano Vito Olivieri di San Vito, che nel 1923 e il 1926 era stato grande animatore delle Feste del Mare nel suo paese marinaro, e che con Di Loreto aveva scritto varie canzoni per le Maggiolate e varie commedie teatrali, di cui purtroppo quasi tutti gli spartiti, testi a pare, sono andati persi; poi Attilio Fuggetta da Sulmona, capostazione a Fossacesia appassionato di musica, grande concorrente alle Maggiolate con l’amico fossacesiano Nino Saraceni. E poi la grande rosa dei rappresentanti della musica Abruzzese classica, Antonio Di Jorio, Guido Albanese, Giulio Sigismondi, Luigi Dommarco, Olindo Jannucci da Città Sant’Angelo, grande animatore delle Maggiolate dopo la morte dell’Albanese, che con l’Albanese vinceva quasi sempre alle Maggiolate della sua città, poi ancora Cesare de Titta, Antonio Ambrosii, Tommaso Di Martino e il fisarmonicista poggese tanto amato, che figurava in testa a ogni libretto delle Feste dell’uva, Tommaso Coccione.
Purtroppo, come dettoci dallo stesso figlio Vincenzo Coccione, a causa dei danni della guerra a Poggio, e degli spartiti del padre che andarono dispersi per non curanza, accadde che varie partiture delle Feste dell’Uva andarono perse, ancora oggi irrintracciabili; per cui Vincenzo, per l’amore così grande che lo ha portato a fondare una associazione dedicata a suo padre, alla raccolta di quanto si era salvato dell’amato genitore, volle rimusicare, avvalendosi dello stile che aveva Tommaso, quelle canzoni che erano rimaste “mute” a causa della distruzione delle partiture. Infatti, come detto altrove, i libretti servivano più che altro per stampare i testi delle canzoni, e non erano inclusi gli spartiti; nella metà degli anni ’20, Guido Albanese ebbe l’accortezza di far stampare in accluso ai testi, anche gli spartiti delle canzoni presentate, in modo da impedirne la dispersione.
Come possiamo vedere, leggendo i libretti e i testi, le canzoni hanno per tema la vendemmia, l’uva, non a caso le feste si facevano a settembre, nei palchi inghirlandati con tralci di vite e di succosi grappoli, si celebrava la prosperità e la fertilità delle campagne poggesi, perfino l’ultima canzone del De Titta scritta prima di morire, è un inno alla ricchezza e alla floridezza di queste contrade, così come la canzone del Di Martino “Poggefiurite”. Le feste successivamente, nel 1939, evolvettero per così dire, nella “Festa della canzone fascista abruzzese”, promossa dall’OND Chieti, nella quale molti sono i riferimenti al fascismo, così come scritto testualmente nella presentazione del libretto; quello era proprio ‘intento, magnificare le glorie e i successi della guerra, della spedizione in Etiopia, della ricchezza del Paese grazie alle riforme di Mussolini e al patto con Hitler, e via dicendo. E dunque, leggendo questi testi, che farebbero arrossire qualsiasi estimatore della canzone popolare abruzzese, dell’Albanese autore della notissima Vola vola vola, del mite Fagiani autore della celebre poesia “La squijje di Natale”, del Di Jorio così tanto portatore di quell’idea di abruzzesità, insomma comprendiamo che i tempi erano quelli che erano, e occorreva adattarsi per queste rassegne di folklore, verso le quali specialmente la propaganda di Regime voleva imporsi, per penetrare nelle menti degli spettatori. Così vediamo ad esempio una magnifica “Ninna nanna” postuma di Cesare de Titta, musicata dall’orsognese Camillo de Nardis (il quale musicherà altri testi di ispirazione fascista, ad esempio una canzone del marinaio su versi del concittadino Raffaele Paolucci), che vede “ingabbiati” quei versi così soavi e andanti, cullati dalle note, nei riferimenti all’accendere un cero alla Madonna (uso abruzzese) per ricordare il figlio in guerra, o nella madre che è orgogliosa del gagliardetto del proprio figlio combattente, o nella preghiera a Mussolini e la speranza di una nuova Roma imperante simbolo di civiltà e progresso come nell’Impero. Insomma una canzone che trasuda fascismo da tutti i porti, per non parlare della “Savitarella fasciste” del Di Martino, dove i cantori si fanno beffe dell’Inghilterra e della Francia dello storico impero coloniale, per lodare invece l’opera conquistatrice dell’Etiopia da parte dell’Italia. Tornando alla Ninna nanna detittiana, pochi sanno che oggi la canzone è ancora riproposta, insieme a “Suonne” di Marcolongo-DI Jorio, soltanto che sono state epurate, ripulite delle incrostazioni fasciste; Ennio Vetuschi della Corale Verdi di Teramo, ne ripropose soltanto la prima strofa, poiché le ultime due sono quelle più rigurgitanti di sentimento patriottico. Altri Cori ne hanno proposto solo 2 strofe, ma oggi tendenzialmente si usa proporre la versione del Vetuschi. Possiamo solo dire che questa bellissima canzone di don Cesare fu sporcata dai tempi che corsero, poiché nelle melodie, riecheggia esattamente, benché elaborati, quei motivi popolari che cantavano le mamme ai loro bambini per farli addormentare.
Dopo questa Sagra della canzone fascista, Poggiofiorito non ebbe fino alla guerra altre rassegne canore. I tempi erano cambiati, la guerra imperversava. Dal 1947 in poi con Mario d’Angelo da Villa Romagnoli, giunto a Poggiofiorito per dirigere il coro, inizieranno nuove rassegne, e verrà creata quella canzone che ancora oggi è l’inno del paese: L’Uve di Poggifiurite.

13 dicembre 2023

La poesia del pescarese Oberdan Merciaro.

La poesia del pescarese Oberdan Merciaro
di Angelo Iocco

Grande abruzzese nativo di Pescara, vi nacque nel 1892, fu Presidente della Sezione Giovanile Autori Abruzzesi, fondò varie riviste, come “Giovani Faville” nel 1912, e “Ars Nova” con la casa editrice omonima pescarese. Nel 1921 pubblicava “Le novelle del mio Paese”, nel ’22 “Sogghigni – Versi”, poi sulla base dei versi Carducciani, compose la raccolta poetica “Juvenilia”, e più avanti negli anni pubblicherà la raccolta “Parlature paesane – Antologia di poeti abruzzesi”, ediz. Attraverso l’Abruzzo, Pescara, 1954; fu redattore capo delle riviste “Eccomi” di Roma, e “La Fonte” di Siena, rivista nata nel 1947. Con diversi altri giornali italiani in voga, Merciaro collaborò, corrispondente fu di “Voce Adriatica” di Ancona, de “Il Momento Sera” di Chieti dove scrisse numerosi articoli anche l’abruzzese Francesco Verlengia. Fondò il settimanale umoristico “Ficcanaso”.

Spartito musicale, per gentile concessione del M° Loretta D’Intino





Versione “giuliese” della canzone “Oh, Francaville!”, archivio Sandro Galantini 


Il Coro di Giulianova, archivio Sandro Galantini 


Prima Festa delle Canzoni di Giulianova, archivio Sandro Galantini





A parte il curriculum di scrittore e giornalista, Merciaro oggi è noto per aver dato vita alle prime maggiolate abruzzesi, in un certo senso fu l’antesignano della Maggiolata di Ortona, quando nel 1911 insieme a Tommaso Bruni, organizzava una Rassegna di canzoni, dove trionfò “Oh Francaville!”, musicatagli dall’amico inseparabile Francesco Tancredi di Francavilla al mare. I versi ancora oggi sono cantati dai cori locali: “Oh Francaville, nen te se scorde! Chet’aria doce e chistu ‘ddore, a tutte ci fa nnammurà!”. La canzone ebbe talmente successo, che una decina d’anni più tardi alle Feste della Canzone di Giulianova, avviate nel 1927, il M° Tancredi ne rielaborò il ritornello per trasformarla in “Oh Giulianove!”.

         

Le origini delle canzone abruzzese d’autore nella provincia di Chieti

In merito, desideriamo pubblicare uno stralcio di un articolo esauriente di Vito Moretti dal Catalogo del Premio Nazionale di Lettere, Arte e Scienze - Premio di Poesia G. Porto, Ed. 2017.

“Nella cittadina frentana [Lanciano] – e più esattamente nella contrada di Santa Liberata – la prima domenica di maggio del 1896 il poeta Luigi Renzetti aveva promosso, in omaggio ad una giovane maestrina di cui era innamorato, un raduno di poeti e un’audizione di canti dialettali inediti, scritti per l’occasione ed eseguiti dal coro locale con l’accompagnamento della banda di Lanciano. La «Festa campestre» di Santa Liberata si protrasse per alcune edizioni e si impose – per il successo che registrò – a “modello” delle altre iniziative canore, sorte a cavallo di secolo e nei primi anni del Novecento, come quella promossa a Francavilla a Mare nel 1911 dal Maestro Francesco Tancredi. E ancora a Francavilla, dopo la parentesi della guerra europea, operò con vasta eco anche il gruppo corale che Arturo De Cecco aveva costituito nel 1919 per la diffusione dei canti abruzzesi, sia popolari che d’autore, con testi della tradizione contadina ed altri nuovi, soprattutto di Antonio Di Iorio.

Ma l’impulso più consistente venne forse dal primo concorso di canti indetto a Lanciano nell’aprile del 1922 (presieduto da Camillo De Nardis, il quale scartò clamorosamente – oltre che Lucenacappèlle di Giulio Sigismondi e Giuseppe Gargarella – la canzone poi divenuta la più celebre d’Abruzzo, «Vola, vola, vola», di Luigi Dommarco e Guido Albanese) e dalla «Maggiolata» di Ortona, organizzata in forma di concorso il 22 maggio 1922 (e vinta proprio da «Vola, vola vola», su «Mare nostre» di De Titta-Di Iorio, composta, pare, come attesta l’autorità di Antonio Piovano (Storia del canto popolare abruzzese, Pescara, Editrice Emblema, 1968, p. 19), sul trenino della «Sangritana», in prossimità della costa di San Vito). Ad Ortona, del resto, fin dalle iniziative del ’20 (che recavano la dicitura di «Piedigrotta abruzzese» in omaggio alle parentele culturali con Napoli), era presente il sanvitese Vito Olivieri, autore fecondo di canti come «Vola, canzone», «Famme na fatture», «Ci po’ vinì…», «Tante salute», eccetera, su versi di poeti coetanei di area per lo più frentana.

Nel medesimo periodo, mentre le feste canore trovavano fioritura anche a Castellamare (odierna Pescara), ad Atri, a Guardiagrele e in altre località dell’entroterra, i nomi di una pattuglia di giovani musicisti (Camillo Renzetti, Pier Andrea Brasile, Pierino Liberati, Alvise D’Anniballe, Cesiano De Archangelis, Fanuccio Fiorentino) si imposero accanto a quelli di maestri già riconosciuti; ed erano nomi, peraltro, di coloro che avrebbero svolto un ruolo da protagonista alla I e alla II edizione della «Festa del mare» (organizzate a San Vito nel 1923 e nel 1926) e che avrebbero contribuito non poco a sottrarre la canzone abruzzese ai clichés e ai moduli della canzone partenopea, consolidando i tratti più propri ed originali dei nostri testi. Infatti, a differenza della canzone napoletana, monodica e disegnata sul genere della romanza d’opera o da camera, alla maniera percorsa – ad esempio – da Francesco Paolo Tosti (che, comunque, aveva ben grande personalità e sconfinato estro per un’operazione del genere), la canzone abruzzese venne da subito concepita come composizione “corale”, che scaturiva – al pari dei brani anonimi – dalla vita concreta dei suoi interpreti e dalla realtà di un racconto destinato non solo all’ascolto, quanto, e soprattutto, alla partecipazione, in una cornice che non era generalmente il salotto di casa ma i luoghi della stessa natura (il mare, la campagna, l’habitat della fatica quotidiana e dei sentimenti più spontanei ed autentici).

La Festa delle Canzoni a Francavilla dunque, sponsorizzata dal poeta e giornalista Tommaso Bruni di Francavilla, ebbe una sola edizione, purtroppo rimase una meteora, ripetuta nel 1919 dal Coro di De Cecco. Occorrerà aspettare poi la celebre Maggiolata di Albanese a Ortona del 1920 per vedere un certo avvio della Tradizione della canzone abruzzese d’autore. Fortunatamente di questo esperimento francavillese resta la canzone citata “Oh, Francaville!”, conservatasi, e oggi eseguita dal Coro “Francesco Paolo Tosti” diretto dal M° Loretta D’Intino, che con tata premura la conserva per i posteri!

Altre canzoni presentate furono “A lu tempe de lu ‘rane” e “Me voje fa cummare”, sempre del duo Merciaro-Tancredi. Merciaro partecipò nel 1922 anche alla Gara delle Canzoni di Pescara, e l’anno seguente in agosto alla Settimana abruzzese di Pescara, promossa dall’Idea abruzzese, periodico creato da Zopito Valentini. Merciaro portava da Pescara una ventata di freschezza e spirito vivace, se nel chietino noi abbiamo un Nino Saraceni (1894-1970) fossacesiano, che scrisse fiumi di canzonette spiritose con Attilio Fuggetta ed Ettore Montanaro, Pescara può vantare il duo Merciaro-Tancredi, che naturalmente parteciparono alle Maggiolate ortonesi con varie canzoni, tra cui la bellissima “Ssa risatelle”, riproposta alla Prima edizione della Settembrata Abruzzese di Pescara, istituita da Merciaro, Giannangeli, Tancredi, Fabiano, De Laurentiis, Fiorentino e altri come nuovo richiamo per i Cori abruzzesi, dopo i successi della Maggiolata di Ortona. Pescara allora risorgeva dalle ceneri della distruzione bellica, e così anche il canto abruzzese riprendeva il suo volo. Merciaro ebbe anche un altro valido collaboratore, Stefano “Fanuccio” Fiorentino, con cui scrisse diverse canzoni per le Settembrate. Fu amico del redattore Francesco Amoroso, con cui avviò una collana di quaderni di Poeti d’Abruzzo, scomparsi e viventi, con articoli commemorativi e saggi di studi per Giulio Sigismondi, Cesare de Titta, Italo Testa, Giuseppe Perrozzi, Modesto Della Porta e vari altri. A metà strada tra lo studio del folklore, dell’arte abruzzese, e delle raccolte di poesie dialettali, Merciaro pubblicò con le edizioni “Attraverso l’Abruzzo” dell’Amoroso la raccolta “Parlature paesane”, con poesie scritte da Federico Mola, Francesco Gileno, Merciaro stesso, Antonino Di Donato, Nino Saraceni, Antonio Misantoni, Luigi Illuminati, Evandro Marcolongo. Glorie insomma della poesia abruzzese, per chi è intenditore!

Scrisse anche commedie, come “La vedovella Gisile”, in abruzzese, e un’antologia di poesie dedicate alla sua Città: “Pescare me”. Ormai ultraottantenne, concluse i suoi giorni a Pescara confortato dal fatto che la sua creatura migliore, la Settembrata abruzzese, aveva preso definitivamente il timone del veliero dei Canti d’Abruzzo. Il Coro ACLI di Chieti di recente ha eseguito una canzone del Merciaro: “La sciannavelle”, ovvero “l’altalena”, su musica di Andrea Verrocchio, presentata alle Settembrate di Pescara, un’allegoria della vita, fatta di alti e bassi, come il movimento dell’altalena, e una volta anziani, non restano i ricordi, e i rimpianti per ciò che si è concluso, e ciò che si sarebbe potuto fare. Fortuna che anche questa canzone stata ripresa da qualche coro della valle pescarese, nonché dal Coro ACLI “F. D’Urbano” di Chieti-Fara Filiorum Petri, che di recente l’ha fatta riascoltare in diverse manifestazioni folkloristiche. Merciaro dopo una lunga vita attiva, morì a Pescara nel 1970.

17 ottobre 2023

Olindo Jannucci alla conquista delle Maggiolate abruzzesi.

Olindo Jannucci alla conquista delle Maggiolate abruzzesi
di Angelo Iocco

Nacque a Città Sant’Angelo il 17 novembre 1891, e morì a Pesaro il 22 marzo 1977.
Studiò musica con Bozzi e Ildebrando Pizzetti, si diplomò al Conservatorio di Pesaro in strumentazione per banda. Tornato nel suo paese, diresse per vari anni la locale banda civica, esibendosi in turnè. Insegnò contrappunto e musica presso il Conservatorio “Luisa d’Annunzio” di Pescara, e negli ultimi anni tornò al Conservatorio di Pesaro, fino al ritiro per raggiunti limiti di età e alla morte.
Scrisse anche musica da camera, per canto e per pianoforte. Purtroppo al momento, a parte queste brevi notizie desunte da alcuni giornali e dalla biografia scritta da Ottaviano Giannangeli per il volume “Canzuna nustre” a cura di Virgilio Sigismondi, che raccoglie l’opera omnia del padre Giulio (1893-1966), non siamo in grado ancora di fornire ulteriori ragguagli sull’attività musicale di Jannucci, specialmente sui pezzi per banda che scrisse, o i brani di musica da camera. Suo figlio fu presidente della provincia di Pescara per vari anni, ma non si occupò di scrivere qualcosa sul padre, così come attualmente non esiste un articolo che succintamente raccolga materiali sulla sua vita e produzione artistica. I libretti e gli articoli di giornale parlano attualmente per Olindo, insieme a qualcuno che lo ha conosciuto personalmente, come il M° Antonio Piovano e il M° Francesco Paolo Santacroce.
Piovano ricorda di averlo conosciuto personalmente alle Settembrate abruzzesi di Pescara degli anni ’60, così come Santacroce ricorda che nel 1957 circa Jannucci era presente con Antonio Di Jorio, celeberrimo musicista e suo amico, a un convegno sulla canzone a Lanciano, e ricorda il fare molto gentile ed elegante di questo personaggio, sempre ben vestito e molto in avanti nel vedere il futuro della canzone, rispetto a vari altri che si limitavano a proporre le solite canzonette per i vari concorsi. Jannucci iniziò la sua carriera nel mondo delle Maggiolate abruzzesi di Ortona. Alla 10° edizione del 1929, scrisse la canzone “‘N ti pozze vidè” su versi di Nicola Farinelli. Farinelli scriverà altre canzoni con Jannucci, nel 1930 pubblica “Li guè che mi de’ mojeme”, nel 1933 la canzone “Funtanella chiuse”. La seconda canzone di questo elenco è stata ripresentata varie volte dal Coro di Crecchio, sotto la direzione del M° Rosanna Meletti, ed è stata anche registrata su audiocassetta. Fa parte di quel filone delle canzone “di gusto fascista”, sulla scia di “Vivere senza malinconia” di Carlo Buti, in cui il marito cerca di evadere dalla monotonia di casa, ma la moglie riesce sempre a beccarlo e fargliela passare male! Jannucci sarà sempre molto vicino al M° Guido Albanese, l’anima vera delle Maggiolate, comparirà spesso tra i membri della commissione, e nel secondo dopoguerra, dopo la parentesi della direzione di Siro Garzarelli nei primissimi anni ’50, anche lui collaboratore dell’Albanese e compositore di varie canzoni alle Maggiolate, Jannucci dal 1955 prenderà in mano il timone delle famose Maggiolate, le quali purtroppo in quel periodo stavano attraversando una grave decadenza. Gli autori dei periodi d’oro degli anni ’20 e ’30 iniziavano a morire, non c’erano più Eduardo Di Loreto, don Evandro Marcolongo, le “anime” della Maggiolata; tuttavia entrarono nuove leve, come Cristo Sorrentino, Antonio Del Pizzo, Aniello Polsi, Domenico Ceccarossi, Plinio Silverii, a cercare di dare una ventata fresca ai vuoti che la morte aveva lasciato….vuoti che troppo spesso, come nell’edizione del 1958, venivano riempiti da riproposizioni e omaggi di varie altre canzoni che ebbero successo nelle prime edizioni. L’edizione del 1958 si ricorderà per il grande omaggio di pezzi che furono scritti da Di Loreto e Liberati, De Titta e Di Jorio, Marcolongo e Di Jorio, De Titta e Albanese, Dommarco e Albanese, e via dicendo. Questo fu il compito di Jannucci fino al 1966, quando diresse l’ultima volta la Maggiolata, che definitivamente, anche per contrasti con il comitato organizzatore, cadde inesorabilmente dopo oltre 40 anni di onorata attività; un’ultima edizione ci sarà nel 1976, ma il canto di Ortona era già morto da un pezzo.


31 agosto 2023

Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate.

 

VITO OLIVIERI (1865-1941) di San Vito chietino, le Canzoni abruzzesi

Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate

di Angelo Iocco

Nella storia della musica abruzzese d’autore, occorre necessariamente parlare di Vito Olivieri di San Vito chietino (1865-1941). Poco si sa delle sue origini, e molte notizie, come mi ha confidato il ricercatore delle sue memorie, lo storico Pietro Cupido di San Vito recentemente scomparso, sono di tradizione orale. Ad esempio chi lo conobbe ricorda che svolgeva in gioventù la professione di calzolaio, e che si dilettava di musica. Non si sa come studiò e dove perfezionò i suoi rudimenti musica, dato che, come possiamo vedere dagli spartiti manoscritti conservatisi di alcune sue canzoni, il nostro Olivieri era ben ferrato nel contrappunto. Resta un mistero, sicché non giungano in futuro documenti a supporto delle nostre ipotesi; una situazione analoga dicasi per il musicista Arturo Colizzi (1885-1964) di Rocca San Giovanni, che lavorò nelle canzoni abruzzesi con il sanvitese Giulio Sigismondi e altri, e scrisse la celebre Voga voghe (1922) per il Concorso delle canzoni di Lanciano. Grazie alle informazioni raccolte da Cupido sull’Olivieri, che si spera siano in fururo pubblicate, e sono lettere, corrispondenze, documenti, fotografie, tra cui il ritratto del musicista, sono riuscito a trarre queste poche righe.

L’Olivieri sicuramente, come dimostrano le ricerche di Cupido, fu influenzato nelle sue compoisizioni dai canti popolari del paese, dato che,  scrisse una ballata di Sant’Antonio abate. Sant’Antonio è celeberrimo in Abruzzo, non c’è paese che non lo festeggi il 17 gennaio, e che non abbia un repertorio di canti popolari o d’autore a lui dedicati. In effetti il Sant’Antonio sanvitese, ancora oggi eseguito da qualche compagnia spontanea, ha molto a che fare con i testi delle varie versioni che il 17 gennaio sono cantate da compagnie allegre a Mozzagrogna, Treglio, Torre Sansone di Lanciano, Castelfrentano, Ortona ecc.

Anche in questa versione sanvitese, il cui testo era ben noto all’Olivieri già negli anni ‘20, ad esempio abbiamo il simpatico ritornello:

S.Antonio

Ecco il vostro S.Antonio,

fier nemico del demonio,

son venuto in mezzo a voi,

ma da lontano un’ombra

vedo ancor.

Son venuto in mezzo a voi

A benedirvi e poi partir.

Coro

È venuto in mezzo a noi

a benedir e poi partir.

S.Antonio

Col cilicio intorno al fianco

sono giunto tanto stanco

per fuggire li da Satana

che non mi lascia riposar.

Coro

Col cilicio intorno al fianco

Lui è giunto tanto stanco

per fuggir li da Satana

che non lo lascia riposar.

S.Antonio

Mi disturba nel mangiare,

mi tormenta nel pregare,

mi si ficca sotto il letto,

e non mi lascia riposar.

Coro

Lo disturba nel mangiare,

lo tormenta nel pregare,

gli si ficca sotto il letto,

e non lo lascia riposar.

S.Antonio

È perciò son qui scappato

per non essere più tentato

da quel mostro scellerato

che dal cielo fu scacciato.

Oltre al Sant’Antonio, Cupido ha rintracciato altre musiche della tradizione popolare trascritte dall’Olivieri, vale a dire un Canto della Passione, un canto del resto molto popolare, eseguito dalle compagnie solitamente il Giovedì santo, di casa in casa, o per le strade, per annunciare l’avvenuta cattura di Gesù dopo la Cena. Leggendo le note dell’Olivieri e il testo tradito, notiamo che si tratta della classica Passione al modo frentano, che con qualche leggera modifica nelle note o in qualche parola, ricorre in tutte le zone circonvicine San Vito, a Lanciano, Castelfrentano, Chieti, Ortona, ecc., e inizia con il celebre: O bona gente state a sentire / la passione di Gesù vi voglio contare!

Olivieri seppe trasmettere nelle sue melodie, come i suoi colleghi Liberati, De Cecco, Montanaro, quel sapore popolare abruzzese di cui non poteva fare a meno, pur realizzando delle composizioni originali con testo d’autore, a discapito di qualcuno che vorrebbe una netta linea di demarcazione tra canzone abruzzese d’autore, e canto popolare, come se non ci sia una perfetta simbiosi tra l’una e l’altra! E invece ce n’è eccome! Basta dare uno sguardo alla Ninna nanna su versi di Giulio igismondi e musica di Arturo De Cecco, e confrontarla con i vari testi delle Ninne nanne popolare abruzzesi raccolte dagli etnologi Finamore, Giancristofaro, De Nino, Lupinetti, oppure le varie Ninne nanne scritte dal De Titta, dallo Zimarino, dal Dommarco!

Eduardo Di Loreto

Come molti altri poeti e musicisti locali, l’Olivieri ebbe modo di farsi valere in occasione della nascita delle Maggiolate a Ortona. Nella IV edizione del 1923 l’Olivieri finalmente partecipa con una canzone scritta dal dott. Eduardo Di Loreto di Castelfrentano (1897-1958), Vola canzone!, seguita da vari altri successi. Leggendo gli articoli di giornale dell’epoca, preziose fonti per reperire notizie altrimenti sconosciute, come L’Idea abruzzese di Zopito Valentini, Il Corriere Frentano, I 3 Abruzzi, Il Fuoco, ecc., scopriamo che quando il Valentini col suo giornale nell’agosto 1922 indisse un Bando delle Canzoni Abruzzesi a Pescara nell’Hotel Verrocchio (all’epoca nell’area di Castellammare Adriatico), l’Olivieri partecipò con una canzone, di cui non si conosce il titolo, insieme a vari altri poeti locali, quali Sigismondi, l’Albanese, il Colizzi, il Mariani, il Renzetti, il Di Loreto. Questa canzone tuttavia non venne selezionata dalla giuria fra le migliori, perché non compare nel libretto delle Canzoni eseguite dai Cori. Successivamente sfogliando gli articoli, leggiamo che nella successiva grande festa della Settimana abruzzese di Pescara dell’agosto 1923, rimasta memorabile nel suo allestimento, soprattutto per la contrastata messa in scena dialettale della tragedia dannunziana La figlia di Jorio su versi di Cesare de Titta, Vito Olivieri partecipò con un’altra canzone; le canzoni per regolamento dei concorsi, erano senza nome e senza autore, e venivano presentate con un motto. Ad esempio il primo premio fu vinto dalla canzone Tuppe e tuppe di Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati, col motto “versi miei, musica di lui”.  Dunque notiamo come l’Olivieri fosse tenuto in buona considerazione, almeno per quanto riguarda il clima elettrizzante dell’organizzazione di questi festival canori, mentre se dobbiamo attenerci alle fonti, in seno al piccolo paese dove viveva, riceveva solo fischi e scarso successo da parte del popolino. Un sarto che si mette a fare della musica? E che? Modesto Della Porta di Guardiagrele non era forse sarto? Ed oggi è ritenuto il maggior poeta rappresentante d’Abruzzo! Ma “nemo propheta in patria est”, e pure Modesto subì le critiche e le angherie, addirittura, permettendoci una piccola deviazione del discorso, nel Concorso delle canzoni di Lanciano del 1922 con presidente l’illustre musicista Camillo de Nardis di Orsogna, Modesto vinse il primo premio con la canzone Carufine (Garofani), con musica di Carlo Massangioli (altro musicista di cui purtroppo si è perso quasi tutto); e suscitò l’ira funesta dei vari poeti dell’intellighentia locale, quali Sigismondi, Marcolongo, Mola, Renzetti, Brasile, che facevano il tifo per l’illustre sacerdote e linguista Cesare de Titta, che ebbe il secondo posto.

2 luglio 2023

Vittorio Pepe, La Musica del Parrozzo.

Giacomo di Tollo, piano. (dal CD La Viuletta)

Camillo De Nardis: festeggiato a Orsogna per gli 80 anni nel 1937, un viaggio tra le sue composizioni abruzzesi.

 

Camillo De Nardis: festeggiato a Orsogna per gli 80 anni nel 1937, un viaggio tra le sue composizioni abruzzesi.

di Angelo Iocco

Il 18 agosto 1937 l’OND di Orsogna volle omaggiare il suo amato figlio Camillo De Nardis con una rassegna musicale in suo onore, per celebrarne gli 80 anni. Immancabilmente l’On. Raffaele Paolucci si prodigò per rendere memorabile l’audizione, organizzando il tutto. Furono scelti treni speciali della ferrovia Sangritana per arrivare alla diramazione della stazione di Orsogna, per l’orchestra fu scelto il M° A. Marchesini, soprano I. Monsalvato, tenore P. Scarlata, maestro al piano F. Pinzacconi per il programma lirico, mentre il Gruppo corale OND di Orsogna, che più avanti sarà intitolato “La figlia di Jorio”, si occupò di eseguire i canti abruzzesi del De Nardis.

Il programma lirico prevedeva l’esecuzione delle Scene Abruzzesi 1.o Suite per Orchestra del M.o Camillo De Nardis, Bari, [1901-1910] in II Suite, il Giudizio Universale, poema sinfonico, 1911: Overture Eroica, con didascalia di Raffaele Paolucci. 

Spendiamo qualche parola su questo omaggio del M° De Nardis alla sua terra d’Abruzzo con le Scene Abruzzesi.

Il Coro OND di Orsogna, nel giardino di Villa Cucchiarelli, Orsogna, anni ‘20

25 giugno 2023

Dalla Gara delle Canzoni Abruzzesi di Pescara del 1922 alla Settimana Abruzzese di Castellammare-Pescara del 1923.

Dalla Gara delle Canzoni Abruzzesi di Pescara del 1922 alla Settimana Abruzzese di Castellammare-Pescara del 1923
di Angelo Iocco








Sulla scia delle Maggiolate di Ortona, iniziata nel 1920, a Pescara si organizzò, con bando della rivista “L’Idea Abruzzese” di Zopito Valentini, una memorabile rassegna, chiamata “La Gara delle Canzoni Abruzzesi”, cui aderirono diverse personalità regionali, come Romualdo Pantini, Alfredo Luciani, Luigi Antonelli, Guido Albanese, Vincenzo Bindi, Tommaso Bruno Stoppa, Ermindo Campana, Ettore Janni, Antonio Di Jorio, Gennaro Finamore, Ettore Montanaro, solo per citare i più famosi. Presidente del comitato fu Valentini, presidenti onorari D’Annunzio, Michetti, Croce, maestro, direttore e concertatore Giuseppe Gargarella di Lanciano, grande amico di uno dei poeti che presentò le canzoni: Giulio Sigismondi. Il duo realizzerà capolavori come Lucenacappelle, Canzuna nustre, Vulesse, queste ultime due presentate alla Prima Gara delle Canzoni Abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile 1922, vincendo il primo premio per poesia e per la composizione.

Nel 1922 dunque proprio a Pescara dal 19 al 22 agosto (qualche mese dopo la burrascosa Rassegna delle Canzoni Abruzzesi di Lanciano del 18-19 aprile), nella rassegna “Settimana Abruzzese”, organizzata da Zopito Valentini pubblicista di Loreto Aprutino, dal commediografo Luigi Antonelli e altri,  con la canzone dialettale  Tuppe e Tuppe, il M° Pierino Liberati di Castel Frentano (1894-1963)   fu premiato come primo classificato su 56 partecipanti;  in quell’occasione al cinema teatro “Vicentino Michetti” nel comune di Pescara in viale Umberto (oggi Viale G. D’Annunzio), ci furono ospiti importanti quali  D’Annunzio e Michetti, che gradirono assai la composizione. Raccontano gli eredi che Michetti addirittura si sarebbe alzato dal posto, gridando “Maestre, quess’è fregne addavère!”.

Utilissimi si sono rivelati i rari giornali che descrivono gli eventi di quei giorni, dalla Tribuna, a L’Idea abruzzese di Pescara[1]. La Gara delle Canzoni, bandita dallo stesso giornale pescarese l’Idea abruzzese, il 9 luglio 1922, presso il Grand Hotel di Pescara, fu presentata la canzone Tuppe e tuppe. Il presidente Valentini si riuniva con la commissione formata da alti nomi della musica abruzzese, Primo Riccitelli di Cugnoli, Pasquale Malaspina, Ettore Montanaro di Francavilla, Vincenzo Vicoli, e poi i pittori e cultori della materia Basilio Cascella, Tommaso Bruno Stoppa di Loreto, Enrico d’Ovidio, Romualdo Pantini di Vasto, Luigi Antonelli. Dovevano essere presenti anche altri illustri nomi come Vincenzo Bindi, Domenico Ciampoli, Gennaro Finamore, Nicola Moscardelli, Ottorino Pomilio, Guido Albanese, F. Filomusi Guelfi, ma a causa di impegni vari non furono presenti. 46 canzoni sono presentate, come da regolamento non sono segnati i nomi degli autori, ma le canzoni sono presentate con delle frasi a effetto. Tupp’e  tuppe: “versi miei, musica di lui”. Molte di queste furono presentate in contemporanea anche alle Maggiolate di Ortona. La canzone dei Nostri è premiata a pieni voti.

Il giorno 22 agosto in commissione si riunisce la giuria, al pianoforte Antonio Di Jorio che sostituiva il M° Giuseppe Gargarella di Lanciano, come detto, figura come maestro concertatore, ma fu indisposto; direttore d’orchestra era il M° Arturo De Cecco (anche lui amicissimo e collaboratore di Sigismondi); si esibiscono i cori di Pescara e Vasto con 10 canzoni totali

LUCENACAPPELLE di Sigismondi-Gargarella

SI’ CCHIU’ BELLE SCIRRICHITE di Angelini e Ranalli

MAR’AMME’ di De Aloysio e Quinzii

VOGA, VOGHE! di Mariani e Colizzi

LU MUNNE ACCUSCI’ VA! di Paparella e Ambrosini

TUPPE TUPPE di Di Loreto e Liberati

CANZONE A PRIMAVERE di Ambrosini e Ciampella

CUNCITTI’ di Ritucci Chinni

LA METITURE di Massangioli e Ambrosini

LA SAVETARELLE di Massangioli

12 giugno 2023

Compositori abruzzesi: Antonio Ricchiuti, il musicista di Palombaro.

Caricatura di Ricchiuti, dal Giornale d’Italia, 24 settembre 1936, 
articolo inerente la Sagra dell’Uva di Poggiofiorito.

Compositori abruzzesi: Antonio Ricchiuti, il musicista di Palombaro
di Angelo Iocco

Antonio Ricchiuti nacque in Palombaro nel 1888 da Giuseppe e Maria Natale, un piccolo paese della ridente provincia di Chieti, e vi morì. Alle soglie del secolo scorso aperse gli occhi alla immensa mole della Majella. Palombaro è terra rinomata di bandisti, tra cui ricordiamo Giandonato Giosaffatto (1882-1968); il Ricchiuti visse nel sobborgo di San Carlo, nel colle che digrada in frana verso Pennapiedimonte; nella piccola casa visse sino alla morte, e così il fratello Pietro e il figlio Ermete, che ne custodì la memoria e le carte. Compositore versatile, del tutto sconosciuto, se non nell’ambito locale, scrisse non solo canzoni abruzzesi per le famose Maggiolate di Ortona, ma anche pièces teatrali, suite da camera, canzoni in lingua, e anche un Miserere per Palombaro. Ricordiamo una “Scena del villaggio” operetta musicale agreste in 3 atti, le romanze “Se non torni – Fuggiamo – Quando miro la natura”, i poemetti sinfonici “Dalle falde della Majella – Forte e gentil Abruzzo – Alba primaverile – Abruzzo”, gli inni patriottici “Sempre avanti, Savoia! - Inno della Vittoria – Vieni in Africa – XXI Aprile – La nuova Italia”, dal chiaro sapore propagandistico per le imprese del Fascismo, delle belle pastorali abruzzesi, la Ninna nanna di Natale, dei tango e delle canzonette napoletane. Notiamo da un catalogo scritto dal figlio Ermete, un repertorio di ben 351 titoli, non tutti facilmente reperibili, ma su cui promettiamo di continuare a interessarci per custodire la memoria dell’insigne musicista palombarese. Maggior fortuna hanno avuto la diffusione delle canzoni abruzzesi. Come detto, il Ricchiuti partecipò alle Maggiolate di Ortona, vediamo le canzoni “Gne na farfalle” su testo di Nino Saraceni di Fossacesia, graziosa descrizione allegoria dell’amore a farfallina, che si posa sul fiore, e trova il compagno ideale, poi “L’Amore cante”, un bel duetto di festosità tra le spume del mare e le verde campagne delle colline, un’altra canzone d’amore: “Lu ramajette”, che fiorito, fa germogliare l’amore tra gli appassionati.


Non solo Saraceni scrisse canzoni con lui, nelle Maggiolate, ma notiamo anche nel 1927 la canzone “La mostre” con Luigi Dommarco, poi “Rusine”, scritta con Antonio Ambrosini di Chieti nel 1924, e una canzone, tratta dal Canzoniere abruzzese di Cesare de Titta, uscita dopo la morte di costui, nel 1939: “Nen te vojje ‘ngannà”.


Il Ricchiuti partecipò anche a un altro importante festiva canoro, che si teneva nella vicina Poggiofiorito, la Sagra delle Canzoni dell’Uva; scrisse canzoni nell’edizione del 1938: “Paranzelle” con il Tenente Tommaso Di Martino, dedicata alle graziose barchette che vanno a pesca in mare, e poi con Nino Saraceni “La fonte di la Fate”. Questa canzonetta è considerata come una delle meglio riuscite dalla felice coppia Saraceni-Ricchiuti, narra in tre strofe, più i ritornelli, di una ragazza-fata che va a prendere l’acqua con la conca a una sorgente della Majella, e che lì incontra l’amore. Una immagina clichè che abbiamo imparato a conoscere della tipica ragazza abruzzese in abito variopinto che si aggira per i monti. Eppure la canzone ebbe un grandissimo successo, e fu riproposta dal Coro di Poggiofiorito col M° Tommaso Coccione, a Roma per la festa solenne per la venuta del Fuhrer; e nei giornali dell’epoca, tra cui un articolo del dott. Eduardo Di Loreto di Castelfrentano sul “Messaggero”, la canzone fu salutata come una delle più belle mai scritte in abruzzese.


Il Ricchiuti dopo questo felicissimo periodo con i cori folkloristici, tornò a Palombaro, a insegnare musica, come fece per tutta la vita. Partecipò anche alla 4° edizione del Festival della Canzone Abruzzese e Molisana di Vasto, con una canzone scritta dall’amico Nino Saraceni. Non si sa, al momento, molto altro della sua vita, visse fino a tarda età negli anni ’60, quando la morte lo colse nella sua casa che guarda verso la Montagna Madre.