Attilio Fuggetta e Nino Saraceni, due giganti della canzone popolare abruzzese
di
Angelo Iocco
Nacque a Lavello, provincia di Potenza nel 1894 e morì a Chieti nel 1980. Ringraziamo il prof. Andrea Giampietro, il quale ne dà notizia in una nota al suo saggio Studi di letteratura abruzzese, Ortona, 2024. Si trasferì giovanissimo a Sulmona per scopi lavorativi, facendo il capostazione, e per gli stessi motivi di lavoro, ebbe incarichi anche alle stazioni di Lanciano e Fossacesia. Ironia della sorte, Fuggetta era destinato ad adottare l’Abruzzo come seconda patria, e soprattutto a entrare in contatto con il poeta Nino Saraceni di Fossacesia, nato nello stesso anno, con cui collaborò in diverse edizioni delle Maggiolate di Ortona. Purtroppo al momento ignoriamo come egli possa aver studiato musica, e in quale istituto o conservatorio, per poter iniziare a produrre già canzoni nei primi anni ’20, con l’istituzione delle Maggiolate a Ortona. Resta ancora un mistero, così come per la formazione artistica di altri compositori abruzzesi quali Vito Olivieri di San Vito e Arturo Colizzi di Rocca S. Giovanni. Preso anni più tardi il diploma per l’insegnamento di musica, si perfezionò a Lanciano, dove ebbe incarichi anche nei Corsi di perfezionamento estivi voluti dal Sen. Enrico D’Amico.
Fuggetta
fece le sue prime apparizioni, come detto, alle Maggiolate Ortonesi, entrando
subito in sintonia col poeta Saraceni. Ecco le canzoni scritte con lui:
M’à ditte ca scì, III Maggiolata di Ortona 1922
Affaccite tisore, IV Maggiolata 1923
Lu niducce, V Maggiolata 1924
Ggenta nostre, VI Maggiolata 1925
Lu ndruvarelle, VII Maggiolata 1926
Lu starucce, VIII Maggiolata 1927
Tra queste figura anche Maccarune a la chitarre, canzonetta scritta dal Saraceni, ancora oggi riproposta da diverse corali, specialmente dal Coro Voci delle Ville di Ortona del
M° Rosanna Meletti. La canzone è un omaggio ai tradizionale maccheroni abruzzesi, ascoltando la melodia, sembra di trovarci in una cucina, con una buona cuoca intenta ad impastare la farina con l’acqua e le uova, lei sì che sa “accordare” la chitarra per una sana e gustosa canzone:UOMO:
Li maccarune fatte all’abruzzese,
CORO:
A la chitarra scì, a la chitarra scì!
UOMO
La sposa me’ le sa ‘ccurdfà na prese…
CORO:
Mo ve le diche i’, mo ve le diche i’!
RITORNELLO
O
Mariarò,
ssi
vraccia robbuste
la
paste fa’ toste
e
lu cannelle arebberrute e sberrute
la
sfoje fa’ allargà.
O
Mariarose
Pe’
ffa li maccarune,
‘nti
ci l’appòm nisciune
Ca
na matrona siè!
Il M° Guido Albanese
A
questa canzone sembra fare il verso, sempre per ritmo incalzante e allegro, Lu ndruvarelle del 1926, altra
celeberrima canzone delle Maggiolate, eseguita da diverse corali ancora oggi,
compreso il Coro di Fossacesia diretto da Antonio Fantini, e ancor prima di lui
dal M° Giuseppe Melatti, direttore e concertatore della Sagra della Vendemmia
di Fossacesia del 21 settembre 1947, quando la canzone fu riproposta.
Una
massaia sta lavorando a casa con il fuso di un arcolaio, è una bella fanciulla
che sta lavorando, facendo girare col piede l’arcolaio assai vorticosamente; ma
l’innamorato che la guarda, sposta lo scenario del tradizionale lavoro
abruzzese alla musica, facendo riferimento al girare di un grammofono:
Vota,
vota lu ndruvarelle,
li
matasse fa la rutelle.
Ma
si guard’a ssa vocca belle
Gne
lu vinile mi fi’ fa’!
Vota,
vote lu vinilucce
S’abberrute
li cannillucce
I’
vulesse che ssi manucce
Di
carezze abbirrut’a mme!
La
canzone Ggenta nostre, anche se non
dichiaratamente, già inizia a risentire di quell’influenza fascista
dell’esaltazione della razza, differenziata regione per regione, ma in realtà
differenziazione non troppo tangibile, assai convenzionali e vaghi infatti sono
i riferimenti al lavoro della campagna: “campème d’aria bbone e de fatije /
‘mmezz’annu ce cante l’allegrije!” si esalta in sostanza il buon e redditizio
lavoro dei campi, tra canti e feste, fino all’ultima strofe, in cui il
contadino dichiara il suo amore all’amata, paragonandosi a due uccellini che
volano. Il tema dell’uccellino ricorrerà spesso nelle liriche di Saraceni,
quasi fosse uno schema convenzionale alla canzone abruzzese, per comporre una
strofe, per concludere ad effetto un tema; tematiche più o meno solite, e
ripetitive, le ebbe ad esempio anche Eduardo Di Loreto di Castelfrentano, che
dopo le celebri canzoni A core a core,
Tuppe e tuppe, Stu paesette me’, riproponeva il tipico campionario dei due
innamorati che vogliono evadere dalla monotonia del paese, andando però a
vivere in campagna, o in una casetta sul mare, soli soletti, oppure scappando
verso l’avventura, per trovare un luogo sicuro, vivendo di espedienti…e di
amore (vedi Lu viagge, 1926).
La
coppia Saraceni-Fuggetta partecipò anche alla II festa del Mare di San Vito
Chietino con la canzone Vie’ ssintì.
È una canzonetta molto delicata nell’impostazione, a cui sembra richiamarsi la
poesia del palenese Ermindo Campana La
Maiell’a primaviere; il poeta-corteggiatore, calandosi panicamente in un
ravanello, si rivolge all’amata celebrando lo sbocciare dei fiori e delle rose
sulla montagna Maiella a maggio (si tenga presente che questa è una delle poche
canzoni del concorso canoro sanvitese in cui si fa un’eccezione alle regole del
bando di concorso, che prevedeva per tematica il mare, così come si può vedere
negli altri concorsi della Sagra delle canzoni abruzzesi di Pescara del 1922, o
le varie Maggiolate ortonesi):
Mo’
la chiara ruvanelle
A
li jirvitell’a llate,
nchi
na vocia dilicate
quante
cose ‘tte cuntà!
I’
tè ddì a la Majelle
À
cagnate lu vistite,
li
ciardin’à fiurite
e
è feste ugn’addò.
Ogni
ritornello ha ottonari diversi, nel primo si introduce l’arrivo della primavera
sulla Maiella, dove il freddo lascia posto alla rinascita dei fiori, nella
seconda il poeta introduce il canto dei cardellini e degli uccellini, e infine
nell’ultimo le rose che spoppano sui colli a migliaia. Attilio Fuggetta, in
contemporanea con la Maggiolata ortonese, fu coinvolto anche nelle Sagre
dell’uva di Poggiofiorito degli anni ’30, e con il poeta poggese Tommaso Di
Martino, compose Sirinatelle vecchie,
un motivo “a dispetto” della serenata alla finestra dell’immancabile Rusinelle,
con il mandolino e la zampogna; e Pacchianelle
su versi di Saraceni, altra canzone d’amore dedicata a una ragazza contadina.
Una inedita canzone fascista del duo Fagiani-Fuggetta è stata rinvenuta
nell’Archivio dell’Associazione “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, la canzone
è Uno-due! Essa fu composta
probabilmente per qualche scuola elementare di Lanciano dove il Fagiani
insegnava. Non siamo riusciti al momento a rintracciare una eventuale
pubblicazione a stampa, e quindi immaginiamo che essa sia inedita, il testo è
battuto a macchina, lo spartito di Fuggetta è manoscritto. Impossibile non
immaginare il passo dell’oca adottato dai ragazzi balilla in omaggio al Duce
Mussolini:
Di
feste se ne fa, ma la cchiù bille
È
quande le balille
Fa’
la sfilate a lu pajese me’!
Quande
le vide, chi mi po’ tinè,
a
nen scruccà le mane,
a
nen fa’ lu salute a la rumane!
Ti
fa’ ‘ncantà
A
riguardà
Gna
t’è passà
Sti
cardellucce de la Patria me!
E
pe’ marcià
Che
passe te’:
“Uno-due!
Uno-due!”
Nel
1929 per la X Maggiolata scrive con A. Tattoni Nen te’ marite cchiù! Con il poeta pescarese Oberdan Merciaro
(1892-1970) il Fuggetta fu prolifico, con le seguenti canzoni:
Oh, Cuncittine!, XI Maggiolata di Ortona, 1930
S’aricànte, Maggiolata di Ortona del 1947
Pirulì….Catarì, Maggiolata di Ortona 1948
Cante lu marenare, XX Maggiolata del 1952
S’aricànte
fu composta per l’edizione dopo i disastri della seconda guerra mondiale, c’era
bisogno, per il popolo, di svagarsi, e la Maggiolata poteva risorgere dalle
ceneri, grazie all’infaticabile Guido Albanese, che presentò le canzoni Ma Urtone è sempre Urtone su versi di Dommarco, e Ci
manche a l’Adriatiche na perle. Il tema veicolante di questa edizione,
inevitabilmente non poteva esulare dal citare, come un’eco mostruosa ormai
lontano, di cui ancora però si percepivano i segni spaventevoli, la guerra che
tanta morte arrecò all’Abruzzo.
Stando
a Lanciano, Fuggetta non poté escludere dalle sue conoscenze il maestro e poeta
Cesare Fagiani, con cui nella Maggiolata del 1939 presentò La giuvintù di mo’; più tardi con Guido Giuliante di
Pennapiedimonte, scrisse Tuppe-tuppe e
lariulà nella Maggiolata del 1957. Conobbe anche il poeta teramano Andrea
De Majo, con cui scrisse alcune canzoni per le Rassegne di Francavilla al mare,
svoltesi agli inizi degli anni ’30; nel 1932 per la XIII Maggiolata presentano
insieme la canzone Che scì ‘ccìse!
Nell’Archivio
T. Coccione di Poggiofiorito abbiamo trovato una canzone inedita del duo
Saraceni-Fuggetta: Mattinate d’Abruzze,
è una canzone davvero piacevole e soave, delicata come i versi del poeta
fossacesiano, che descrive la notte di stelle nel cielo abruzzese, proprio poco
prima dell’alba, quando inizia a fare giorno, dalla seconda strofe, e il sole
spunta dietro la Maiella, irradiando nella terza strofe con i suoi raggi tutto
il paesaggio, le valli, e i monti. Si può dire che anche questa canzone faccia
eco a un’altra, presentata dal saraceni alle Settembrate di Pescara, con la
musica di Antonio Di Jorio: Venticelle
d’Abruzze, altra canzone “descrittiva”, da accludere al secondo filone
della produzione del Saraceni, dopo quelle dei canti d’amore.
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