12 giugno 2025
Camillo De Nardis, Il Giudizio Universale.
6 giugno 2025
Camillo De Nardis, Quando.
26 maggio 2025
Camillo De Nardis, L'Orfanella.
Camillo De Nardis, Sempreviva.
16 maggio 2025
Vincenzo Galante, un Orsognese a Napoli.
di Angelo Iocco
Nacque a Orsogna nel 1869 e morì il 18 febbraio 1912 a Napoli nella sua casa del corso Vittorio Emanuele, figlio di Silvio e Gemma Cerretani. Dopo gli studi classici a Chieti, si trasferì a Napoli, laureandosi in Giurisprudenza nel 1891, entrando in Magistratura nel 1893, conseguendo la docenza a Napoli, con relazione di Lodovico Mortara. Quest’ultimo, nativo di Mantova (1855), si fece le ossa in Giurisprudenza all’Università della città lombarda, e si laureò nel 1874, esercitò la professione di avvocato. Nel 1882 si spostò a Bologna, nel 1855 pubblicò Lo Stato moderno e la Giustizia, con successo, nel 1888 si spostò a insegnare giurisprudenza all’Università di Pisa. Nel 1901 fondò l’Università popolare a Napoli, conoscendo il Galante. Nel 1906 insegnò Giurisprudenza alla Facoltà di riferimento dell’Università di Napoli, succedendo al Prof. Chiovenda, ma il Galante a causa di un male morì prematuramente.
Dopo la sua morte, fu
curata l’opera degli scritti, dal titolo Scritti
giuridici di Vincenzo Galante pubblicati a cura del Comitato per le onoranze
alla memoria di lui, a cura del figlio Pio Galante e Carlo Fadda, Napoli,
Jovene.
Il Galante fu anche letterato e poeta, fu commemorato dal compaesano Beniamino Costantini in un articolo nel numero della Rivista abruzzese di Teramo del 1914. Il Galante scrisse diversi articoli sul tema di Giurisprudenza, ad esempio un articolo sull’illiceità del patto di violazione del buon costume circa il tema dell’illiceità della causa per negare efficacia ai patti che prevedevano interessi di usura, tale articolo è Le nuove correnti della Giurisprudenza per la repressione dell’usura, in Rivista critica di diritto e giurisprudenza, VIII, 1910, I, pp.1-19.
29 aprile 2025
P. Domenico Maria D'Amico da S.Eufemia O.F.M. – Nel 50° anniversario del transito (1943-1993) – Il Santo costruttore di chiese.
P.
DOMENICO MARIA D’AMICO DA S. EUFEMIA O.F.M. – NEL 50° ANNIVERSARIO DEL TRANSITO
(1943-1993) – IL SANTO COSTRUTTORE DI CHIESE
di
Angelo Iocco
Nella
Biblioteca del Convento dell’Osservanza della Santissima Annunziata del Poggio
a Orsogna, si conserva un dattiloscritto inedito dal titolo Storia del Convento della Ssma Annunziata di
Orsogna, a firma di Vincenzo Simeoni. Fratello maggiore del sindaco Tommaso
Simeoni (1904-1994) che ricostruì Orsogna, Vincenzo si occupò da subito di
studi classici e religiosi, e condivise il Collegio col celebre storico P.
Aniceto Chiappini di Lucoli, come riporta in questi appunti, e si adoperò per
la pubblicazione di diversi articoli su riviste romane e umbre sui francescani
abruzzesi e le figure di spicco di Orsogna. Memorabile il suo intervento sulla
festa dei Talami a Orsogna, letto al VII Convegno Internazionale delle Tradizioni
popolari tenutosi a Chieti nel 1957 per volere del prof. Ernesto Giammarco e
Francesco Verlengia.
In
questo capitolo, leggiamo la storia del francescano Padre Domenico Maria
D’Amico da Sant’Eufemia a Maiella (1886-1943), dell’Ordine Osservante, che si
adoperò con pochissimi mezzi e con tanta Fede, per la ricostruzione di diverse
chiese abruzzesi in abbandono, e la fondazione di nuovi Conventi
dell’Osservanza nel chietino e nel pescarese. Molte notizie sono tratte dal
Simeoni, dal volume di P. Donatangelo Lupinetti: P. DOMENICO MARIA D’AMICO IL
FRATE MATTONARO, Pescara 1993.
Ecco
il testo del dattiloscritto inedito:
Questa attraente Figura d’Apostolo francescano, nacque il 25 agosto 1864 da Ercole D’Amico e Filomena Tonto a S. Eufemia a Maiella, dove crebbe come un Giglio profumato. Circondato dall’affetto dei genitori, del fratello Giocondino e dalla sorella Maria Giustina, passò la sua innocente fanciullezza e casta gioventù nell’aiutare suo padre sacrestano. A 12 anni ebbe il primo incontro con Gesù, che con il lavorio della sua grazia man mano lo preparò alla sua futura missione. Gli fu di valido aiuto il buon Arciprete d. Gioacchino Cerretani il quale, conoscendone la bontà, la vivida intelligenza e le disposizioni, prese a coltivarne la mente e il cuore, quasi presago del suo avvenire. Domenico si prestava a quel provvidenziale insegnamento anche quando l’Arciprete fu trasferito a Villa Reale[1], facendo chilometri a piedi, e spesso vi rimaneva per apprendere lezioni di Religione, cultura generale e latino. E per non essere in aggravio al suo benefattore, la sera studiava alla fioca luce del Sacramento, davanti al quale poi profondeva dolci colloqui d’amore.
In
quella favorevole atmosfera, nacque in lui la vocazione sacerdotale, nonostante
i continui richiami del mondo fallace e ingannatore e la propaganda
anticlericale che allora si propagava nella nostra Penisola. Il suo sogno
andava man mano maturando nel suo animo tra quei monti suggestivi, risonanti
del murmure delle acque e degli alberi secolari, anzi fu forse quell’ambiente
mistico che gli suggerì di chiudersi in un Convento per meglio servire il
Signore nel silenzio del chiostro. Nell’anno 1866 i Conventi erano stati chiusi
per legge, e i poveri Religiosi dispersi come fuscelli al vento, non sapendo quindi
come realizzare il sogno tanto caro, egli si raccomandò alla sua cara Madonna
la quale venne preso in suo aiuto.
Fortunatamente
il 13 luglio 1885 si riaprì il Ritiro di Orsogna ed allora il giovane decise di
lasciare il suo paese per seguire la voce di Dio. non l’attrasse il vicino
Convento di Tocco Casauria, posto come sentinella avanzata del francescanesimo
allo sbocco della valle che divide l’imponente Maiella dal Morrone, santificato
da S. Pietro Celestino e dai suoi Monaci.
Eppure, un mistico come lui avrebbe dovuto preferire quel baluardo
serafico che dalle falde del Morrone domina un vasto orizzonte che si estende
dalla sottostante Gola di Popoli sino all’azzurro Adriatico, e oltre il superbo
Gran Sasso, ai cui piedi il 27 febbraio 1862 era morto Gabriele
dell’Addolorata, il Santo del sorriso “Stella dell’eternità senza fine”.
Fondato nel 1470 dal Comune di Tocco in onore di S. Francesco e di S. Giovanni da Capestrano che si era spento il 23 ottobre 1456 a Ilok dopo la sua splendida vittoria di Belgrado sui Musulmani, vantava un glorioso passato ed era la Sede capitolare dei Francescani d’Abruzzo. Chiuso nel 1811, ma riaperto il 13 marzo 1816, era rimasto a svolgere fortunatamente la sua piena attività anche dopo il 1866, nonostante avesse subìto la dispersione della ricca biblioteca. Certamente l’aveva salvato il potente mistico nome di S. Maria del Paradiso! Potenza della Madre di Dio!
A
21 anni, il giovane Domenico lasciò i suoi cari monti, testimoni della sua
ascesi mistica, per dirigersi verso il lontano Ritiro di Orsogna fondato nel
1448 da S. Giovanni da Capestrano. Era stato chiuso improvvisamente dal Delegato
di pubblica sicurezza il 14 gennaio 1864, l’anno di nascita di Domenico, ma
riaperto il 13 luglio di quel fatidico anno 1885, che segnava l’inizio di una
nuova vita per il Missionario. Che meravigliosa coincidenza! In quell’arco di
tempo egli aveva maturato il suo bellissimo sogno che doveva rivelarsi radiosa
realtà. Superando i meravigliosi Monti della Maiella, giunse a Caramanico per
rifocillarsi di un boccone. Quel giorno era venerdì, ed egli senza rispetto
umano, chiese al locandiere cibo di magro, tra le beffe di alcuni giovinastri
che vomitarono ingiurie contro il Papa e tutto ciò che vi era di veramente
bello e sacro.
11 aprile 2025
Processo Marinucci, 6 aprile 1864, Tribunale Militare di Guerra di Chieti. Imputati due bambini di 7 e 11 anni.
9 aprile 2025
Padre Marcellino Cervone da Lanciano e la ricostituzione della Provincia Serafica Abruzzese dopo l’Unità d’Italia.
Padre Marcellino Cervone da Lanciano e la ricostituzione della Provincia Serafica Abruzzese dopo l’Unità d’Italia
di Angelo Iocco
Il
29 settembre 1839 a Lanciano nasceva Raffaele Cervone. Sin da piccolo manifestò
la sua vocazione si farsi frate, e seguiva i seminari e le prediche dei Minori
Osservanti del convento di S. Angelo della Pace, poi S. Antonio di Padova,
nella sua Lanciano. Dopo un periodo di prova nel Noviziato del Ritiro di
Orsogna, nel 1856 ricevette l’abito serafico, e infine fu ordinato sacerdote il
5 ottobre 1862. Nel 1866 una crudele legge dello Stato piemontese, come
vedremo, soppresso gli Ordini monastici, e chiuse tutti i Conventi d’Italia.
Padre Marcellino da Lanciano come tanti altri monaci, si trovò sperduto. Ma non
demorse, e si dette da fare per ricostituire la Provincia Serafica Abruzzese di
S. Bernardino, dopo il violento passaggio del movimento liberale. Ma come fece?
Ce lo racconta un articolo inedito di Vincenzo Simeoni di Orsogna del 1993
circa, che compone una voluminosa monografia sulla Storia del Convento
dell’Annunziata del Poggio, nella di cui biblioteca si conserva.
Strali
velenosi si scagliarono anche contro il nostro caro Ritiro, ma il primo strale
ufficiale fu lanciato il 29 aprile 1862 con mano empia e felpata da un arco
vibrante di odio e di livore sacrilego di un anonimo cittadino di Filetto.
Quella freccia avvelenata raggiunse lugubremente il bersaglio con effetto
micidiale, anche se in ritardo, e l’eco si ripercosse sinistramente di luogo in
luogo fra le risate beffarde della palude pestifera.
Filippo
Palizzi, schizzo del Convento di Orsogna, 1874 – fotoriproduzione dall’archivio
del Convento della Santissima Annunziata, Orsogna.
30 marzo 2025
IL CANTO POPOLARE ABRUZZESE NELLE TRADIZIONI DI IERI E DI OGGI – Parte IV – I Canti di Orsogna.
di Angelo Iocco
La cittadina di Orsogna
è da considerarsi tra i paesi abruzzesi, dove la vocalità e la tradizione della
canzone abruzzese si conserva con freschezza e rispetto della tradizione.
Centro devoto a Maria, per la presenza della tradizionale Sagra dei Talami, che
affonda le radici a quei riti propiziatori popolari, e alle rappresentazioni
Sacre bibliche del XVI secolo introdotte dai Padri Paolotti nella distrutta
chiesa della Madonna del Rifugio, Orsogna sin dai primi saggi studiosi del
canto e delle tradizioni abruzzesi, apparsi nel secondo Ottocento, è stata al
centro dell’attenzione, risaltando per i suoi abiti tradizionali variopinti,
per i magnifici gioielli, per le “sciacquajje d’ore” (gli orecchini pendenti),
e specialmente per il canto.
Questi canti costituiscono il repertorio della Corale “La figlia di Jorio” di Orsogna, la prima corale folkloristica abruzzese a essere ufficialmente nata all’alba delle Maggiolate abruzzesi di Ortona. La sua storia è stata tracciata da Plinio Silverii (1926-2002) nel suo volumetto Orsogna in costume, tip. Brandolini 1981. Il Coro nasce nel ’20, precedentemente si pensava fosse nato nel 1929 insieme alla Corale di Poggiofiorito, tanto che ci fu anche un’importante manifestazione al teatro comunale nel 1979 per festeggiare i 50 anni. Pare che la prima esibizione fu in una festa paesana di S. Antonio di Padova a contrada La Roma di Casoli, poi immediatamente la Corale prese il volo per le manifestazioni, alla Settimana abruzzese di Pescara del 1923, a Firenze nel 1930, nello stesso anno a Roma al Quirinale insieme a un Talamo realizzato per le nozze del Principe Umberto II, a Napoli in piazza Plebiscito, al Museo Belliniano di Catania, alla Rassegna dei Cori di Roma a piazza Siena nel 1938 per la visita di Hitler, al Vittoriale di Gardone Riviera nel 1950. Nella commemorazione del 1979 vi tenne al teatro un convegno con i proff. Ernesto Giammarco, Benito Lanci, Giuseppino Mincione, Franco Potenza, Padre Donato (Giuseppe) Di Pasquale OFM, successivamente si rappresenta una commedia di Plinio Silverii, e infine il canto orsognese Bbone Ursogne.
9 marzo 2025
Fra’ Ludovico Riccelli ovvero Beato Ludovico da Gildone, un francescano molisano a Orsogna.
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Ritratto
del B. Ludovico opera di Nicola Ranieri |
FRA’ LUDOVICO RICCELLI ovvero BEATO LUDOVICO DA GILDONE, un francescano molisano a Orsogna
di
Angelo Iocco
In
un testo dattiloscritto inedito di Vincenzo Simeoni di Orsogna sulla Storia del
Convento della Santissima Annunziata di Orsogna, leggiamo queste belle pagine
di un umile frate sepolto nell’antica chiesetta. Entrando in questo umile luogo
di preghiera, vediamo all’altezza della cappella della Madonna degli Angeli (ex
Sant’Antonio), una umile sepoltura con l’iscrizione del Santo, e di recente è
stata ivi ricollocata l’immagine del Ven. Ludovico dipinta post mortem dal
pittore Nicola Ranieri di Guardiagrele (1749-1851), da cui fu tratta anche
un’incisione per un santino.
Altre
sepolture di uomini illustri sono quella del Fr. Diego Giampaolo da Gamberale,
morto nel 1959, e quelle degli uomini illustri che procurarono la nascita del
Ritiro: il Ven. fr’ Francesco da Caramanico, il fr. Bernardino da Penne.
Lo
storico P. Marcellino Cervone da Lanciano scrisse nel 1891 fra tutti i Santi
Religiosi del secolo XVIII nella nostra Provincia Serafica Abruzzese, nessuno
uguagliò il Ven. Ludovico, specie per gli strepitosi miracoli operati dopo la
sua preziosissima morte, attestati dal Notato nel numero complessivo di 98.
Questa bella figura che tanto illustrò
il Ritiro di Orsogna, nacque al 10 novembre 1712 da Giovanni Riccelli e Viola
Massimi contadini, il giorno dopo fu battezzato col nome di Antonio. L’anno
precedente erano avvenuti due fatti importanti: la morte di un altro eroe
francescano, P. Bonaventura da Potenza, e la solenne condanna emessa da
Clemente XI contro le famose porposizioni dell’eretico Giansenio (Cornelius
Jansen, vescovo di Ypres).
Antonio
fu cresimato nel 1721 dal Cardinale Orsini, divenuto poi Papa con il nome di
Benedetto XIII. Presto dimostrò una grande religiosità, non ottenuta dal duro
lavoro dei capi che esercitò con grande impegno sino all’età di 17 anni.
Infatti nel mese di maggio del 1730 egli espresse il desiderio di farsi
religioso, ma invece di rivolgersi al locale Monastero degli Agostiniani, con
grande dolore della mamma che l’avrebbe voluto vicino a sé, si recò al Convento
dei Frati Minori di Foggia. Senonché il suo desiderio non fu esaudito, in
quanto la sua povertà non gli permetteva di acquistarsi l’abito, secondo la
religiosa consuetudine vigente allora.
2 marzo 2025
Padre Aniceto Chiappini O.F.M. da Lucoli, storico abruzzese.
Padre Aniceto Chiappini O.F.M. da Lucoli, storico abruzzese
25 febbraio 2025
18 ottobre 2024
Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500.
Luca
Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500
di
Angelo Iocco
Un
recente studio del Prof. Marco Vaccaro dell’Università di Chieti, apparso in Chieti – Scritti di Storia e di Arte dal
Medioevo all’Ottocento, Chieti, Assoc. Sacro e Profano, 2021, fornisce più
lumi su questo pittore, di cui si erano occupati in maniera sparuta Cesare de
Laurentiis, Vincenzo Balzano e Francesco Verlengia, senza fornire particolari
note critiche sulla sua carriera. Grazie anche alla pubblicazione di atti
notarili dall’Archivio di Stato di Chieti a cura di Van Verrocchio in Theate Regia Metropolis, è possibile
ricostruire in parte la carriera del pittore. Nacque a Chieti e visse e operò
nella seconda metà del ‘500, e agli inizi del ‘600. Visse in un periodo di
fervore culturale a Chieti e in Abruzzo, dove pittori della Maniera del Vasari,
si cimentavano nella realizzazione di tele e affreschi per parrocchie e
conventi. Rimanendo in ambito chietino, furono attivi artisti del calibro di
Leonzio Compassino da Penne, Giovan Battistista Ragazzini da Ravenna con suo
fratello Francesco (sue opere si trovano a Castelli, Penne e qualche paese
dell’area vestina), Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri.
Luca
Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora
in San Domenico di Chieti, foto Oscar D’Angelo.
Luca
Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora
in San Domenico di Chieti (particolare)
Albero
Francescano, chiesa di Sant’Antonio di Padova, Lanciano (XVI-XVII sec.)
Altre opere realizzate dal Fornaci sono nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Ortona: Cristo risorto tra gli Apostoli, alla sinistra della scena il Salvatore appare in Maestà, nell’atto di benedire, alla destra gli Apostoli confusi, e in alto la scena della Casa di Pietro, realizzata come un sontuoso tempio, in alto al centro gli Angeli sopra una nuvola assistono meravigliati al prodigio. La firma di Fornaci si trova presso un cartiglio retto da un Apostolo.
Presso
la chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives di Filetto si trova sulla destra
una tela della Madonna del Rosario: la Vergine col Bambino è al centro, e nei
riquadri della cornice sono raffigurati i Misteri del Santo Rosario. La Madonna
porge un Rosario con la destra a San Domenico e ai seguaci, mentre il Bambino
sulla mano sinistra della Vergine, si sporge a dare la benedizione a Santa Rosa
da Lima e suore seguaci, mentre due donne, probabilmente le committenti
dell’opera, appaiono a mezzo busto in basso a destra, nell’atto di adorare la
scena. la stanza dove la Madonna siede in trono è abbellita da tende, e da un
pavimento a lacunari disposti in ordine simmetrico, con figure geometriche di
cerchi e rombi; schiere di devoti si trovano disposte dietro San Domenico e
Santa Rosa, compreso Papa Pio V, vittorioso nella battaglia di Lepanto. Il
quadro si trovava nella chiesa di Santa Maria di Filetto, nella parte antica
del paese, andata distrutta nella seconda guerra mondiale. L’opera è di fattura
mediocre, ma denuncia uno stile di rappresentazione abbastanza convenzionale
nell’Abruzzo della fine del XVI secolo della Madonna del Rosario, culto
diffusosi dopo il 1571; notevoli affinità si riscontrano in un quadro di autore
seguace di Pompeo Cesura, conservato nella cappella del Rosario della chiesa
parrocchiale di Santa Maria dell’Olmo in Archi in val di Sangro. La resa è
decisamente migliore: la Vergine col Bambino è seduta, avvolta in un mantello a
fogliame dorato, simile alle tele presenti nella chiesa di Costantinopoli in
Ortona, e la schiera dei santi domenicani e dei dignitari papali è più
movimentata, ed alcuni volti, come quello di Santa Rita, sembra denunciare
tratti addirittura giorgioneschi, mentre la scena del Mistero dell’Incontro tra
Maria ed Elisabetta denuncia echi della celebre tela di Raffaello realizzata
per i Bedeschini nella chiesa di San Silvestro di Aquila.
Orsogna, convento francescano dell’Annunziata del Poggio
Nel convento del Ritiro dell’Annunziata di Orsogna si conserva una tela della Crocifissione: come da tradizione iconografica, il Cristo è al centro, due angeli accorrono ai lati delle braccia, per raccogliere in calici il sangue che sgorga dalle ferite delle mani, la Maddalena abbraccia il legno piangente; il Fornaci probabilmente per ragioni di committenza, non inserì gli Apostoli, ma San Francesco e altri francescani attorno la Croce, in atto di dolore, mentre sulla destra si staglia in posa solenne e mesta, la Madonna, con in basso il Serpente del Peccato originale. Opera più originale della tela di Filetto, che risente degli echi del dipinto di Ortona.
28 agosto 2024
Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II
Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di
interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II
di Angelo Iocco
Qualche nota su Felice Ciccarelli
Essendoci già occupati del Ciccarelli, qui desideriamo
segnalare altre tre opere poco conosciute. Per la prima opera, conservata nel
convento di San Francesco di Lanciano per la pubblicazione della fotografia,
ringraziamo per la squisita disponibilità Padre Fabrizio OFM Conv.
Felice Ciccarelli, Madonna col Bambino tra San Michele e San Bernardo. Convento di San Francesco, Lanciano. Foto Angelo Iocco.
Essa è una Madonna col Bambino con ai piedi San Michele arcangelo e San Bernardo. La tela necessiterebbe di un restauro, faceva parte dell’antica cappella di Sant’Angelo; ammirandola notiamo immediatamente delle affinità con la Madonna del Carmine dipinta dal Ciccarelli nella chiesa di San Rocco di Atessa, tra le opere più riuscite di questo pittore. Il San Michele invece è tratto dal quadro della Madonna con San Michele e San Giovanni presso la chiesa madre di San Giovanni in Rapino. Ciccarelli al posto della Madonna di Atessa che accenna un sorriso, qui ha realizzato una versione più seria e malinconica.
Le altre opere sono l’Immacolata Concezione, che il Ciccarelli
realizzò per la chiesa di San Lorenzo in Rapino, e per la cappella del Duomo di
Guardiagrele.
F. Ciccarelli, Madonna
Immacolata come Regina degli Angeli, chiesa di San Lorenzo, Rapino. ID, Madonna
Immacolata, Duomo di Guardiagrele.
Nella tela di Rapino la Madonna è al centro di una
grande nuvola attorniata da angioletti, in un paesaggio botticelliano naturale
con tempietti e cittadelle in una innaturale posizione prospettica, nel quadro
guardiese invece la Madonna è racchiusa in una classica mandorla, sorretta da 4
angeli, mentre nel primo piano si vede la tomba vuota, e gli Apostoli che
adorano il miracolo dell’Assunzione. Si notano somiglianze con il quadro della
Madonna nella chiesa di San Francesco di Loreto Aprutino, e quanto a scene
corali, esso è uno dei più belli realizzati da questo pittore.
21 agosto 2024
9 luglio 2024
Fileno Cavacini, un sindaco e fotografo appassionato di Castel Frentano.
Fileno Cavacini con donna Anna Maria Cocco (1865-1935), sua moglie, in posa, Castrel Frentano, archivio Marco Cavacini. |
Fileno Cavacini, un sindaco e fotografo appassionato di Castel Frentano
di Angelo Iocco
Di recente il Comune di Castel Frentano ha ristrutturato una
scalinata che da piazza della Chiesa, porta in via Orientale, dove sta la
cosiddetta “frana”[1]e tale scalinata quasi
completata, è stata dedicata a Fileno Cavacini (1855-1910) nell’anno 2023.
La scalinata sarà realizzata sul luogo occupato dal palazzo
appartenuto al Cavacini e abbattuto a causa delle lesioni generate dalla frana
del 1881 che sconvolse la parte orientale del paese, facendo perdere parte
della cinta muraria, del piano della Porta Grande, e palazzi vari, compreso
l’antico Municipio.
La frana di Castel Frentano, si vedono ancora le case
crollate nell’area di Largo Chiesa-via Garibaldi-Largo Marconi; non esiste
ancora il terrazzamento per la realizzazione di via Orientale. |
Fileno Cavacini fu sindaco di Castel Frentano per la prima
volta nel 1877, poco più che ventenne. Signorilmente buono e assai apprezzato
dai suoi concittadini, nei tre mandati (1877-1883, 1892-1899, 1902-1905) si
rivelò un oculato amministratore della cosa pubblica. Tra l’altro, fece
restaurare la Casa municipale, impiantare un ufficio postale e telegrafico,
costruire il camposanto, completare l’illuminazione pubblica, acquistare
l’orologio pubblico collocato sul campanile.
Nell’anno della frana, 1881, che causò la
distruzione della parte orientale del paese, Fileno Cavacini era sindaco. Fu in
quella circostanza, come riportano le cronache dell’epoca, che egli si prodigò
in maniera esemplare nell’aiutare coloro che avevano perso la casa o che si
trovavano comunque in grande difficoltà a causa della frana.
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Santuario dell’Assunto, lastra Polzinetti. |