Pagine

Visualizzazione post con etichetta Orsogna. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Orsogna. Mostra tutti i post

18 ottobre 2025

Innocenzo Giammaria, pittore sannita nell’Abruzzo frentano.


Interno del convento della Santissima Annunziata di Orsogna prima del 1943 – in vista l’altare maggiore col tabernacolo ligneo, dedicato all’Annunciazione di Maria, con la tela di Giammaria

Innocenzo Giammaria, pittore sannita nell’Abruzzo frentano

di Angelo Iocco

Questo pittore nacque nel 1884 a Colle Sannita (provincia di Benevento) e morì nel 1969 a Roma. Poco si sa della sua attività in Abruzzo,  è censito tra Lanciano e Castel Frentano tra i primi del Novecento e gli anni Trenta. Di lui ha scritto Matteo Del Nobile nel libro “L’Arciconfraternita del Rosario a Castel Frentano”, Castel Frentano 2015, sostenendo quanto segue:

“…La chiesetta della Congrega del Rosario di Castel Frentano, accanto la chiesa madre, aveva necessità di ornamenti nelle volte a botte lunettata, completamente spoglie. In quei tempi era attivo in paese il pittore Giuliano Crognale, che ebbe la commissione di dipingere dai confratelli:

Della nuova chiesa parla anche il pittore castellino Giuliano Crognale:

«Nel 1824 venni richiesto di dipingere da cima a fondo con figure ed ornati tutta la chiesa del Rosario di Castel Nuovo eretta da quei confratelli che ne compongono la congrega. Mi negai sulle prime ripensando alla grande difficoltà nella esecuzione di un’opera superiore alle mie forze, memore del precetto oraziano di non intraprendere opere cui sostener non possono i propri òneri. Ma, alle reiterate premure ed impulsi dei componenti quella pia sodalità, fattomi coraggio e col concorso di alcune belle stampe di dipinti eseguiti da illustri maestri ed assumendo per gli ornati un collaboratore, eseguii e diedi compimento nello spazio di otto mesi al mio pittorico lavoro che fu dai confratelli e dal pubblico ben accolto e compatito».

Segue in Pdf

6 ottobre 2025

Taddeo Salvini architetto abruzzese di Orsogna, la costruzione del teatro comunale e alcune vicende sociali dell’800.

 Il teatro comunale nei primi del Novecento – archivio Marco Jajani

Taddeo Salvini architetto abruzzese di Orsogna, la costruzione del teatro comunale e alcune vicende sociali dell’800.

di Angelo Iocco

A Camillo De Nardis, illustre musicista e professore orsognese (1857-1951), nel 1994 il Comune di Orsogna ha intitolato il teatro civico. Scarse sono le notizie storiche sulla sua costruzione e sulle vicende della sua stagione lirica e di prosa. Essso si trova nell’area dell’ex Porta nuova, accanto la doganella del dazio e l’imbocco dell’antica strada grande (oggi via Roma), che dal tratturro della piazza immetteva al paese antico. Sulla sinustra, guardandolo dalla piazza, il teatro era affiancato da una piccola gradinata eretta alla fine dell’800, e dalla mole del palazzo-castello della famiglia Colonna, andato distrutto e successivamente demolito per i gravi danni della seconda guerra mondiale. Al suo posto oggi vi sorge un anomino caseggiato, ma l’impianto fortificato del paese vecchio, che guarda allo spuntone del belvedere verso la vallata e la Majella, è ancora ben riconoscibile nel suo assetto medievale.

Tornando al teatro, esso è legato alla storia del palazzo municipale, collegato mediante un’appendice che affaccia su via Roma. Nel 1744 fu costruita la nuova casa dell’Univerasità orsognese[1]. Precedentemente l’area del teatro-palazzo comunale era occupata da case private, un trappeto, una taverna e un giardino[1]. Nella taverna si riuniva il Parlamento cittadino con i capi-famiglia, per discutere le delibere, le decisioni più importanti per pagamenti, azioni varie, emergenze, al suono di una campana. Per ovviare alle modeste dimensioni, i convenuti sedevano su dei palchi ligneo montati appositamente. Si decise dunque, da lì in poi, con l’avanzare della cultura illuminista francese, di costruire un teatro vero e proprio. E dalle delibere del 1790 iniziarono ad essere fatte le prime proposte. Vennero stipulati i primi contratti con le compagnie, ma non sappiamo quali fossero, né di che natura fossero gli spettacoli, ma dai bilanci, si ricava che gli spettacoli non procuravano successo, né sufficienti introiti per le spese di gestione, anzi le deputazioni teatrali finivano indebitate[2]!

La storia vera e propria del teatro civico, come si presenta oggi, risale alla prima metà dell’800, quando sulla scena politica di Orsogna comparve Taddeo Salvini (1778-1849) orsognese[3]. Nacque dallo scultore Modesto e Celesta Ceccarossi. Sposò Maria Pasquale de Jacobis, figlia di Ottaviano e  Maria De Santis[4]. Viveva nel quartiere di recente costruzione della “Villagrande”, ossia l’attuale area della piazza Mazzini, corso Umberto e via Adriatico. In una di queste case affacciate sulla piazza, egli morì. Uomo ambivalente e avventuriero, influenzato inevitabilmente dagli atteggiamenti positivistici dell’illuminismo francese, portato da Giacchino Murat e Napoleone a Orsogna e nel resto d’Abruzzo nel 1798-99, Taddeo Salvini continuò l’attività di ebanista e scultore, come il padre Modesto. Egli oggi è ricordato per aver scolpito i bellissimi pulpiti lignei delle principali chiese di Chieti[5], di Lanciano[6], di Orsogna[7], di Guardiagrele[8], di Catignano[9], i confessionali di alcune chiese dell’area chietina[10], e le statue di diversi comuni abruzzesi dell’area chietino-pescarese[11].

Taddeo non seguì l’arte paterna, o almeno ne apprese gli stilemi per l’architettura civile, avendo progettato il teatro S. Ferdinando di Vasto, poi dedicato al poeta Gabriele Rossetti (1819), nel 1841 progettò la facciata e gli interni del teatro Maria Carolina, poi S. Francesco di Lanciano[12], riadattandolo dalla sconsacrata chiesa degli Scolopi, infine veniva chiamato a Foggia per il progetto del teatro civico, dedicato attualmente al musicista Umberto Giordano.

Ma avevamo soggiunto che il Salvini nel 1831 era sindaco di Orsogna. Con la sua professione di architetto e scultore, aveva dato avvio a dei cantieri in paese, suscitando le ire dell’arciprete d. Filippo Didone, il quale andava a denunciare all’Intendente di Chieti e all’Arcivescovo Mons. Carlo M. Cernelli delle modifiche non consone, e l’apertura di una finestra posteriore nella chiesa di S. Giovanni[13].

Nella deliberazione decurionale del 24 dicembre 1830, il Sottintendente di Lanciano lo citava come proprietario terriero ascritto alla carboneria. Nel documento di delibera egli risulta gregario, e veniva richiesto dalla popolazione come sindaco. Eletto, il Salvini deliberò l’acquisizione da parte del Comune del teatro. Esso infatti, come riportato sopra, era sorto circa nel 1790 come locale annesso al Comune, ma era gestito da privati cittadini, quando era camerlengo[14] d. Francesco Peregrini; nel 1791 alcuni palchetti lignei furono presi in appalto, la qual cosa divenne successivamente una vera e propria appropriazione privata per poter assistere agli spettacoli. La controversia andò avanti fino al tempo del Salvini. La Municipalitò lo fece presente all’Intendenza il 23 ottobre 1830[15]. La cosa dunque fu riconosciuto come puro abusivismo in suolo pubblico, senza Regio assenso, ed essendoci sospetto di peculato privato, in violazione dell’art. 19 della Legge organica amministrativa del 1816[16].

Il Comune acquisì il teatro con i 9 palchi esistenti. I proprietari presunti erano d. Vincenzo Cucchiarelli, d. Vincenzo Rosica, d. Filippo Cucchiarelli, d. Francescopaolo Cucchiarelli, che inoltrarono ricorso. L’usciere del Regio Giudicato di Orsogna: Giuseppe Rizzacasa, per mezzo dei proprietari, dichiarò che il Decurionato di Orsogna non avesse competenza nel diritto di esproprio dei palchi, poiché tale azione è di competenza del potere giudiziario[17].

Nel 1833 era sindaco d. Camillo Di Bene, che risolse la controversia sul teatro in forma bonaria, facendo firmare ai propriatri ina formale rinuncia, da far pervenire al Ministero degli Affari esteri, compensando la rinuncia con 13 ducati a ciascuno. In quegli anni tuttavia si agitavano le cause tra l’arciprete d. Filippo Didone (1755-1846)[18] e il Salvini. Ad esempio durante il suo mandato nel 1832, il 18 novembre per l’onomastico della Regina Madre Maria Isabella di Spagna, il Salvini aveva dato mandato all’arciprete di suonar ele campane e intonare il Te Deum, litigando però per la questione del pagamento della cera per le candele, avendo dovuto, per l’occasione fausta, utilizzare i fondi per le feste civili[19]. Per non parlare, come riferito brevemente nelle note, delle liti sui restauri della chiesa di S. Giovanni.

Teatro comunale di Vasto – fondale del sipario con L’Incoronazione di Lucio Valerio Pudente, dipinto da G. Franceschini di Orsogna, 1832

31 agosto 2025

Gian Fedele Cianci di Orsogna (1837-1921), poeta e maestro abruzzese a cavallo tra due secoli.

GianFedele Cianci di Orsogna (1837-1921), poeta e maestro abruzzese a cavallo tradue secoli

di Angelo Iocco

Nacque a Orsogna nel nuovo sobborgo della “Via Grande”, il 10 gennaio 1837 da Antonio, proprietario, figlio di Giovan Fedele Cianci e Annapaola, e da Pulcheria Tenaglia, proprietaria, figlia di Giuseppe Felice e Maddalena Di Benedetto. Fu registrato presso l’Anagrafe del Comune di Orsogna dal sindaco Ferdinando de Lollis, col nome di Giovan Fedele, anche se successivamente egli fu solito farsi chiamare Gian Fedele.

Fu amico dello scrittore orsognese Beniamino Costantini (1871-1919), suo allievo e amico, con cui ebbe varie conversazioni e dibattiti, di cui farà menzione nell’articolo del 1919, edito sulla Rivista abruzzese di Teramo: G.F. Cianci – L’uomo e l’educatore. Il Cianci crebbe in un periodo di profondi cambiamenti socio-politici per l’Italia, che proprio quando compiva 11 anni, combatteva la Prima Guerra d’Indipendenza contro l’Austria, e poi nel 1858 la Seconda guerra, e infine nel 1860 diveniva un Regno unificato.

6 luglio 2025

Francescani illustri nel Convento del Ritiro della Santissima Annunziata di Orsogna: Padre Francesco da Caramanico, Padre Cristoforo da Penne, Padre Ludovico Fonzi da Orsogna.

 Ritratto del Servo di Dio P. Francesco de Acetis da Caramanico

Francescani illustri nel Convento del Ritiro della Santissima Annunziata di Orsogna: Padre Francesco da Caramanico, Padre Cristoforo da Penne, Padre Ludovico Fonzi da Orsogna

di Angelo Iocco

Le glorie francescane illuminano la storia del Convento della Santissima Annunziata del Poggio in Orsogna, sin dal XV secolo, quando fu fondato da S. Giovanni di Capestrano nel 1448. 

Da un dattiloscritto inedito dell’orsognese Vincenzo Simeoni (1904-1994), appassionato di storia patria, leggiamo degli estratti che illustrano le biografie dei personaggi più illustri.

Segue in pdf

16 maggio 2025

Vincenzo Galante, un Orsognese a Napoli.

 
Vincenzo Galante, un Orsognese a Napoli

di Angelo Iocco

Nacque a Orsogna nel 1869 e morì il 18 febbraio 1912 a Napoli nella sua casa del corso Vittorio Emanuele, figlio di Silvio e  Gemma Cerretani. Dopo gli studi classici a Chieti, si trasferì a Napoli, laureandosi in Giurisprudenza nel 1891, entrando in Magistratura nel 1893, conseguendo la docenza a Napoli, con relazione di Lodovico Mortara. Quest’ultimo, nativo di Mantova (1855), si fece le ossa in Giurisprudenza all’Università della città lombarda, e si laureò nel 1874, esercitò la professione di avvocato. Nel 1882 si spostò a Bologna, nel 1855 pubblicò Lo Stato moderno e la Giustizia, con successo, nel 1888 si spostò a insegnare giurisprudenza all’Università di Pisa. Nel 1901 fondò l’Università popolare a Napoli, conoscendo il Galante. Nel 1906 insegnò Giurisprudenza alla Facoltà di riferimento dell’Università di Napoli, succedendo al Prof. Chiovenda, ma il Galante a causa di un male morì prematuramente. 

Dopo la sua morte, fu curata l’opera degli scritti, dal titolo Scritti giuridici di Vincenzo Galante pubblicati a cura del Comitato per le onoranze alla memoria di lui, a cura del figlio Pio Galante e Carlo Fadda, Napoli, Jovene.

Il Galante fu anche letterato e poeta, fu commemorato dal compaesano Beniamino Costantini in un articolo nel numero della Rivista abruzzese di Teramo del 1914. Il Galante scrisse diversi articoli sul tema di Giurisprudenza, ad esempio un articolo sull’illiceità del patto di violazione del buon costume circa il tema dell’illiceità della causa per negare efficacia ai patti che prevedevano interessi di usura, tale articolo è Le nuove correnti della Giurisprudenza per la repressione dell’usura, in Rivista critica di diritto e giurisprudenza, VIII, 1910, I, pp.1-19.

Napoli, Corso Vittorio Emanuele, cartolina 

29 aprile 2025

P. Domenico Maria D'Amico da S.Eufemia O.F.M. – Nel 50° anniversario del transito (1943-1993) – Il Santo costruttore di chiese.

Foto-ritratto di Padre Domenico D’Amico, donata a Luigi Polacchi con dedica, Archivio privato “Luigi Polacchi” Villino Nonnina, Pescara.

P. DOMENICO MARIA D’AMICO DA S. EUFEMIA O.F.M. – NEL 50° ANNIVERSARIO DEL TRANSITO (1943-1993) – IL SANTO COSTRUTTORE DI CHIESE

di Angelo Iocco

Nella Biblioteca del Convento dell’Osservanza della Santissima Annunziata del Poggio a Orsogna, si conserva un dattiloscritto inedito dal titolo Storia del Convento della Ssma Annunziata di Orsogna, a firma di Vincenzo Simeoni. Fratello maggiore del sindaco Tommaso Simeoni (1904-1994) che ricostruì Orsogna, Vincenzo si occupò da subito di studi classici e religiosi, e condivise il Collegio col celebre storico P. Aniceto Chiappini di Lucoli, come riporta in questi appunti, e si adoperò per la pubblicazione di diversi articoli su riviste romane e umbre sui francescani abruzzesi e le figure di spicco di Orsogna. Memorabile il suo intervento sulla festa dei Talami a Orsogna, letto al VII Convegno Internazionale delle Tradizioni popolari tenutosi a Chieti nel 1957 per volere del prof. Ernesto Giammarco e Francesco Verlengia.

In questo capitolo, leggiamo la storia del francescano Padre Domenico Maria D’Amico da Sant’Eufemia a Maiella (1886-1943), dell’Ordine Osservante, che si adoperò con pochissimi mezzi e con tanta Fede, per la ricostruzione di diverse chiese abruzzesi in abbandono, e la fondazione di nuovi Conventi dell’Osservanza nel chietino e nel pescarese. Molte notizie sono tratte dal Simeoni, dal volume di P. Donatangelo Lupinetti: P. DOMENICO MARIA D’AMICO IL FRATE MATTONARO, Pescara 1993.

Ecco il testo del dattiloscritto inedito:

Questa attraente Figura d’Apostolo francescano, nacque il 25 agosto 1864 da Ercole D’Amico e Filomena Tonto a S. Eufemia a Maiella, dove crebbe come un Giglio profumato. Circondato dall’affetto dei genitori, del fratello Giocondino e dalla sorella Maria Giustina, passò la sua innocente fanciullezza e casta gioventù nell’aiutare suo padre sacrestano. A 12 anni ebbe il primo incontro con Gesù, che con il lavorio della sua grazia man mano lo preparò alla sua futura missione. Gli fu di valido aiuto il buon Arciprete d. Gioacchino Cerretani il quale, conoscendone la bontà, la vivida intelligenza e le disposizioni, prese a coltivarne la mente e il cuore, quasi presago del suo avvenire. Domenico si prestava a quel provvidenziale insegnamento anche quando l’Arciprete fu trasferito a Villa Reale[1], facendo chilometri a piedi, e spesso vi rimaneva per apprendere lezioni di Religione, cultura generale e latino. E per non essere in aggravio al suo benefattore, la sera studiava alla fioca luce del Sacramento, davanti al quale poi profondeva dolci colloqui d’amore.

In quella favorevole atmosfera, nacque in lui la vocazione sacerdotale, nonostante i continui richiami del mondo fallace e ingannatore e la propaganda anticlericale che allora si propagava nella nostra Penisola. Il suo sogno andava man mano maturando nel suo animo tra quei monti suggestivi, risonanti del murmure delle acque e degli alberi secolari, anzi fu forse quell’ambiente mistico che gli suggerì di chiudersi in un Convento per meglio servire il Signore nel silenzio del chiostro. Nell’anno 1866 i Conventi erano stati chiusi per legge, e i poveri Religiosi dispersi come fuscelli al vento, non sapendo quindi come realizzare il sogno tanto caro, egli si raccomandò alla sua cara Madonna la quale venne preso in suo aiuto.

Fortunatamente il 13 luglio 1885 si riaprì il Ritiro di Orsogna ed allora il giovane decise di lasciare il suo paese per seguire la voce di Dio. non l’attrasse il vicino Convento di Tocco Casauria, posto come sentinella avanzata del francescanesimo allo sbocco della valle che divide l’imponente Maiella dal Morrone, santificato da S. Pietro Celestino e dai suoi Monaci.  Eppure, un mistico come lui avrebbe dovuto preferire quel baluardo serafico che dalle falde del Morrone domina un vasto orizzonte che si estende dalla sottostante Gola di Popoli sino all’azzurro Adriatico, e oltre il superbo Gran Sasso, ai cui piedi il 27 febbraio 1862 era morto Gabriele dell’Addolorata, il Santo del sorriso “Stella dell’eternità senza fine”.

Fondato nel 1470 dal Comune di Tocco in onore di S. Francesco e di S. Giovanni da Capestrano che si era spento il 23 ottobre 1456 a Ilok dopo la sua splendida vittoria di Belgrado sui Musulmani, vantava un glorioso passato ed era la Sede capitolare dei Francescani d’Abruzzo. Chiuso nel 1811, ma riaperto il 13 marzo 1816, era rimasto a svolgere fortunatamente la sua piena attività anche dopo il 1866, nonostante avesse subìto la dispersione della ricca biblioteca. Certamente l’aveva salvato il potente mistico nome di S. Maria del Paradiso! Potenza della Madre di Dio!


Filippo Palizzi, schizzo del Convento di Orsogna, 1874 – fotoriproduzione dall’archivio del Convento della Santissima Annunziata, Orsogna.

A 21 anni, il giovane Domenico lasciò i suoi cari monti, testimoni della sua ascesi mistica, per dirigersi verso il lontano Ritiro di Orsogna fondato nel 1448 da S. Giovanni da Capestrano. Era stato chiuso improvvisamente dal Delegato di pubblica sicurezza il 14 gennaio 1864, l’anno di nascita di Domenico, ma riaperto il 13 luglio di quel fatidico anno 1885, che segnava l’inizio di una nuova vita per il Missionario. Che meravigliosa coincidenza! In quell’arco di tempo egli aveva maturato il suo bellissimo sogno che doveva rivelarsi radiosa realtà. Superando i meravigliosi Monti della Maiella, giunse a Caramanico per rifocillarsi di un boccone. Quel giorno era venerdì, ed egli senza rispetto umano, chiese al locandiere cibo di magro, tra le beffe di alcuni giovinastri che vomitarono ingiurie contro il Papa e tutto ciò che vi era di veramente bello e sacro.

11 aprile 2025

Processo Marinucci, 6 aprile 1864, Tribunale Militare di Guerra di Chieti. Imputati due bambini di 7 e 11 anni.

6 APRILE 1864, PROCESSO A DUE BAMBINI

In questo giorno del 1864 si svolge a Chieti il processo Marinucci, presso il Tribunale di Guerra.
Sono imputati:
MARINUCCI Caterina, di 34 anni, moglie di Salvatore Scenna, cosiddetto brigante della Banda della Majella;
SCENNA Difendente, figlio, di 11 anni;
SCENNA Viola, figlia, di 7 anni.
Se sono stati processati da un tribunale di guerra significa, tra l'altro, che c'era una guerra e non un'operazione di ordine pubblico (lotta al brigantaggio) come viene detto nei libri di scuola: appunto la guerra della resistenza duosiciliana contro gli invasori.
Due bambini di 11 e 7 anni, arrestati e processati per "connivenza con il brigantaggio".
Questo è il vostro "risorgimento".

di Antonio Lombardi

Per approfondimenti:

9 aprile 2025

Padre Marcellino Cervone da Lanciano e la ricostituzione della Provincia Serafica Abruzzese dopo l’Unità d’Italia.

P. Marcellino, foto archivio Convento Santissima Annunziata di Orsogna

Padre Marcellino Cervone da Lanciano e la ricostituzione della Provincia Serafica Abruzzese dopo l’Unità d’Italia

di Angelo Iocco

Il 29 settembre 1839 a Lanciano nasceva Raffaele Cervone. Sin da piccolo manifestò la sua vocazione si farsi frate, e seguiva i seminari e le prediche dei Minori Osservanti del convento di S. Angelo della Pace, poi S. Antonio di Padova, nella sua Lanciano. Dopo un periodo di prova nel Noviziato del Ritiro di Orsogna, nel 1856 ricevette l’abito serafico, e infine fu ordinato sacerdote il 5 ottobre 1862. Nel 1866 una crudele legge dello Stato piemontese, come vedremo, soppresso gli Ordini monastici, e chiuse tutti i Conventi d’Italia. Padre Marcellino da Lanciano come tanti altri monaci, si trovò sperduto. Ma non demorse, e si dette da fare per ricostituire la Provincia Serafica Abruzzese di S. Bernardino, dopo il violento passaggio del movimento liberale. Ma come fece? Ce lo racconta un articolo inedito di Vincenzo Simeoni di Orsogna del 1993 circa, che compone una voluminosa monografia sulla Storia del Convento dell’Annunziata del Poggio, nella di cui biblioteca si conserva.

Strali velenosi si scagliarono anche contro il nostro caro Ritiro, ma il primo strale ufficiale fu lanciato il 29 aprile 1862 con mano empia e felpata da un arco vibrante di odio e di livore sacrilego di un anonimo cittadino di Filetto. Quella freccia avvelenata raggiunse lugubremente il bersaglio con effetto micidiale, anche se in ritardo, e l’eco si ripercosse sinistramente di luogo in luogo fra le risate beffarde della palude pestifera.


Filippo Palizzi, schizzo del Convento di Orsogna, 1874 – fotoriproduzione dall’archivio del Convento della Santissima Annunziata, Orsogna.

30 marzo 2025

IL CANTO POPOLARE ABRUZZESE NELLE TRADIZIONI DI IERI E DI OGGI – Parte IV – I Canti di Orsogna.


Il Gruppo folkloristico di Orsogna in sfilata a Firenze nel 1930

IL CANTO POPOLARE ABRUZZESE NELLE TRADIZIONI DI IERI E DI OGGI – Parte IV – I Canti di Orsogna

di Angelo Iocco

La cittadina di Orsogna è da considerarsi tra i paesi abruzzesi, dove la vocalità e la tradizione della canzone abruzzese si conserva con freschezza e rispetto della tradizione. Centro devoto a Maria, per la presenza della tradizionale Sagra dei Talami, che affonda le radici a quei riti propiziatori popolari, e alle rappresentazioni Sacre bibliche del XVI secolo introdotte dai Padri Paolotti nella distrutta chiesa della Madonna del Rifugio, Orsogna sin dai primi saggi studiosi del canto e delle tradizioni abruzzesi, apparsi nel secondo Ottocento, è stata al centro dell’attenzione, risaltando per i suoi abiti tradizionali variopinti, per i magnifici gioielli, per le “sciacquajje d’ore” (gli orecchini pendenti), e specialmente per il canto.

Orsogna, la Fonte con il faccione disegnato da Taddeo Salvini, prima della guerra. Donne in abito tipico.


Non oscure sono anche le testimonianze registrate, ad esempio dall’Istituto Luce, quando negli anni ’20 il Cav. Vincenzo Melocchi di Pizzoferrato andava con la Teatina film andava riprendendo ciò che di meglio si conservava in Abruzzo[1]. Tra questi, Orosgna appare in una rappresentazione del matrimonio abruzzese, con la sfilata di un corteo dalla Torre Di Bene, e con un successivo ballo della saltarella. In un alto filmato sonoro si esegue il canto popolare Mo ve’…mo va’…, in un altro ancora dal titolo Vespro abruzzese, appare il Convento dell’Annunziata di Orsogna, meta di pellegrinaggi il giorno dell’Annunciazione a Maria e il Lunedì in albis, in un altro ancora, muto, la Sagra dei Talami. I canti della tradizione orsognese che avremo modo di vedere, attingono a fonti comuni, e sono oggi abbastanza noti in tutto Abruzzo. Ma è il timbro vocale, e la tonalità tipica ascendente delle popolazioni affacciata sull’Adriatico che rendono queste esecuzioni uniche. Essi sono il citato Mo ve…mo va…, La jerve a lu cannete, Maria Nicola, Ti li so’ ditte, Tutte le funtanelle, e infine il cosiddetto inno orsognese: Aria marine, aria di muntagne (Bbone Ursogne).

Questi canti costituiscono il repertorio della Corale “La figlia di Jorio” di Orsogna, la prima corale folkloristica abruzzese a essere ufficialmente nata all’alba delle Maggiolate abruzzesi di Ortona. La sua storia è stata tracciata da Plinio Silverii (1926-2002) nel suo volumetto Orsogna in costume, tip. Brandolini 1981. Il Coro nasce nel ’20, precedentemente si pensava fosse nato nel 1929 insieme alla Corale di Poggiofiorito, tanto che ci fu anche un’importante manifestazione al teatro comunale nel 1979 per festeggiare i 50 anni. Pare che la prima esibizione fu in una festa paesana di S. Antonio di Padova a contrada La Roma di Casoli, poi immediatamente la Corale prese il volo per le manifestazioni, alla Settimana abruzzese di Pescara del 1923, a Firenze nel 1930, nello stesso anno a Roma al Quirinale insieme a un Talamo realizzato per le nozze del Principe Umberto II, a Napoli in piazza Plebiscito, al Museo Belliniano di Catania, alla Rassegna dei Cori di Roma a piazza Siena nel 1938 per la visita di Hitler, al Vittoriale di Gardone Riviera nel 1950. Nella commemorazione del 1979 vi tenne al teatro un convegno con i proff. Ernesto Giammarco, Benito Lanci, Giuseppino Mincione, Franco Potenza, Padre Donato (Giuseppe) Di Pasquale OFM, successivamente si rappresenta una commedia di Plinio Silverii, e infine il canto orsognese Bbone Ursogne.

9 marzo 2025

Fra’ Ludovico Riccelli ovvero Beato Ludovico da Gildone, un francescano molisano a Orsogna.

Ritratto del B. Ludovico opera di Nicola Ranieri

FRA’ LUDOVICO RICCELLI ovvero BEATO LUDOVICO DA GILDONE, un francescano molisano a Orsogna

di Angelo Iocco

In un testo dattiloscritto inedito di Vincenzo Simeoni di Orsogna sulla Storia del Convento della Santissima Annunziata di Orsogna, leggiamo queste belle pagine di un umile frate sepolto nell’antica chiesetta. Entrando in questo umile luogo di preghiera, vediamo all’altezza della cappella della Madonna degli Angeli (ex Sant’Antonio), una umile sepoltura con l’iscrizione del Santo, e di recente è stata ivi ricollocata l’immagine del Ven. Ludovico dipinta post mortem dal pittore Nicola Ranieri di Guardiagrele (1749-1851), da cui fu tratta anche un’incisione per un santino.

Altre sepolture di uomini illustri sono quella del Fr. Diego Giampaolo da Gamberale, morto nel 1959, e quelle degli uomini illustri che procurarono la nascita del Ritiro: il Ven. fr’ Francesco da Caramanico, il fr. Bernardino da Penne.


Lo storico P. Marcellino Cervone da Lanciano scrisse nel 1891 fra tutti i Santi Religiosi del secolo XVIII nella nostra Provincia Serafica Abruzzese, nessuno uguagliò il Ven. Ludovico, specie per gli strepitosi miracoli operati dopo la sua preziosissima morte, attestati dal Notato nel numero complessivo di 98. Questa bella  figura che tanto illustrò il Ritiro di Orsogna, nacque al 10 novembre 1712 da Giovanni Riccelli e Viola Massimi contadini, il giorno dopo fu battezzato col nome di Antonio. L’anno precedente erano avvenuti due fatti importanti: la morte di un altro eroe francescano, P. Bonaventura da Potenza, e la solenne condanna emessa da Clemente XI contro le famose porposizioni dell’eretico Giansenio (Cornelius Jansen, vescovo di Ypres).

Antonio fu cresimato nel 1721 dal Cardinale Orsini, divenuto poi Papa con il nome di Benedetto XIII. Presto dimostrò una grande religiosità, non ottenuta dal duro lavoro dei capi che esercitò con grande impegno sino all’età di 17 anni. Infatti nel mese di maggio del 1730 egli espresse il desiderio di farsi religioso, ma invece di rivolgersi al locale Monastero degli Agostiniani, con grande dolore della mamma che l’avrebbe voluto vicino a sé, si recò al Convento dei Frati Minori di Foggia. Senonché il suo desiderio non fu esaudito, in quanto la sua povertà non gli permetteva di acquistarsi l’abito, secondo la religiosa consuetudine vigente allora.

2 marzo 2025

Padre Aniceto Chiappini O.F.M. da Lucoli, storico abruzzese.

 

Fotografia di P. Chiappini, dall’opuscolo stampato nel 1967 in sua memoria della Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi (fonte http://www.breadpapa.it/lucoli/personaggi.html),ritratto nel cortile del Convento di San Giuliano, L’Aquila.

Padre Aniceto Chiappini O.F.M. da Lucoli, storico abruzzese

di Angelo Iocco

Poeta e storico. Già annalista, archivista e bibliotecario generale dell’Ordine dei Frati Minori, fu tenente cappellano nella Grande Guerra; deputato della Deputazione abruzzese di Storia Patria, diresse con illuminata competenza il suo “Bullettino”.
Nessun poeta o scrittore lucolano, all’infuori di padre Aniceto Chiappini nel suo celebre lavoro Lucoli Medioevale e del sacerdote Pietro Marrelli (discendente del patriota Pietro Marrelli) nel Sunto di storia patria di Lucoli, datato 1894, ha mai rivolto la propria attenzione alle vicende dell’Abbazia di San Giovanni Battista, con tanta passione.
Nato a Peschiolo di Lucoli (L’Aquila) il 25 marzo 1886, da Pietro e Margherita Marinanza.
Morì a L’Aquila il 6 agosto 1967 nel Convento di San Bernardino.
Nella biblioteca del Convento dell’Osservanza della Santissima Annunziata del Poggio, adagiato sui colli di Orsogna, ci è capitato di consultare un dattiloscritto inedito di Vincenzo Simeoni, giornalista e scrittore orsognese molto legato alla Fede e all’Ordine Minoritico. Esso è un sunto di storia del Convento di Orsogna dalla fondazione nel 1448 fino agli anni ’70 del Novecento. Tra i vari personaggi abruzzesi dell’Osservanza legati al Convento del Ritiro dell’Annunziata del Poggio, non può mancare la figura specchiata del P. Chiappini, di cui qui riportiamo la trascrizione del cap. 113 dell’opera di Simeoni, a futura memoria del posteri!
Il P. Chiappini nacque il 25 marzo 1886 a Lucoli (L’Aquila) dove fu battezzato col nome di Filippo in omaggio al famoso Apostolo di Roma, di cui fu sempre devoto, ma fu presto affascinato dall’ideale francescano. Dopo aver compiuto gli studi ginnasiali, il 10 dicembre 1901 vestì le Serafiche Lane col nome di Fra’ Aniceto nel Convento di Orsogna (Chieti), fondato nel 1448 in un mare di verde da San Giovanni di Capestrano, l’Apostolo d’Europa Unita e vincitore della famosa battaglia di Belgrado (22 luglio 1456). In questo luogo mistico e suggestivo, trasformato in Ritiro nel 1742 dal Servo di Dio Francesco De Acetis da Caramanico, Fra Aniceto si sottopose volentieri alla rigorosa disciplina che ha formato numerose anime elette nel corso dei secoli, fra le quali il B. Cristoforo da Penne (morto il 1 aprile 1451), il Ven. Ludovico Riccelli da Gildone (morto il 1 aprile 1774) e lo stesso P. Francesco da Caramanico (morto nel 1785), che riposano tutti nella stessa Chiesa.
Quindi si può affermare che questo Ritiro, originalmente chiamato della Santissima Annunziata del Poggio, costituì anche per P. Aniceto la base della sua forte personalità e la sua pedina di lancio. Completati con ardore e impegno gli studi classici, filosofici e teologici, il 25 luglio 1910 il novello Sacerdote celebrò la Prima Messa nella Cattedrale dell’Aquila. L’anno successivo fu inviato al Collegio internazionale di Sant’Antonio a Roma, dove dopo severi studi, il 13 luglio 1913 conseguì brillantemente la laurea in Storia ecclesiastica, specializzandosi poi il 18 giugno 1914 anche nelle Scienze ausiliarie della Paleografia e diplomatica presso la Scuola pontificia del Vaticano.

Convento dell’Annunziata del Poggio di Orsogna.

18 ottobre 2024

Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500.

 Luca Fornaci, Resurrezione di Cristo, Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, Ortona.

Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500

di Angelo Iocco

Un recente studio del Prof. Marco Vaccaro dell’Università di Chieti, apparso in Chieti – Scritti di Storia e di Arte dal Medioevo all’Ottocento, Chieti, Assoc. Sacro e Profano, 2021, fornisce più lumi su questo pittore, di cui si erano occupati in maniera sparuta Cesare de Laurentiis, Vincenzo Balzano e Francesco Verlengia, senza fornire particolari note critiche sulla sua carriera. Grazie anche alla pubblicazione di atti notarili dall’Archivio di Stato di Chieti a cura di Van Verrocchio in Theate Regia Metropolis, è possibile ricostruire in parte la carriera del pittore. Nacque a Chieti e visse e operò nella seconda metà del ‘500, e agli inizi del ‘600. Visse in un periodo di fervore culturale a Chieti e in Abruzzo, dove pittori della Maniera del Vasari, si cimentavano nella realizzazione di tele e affreschi per parrocchie e conventi. Rimanendo in ambito chietino, furono attivi artisti del calibro di Leonzio Compassino da Penne, Giovan Battistista Ragazzini da Ravenna con suo fratello Francesco (sue opere si trovano a Castelli, Penne e qualche paese dell’area vestina), Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri.

Luca Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora in San Domenico di Chieti, foto Oscar D’Angelo.


Di Fornaci si conosce che fu attivo tra il 1585 e il 1592 con le sue opere principali a Chieti e nei dintorni. Nella Città di Achille, egli dipinse una tela ritraente il Trionfo dell’Ordine Francescano, proveniente dall’ex convento di Sant’Andrea degli Zoccolanti, oggi ex ospedale militare alla villa comunale e conservato, stando a quanto scrivono Vincenzo Zecca e Cesare de Laurentiis, dapprima nella Pinacoteca civica del palazzo comunale, e di recente nell’oratorio della chiesa di San Domenico al Corso, insieme ad altre opere d’arte sacra di Chieti e provincia. La grande tela mostra diverse parti danneggiate, con caduta di colore, al centro vi è l’Albero dell’Ordine di San Francesco, in basso a sinistra il Cristo benedicente, a destra Sant’Andrea, al centro San Francesco, dal cui corpo si erge l’Albero, sul primo ramo vi sono i Santi Francescani: San Bonaventura, Sant’Antonio di Padova, San Bernardino, San Giovanni di Capestrano; sul secondo ramo vi sono le Sante Clarisse: Santa Chiara, Santa Rita e altre; al terzo San Ludovico di Francia, Santa Elisabetta d’Ungheria patroni del Terzo Ordine. Nel cielo, attorniati dagli Angeli in gloria, vi sono Dio Padre, la Colomba dello Spirito Santo, e Cristo che indica l’Albero. Vi sono notevoli affinità con un’altra tela dell’Ordine Francescano presente nel convento di Sant’Antonio di Padova di Lanciano, nella Cappella del Santo, risalente al XVI secolo, ma restaurata, pare, di recente da padre Giovanni Lerario che dipinse le parti cadute. L’iscrizione dedicatoria recita: OPERA FATTA FARE DA GIOVAN MARINO TOMASO E GIOVAN IACOVO COLA FERRO.

Luca Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora in San Domenico di Chieti (particolare)

Albero Francescano, chiesa di Sant’Antonio di Padova, Lanciano (XVI-XVII sec.)


Altre  opere realizzate dal Fornaci sono nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Ortona: Cristo risorto tra gli Apostoli, alla sinistra della scena il Salvatore appare in Maestà, nell’atto di benedire, alla destra gli Apostoli confusi, e in alto la scena della Casa di Pietro, realizzata come un sontuoso tempio, in alto al centro gli Angeli sopra una nuvola assistono meravigliati al prodigio. La firma di Fornaci si trova presso un cartiglio retto da un  Apostolo.

Archi (CH), Madonna del Rosario e Misteri, chiesa di Santa Maria dell’Olmo 



Filetto (CH), Luca Fornaci, Madonna del Rosario, chiesa di Santa Maria ad Nives (XVI sec.)

Presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives di Filetto si trova sulla destra una tela della Madonna del Rosario: la Vergine col Bambino è al centro, e nei riquadri della cornice sono raffigurati i Misteri del Santo Rosario. La Madonna porge un Rosario con la destra a San Domenico e ai seguaci, mentre il Bambino sulla mano sinistra della Vergine, si sporge a dare la benedizione a Santa Rosa da Lima e suore seguaci, mentre due donne, probabilmente le committenti dell’opera, appaiono a mezzo busto in basso a destra, nell’atto di adorare la scena. la stanza dove la Madonna siede in trono è abbellita da tende, e da un pavimento a lacunari disposti in ordine simmetrico, con figure geometriche di cerchi e rombi; schiere di devoti si trovano disposte dietro San Domenico e Santa Rosa, compreso Papa Pio V, vittorioso nella battaglia di Lepanto. Il quadro si trovava nella chiesa di Santa Maria di Filetto, nella parte antica del paese, andata distrutta nella seconda guerra mondiale. L’opera è di fattura mediocre, ma denuncia uno stile di rappresentazione abbastanza convenzionale nell’Abruzzo della fine del XVI secolo della Madonna del Rosario, culto diffusosi dopo il 1571; notevoli affinità si riscontrano in un quadro di autore seguace di Pompeo Cesura, conservato nella cappella del Rosario della chiesa parrocchiale di Santa Maria dell’Olmo in Archi in val di Sangro. La resa è decisamente migliore: la Vergine col Bambino è seduta, avvolta in un mantello a fogliame dorato, simile alle tele presenti nella chiesa di Costantinopoli in Ortona, e la schiera dei santi domenicani e dei dignitari papali è più movimentata, ed alcuni volti, come quello di Santa Rita, sembra denunciare tratti addirittura giorgioneschi, mentre la scena del Mistero dell’Incontro tra Maria ed Elisabetta denuncia echi della celebre tela di Raffaello realizzata per i Bedeschini nella chiesa di San Silvestro di Aquila.

Orsogna, convento francescano dell’Annunziata del Poggio

Nel convento del Ritiro dell’Annunziata di Orsogna si conserva una tela della Crocifissione: come da tradizione iconografica, il Cristo è al centro, due angeli accorrono ai lati delle braccia, per raccogliere in calici il sangue che sgorga dalle ferite delle mani, la Maddalena abbraccia il legno piangente; il Fornaci probabilmente per ragioni di committenza, non inserì gli Apostoli, ma San Francesco e altri francescani attorno la Croce, in atto di dolore, mentre sulla destra si staglia in posa solenne e mesta, la Madonna, con in basso il Serpente del Peccato originale. Opera più originale della tela di Filetto, che risente degli echi del dipinto di Ortona.