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6 ottobre 2025

Taddeo Salvini architetto abruzzese di Orsogna, la costruzione del teatro comunale e alcune vicende sociali dell’800.

 Il teatro comunale nei primi del Novecento – archivio Marco Jajani

Taddeo Salvini architetto abruzzese di Orsogna, la costruzione del teatro comunale e alcune vicende sociali dell’800.

di Angelo Iocco

A Camillo De Nardis, illustre musicista e professore orsognese (1857-1951), nel 1994 il Comune di Orsogna ha intitolato il teatro civico. Scarse sono le notizie storiche sulla sua costruzione e sulle vicende della sua stagione lirica e di prosa. Essso si trova nell’area dell’ex Porta nuova, accanto la doganella del dazio e l’imbocco dell’antica strada grande (oggi via Roma), che dal tratturro della piazza immetteva al paese antico. Sulla sinustra, guardandolo dalla piazza, il teatro era affiancato da una piccola gradinata eretta alla fine dell’800, e dalla mole del palazzo-castello della famiglia Colonna, andato distrutto e successivamente demolito per i gravi danni della seconda guerra mondiale. Al suo posto oggi vi sorge un anomino caseggiato, ma l’impianto fortificato del paese vecchio, che guarda allo spuntone del belvedere verso la vallata e la Majella, è ancora ben riconoscibile nel suo assetto medievale.

Tornando al teatro, esso è legato alla storia del palazzo municipale, collegato mediante un’appendice che affaccia su via Roma. Nel 1744 fu costruita la nuova casa dell’Univerasità orsognese[1]. Precedentemente l’area del teatro-palazzo comunale era occupata da case private, un trappeto, una taverna e un giardino[1]. Nella taverna si riuniva il Parlamento cittadino con i capi-famiglia, per discutere le delibere, le decisioni più importanti per pagamenti, azioni varie, emergenze, al suono di una campana. Per ovviare alle modeste dimensioni, i convenuti sedevano su dei palchi ligneo montati appositamente. Si decise dunque, da lì in poi, con l’avanzare della cultura illuminista francese, di costruire un teatro vero e proprio. E dalle delibere del 1790 iniziarono ad essere fatte le prime proposte. Vennero stipulati i primi contratti con le compagnie, ma non sappiamo quali fossero, né di che natura fossero gli spettacoli, ma dai bilanci, si ricava che gli spettacoli non procuravano successo, né sufficienti introiti per le spese di gestione, anzi le deputazioni teatrali finivano indebitate[2]!

La storia vera e propria del teatro civico, come si presenta oggi, risale alla prima metà dell’800, quando sulla scena politica di Orsogna comparve Taddeo Salvini (1778-1849) orsognese[3]. Nacque dallo scultore Modesto e Celesta Ceccarossi. Sposò Maria Pasquale de Jacobis, figlia di Ottaviano e  Maria De Santis[4]. Viveva nel quartiere di recente costruzione della “Villagrande”, ossia l’attuale area della piazza Mazzini, corso Umberto e via Adriatico. In una di queste case affacciate sulla piazza, egli morì. Uomo ambivalente e avventuriero, influenzato inevitabilmente dagli atteggiamenti positivistici dell’illuminismo francese, portato da Giacchino Murat e Napoleone a Orsogna e nel resto d’Abruzzo nel 1798-99, Taddeo Salvini continuò l’attività di ebanista e scultore, come il padre Modesto. Egli oggi è ricordato per aver scolpito i bellissimi pulpiti lignei delle principali chiese di Chieti[5], di Lanciano[6], di Orsogna[7], di Guardiagrele[8], di Catignano[9], i confessionali di alcune chiese dell’area chietina[10], e le statue di diversi comuni abruzzesi dell’area chietino-pescarese[11].

Taddeo non seguì l’arte paterna, o almeno ne apprese gli stilemi per l’architettura civile, avendo progettato il teatro S. Ferdinando di Vasto, poi dedicato al poeta Gabriele Rossetti (1819), nel 1841 progettò la facciata e gli interni del teatro Maria Carolina, poi S. Francesco di Lanciano[12], riadattandolo dalla sconsacrata chiesa degli Scolopi, infine veniva chiamato a Foggia per il progetto del teatro civico, dedicato attualmente al musicista Umberto Giordano.

Ma avevamo soggiunto che il Salvini nel 1831 era sindaco di Orsogna. Con la sua professione di architetto e scultore, aveva dato avvio a dei cantieri in paese, suscitando le ire dell’arciprete d. Filippo Didone, il quale andava a denunciare all’Intendente di Chieti e all’Arcivescovo Mons. Carlo M. Cernelli delle modifiche non consone, e l’apertura di una finestra posteriore nella chiesa di S. Giovanni[13].

Nella deliberazione decurionale del 24 dicembre 1830, il Sottintendente di Lanciano lo citava come proprietario terriero ascritto alla carboneria. Nel documento di delibera egli risulta gregario, e veniva richiesto dalla popolazione come sindaco. Eletto, il Salvini deliberò l’acquisizione da parte del Comune del teatro. Esso infatti, come riportato sopra, era sorto circa nel 1790 come locale annesso al Comune, ma era gestito da privati cittadini, quando era camerlengo[14] d. Francesco Peregrini; nel 1791 alcuni palchetti lignei furono presi in appalto, la qual cosa divenne successivamente una vera e propria appropriazione privata per poter assistere agli spettacoli. La controversia andò avanti fino al tempo del Salvini. La Municipalitò lo fece presente all’Intendenza il 23 ottobre 1830[15]. La cosa dunque fu riconosciuto come puro abusivismo in suolo pubblico, senza Regio assenso, ed essendoci sospetto di peculato privato, in violazione dell’art. 19 della Legge organica amministrativa del 1816[16].

Il Comune acquisì il teatro con i 9 palchi esistenti. I proprietari presunti erano d. Vincenzo Cucchiarelli, d. Vincenzo Rosica, d. Filippo Cucchiarelli, d. Francescopaolo Cucchiarelli, che inoltrarono ricorso. L’usciere del Regio Giudicato di Orsogna: Giuseppe Rizzacasa, per mezzo dei proprietari, dichiarò che il Decurionato di Orsogna non avesse competenza nel diritto di esproprio dei palchi, poiché tale azione è di competenza del potere giudiziario[17].

Nel 1833 era sindaco d. Camillo Di Bene, che risolse la controversia sul teatro in forma bonaria, facendo firmare ai propriatri ina formale rinuncia, da far pervenire al Ministero degli Affari esteri, compensando la rinuncia con 13 ducati a ciascuno. In quegli anni tuttavia si agitavano le cause tra l’arciprete d. Filippo Didone (1755-1846)[18] e il Salvini. Ad esempio durante il suo mandato nel 1832, il 18 novembre per l’onomastico della Regina Madre Maria Isabella di Spagna, il Salvini aveva dato mandato all’arciprete di suonar ele campane e intonare il Te Deum, litigando però per la questione del pagamento della cera per le candele, avendo dovuto, per l’occasione fausta, utilizzare i fondi per le feste civili[19]. Per non parlare, come riferito brevemente nelle note, delle liti sui restauri della chiesa di S. Giovanni.

Teatro comunale di Vasto – fondale del sipario con L’Incoronazione di Lucio Valerio Pudente, dipinto da G. Franceschini di Orsogna, 1832


Ironia della sorte, d. Filippo morì nel 1846, come detto, il Salvini lo raggiungerà poco più avanti nel 1849, venendo sepolto…proprio dentro S. Giovanni, al lato destro dell’altare maggiore. L’anno seguente fu realizzata una lapide in sua memoria, fortunatamente riportata dal Silverii, poiché la guerra e la mano devastatrice ha cancellato per sempre un secolare monumento dell’antica Orsogna:

 

A TADDEO SALVINI

TEMPLI E TEATRI

NEGLI ABRUZZI ED OLTRE

RICORDERANNO

L’INGEGNO FORTE VARIO E SQUISITO

ARCHITETTO INCISORE

VISSUTO ALL’AMICIZIA DE’ BUONI

FRA GLI ANNI 1777-1849

E LA PATRIA ORSOGNA

BELLA PER LUI DI STRADE ED EDIFICI

NE PERPETUA SU QUESTA PIETRA

A CONFORTO DEGLI OPEROSI

LA MEMORIA E IL NOME

1850[21]

 

L’anno seguente, veniva completata la torre campanaria dlela chiesa madre di S. Nicola, le campane erano state fuse un decennio prima circa. La trasformazione urbanistica di Orsogna si completava.

Quanto all’attività artisrtica orsognese, ricordiamo di un pittore di Orsogna G. Franceschioni nel 1832 realizzava il dipinto del Trionfo di Lucio Valerio Pudente coronato con l’alloro al Campidoglio[22], per il sipario del teatro Regio S. Ferdinando, poi dedicato a Gabriele Rossetti. Il bozzetta era del pittore Nicola de Laurentiis di Chieti (1783-1832).


Saluto del Principe Umberto di Savoia dal loggione del teatro, 1926 – archivio Marco Jajani

 

Nel 1868 ci fu un crollo del tetto, che coinvolse anche il solaio dell’adiacente palazzo comunale. Nei lavori di ricostruzione, fu quasi abbattuto e ricostruito; nel 1873 non era ancora inaugurato perché le compagnie si esibivano in locali provvisori. Lo stato di precarietà del teatro civico durò negli anni, danneggiato dal terremoto del 2 settembre 1881 che causò vari problemi a Orsogna; a seguire nel 1902 la Società operaia di Orsogna anticiò le spese di 625 lire per la decorazione dello stabile. Tuttavia, a quanto rimane scritto, rimaneva l’inagibilità, il Prefetto di Chieti non autorizzava le esibizioni al teatro, né durante la visita del Principe Umberto di Savoia nel 1926, né nel 1931 per l’esibizione straordinaria della soprano argentina, di origini orsognesi, Adelaide Saraceni (1895-1995), e nemmeno nel 1937 in occasione delle celebrazioni degli 80 anni di De Nardis. Piuttosto, come si è detto, le celebrazioni si svolsero nel salone delle scuole elementari. Eppure da alcune fotografie e testimonianze, possiamo notare che nel 1926 il Principe Umberto si affacciò dalla balconata del teatro per salutare la folla festante. In questi stessi anni esso fu usato per alcuni comizi elettorali dell’On.le Raffaele Paolucci. Nel 1931 per il concerto della Saraceni, sostiene voce di popolo, delle persone si erano intrufolate nella grande balconata per ammirare il palco provvisorio allesitto in piazza per la soprano, ma a causa del peso, il balcone crollò, causando diversi feriti. Nell’agosto 1943 il teatro fu restaurato con la sostituzione della copertura a capriate lignee, con una più robusta in cemento, ma…venne la guerra, che distrusse tutto. Il teatro riaprì negli anni ’50, e fu ristrutturato quasi completamente negli anni ’70, con ulteriori interventi negli anni ’90 e 2000. Il resto è storia recente.


       Cartolina storica di piazza Mazzini col teatro comunale e il campanile di S. Nicola 

foto attuale del teatro comunale                    

Il bel teatro si affaccia sulla piazza, con una facciata scandida da due cornicioni che ne rimarcano i tre livelli: alla base ci sono tre aperture a tutto sesto, fasciate da finto bugnato; il secondo ordine è scandito da un loggione e da un ordine di tre alte finestre, e l’ultimo livello, che consiste nella soffitta, è scandito da tre aperture rettangolari schiacciate. Nel settore centrale della facciata, sulla sommità, svetta l’altana con l’orologio. Prima delle devastazioni belliche, l’altana era impreziosita da due volute laterali, che ne armonizzavano il tutto, e da una gabbia in ferro battuto con riccioli per contenere le campane battiore. Orsogna non era dotata di un orologio pubblico, il campanile della chiesa madre, più consono magari a tali funzioni, era crollato nel terremoto del 1881, ragion per cui la municopalità scelse di realizzarlo presso il teatro civico. L’interno è preceduto da un vestibolo con due piccoli foyer laterali, che immettono ai palchi superiori mediante delle piccole scalinate.

Negli anni ’80 il teatro fu arricchito dagli spettacoli dell’Associazione teatrel “Giovani alla ribalta”, poi “Giovanissimi alla ribalta”, gestita dal maestro Plinio Silverii (1926-2002), trasformatasi poi nell’Associazione Il Teatro di Plinio, che ancora oggi porta in trionfo i suoi successi; il Teatro Abruzzese ’80. Attualmente è gesitto dal Gruppo “I Guardiani dell’Oca” sezione di Orsogna, di Benedetto Zenone.

Il teatro ospita una piccola mostra dedicta aal M° De Nardis: il suo pianoforte personale che aveva a Napoli, acquistato dall’Amministrazione comunale, con le caratteristiche candele mobili per leggere lo spartito, una piccola collezione di pipe, un bastone da passeggio, e un ritratto del Maestro.

 


[1] Nota di Armando de Grandis nel Calendario didattico culturale di Orsogna dell’an. 2024, edito da Onoranze funembri Masciangelo, Orsogna.

[2] Cfr. Catasto onciaro di Orsogna del 172 nell’Archivio di Stato di Napoli, esso consiste in 5 voll. tip. liv. 5, cfr. collocazione alla Banca dati online dell’AS Napoli [https://banchedati-archiviodistatonapoli.it/patrimonio/5cd64cd9-616f-4c04-9132-07f4a60df407/000300000400005000050000200024-liv5-orsogna]

[3] Cfr. Armando de Grandis, ivi.

[4] Non esiste una biografia completa sul Salvini, se non delle notizie d’archivio riportate nel libro Plinio Silverii, Il nostro campanile ha ducent’anni, Chieti, Vecchio Faggio, 1990, pp. 99-127. Altre notizie sulla sua biografia saranno riportate qui dallo scrivente.

[5] Cfr. atto di nascita in Atti di Stato Civile – Chieti 1809-1929, presso Archivio di Stato di Pescara.

[6] Pulpito della Cattedrale di S. Giustino, di S. Francesco al Corso, di S. Domenico al Corso, di S. Agostino, della Ssma Trinità, di S. Francesco di Paola.

[7] Allargamento della balaustra dell’organo monumentale della chiesa di S. Francesco, inoltrre Salvini vi realizzò il pulpito.

[8] Dopo la seconda guerra mondiale, oggi di lui sopravvive il pulpito nella chiesa parrocchiale; pare che avesse scolpito il pulpito e il coro ligneo della vicina chiesa della Madonna del Rifugio, realizzato le statue sacre, e l’organo della distrutta chiesa di S. Giovanni.

[9] Pulpiti della Collegiata, della chiesa di S. Rocco, della chiesa dei Cappuccini.

[10] Coro ligneo del convento di S. Irene.

[11] Da ricordare i confessionali della chiesa parrocchiale di Moscufo, e della chiesa di S. Francesco di Bucchianico, compreso il pulpito. A Pennapiedimonte, il Salvini realizzò il pulpito e i confessionali per la chiesa parrocchiale.

[12] Si censiscono il busto firmato e datato (1794) di S. Urbano papa di Taranta Peligna, conservato nella chiesa, poi distrutta nella guerra, di S. Biagio, e oggi esposto nella chiesa parrocchiale del paese, censito anche da Beniamino Costantini in un suo articolo slla rivista L’Abruzzo, Lanciano, Carabba, 1920; un S. Cristoforo nella chiesa parrocchiale di Moscufo, un S. Pasquale Baylon nel Museo diocesano di Lanciano, proveniente dalla chiesa di S. Maria Maggiore. In questa chiesa si conserva di Salvini una Madonna dolente nelle cappella della sede della Congrega della Ssm. Pietà e Concezione; e sempre dalla stessa chiesa, un tabernacolo reliqiario in legno scolpito, conservato nel Museo diocesano.

[13] Infine dedicato a Fedele Fenaroli.

[14] Plinio Silverii, Il nostro campanile ha ducent’anni, Chieti, Vechcio Faggio, 1990, pp. 100-101, poi pp. 106 ecc. La causa tra Saklvini e d. Filippo si svolse nella Sottintendenza di Lanciano, l’arciprete accusava Salvini di aver effettuato lavori nella chiesa di S. Giovanni e di S. Rocco, quest’ultima incamerata dal Comune. Per la chiesa di S. Giovanni l’arciprete accusava Salvini di aver fatto inserire una lapide in ricordo della famiglia Fonzi, per ricordare il curato Orante Fonzi (datata 1832), accordo preso in precedenza col sacerdote d. Filippo Fosco. Infine si incolpava Salvini di aver chiuso il finestrone dell’altare maggiore, e aver aperto una balaustra sul retro dell’abside, gravitante sul fossato dove gli orsognesi scaricavano i rifiuti e i propri bisogni.

[15] Carica che corrispondeva, prima del 1799, a quella del sindaco.

[16] Plinio Silverii, cit., pp. 102-103.

[17] Cfr. art. 19 sulle funzioni del Segretario generale dell’Intendenza, in Legge organica sull’Amministrazione civile del 12 dicembre 1816 – Ferdinando I per la Grazia di Dio Re delle Due Sicilie ecc., dato in Caserta, 12 dicembre 1816, per firma Segretario di Stato Ministro Cancelliere Tommaso Somma, pp. 7-8, cfr. la versione digitalizzata [https://books.google.it/books?id=DVIIAAAAQAAJ&pg=PA84&hl=it&source=gbs_selected_pages&cad=1#v=onepage&q&f=false]

[18] Cfr. documento della depoziione di Giuseppe Rizzacasa, trascritto da Plinio Silverii, op.cit., pp. 103-104.

[19] Da ricordare che d. Filippo Didone nel 1780 aveva promosso la nuova costruzione della chiesa madre di S. Nicola, demolendo quella vecchia, troppo piccola per le funzioni religiose, portata a trermine con fatica nel 1825. Cfr. Plinio Silverii, cit., passim.

[20] Plinio Silverii, cit., pp. 109-110

[21] Plinio Silverii, cit., p. 143

[22] Cfr. Napoli nobilissima, voll. XIII.XIV, p. 138, Napoli 1904.

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