Taddeo Salvini architetto abruzzese
di Orsogna, la costruzione del teatro comunale e alcune vicende sociali
dell’800.
di
Angelo Iocco
Tornando al teatro, esso è legato alla storia del palazzo municipale, collegato mediante un’appendice che affaccia su via Roma. Nel 1744 fu costruita la nuova casa dell’Univerasità orsognese[1]. Precedentemente l’area del teatro-palazzo comunale era occupata da case private, un trappeto, una taverna e un giardino[1]. Nella taverna si riuniva il Parlamento cittadino con i capi-famiglia, per discutere le delibere, le decisioni più importanti per pagamenti, azioni varie, emergenze, al suono di una campana. Per ovviare alle modeste dimensioni, i convenuti sedevano su dei palchi ligneo montati appositamente. Si decise dunque, da lì in poi, con l’avanzare della cultura illuminista francese, di costruire un teatro vero e proprio. E dalle delibere del 1790 iniziarono ad essere fatte le prime proposte. Vennero stipulati i primi contratti con le compagnie, ma non sappiamo quali fossero, né di che natura fossero gli spettacoli, ma dai bilanci, si ricava che gli spettacoli non procuravano successo, né sufficienti introiti per le spese di gestione, anzi le deputazioni teatrali finivano indebitate[2]!
La
storia vera e propria del teatro civico, come si presenta oggi, risale alla
prima metà dell’800, quando sulla scena politica di Orsogna comparve Taddeo
Salvini (1778-1849) orsognese[3].
Nacque dallo scultore Modesto e Celesta Ceccarossi. Sposò Maria Pasquale de
Jacobis, figlia di Ottaviano e Maria De
Santis[4].
Viveva nel quartiere di recente costruzione della “Villagrande”, ossia
l’attuale area della piazza Mazzini, corso Umberto e via Adriatico. In una di
queste case affacciate sulla piazza, egli morì. Uomo ambivalente e
avventuriero, influenzato inevitabilmente dagli atteggiamenti positivistici
dell’illuminismo francese, portato da Giacchino Murat e Napoleone a Orsogna e
nel resto d’Abruzzo nel 1798-99, Taddeo Salvini continuò l’attività di ebanista
e scultore, come il padre Modesto. Egli oggi è ricordato per aver scolpito i bellissimi
pulpiti lignei delle principali chiese di Chieti[5],
di Lanciano[6], di
Orsogna[7],
di Guardiagrele[8], di
Catignano[9],
i confessionali di alcune chiese dell’area chietina[10],
e le statue di diversi comuni abruzzesi dell’area chietino-pescarese[11].
Taddeo
non seguì l’arte paterna, o almeno ne apprese gli stilemi per l’architettura
civile, avendo progettato il teatro S. Ferdinando di Vasto, poi dedicato al
poeta Gabriele Rossetti (1819), nel 1841 progettò la facciata e gli interni del
teatro Maria Carolina, poi S. Francesco di Lanciano[12],
riadattandolo dalla sconsacrata chiesa degli Scolopi, infine veniva chiamato a
Foggia per il progetto del teatro civico, dedicato attualmente al musicista
Umberto Giordano.
Ma
avevamo soggiunto che il Salvini nel 1831 era sindaco di Orsogna. Con la sua
professione di architetto e scultore, aveva dato avvio a dei cantieri in paese,
suscitando le ire dell’arciprete d. Filippo Didone, il quale andava a
denunciare all’Intendente di Chieti e all’Arcivescovo Mons. Carlo M. Cernelli
delle modifiche non consone, e l’apertura di una finestra posteriore nella
chiesa di S. Giovanni[13].
Nella
deliberazione decurionale del 24 dicembre 1830, il Sottintendente di Lanciano
lo citava come proprietario terriero ascritto alla carboneria. Nel documento di
delibera egli risulta gregario, e veniva richiesto dalla popolazione come
sindaco. Eletto, il Salvini deliberò l’acquisizione da parte del Comune del
teatro. Esso infatti, come riportato sopra, era sorto circa nel 1790 come
locale annesso al Comune, ma era gestito da privati cittadini, quando era
camerlengo[14] d.
Francesco Peregrini; nel 1791 alcuni palchetti lignei furono presi in appalto,
la qual cosa divenne successivamente una vera e propria appropriazione privata
per poter assistere agli spettacoli. La controversia andò avanti fino al tempo
del Salvini. La Municipalitò lo fece presente all’Intendenza il 23 ottobre 1830[15].
La cosa dunque fu riconosciuto come puro abusivismo in suolo pubblico, senza
Regio assenso, ed essendoci sospetto di peculato privato, in violazione
dell’art. 19 della Legge organica amministrativa del 1816[16].
Il
Comune acquisì il teatro con i 9 palchi esistenti. I proprietari presunti erano
d. Vincenzo Cucchiarelli, d. Vincenzo Rosica, d. Filippo Cucchiarelli, d.
Francescopaolo Cucchiarelli, che inoltrarono ricorso. L’usciere del Regio
Giudicato di Orsogna: Giuseppe Rizzacasa, per mezzo dei proprietari, dichiarò
che il Decurionato di Orsogna non avesse competenza nel diritto di esproprio
dei palchi, poiché tale azione è di competenza del potere giudiziario[17].
Nel
1833 era sindaco d. Camillo Di Bene, che risolse la controversia sul teatro in
forma bonaria, facendo firmare ai propriatri ina formale rinuncia, da far
pervenire al Ministero degli Affari esteri, compensando la rinuncia con 13 ducati
a ciascuno. In quegli anni tuttavia si agitavano le cause tra l’arciprete d.
Filippo Didone (1755-1846)[18]
e il Salvini. Ad esempio durante il suo mandato nel 1832, il 18 novembre per
l’onomastico della Regina Madre Maria Isabella di Spagna, il Salvini aveva dato
mandato all’arciprete di suonar ele campane e intonare il Te Deum, litigando
però per la questione del pagamento della cera per le candele, avendo dovuto,
per l’occasione fausta, utilizzare i fondi per le feste civili[19].
Per non parlare, come riferito brevemente nelle note, delle liti sui restauri
della chiesa di S. Giovanni.
Teatro
comunale di Vasto – fondale del sipario con L’Incoronazione di Lucio Valerio
Pudente, dipinto da G. Franceschini di Orsogna, 1832
Ironia
della sorte, d. Filippo morì nel 1846, come detto, il Salvini lo raggiungerà
poco più avanti nel 1849, venendo sepolto…proprio dentro S. Giovanni, al lato
destro dell’altare maggiore. L’anno seguente fu realizzata una lapide in sua
memoria, fortunatamente riportata dal Silverii, poiché la guerra e la mano
devastatrice ha cancellato per sempre un secolare monumento dell’antica
Orsogna:
A
TADDEO SALVINI
TEMPLI
E TEATRI
NEGLI
ABRUZZI ED OLTRE
RICORDERANNO
L’INGEGNO
FORTE VARIO E SQUISITO
ARCHITETTO
INCISORE
VISSUTO
ALL’AMICIZIA DE’ BUONI
FRA
GLI ANNI 1777-1849
E
LA PATRIA ORSOGNA
BELLA
PER LUI DI STRADE ED EDIFICI
NE
PERPETUA SU QUESTA PIETRA
A
CONFORTO DEGLI OPEROSI
LA
MEMORIA E IL NOME
1850[21]
L’anno
seguente, veniva completata la torre campanaria dlela chiesa madre di S.
Nicola, le campane erano state fuse un decennio prima circa. La trasformazione
urbanistica di Orsogna si completava.
Quanto
all’attività artisrtica orsognese, ricordiamo di un pittore di Orsogna G.
Franceschioni nel 1832 realizzava il dipinto del Trionfo di Lucio Valerio Pudente coronato con l’alloro al Campidoglio[22],
per il sipario del teatro Regio S. Ferdinando, poi dedicato a Gabriele
Rossetti. Il bozzetta era del pittore Nicola de Laurentiis di Chieti
(1783-1832).
Saluto del Principe Umberto di Savoia
dal loggione del teatro, 1926 – archivio Marco Jajani
Nel
1868 ci fu un crollo del tetto, che coinvolse anche il solaio dell’adiacente
palazzo comunale. Nei lavori di ricostruzione, fu quasi abbattuto e
ricostruito; nel 1873 non era ancora inaugurato perché le compagnie si
esibivano in locali provvisori. Lo stato di precarietà del teatro civico durò
negli anni, danneggiato dal terremoto del 2 settembre 1881 che causò vari
problemi a Orsogna; a seguire nel 1902 la Società operaia di Orsogna anticiò le
spese di 625 lire per la decorazione dello stabile. Tuttavia, a quanto rimane
scritto, rimaneva l’inagibilità, il Prefetto di Chieti non autorizzava le
esibizioni al teatro, né durante la visita del Principe Umberto di Savoia nel
1926, né nel 1931 per l’esibizione straordinaria della soprano argentina, di
origini orsognesi, Adelaide Saraceni (1895-1995), e nemmeno nel 1937 in
occasione delle celebrazioni degli 80 anni di De Nardis. Piuttosto, come si è
detto, le celebrazioni si svolsero nel salone delle scuole elementari. Eppure
da alcune fotografie e testimonianze, possiamo notare che nel 1926 il Principe
Umberto si affacciò dalla balconata del teatro per salutare la folla festante.
In questi stessi anni esso fu usato per alcuni comizi elettorali dell’On.le
Raffaele Paolucci. Nel 1931 per il concerto della Saraceni, sostiene voce di
popolo, delle persone si erano intrufolate nella grande balconata per ammirare
il palco provvisorio allesitto in piazza per la soprano, ma a causa del peso,
il balcone crollò, causando diversi feriti. Nell’agosto 1943 il teatro fu
restaurato con la sostituzione della copertura a capriate lignee, con una più
robusta in cemento, ma…venne la guerra, che distrusse tutto. Il teatro riaprì
negli anni ’50, e fu ristrutturato quasi completamente negli anni ’70, con
ulteriori interventi negli anni ’90 e 2000. Il resto è storia recente.
Cartolina storica di piazza Mazzini col teatro comunale e il campanile di S. Nicola
foto attuale del teatro comunale
Il
bel teatro si affaccia sulla piazza, con una facciata scandida da due
cornicioni che ne rimarcano i tre livelli: alla base ci sono tre aperture a
tutto sesto, fasciate da finto bugnato; il secondo ordine è scandito da un
loggione e da un ordine di tre alte finestre, e l’ultimo livello, che consiste
nella soffitta, è scandito da tre aperture rettangolari schiacciate. Nel settore
centrale della facciata, sulla sommità, svetta l’altana con l’orologio. Prima
delle devastazioni belliche, l’altana era impreziosita da due volute laterali,
che ne armonizzavano il tutto, e da una gabbia in ferro battuto con riccioli
per contenere le campane battiore. Orsogna non era dotata di un orologio
pubblico, il campanile della chiesa madre, più consono magari a tali funzioni,
era crollato nel terremoto del 1881, ragion per cui la municopalità scelse di
realizzarlo presso il teatro civico. L’interno è preceduto da un vestibolo con
due piccoli foyer laterali, che immettono ai palchi superiori mediante delle
piccole scalinate.
Negli
anni ’80 il teatro fu arricchito dagli spettacoli dell’Associazione teatrel
“Giovani alla ribalta”, poi “Giovanissimi alla ribalta”, gestita dal maestro
Plinio Silverii (1926-2002), trasformatasi poi nell’Associazione Il Teatro di
Plinio, che ancora oggi porta in trionfo i suoi successi; il Teatro Abruzzese
’80. Attualmente è gesitto dal Gruppo “I Guardiani dell’Oca” sezione di
Orsogna, di Benedetto Zenone.
Il
teatro ospita una piccola mostra dedicta aal M° De Nardis: il suo pianoforte
personale che aveva a Napoli, acquistato dall’Amministrazione comunale, con le
caratteristiche candele mobili per leggere lo spartito, una piccola collezione
di pipe, un bastone da passeggio, e un ritratto del Maestro.
[1] Nota di Armando de Grandis nel Calendario didattico culturale di Orsogna dell’an. 2024, edito da Onoranze funembri Masciangelo, Orsogna.
[2] Cfr. Catasto
onciaro di Orsogna del 172 nell’Archivio di Stato di Napoli, esso consiste in 5
voll. tip. liv. 5, cfr. collocazione alla Banca dati online dell’AS Napoli [https://banchedati-archiviodistatonapoli.it/patrimonio/5cd64cd9-616f-4c04-9132-07f4a60df407/000300000400005000050000200024-liv5-orsogna]
[3] Cfr. Armando de
Grandis, ivi.
[4] Non esiste una
biografia completa sul Salvini, se non delle notizie d’archivio riportate nel
libro Plinio Silverii, Il nostro campanile ha ducent’anni, Chieti, Vecchio Faggio,
1990, pp. 99-127. Altre notizie sulla sua biografia saranno riportate qui dallo
scrivente.
[5] Cfr. atto di
nascita in Atti di Stato Civile – Chieti 1809-1929, presso Archivio di Stato di
Pescara.
[6] Pulpito della
Cattedrale di S. Giustino, di S. Francesco al Corso, di S. Domenico al Corso,
di S. Agostino, della Ssma Trinità, di S. Francesco di Paola.
[7] Allargamento
della balaustra dell’organo monumentale della chiesa di S. Francesco, inoltrre
Salvini vi realizzò il pulpito.
[8] Dopo la seconda
guerra mondiale, oggi di lui sopravvive il pulpito nella chiesa parrocchiale;
pare che avesse scolpito il pulpito e il coro ligneo della vicina chiesa della
Madonna del Rifugio, realizzato le statue sacre, e l’organo della distrutta
chiesa di S. Giovanni.
[9] Pulpiti della
Collegiata, della chiesa di S. Rocco, della chiesa dei Cappuccini.
[10] Coro ligneo del
convento di S. Irene.
[11] Da ricordare i
confessionali della chiesa parrocchiale di Moscufo, e della chiesa di S.
Francesco di Bucchianico, compreso il pulpito. A Pennapiedimonte, il Salvini
realizzò il pulpito e i confessionali per la chiesa parrocchiale.
[12] Si censiscono
il busto firmato e datato (1794) di S. Urbano papa di Taranta Peligna,
conservato nella chiesa, poi distrutta nella guerra, di S. Biagio, e oggi
esposto nella chiesa parrocchiale del paese, censito anche da Beniamino
Costantini in un suo articolo slla rivista L’Abruzzo, Lanciano, Carabba, 1920;
un S. Cristoforo nella chiesa parrocchiale di Moscufo, un S. Pasquale Baylon
nel Museo diocesano di Lanciano, proveniente dalla chiesa di S. Maria Maggiore.
In questa chiesa si conserva di Salvini una Madonna dolente nelle cappella
della sede della Congrega della Ssm. Pietà e Concezione; e sempre dalla stessa
chiesa, un tabernacolo reliqiario in legno scolpito, conservato nel Museo
diocesano.
[13] Infine
dedicato a Fedele Fenaroli.
[14] Plinio
Silverii, Il nostro campanile ha ducent’anni, Chieti, Vechcio Faggio, 1990, pp.
100-101, poi pp. 106 ecc. La causa tra Saklvini e d. Filippo si svolse nella
Sottintendenza di Lanciano, l’arciprete accusava Salvini di aver effettuato
lavori nella chiesa di S. Giovanni e di S. Rocco, quest’ultima incamerata dal
Comune. Per la chiesa di S. Giovanni l’arciprete accusava Salvini di aver fatto
inserire una lapide in ricordo della famiglia Fonzi, per ricordare il curato
Orante Fonzi (datata 1832), accordo preso in precedenza col sacerdote d.
Filippo Fosco. Infine si incolpava Salvini di aver chiuso il finestrone
dell’altare maggiore, e aver aperto una balaustra sul retro dell’abside,
gravitante sul fossato dove gli orsognesi scaricavano i rifiuti e i propri
bisogni.
[15] Carica che
corrispondeva, prima del 1799, a quella del sindaco.
[16] Plinio
Silverii, cit., pp. 102-103.
[17] Cfr. art. 19
sulle funzioni del Segretario generale dell’Intendenza, in Legge organica
sull’Amministrazione civile del 12 dicembre 1816 – Ferdinando I per la Grazia
di Dio Re delle Due Sicilie ecc., dato in Caserta, 12 dicembre 1816, per firma
Segretario di Stato Ministro Cancelliere Tommaso Somma, pp. 7-8, cfr. la
versione digitalizzata [https://books.google.it/books?id=DVIIAAAAQAAJ&pg=PA84&hl=it&source=gbs_selected_pages&cad=1#v=onepage&q&f=false]
[18] Cfr. documento
della depoziione di Giuseppe Rizzacasa, trascritto da Plinio Silverii, op.cit.,
pp. 103-104.
[19] Da ricordare che d. Filippo Didone nel 1780 aveva promosso la nuova costruzione della chiesa madre di S. Nicola, demolendo quella vecchia, troppo piccola per le funzioni religiose, portata a trermine con fatica nel 1825. Cfr. Plinio Silverii, cit., passim.
[20] Plinio Silverii, cit., pp. 109-110
[21] Plinio Silverii, cit., p. 143
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