Ludovico Teodoro, San Leucio nelle vesti di vescovo, con ai piedi il Dragone, Duomo di Atessa |
Ludovico Teodoro, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti, le sue opere nel Duomo di San Leucio e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa
Prima Puntata
di Angelo Iocco
Poco si conosce di
questo artista, figlio del celebre Donato Teodoro di Chieti[1],
uno dei migliori che fu attivo nell’Abruzzo chietino e nel Molise, ma anche
nell’area di San Benedetto del Tronto e del teramano (dipinse il soffitto della
Collegiata di Campli), dagli anni ’30 agli anni ’50 del ‘700. Per vent’anni
dominò la scena con altri colleghi spesso napoletani, come Ludovico De Majo,
Francesco Solimena, Giovan Battista Spinelli. Fu sepolto a Chieti nella chiesa
di San Domenico, andata demolita nel 1914 per costruire il palazzo della
Provincia di Chieti. La lezione del Teodoro pare essere stata recepita anche in
Atessa, benché non siano attestate sue opere nelle chiese. Un esempio è
l’affresco della volta della sala grande del palazzo De Marco-Giannico, ex casa
di riposo, in Largo Castello, la cui scena illustra al primo piano Ercole che
combatte l’Idra di Lerna, e al centro il Giudizio di Paride con Giunone,
Minerva e Venere con l’Amorino, e attorno nelle nuvole dell’Olimpo, figure
femminili e Grazie. La scena, ripresa anche dalle stampe che circolavano in
quei tempi, ricorda per la divisione in due scomparti,. Le due tele del Teodoro
di Chieti (chiesa di Santa Maria della
Civitella) e Guardiagrele (chiesa di Santa Chiara) con il tema della Cacciata
del Demonio e degli Angeli ribelli dal Paradiso.
Dal volume A. e D. Jovacchini, Per una storia di Atessa, Cassa di Risparmio, Atessa, 1993 |
Ludovico figlio di Donato, attivo nella
seconda metà del Settecento, fu ugualmente pittore, e non dimenticò
l’insegnamento paterno, apprezzava le grandi scene corali, spesso
rintracciabili nei dipinti di Luca Giordano a Napoli, dove andò a formarsi,
come fece suo padre; e non mancava sicuramente di avere una personale
collezione di stampe, da cui traeva ispirazione per i suoi affreschi di ampio
respiro. Al momento, pienamente attribuibile a Ludovico, sono la tela di San
Leucio vescovo col dragone, presente nell’altare maggiore del Duomo di Atessa,
firmato e datato 1779. Benché non firmate, mi sento di attribuirli anche le due
tele laterali del coro dei Canonici, che ritraggono la Natività con la Sacra
Famiglia, e l’Adorazione dei Pastori. Opere un di gusto teodoriano per la ben costruita
scenografia, anche se con le immancabili grossolane superfetazioni del Bravo, e
i fondi oscuri tipici dell’ultimo Donato, di chiara derivazione tardo
caravaggesca[2].
Anonimo, Annunciazione, chiesa della Santissima Annunziata, Civitaluparella, 1790.
Il secondo riquadro:
“David accoglie Saul vincitore contro Golia” è molto simile al quadro dipinto
dal padre Donato che mostra la scena di “Davide con la testa di Golia davanti a
Saul”, oggi conservata nel palazzo Martinetti-Bianchi di Chieti, oppure allo
stesso soggetto per la volta della chiesa madre di Colledimezzo. La
composizione del soggetto ha la stessa matrice, ma il risultato di Ludovico è
più scadente. In parte è dovuto ai restauri di Ennio Bravo, che ha cambiato
alcuni volti, in parte alla stanca ripetizione dei modelli, come il barbuto
Saul sul trono che è impaurito dalla scena macabra, e il giovane David, che con
la sua smorfia di sofferenza esprime quel mansuetismo, quasi senso di colpa per
i propri trionfi, che accomuna diverse opere di Donato che abbiano questa peculiarità
del Trionfo del Bene sul Male, quasi uno strizzare l’occhio al Davide con la
testa di Golia del Caravaggio. Ma appunto, ciò non riguarda tutte le opere del
Donato, basta riferirsi ai volti trionfanti di Giuditta con la testa di
Oloferne nella chiesa di Sant’Agata di Chieti, o ad altri soggetti simili, come
lo stesso tema nella cupoletta del santuario dell’Assunta di Castelfrentano, et
similia.
Donato Teodoro, Incontro tra Salomone e la Regina di Saba, Museo d’arte “C. Barbella”, Chieti, foto M. Vaccaro per gentile concessione |
La scena “Saul placato
dall’arpa di David e l’Arca dell’Alleanza” si divide in tre momenti, sulla
sinistra il coro di cantatrici con strumenti musicali, al centro Saul che suona
l’arpa, a destra i sacerdoti e l’Arca.
Navata del Duomo di Atessa |
Osserviamo le fotografie delle pitture della volta del Duomo.
1° dipinto: L. Teodoro, Giuditta e Oloferne, particolare |
2° dipinto, Saul e David con la testa di Golia, particolare di David |
3° dipinto: David suona l’arpa con l’Arca dell’Alleanza, veduta d’insieme e particolare |
4° dipinto: Salomone e la Regina di Saba. |
L’ultima scena “La Regina di Saba” ha moltissime somiglianze con il dipinto di Giacinto Diano che realizzerà nel 1788 ca. nella Basilica cattedrale di Lanciano, la matrice della stampa da cui i due pittori hanno attinto è la stessa. Anche qui notiamo l’esasperazione dei volti, l’abbruttimento dei tratto somatici dei sacerdoti e delle cariche ebraiche, nonché i lunghi nasi, gli occhi strabuzzati, i pizzetti appuntiti, i turbanti delle figure di religione islamica contro cui si scontrano gli ebrei. Le pennellate sono molto chiare, seppur Ludovico non riesca a eguagliare la grandezza paterna. Osservando queste pitture, ci viene in mente il primo Donato Teodoro, non ancora trentenne, che fu attivo nel cantiere del santuario dell’Assunta di Castel Frentano, con la controfacciata della “Cacciata dei mercanti dal Tempio”; le pennellate simili, i colori leggermente sbiaditi, l’affresco orale di personaggi che si intrecciano in un turbinio di azioni, di giravolte, di scene concitate che inducono al movimento, a riguardare più volte la scena per adocchiarne i particolari.
Ludovico nel Duomo
dipinse anche i tondi laterali con le figure degli Apostoli, e delle tele applicate
ai pilastri della navata maggiore del Duomo, con le scene della Via Crucis.
Altre opere d’arte a
San Leucio
Nel Duomo. Il pulpito
in legno è della bottega Mascio di Atessa.
NAVATA DI SINISTRA,
altare di San Michele che sconfigge Lucifero, è brutta copia di Francesco
De Benedictis[3]
del quadro di Guido Reni (sia De Benedictis che il suo predecessore Giuliano
Crognale di Castelfrentano ne sfornarono di queste orride copie del quadro di
Guido Reni per le chiese del chietino!), che però forse avrà copiato dal suo
maestro Nicola Ranieri, per il san Michele presente nell’altare maggiore della
chiesa di sant’Antonio di Lanciano, o da una stampa del quadro di Reni che
circolava molto facilmente tra i disegnatori dei suoi tempi.
2° altare: Santa Lucia
martire, quadro moderno di Ennio Bravo[4]
A seguire. Statua di
san Pietro seduto, del XVI secolo, in pietra, dall’atteggiamento meditativo.
3° altare di San
Giuseppe in cammino col Bambino, dell’800, autore locale, della scuola di
Giacomo Falcucci
4° altare di San
Bartolomeo martirizzato, opera dello stesso autore del precedente San
Giuseppe col Bambino
CAPOALTARE NAVATA
SINISTRA A CAPPELLA: nicchie con statue
del Sacro Cuore, San Donato e Madonna Immacolata, bottega locale. Il soffitto è
stato rifatto da Bravo con i soliti cassettoni e fioroni.
Nella nicchia di
controfacciata della seconda navata di sinistra, c’è il busto di San Leucio in
argento di scuola napoletana datato 1857, e la costola del drago.
Ritratto del Prevosto Giandomenico Maccafani, presso la Sagrestia |
NAVATA DESTRA: a muro
in controfacciata, tela dell’Ultima Cena, autore ignoto, ma forse Giacomo
Falcucci o di un suo seguace.
Altari laterali:
1° altare di Sant’Anna
con Maria Bambina, tela di F. De Benedictis, di poco interesse.
2° altare con Martirio
di San Sebastiano, con ex voto, forse di Giacomo Falcucci[5], è
classificato come di anonimo dell’800.
3° altare di San
Martino in gloria, con i putti che reggono le spighe. Ignoto, forse questo
è un altro dipinto ignoto di Ludovico Teodoro; la postura è identica alla tela
di san Leucio nell’altare maggiore. Il Santo con il braccio destro benedice,
con l’altro regge il Vangelo e il pastorale. Accanto due angeli che reggono
fasci di spighe. Quasi
sempre Martino vescovo ha in mano un
grappolo d’uva e un fascio di spighe di grano, per
ricordare il suo protettorato sulle messi. A san Martino si rivolgevano
preghiere per un raccolto prospero di grano, uva ed altro. Questa iconografia è
presente in diverse opere pittoriche e scultoree che ritraggono il Santo. I due
angeli hanno i volti tipici delle figure di Donato Teodoro, che riutilizzò
questi modelli per diverse altre sue pitture, specialmente quello dell’angelo
di destra che è di profilo, riutilizzato nei servitori delle pitture di
Castelfrentano, Lanciano, Chieti. Interessante è anche la veduta in prospettiva
di Atessa, dietro il santo, dal lato di Vallaspra, sulla destra vediamo il
Duomo, con parte della facciata antica, privata nel 1935 delle volute laterali
baroccheggianti, un restauro che forse ha restituito un aspetto troppo
“razionalista” all’antica facciata gotica, a giudicare il periodo storico in
cui venne recuperata. Sulla sinistra vediamo le mura di Porta Sant’Antonio, con
il chiostro dell’antico convento dei Cappuccini e poi delle Clarisse di San
Giacinto, demolito negli anni ’60, di cui resta una porzione con degli archi, e
la torre massiccia della chiesa di Santa Croce.
Ludovico Teodoro (?), San Martino in gloria, con paesaggio, Duomo di Atessa