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26 giugno 2022

Calascio: La leggenda di Re Marrone.

 
La leggenda di Re Marrone
a cura di Antonio Mezzanotte

Si dice e si racconta che ai tempi dei tempi viveva a Rocca Calascio il Re Marrone. Immense le sue ricchezze: trentasei castelli nella piana di Foggia e oltre cento nella Baronia di Carapelle. Possedeva più di cento morre di pecore, le più belle mai viste, dal cui latte il mastro caciaro ricavava il formaggio più saporito di tutti gli Abruzzi e la cui lana era la più bianca e soffice, tant'è che non solo da Napoli venivano per comprare panni, pezze e ricotte, ma addirittura il Re del Portogallo ogni anno nel mese di maggio mandava i suoi tre figli a Calascio per procurarsi la lana della prima tosatura, la migliore, l'unica degna di riempire i cuscini del Re.
Ma l'invidia è una brutta bestia ed ecco allora che il Re delle Corone, che comandava sulla Piana di San Marco (presso Castel del Monte) e possedeva pure lui castelli, greggi e ricchezze, prese a malvolere Re Marrone e con la scusa dello sconfinamento di una pecora mosse guerra al suo vicino.
Fu una guerra spietata, che portò morte e desolazione, ogni fazzoletto di terra veniva conteso ferocemente tra i due eserciti, finché il Re Marrone fu costretto a rinchiudersi a Rocca Calascio, assediato per dieci, lunghi anni dal Re delle corone.
La Rocca era imprendibile, le torri più robuste e le mura più massicce di tutte le montagne proteggevano il Re Marrone e la sua gente, ma anno dopo anno le provviste iniziarono a scarseggiare, così come l'acqua delle grandi cisterne. Re Marrone, pertanto, comandò di mangiare prima tutti i formaggi dei capienti magazzini, poi i cavalli, le mucche, le capre, infine le pecore. Ai suoi soldati, intanto, erano cresciute lunghe barbe bianche.
Fu allora che mastro Nicola, il più vecchio e saggio caciaro del paese, osò rivolgersi al Re e gli disse: "Maestà, qua siamo tutti condannati, ma, se vuoi salvare il Regno e vincere la guerra, mo ti dico come fare!". E fu così che il caciaro espose l'ingegnoso piano al Re.
Appena che l'ebbe ascoltato, Re Marrone ordinò tosto che si mungessero le poche pecore e capre rimaste ma il latte era davvero poco, allora chiese a tutte le puerpere di versare il latte dei loro seni in un grande calderone. Mastro Nicola da quel latte seppe ricavare dodici pezze di formaggio, così bianche e tonde come mai si era visto prima. Il Re ordinò quindi ai soldati di salire sulla torre più alta della Rocca e di far rotolare a valle le dodici forme di cacio, mentre donne, vecchi e bambini avrebbero dovuto andar su e giù lungo le mura del castello e cantare e danzare come se ci fosse stata una gran festa.
Più in basso, ai piedi della montagna, il Re delle corone non se la passava tanto meglio. Anzi. Dopo quei dieci anni di assedio l'esercito era allo stremo e i magazzini ormai vuoti.
Quand'ecco che le sentinelle dell'accampamento cominciarono a sentire un gran vociare proveniente dagli spalti di Rocca Calascio e, sporgendosi dalle trincee, videro tanta gente che si divertiva sulle mura e rimasero a bocca aperta.
E in men che non si dica l'accampamento dell'esercito assediante fu colpito da .... dodici pezze di cacio proveniente dalla Rocca.
"N'è possibile!" urlò il Re delle corone. Tutta quella gente a ballare e cantare e le caciotte che rotolavano a valle. "Vuoi vedere che lassù, nonostante dieci anni di assedio, se la passano ancora bene e scialano tra banchetti e feste?" disse tra se.
Allora, si convinse che il Re Marrone fosse invincibile, che avesse scorte abbondanti di cibo per resistere ancora a lungo, mentre lui e i suoi soldati erano ormai alla fame, e subito levò l'assedio e inviò gli ambasciatori per trattare la pace.
Ecco dunque la storia del Re Marrone di Rocca Calascio e di come vinse la guerra che gli fece per invidia il Re delle corone della Piana di San Marco.
Questo racconto fu tramandato nella famiglia di mastro Nicola il caciaro di generazione in generazione, finché qualcuno non lo ha detto a qualcun altro, che l'ha detto a qualcun altro che l'ha detto pure a me...

7 dicembre 2020

Elisabetta Mancinelli, Il presepio, la sua storia e il culto dei santi bambini in Abruzzo.

di Elisabetta Mancinelli

La storia

Il presepio o presepe (= davanti alla siepe che racchiudeva le bestie, quindi stazzo, stalla) è la figurazione scenica della nascita di Gesù. Questa tradizione ha un’origine antichissima e si rifà alle drammatizzazioni liturgiche come le sequenze e le laudi che già nel Medioevo arricchivano le celebrazioni natalizie. L’introduzione del presepe, come tradizione natalizia ufficiale, si fa risalire a San Francesco d’Assisi il quale, dopo essere stato in Terra Santa e aver visto coi propri occhi la grotta di Betlemme, giunto a Greccio chiese ed ottenne dal papa Onorio III l’autorizzazione a celebrare la messa di Natale in una grotta e con l’aiuto del nobile signore di Greccio Giovanni Velta regalò all'umanità il primo presepe della storia. Era il Natale del 1223. I Frati minori diffusero dovunque per il mondo questa sacra rappresentazione.

Il presepio in terra d'Abruzzo

In Abruzzo la figurazione scenica della natività di Cristo, arricchita da centinaia di figure che si ambientano in località tipiche, probabilmente trae origine dai culti preromani, soprattutto etruschi, come il culto della “grotta” che rientra nelle “civiltà della madre”. Nelle caratteristiche costruzioni dei presepi che avvengono non solo nei luoghi religiosi ma anche nelle case singole, i personaggi non sono soltanto il Bambinello, la Vergine, San Giuseppe, i Magi, il bue, l’asino, gli angeli, ma anche quelli che rappresentano il mondo agro-pastorale della regione e gli antichi mestieri.
In Abruzzo la tradizione presepiale ha messo profonde radici. E’ difficile rintracciarne le origini ma i documenti più antichi risalgono al XV secolo. Nella regione questa antica rappresentazione scenica della nascita di Gesù ha messo radici profonde probabilmente per la particolare conformazione del territorio che, con i suoi monti, le sue valli, le sue tradizioni pastorali e i centri abitati spesso arroccati sulle montagne e sulle colline, appare esso stesso come un presepe.
Dove non si poteva realizzare il presepio con i personaggi principali ,ci si limitava all'immagine del Santo Bambino posta nel punto più visibile. Ogni chiesa anche la più sperduta e povera aveva il suo Bambinello lavorato in cera o col gesso o scolpito in legno. Un Natale senza l’effigie di Gesù bambino non sarebbe stato più Natale per gli abruzzesi, perciò sull'altare maggiore di ogni chiesa c’era una cuna in cui giaceva tra luci e fiori il Bambino o del tutto ignudo o rivestito di seriche vesti. 

Il Santo Bambino e la devozione in Abruzzo


Particolarmente legate al culto del Bambino Gesù sono delle statuette che lo raffigurano in fasce, con tessuti pregiati, talvolta disteso, altre volte in piedi e benedicente con la corona. Si tratta di effigi dei Santi Bambini che i missionari in Terra Santa riportavano da lì al ritorno nei luoghi d'origine. Esse divennero subito immagini veneratissime dalla popolazione, alle quali si attribuivano speciali poteri taumaturgici e il ruolo di protettori della comunità, proprio per la loro provenienza Gerusalemme e Betlemme. 
Il più famoso è il Bambino della chiesa di Santa Maria d'Aracoeli a Roma del XV secolo, che tuttavia è una copia, essendo stato rubato l'originale dal 1994, il cui legno proverrebbe addirittura dal Getsemani. Molti altri se ne diffusero nel periodo compreso tra Seicento e Ottocento, e proprio al XVIII secolo si datano i "Santi Bambini" abruzzesi.
Fra i tanti Bambinelli che venivano esposti nel corso degli anni a Natale all’adorazione dei fedeli nelle chiese della regione, ne rimangono solo quattro che si distinguono per origine, fattura e grande valore storico-artistico. Essi sono il Santo Bambino di Calascio conservato nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, il Santo Bambino di Lama dei Peligni nella chiesa di San Nicola, il Bambino di Palena venerato nella Chiesa di Sant’Antonio e il Bambino di Bisenti conservato nella Parrocchiale. 
Le quattro statuine hanno una caratteristica in comune: provengono, secondo antichi documenti, direttamente dalla Terra Santa.