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23 maggio 2023

Antonio Sciarretta, Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto.

Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto

di Antonio Sciarretta

VASTO

Municipio romano, terra pre-napoleonica e comune contemporaneo, corrispondente all'attuale centro con questo nome. Erede della romana Histonium (la fase frentana era a Punta Penna). Attestata nel XI sec. come castello, ma non nel Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Tradizionalmente ritenuta divisa nel periodo alto-medievale in due Terre distinte, Vasto Aimone e Vasto Gisone. Ma la seconda è piuttosto da cercare a nord dell'attuale abitato. Le due terre sono unificate in una sola Università nel 1385, citata come "Vasto Aimone superiore e inferiore" nella prima tassazione aragonese del 1443-7. Toponimo.

Civile:
  • -IX sec.: Loc. in Chieti maggiore.
  • XI sec.-1807: Castello, Università del Vasto Aimone.
    • Nel XIII sec. incorpora Collebono e S. Sisto.
  • 1807-1811: Governo di Vasto.
  • 1811-oggi: Comune di Vasto (1811-1938), Istonio (1938-1944), Vasto (1944-oggi).
  • Provincia: Chieti (-oggi).
  • Distretto/Circondario: Lanciano (1807-1811), Vasto (1811-1927).
  • Circondario/Mandamento: Vasto (1811-1927).
  • Feudo: S. Giovanni in Venere, Fasanella (1269-1273), Caldora (-1442), Regio (1442-1444), de Guevara (1444-1460), d'Avalos (1460-1464), Regia (1464-1471), de Guevara (1471-1485), Regio (1485-1496), d'Avalos (1496-1806), col titolo di Marchesato (1497-1806).

Ecclesiastico:
  • Diocesi: nullius di S. Giovanni in Venere (-1624), Chieti (1624-oggi).
  • Parrocchia: S. Maria Maggiore (-1808) e S. Pietro (-1808), S. Giuseppe (1808-oggi).
  • Filiali: S. Maria Maggiore (1915-oggi), S. Pietro (1915-oggi), S. Maria Stella Maris in Vasto Marina (1927-oggi), S. Lorenzo in C.da S. Lorenzo (1954-oggi), S. Giovanni Bosco (1965-oggi), S. Maria Incoronata in C.da Incoronata (1971-oggi), S. Paolo (1973-oggi), S. Antonio (1973-2001), S. Marco (1982-oggi), S. Maria Immacolata (1982-2001), S. Maria del Sabato Santo (2001-oggi).

SINELLO

Castello medievale sito nell'attuale loc. Torre Sinello. Va forse identificato col castello Cileno, attestato nell'a. 1000 prope Senellam e di cui in seguito non si hanno tracce. Nel XI sec. è diviso in più porzioni. Non è citato dal Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Incorporato in Pennaluce dopo la fondazione di quest'ultima. Toponimo.

24 novembre 2022

Canzoni Abruzzesi, Il Coro AIRC Fossacesia incontra il folklore, 3° ediz. 2003.

Canzoni Abruzzesi, Il Coro AIRC Fossacesia incontra il folklore, 3° ediz. 2003.
Da: Abruzzo Forte e Gentile 95

Canzoni Abruzzesi, Il Coro AIRC Fossacesia incontra il folklore, 3° ediz. 2003.


Archivio Virgilio Sigismondi registrazione dal vivo in piazza A. Fantini di Fossacesia le canzoni: TUTTE LE FUNTANELLE LU BENE CHE TE VUJJE di De Maio-Jannucci A LU CANNETE di Saraceni-Di Jorio LU CANTASTORIE di Sigismondi-Albanese J'ABBRUZZU di Perrone-De Angelis LUCENACAPPELLE di Sigismondi-Gargarella L'ACQUABBELLE di De Titta-Albanese FUSARE NNAMMURATE di Giulio e Mirella Sigismondi ARVì di Misantoni-Vetuschi LU LAMENTE DE LA VEDUVA PAESE ME di A. Di Jorio E PASSE L'ANNE E PASSE di Giannangeli-Bianchi MI TE' SETE di Saraceni-Di Jorio LU PIANTE DE LE FOJJE di De Titta-Albanese L'ARTA CCHIU' PRELIBBATE AMORE AMORE CCIUCCHEME SSA RAME VUCCUCCIA D'ORO di De Titta-Di Jorio LU RIFILATORE di Sigismondi-Di Jorio

6 novembre 2022

Nino Saraceni, un cantore frizzante delle Maggiolate ortonesi.

Canti nel disco 45 giri

Nino Saraceni, un cantore frizzante delle Maggiolate ortonesi

di Angelo Iocco

Il Saraceni nacque a Fossacesia nel 1894 e vi morì nel 1970. Giovanissimo si appassionò all’attività poetica, e colse l’occasione, come molti altri poeti della zona, per concorrere alle gare canore della Maggiolata di Ortona, nata nel 1920. Saraceni vi iniziò a partecipare nel biennio 1922-23, rimanendo un ospite fisso per quasi tutte le edizioni, salvo la parentesi della seconda guerra mondiale, fino alla morte. La passione per il verso facile, scherzoso, gioco, come non dimenticare i suoi due capolavori A lu cannete e Mi te’ sete su musica di Antonio Di Jorio. 

A lu cannete

Il Poeta riuscirà a vedere inoltre queste due canzoni registrate su 45 giri dal M° Fernando d’Onofrio di Pescara con il suo Coro De Nardis, nel 1965, e qualche anno dopo eseguì la canzone A li culle di Piscare, ancora oggi cantata con festosità nelle Settembrate abruzzesi pescaresi, per cui la canzone stessa fu composta. Tornando alle Maggiolate, Saraceni strinse un forte sodalizio con due musicisti di fiducia, Attilio Fuggetta di Sulmona, che fu trasferito a Lanciano come capostazione, e Ettore Montanaro di Francavilla al mare, l’immortale raccoglitore dei Canti popolari d’Abruzzo in 2 volumi, e compositore di varie e arie e canzoni, anche in lingua. Ancora oggi risuonano le note de Lu ‘ndruvarelle, talmente veloci che pare di guardare e ascoltare il rumore del fuso della signora che tesse, oppure la melanconica Vaje luntane ovvero L’emigrante, scritta per la Maggiolata del 1930 con musica del Montanaro, oppure l’andante e briosa A lu colle di San Giuvanne sempre con musica di Montanaro, dove si invita il turista ad ammirare le bellezze paesaggistiche del belvedere di San Giovanni in Venere. Fossacesia oltre a Saraceni, che ne fu anche sindaco nel dopoguerra, ricostruendo moralmente e nei fatti la città martoriata, ebbe anche Antonio Fantini, altro poeta e scrittore di commedie teatrali, nonché di canzoni, molte delle quali musicate da Pasquale De Rosa e da Giuseppe Di Pasquale, e campione dei festival del Trabocco d’Oro. Saraceni scrisse anche alcune commedie teatrali, le poesie furono raccolte  in un volume Abruzze me’, a cura di Fantini. In questa raccolta ci sono anche poesie assai struggenti, come quella in cui si paragona il campanile della chiesetta di Santa Maria Imbaro a un tronco di albero distrutto, a un corpo martoriato di uomo, nel voler esprimere la ferocia della guerra nella sua cruda nudità e inutilità! Dato il carattere schivo e riservato di Saraceni, gli ultimi anni li passò isolato nei suoi ricordi nella casa di Fossacesia, dove morì. Fece in tempo però a vedere le sue canzoni ancora felicemente cantate nelle Maggiolate degli anni ’50, tanto che in un breve frammento pubblicitario dell’Istituto Luce della Maggiolata del 1955, si sente in sottofondo il ritornello di A lu cannete. Il Saraceni ebbe un’altra soddisfazione, la sua canzone Vaje luntane fu eseguita da un’attrice in uno dei primi film sonori italiani, Vele ammainate precedentemente noto come Mare, della produzione Cines di Roma, per la regia del Bragaglia, distribuito nel 1931; anche se lo scrivente fino ad ora non è riuscito a trovare una copia per poter ascoltare la musica. Negli ultimi anni Saraceni partecipò alla nuova rassegna canora delle Settembrate di Pescara, nate negli anni ’50, con alcune canzoni musicate soprattutto da Cristo Sorrentino pescarese, che si alternava con le ultime composizioni dell’anziano Luigi Dommarco, il creatore delle Maggiolate ortonesi e della celebre Vola vola vola con l’Albanese. Oggi il comune di Fossacesia ha intitolato a Saraceni il teatro comunale. Occorrerebbe, come auspica ad esempio Pasquale De Rosa, una raccolta di tutte le canzoni da lui scritte. Onde non far perdere la tradizione dei suoi successi.

Mi te sete

























23 settembre 2022

Mario Bosco, il cantore di Lancianovecchia.

Mario Bosco, il cantore di Lancianovecchia
di Angelo Iocco

Se Lanciano ha nella sua schiera di poeti Cesare Fagiani con suo padre Alfonso, Francesco Brasile e Giuseppe Rosato, tra i più popolari, tra quelli più intimi e più schietti e pimpanti, conoscerà certamente il maestro Mario Bosco. 
Nacque a Lancianovecchia, in via dei Frentani, dove visse, presso il palazzo De Crecchio. Giovanissimo, assistette ai fatti luttuosi della seconda guerra mondiale, e al sacrificio dei giovani Martiri Ottobrini del 5 e 6 ottobre 1943; in una intervista Rai del 1996 per un documentario sulla guerra in Abruzzo, infatti Mario Bosco ricorda di come ad esempio un ragazzo dei Martiri disse alla madre, dopo aver preso la comunione: “mamma, sento che oggi c’è necessità di dare il sangue! Devo andare anche io!”. Bosco successivamente partecipò insieme a vari altri civili a quelle operazioni di sabotaggio contro l’oppressione tedesca, e fu decorato a guerra finita. 
Studiò, e andò a fare il maestro in varie località, finendo la sua attività a Lanciano col pensionamento negli anni ’80. 
Da sempre appassionato di poesia e arte, nel 1986 fu nominato presidente onorario dalla nascente Associazione culturale “Amici di Lancianovecchia”, ancora oggi in attività. 
Con questa associazione, Bosco cercò di dare impulso alle varie attività culturali della città, valorizzando i monumenti e le chiese. Amico della maestra Concetta Tritapepe di Lanciano, partecipò con lei a vari concorsi di poesia della città e dintorni; memorabili quelli di Poggiofiorito e di Castelfrentano, dove più volte ebbe lodi per le sue liriche organizzati dall’Associazione culturale Di Loreto-Liberati con a capo Peppino Di Battista, e l’Associazione corale “T. Coccione” con Vincenzo e Camillo! 
Non solo, Bosco fu amico di vari musicisti con cui scrisse delle bellissime canzoni che parteciparono al Festival del Trabocco d’Oro di Fossacesia, alla Viuletta d’Oro di Francavilla al mare, alle Settembrate Abruzzesi di Pescara, e via dicendo.
Sono le canzoni Chi ssi cojje? con musica di Aniello Polsi, A lu trabbocche con musica di Mario Lanci, una canzone che non a caso vinse il primo premio a Fossacesia. Con Lanci suo amico fraterno e grande mente della musica a Lanciano, il Bosco scrisse varie canzoni. Questa che ha per tema il trabocco e l’amore, i panorami marini di San Giovanni in Venere, è seconda solo alla canzone di Sigismondi e Albanese Lu pescatore (1927) per finezza, senza fronzoli, senza parole banali, ma solo piena di vivo sentimento, andante come se si sia cullati dalle onde del mare.
                               
Le altre liriche sparse del Bosco riguardano principalmente le attività artigianali dell’antica Lanciano, e ovviamente la celebrazione dei bellissimi monumenti, il ricordo delle tradizioni e delle feste.
Vediamo la lirica dedicata al Dono che si celebra a Lanciano l’8 settembre:

Lu done a la Madonne de lu Ponte

Gn'attacche la ciambotte chelu sone
cumenze ccamminà lu Cumitate,
lu Schineche e na morre di scacchiate
che ttè li bandirelle di lu done

Dapò ... Passe dapò la divuzione:
conche di grane cariche 'nfiurate,
figure di Madonne, uve 'ndurate,
quatrine che ha ricotte ugne frazione,

'na voce che mmi cante dentre ancore ...
E mentrre scoppie attorne l'allegrie,
fra bombe, bande e ssone di campane,

la fede che si sbusciche a lu core,
smove le labbre a tante Avemmarie
pè salutà la Mamme di Langiane.

Oppure come non ricordare l’inno al rione Lancianovecchia, che inizia con “Palazze, arcate, chiese e campanile”, o la poesia della Squilla di Natale, su cui ci si sono cimentati anche Fagiani e Rosato, o la poesia della tradizione del Sant’Antonio, o la poesia per bambini sull’albero di Natale?
Bosco è il cantore dell’innocenza, mostra la figura dell’anziano mite e schietto che con facilità e amore ricorda, come una biblioteca spalancata, le antiche memorie di un popolo di mastri e artigiani che operò nei secoli a Lancianovecchia, la sua terra.
C’è un’altra poesia sul suo quartiere, che inizia con:

Lancianoevecchie, core di Lanciane,
che custodisce usanze e tradiziune,
tu spenne all’arie l’utime pallune
pe’ culurà nu sone di campane.

In cima a tutto sta “la mazza de lu Campanile”, ovvero il campanile della Cattedrale, il simbolo protettore della città, baluardo della fede e delle tradizioni. 
La sua memoria è custodita dai nipoti e dalla figlia Paola Bosco, la Città gli ha intitolato una scuola elementare nel rione Cappuccini; si auspica che un giorno si riesca ad avere una pubblicazione integrale delle sue liriche, a completamento della rosa degli artisti che hanno fatto grande, nel loro piccolo, la letteratura della città di Lanciano.

                                                    A lu trabbocche (1969)

 A lu trabbocche (1969) 
Canzone abruzzese (versi Mario Bosco musica Mario Lanci ) Corale Guido Albanese

20 agosto 2022

Antonio Di Jorio - Nino Saraceni: Mi te' sete, A lu cannete.

Antonio Di Jorio - Nino Saraceni: Mi te' sete, A lu cannete. Disco 45 giri.
Da: Abruzzo Forte e Gentile 95


Due canzoni abruzzesi di Nino Saraceni di Fossacesia (1894-1970), A LU CANNETE - MI TE' SETE, musiche di Antonio Di Jorio, esecuzione di Fernando D'Onofrio col Coro Camillo De Nardis di Pescara, 1965.

23 luglio 2022

Abruzzo: Quattro strade, tredici perle (il Romanico in Abruzzo), da Before Chartres.




 

ABRUZZO: QUATTRO STRADE, TREDICI PERLE

L’Abruzzo è una delle regioni italiane in cui l’arte romanica è fiorita più rigogliosa, e possiede un fascino tutto suo, peculiare. Chi volesse dedicare una settimana a questa regione, magari prevedendo anche un breve passaggio nel vicino Molise, non avrà problema alcuno a riempire la sua agenda e le sue giornate. Ciascuno organizzerà la sua visita secondo un itinerario suo proprio. Ma idealmente, l’Abruzzo romanico, con le sue chiese più belle, si visita percorrendo alcune direttrici ben chiare, che si intersecano tra di loro: la prima è la via delle grandi chiese isolate, di cui questa regione è ricca; ma si può percorrere l’Abruzzo romanico anche cercando ovunque le meravigliose decorazioni floreali e vegetali, e la terza strada è quella degli amboni e dei cibori; la quarta, direttrice, infine, è quella degli affreschi, che dall’Abruzzo, disteso tutto tra appennini e Adriatico, conduce fino alle coste del mar Tirreno.

San Liberatore alla Maiella

L’Abruzzo romanico è terra di chiese, terra di grandi chiese e di grandi abbazie. San Liberatore alla Maiella, Santa Maria Assunta a Bominaco, la grande abbazia di San Clemente a Casauria, San Clemente al Vomano a Notaresco, ma anche San Giovanni in Venere a Fossacesia, San Tommaso a Caramanico e la concattedrale di San Pelino a Corfinio – che sono le realizzazioni più notevoli – si inseguono e si sfidano con le loro moli possenti. Queste grandi chiese romaniche d’Abruzzo hanno come caratteristica l’elegante linearità: la struttura è massiccia, ma allo stesso tempo semplice, priva di articolazioni evidenti e quasi classica: le navate filano via come grandi sale ordinate, lungo cui si allineano pilastri, molto semplici e uguali, più spesso che colonne, e che culminano nel presbiterio e nell’abside; assenti o ininfluenti i transetti, le coperture sono in legno, a capriate; e così, a movimentare questi interni, sono quasi solo i due elementi di arredo che, come vedremo, costituiscono per la loro presenza costante una peculiarità abruzzese: gli amboni, lungo la navata; e poi, nel presbiterio, il ciborio a baldacchino a coprire l’altare. Ci torneremo.

Il complesso di Bominaco (foto: Icarodroni.it, elab.)

Prima, però, è doveroso un accenno alla via delle rigogliose decorazioni floreali. Rosoni di foglie come corone d’alloro, e grandi fiori: sono questi i protagonisti, qui in Abruzzo, della decorazione scolpita. A Santa Maria in Valle Porclaneta sono ancora quasi simboli grafici, ma poi si fanno veri e propri festoni di foglie e petali a disegnare cerchi continui, e si inerpicano come edera negli stipiti dei portali e negli architravi, salgono e scendono intorno agli ingressi e intorno alle aperture dei muri. Davvero, prima ancora di essere la terra degli omini verdi impigliati nelle foreste di pietra, l’Abruzzo romanico è il regno delle spirali di foglie e delle grandi corolle sbocciate nella pietra.

Santa Maria in Valle Porclaneta (da terremarsicane.it)

Poi tra il Tirreno e il Gran Sasso – lo dicevamo – è tutto uno susseguirsi di amboni e di cibori. E questa terza direttrice, a sua volta, ha due tappe: la prima ci presenta pergami squadrati e decorati a girali e fiori – l’ambone di Casauria, quello di San Pelino, quello di San Liberatore, quello di Bominaco… -; la seconda tappa ci offre invece meravigliosi amboni e meravigliosi cibori realizzati in stucco nel segno di Roberto, Ruggero e Nicodemo: un tratto più popolare, più pittoresco, e insieme più sottile, riempie di tralci sottili e intrecciati, e di omini nudi e di animali, i pulpiti di Santa Maria in Valle Porclaneta, quello di Moscufo, e ancora quello di Cugnoli; compagni di viaggio di questi pulpiti con girali popolati di piccoli uomini e animali sono i cibori di San Clemente al Vomano, di Rosciolo e di Moscufo; e qui, spesso sui capitelli, si incontrano i mascheroni che vomitano fronde, altra figura caratteristica di questa fase della scultura romanica abruzzese. Più rara la scultura descrittiva, che ci lascia poche scene istoriate sul portale a Fossacesia; sull’architrave del portale di Casauria va in scena una grande rappresentazione del potere, e su quello di Caramanico troviamo gli Apostoli piccoli e arrabbiati; indimenticabili sono infine le storie gemelle del profeta Giona, nei pulpiti di Moscufo e di Rosciolo; qui a Santa Maria in Valle, ancora, vediamo le lastre alla base dell’iconostasi, con i loro splendidi animali fantastici. Capitelli? Uno, strepitoso e dalla storia stranissima, si trova a Moscufo; altri, particolarissimi a Rosciolo; ma l’Abruzzo no, non è terra di capitelli istoriati.

Capestrano, gli affreschi

La via degli affreschi, infine. Due cicli vasti estesi e tardi stanno uno a Ronzano, ancora romanico, e uno nella piccola cappella di San Pellegrino a Bominaco, questo però privo ormai di vigore, e troppo lindo per non esser definito ormai gotico. E’ particolarissimo, con la sua “cena” che invece è una visione, l’arco trionfale di San Pietro ad Oratorium a Capestrano… Ma per chi cerca l’arte dei secoli alti, l’arte del tempo before Chartres, il viaggio in Abruzzo non può non sconfinare in Molise: nell’area archeologica di San Vincenzo al Volturno si veda – aperta ora solo la domenica, e solo su prenotazione! – la splendida “cripta di Epifanio”, con i suoi affreschi altomedievali. E come resistere, da qui, alla tentazione di traversare gli Appennini per giungere a Sant’Angelo in Formis e al suo strepitoso ciclo di pitture altomedievali?

Una chiesa particolarissima, infine, sembra non essere toccata da nessuna delle quattro rotte che, come abbiamo visto, traversano l’Abruzzo romanico. Perla tra le perle, infatti, San Pietro in Albe ad Alba Fucens non è una grande chiesa, non fa sfoggio dei tipici decori e rilievi vegetali, che siano a fiori o pieni di omini nudi; ha un ambone – è vero – che però sembra appartenere a Roma più che all’Abruzzo; e non possiede affreschi, né antichi né tardi. E però è splendida, e il suo interno, candido e classico, è tra i più belli che il medioevo ci abbia lasciato.

Le più belle realizzazioni del romanico in Abruzzo

Il ciborio di San Clemente al Vomano a Notaresco.

Il portale di San Clemente a Casauria.

L'ambone della parrocchiale di Cugnoli.

L'ambone di Santa Maria del Lago a Moscufo.

L'arco trionfale di San Pietro ad Oratorium a Capestrano.

La navata di San Giovanni in Venere a Fossacesia

Le absidi di Santa Maria a Ronzano.

Le absidi di Santa Maria Assunta a Bominaco.

San Liberatore alla Maiella.

San Pelino a Corfinio.

San Pietro in Albe ad Alba Fucens.

San Tommaso Becket a Caramanico.

Santa Mari in Valle Porclaneta a Rosciolo.

Da: https://beforechartres.blog/2022/07/12/abruzzo-quattro-strade-tredici-perle/

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25 febbraio 2022

Canti dell'antico Abruzzo: A Mete a Mete - A Coje la live e coje lu livastre, registrati da Padre Domenico Lanci, 1982.


Trasposizione da disco 33 giri pubblicato a Pescara nel 1982: CANTI DELL'ANTICO ABRUZZO: A METE A METE - A COJE LA LIVE E COJE LU LIVASTRE, registrati da Padre Domenico Lanci dell'abbazia di San Giovanni in Venere, dai contadini di Villa Rogatti di Ortona.

LATO A 
PRESENTAZIONE DEL MAESTRO ANTONIO DI JORIO 
LA CAMPAGNOLE 
LA MAMMA DE L'AMORE 
LA STELLA DE LU CIELE 
A MMETE A MMETE 1 
LA SERA E LA MATINE 
PIAGNE LU LETTE 
NINNAO' NINNAO' 

LATO B 
L'ACQUA DE LU MARE 
LU GIARDINIERE 
MO VE MO VA 
A MMETE A MMETE! 2 
L'AMORE E' PICCIRILLE 
COJE LA LIVE E COJE LU LUVASTRE 
TACCIA SITACCIA
VIECCI MADONNE