6 novembre 2024
Coro folk Nino Saraceni di Fossacesia, audiocassetta "A San Giuvanne".
11 settembre 2024
Canzoni abruzzesi, A Lu Cannete, Coro Airc Fossacesia di Virgilio Sigismondi.
19 maggio 2024
E. Troilo, Gli slavi nell’Abruzzo Chietino. Atti della Societa romana di antropologia. Roma Vol. VI. Fasc. II. 1899, pp. 117-127.
12 maggio 2024
Pietro Polidori, Uomobono Bocache e le antiche iscrizioni su Anxanum – Lanciano.
Ritratto di Pietro Polidori, foto presa dal Dizionario biografico della Gente d’Abruzzo di Raffaele Aurini, ripubblicato nella copertina di G. Natale, Vita, opere e alcune dissertazioni inediti delle Antiquitates Frentanorum dell’abate Pietro Polidori di Fossacesia, Lanciano 2010
Pietro Polidori, Uomobono Bocache e le antiche iscrizioni su Anxanum – Lanciano
di Angelo Iocco
Questo lavoro è un abstract dal libro di prossima pubblicazione Omaggio a Uomobono Bocache nel bicentario della morte (1824-2024), di Angelo Iocco, Bibliografica, Castelfrentano, 2024.
Pietro Polidori o Pollidori (morto nel 1748) di Fossacesia, è ancora
oggi assai citato (nel bene e nel male) da tutti gli scrittori di cose
abruzzesi per i suoi manoscritti Antiquitates
Frentanorum. Fu dotto ricercatore a Roma e Nardò presso diversi archivi, il
che gli aprì le porte a una vasta gamma di documenti, anche originali, che non
era possibile reperire in Abruzzo. Peccato che la sua ricerca storiografica,
insieme a quella del fratello Giambattista, risenta, nelle sue dissertazioni,
come diversi scrittori hanno dimostrato, di inserti fraudolenti, completamente
inventati dai due fratelli, che per secoli hanno “contaminato” le ricerche di
diversi altri scrittori, pur dal corretto rigore della ricerca, come lo Zecca o
il Savini o il Priori.
I Polidori opeerarono nei tempi dell’abate Berardino Tafuri, che fece
addirittura pubblicare al Muratori il falso Chronicon
Northmannicum, o di Francesco Maria Pratilli, che pubblicò diverse
iscrizioni antiche, bollate postume dal Mommsen, e documenti come il Chronicon Cavense, fabbricato a
ispirazione degli Annales Cavenses.
Eppure all’epoca, per l’assensa dei moderni criteri di scientificità degli
studi, queste ricerche provenienti “dalla provincia”, suscitavano appunto
l’interesse vivo di scrittori di chiara fama nazionale come il Muratori, che
anzi lodavano il lavoro infaticabile di questi ricercatori d’archivio, e
inserivano il materiale nei loro tomi.
Polidori lasciò manoscritte le Antiquitates
Frentanorum. Non sto qui a ripetere le varie vicende di questo manoscritto,
di cui Polidori redasse più copie, sia in brutta che in bella, ora aggiungendo
a una dissertazione maggiori notizie, ora espungendole; e da esse altri copisti
trassero copie, finite in varie biblioteche abruzzesi, nonché a Roma, Avellino
nel Fondo Tafuri, Napoli. Su questo discorso ampiamente ha lavorato il Prof.
Gianfranco Natale nella sua Vita, opere e
alcune dissertazioni inedite di Pietro Polidori, Lanciano, Rivista
abruzzese, 2010.
Parliamo delle lodi che il Bocache riserva al Polidori in ogni parte dei
suoi scritti, chiamandolo sempre “eruditissimo, chiarissimo, accuratissimo”,
ecc.. Questi complimenti sono riservati alle sue ricerche su Lanciano, e ai
passi dove si riportano le varie iscrizioni antiche che rinveniva. In analisi
nei suoi capitoli sulle iscrizioni di Anxanum, il Bocache illustra specialmente
la dissertazione polidoriana Anxanum,
ma nei suoi Volumi vi sono estratti ricopiati da altre dissertazioni, come De portubus et emporiis Frentanorum,
oppure il De Templo, Situ et Promontorio
S. Johannis in Venere. Non steremo qui ad analizzare ogni singola frase
della dissertazione polidoriana, per non rendere noioso il lavoro, ma anche
perché ciò sarebbe di competenza di studiosi più esperti. Riportiamo che
Bocache seguiva ciecamente ogni informazione presa da Polidori, e lo difende
strenuamente ogni volta che ce ne sia bisogno nella trattazione di un tempio o
di un frammento di epigrafe, prendendosela contro chi ha pubblicato in maniera
errata le sue iscrizioni, o chi ne ha fatte malamente le copie cartacee,
oppure, nemmeno a dirlo, contro il Romanelli che “per l’inesperienza da giovine
scrittore e per la fretta”, pubblicò senza revisione i manoscritti antinoriani.
Sul fatto che le Antichità storico
critiche dei Frentani furono pubblicate effettivamente senza revisione, con
le date sbagliate o invertite, e la numerazione di pagina sballata, diamo
ragione al Bocache. Ma c’è di più, come possiamo immaginare, l’invidia del
sacerdote per un altro ricercatore a lui vicino che prima di lui riuscì ad
avere tra le mani le carte antinoriane e
polidoriane, quando era a Napoli, che riuscì a pubblicare per primo!
Eppure il Bocache, ogni tanto, è costretto a citare obtorto collo ciò che
Romanelli riporta nelle Scoverte Patrie.
Anche perché il Romanelli, copiando, cita bene dal Polidori, salvo qualche
errore. Ma sono “quegli errori” a dar licenza al Bocache di inserire nei suoi
capitoli infinite trattazioni, con citazioni e analisi delle fonti dei vari
Sigonio, Grimaldi, Maffei e Mazzocchi di cui abbiamo prima trattato.
Polidori, seguito dal Bocache, afferma che nonostante Lanciano avesse il
suo centro antico in Lanciano vecchio, ai tempi antichi la Città di Anxanum
abbracciava tutto il perimetro murario dei suoi tempi. Ciò gli serve per
confermare i suoi rinvenimenti, come ad esempio l’iscrizione di Giunone al
Borgo. Dipoi afferma che sopra tutti gli antichi templi furono erette le
chiese; da ciò il Bocache cerca di argomentare, anche se non con tanta
convinzione, una primitiva presenza di queste chiese coi santi dedicatari, che
vennero dopo la presenza longobarda nuovamente ricostruite, come S. Martino, S.
Giovanni, S. Maurizio, S. Lorenzo, S. Biagio.
29 giugno 2023
Abruzzo... Mare Nostrum.
23 maggio 2023
Antonio Sciarretta, Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto.
Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto
di Antonio SciarrettaVASTO
Municipio romano, terra pre-napoleonica e comune contemporaneo, corrispondente all'attuale centro con questo nome. Erede della romana Histonium (la fase frentana era a Punta Penna). Attestata nel XI sec. come castello, ma non nel Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Tradizionalmente ritenuta divisa nel periodo alto-medievale in due Terre distinte, Vasto Aimone e Vasto Gisone. Ma la seconda è piuttosto da cercare a nord dell'attuale abitato. Le due terre sono unificate in una sola Università nel 1385, citata come "Vasto Aimone superiore e inferiore" nella prima tassazione aragonese del 1443-7. Toponimo.
Civile:- -IX sec.: Loc. in Chieti maggiore.
- XI sec.-1807: Castello, Università del Vasto Aimone.
- Nel XIII sec. incorpora Collebono e S. Sisto.
- 1807-1811: Governo di Vasto.
- Incorpora definitivamente Pennaluce, Castiglione e Salavento.
- 1811-oggi: Comune di Vasto (1811-1938), Istonio (1938-1944), Vasto (1944-oggi).
- Provincia: Chieti (-oggi).
- Distretto/Circondario: Lanciano (1807-1811), Vasto (1811-1927).
- Circondario/Mandamento: Vasto (1811-1927).
- Feudo: S. Giovanni in Venere, Fasanella (1269-1273), Caldora (-1442), Regio (1442-1444), de Guevara (1444-1460), d'Avalos (1460-1464), Regia (1464-1471), de Guevara (1471-1485), Regio (1485-1496), d'Avalos (1496-1806), col titolo di Marchesato (1497-1806).
- Nel XIII sec. incorpora Collebono e S. Sisto.
- Incorpora definitivamente Pennaluce, Castiglione e Salavento.
Ecclesiastico:- Diocesi: nullius di S. Giovanni in Venere (-1624), Chieti (1624-oggi).
- Parrocchia: S. Maria Maggiore (-1808) e S. Pietro (-1808), S. Giuseppe (1808-oggi).
- Filiali: S. Maria Maggiore (1915-oggi), S. Pietro (1915-oggi), S. Maria Stella Maris in Vasto Marina (1927-oggi), S. Lorenzo in C.da S. Lorenzo (1954-oggi), S. Giovanni Bosco (1965-oggi), S. Maria Incoronata in C.da Incoronata (1971-oggi), S. Paolo (1973-oggi), S. Antonio (1973-2001), S. Marco (1982-oggi), S. Maria Immacolata (1982-2001), S. Maria del Sabato Santo (2001-oggi).
SINELLO
Castello medievale sito nell'attuale loc. Torre Sinello. Va forse identificato col castello Cileno, attestato nell'a. 1000 prope Senellam e di cui in seguito non si hanno tracce. Nel XI sec. è diviso in più porzioni. Non è citato dal Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Incorporato in Pennaluce dopo la fondazione di quest'ultima. Toponimo.
25 aprile 2023
A LU CANNETE, Canti d'Abruzzo. Coro Airc Fossacesia, diretto da Virgilio Sigismondi.
16 marzo 2023
24 novembre 2022
Canzoni Abruzzesi, Il Coro AIRC Fossacesia incontra il folklore, 3° ediz. 2003.
12 novembre 2022
Coro Camillo De Nardis di Pescara: Abruzze me e A li culle di Piscare. Disco 45 giri.
6 novembre 2022
Nino Saraceni, un cantore frizzante delle Maggiolate ortonesi.
Canti nel disco 45 giri |
Nino Saraceni, un cantore
frizzante delle Maggiolate ortonesi
di Angelo Iocco
Il Saraceni nacque a Fossacesia nel 1894 e vi morì nel 1970. Giovanissimo si appassionò all’attività poetica, e colse l’occasione, come molti altri poeti della zona, per concorrere alle gare canore della Maggiolata di Ortona, nata nel 1920. Saraceni vi iniziò a partecipare nel biennio 1922-23, rimanendo un ospite fisso per quasi tutte le edizioni, salvo la parentesi della seconda guerra mondiale, fino alla morte. La passione per il verso facile, scherzoso, gioco, come non dimenticare i suoi due capolavori A lu cannete e Mi te’ sete su musica di Antonio Di Jorio.
A lu cannete |
Il Poeta riuscirà a vedere inoltre queste due canzoni registrate su 45 giri dal M° Fernando d’Onofrio di Pescara con il suo Coro De Nardis, nel 1965, e qualche anno dopo eseguì la canzone A li culle di Piscare, ancora oggi cantata con festosità nelle Settembrate abruzzesi pescaresi, per cui la canzone stessa fu composta. Tornando alle Maggiolate, Saraceni strinse un forte sodalizio con due musicisti di fiducia, Attilio Fuggetta di Sulmona, che fu trasferito a Lanciano come capostazione, e Ettore Montanaro di Francavilla al mare, l’immortale raccoglitore dei Canti popolari d’Abruzzo in 2 volumi, e compositore di varie e arie e canzoni, anche in lingua. Ancora oggi risuonano le note de Lu ‘ndruvarelle, talmente veloci che pare di guardare e ascoltare il rumore del fuso della signora che tesse, oppure la melanconica Vaje luntane ovvero L’emigrante, scritta per la Maggiolata del 1930 con musica del Montanaro, oppure l’andante e briosa A lu colle di San Giuvanne sempre con musica di Montanaro, dove si invita il turista ad ammirare le bellezze paesaggistiche del belvedere di San Giovanni in Venere. Fossacesia oltre a Saraceni, che ne fu anche sindaco nel dopoguerra, ricostruendo moralmente e nei fatti la città martoriata, ebbe anche Antonio Fantini, altro poeta e scrittore di commedie teatrali, nonché di canzoni, molte delle quali musicate da Pasquale De Rosa e da Giuseppe Di Pasquale, e campione dei festival del Trabocco d’Oro. Saraceni scrisse anche alcune commedie teatrali, le poesie furono raccolte in un volume Abruzze me’, a cura di Fantini. In questa raccolta ci sono anche poesie assai struggenti, come quella in cui si paragona il campanile della chiesetta di Santa Maria Imbaro a un tronco di albero distrutto, a un corpo martoriato di uomo, nel voler esprimere la ferocia della guerra nella sua cruda nudità e inutilità! Dato il carattere schivo e riservato di Saraceni, gli ultimi anni li passò isolato nei suoi ricordi nella casa di Fossacesia, dove morì. Fece in tempo però a vedere le sue canzoni ancora felicemente cantate nelle Maggiolate degli anni ’50, tanto che in un breve frammento pubblicitario dell’Istituto Luce della Maggiolata del 1955, si sente in sottofondo il ritornello di A lu cannete. Il Saraceni ebbe un’altra soddisfazione, la sua canzone Vaje luntane fu eseguita da un’attrice in uno dei primi film sonori italiani, Vele ammainate precedentemente noto come Mare, della produzione Cines di Roma, per la regia del Bragaglia, distribuito nel 1931; anche se lo scrivente fino ad ora non è riuscito a trovare una copia per poter ascoltare la musica. Negli ultimi anni Saraceni partecipò alla nuova rassegna canora delle Settembrate di Pescara, nate negli anni ’50, con alcune canzoni musicate soprattutto da Cristo Sorrentino pescarese, che si alternava con le ultime composizioni dell’anziano Luigi Dommarco, il creatore delle Maggiolate ortonesi e della celebre Vola vola vola con l’Albanese. Oggi il comune di Fossacesia ha intitolato a Saraceni il teatro comunale. Occorrerebbe, come auspica ad esempio Pasquale De Rosa, una raccolta di tutte le canzoni da lui scritte. Onde non far perdere la tradizione dei suoi successi.
Mi te sete |
8 ottobre 2022
Fossacesia e la Costa dei trabocchi su TG2 Si Viaggiare, Rai, 07.10.2022.
3 ottobre 2022
Terre Adriatiche, Abruzzo costiero tra terra e mare.
1 ottobre 2022
23 settembre 2022
Mario Bosco, il cantore di Lancianovecchia.
20 agosto 2022
Antonio Di Jorio - Nino Saraceni: Mi te' sete, A lu cannete.
23 luglio 2022
Abruzzo: Quattro strade, tredici perle (il Romanico in Abruzzo), da Before Chartres.
ABRUZZO: QUATTRO STRADE, TREDICI PERLE
L’Abruzzo è una delle regioni italiane in cui l’arte romanica è fiorita più rigogliosa, e possiede un fascino tutto suo, peculiare. Chi volesse dedicare una settimana a questa regione, magari prevedendo anche un breve passaggio nel vicino Molise, non avrà problema alcuno a riempire la sua agenda e le sue giornate. Ciascuno organizzerà la sua visita secondo un itinerario suo proprio. Ma idealmente, l’Abruzzo romanico, con le sue chiese più belle, si visita percorrendo alcune direttrici ben chiare, che si intersecano tra di loro: la prima è la via delle grandi chiese isolate, di cui questa regione è ricca; ma si può percorrere l’Abruzzo romanico anche cercando ovunque le meravigliose decorazioni floreali e vegetali, e la terza strada è quella degli amboni e dei cibori; la quarta, direttrice, infine, è quella degli affreschi, che dall’Abruzzo, disteso tutto tra appennini e Adriatico, conduce fino alle coste del mar Tirreno.
L’Abruzzo romanico è terra di chiese, terra di grandi chiese e di grandi abbazie. San Liberatore alla Maiella, Santa Maria Assunta a Bominaco, la grande abbazia di San Clemente a Casauria, San Clemente al Vomano a Notaresco, ma anche San Giovanni in Venere a Fossacesia, San Tommaso a Caramanico e la concattedrale di San Pelino a Corfinio – che sono le realizzazioni più notevoli – si inseguono e si sfidano con le loro moli possenti. Queste grandi chiese romaniche d’Abruzzo hanno come caratteristica l’elegante linearità: la struttura è massiccia, ma allo stesso tempo semplice, priva di articolazioni evidenti e quasi classica: le navate filano via come grandi sale ordinate, lungo cui si allineano pilastri, molto semplici e uguali, più spesso che colonne, e che culminano nel presbiterio e nell’abside; assenti o ininfluenti i transetti, le coperture sono in legno, a capriate; e così, a movimentare questi interni, sono quasi solo i due elementi di arredo che, come vedremo, costituiscono per la loro presenza costante una peculiarità abruzzese: gli amboni, lungo la navata; e poi, nel presbiterio, il ciborio a baldacchino a coprire l’altare. Ci torneremo.
Prima, però, è doveroso un accenno alla via delle rigogliose decorazioni floreali. Rosoni di foglie come corone d’alloro, e grandi fiori: sono questi i protagonisti, qui in Abruzzo, della decorazione scolpita. A Santa Maria in Valle Porclaneta sono ancora quasi simboli grafici, ma poi si fanno veri e propri festoni di foglie e petali a disegnare cerchi continui, e si inerpicano come edera negli stipiti dei portali e negli architravi, salgono e scendono intorno agli ingressi e intorno alle aperture dei muri. Davvero, prima ancora di essere la terra degli omini verdi impigliati nelle foreste di pietra, l’Abruzzo romanico è il regno delle spirali di foglie e delle grandi corolle sbocciate nella pietra.
Poi tra il Tirreno e il Gran Sasso – lo dicevamo – è tutto uno susseguirsi di amboni e di cibori. E questa terza direttrice, a sua volta, ha due tappe: la prima ci presenta pergami squadrati e decorati a girali e fiori – l’ambone di Casauria, quello di San Pelino, quello di San Liberatore, quello di Bominaco… -; la seconda tappa ci offre invece meravigliosi amboni e meravigliosi cibori realizzati in stucco nel segno di Roberto, Ruggero e Nicodemo: un tratto più popolare, più pittoresco, e insieme più sottile, riempie di tralci sottili e intrecciati, e di omini nudi e di animali, i pulpiti di Santa Maria in Valle Porclaneta, quello di Moscufo, e ancora quello di Cugnoli; compagni di viaggio di questi pulpiti con girali popolati di piccoli uomini e animali sono i cibori di San Clemente al Vomano, di Rosciolo e di Moscufo; e qui, spesso sui capitelli, si incontrano i mascheroni che vomitano fronde, altra figura caratteristica di questa fase della scultura romanica abruzzese. Più rara la scultura descrittiva, che ci lascia poche scene istoriate sul portale a Fossacesia; sull’architrave del portale di Casauria va in scena una grande rappresentazione del potere, e su quello di Caramanico troviamo gli Apostoli piccoli e arrabbiati; indimenticabili sono infine le storie gemelle del profeta Giona, nei pulpiti di Moscufo e di Rosciolo; qui a Santa Maria in Valle, ancora, vediamo le lastre alla base dell’iconostasi, con i loro splendidi animali fantastici. Capitelli? Uno, strepitoso e dalla storia stranissima, si trova a Moscufo; altri, particolarissimi a Rosciolo; ma l’Abruzzo no, non è terra di capitelli istoriati.
La via degli affreschi, infine. Due cicli vasti estesi e tardi stanno uno a Ronzano, ancora romanico, e uno nella piccola cappella di San Pellegrino a Bominaco, questo però privo ormai di vigore, e troppo lindo per non esser definito ormai gotico. E’ particolarissimo, con la sua “cena” che invece è una visione, l’arco trionfale di San Pietro ad Oratorium a Capestrano… Ma per chi cerca l’arte dei secoli alti, l’arte del tempo before Chartres, il viaggio in Abruzzo non può non sconfinare in Molise: nell’area archeologica di San Vincenzo al Volturno si veda – aperta ora solo la domenica, e solo su prenotazione! – la splendida “cripta di Epifanio”, con i suoi affreschi altomedievali. E come resistere, da qui, alla tentazione di traversare gli Appennini per giungere a Sant’Angelo in Formis e al suo strepitoso ciclo di pitture altomedievali?
Una chiesa particolarissima, infine, sembra non essere toccata da nessuna delle quattro rotte che, come abbiamo visto, traversano l’Abruzzo romanico. Perla tra le perle, infatti, San Pietro in Albe ad Alba Fucens non è una grande chiesa, non fa sfoggio dei tipici decori e rilievi vegetali, che siano a fiori o pieni di omini nudi; ha un ambone – è vero – che però sembra appartenere a Roma più che all’Abruzzo; e non possiede affreschi, né antichi né tardi. E però è splendida, e il suo interno, candido e classico, è tra i più belli che il medioevo ci abbia lasciato.
Il ciborio di San Clemente al Vomano a Notaresco. |
Il portale di San Clemente a Casauria. |
L'ambone della parrocchiale di Cugnoli. |
L'ambone di Santa Maria del Lago a Moscufo. |
L'arco trionfale di San Pietro ad Oratorium a Capestrano. |
La navata di San Giovanni in Venere a Fossacesia |
Le absidi di Santa Maria a Ronzano. |
Le absidi di Santa Maria Assunta a Bominaco. |
San Liberatore alla Maiella. |
San Pelino a Corfinio. |
San Pietro in Albe ad Alba Fucens. |
San Tommaso Becket a Caramanico. |
Santa Mari in Valle Porclaneta a Rosciolo. |
Da: https://beforechartres.blog/2022/07/12/abruzzo-quattro-strade-tredici-perle/