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29 aprile 2024

Un mondo a parte, film di Riccardo Milani, 2024.

Un mondo a parte, film di  Riccardo Milani, 2024. 



Per il maestro elementare Michele Cortese sembra aprirsi una nuova vita. 
Dopo 40 anni di insegnamento nella giungla romana, riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico: una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo (Opi, Pescasseroli, Villetta Barrea).
Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembra andare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitarne la chiusura in qualsiasi modo. 
Regia: Riccardo Milani
Cast: Antonio Albanese, Virginia Raffaele



27 agosto 2023

Rai, Linea Verde Estate. La costa dell'Abruzzo: da Ortona a Vasto - 27/08/2023


Da Ortona a Vasto: prosegue il viaggio di Linea Verde Estate lungo le coste dell'Abruzzo. Partenza nel segno delle gabbie aperte alla creatività: ad Ortona, la nuova vita del vecchio zoo divenuto, grazie ad un'associazione culturale visionaria, "Zooart", un favoloso viaggio tra realtà, illusione, storia, arte e musica che creano fantastiche emozioni per chi guarda e ascolta. Quindi i "Giganti del Mare" di Vasto: in una zona dove si susseguono scogliere, baie e calette, la secolare traduzione dei trabocchi, antichi congegni di pesca diffusi lungo la costa. Poi la scalinata di Terravecchia, la spiaggia della Ritorna, il Castello Aragonese, l'anziano liutaio: in bicicletta, i luoghi simbolo ed i personaggi di Ortona, uno dei porti più importanti di tutto l'Adriatico e il principale dell'Abruzzo per bacino, fondale e movimento. Spazio anche per le tradizioni gastronomiche, con il prelibato frutto di una preziosa alleanza tra allevatori, contadini e trasformatori: a Scerni, con i fratelli Antonio e Luigi, per la produzione e il processo di stagionatura della ventricina, salume tipico abruzzese e presidio Slow Food dal 1998, e a Guardiagrele, meraviglioso borgo che fa da cornice all'imponente massiccio della Majella, per gustare le prelibate "sise delle monache", dolce tipico locale. Poi, il fascino della riserva di Punta Aderci, la prima area protetta d'Abruzzo, istituita nel 1998: un'estensione di circa 285 ettari, un paesaggio agricolo di tipo tradizionale, con ampi vigneti, oliveti e appezzamenti coltivati, un anfiteatro marino che ospita numerose essenze vegetali, il promontorio che domina tutto intorno, nella zona compresa tra la spiaggia di Punta Penna e la foce del fiume Sinello. Infine, l'arrivo a Vasto per la raccolta dei pomodori mezzo tempo: di forma rotonda e leggermente allungata, con un sapore pronunciato con un retrogusto dolciastro e una consistenza tenera e carnosa, sono l'ingrediente indispensabile per la preparazione del mitico brodetto.

Il convento di Sant'Antonio a San Buono.


Il convento di Sant'Antonio a San Buono (CH)
di Antonio Mezzanotte

Giovannantonio II Caracciolo, dal 1566 marchese di Bucchianico e, tra gli altri, barone di Santobono, sapeva il fatto suo. Si dirà: eh, ma era un Caracciolo, onori e ricchezze. È vero, ma poteva accontentarsi di quello che aveva ereditato. Invece, Giovannantonio aveva due qualità di non poco momento: disciplina militare e capacità imprenditoriale.
La prima gli derivava dall'essere stato per anni al seguito del padre Marino III, governatore delle Calabrie (leggi: lotta contro la pirateria barbaresca, costruzione di torri difensive litoranee, edificazione di strade militari per raggiungere i più sperduti paesi di quella regione); l'esperienza acquisita fu determinante per la difesa degli Abruzzi dopo l'attacco turco del 1566.
La seconda lo dimostrò con l'organizzazione e la gestione del vasto stato feudale che all'epoca si stendeva dall'Alento al Trigno: fece costruire il palazzo marchesale di Bucchianico, centro amministrativo dell'importante feudo, dotandolo anche di una piazza d'armi (che è l'odierna piazza principale del paese); edificò il palazzo di famiglia a San Buono (Santobono, come si diceva a quei tempi), nella valle del Treste, trasformando il vecchio castello medievale e rimodellando la chiesa parrocchiale; a Napoli realizzò il grande palazzo alla Carbonara, nei pressi di Porta Capuana, ancora oggi uno dei più belli e imponenti della città.
Nel 1590 ottenne il titolo di principe di Santobono, non solo consolidando il potere dei Caracciolo, ma anche assestando la presenza in Abruzzo della famiglia, i cui massimi esponenti (il nipote Ferrante e il pronipote Carmine Nicola) vedranno la luce rispettivamente a San Buono e a Bucchianico.
Nel 1575 Giovannantonio Caracciolo (secondo a portare questo nome, in ricordo del nonno) fece edificare il convento di S. Antonio di Padova poco distante dal paese di San Buono, lungo un crinale alle pendici di Monte Sorbo, in un luogo ricco di acque sorgive. Il cenobio e l'annessa chiesa furono completati dal figlio Marino IV.
È la chiesa ad attirare l'attenzione. Vasta, imponente, dalla facciata scandita su tre livelli con finestrone centrale, lesene e timpano recante al centro la statua di S.Antonio di Padova. Lo stile tardo rinascimentale (del quale riaffiora un'eco nel campanile a doppia vela) fu del tutto soppiantato dalla ristrutturazione settecentesca. Il portale, riccamente ornato, presenta una iscrizione a rammentare che fu fatto realizzare nel 1750 dal padre guardiano Bonaventura da Furci.
L'interno è a navata unica composta da quattro campate con lunette a botte; sulla destra si aprono tre ampie cappelle, comunicanti tra loro quasi a formare una navata secondaria, dedicate a S.Antonio (la cui statua fu realizzata nel 1762 dallo scultore molisano Paolo Saverio Di Zinno), S. Francesco e S.Diego.
L'altare maggiore, con al centro il tabernacolo, contiene ai lati le statue di S.Giacomo della Marca e S. Bernardino da Siena.
L'origine francescana del complesso si rivela, quindi, non solo nella dedica al Santo patavino, ma anche nella presenza di rimandi a personaggi chiave della storia dell'Ordine, con la particolarità che trattasi di minori osservanti, i quali tra il 1400 e il 1500 metteranno salde radici nei principali centri del vastese.
Il convento di San Buono fu chiuso due volte: nel decennio francese (1811) e all'indomani dell'Unità d'Italia (1866), con dispersione inevitabile del ricco patrimonio artistico e documentale. I francescani lo poterono riacquistare soltanto nel 1937.
Il complesso conventuale di S.Antonio, nondimeno, continua ad essere ancora oggi, così come è stato per secoli, uno dei centri spirituali più rilevanti del territorio, immerso tra i boschi e i declivi della valle del Treste.

13 agosto 2023

Antonio Mezzanotte, Andiamo a Cornaclano, andiamo al Beato.

Cornaclano, Beato Angelo da Furci

ANDIAMO A CORNACLANO, ANDIAMO AL BEATO
di Antonio Mezzanotte

Andiam, si parte, si va a Cornaclano, come ogni anno, com’è tradizione, come vuole la devozione. Che cos’è Cornaclano oggi? Un rudere di muro, un monolite sperso tra i boschi e le campagne della Treste, nel vastese; frinir di cicale e di grilli, guair di volpi, strider di falchi, non s’ode altro.
Ma la mattina del 13 agosto un insolito andirvien di auto e di genti, tutti s’affrettano verso uno spiazzo, tra due querce e l’antico muro, ove nel mezzo sta un altar.
È la Messa per “lu Sande Beate Angelo”, come dicono qui, che a Sant'Angelo in Cornaclano, antica e potente abbazia benedettina, poi agostiniana, poi commenda dei principi Caracciolo, da ragazzo si fece sapiente per spiccar il volo da Furci (CH), il paese natio, fino alla Sorbona di Parigi e ai cieli della santità.
Il Beato morì a Napoli nel 1327 e nell’agosto 1808 partì una delegazione di furcesi per chiedere al Re di poter riportare a casa le Sacre Reliquie. Quando si dice aiutati ché Dio t’aiuta! In quel frangente re Giuseppe Bonaparte stava facendo le valigie per la Spagna, lì destinato dal fratello Napoleone, e figuriamoci se aveva tempo per esaminare le istanze dei furcesi e... grazie a Dio! Infatti, cavilloso, prudente ma anche pavido com’era di certo avrebbe trovato qualche motivo di diniego (Giuseppe non era portato per fare il Re in quei tempi eccezionali, al più avrebbe potuto essere un buon ministro o ancora meglio un ottimo consigliere di stato).
Al suo posto Napoleone nominò il cognato Gioacchino Murat, gran testa calda, guascone, impulsivo, ambizioso, ma con due grandi qualità: sapeva condurre una carica di cavalleria come nessun’altro e, inoltre, undicesimo figlio di un oste, aveva un gran cuore che lo fece subito benvolere dal popolo napoletano. Fu proprio Murat a firmare il decreto che autorizzava i furcesi a riportarsi le spoglie del Beato in paese. In ricordo di quell’evento, il 13 agosto di ogni anno i devoti del beato Angelo si recano in pellegrinaggio ai resti dell’abbazia di Cornaclano.
Questo pellegrinaggio dal paese a scendere verso Cornaclano, che ancora qualcuno fa a piedi, è davvero un tornare indietro nel tempo: si scende lungo la strada che porta al fondovalle (una vecchia mulattiera trasformata in rotabile, una discesa, a tratti assai ripida, che mette a dura prova i freni delle autovetture, ma anche farsela a piedi non è uno scherzo e probabilmente pure i muli avrebbero protestato), costeggiando le Mura Saracene (i resti di un antico convento distrutto dai saraceni), si prende la strada di fondovalle all’altezza del vecchio mulino, poi si entra nell’exclave sanbuonese del Pantano, poco dopo l’incrocio per la Cena e al di sotto delle Morge si svolta a destra e ci si prepara ad attraversare la Treste.
Sono anni che ormai percorro questa strada, ma in quell’aveo d’estate non ho mai visto un rivo d’acqua e così ripenso a un atto giudiziario dell’Avv. Gaetano Celani in un processo del 1753, lì dove descrive il corso del fiume Treste, precisando che dalla grande abbondanza di acqua nei mesi invernali la portata si riduce nei mesi estivi fino a perdersi del tutto tra aridi sassi e disseccate arene.
Malgrado frane, erosioni e smottamenti una stradina guada il fiume e poi, tra vigne, frutteti e distese di campi mietuti, tra i quali già si iniziano i lavori di aratura, sale in direzione di Fresagrandinaria, al quale fa capo questo versante, e giunti a una vecchia casa colonica bisogna trovare un posteggio possibilmente riparato dal solleone sotto un ulivo o una quercia e affrettarsi a raggiungere la spianata di Cornaclano per conquistarsi una porzione d’ombra, magari vicino ai cespugli di more, che fanno gola...
La celebrazione della Santa Messa all’aperto con i devoti disposti a semicerchio riecheggia antiche litanie e la fervente attività dell’abbazia medievale, riallacciando una ideale continuità dai giorni del beato Angelo a oggi.
Il paese di Furci si scorge in lontananza appollaiato sul colle, boschi di querce fanno da sfondo a Cornaclano, nibbi reali volteggiano in cielo e più volte si avvicinano, forse incuriositi da questo insolito fermento.
A conclusione, cellipieni devozionali e panini alla ventricina e poi si ripercorre la stessa strada (oppure si riprende l'Istonia passando per Sodere di San Buono, più lunga ma anche più agevole) per risalire in paese; se avanza tempo, deviando alla Guardiola poco prima della Treste, si raggiunge la vicina chiesetta rurale di Sant’Antonio di Padova, sempre in territorio di Fresagrandinaria, con la sua grotticella e il ricordo di quei miracoli compiuti da uno sconosciuto pellegrino (si dice lo stesso S.Antonio) agli inizi del 1900.
Quando si viene nella Valle del Treste fede, tradizioni e storie di un tempo si fondono con una natura aspra e dura, che tempra gli animi, e quel che ne deriva è una devozione autentica per i Santi di qui, arcangeli, guerrieri, teologi, predicatori, Madonne arboree, e un rispetto atavico e corale verso il forestiero, il quale, superata l’iniziale e inevitabile reciproca diffidenza con i residenti, riceve da questi accoglienza sincera e ricetto, perché chi viene fin quaggiù è come un pellegrino che cerca di ritrovare sé stesso nel gran viaggio della vita.