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9 luglio 2025

Alessandro Torlonia. L'eredità del lago Fucino.

                    Alessandro Torlonia                                                          Lago Fucino
Alessandro Torlonia. L'eredità del lago Fucino
di Filippo Neri 

Nei primi mesi del 1870 Alessandro Torlonia, che aveva 70 anni e solamente una figlia, Annamaria, di 15 anni, era molto preoccupato sul futuro del suo immenso patrimonio.
Il lavoro di prosciugamento del lago del Fucino, dove 4.000 operai al giorno lavoravano dal 1854 senza sosta, era quasi terminato.
Stava realizzando un’opera faraonica: 16.000 ettari, da affittare a 11.000 contadini, con 285 km di strade. 
Possedeva decine di palazzi e centinaia di tenute in tutta l’Italia, una banca, partecipazioni in tante società. 

Non voleva lasciare tutto ai parenti, né far sposare la figlia con il figlio di suo fratello, come suggeritogli da quest’ultimo. 
E allora si incontrò con Pio IX e gli chiese di aiutarlo a trovare una soluzione. 
Pio IX
Parlando venne l’idea di proporre ad Annamaria di sposare Giulio Borghese, ventitreenne figlio cadetto del principe Marcantonio V Borghese, a condizione che lui cambiasse il cognome, da Borghese in Torlonia. 
Gli interessati accettarono e la cosa andò avanti, pur con l’annessione, a settembre, dello Stato della Chiesa nel Regno d’Italia. 
Il matrimonio fu celebrato nel marzo del 1872 e il cambio del cognome avvenne nel 1875. 
Non fu facile perché altri Torlonia fecero opposizione, ma con l’appoggio di Re Vittorio Emanuele si concluse l’operazione. 
Alessandro Torlonia con la figlia Anna Maria, 1872

Marcantonio V Borghese nel 1839 aveva ereditato 14.000 ettari nell’Agro Romano; ma poco dopo li riportò ad oltre 20.000 con l’acquisto del grande feudo di Nettuno e dei feudi nel viterbese. 
Villa Borghese a Nettuno (dipinto di Paolo Anesi, 1750)
Marcantonio V Borghese
Dagli anni Quaranta agli anni Ottanta dell’Ottocento c’era stata una crescita costante della rendita agricola. 
Così Marcantonio poteva mantenere un tenore di vita degno di una casa regnante per sé e per i suoi dieci figli, frutto dei suoi due matrimoni con Gwendoline Talbot dei conti di Shrewsbury e con Teresa de la Rochefoucauld, entrambe eredi della maggiore nobiltà inglese e francese. 
L’adozione del codice civile italiano, nel 1865, comportò la fine dei fidecommessi, dei diritti di primogenitura e di maggiorascato, di tutta l’impalcatura su cui si reggeva la consuetudine di “rendere eterne le famiglie con i loro beni fondiari”. 
Nel 1854 la figlia Agnese, avuta dalla prima moglie, aveva sposato Rodolfo Boncompagni Ludovisi. 
I nove figli avuti dalla seconda moglie sposarono esponenti di importanti famiglie. 
Nel 1865 Annamaria sposò Gerino Gerini, Paolo, il primogenito sposò l’anno dopo Ilona Appony, Francesco nel 73 sposò Francesca Salviati, e così via. 
I Torlonia possedevano circa 27.000 ettari ed i Borghese circa 20.000 ettari di terreni. 
Ma nel decennio 1880/90 le cose cambiarono, cambiò sia l’economia che le leggi, e tutte le famiglie nobili, tranne i Torlonia, si trovarono a mal partito. 
Nel 1886 morirono prima Alessandro Torlonia e poi Marcantonio Borghese. 
Nel momento della “febbre edilizia” Paolo Borghese aveva fatto investimenti sbagliati e la famiglia accumulò grandi debiti con le banche, finché nel 1892 il palazzo Borghese venne addirittura venduto all’asta. 
tavola che evidenzia i rapporti tra le varie famiglie

5 giugno 2025

Augustus John Cuthbert Hare, Days Near Rome, Volumi 1-2 , 1875.


Augustus John Cuthbert Hare, Days Near Rome, Voll. 1-2
Da: Google



Da Roma all’Aquila e ritorno lungo la Claudia Valeria per Sulmona e la Marsica nella primavera del 1874 - 1874

Il Castello Orsini

Augustus John Culthbert Hare nacque a Roma nel 1834 e morì a Holmhurst, nella contea del Sussex, in Inghilterra il 22 gennaio 1903. Di famiglia aristocratica inglese trascorse un’infanzia crudele ma seppe superarla fino a scrivere in sei volumi la storia autobiografica “the history of My Life”. Ebbe gravi problemi economici ma grazie alla sua passione ed amore per la scrittura, si affermò nel campo letterario definito dai contemporanei “osservatore attentissimo e la sua prosa è brillante e piacevole”. Il suo strumento principale era la penna ma nei suoi viaggi era come un menestrello girovago e grande uomo di spirito. Augustus è un viaggiatore inglese che, trovandosi a Roma nel 1870, è testimone delle “breccia di porta Pia”.
Negli anni 70 intraprese un viaggio nella penisola e nel 1874 ebbe modo di visitare e apprezzare l’Abruzzo. L’escursione nella regione, una delle pochissime parti d’Italia “non ancora rovinata dall’assalto dei turisti inglesi e americani” e presentava un vantaggio di essere ancora economica essendo rimasta la “vecchia scala dei prezzi”. In realtà, le pagine di Hare sull’Abruzzo non rappresentano un documento di conoscenza profonda. L’autore, nel suo diario, si mostra attento e interessato ad integrare la citazione colta con l’impressione artistica, la notizia logistica e geografica con la notazione, erudita o ironica, di costumi. Un reportage della realtà della nostra terra negli anni immediatamente seguenti all’Unità Nazionale, dal punto di vista politico-sociale e semplicemente sociologico- culturale.


Da: Regione Abruzzo

20 maggio 2025

Il Fucino, ieri ed oggi.

 
IL FUCINO, IERI ED OGGI

"Quella del Fucino è una storia che unisce natura, ingegneria, ambizione e trasformazione. Un lago che non c'è più, ma che per secoli è stato protagonista della vita – e delle difficoltà – di un'intera regione."


Ci troviamo nel cuore dell’Abruzzo, nell’area della Marsica, dove oggi si estende una delle più fertili pianure d’Italia centrale: la piana del Fucino. Ma un tempo, proprio lì, c’era un lago. Il Lago Fucino, terzo per estensione in Italia dopo il Lago di Garda e il Lago Maggiore.

Questo lago era però particolare: non aveva emissari naturali, e il suo livello variava continuamente. A volte si gonfiava fino ad allagare le terre coltivate, altre volte si ritirava, lasciando paludi malsane. Era una minaccia costante, oltre che una barriera naturale tra i paesi.

Già gli antichi Romani, con la loro maestria ingegneristica, avevano capito che bisognava fare qualcosa. E così, nel 41 d.C., l’imperatore Claudio avviò uno dei progetti più ambiziosi dell’epoca: prosciugare il lago.

12.000 operai, 11 anni di lavoro, un canale lungo 6 chilometri scavato nel monte Salviano, noto ancora oggi come l'emissario di Claudio. Un’opera straordinaria… ma non del tutto efficace. Il lago si abbassò, sì, ma non scomparve. Mancavano strumenti moderni per mantenere il controllo idraulico costante.

Per secoli il lago restò lì, instabile e imprevedibile… fino a quando, nell’Ottocento, un imprenditore illuminato decise di riprendere il sogno romano: Alessandro Torlonia.

Tra il 1854 e il 1878, con mezzi più moderni, Torlonia fece riaprire e migliorare l’antico emissario, aggiungendo canali, cunicoli e opere di drenaggio. E finalmente, il lago Fucino scomparve. Al suo posto, nacque una pianura fertile, ben irrigata, ideale per l’agricoltura.

Oggi, quella che era una distesa d’acqua è diventata un giacimento agricolo. Patate, carote, spinaci, finocchi: una produzione intensiva, controllata, persino aiutata da satelliti e centri spaziali, come quello presente proprio a Ortucchio, il Centro Spaziale del Fucino.

Una storia, insomma, che parla di trasformazione. Di come la conoscenza, la tecnica e la determinazione possano cambiare il volto di un territorio, risolvendo problemi antichi e aprendo nuove possibilità per il futuro.

"E questo – diremmo – è il miracolo della scienza… e dell’ingegno umano."

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1. L’opera di prosciugamento: un sogno romano, un'impresa ottocentesca.

"La natura non sempre collabora con l’uomo. Ma quando l’ingegno interviene, può trasformare un problema in una risorsa."

Già nel I secolo d.C., l’Imperatore Claudio volle domare il Lago Fucino, che con i suoi 155 chilometri quadrati rappresentava una minaccia per le popolazioni locali. Non avendo un emissario naturale, il lago era soggetto a pericolose oscillazioni di livello. Così fu avviata un’impresa colossale: scavare un canale sotterraneo lungo 6 chilometri attraverso il Monte Salviano, per far defluire le acque nel fiume Liri.

L’opera, condotta da 12.000 schiavi e operai, fu completata dopo 11 anni. Era un tunnel perfettamente calcolato, con una pendenza di circa 1 metro ogni 1.000, per permettere il deflusso. Ma, a causa della mancanza di manutenzione e limiti tecnici dell’epoca, l’opera non riuscì a prosciugare completamente il lago.

Quasi 1800 anni dopo, fu il banchiere e nobile Alessandro Torlonia a riprendere l’impresa. Tra il 1854 e il 1878, con tecnologie moderne e grandi capitali, migliorò e riaprì l’antico emissario. Furono costruiti canali di bonifica, una rete di drenaggio sotterraneo, e impianti per la regolazione del livello idrico.

Alla fine, il Lago Fucino fu prosciugato definitivamente. Dove c’era acqua, nacque una vasta pianura agricola.


2. L’agricoltura moderna del Fucino: un giardino high-tech.

"Quando la scienza incontra la terra, anche una palude può diventare un giardino."

La Piana del Fucino oggi è una delle aree agricole più avanzate del centro Italia. Si estende su 14.000 ettari e vanta terreni estremamente fertili, ricchi di humus e perfettamente irrigati.

Qui si coltivano:

Patate (la famosa "patata del Fucino IGP"),

Carote, spinaci, finocchi, lattughe e cicorie,

Cereali e barbabietole da zucchero.

Le aziende agricole del Fucino utilizzano trattori GPS, irrigazione computerizzata, droni per il monitoraggio delle colture, e sensori nel suolo. I dati raccolti vengono analizzati per ottimizzare i raccolti, risparmiare acqua, e ridurre l’uso di fertilizzanti.

In altre parole: agricoltura di precisione. Quella che un tempo era un lago stagnante è ora un laboratorio a cielo aperto per le tecnologie agricole più avanzate.

3. Vita prima e dopo il prosciugamento: il cambiamento sociale.

"Quando cambia il paesaggio, cambia anche il destino delle persone."

Prima del prosciugamento, la vita intorno al Lago Fucino era difficile. I villaggi erano spesso isolati, le paludi causavano malattie come la malaria, e l’economia era basata sulla pesca e una povera agricoltura in terreni instabili.

Dopo il prosciugamento, la zona vide un vero e proprio boom demografico e agricolo. Ma la terra, all’inizio, rimase di proprietà dei Torlonia. Gli agricoltori erano mezzadri o affittuari, spesso in condizioni molto dure. Si racconta che nei primi decenni del Novecento ci furono lotte contadine per ottenere migliori condizioni di lavoro e il diritto alla terra.

Solo nel secondo dopoguerra, con la Riforma Agraria, molti contadini ottennero finalmente la proprietà dei terreni. Fu allora che il Fucino cominciò la sua vera rinascita economica e sociale.


4. Il Centro Spaziale del Fucino: dallo zappone al satellite.

"Dove un tempo si pescavano anguille, oggi si guidano satelliti che viaggiano a 36.000 chilometri dalla Terra."

A Ortucchio, nel cuore della Piana del Fucino, sorge oggi uno dei più importanti centri di telecomunicazione satellitare d’Europa: il Centro Spaziale del Fucino, gestito da Telespazio (gruppo Leonardo).

Operativo dal 1967, questo centro è specializzato in:

Telecomunicazioni satellitari,

Controllo di satelliti per navigazione e meteorologia.

Servizi di telerilevamento e osservazione della Terra.

Con più di 170 antenne paraboliche, alcune larghe più di 30 metri, il Centro è in grado di comunicare con satelliti in orbita geostazionaria e bassa. È un hub strategico per il programma Galileo, il GPS europeo.

Paradossalmente, il Centro Spaziale aiuta oggi proprio l’agricoltura del Fucino: con dati satellitari si monitorano le colture, si controllano i cicli irrigui e si prevengono malattie delle piante.

Un simbolo perfetto di come la scienza, l’ingegno e la tecnologia abbiano trasformato un problema millenario in una risorsa per il futuro.

Da: AbruzzoOnline 

11 marzo 2025

Sulla pesca del Fucino.

Sulla pesca nel Fucino.
Le barche maggiori o caporali con fino a venti pescatori, sono utilizzate per la pesca detta invernale, effettuata da ottobre a aprile, che consiste nel raccogliere il pesce chiuso entro recinti realizzati a circa mezzo miglio dalla riva con palizzate e paratie costituite da fascine, i cosiddetti mucchi.
Nello spazio circoscritto dalle palizzate si immergevano le fascine fino al raggiungimento della superficie del lago. Dopo un periodo di tempo da uno a due anni durante il quale i pesci depositavano le uova nelle fascine entro il recinto, questo veniva chiuso tutt'intorno con dei teli legati con funi alla struttura lignea del recinto.
I pescatori quindi estraevano le fascine con bastoni terminanti a uncino e pescavano il pesce rimasto chiuso entro il telo.
Il pesce viene quindi pesato nelle "stanghe", cioè nelle stazioni doganali, dove ne viene trattenuto un terzo, destinato ai detentori dello ius piscandi .
Le stanghe erano poste in tutti i centri principali che si affacciavano sul Fucino; partendo dalla sponda occidentale del lago, Luco, Avezzano, Caruscino, Paterno, Celano, Venere, Ortucchio e Trasacco. A Luco la stanga era posta tra via Virgilio (la rùa del dr. Loide Di Gianfilippo), e la rùa della Mola, ed è ancora visibile.

(Lopez, 1992 - Piccioni,1999)

16 febbraio 2025

C'era una volta il Lago del Fucino.


L’area del Fucino, testimone della presenza dell’uomo fin dall’epoca pre-protostorica, è stata teatro di un ‘opera eccezionale di trasformazione del territorio: il prosciugamento del grande lago, Già tentato nel I secolo d.C. dall’imperatore Claudio, fu realizzato con successo da Alessandro Torlonia alla fine dell’800. La grandiosità dell’opera di bonifica idraulica unica al mondo ha comportato una radicale trasformazione ambientale suscitando l’interesse di ingegneri, studiosi e scrittori di tutto il mondo.

Mappa del Lago Fucino