19 novembre 2024
Guido Albanese, Nuovi Canti Popolari d’Abruzzo, Firenze, Prem. Stamp. Musicale G. & P. Mignani, 1927.
15 novembre 2024
Matteo Liberatore, Le campane di S.Maria Maggiore in Vasto.
13 novembre 2024
La Guerra degli Antò (1999), di Riccardo Milani. Film girato a Montesilvano.
La guerra degli Antò è un film del 1999 diretto da Riccardo Milani.
Il film, tratto dal romanzo omonimo di Silvia Ballestra, è ambientato tra la fine del 1990 e l'estate successiva e racconta delle vicende d'un gruppo di quattro giovani punk abruzzesi originari di Montesilvano in provincia di Pescara.
L’Abruzzo visto da Escher, l’artista dei mondi impossibili.
L’Abruzzo visto da Escher, l’artista dei mondi impossibili
A Roma, la più grande e completa mostra su Escher a Palazzo Bonaparte con più di 300 opere legate all'artista olandese.
di Fausto D'Addario
A cento anni dalla sua prima visita a Roma, Maurits Cornelis Escher è tornato nella Capitale a Palazzo Bonaparte nella più grande e completa mostra interamente dedicata alla tecnica, alla bellezza, alle vorticose illusioni e disillusioni di uno dei più celebri artisti del Novecento. Amato dagli appassionati d’arte, matematica, scienze, design e grafica, Escher è stato capace di creare un linguaggio assolutamente unico e inconfondibile: le sue architetture fantastiche, le prospettive apparentemente semplici e chiare, ma geometricamente impossibili sono state riprodotte nei modi più diversi, fra copertine di libri e dischi e scenografie teatrali e cinematografiche. La mostra antologica, organizzata in otto sezioni per più di 300 opere, esplora passo dopo passo la produzione e l’evoluzione del celebre incisore olandese: dagli inizi, sotto l’influenza dell’Art Nouveau, al periodo italiano, tra i più belli e fecondi della sua vita, fino alle oniriche metamorfosi e agli infiniti paradossi, che producono un completo straniamento in chi guarda. C’è anche una ricostruzione dello studio che l’artista aveva a Baarn in Olanda, con gli strumenti originali, compreso il cavalletto che portava con sé nei suoi viaggi in Italia.
Dal novembre del 1923, sulla scia del Grand Tour, Escher si trasferì nella nostra penisola risiedendo stabilmente a Roma, ma ogni anno intraprendeva un viaggio attraverso l’Italia per catturarne i magnifici paesaggi. La sua predilezione andava alle regioni centro-meridionali, dalla Costiera amalfitana alla Calabria, dall’Abruzzo alla Toscana, dalla Sicilia alla Corsica. Lasciò definitivamente l’Italia solo nel 1935 a causa della crescente oppressione del movimento fascista, ma l’Italia e l’Abruzzo rimasero nel suo cuore. Prima di partire, l’Istituto Storico Olandese gli dedicò un’ultima mostra, recensita con queste parole dall’Osservatore romano:
“A vero dire Escher è una vecchia conoscenza per chi frequenta il mondo artistico romano. Chi non conosce quell’alto biondo pittore olandese, che beve il sole con gli occhi […]. A forza di vivere in Italia non è più l’olandese fantastico e pur analitico di quando illustrava libri di leggende nordiche”.
Escher si recò tre volte in Abruzzo tra il 1928 e il 1935, vagabondando a piedi, con vettura postale, a cavalcioni sui muli, insomma, con ogni mezzo allora disponibile. Il primo viaggio, che fu quello che lo stregò, avvenne nell’aprile del 1928, quando scoprì questa terra selvaggia, “tra le aree più inospitali dell’Italia“, come ebbe ad ammettere; il secondo avvenne nei mesi di maggio e giugno del 1929 nelle zone interne della Regione, con l’intenzione di realizzare un libro illustrato sull’Abruzzo; il terzo ed ultimo nel febbraio del 1935. Per un artista che veniva dalla geografia orizzontale dei Paesi Bassi, il paesaggio abruzzese gli appariva così imprevedibile con i suoi dirupi, le gole e le valli scoscese, per i contrasti nettissimi tra luci e ombre, impensabili nelle atmosfere olandesi. Ed era una continua emozione. In una lettera al suo amico Bas Kist, Escher scriveva:
“Mi sono abituato a fare questo tipo di viaggi ogni primavera, mi restituiscono vigore nel corpo e nell’anima e poi raccolgo del materiale per i mesi successivi. Non conosco altra gioia che vagabondare per le colline e attraverso le valli, da paese a paese, sentire gli effetti della natura incontaminata“.
Lo scopo era prendere appunti, scattare foto, abbozzare schizzi e preparare i disegni: anche se il volume sperato non vide mai la luce, le sue incursioni abruzzesi produssero un risultato meraviglioso, con le stampe di paesi come Goriano Sicoli, Scanno, Anversa degli Abruzzi, Castrovalva, Fara San Martino, Pettorano sul Gizio, Alfedena, Opi e Cerro al Volturno, per la maggior parte nell’aquilano e nel Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. La composizione dei paesaggi è sempre filtrata dalla sua interiorità:
«Nelle mie incisioni cerco di provare che noi viviamo in un mondo bello e ordinato e non in un caos senza norme, anche se talvolta sembra sia così. I miei soggetti sono spesso giocosi: sento forte il bisogno di dimostrare l’assurdità di alcune certezze che noi consideriamo irrefutabili. È, per esempio, un piacere combinare volutamente oggetti di due e di tre dimensioni, rapporti di superficie e di spazio, e farsi gioco delle leggi di gravità».
Nella sognante veduta di Fara San Martino Escher indugia sulle sue abitazioni arroccate l’una sull’altra, adagiate sulla collina che va verso il quartiere di San Pietro. Si vede anche il ruscello che scorreva in superficie, con i vari ponticelli; a destra si il quartiere di Terra Vecchia che si arrampica su una ripida altura. La montagna invece è rappresentata da un disegno molto particolare, che riproduce astrattamente le scanalature della roccia. Il tutto sospeso in una dimensione fra la realtà e l’immaginazione.
Nei disegni successivi Escher si concentra sull’architettura della natura: ne capta gli elementi essenziali, si sofferma sui particolari e predilige vedute fortemente prospettiche. Ad Alfedena rimase colpito dai molti alberi potati in maniera strana, con un solo ciuffo di foglie sulla cima. Qui furono gli abitanti del paese ad essere i veri artisti: avevano appena raccolto le foglie per le capre, perché in inverno gli animali non potevano andare al pascolo con la neve, dando così al paese un aspetto surreale. Nella litografia di Scanno emerge il dato architettonico e realistico: Escher raffigura uno scorcio ancora oggi rimasto inalterato, Vico Ciorla, con una scalinata in discesa e il gioco di contrasti in salita delle gradinate di accesso alle case. Due figure femminili che lavorano al tombolo in abiti tradizionali e in lontananza un monte con degli alberi che si infittiscono coronano l’opera. Ancora oggi questo scorcio esiste sostanzialmente inalterato e una riproduzione dell’opera viene esposta su una parete del vico. Ad Opi Escher rimase incantato dalla fisionomia urbanistica: due filari di case in groppa sul dorso di un monte; il panorama quasi metafisico e le stradine che si allargano aprono l’orizzonte della stampa, anziché rinchiuderla in una sequenza claustrofobica di architetture e scalinate. L’artista olandese amava ripetere “Lo stupore è il sale della terra“.
Accontentiamoci di questa breve carrellata: non possiamo purtroppo soffermarci su tutti i disegni. Escher lasciò l’Italia nel 1935, dopo un ultimo nostalgico viaggio in Abruzzo; da questo momento la sua arte e i suoi esperimenti evolvono verso le forme astratte, le composizioni geometriche e le architetture impossibili, che lo hanno reso celebre. Ma l’antico ricordo dell’Abruzzo, con la sua gente, i suoi scorci e la sua struggente bellezza dovette rimanergli impresso nel cuore. Già nella Natura morta con specchio, che segna una svolta nella sua maturazione artistica, si riconosce una delle stradine del borgo di Villalago nel vicolo rappresentato nello specchio. Ancora, nel 1958 le montagne sullo sfondo del labirintico Belvederedel 1958 sono una ripresa di quelle già raffigurate nel disegno di Pettorano sul Gizio.
La sua salute fu sempre cagionevole: l’ultima opera, Serpenti, è del 1969. Poi, sempre più malato, si limitò a ristampare le sue opere. Maurits Cornelis Escher morì il 27 marzo 1972 all’ospedale Diakonessenhuis di Hilversum, in Olanda. Fu un grande maestro, che visse in quattro nazioni diverse affrontando i tempi difficili delle due guerre, ma la sua ricerca artistica non ne venne scalfita e rimase un unicum. Escher ha trasfigurato il visibile, intrecciando ciò che vedeva con ciò che percepiva. Quell’alto biondo pittore olandese, che beveva il sole con gli occhi, ha espresso con semplicità e chiarezza la sua vocazione:
“Vedere due mondi diversi nello stesso identico luogo e nello stesso tempo ci fa sentire come se fossimo in balìa di un incantesimo. Solo un artista ci può dare questa illusione e suscitare in noi una sensazione eccezionale, un’esperienza dei sensi del tutto inedita“.
Da: L'Aquilablog.it
6 novembre 2024
Coro folk Nino Saraceni di Fossacesia, audiocassetta "A San Giuvanne".
2 novembre 2024
Padre Settimio Zimarino nel ricordo e nella gloria.
1 novembre 2024
Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.
Tommaso Ciampella di
Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di
musiche sacre.
di Angelo Iocco
Nacque a Miglianico nel 1893, lo stesso anno del famoso compositore abruzzese Guido Albanese a Ortona. Apprese i rudimenti della musica con la banda locale, poi continuò gli studi, insegnando infine musica privatamente. Si sposò nel 1922; apprezzato musicista si trasferì a Chieti, dove nel 1930 fu chiamato a dirigere l’orchestra al Teatro Marrucino di Chieti per un Galà fascista, dove si erano riunite le delegazioni degli Squadristi provinciali. Pubblicò in questi anni a Ortona, per la tip. Bonanni, delle raccolte di studio per musica. Dopo la guerra continuò a fornire le lezioni di musica, e pubblicò: Il canto nella scuola : 15 composizioni didattiche per le scuole elementari e ad uso degli Istituti magistrali, scuole di tirocinio, scuole di avviamento. Con aggiunta di 3 quadri sinottici tonali per esercizi teorico-pratici. Parte I Firenze : Tip. G. E P. Mignani, [1947]. Collaboratore della Rivista Abruzzese a Chieti, che poi si trasferirà a Lanciano, il Ciampella pubblicò due scritti di musica abruzzese: La personalita e l'arte di F. Paolo Tosti, e Venerdi Santo e il Miserere di F. S. Selecchi . Quest’ultimo uno dei primi studi moderni critici, che si svincolava dalle estetiche esagerazioni degli scrittori di Chieti, come Francesco Vicoli, e riportava un’analisi musicale del celebre Miserere. Partecipe alle Maggiolate di Ortona, risorte dalle devastazioni belliche, nel 1947 si presentò con la canzone Amore me’, amore me!, forse la più famosa della sua produzione, tanto da essere adottata dal Coro folk “Antonio Di Jorio” di Atri, incisa nel cd “Venticelle d’Abruzze” a cura del M° Concezio Leonzi. E’ una canzone che è simbolica nel periodo in cui fu scritta, un periodo di un Abruzzo in macerie, la piccola Miglianico era in macerie, così come Ortona e Francavilla, ricordate nel programma finale dalla canzone dell’Albanese: Ci manche all’Adriatiche na perle, presentata nella Maggiolata del ’47. Il canto di Ciampella invece invoca l’amore, la felicità, la gioia di continuare a vivere, quasi volesse esorcizzare lo spettro della devastazione ancora tangibile.
Per Miglianico,
Ciampella scrisse anche un suggestivo Miserere, ancora oggi eseguito, sui versi
dei Salmo 50; una composizione per banda che per tonalità ascendente, in certi
punti ha delle affinità con il Miserere del Selecchy di Chieti, ma ovviamente
il colto Ciampella lo reinterpreta e ne fa un pezzo originale. Acute le voci al
v. “secundum magnam misercordiam tuam”, per poi ridiscendere in tonalità, nella
conclusiva “Miserere, miserere mei Deus!”.
A Miglianico si
eseguono da parte della Confraternita S. Pantaleone le musiche del Miserere di
Ciampella, dal Salmo 50, che comprende le strofe del “Misere mei Deus – Et
secundum multitudinem miserationem tuarum – Amplius lava me”; mentre del
Maestro di Banda Ettore Paolini, storica figura miglianichese, la Marcia funebre. Il testo è tratto dalle Sette ultime parole (Le tre ore di Agonia di
Nostro Signore) di Saverio Mercadante, mov. 1: Già trafitto, andante mosso. È uno spettacolo ancora oggi,
ascoltare queste due musiche nella chiesa madre di Miglianico suonate dalla
Corale, e poi partecipare al commovente corteo della processione del Cristo
morto per le strade del paese, seguendo il Feretro e la Banda.
Ecco le canzoni
presentate dal Ciampella alle Maggiolate di Ortona
Amore me, amore me!
(1947)
La fije e lu core di
tatà (1948)
Villanelle annamurate
(1950)
Mare e sonne (1952)
31 ottobre 2024
19 ottobre 2024
Francesca Pino - Raffaele Mattioli. Una biografia intellettuale.
Raffaele Mattioli, 1921, color F.Marino |
18 ottobre 2024
Jean Joseph Xavier Bidauld, “Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples", “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”, 1789, Musée du Louvre, Parigi.
“Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples", “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”, “Monte Tino o Serra di Celano dipinto da Avezzano”, 1789
Olio su tela, cm 37x49
Musée du Louvre, Parigi.
“Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples.”
Il celebre dipinto di Bidauld: dal Louvre di Parigi ad Avezzano.
Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500.
Luca
Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500
di
Angelo Iocco
Un
recente studio del Prof. Marco Vaccaro dell’Università di Chieti, apparso in Chieti – Scritti di Storia e di Arte dal
Medioevo all’Ottocento, Chieti, Assoc. Sacro e Profano, 2021, fornisce più
lumi su questo pittore, di cui si erano occupati in maniera sparuta Cesare de
Laurentiis, Vincenzo Balzano e Francesco Verlengia, senza fornire particolari
note critiche sulla sua carriera. Grazie anche alla pubblicazione di atti
notarili dall’Archivio di Stato di Chieti a cura di Van Verrocchio in Theate Regia Metropolis, è possibile
ricostruire in parte la carriera del pittore. Nacque a Chieti e visse e operò
nella seconda metà del ‘500, e agli inizi del ‘600. Visse in un periodo di
fervore culturale a Chieti e in Abruzzo, dove pittori della Maniera del Vasari,
si cimentavano nella realizzazione di tele e affreschi per parrocchie e
conventi. Rimanendo in ambito chietino, furono attivi artisti del calibro di
Leonzio Compassino da Penne, Giovan Battistista Ragazzini da Ravenna con suo
fratello Francesco (sue opere si trovano a Castelli, Penne e qualche paese
dell’area vestina), Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri.
Luca
Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora
in San Domenico di Chieti, foto Oscar D’Angelo.
Luca
Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora
in San Domenico di Chieti (particolare)
Albero
Francescano, chiesa di Sant’Antonio di Padova, Lanciano (XVI-XVII sec.)
Altre opere realizzate dal Fornaci sono nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Ortona: Cristo risorto tra gli Apostoli, alla sinistra della scena il Salvatore appare in Maestà, nell’atto di benedire, alla destra gli Apostoli confusi, e in alto la scena della Casa di Pietro, realizzata come un sontuoso tempio, in alto al centro gli Angeli sopra una nuvola assistono meravigliati al prodigio. La firma di Fornaci si trova presso un cartiglio retto da un Apostolo.
Presso
la chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives di Filetto si trova sulla destra
una tela della Madonna del Rosario: la Vergine col Bambino è al centro, e nei
riquadri della cornice sono raffigurati i Misteri del Santo Rosario. La Madonna
porge un Rosario con la destra a San Domenico e ai seguaci, mentre il Bambino
sulla mano sinistra della Vergine, si sporge a dare la benedizione a Santa Rosa
da Lima e suore seguaci, mentre due donne, probabilmente le committenti
dell’opera, appaiono a mezzo busto in basso a destra, nell’atto di adorare la
scena. la stanza dove la Madonna siede in trono è abbellita da tende, e da un
pavimento a lacunari disposti in ordine simmetrico, con figure geometriche di
cerchi e rombi; schiere di devoti si trovano disposte dietro San Domenico e
Santa Rosa, compreso Papa Pio V, vittorioso nella battaglia di Lepanto. Il
quadro si trovava nella chiesa di Santa Maria di Filetto, nella parte antica
del paese, andata distrutta nella seconda guerra mondiale. L’opera è di fattura
mediocre, ma denuncia uno stile di rappresentazione abbastanza convenzionale
nell’Abruzzo della fine del XVI secolo della Madonna del Rosario, culto
diffusosi dopo il 1571; notevoli affinità si riscontrano in un quadro di autore
seguace di Pompeo Cesura, conservato nella cappella del Rosario della chiesa
parrocchiale di Santa Maria dell’Olmo in Archi in val di Sangro. La resa è
decisamente migliore: la Vergine col Bambino è seduta, avvolta in un mantello a
fogliame dorato, simile alle tele presenti nella chiesa di Costantinopoli in
Ortona, e la schiera dei santi domenicani e dei dignitari papali è più
movimentata, ed alcuni volti, come quello di Santa Rita, sembra denunciare
tratti addirittura giorgioneschi, mentre la scena del Mistero dell’Incontro tra
Maria ed Elisabetta denuncia echi della celebre tela di Raffaello realizzata
per i Bedeschini nella chiesa di San Silvestro di Aquila.
Orsogna, convento francescano dell’Annunziata del Poggio
Nel convento del Ritiro dell’Annunziata di Orsogna si conserva una tela della Crocifissione: come da tradizione iconografica, il Cristo è al centro, due angeli accorrono ai lati delle braccia, per raccogliere in calici il sangue che sgorga dalle ferite delle mani, la Maddalena abbraccia il legno piangente; il Fornaci probabilmente per ragioni di committenza, non inserì gli Apostoli, ma San Francesco e altri francescani attorno la Croce, in atto di dolore, mentre sulla destra si staglia in posa solenne e mesta, la Madonna, con in basso il Serpente del Peccato originale. Opera più originale della tela di Filetto, che risente degli echi del dipinto di Ortona.