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3 settembre 2024

Un personaggio da ricordare: Gaspare de Aventinis da Casoli, Dottor di Leggi a Lanciano nel XV sec.

Il papa con i suoi cardinali, in una miniatura del Très riches heures du Duc de Berry

 

Un personaggio da ricordare: Gaspare de Aventinis da Casoli, Dottor di Leggi a Lanciano nel XV sec.

di Angelo Iocco

La storia d'Abruzzo è interessante per le sue mille sfaccettature, soprattutto se corredata da utili documenti. Nelle nostre ricerche ci siamo soffermati sul Libro di Memorie di Anton Ludovico Antinori, manoscritto presso il Museo diocesano di Lanciano, e pubblicato nel 1995 a cura di Michele Scioli, dove sono registrati i documenti di diversi archivi ecclesiastici lancianesi, come il Capitolo della Cattedrale, del convento di San Francesco, di Santa Maria Nuova, della parrocchia di Santa Lucia, della chiesa di Santa Maria Maggiore ecc. Questi documenti aiutano a ricostruire la microstoria locale, fatta di vendite e acquisti di terreni, lasciti, donazioni, liti e cause infinitamente lunghe, disposizioni del Vescovo o del Re, e molto altro.

In questi documenti appare la figura di Gaspare de Aventinis, Dottor di Leggi di Casoli. Questi documenti che noi abbiamo studiato furono trascritti parzialmente dallo studioso lancianese Luigi Renzetti (1860-1931) in un manoscritto inedito presso la Biblioteca provinciale di Pescara, il quale voleva forse scrivere la biografia del prelato casolano; ancor prima del Renzetti, il giurista lancianese Antonio Maranca (1773-1858), nipote del celebre Anton Ludovico Antinori aquilano (1704-1778), sulla base di un manoscritto ancora inedito del polistore aquilano, dal titolo Istoria critica ovvero Memorie ragionate della Città di Lanciano ad uso della famiglia Liberatori, 1788 (la data postuma già lascia intendere che il manoscritto passò attraverso varie mani, comprese quelle del Maranca, con aggiunta di altre notizie posteriori la morte dell'Aquilano), tracciò la biografia del de Aventinis. Essa appare alla voce alfabetica nel manoscritto inedito, sempre conservato nella Biblioteca pescarese, dal titolo Biografia degli Uomini illustri di Lanciano, da cui estraiamo queste notizie.

Gaspare de Avetninis era nativo di Casoli, nominato “Esimio Dottor di Leggi”, era passato in Lanciano nel 1441 e vi era divenuto cittadino. Nel 1443 fu costituito vicario generale del Cardinale Orsini nel monistero di S. Giovanni in Venere, e nel 1445 lo troviamo ancora arciprete di Lanciano e vicario del vescovo Teatino. Egli nel 1452, secondo il solito, tenne la Congregazione del Clero, e vi stabilì diversi utili regolamenti. Orso Orsini di Fiandra, Conte di Manoppello, in contemplazione dei precitati servigii, concesse a questo arciprete l’usufrutto di una vicenda di terreni nel dominio del distrutto Castello di S. Eusanio, contrada di Castellana, franco di ogni censo. In seguito dal papa Callisto III fu creato “succollettore” delle collette imposte sopra i prelati e i beneficiati a modo di crociata, ed esercitò quest’officio nella diocesi di Monopoli, di Bari, di Polignano, ci Conversano, di Bitonto, di Giovinazzo, di Molfetta, di Bisceglie, di Trani e Barletta. Nell’anno 1461 atteso col vescovo Teatino alla visita di lui diocesi di Lanciano, ed in altri luoghi.

Spesse volte egli era scelto per arbitro, ed a lui rimettevano le cause anche i laici. Così nel 1466 gli fu affidata una causa tra i mercadanti di Camerino e di Milano [che si trovavano alla Fiera], e nel 1473 gli fu dal re delegata un’altra causa fra due litiganti del Vasto, uno dei quali stava all’attuale regio servizio, ed in questa occasione Ferdinando I d’Aragona qualificò Gaspare per suo Oratore, perché esso era stato ambasciatore dinanzi a lui per affari pubblici della Città di Lanciano, ed aveva saputo ben distinguersi. Perciò fu rimunerato dai lancianesi, anche per gli utili consigli dati, e fu esentato da qualunque pagamento di collette, anche straordinarie, e da qualunque imposizione sui beni che possedeva.

Chiesa di Santa Maria Maggiore di Lanciano, disegno dall’Album pittorico letterario abruzzese di Chieti, 1860, disegno di Raffaele Del Ponte.

9 luglio 2024

Fileno Cavacini, un sindaco e fotografo appassionato di Castel Frentano.

Fileno Cavacini con donna Anna Maria Cocco (1865-1935),
sua moglie, in posa, Castrel Frentano, archivio Marco Cavacini.

 

Fileno Cavacini, un sindaco e fotografo appassionato di Castel Frentano

di Angelo Iocco

Di recente il Comune di Castel Frentano ha ristrutturato una scalinata che da piazza della Chiesa, porta in via Orientale, dove sta la cosiddetta “frana”[1]e tale scalinata quasi completata, è stata dedicata a Fileno Cavacini (1855-1910) nell’anno 2023.

La scalinata sarà realizzata sul luogo occupato dal palazzo appartenuto al Cavacini e abbattuto a causa delle lesioni generate dalla frana del 1881 che sconvolse la parte orientale del paese, facendo perdere parte della cinta muraria, del piano della Porta Grande, e palazzi vari, compreso l’antico Municipio.


La frana di Castel Frentano, si vedono ancora le case crollate nell’area di Largo Chiesa-via Garibaldi-Largo Marconi; non esiste ancora il terrazzamento per la realizzazione di via Orientale.



Fileno Cavacini fu sindaco di Castel Frentano per la prima volta nel 1877, poco più che ventenne. Signorilmente buono e assai apprezzato dai suoi concittadini, nei tre mandati (1877-1883, 1892-1899, 1902-1905) si rivelò un oculato amministratore della cosa pubblica. Tra l’altro, fece restaurare la Casa municipale, impiantare un ufficio postale e telegrafico, costruire il camposanto, completare l’illuminazione pubblica, acquistare l’orologio pubblico collocato sul campanile.
Nell’anno della frana, 1881, che causò la distruzione della parte orientale del paese, Fileno Cavacini era sindaco. Fu in quella circostanza, come riportano le cronache dell’epoca, che egli si prodigò in maniera esemplare nell’aiutare coloro che avevano perso la casa o che si trovavano comunque in grande difficoltà a causa della frana.

Santuario dell’Assunto, lastra Polzinetti.



25 novembre 2023

L’itinerario d’Arte Sacra Lancianese di Peppe Candeloro.

Particolare del Cristo, dal Discorso della Montagna, 1982, chiesa di San Pietro, Lanciano

L’itinerario d’Arte Sacra Lancianese di Peppe Candeloro

di Angelo Iocco

L’artista abruzzese Peppe Candeloro di Casoli, classe 1931, da sempre amante dell’affresco e del disegno, ha trovato negli anni ’70, una vera famiglia nel rione Cappuccini di Lanciano, dove ha insegnato per 30 anni nella scuola media “Umberto I”.

Nel corso della sua vita a Lanciano ha lasciato numerose opere, specialmente affreschi, li troviamo in una cappella del, cimitero comunale di Lanciano, in una cappella del cimitero di Frisa, nella sala consiliare del Comune di Lanciano, e nelle chiese.

L’Itinerario d’Arte Sacra si sviluppa così:

• Chiesa di Santa Chiara Sec XVII-XVIII , Largo Santa Chiara, poi inizio viale Cappuccini

• San Pietro Prima metà anni ‘50 – Largo San Pietro

• Ex convento San Bartolomeo Sec XVI  - viale Cappuccini – Largo San Bartolomeo

• Chiesetta Madonna delle Grazie di Marcianese, fine sec XIX  - rotatoria contrada Marcianese

• Parrocchia Maria SS. delle Grazie di Marcianese, 1999-2001 – via Marcianese

Tutte ubicate lungo una direttiva di circa 3 chilometri che inizia da Corso Roma (Largo Santa Chiara), attraversa Viale Cappuccini e raggiunge Contrada Marcianese: è la Strada Statale 8


XII - V - LXXXVIII Firenze

Caro Candeloro, La ringrazio della Sua lettera gentilissima che, purtroppo. mi raggiunge mentre sono indisposto e sotto cura. Perciò non posso dilungarmi nel risponderLe. Posso dirLe che apprezzo la Sua inventiva e il senso compositivo dei Suoi affreschi. Scendendo al particolare […] Ad ogni modo complimenti e buon lavoro. Con viva cordialità Suo, Pietro Annigoni Il LINGUAGGIO DELL’AFFRESCO […]Proprio rifacendosi ai trattati medioevali, meditando sui ricettari, sulle loro indicazioni e istruzioni, sulle loro regole, Peppe Candeloro ha recuperato quel linguaggio tecnico più antico e genuino che molti avevano dimenticato o travisato e ne ha fatto il mezzo per eccellenza per i suoi messaggi. Che non scendono mai ad arcaistiche riprese o imitazioni di fatti del passato, ma che si servono di quella tecnica per estrinsecare al meglio il suo mondo, le sue idee sulla vita e sull’uomo di oggi. Filtrando e investendo il proprio linguaggio di tutti i più saporiti succhi del suo colto esistere.

Firenze, giugno 1993 Umberto Baldini

Segue... 



17 gennaio 2023

Giuseppe Lorentini, Perché l’Abruzzo? Un arcipelago di campi di concentramento fascisti durante la Seconda Guerra Mondiale (1940-1943).


Costantino Di Sante, Dall’internamento alla deportazione. I campi di concentramento in Abruzzo (1940-1944).

Costantino Di Sante

Dall’internamento alla deportazione

I campi di concentramento in Abruzzo (1940-1944)

 

Indice

Introduzione 

I. L’internamento 

  • 1.1. Le prime disposizioni del regime fascista
  • 1.2. Il primo campo di concentramento
  • 1.3. L’applicazione delle norme di sicurezza
  • 1.4. Le disposizioni contro gli ebrei
  • 1.5. L’internamento nell’organizzazione della nazione alla guerra
  • 1.6. L’internamento e le altre forme di repressione
  • 1.7. Prescrizioni per i campi di concentramento
  • 1.8. I primi internati
  • 1.9. Categorie di internati
  • 1.10. I campi di concentramento in Italia

II. Abruzzo regione d’internamento 

  • 2.1. Località di internamento e campi di concentramento in Abruzzo
  • 2.2. L’istituzione dei campi di concentramento
  • 2.3. Casoli, il campo per gli ebrei
  • 2.4. Il campo di concentramento nell’asilo infantile "Principessa di Piemonte" a Chieti
  • 2.5. Il campo per gli italiani "pericolosi" di Istonio Marina (Vasto)
  • 2.6. Il campo di smistamento di Lama dei Peligni
  • 2.7. Il campo femminile di Lanciano
  • 2.8. Tollo, il campo per i comunisti Jugoslavi
  • 2.9. L’unico campo in provincia di Pescara a Città S.Angelo.
  • 2.10. Il campo di concentramento nella città fortezza di Civitella del Tronto
  • 2.11. Il campo di concentramento nella Badia Celestina di Corropoli
  • 2.12. I cinesi internati nella Basilica di S.Gabriele a Isola del Gran Sasso
  • 2.13. I campo di concentramento di Nereto
  • 2.14. I campo di concentramento di Notaresco
  • 2.15. I campi di concentramento di Tortoreto Stazione (Alba Adriatica) e Tortoreto Alto
  • 2.16. Gli zingari internati nel campo di concentramento di Tossicia

III. La gestione e la vita nei campi di concentramento

  • 3.1. Direzione e vigilanza dei campi di concentramento
  • 3.2. L’alimentazione
  • 3.3. Sussidi e assistenza
  • 3.4. Condizioni igieniche e sanitarie
  • 3.5. Corrispondenze Postali
  • 3.6. Lavoro e tempo libero
  • 3.7. Sovraffollamento e spostamenti

IV. L’occupazione tedesca 

  • 4.1. Gli internati e i campi di concentramento durante i quarantacinque giorni
  • 4.2. I campi di concentramento dopo l’8 settembre
  • 4.3. La persecuzione degli ebrei e le "anticamere dello sterminio"
  • 4.4. L’occupazione tedesca, gli internati e i campi di concentramento abruzzesi
  • 4.5. Il Konzentrationlager di Teramo
  • 4.6. Il contributo alla resistenza degli internati
  • 4.7. Dalla deportazione alla liberazione

Appendice

Bibliografia (non fornita dall'Autore)

 

Introduzione: nell’introduzione si chiarisce il significato dell’internamento e dei campi di concentramento fascisti e gli obiettivi che la tesi vuole raggiungere.

Capitolo I: il primo capitolo è una ricostruzione storico-giuridica dell’internamento. Nel primo paragrafo si analizza la fase organizzativa, prima dell’entrata in guerra dell’Italia, riportando le principali normative che disciplinarono l’apertura dei campi di concentramento. Nel secondo paragrafo si prende in considerazione le due forme di internamento attuate dal regime fascista e di come vennero applicate in Abruzzo.

Capitolo II: nel primo paragrafo viene riportata una cartina dei campi di concentramento in Abruzzo e per ogni campo la prassi seguita per la sua istituzione e le opere realizzate per renderlo operativo.

Il secondo paragrafo è costituito prevalentemente dagli elenchi degli internati nei singoli campi abruzzesi distinti per nazionalità, sesso, data dell’internamento e dove è riportato il motivo dell’internamento.

Capitolo III: in questo capitolo si riportano le varie condizioni di vita degli internati nei campi abruzzesi e come erano gestiti.

Il primo paragrafo oltre a riportare un elenco dei vari direttori dei campi definisce anche le loro competenze, lo stipendio che ricevevano, le rimozioni e dove ci sono i verbali delle ispezioni ministeriali e della Croce Rossa Italiana.

Nel secondo paragrafo vengono riportate le condizioni di vita degli internati, gli episodi di carenza alimentare e igienica e le restrizioni alle quali erano sottoposti.

Il terzo paragrafo ricostruisce, oltre ai vari casi di evasione avvenuti nei campi di concentramento abruzzesi, anche i trasferimenti di internati per motivi di sovraffollamento e quelli rimessi in libertà per l’atto di clemenza di Mussolini nell’ottobre del 1942 per il ventennale della marcia su Roma.

Capitolo IV: nel primo paragrafo viene riportata la situazione dei campi abruzzesi, ancora funzionanti, durante l’occupazione tedesca.

Il secondo paragrafo è dedicato all’ultimo campo di concentramento istituito in Abruzzo e alle differenze che lo contraddistinsero rispetto agli altri campi.

Nel terzo paragrafo viene riportato l’elenco degli internati del campo di Teramo con il motivo del loro internamento e la situazione igienico sanitaria del campo.

Nel quarto paragrafo, le ultime disposizioni prese nei confronti degli internati e quando e come avvenne la liberazione dei campi nella primavera del 1944.

Conclusioni

Nell’appendice vengono riportati alcuni documenti che riguardano i campi di concentramento abruzzesi.

La bibliografia oltre a riportare i testi di riferimento conterrà un indice analitico dei vari fondi dell’Archivio Centrale dello Stato sull’internamento.

 "l’internamento degli ebrei

rappresentò la premessa

organizzativa essenziale

per la deportazione del 1944"

LUTZ KLINKHAMMER

16 dicembre 2022

Armando Consalvi (1923 - 1990): il sindaco poeta.


 Armando Consalvi (1923 - 1990)

Armando Consalvi nacque a Casoli il 9 settembre 1923 ma a tre anni si trasferì con la famiglia a Sant'Eusanio, paese della madre, dove frequentò la Scuola Elementare e fu allievo della maestra Paolina D'Aquino, alla quale dedicò in seguito una bella poesia.
A Pietra Ligure (Genova), in un collegio benedettino, frequentò le classi del ginnasio, ma a causa della guerra, dovette interrompere la sua permanenza in quella città e continuò gli studi a Lanciano per diplomarsi all'istituto magistrale nel 1943.
Dopo 2 anni di lavoro in ufficio, iniziò la carriera di maestro girovagando per i più sperduti paesi della provincia di Chieti.
Nel 1963 iniziò il lavoro di segretario presso la direzione didattica del primo circolo di Lanciano al quale rimase fedele fino al pensionamento nel 1985.
Negli anni '60 fu eletto sindaco di Sant'Eusanio e confermato per più legislature, come precedentemente suo padre; in qualità di presidente del "Consorzio degli agricoltori per la costruzione di strade interpoderali e acquedotti rurali", ha avuto il merito di portare la rete di acqua potabile nelle frazioni.
Amato e stimato da tutti, ai suoi amici faceva ascoltare i versi appena scritti, in dialetto e in italiano, per ottenere l'approvazione e saggiarne la comprensione e il gradimento.
La produzione di sonetti, poesie, filastrocche, scherzi, acrostici fu vastissima e solo una parte fu raccolta nel libretto "Lu ciardinette me" che presentò nel febbraio del 1990, due mesi prima di morire a Lanciano il 14 aprile 1990.
Padre di cinque figli e nonno di una dozzina di nipoti, seppe guidare e gestire la sua numerosa famiglia, dando esempio di vita retta ed onesta.
Ottenne premi e numerosi riconoscimenti pubblici per le sue rime, che declamava con mirabile maestria, in vari concorsi e manifestazioni a livello provinciale e regionale.
Nel 2006 esce - postumo - il libro "Versi Inediti".
Alcune sue poesie ebbero anche il merito di essere trasmesse dalla Radio Rai Regione.
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7 dicembre 2021

Angelo Iocco: Peppe Candeloro, il pittore abruzzese che ha inventato l’affresco su… tavola!

Peppe Candeloro e la tecnica dell'affresco su tavola, intervista 2022

Peppe Candeloro, il pittore abruzzese che ha inventato l’affresco su… tavola!
di Angelo Iocco

Solitamente nei manuali di storia dell’arte, compresi i programmi culturali tv, che trattano della tecnica dell’affresco, riportano che esistono due caratteristiche dell’affresco: quello su muro, e quello strappato. Per il legno, ovvero la tavola, conosciamo il tipo di pittura a olio, quella delle icone votive, dei politicci delle chiese, ecc… ma un affresco realizzato interamente su tavola? Chi mai si è cimentato in questa innovativa tecnica sperimentale? Lo ha fatto Giuseppe “Peppe” Candeloro, nato a Casoli (CH) nel 1931, il quale sin da bambino ha avuto la passione per il disegno e poi per la pittura e la scultura. Pittore abruzzese riconosciuto a livello regionale e non solo, amico dei critici Gianluigi Colalucci, Ettore de Conciliis, Umberto Baldini, Pietro Annigoni, locato da Philippe Daverio in un articolo del 1998 in cui si firmò come “Marpanoza”, Giovanni Nativio, Antonino Di Giorgio; Candeloro è stato sempre sensibile al dialogo, anzi a volersi “misurare” coi grandi, come scrisse Colalucci, soprattutto Raffaello e Michelangelo, reinterpretando i suoi messaggi di carità cristiana e di severità circa i concetti fondamentali dei Vangeli e della Parola di Cristo.
Un giorno ci ha raccontato come nel 1994 ha sperimentato, anzi “pazziènne”, come a lui piace sottolineare, questa pittura ad affresco su tavola. Ha dipinto una figura di uomo che qui riproduciamo, dall’aspetto ovviamente michelangiolesco, partendo dal modello noto dell’affresco strappato. Ha usato la tecnica della calce, sabbia-muro con colla abbondante trovando la giusta misura per la malta sulla tavoletta; a seguire il disegno con carta bucherellata, inserendo il colore a terra, non minerale né industriale. Avendo messo nel forno della sua cucina la tavola, l’ha tenuto in cottura il giusto (una mezz’oretta), già temendo che l’esperimento sarebbe riuscito male. Temeva che il colore si sarebbe sciupato, sfaldato…invece il colore s’era ravvivato!
Questa tecnica Peppe Candeloro l’ha sperimentata in diverse altre occasioni da quel lontano 1994, basti pensare alle tele preparate per l’amico Luciano Di Corinto che ha un atelier nel centro storico di Lanciano in Largo dei Gradoni; Di Corinto fu partecipe alle campagne di scavi archeologici per ritrovare tracce della romana Anxanum, tra via Corsea, Piazza Plebiscito, l’area santuario del Miracolo Eucaristico e via del Ghetto a Lancianovecchia. Candeloro lo ritrae mentre Di Corinto è con il dott. Andrea Staffa responsabile degli scavi e un suo collaboratore, mentre ritrovano una moneta romana; in un altro pannello su tavola Candeloro immagina il dott. Staffa e l’architetto lancianese Vittorio Renzetti mentre discutono sulla planimetria dell’antico complesso monastico di San Legonziano sopra San Francesco, dove avvenne il Miracolo Eucaristico.
Altri affreschi su tavola aprono il cosiddetto percorso “Itinerario di Arte Sacra Lancianese”, che comprende cinque chiese lungo l’asse di viale Cappuccini dal centro antico di Lanciano, sino a contrada Marcianese.
La chiesa iniziale del percorso è quella di Santa Chiara, sede dal 1954 dell’Arciconfraternita “Morte e Orazione”, che si occupa da almeno 300 anni di inscenare la Rappresentazione della Settimana Santa, in particolar modo i Sepolcri, la Processione degli Incappucciati del Giovedì Santo e la Processione col Cristo morto e i Trofei di Passione del Venerdì Santo. In una cappella laterale della chiesa, Candeloro ha realizzato due grandi tavole comunicanti l’una di fronte all’altra, la prima a sinistra che ritrae la Processione degli Incappucciati con le candele e il Cireneo scalzo che porta la croce, e l’altra quella del Venerdì con il feretro del Cristo, le Tre Marie, i Trofei, il confratello che con la “raganella” avverte la gente del passaggio della processione. La scena è piena di suggestione, Candeloro non ha tralasciato il minimo dettaglio che caratterizza questa Ricorrenza sacra: gli abiti dei confratelli e consorelle, la minuzia dei dettagli del feretro, le torri campanarie di Lanciano, la banda che intona il Miserere di Masciangelo.
A seguire abbiamo un polittico “spezzato” donato da Candeloro al Museo d’arte dello Splendore a Giulianova, dove è rappresentata la Crocifissione di Cristo sotto diversi aspetti: a sinistra campeggia il Cristo morto in primo piano, a destra tre scene, due Farisei che con fare quasi “da uomini d’onore” come ricorda Candeloro, si rendono complici della cattura e della futura morte di Gesù, scena peraltro ispirata a una sequenza del “Vangelo secondo Matteo” di Pasolini, a seguire il riquadro della scena del deserto con al centro il Cristo crocifisso, e un filo spinato, a ricordare la tragedia dell’Olocausto non solo per il Messia ma per tutti gli Ebrei, infine un primo piano di figura femminile.
Così padre Serafino Colangeli di Giulianova ringraziava Candeloro dei suoi doni: “I Suoi due affreschi su tavola sono molto belli artisticamente, ancor più apprezzabili per la tecnica da Lei inventata che offre la sensazione precisa di un affresco staccato dalla parete”. Forse Candeloro in questa tecnica ha superato sé stesso in un quadro gigante poco noto: “Il sit-in degli Dei”, conservato nel suo studio di Lanciano.
Razzoni in un articolo di “Terra e Gente” del 2013, ricorda come qui Candeloro abbia voluto michelangiolescamente mettere in dialogo due concetti: l’Arte e la Filosofia, come Raffaello quando dipinse la Scuola di Atene, contrapponendo Idee e Metafisica tra Platone e Aristotele. L’affresco del 2010 è una sorta di summa del pensiero di Candeloro, della presenza nella storia umana di Grandi Idee rappresentate dalla filosofia e dalla religione, e qui li vediamo nei filosofi, in Dante Alighieri, nelle divinità classiche, sono inoltre chiamati in causa Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, Owen, Hovard, Le Corbusier, che hanno sognato una città giardino. Gli Dei nella società consumistica di oggi non hanno più spazio, insieme alle Grandi Idee dei filosofi, dei poeti, degli artisti, sicché “per protesta” questi Grandi si allontanano dal mondo umano crudo e marcio, e sono collocati in un Parnaso tutto per loro. Solo ad alcuni uomini sensibili è concesso di entrare…un domani, in dialogo nuovamente con loro.
Non sappiamo se ne vasto panorama dell’Arte qualcun altro si sia voluto cimentare nella tecnica dell’affresco su tavola, ben differente come abbiamo visto dalla classica pittura a olio per i polittici; fatto sta che il percorso di Candeloro che parte da una tavoletta sperimentale, che ancora gelosamente conserva, per arrivare al gigantesco affresco corale degli Dei, dimostra come solo nella mente senza confini e sempre giovane del caro Peppe Candeloro poteva balenare una idea così innovativa, che carezzata, è diventata già storia nel mondo del dipingere.

Ritratto di uomo, 1994, calce e colore su tavola riscaldata al forno



Processione degli Incappucciati del Giovedì Santo, affresco su tavola, Chiesa di Santa Chiara, Lanciano.






Sit-in degli Dei, affresco su tavola, 2010, collezione privata Peppe Candeloro

3 novembre 2020

Il Municipium di Cluviae, presso Casoli.

 


Il Municipium di Cluviae, presso Casoli.

Da: Casoli.info

Casoli - Il Castellum de Prata e le reliquie di Sant' Ilarione. Movimento Eremitico Abruzzese, I monaci di orgine italo-greca di Prata.


Da: Casoli.info

Mosè D'Amico, Brevi notizie intorno la fondazione del Santuario di Santa Riparata V. e M. in Casoli ed il Martirio e Patrocinio di Lei.




Casoli.org - Storia e cultura della città di Casoli.

 


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