Sulle tracce dei
Templari in Abruzzo, tra storia e leggenda.di Angelo Iocco
Anche l'Abruzzo, terra ancora "misteriosa" e idilliaca, ha le sue leggende sul Sacro Graal, su monasteri perduti, castelli diroccati, personaggi oscuri, tutto materiale che ha sapore di leggenda, campato in aria di sana pianta. Invece ciò che poco si conosce è una pubblicazione degli anni '80, che ha cercato di fare vera luce sulla presenza dei Templari in Abruzzo, essendo la documentazione scarseggiante, tanto che gli stessi storici di fiducia abruzzesi, Antonio Antinori e Nunzio Fraglia, hanno scritto ben poco in merito, pur rimettendosi ai documenti da loro citati nelle opere pubblicate. Mi riferisco allo studio A. GILMOUR-BRYSON, "The Trial of the Templars in the Papal State and the Abruzzi", Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1982, che è al momento la raccolta più completa dei processi inerenti l'anno 1310, scritti in un tribunale della Basilica di Santa Maria di Collemaggio in Aquila, contro alcuni cavalieri Templari macchiatisi di sacrilegio e ignominia, come frate Cecco Nicolai Ragonis da Lanciano, e frate Andrea Armanni da Monteodorisio, che nel XIV secolo, all'epoca del processo, era sede di una contea.
Da questi atti del processo, pescati dalla Gilmour-Bryson da un faldone conservato nell'Archivio Segreto Vaticano, si apprende dalla confessione di questi due uomini, i cui capi d'accusa erano stati affissi presso le porte vescovili di Chieti, Sulmona e Penne, come fosse organizzato il sistema di magioni Templari nel Territorio di Abruzzo e Puglia, con un unico Gran Maestro, monasteri e relative grance.
Apprendiamo che
probabilmente, per maggiore vicinanza al mare Adriatico, e ai porti abruzzesi
quali Pescara, Ortona, Buca del Vasto, Punta Penna, i Templari nell'Abruzzo
preferirono, come riportato in un altro documento del 1320 dal Faraglia, essere
insediati nell'Apruzzo Citeriore al fiume Pescara, ossia il territorio di
Chieti, anche per un collegamento più agevole con la Puglia attraverso il
tratturo Magno. Papa Urbano predicò alla fine del Mille nella Cattedrale di
Chieti (1097), e dopo di lui Enrico VI figlio di Federico Barbarossa in San
Giovanni in Venere la Crociata per la Terra Santa, e dalla vicina Aterno oggi
Pescara, molti cavalieri Crociati si imbarcarono per il Santo Sepolcro da
liberare dagli infedeli. Per San Giovanni in Venere abbiamo notizie di
cavalieri crociati imbarcatisi da lì anche grazie al Chronicon di Santo Stefano
in Rivomaris redatto da un tal Berardo; anche se l'unico esemplare di
quest'opera, che proverrebbe dalla distrutta abbazia di Santo Stefano in
tenimento di Casalbordino, fu trascritto nelle Antichità dei Frentani dal noto
abate falsario Pietro Polidori da Fossacesia nel XVIII secolo, e dunque la
fonte va vagliata con tutte le pinze; soprattutto per quanto riguarda il carme
del "Plangite" scritto dal monaco, quando si menziona il disordine e
il numero di saccheggi causati nel Porto di Pennaluce vicino Vasto, per
l'imbarco dei Templari, durante la presenza di Enrico VI negli Abruzzi.
A proposito di Vasto,
lo storico Marchesani, prendendo anche dal suo predecessori Nicolafonso Viti,
ricorda la presenza a Vasto di due chiese dedicate al Santissimo Salvatore, una
dentro le mura di Guastum Aymonis (rione San Pietro), e l'altra nel casale San
Salvatore de Linari, oggi distrutto. Anche nei documenti Vaticani dei
possedimenti Templari in Abruzzo questa proprietà è menzionata, e qualcuno ha
congetturato, leggendo "Sancti Salvatoris de Linari propre Guastum",
ossia "vicino Vasto", che il territorio menzionato doveva essere
l'attuale Casalbordino, ricordando che nei documenti del XIII secolo, questo
feudo iniziò ad essere chiamato con il nome del feudatario, ovvero Roberto Bordinus, e per la presenza di una
parrocchia oggi del XVIII secolo, dedicata al Salvatore. Ma la congettura non
regge. Regge piuttosto la menzione nei documenti della presenza di un monastero
dei Cavalieri di Gerusalemme dedicato a San Giovanni, che era nel rione Guasto
d'Aimone, all'altezza dell'incrocio di Corso Plebiscito con Corso Dante, antica
strada del Bando, dove si trova pressappoco la chiesa del Carmine; monastero
citato in documenti insieme ad altri possedimenti Templari Abruzzesi in una
bolla di Papa Alessandro III nel 1173, che rimase integro sino alla metà del
XIX secolo, quando ridotto a fienile, venne demolito.
|
S.Giovanni, Vasto, coll.F.Marino |
Probabilmente grance
Templari nei dintorni dovevano essere anche presso la scomparsa chiesa di San
Martino con torre fortificata a Pennaluce, poi ad Atessa in località
Castelluccio, come menzionato sempre nei documenti Vaticani, e a Monteodorisio,
patria di frate Andrea, processato e interrogato nel palazzo vescovile di
Chieti. Inoltre altra località, che la leggenda locale vuole di proprietà dei
Templari, è Colle Flocco di Atessa, per la presenza della chiesa di San Nicola;
giudicando l'aspetto novecentesco della chiesa, a meno che non si compiano
scavi archeologici, non è possibile stabilire presenza di questi cavalieri in
situ. Piuttosto interesserebbe l'assonanza, in queste località, tra presenza di
Monaci Templari e Monaci dell'Ordine dei Celestini di Pietro da Morrone, con
l'edificio rappresentativo della Badia di Santa Maria di Collemaggio, per cui
si è scritto tanto anche sulla presenza templare in questo sito; a
Monteodorisio il santuario della Madonna delle Grazie era anticamente un
monastero celestino, e sopravvive ancora oggi il torrione di difesa dei
Celestini nel centro storico, a Vasto i Celestini avevano sede nel monastero di
Santo Spirito presso Torre Del Moro, dove oggi sorge il teatro Rossetti, in
parte ricavato dalle sue rovine; ad Atessa esisteva il monastero dei Celestini
presso il colle della Colonna di San Cristoforo, oggi scomparso; e così anche a
Chieti, i Celestini avevano due possedimenti dentro le mura, Santa Maria della
Civitella presso l'anfiteatro romano, e la chiesa poi passata alle Monache
Clarisse nel XVI secolo, che si trasferirono dalla vecchia chiesa di San
Giovanni, che ospitò invece l'ordine dei Cappuccini, a Porta Sant'Anna.