17 giugno 2025
15 giugno 2025
Enrico Abbate, Guida dell'Abruzzo, CAI Roma, 1903.
9 giugno 2025
Il poeta Giuseppe Di Tullio di Filetto.
di
Angelo Iocco
Giuseppe Di Tullio (4 settembre 1910 – 1 gennaio 1952) è uno di quei poeti abruzzesi che purtroppo sono scarsamente conosciuti, complice probabilmente la breve esistenza, stroncata da una brutta malattia a soli 42 anni. Pochi oggi lo ricordano, e fondamentale resta un saggio di Vittoriano Esposito nel suo Parnasso d’Abruzzo, alla relativa voce. Nativo della piccola Filetto, studiò al Liceo classico di Lanciano, successivamente proseguì gli studi universitari a Firenze, per poi tornare, imbevuto di toscanismo e patriottismo giolittiano, a Pescara, a insegnare. Seguì anche l’abilitazione musicale in violino presso il Conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli. scrisse su diversi giornali abruzzesi, come Il Messaggero, Il Tempo, Momento sera di Chieti, Rivista abruzzese. Oltre ai saggi sulla religione, Di Tullio si occupò anche di Gabriele d’Annunzio, Silvio Spaventa, Tommaso Campanella e umanisti abruzzesi. Nel 1933 pubblicò la silloge di poesie L’Eco delle fonti, e nel 1949 per l’editore Carabba di Lanciano, il poema Giano. Esso è ispirato alla figura mitica del dio della Creazione, e nel cantarlo, Di Tullio si riferisce a un’epoca felice, perduta, quello dei grandi classicisti dell’Ottocento, ma non solo, della letteratura italiana come Dante e Petrarca, celebra una società idilliaca felice, quella italiana, ancora non contaminata dagli orrori della guerra, che dal 1943 avrebbe martoriato l’Italia e la sua piccola patria quieta di Filetto, che ne uscì devastata, insieme alla vicina Orsogna. Il piccolo mondo fatto di cose semplici, rituali bucolici, per dirla alla Virgilio, è spazzato via per sempre dalla corrente della storia. Tra gli ultimi lavori di Di Tullio, figura una poesia in abruzzese, inedita, presentata al Concorso di poesia “Gennaro Finamore” di Lanciano del 1952, i di cui atti rimangono presso il Fondo “Cesare Fagiani” nella Biblioteca comunale di Lanciano.
“L’edificio sorgeva massiccio e quasi oscuro, simile a una vecchia roccaforte feudale. A quell’edificio mancavano i merli e il ballatoio per essere scambiato per una fortezza, ma bastava il campanile che sorgeva da un lato per dire subito che si trattava di una Chiesa. l’intera mole si ergeva superba sulla Rupe di San Rufino, dominando incontrastabilmente le case circostanti.
Ciò
che addolciva quell’aspetto severo, che lo rendeva umano e familiare, era la
presenza di colombi. Tutte le mura erano bucherellate di piccoli nidi, ed in ogni momento della giornata i mansueti
aligeri tubavano e volavano. A primavera poi la Chiesa sembrava rivestita a
festa, perché da ogni parte era fiorente di viole romane: coloriture
giallognole e rossastre, come lembi d’oro e di porpora, apparivano sul viso
rugginoso delle mura vetuste. Tutta la Chiesa era costituita da due parti,
l’una sovrapposta all’altra: nella prima, quella superiore, si officiava giornalmente,
nella seconda, quella inferiore, si adunava la Congrega del S. Rosario o il
Sodalizio della bella Sant’Agnese, ma si può dire che l’unica grande
celebrazione ivi avvenisse nei giorni della Passione.
Se
però nella parte superiore della Chiesa era dato cogliere qualche raro gioiello
umanistico, nella parte inferiore si poteva ammirare una tela riferibile alla
seconda metà del ‘500. Infatti nella parete di fondo della cripta, si vedeva
raffigurata la Madonna del Rosario: lavoro di un tardo seguace di Raffaello,
forse Luca Fornaci, che in quel tempo dipingeva a Chieti”[1]
2 giugno 2025
IL CANTO POPOLARE ABRUZZESE NELLE TRADIZIONI DI IERI E DI OGGI – Capitolo VI: I Canti popolari di Sant’Antonio abate (Lu Sant’Antonie) in Abruzzo.
Vita di S. Antonio abate in breve
S. Antonio Abate (Qumans, 12 gennaio 251 – Deserto della Tebaide, 17 gennaio 356) è stato un abate ed eremita egiziano. Contemporaneo di Paolo di Tebe, è considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati; a lui si deve la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci che sotto la guida di un padre spirituale, abbà, si consacrarono al servizio di Dio. La sua vita è stata tramandata dal suo discepolo Atanasio di Alessandria. È uno dei quattro Padri della Chiesa d'Oriente che portano il titolo di "Grande" insieme allo stesso Atanasio, a Basilio e a Fozio di Costantinopoli. È ricordato nel Calendario dei santi della Chiesa cattolica e da quello luterano il 17 gennaio, ma la Chiesa ortodossa copta lo festeggia il 31 gennaio che corrisponde, nel suo calendario, al 22 del mese di Tobi. Antonio nacque a Coma (l'odierna Qumans) il 12 gennaio del 251, figlio di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent'anni, con un patrimonio da amministrare e una sorella minore cui badare, sentì ben presto di dover seguire l'esortazione evangelica: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri".
26 maggio 2025
21 maggio 2025
Il culto dei Santi Patroni in Abruzzo.
Si può parlare di identità regionale dell’Abruzzo solo a partire dal sec. XVIII; precedentemente si preferisce parlare di una “identità sfuggente” 1, dovuta alla sua conformazione policentrica, in cui ogni città ha difeso il suo peso politico, la sua presenza sul territorio. Ancora oggi c’è un forte campanilismo tra comuni e anche tra subregioni.
La storia ecclesiastica abruzzese ci documenta che lo spazio cittadino è profondamente segnato dalla presenza dell‘elemento religioso che si ritrova non solo nella agiografia e toponomastica, ma anche del paesaggio stesso costellato di chiese, monasteri, abbazie dal passato più o meno potente, e anche da piccoli luoghi di culto rupestri, cappelle tratturali, edicole votive. Più di tutti il Santo Patrono ha costituito il nucleo aggregante della identità municipale, segnando profondamente la cultura antropologica dei luoghi. Il culto per il santo patrono cittadino è l’espressione più antica e persistente del rapporto fra il santo e il luogo in cui ha versato il suo sangue e di cui spesso è stato anche vescovo, o che ha onorato con la sua vita esemplare e ha protetto dai pericoli spirituali e materiali.
Volume III – Papi , Vescovi e Patriarchi
Volume IV – Abati monaci, eremiti, eremitani, pellegrini e santi ausiliatori
Volume V – I taumaturghi. Due predicatori dell’osservanza. Tre santi della controriforma
Scrive I. Silone nella presentazione dell’Abruzzo sul Tourin Club 1948 (tutto il testo):
Nel quadro severo delle sue montagne e nelle difficili condizioni di esistenza da esse determinate, il profilo spirituale dell’Abruzzo è stato modellato dal cristianesimo: l’Abruzzo è stato, attraverso i secoli, prevalentemente una creazione di santi e di lavoratori.
Dopo averne capito le montagne, che sono il corpo, per scoprire l’interna struttura morale dell’Abruzzo bisogna dunque conoscerne i santi e la povera gente.
Si può infatti dire che manchino nella storia locale glorie civili e militari paragonabili a quelle della maggior parte delle altre regioni d’Italia; mentre, durante tutto il medioevo, che fu l’epoca di formazione dell’Abruzzo, e fino al secolo scorso, le anime elette non vi trovarono altro scampo e non vi conobbero altre forme di sublimazione e di genialità all’infuori di quelle religiose. E questo si rivela, a prima vista, anche al forestiero più distratto, per l’assoluta inferiorità costruttiva dell’architettura civile rispetto a quella religiosa: non sono infatti pochi i luoghi d’Abruzzo, tanto urbani che rurali dove, a chiunque abbia gusto ed interesse per le creazioni dell’arte, dopo aver visitato le chiese e i conventi, resta poco o nulla da vedere.
L’Abruzzo è pertanto fra le regioni più cristiane d’Italia. Questa regione che in tutta la sua storia, per i suoi duri valichi ed il carattere chiuso, aspro e diffidente dei suoi abitanti, è sempre stata di difficile accesso alle nuove credenze, fu invece tra le prime ad aprirsi al cristianesimo; erano ancora i tempi apostolici e il territorio si chiamava tuttavia provincia Valeria, quando vi arrivò e fu accolto il Vangelo. La nuova religione vi fu professata subito da uomini che l’accolsero in tutto il suo rigore, alieni dalle facilitazioni costantiniane, secondo attesta la memoria di un monachesimo autoctono, diverso da quello farfense e vulturnense e anteriore a San Benedetto.
In Italia tradizionalmente è consuetudine festeggiare il santo che ha il ruolo di patrono in una comunità. Nella città patrocinata, la giornata dedicata al santo è celebrata come un giorno festivo (il suo fondamento è nei contratti collettivi ). Il festeggiamento tradizionale prevede alcune cerimonie pubbliche, processioni, fuochi d’artificio e momenti conviviali. Il giorno festivo varia da comune a comune, a volte anche per uno stesso santo. Diversi comuni hanno fissato una doppia data; altri non hanno fissato una precisa data ricorrente ma una giornata relativa (per esempio ultima domenica di luglio, ecc.). In Abruzzo questa tradizione è ancora molto sentita e la festa del santo patrono continua ad essere la festa delle feste; è diventata molto più laica ma sempre identificante ed aggregante per le comunità, in modo particolare per i paesi soggetti nel tempo a forte emigrazione.
Il culto del Santo Patrono è comunque collegato alla storia delle diocesi abruzzesi, di cui si parla in un altro articolo.
Elenco cronologico culto dei Santi Patroni in Abruzzo
Ecco in ordine cronologico e raggruppati per mesi i Santi Patroni dei comuni abruzzesi. Per curiosità diciamo che i Santi titolari del patronato sono 173 (tra i più frequenti: la Madre di Dio 24, San Nicola di Myra 18, San Rocco 15, San Giovanni Battista 11). Per le feste che hanno come riferimento a Pasqua o in Albis occorre tenere in considerazione la data annuale della Pasqua.
Gennaio
- Rocca di Mezzo (Aq) San Leucio – 11 gennaio e ULTIMA DOMENICA DI LUGLIO
- Anversa degli Abruzzi (Aq) San Marcello – 16 gennaio
- Bolognano (Pe) Sant’Antonio abate – 17 gennaio
- Fara Filiorum Petri (Ch) Sant’Antonio abate – 17 gennaio
- Massa d’Albe (Aq) San Sebastiano – 20 gennaio
- Navelli (Aq) San Sebastiano – 20 gennaio
- Ovindoli (Aq) San Sebastiano – 20 gennaio
- Lama dei Peligni (Ch) San Sebastiano – 20 gennaio
- Quadri (Ch) San Sebastiano – 20 gennaio
- Corropoli (Te) Sant’Agnese – 21 gennaio
- Pineto (Te) Sant’Agnese – 21 gennaio
- San Vincenzo Valle Roveto (Aq) San Vincenzo diacono – 22 gennaio
- Pescasseroli (Aq) Conversione di San Paolo – 25 gennaio
- Torricella Sicura (Te) Conversione di San Paolo – 29 gennaio
15 maggio 2025
10 maggio 2025
Cantata per le nozze di loro altezze reali Francesco Borbone principe ereditario delle Sicilie, e Maria Clementina arciduchessa d'Austria nel mese di giugno del 1797. Composta in tedesco da G. J. Gerning, messa in musica da F. Fraenzl, e tradotta in versi italiani dal canonico del Vasto Domenico Romanelli, 1797.
8 maggio 2025
Gonfalone della città dell'Aquila, 1579.
Gonfalone della città dell'Aquila, 1579
Dipinto su seta, 442×315 cm
Museo nazionale d'Abruzzo, L'Aquila
5 maggio 2025
Gennaro Spadaccini, La cumbuagnìa pì Bère (Pellegrinaggio a San Nicola di Bari).
La cumbuagnìa pì Bère (Pellegrinaggio a Bari).
di Gennaro Spadaccini
Giuvunò …addò vànne tutte 'sti pirzàne?
Jè la cumbagniè che và a Sànda Nicole di Bère
E piccà ci vànne? pì divuziàne o pì lù purdàne?
Ammà li dèice? Addùmmannele a chi ti père…
Ma dèmme ... gnà ci vànne? Appète o ‘ngarròzze?
Mèzz’appète e mèzze pure a cavàlle si càle li forze.
E chi jè chi la fàmmene che strèlle e mò' si dànne?
Chillì jè ‘zà Micchilèine...la cummuannànde.
E cànda si pèghe? Haja parlè 'nghì àsse?
Ohhh...cànda ni vù sapà...jè ni li sàcce!
Muà..a la Mète sta Niculine nostre pì' dìce li màsse
e vàcce a capè piccà s'abbèine 'nghi màzze e visàcce.
Fòrze pi si cumbussè jè meje 'nu Suànde frastìre:
'ndì canàsce, 'ndì sènde, e ti po' smizzè la puniziàne;
ma Nuculuène sènde bène, vàde e ti tòje la misìre
e avòje accundè ca jè lu duiàvele addùrre 'ndendàziàne.
Traduzione
Giovanotto, dove vanno tutte queste persone?
E' la compagnia che va a San Nicola di Bari.
E perché ci vanno? Per devozione o per il perdono?
E lo chiedi a me? Domandalo a chi ti pare qui..
E come ci vanno? A piedi o in carrozza?
Un po' a piedi e un po' a cavallo se si stancano...
E chi è quella donna che strilla e sembra si danni?
Quella è zia Michelina, l'organizzatrice.
E quanto si paga? Devo parlar con lei?
Ohhh....quanto vuoi sapere...io non lo so!
Muà...alla Meta c'è il nostro Nicolino per dire messa
e vai a capire perché s'avviano con bastoni e bisacce.
Forse per confessarsi è meglio un Santo forestiero:
lui non ti conosce, non ti sente, e così può dimezzare la penitenza,
ma Nicolino nostro sente bene, vede e ti sa prendere le misure,
e hai voglia a dire che è il diavolo a indurre in tentazione.
da Francesco Paolo Spadaccini FB
29 aprile 2025
P. Domenico Maria D'Amico da S.Eufemia O.F.M. – Nel 50° anniversario del transito (1943-1993) – Il Santo costruttore di chiese.
P.
DOMENICO MARIA D’AMICO DA S. EUFEMIA O.F.M. – NEL 50° ANNIVERSARIO DEL TRANSITO
(1943-1993) – IL SANTO COSTRUTTORE DI CHIESE
di
Angelo Iocco
Nella
Biblioteca del Convento dell’Osservanza della Santissima Annunziata del Poggio
a Orsogna, si conserva un dattiloscritto inedito dal titolo Storia del Convento della Ssma Annunziata di
Orsogna, a firma di Vincenzo Simeoni. Fratello maggiore del sindaco Tommaso
Simeoni (1904-1994) che ricostruì Orsogna, Vincenzo si occupò da subito di
studi classici e religiosi, e condivise il Collegio col celebre storico P.
Aniceto Chiappini di Lucoli, come riporta in questi appunti, e si adoperò per
la pubblicazione di diversi articoli su riviste romane e umbre sui francescani
abruzzesi e le figure di spicco di Orsogna. Memorabile il suo intervento sulla
festa dei Talami a Orsogna, letto al VII Convegno Internazionale delle Tradizioni
popolari tenutosi a Chieti nel 1957 per volere del prof. Ernesto Giammarco e
Francesco Verlengia.
In
questo capitolo, leggiamo la storia del francescano Padre Domenico Maria
D’Amico da Sant’Eufemia a Maiella (1886-1943), dell’Ordine Osservante, che si
adoperò con pochissimi mezzi e con tanta Fede, per la ricostruzione di diverse
chiese abruzzesi in abbandono, e la fondazione di nuovi Conventi
dell’Osservanza nel chietino e nel pescarese. Molte notizie sono tratte dal
Simeoni, dal volume di P. Donatangelo Lupinetti: P. DOMENICO MARIA D’AMICO IL
FRATE MATTONARO, Pescara 1993.
Ecco
il testo del dattiloscritto inedito:
Questa attraente Figura d’Apostolo francescano, nacque il 25 agosto 1864 da Ercole D’Amico e Filomena Tonto a S. Eufemia a Maiella, dove crebbe come un Giglio profumato. Circondato dall’affetto dei genitori, del fratello Giocondino e dalla sorella Maria Giustina, passò la sua innocente fanciullezza e casta gioventù nell’aiutare suo padre sacrestano. A 12 anni ebbe il primo incontro con Gesù, che con il lavorio della sua grazia man mano lo preparò alla sua futura missione. Gli fu di valido aiuto il buon Arciprete d. Gioacchino Cerretani il quale, conoscendone la bontà, la vivida intelligenza e le disposizioni, prese a coltivarne la mente e il cuore, quasi presago del suo avvenire. Domenico si prestava a quel provvidenziale insegnamento anche quando l’Arciprete fu trasferito a Villa Reale[1], facendo chilometri a piedi, e spesso vi rimaneva per apprendere lezioni di Religione, cultura generale e latino. E per non essere in aggravio al suo benefattore, la sera studiava alla fioca luce del Sacramento, davanti al quale poi profondeva dolci colloqui d’amore.
In
quella favorevole atmosfera, nacque in lui la vocazione sacerdotale, nonostante
i continui richiami del mondo fallace e ingannatore e la propaganda
anticlericale che allora si propagava nella nostra Penisola. Il suo sogno
andava man mano maturando nel suo animo tra quei monti suggestivi, risonanti
del murmure delle acque e degli alberi secolari, anzi fu forse quell’ambiente
mistico che gli suggerì di chiudersi in un Convento per meglio servire il
Signore nel silenzio del chiostro. Nell’anno 1866 i Conventi erano stati chiusi
per legge, e i poveri Religiosi dispersi come fuscelli al vento, non sapendo quindi
come realizzare il sogno tanto caro, egli si raccomandò alla sua cara Madonna
la quale venne preso in suo aiuto.
Fortunatamente
il 13 luglio 1885 si riaprì il Ritiro di Orsogna ed allora il giovane decise di
lasciare il suo paese per seguire la voce di Dio. non l’attrasse il vicino
Convento di Tocco Casauria, posto come sentinella avanzata del francescanesimo
allo sbocco della valle che divide l’imponente Maiella dal Morrone, santificato
da S. Pietro Celestino e dai suoi Monaci.
Eppure, un mistico come lui avrebbe dovuto preferire quel baluardo
serafico che dalle falde del Morrone domina un vasto orizzonte che si estende
dalla sottostante Gola di Popoli sino all’azzurro Adriatico, e oltre il superbo
Gran Sasso, ai cui piedi il 27 febbraio 1862 era morto Gabriele
dell’Addolorata, il Santo del sorriso “Stella dell’eternità senza fine”.
Fondato nel 1470 dal Comune di Tocco in onore di S. Francesco e di S. Giovanni da Capestrano che si era spento il 23 ottobre 1456 a Ilok dopo la sua splendida vittoria di Belgrado sui Musulmani, vantava un glorioso passato ed era la Sede capitolare dei Francescani d’Abruzzo. Chiuso nel 1811, ma riaperto il 13 marzo 1816, era rimasto a svolgere fortunatamente la sua piena attività anche dopo il 1866, nonostante avesse subìto la dispersione della ricca biblioteca. Certamente l’aveva salvato il potente mistico nome di S. Maria del Paradiso! Potenza della Madre di Dio!
A
21 anni, il giovane Domenico lasciò i suoi cari monti, testimoni della sua
ascesi mistica, per dirigersi verso il lontano Ritiro di Orsogna fondato nel
1448 da S. Giovanni da Capestrano. Era stato chiuso improvvisamente dal Delegato
di pubblica sicurezza il 14 gennaio 1864, l’anno di nascita di Domenico, ma
riaperto il 13 luglio di quel fatidico anno 1885, che segnava l’inizio di una
nuova vita per il Missionario. Che meravigliosa coincidenza! In quell’arco di
tempo egli aveva maturato il suo bellissimo sogno che doveva rivelarsi radiosa
realtà. Superando i meravigliosi Monti della Maiella, giunse a Caramanico per
rifocillarsi di un boccone. Quel giorno era venerdì, ed egli senza rispetto
umano, chiese al locandiere cibo di magro, tra le beffe di alcuni giovinastri
che vomitarono ingiurie contro il Papa e tutto ciò che vi era di veramente
bello e sacro.