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15 novembre 2024

Matteo Liberatore, Le campane di S.Maria Maggiore in Vasto.


Buonasera a tutti.
Dedico a tutti i vastesi questo video / documentario che vede come protagonista il magnifico concerto di campane della Chiesa di Santa Maria Maggiore presso il Comune di Vasto (CH).
Il campanone è il più grande della città e risale al 1833. La campana più antica invece è la seconda per grandezza, che risale invece al 1747.
Nel video osserviamo la grandiosa suonata a Plenum Solenne che viene suonata solo per le occasioni più importanti dell'anno, registrata direttamente dalla cella campanaria per mostrare il moto delle campane da questa prospettiva esclusiva.
Ringrazio infinitamente il Parroco Don Domenico Spagnoli per avermi concesso di realizzare questo documentario molto importante.
Buona visione!

Matteo Liberatore
da: Aprutium Bells - Campane d'Abruzzo

1 novembre 2024

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

 

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

di Angelo Iocco

Nacque a Miglianico nel 1893, lo stesso anno del famoso compositore abruzzese Guido Albanese a Ortona. Apprese i rudimenti della musica con la banda locale, poi continuò gli studi, insegnando infine musica privatamente. Si sposò nel 1922; apprezzato musicista si trasferì a Chieti, dove nel 1930 fu chiamato a dirigere l’orchestra al Teatro Marrucino di Chieti per un Galà fascista, dove si erano riunite le delegazioni degli Squadristi provinciali. Pubblicò in questi anni a Ortona, per la tip. Bonanni, delle raccolte di studio per musica. Dopo la guerra continuò a fornire le lezioni di musica, e pubblicò: Il canto nella scuola : 15 composizioni didattiche per le scuole elementari e ad uso degli Istituti magistrali, scuole di tirocinio, scuole di avviamento. Con aggiunta di 3 quadri sinottici tonali per esercizi teorico-pratici. Parte I Firenze : Tip. G. E P. Mignani, [1947]. Collaboratore della Rivista Abruzzese a Chieti, che poi si trasferirà a Lanciano, il Ciampella pubblicò due scritti di musica abruzzese: La personalita e l'arte di F. Paolo Tosti, e Venerdi Santo e il Miserere di F. S. Selecchi . Quest’ultimo uno dei primi studi moderni critici, che si svincolava dalle estetiche esagerazioni degli scrittori di Chieti, come Francesco Vicoli, e riportava un’analisi musicale del celebre Miserere. Partecipe alle Maggiolate di Ortona, risorte dalle devastazioni belliche, nel 1947 si presentò con la canzone Amore me’, amore me!, forse la più famosa della sua produzione, tanto da essere adottata dal Coro folk “Antonio Di Jorio” di Atri, incisa nel cd “Venticelle d’Abruzze” a cura del M° Concezio Leonzi. E’ una canzone che è simbolica nel periodo in cui fu scritta, un periodo di un Abruzzo in macerie, la piccola Miglianico era in macerie, così come Ortona e Francavilla, ricordate nel programma finale dalla canzone dell’Albanese: Ci manche all’Adriatiche na perle, presentata nella Maggiolata del ’47. Il canto di Ciampella invece invoca l’amore, la felicità, la gioia di continuare a vivere, quasi volesse esorcizzare lo spettro della devastazione ancora tangibile.


Per Miglianico, Ciampella scrisse anche un suggestivo Miserere, ancora oggi eseguito, sui versi dei Salmo 50; una composizione per banda che per tonalità ascendente, in certi punti ha delle affinità con il Miserere del Selecchy di Chieti, ma ovviamente il colto Ciampella lo reinterpreta e ne fa un pezzo originale. Acute le voci al v. “secundum magnam misercordiam tuam”, per poi ridiscendere in tonalità, nella conclusiva “Miserere, miserere mei Deus!”.

A Miglianico si eseguono da parte della Confraternita S. Pantaleone le musiche del Miserere di Ciampella, dal Salmo 50, che comprende le strofe del “Misere mei Deus – Et secundum multitudinem miserationem tuarum – Amplius lava me”; mentre del Maestro di Banda Ettore Paolini, storica figura miglianichese, la Marcia funebre. Il testo è tratto dalle Sette ultime parole (Le tre ore di Agonia di Nostro Signore) di Saverio Mercadante, mov. 1: Già trafitto, andante mosso. È uno spettacolo ancora oggi, ascoltare queste due musiche nella chiesa madre di Miglianico suonate dalla Corale, e poi partecipare al commovente corteo della processione del Cristo morto per le strade del paese, seguendo il Feretro e la Banda.


Ecco le canzoni presentate dal Ciampella alle Maggiolate di Ortona

Amore me, amore me! (1947)

La fije e lu core di tatà (1948)

Villanelle annamurate (1950)

Mare e sonne (1952)

 

23 ottobre 2024

Cesare Tudino, compositore di Atri del sec. XVI.


CESARE TUDINO

Citta: Atri (TE), Roma
Data nascita: 1530?
Data morte: 1591-92

Nulla sappiamo della sua data di nascita né di quella di morte, ma i dati in nostro possesso ci fanno ritenere che sia nato in Atri (dove é testimoniato che vi fossero diversi parenti) intorno agli anni '30 del Cinquecento ed ivi morto dopo il 1590 , anno di pubblicazione, a Venezia, della sua ultima raccolta di musiche.
Da un'annotazione di pagamento redatta in un libro di conti conservato nell'Archivio Capitolare di Atri, la sua morte sembrerebbe da far risalire al periodo compreso tra gli ultimi mesi del 1591 e i primi del 1592.
Per quanto riguarda la sua formazione musicale si ritiene che sia avvenuta nella sua stessa cittá, nella scuola musicale della Cattedrale, istituita nella prima metá del '500 da Julio Quintio Fileon. Non si esclude peró che sia stato puer cantor in San Giovanni in Laterano in Roma, nelle cui carte d'archivio risulta appunto in tale veste, nel 1543, un tal Cesare soprano. L'ipotesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che in seguito, negli anni 1558-59, il Tudino prestó sicuramente la sua opera di organista nella Basilica romana.
Fu canonico nella Cattedrale di Atri dove operó per alterni periodi come musicista dal 1552 al 1588. Fu forse musico alle dipendenze del marchese Giovan Iacopo Trivulzi di Vigevano, al quale dedicó Li madrigali a Note Bianche et Negre cromatiche et Napolitane a 4, Venezia, Scotto, 1554, e presso la corte atriana degli Acquaviva d'Aragona, dedicando al duca Giovan Girolamo Il primo libro delli soi madrigali a 5 voci, stampato a Roma il 9 gennaio 1564, e al di lui figlio, duca Alberto, il primo libro delle Missae Quinque Vocum, stampato da Vincenti a Venezia nel 1589. Oltre a tali opere, di lui ci rimangono ( sparsi in biblioteche ed archivi di tutta Europa ed America): Mottettorum quinque vocibus Liber primus, Venezia, Vincenti, 1588 (dedicati al cardinale Ottavio Acquaviva, fratello del duca d'Atri Alberto); Magnificat omnitonum a 4 e a 8 voci, Venezia, Vincenti, 1590 (dedicati al vescovo di Atri e Penne, Giovan Battista De Benedictis).
Molte sue canzoni "alla napolitana" sono comprese in antologie dell'epoca. Inoltre, presso la Staats-und Stadtbibliothek di Augsburg, sono conservate alcune sue opere manoscritte. Ne testimoniano la fortuna presso i suoi contemporanei la grande importanza delle cariche avute, la presenza di sue composizioni in raccolte altrui (a mo' di garanzia di qualitá), il prestigio dei tipografi che ne stamparono le opere, nonché, fatto forse unico nella storia musicale rinascimentale, una lapide marmorea conservata nel Museo Capitolare di Atri, che riproduce un canone a quattro voci del musicista, dedicato a S. Cecilia (1577).

Marco Della Sciucca






18 ottobre 2024

Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500.

 Luca Fornaci, Resurrezione di Cristo, Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, Ortona.

Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500

di Angelo Iocco

Un recente studio del Prof. Marco Vaccaro dell’Università di Chieti, apparso in Chieti – Scritti di Storia e di Arte dal Medioevo all’Ottocento, Chieti, Assoc. Sacro e Profano, 2021, fornisce più lumi su questo pittore, di cui si erano occupati in maniera sparuta Cesare de Laurentiis, Vincenzo Balzano e Francesco Verlengia, senza fornire particolari note critiche sulla sua carriera. Grazie anche alla pubblicazione di atti notarili dall’Archivio di Stato di Chieti a cura di Van Verrocchio in Theate Regia Metropolis, è possibile ricostruire in parte la carriera del pittore. Nacque a Chieti e visse e operò nella seconda metà del ‘500, e agli inizi del ‘600. Visse in un periodo di fervore culturale a Chieti e in Abruzzo, dove pittori della Maniera del Vasari, si cimentavano nella realizzazione di tele e affreschi per parrocchie e conventi. Rimanendo in ambito chietino, furono attivi artisti del calibro di Leonzio Compassino da Penne, Giovan Battistista Ragazzini da Ravenna con suo fratello Francesco (sue opere si trovano a Castelli, Penne e qualche paese dell’area vestina), Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri.

Luca Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora in San Domenico di Chieti, foto Oscar D’Angelo.


Di Fornaci si conosce che fu attivo tra il 1585 e il 1592 con le sue opere principali a Chieti e nei dintorni. Nella Città di Achille, egli dipinse una tela ritraente il Trionfo dell’Ordine Francescano, proveniente dall’ex convento di Sant’Andrea degli Zoccolanti, oggi ex ospedale militare alla villa comunale e conservato, stando a quanto scrivono Vincenzo Zecca e Cesare de Laurentiis, dapprima nella Pinacoteca civica del palazzo comunale, e di recente nell’oratorio della chiesa di San Domenico al Corso, insieme ad altre opere d’arte sacra di Chieti e provincia. La grande tela mostra diverse parti danneggiate, con caduta di colore, al centro vi è l’Albero dell’Ordine di San Francesco, in basso a sinistra il Cristo benedicente, a destra Sant’Andrea, al centro San Francesco, dal cui corpo si erge l’Albero, sul primo ramo vi sono i Santi Francescani: San Bonaventura, Sant’Antonio di Padova, San Bernardino, San Giovanni di Capestrano; sul secondo ramo vi sono le Sante Clarisse: Santa Chiara, Santa Rita e altre; al terzo San Ludovico di Francia, Santa Elisabetta d’Ungheria patroni del Terzo Ordine. Nel cielo, attorniati dagli Angeli in gloria, vi sono Dio Padre, la Colomba dello Spirito Santo, e Cristo che indica l’Albero. Vi sono notevoli affinità con un’altra tela dell’Ordine Francescano presente nel convento di Sant’Antonio di Padova di Lanciano, nella Cappella del Santo, risalente al XVI secolo, ma restaurata, pare, di recente da padre Giovanni Lerario che dipinse le parti cadute. L’iscrizione dedicatoria recita: OPERA FATTA FARE DA GIOVAN MARINO TOMASO E GIOVAN IACOVO COLA FERRO.

Luca Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora in San Domenico di Chieti (particolare)

Albero Francescano, chiesa di Sant’Antonio di Padova, Lanciano (XVI-XVII sec.)


Altre  opere realizzate dal Fornaci sono nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Ortona: Cristo risorto tra gli Apostoli, alla sinistra della scena il Salvatore appare in Maestà, nell’atto di benedire, alla destra gli Apostoli confusi, e in alto la scena della Casa di Pietro, realizzata come un sontuoso tempio, in alto al centro gli Angeli sopra una nuvola assistono meravigliati al prodigio. La firma di Fornaci si trova presso un cartiglio retto da un  Apostolo.

Archi (CH), Madonna del Rosario e Misteri, chiesa di Santa Maria dell’Olmo 



Filetto (CH), Luca Fornaci, Madonna del Rosario, chiesa di Santa Maria ad Nives (XVI sec.)

Presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives di Filetto si trova sulla destra una tela della Madonna del Rosario: la Vergine col Bambino è al centro, e nei riquadri della cornice sono raffigurati i Misteri del Santo Rosario. La Madonna porge un Rosario con la destra a San Domenico e ai seguaci, mentre il Bambino sulla mano sinistra della Vergine, si sporge a dare la benedizione a Santa Rosa da Lima e suore seguaci, mentre due donne, probabilmente le committenti dell’opera, appaiono a mezzo busto in basso a destra, nell’atto di adorare la scena. la stanza dove la Madonna siede in trono è abbellita da tende, e da un pavimento a lacunari disposti in ordine simmetrico, con figure geometriche di cerchi e rombi; schiere di devoti si trovano disposte dietro San Domenico e Santa Rosa, compreso Papa Pio V, vittorioso nella battaglia di Lepanto. Il quadro si trovava nella chiesa di Santa Maria di Filetto, nella parte antica del paese, andata distrutta nella seconda guerra mondiale. L’opera è di fattura mediocre, ma denuncia uno stile di rappresentazione abbastanza convenzionale nell’Abruzzo della fine del XVI secolo della Madonna del Rosario, culto diffusosi dopo il 1571; notevoli affinità si riscontrano in un quadro di autore seguace di Pompeo Cesura, conservato nella cappella del Rosario della chiesa parrocchiale di Santa Maria dell’Olmo in Archi in val di Sangro. La resa è decisamente migliore: la Vergine col Bambino è seduta, avvolta in un mantello a fogliame dorato, simile alle tele presenti nella chiesa di Costantinopoli in Ortona, e la schiera dei santi domenicani e dei dignitari papali è più movimentata, ed alcuni volti, come quello di Santa Rita, sembra denunciare tratti addirittura giorgioneschi, mentre la scena del Mistero dell’Incontro tra Maria ed Elisabetta denuncia echi della celebre tela di Raffaello realizzata per i Bedeschini nella chiesa di San Silvestro di Aquila.

Orsogna, convento francescano dell’Annunziata del Poggio

Nel convento del Ritiro dell’Annunziata di Orsogna si conserva una tela della Crocifissione: come da tradizione iconografica, il Cristo è al centro, due angeli accorrono ai lati delle braccia, per raccogliere in calici il sangue che sgorga dalle ferite delle mani, la Maddalena abbraccia il legno piangente; il Fornaci probabilmente per ragioni di committenza, non inserì gli Apostoli, ma San Francesco e altri francescani attorno la Croce, in atto di dolore, mentre sulla destra si staglia in posa solenne e mesta, la Madonna, con in basso il Serpente del Peccato originale. Opera più originale della tela di Filetto, che risente degli echi del dipinto di Ortona.

9 ottobre 2024

Peppe Millanta, La Macchina del Tempo. Alla scoperta delle grandi avventure d'Abruzzo.






Peppe Millanta, Macchemito. Miti, leggende e storie d'Abruzzo.



Viaggio alla scoperta dell'Abruzzo fantastico. Miti, leggende e storie d'Abruzzo, che hanno popolato l'immaginario della regione C’è stato un tempo in cui l’essere umano, per dare un senso al proprio esistere e al proprio esistente, ha compiuto un gesto assolutamente rivoluzionario: raccontare storie. Lo ha fatto per difendersi dal caos che lo circondava, e che rischiava di risucchiarlo in un’assenza totale di senso. Grazie al quel gesto l’uomo ha iniziato a spiegarsi tutto il bello e tutto il brutto del creato: cose come l’origine dell’Universo, le stelle, la vita, la morte, le stagioni, l’amore, a poco a poco trovavano una loro motivazione. E così, storia dopo storia, l’essere umano ha strappato spicchi di esistente a quel caos primordiale, donandogli prima un senso, poi un significato, e quindi un valore. E nonostante siano passati millenni da quel primo gesto, e la scienza ci abbia svelato molti dei segreti dell’esistente, le domande fondamentali rimangono le stesse di allora, e noi come allora continuiamo a raccontarci storie per combattere le nostre paure, e per cercare di trovare una risposta al meraviglioso mistero della nostra presenza qui sulla Terra. Il più grande regalo che ci è stato fatto da chi ci ha preceduto è stato proprio questo Immaginario, un vero antidoto contro l’insensatezza del mondo. Un Immaginario che è mutato nel tempo e che continua a cambiare, ma che è l’unico luogo dove possiamo regalarci un senso. Un significato. E quindi un valore. Perché non è la fantasia che impara dalla vita. Ma è la vita che impara dalla fantasia. Sempre.