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5 febbraio 2024

Progetti per Vasto dell'Arch. Kisho Kurokawa.


Kisho Kurokawa, Progetto area intercomunale Vasto-San Salvo, 1975.






Kisho Kurokawa, Exhibition Space, Vasto, 1975.





Kisho Kurokawa, Sports Centre Vasto, 1975 - Exhibition Space, 1975.

 



Filippo Marino
05.02.2022

1 novembre 2023

Amelio Pezzetta: La Chiesa, lo Stato, la vita sociale e religiosa in Abruzzo dall'Unità d'Italia al 1918.

La chiesa, lo stato, la vita sociale e religiosa in Abruzzo dall'Unità d'Italia al 1918

di Amelio Pezzetta

1.      Introduzione.

Il fine del presente saggio è la descrizione riassuntiva delle principali vicende riguardanti la vita sociale e religiosa in Abruzzo nel periodo storico considerato. Al fine di una piena comprensione di tali aspetti si ritiene opportuno iniziare la trattazione con l’esposizione di fatti di carattere generale.

  

2.          La politica ecclesiastica del nuovo stato unitario.

Nel 1860 i garibaldini conquistarono il Regno delle Due Sicilie che in seguito fu unito ad altri ex Stati della penisola nel Regno d'Italia. Il nuovo stato sovrano fu proclamato ufficialmente il 17 marzo 1861 senza comprendere il Lazio, il Veneto, il Trentino Alto Adige e la Venezia Giulia.

Nella politica ecclesiastica i primi governi unitari s’ispirarono al principio cavouriano "Libera Chiesa in libero Stato" che significava libertà d'azione della Chiesa nell'ambito dei limiti posti dalle leggi statali. Questa concezione vedeva prevalere gli interessi dello Stato su quelli della Chiesa e rivelava un’inversione di tendenza rispetto alla politica ecclesiastica perseguita dalla monarchia borbonica. Inoltre il liberalismo dello Stato Unitario ammetteva che l’autorità derivi dal popolo, un principio contrario alla diretta derivazione del potere da Dio. Questi principi e la volontà delle autorità italiane di annettere Roma con tutto lo Stato Pontificio erano una grave minaccia al potere temporale del pontefice che scomunicò i Savoia dopo l'occupazione piemontese dell'Umbria e delle Marche. Pertanto il nuovo Stato nacque all’insegna dei forti contrasti con la Chiesa che oltre alla scomunica ebbero per oggetto la richiesta della Curia Romana a tutto il clero di non collaborare con le autorità italiane. In seguito varie leggi anticlericali incrementarono ulteriormente l’irrigidimento dei rapporti con le autorità pontificie.

Nell’Italia meridionale le prime avvisaglie del nuovo rapporto tra Stato e Chiesa si ebbero durante la Dittatura e Luogotenenza con l’emanazione di vari decreti, mentre uno dei primi provvedimenti dello Stato Unitario su tale aspetto è stata una circolare del Segretario Generale del Ministero di Grazia e Giustizia e degli Affari Ecclesiastici emanata il 16 maggio 1861 che impose l’obbligo del regio exequatur per tutte le decisioni delle autorità ecclesiastiche di natura politica.

Il decreto luogotenenziale n. 248 del 17/12/1861 abolì il Concordato del 1818 tra la Santa Sede e i Borboni. Questa norma dimostra che la proclamazione dell’Unità d'Italia non comportò l'immediata abolizione degli ordinamenti preunitari, per cui prima che in tutte le regioni si affermasse una legislazione unica trascorsero vari anni e per un certo tempo nell'ex Regno delle Due Sicilie restarono in vigore varie leggi borboniche anche in materia ecclesiastica.

Il decreto n. 251 del 17/2/1861 di Eugenio Savoia-Carignano e le leggi del 2/10/1862 e n. 3848 del 15/10/1867 soppressero i benefici ecclesiastici, le cappellanie, i monasteri e gli ordini religiosi, tranne le congregazioni ritenute di pubblica utilità. Le soppressioni furono ispirate da varie finalità: equiparare tutte le confessioni religiose, affidare a organismi statali attività che un tempo erano riservate alla Chiesa e aumentare la circolazione dei beni ecclesiastici. Ai religiosi degli istituti soppressi fu lasciata la libertà di associarsi e continuare a professare la loro fede, come privati cittadini o in libere associazioni sottoposte alle leggi dello Stato. Le soppressioni non interessarono le parrocchie. Infatti, la legge n. 3848 del 15/10/1861 dispose che ne erano esenti i proventi e i benefici parrocchiali che al momento della loro fondazione avevano annesso la cura d'anime o l'obbligo di coadiuvare il parroco nell'esercizio del suo ministero.

Con la legge del 20/3/1865 il governo unitario dimostrò rispetto per il sentimento religioso popolare poiché prescrisse che, in mancanza di altri mezzi, le spese per il culto e la manutenzione delle chiese dovevano essere a carico dei Comuni.

Il Codice Civile entrato in vigore il 1° gennaio 1866 trasferì la tenuta dei registri dello stato civile dalle parrocchie ai Comuni; tolse ogni valore legale al matrimonio esclusivamente religioso; prescrisse il matrimonio civile obbligatorio per tutti i cittadini e che il funzionamento degli enti ecclesiastici fosse regolato da leggi statali.

Il 7 luglio 1866, al fine di risanare il bilancio pubblico fu promulgata una legge che aboliva gli istituti religiosi e prevedeva che i loro beni fossero incamerati dallo Stato.

Dopo il primo decennio unitario, sotto la spinta dei parlamentari più credenti, l'acceso anticlericalismo si allentò e fu adottato un atteggiamento più conciliante con la Chiesa.

Nel 1871 il governo italiano, dopo aver cercato una soluzione concordata con le autorità pontificie, decise di regolare unilateralmente i rapporti tra Stato e Chiesa e tentare una riappacificazione con la Curia Romana. Tale esigenza era dettata dal credo religioso delle autorità politiche nazionali, la volontà di rendere esecutivo il principio della libera Chiesa in libero Stato e la consapevolezza che l'appoggio ecclesiastico avrebbe contribuito al mantenimento dell'ordine pubblico. Di conseguenza il governo promulgò la "Legge delle Guarentigie” che riconosceva al papa la libertà d’esercizio della funzione di capo della Chiesa, il suo magistero spirituale e la sovranità sui palazzi del Vaticano, il Laterano e la villa di Castel Gandolfo. Inoltre nel bilancio dello Stato fu iscritta una cospicua dotazione annua per il mantenimento della corte papale. Nello stesso anno il governo rinunciò alla "Legazia apostolica" per la Sicilia che risaliva ai Normanni[1] e abolì: 1) l'exequatur e il regio placet per la pubblicazione ed esecuzione degli atti delle autorità ecclesiastiche; 2) il ricorso "ad principem", la facoltà concessa alle persone fisiche di ricorrere all'autorità statale contro gli atti delle autorità ecclesiastiche.

Nel 1876 con la legge n. 3184 del 30 giugno fu regolamentato e laicizzato l’istituto del giuramento pubblico che nella nuova concezione non impegnava la coscienza individuale davanti a Dio.

Un altro tema affrontato dai governi post-unitari fu la questione della pubblica beneficenza che fu considerata un'attività da regolare con enti e leggi statali poiché un fine dello Stato era di contribuire al miglioramento delle condizioni morali e materiali dei propri sudditi. A tal proposito le leggi n. 75 del 3 agosto 1862 e n. 6972 del 17 luglio 1890 autorizzarono la fondazione delle Congregazioni di Carità in ogni Comune del Regno. Questi nuovi enti ebbero in assegnazione: i beni degli enti ecclesiastici soppressi, l'amministrazione delle rendite delle cappelle laicali, l'acquisto e il pagamento per i poveri del proprio Comune di medicinali, oggetti di vestiario e altro.

La legge n. 4727 del 14 luglio 1887 consentì l'affrancamento dei contadini dalle decime dominicali e dalle altre prestazioni fondiarie perpetue dovute alla Chiesa e ai laici. In questo modo fu abolito il principio medioevale che considerava inalienabili i beni ecclesiastici a vantaggio di una loro maggiore circolazione. La promulgazione della legge tuttavia non produsse un immediato affrancamento delle rendite fondiarie per cui in moltissime località, solo molto lentamente i contadini iniziarono ad avvalersi di questo diritto.

Con la legge n. 6144 del 3 giugno 1889 si sottoposero a precisi limiti i modi di esecuzione delle processioni, le cerimonie sacre e le questue fatte all’esterno degli edifici di culto.