21 aprile 2024
10 aprile 2024
Mappa della Provincia di Chieti, Abruzzo Citeriore e Provincia di Campobasso, Molise. Francesco Vallardi, 1895.
Da: davidrumsey.com
7 aprile 2024
Annalisa D'Ascenzo, Dalle montagne al mare. Il confine come rifugio, alternativa economica, via di fuga e riscatto sociale, 2010.
27 marzo 2024
26 marzo 2024
A.R. Staffa, Traffici, commerci, popolamento costiero in Abruzzo e Molise fra XI e XIII secolo, in Il Molise Medievale. Archeologia e Arte, 2010.
11 marzo 2024
10 marzo 2024
5 febbraio 2024
Progetti per Vasto dell'Arch. Kisho Kurokawa.
Kisho Kurokawa, Progetto area intercomunale Vasto-San Salvo, 1975. |
Kisho Kurokawa, Exhibition Space, Vasto, 1975. |
Kisho Kurokawa, Sports Centre Vasto, 1975 - Exhibition Space, 1975. |
05.02.2022
27 novembre 2023
25 novembre 2023
1 novembre 2023
Amelio Pezzetta: La Chiesa, lo Stato, la vita sociale e religiosa in Abruzzo dall'Unità d'Italia al 1918.
La chiesa, lo stato, la vita sociale e religiosa in Abruzzo dall'Unità d'Italia al 1918
1. Introduzione.
Il fine del presente saggio è la descrizione riassuntiva
delle principali vicende riguardanti la vita sociale e religiosa in Abruzzo nel
periodo storico considerato. Al fine di una piena comprensione di tali aspetti si
ritiene opportuno iniziare la trattazione con l’esposizione di fatti di
carattere generale.
2. La politica
ecclesiastica del nuovo stato unitario.
Nel
1860 i garibaldini conquistarono il Regno delle Due Sicilie che in seguito fu
unito ad altri ex Stati della penisola nel Regno d'Italia. Il nuovo stato
sovrano fu proclamato ufficialmente il 17 marzo 1861 senza comprendere il
Lazio, il Veneto, il Trentino Alto Adige e la Venezia Giulia.
Nella
politica ecclesiastica i primi governi unitari s’ispirarono al principio cavouriano
"Libera Chiesa in libero Stato" che significava libertà
d'azione della Chiesa nell'ambito dei limiti posti dalle leggi statali. Questa
concezione vedeva prevalere gli interessi dello Stato su quelli della Chiesa e
rivelava un’inversione di tendenza rispetto alla politica ecclesiastica perseguita
dalla monarchia borbonica. Inoltre il liberalismo dello Stato Unitario ammetteva
che l’autorità derivi dal popolo, un principio contrario alla diretta
derivazione del potere da Dio. Questi principi e la volontà delle autorità italiane
di annettere Roma con tutto lo Stato Pontificio erano una grave minaccia al
potere temporale del pontefice che scomunicò i Savoia dopo l'occupazione piemontese
dell'Umbria e delle Marche. Pertanto il nuovo Stato nacque all’insegna dei
forti contrasti con la Chiesa che oltre alla scomunica ebbero per oggetto la
richiesta della Curia Romana a tutto il clero di non collaborare con le
autorità italiane. In seguito varie leggi
anticlericali incrementarono ulteriormente l’irrigidimento
dei rapporti con le autorità pontificie.
Nell’Italia
meridionale le prime avvisaglie del nuovo rapporto tra Stato e Chiesa si ebbero
durante la Dittatura e Luogotenenza con l’emanazione di vari decreti, mentre uno
dei primi provvedimenti dello Stato Unitario su tale aspetto è stata una
circolare del Segretario Generale del Ministero di Grazia e Giustizia e degli
Affari Ecclesiastici emanata il 16 maggio 1861 che impose l’obbligo del regio
exequatur per tutte le decisioni delle autorità ecclesiastiche di natura
politica.
Il
decreto luogotenenziale n. 248 del 17/12/1861 abolì il Concordato del 1818 tra
la Santa Sede e i Borboni. Questa norma dimostra che la proclamazione
dell’Unità d'Italia non comportò l'immediata abolizione degli ordinamenti
preunitari, per cui prima che in tutte le regioni si affermasse una
legislazione unica trascorsero vari anni e per un certo tempo nell'ex Regno
delle Due Sicilie restarono in vigore varie leggi borboniche anche in materia
ecclesiastica.
Il
decreto n. 251 del 17/2/1861 di Eugenio Savoia-Carignano e le leggi del
2/10/1862 e n. 3848 del 15/10/1867 soppressero i benefici ecclesiastici, le
cappellanie, i monasteri e gli ordini religiosi, tranne le congregazioni
ritenute di pubblica utilità. Le soppressioni furono ispirate da varie
finalità: equiparare tutte le confessioni religiose, affidare a organismi
statali attività che un tempo erano riservate alla Chiesa e aumentare la
circolazione dei beni ecclesiastici. Ai religiosi degli istituti soppressi fu
lasciata la libertà di associarsi e continuare a professare la loro fede, come
privati cittadini o in libere associazioni sottoposte alle leggi dello Stato.
Le soppressioni non interessarono le parrocchie. Infatti, la legge n. 3848 del
15/10/1861 dispose che ne erano esenti i proventi e i benefici parrocchiali che
al momento della loro fondazione avevano annesso la cura d'anime o l'obbligo di
coadiuvare il parroco nell'esercizio del suo ministero.
Con
la legge del 20/3/1865 il governo unitario dimostrò rispetto per il sentimento
religioso popolare poiché prescrisse che, in mancanza di altri mezzi, le spese per
il culto e la manutenzione delle chiese dovevano essere a carico dei Comuni.
Il
Codice Civile entrato in vigore il 1° gennaio 1866 trasferì la tenuta dei
registri dello stato civile dalle parrocchie ai Comuni; tolse ogni valore
legale al matrimonio esclusivamente religioso; prescrisse il matrimonio civile
obbligatorio per tutti i cittadini e che il funzionamento degli enti
ecclesiastici fosse regolato da leggi statali.
Il
7 luglio 1866, al fine di risanare il bilancio pubblico fu promulgata una legge
che aboliva gli istituti religiosi e prevedeva che i loro beni fossero incamerati
dallo Stato.
Dopo
il primo decennio unitario, sotto la spinta dei parlamentari più credenti,
l'acceso anticlericalismo si allentò e fu adottato un atteggiamento più
conciliante con la Chiesa.
Nel
1871 il governo italiano, dopo aver cercato una soluzione concordata con le
autorità pontificie, decise di regolare unilateralmente i rapporti tra Stato e
Chiesa e tentare una riappacificazione con la Curia Romana. Tale esigenza era
dettata dal credo religioso delle autorità politiche nazionali, la volontà di
rendere esecutivo il principio della libera Chiesa in libero Stato e la
consapevolezza che l'appoggio ecclesiastico avrebbe contribuito al mantenimento
dell'ordine pubblico. Di conseguenza il governo promulgò la "Legge delle
Guarentigie” che riconosceva al papa la libertà d’esercizio della funzione di
capo della Chiesa, il suo magistero spirituale e la sovranità sui palazzi del
Vaticano, il Laterano e la villa di Castel Gandolfo. Inoltre nel bilancio dello
Stato fu iscritta una cospicua dotazione annua per il mantenimento della corte
papale. Nello stesso anno il governo rinunciò alla "Legazia
apostolica" per la Sicilia che risaliva ai Normanni[1]
e abolì: 1) l'exequatur e il regio placet per la pubblicazione ed esecuzione
degli atti delle autorità ecclesiastiche; 2) il ricorso "ad principem", la facoltà concessa
alle persone fisiche di ricorrere all'autorità statale contro gli atti delle
autorità ecclesiastiche.
Nel
1876 con la legge n. 3184 del 30 giugno fu regolamentato e laicizzato l’istituto
del giuramento pubblico che nella nuova concezione non impegnava la coscienza
individuale davanti a Dio.
Un
altro tema affrontato dai governi post-unitari fu la questione della pubblica
beneficenza che fu considerata un'attività da regolare con enti e leggi statali
poiché un fine dello Stato era di contribuire al miglioramento delle condizioni
morali e materiali dei propri sudditi. A tal proposito le leggi n. 75 del 3
agosto 1862 e n. 6972 del 17 luglio 1890 autorizzarono la fondazione delle
Congregazioni di Carità in ogni Comune del Regno. Questi nuovi enti ebbero in
assegnazione: i beni degli enti ecclesiastici soppressi, l'amministrazione
delle rendite delle cappelle laicali, l'acquisto e il pagamento per i poveri
del proprio Comune di medicinali, oggetti di vestiario e altro.
La
legge n. 4727 del 14 luglio 1887 consentì l'affrancamento dei contadini dalle
decime dominicali e dalle altre prestazioni fondiarie perpetue dovute alla
Chiesa e ai laici. In questo modo fu abolito il principio medioevale che
considerava inalienabili i beni ecclesiastici a vantaggio di una loro maggiore
circolazione. La promulgazione della legge tuttavia non produsse un immediato
affrancamento delle rendite fondiarie per cui in moltissime località, solo
molto lentamente i contadini iniziarono ad avvalersi di questo diritto.
Con
la legge n. 6144 del 3 giugno 1889 si sottoposero a precisi limiti i modi di
esecuzione delle processioni, le cerimonie sacre e le questue fatte all’esterno
degli edifici di culto.