5 giugno 2025
Augustus John Cuthbert Hare, Days Near Rome, Volumi 1-2 , 1875.
20 maggio 2025
Il Fucino, ieri ed oggi.
"Quella
del Fucino è una storia che unisce natura, ingegneria, ambizione e
trasformazione. Un lago che non c'è più, ma che per secoli è stato protagonista
della vita – e delle difficoltà – di un'intera regione."
Ci
troviamo nel cuore dell’Abruzzo, nell’area della Marsica, dove oggi si estende
una delle più fertili pianure d’Italia centrale: la piana del Fucino. Ma un
tempo, proprio lì, c’era un lago. Il Lago Fucino, terzo per estensione in
Italia dopo il Lago di Garda e il Lago Maggiore.
Questo lago era però particolare: non aveva emissari naturali, e il suo livello variava continuamente. A volte si gonfiava fino ad allagare le terre coltivate, altre volte si ritirava, lasciando paludi malsane. Era una minaccia costante, oltre che una barriera naturale tra i paesi.
Già gli
antichi Romani, con la loro maestria ingegneristica, avevano capito che
bisognava fare qualcosa. E così, nel 41 d.C., l’imperatore Claudio avviò uno
dei progetti più ambiziosi dell’epoca: prosciugare il lago.
12.000 operai, 11 anni di lavoro, un canale lungo 6 chilometri scavato nel monte Salviano, noto ancora oggi come l'emissario di Claudio. Un’opera straordinaria… ma non del tutto efficace. Il lago si abbassò, sì, ma non scomparve. Mancavano strumenti moderni per mantenere il controllo idraulico costante.
Per secoli
il lago restò lì, instabile e imprevedibile… fino a quando, nell’Ottocento, un
imprenditore illuminato decise di riprendere il sogno romano: Alessandro
Torlonia.
Tra il
1854 e il 1878, con mezzi più moderni, Torlonia fece riaprire e migliorare
l’antico emissario, aggiungendo canali, cunicoli e opere di drenaggio. E
finalmente, il lago Fucino scomparve. Al suo posto, nacque una pianura fertile,
ben irrigata, ideale per l’agricoltura.
Oggi,
quella che era una distesa d’acqua è diventata un giacimento agricolo. Patate,
carote, spinaci, finocchi: una produzione intensiva, controllata, persino
aiutata da satelliti e centri spaziali, come quello presente proprio a
Ortucchio, il Centro Spaziale del Fucino.
Una
storia, insomma, che parla di trasformazione. Di come la conoscenza, la tecnica
e la determinazione possano cambiare il volto di un territorio, risolvendo
problemi antichi e aprendo nuove possibilità per il futuro.
"E
questo – diremmo – è il miracolo della scienza… e dell’ingegno umano."
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1.
L’opera di prosciugamento: un sogno romano, un'impresa ottocentesca.
"La
natura non sempre collabora con l’uomo. Ma quando l’ingegno interviene, può
trasformare un problema in una risorsa."
Già nel
I secolo d.C., l’Imperatore Claudio volle domare il Lago Fucino, che con i suoi
155 chilometri quadrati rappresentava una minaccia per le popolazioni locali.
Non avendo un emissario naturale, il lago era soggetto a pericolose
oscillazioni di livello. Così fu avviata un’impresa colossale: scavare un
canale sotterraneo lungo 6 chilometri attraverso il Monte Salviano, per far
defluire le acque nel fiume Liri.
L’opera,
condotta da 12.000 schiavi e operai, fu completata dopo 11 anni. Era un tunnel
perfettamente calcolato, con una pendenza di circa 1 metro ogni 1.000, per
permettere il deflusso. Ma, a causa della mancanza di manutenzione e limiti
tecnici dell’epoca, l’opera non riuscì a prosciugare completamente il lago.
Quasi
1800 anni dopo, fu il banchiere e nobile Alessandro Torlonia a riprendere
l’impresa. Tra il 1854 e il 1878, con tecnologie moderne e grandi capitali,
migliorò e riaprì l’antico emissario. Furono costruiti canali di bonifica, una
rete di drenaggio sotterraneo, e impianti per la regolazione del livello
idrico.
Alla
fine, il Lago Fucino fu prosciugato definitivamente. Dove c’era acqua, nacque
una vasta pianura agricola.
2.
L’agricoltura moderna del Fucino: un giardino high-tech.
"Quando
la scienza incontra la terra, anche una palude può diventare un giardino."
La Piana
del Fucino oggi è una delle aree agricole più avanzate del centro Italia. Si
estende su 14.000 ettari e vanta terreni estremamente fertili, ricchi di humus
e perfettamente irrigati.
Qui si
coltivano:
Patate
(la famosa "patata del Fucino IGP"),
Carote,
spinaci, finocchi, lattughe e cicorie,
Cereali
e barbabietole da zucchero.
Le
aziende agricole del Fucino utilizzano trattori GPS, irrigazione
computerizzata, droni per il monitoraggio delle colture, e sensori nel suolo. I
dati raccolti vengono analizzati per ottimizzare i raccolti, risparmiare acqua,
e ridurre l’uso di fertilizzanti.
In altre
parole: agricoltura di precisione. Quella che un tempo era un lago stagnante è
ora un laboratorio a cielo aperto per le tecnologie agricole più avanzate.
3. Vita
prima e dopo il prosciugamento: il cambiamento sociale.
"Quando
cambia il paesaggio, cambia anche il destino delle persone."
Prima
del prosciugamento, la vita intorno al Lago Fucino era difficile. I villaggi
erano spesso isolati, le paludi causavano malattie come la malaria, e
l’economia era basata sulla pesca e una povera agricoltura in terreni
instabili.
Dopo il
prosciugamento, la zona vide un vero e proprio boom demografico e agricolo. Ma
la terra, all’inizio, rimase di proprietà dei Torlonia. Gli agricoltori erano
mezzadri o affittuari, spesso in condizioni molto dure. Si racconta che nei
primi decenni del Novecento ci furono lotte contadine per ottenere migliori
condizioni di lavoro e il diritto alla terra.
Solo nel
secondo dopoguerra, con la Riforma Agraria, molti contadini ottennero
finalmente la proprietà dei terreni. Fu allora che il Fucino cominciò la sua
vera rinascita economica e sociale.
4. Il
Centro Spaziale del Fucino: dallo zappone al satellite.
"Dove
un tempo si pescavano anguille, oggi si guidano satelliti che viaggiano a
36.000 chilometri dalla Terra."
A
Ortucchio, nel cuore della Piana del Fucino, sorge oggi uno dei più importanti
centri di telecomunicazione satellitare d’Europa: il Centro Spaziale del
Fucino, gestito da Telespazio (gruppo Leonardo).
Operativo
dal 1967, questo centro è specializzato in:
Telecomunicazioni
satellitari,
Controllo
di satelliti per navigazione e meteorologia.
Servizi
di telerilevamento e osservazione della Terra.
Con più
di 170 antenne paraboliche, alcune larghe più di 30 metri, il Centro è in grado
di comunicare con satelliti in orbita geostazionaria e bassa. È un hub
strategico per il programma Galileo, il GPS europeo.
Paradossalmente,
il Centro Spaziale aiuta oggi proprio l’agricoltura del Fucino: con dati
satellitari si monitorano le colture, si controllano i cicli irrigui e si
prevengono malattie delle piante.
Un
simbolo perfetto di come la scienza, l’ingegno e la tecnologia abbiano
trasformato un problema millenario in una risorsa per il futuro.
Da: AbruzzoOnline
12 marzo 2025
11 marzo 2025
Sulla pesca del Fucino.
16 febbraio 2025
Pietro Barucci, "Vista del Lago Fucino".
![]() |
Pietro Barucci, "Vista del Lago Fucino". |
Pietro Barucci (1845 - 1917)
"Vista dell Lago Fucino"
Olio su tela,
Collezione privata.
C'era una volta il Lago del Fucino.
Mappa del Lago Fucino
15 febbraio 2025
Pietro Barucci, "Famiglia di pescatori sul Lago Fucino".
![]() |
Piero Barucci, "Famiglia di pescatori sul Lago Fucino". |
Pietro Barucci (1845 - 1917)
"Famiglia di pescatori sul Lago Fucino"
Olio su tela, cm 72 x 130
Collezione privata.
![]() |
Piero Barucci, "Famiglia di pescatori sul Lago Fucino". |
9 dicembre 2022
2 dicembre 2022
Paul Scheuermeier e Gerhard Rohlfs, Ricordi dell’Abruzzo rurale, 1923-30.
***
Paul Scheuermeier è il protagonista della storia di oggi… o meglio, è proprio lui a raccontarcene una.

Eppure, il nostro Paul non è uno scrittore, ma una storia ce l’ha saputa ugualmente narrare, utilizzando uno dei mezzi più efficaci di cui disponiamo: l’immagine.
Non sarebbe giusto nemmeno definirlo semplicemente un fotografo, perché il suo viaggio in Italia non è mosso dal puro desiderio di immortalare contadini e artigiani alle prese con le loro faccende.
E allora è giusto spiegarvi chi è davvero Paul Scheuermeier e perché è così importante per l’Abruzzo.
Paul Scheuermeier nasce a Zurigo nel 1888 e per tutta la vita svolgerà il mestiere di linguista.
Sarà proprio questo il motivo per cui lo vedremo in Italia tra il 1920 e il 1925, e successivamente nel 1930, accompagnato dal glottologo e filologo tedesco Gerhard Rohlfs, alle prese con una ricerca sul campo nell’Italia centrosettentrionale per conto di Karl Jaberg e Jakob Jud, interessati alla compilazione dell’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale (AIS).
Ebbene, il lavoro permise di raccogliere un preziosissimo materiale documentario, che venne pubblicato dal solo Scheuermeier nel 1943 con il titolo “Bauernwerk in Italien”, di cui l’edizione in lingua italiana dal titolo “Il lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e nella Svizzera italiana e retoromanza”, risale al 1980.

I suoi viaggi ci hanno lasciato l’archivio più ricco e completo di dati sulla lingua e sul dialetto ma anche sulle tecniche di lavoro agricolo. Di ogni regione italiana vengono visitati i centri ritenuti più significativi dal punto di vista linguistico e i dati sono raccolti attraverso dettagliati questionari suddivisi in base ai differenti oggetti. Tra il 1923 e il 1930, essi fecero tappa in 16 località abruzzesi, comprese alcune oggi appartenenti al Lazio e al Molise.
Nel 1925 Scheuermeier toccò, in successione, Leonessa, Amatrice, Sassa, Capestrano, Montesilvano, Castelli, Bellante; dal Teramano risalì poi verso le Marche.

Gerhard Rohlfs svolse, invece, una prima indagine già nel settembre del 1923 a Scanno e Morrone del Sannio; nell’autunno del 1924 fu a Roccasicura, in quello del 1925 a Tagliacozzo, Fara San Martino, Crecchio e Palmoli. Ad agosto del 1926, si fermò a Trasacco.
Infine, nel 1930 Scheuermeier si recò a Palmoli e a Civitaquana per proseguire con i suoi approfondimenti etnografici.

Entrambi intervistarono contadini, pastori, artigiani; annotarono minuziosamente i dati linguistici, raccolsero notizie su caratteristiche e uso degli utensili relativi ai diversi mestieri agricoli e alle attività casalinghe; effettuarono una sistematica rilevazione fotografica degli oggetti, degli informatori nell’atto di mostrare le tecniche di lavoro, degli ambienti rurali e domestici, delle abitazioni; corredarono ogni foto con una dettagliata scheda descrittiva; registrarono sintetiche informazioni sulle località e sui soggetti intervistati. E a tutto questo si aggiunsero i disegni di Paul Boesch, il diario di campo di Paul Scheuermeier e la sua corrispondenza – lettere e cartoline – con i “maestri” Karl Jaberg e Jakob Jud che dalla Svizzera seguivano costantemente l’andamento delle inchieste.
Oltre alle descrizioni linguistiche, dunque, viene fissato con la macchina fotografica tutto quanto appariva utile e interessante. Lo stesso Scheuermeier racconta: “È nota l’importanza capitale della conoscenza delle cose. Il raccoglitore deve vedere e descrivere gli oggetti di cui gli parlano. Egli studierà la casa rurale, la cucina, la stalla, l’allevamento del bestiame, la lavorazione del latte; si farà un’idea, almeno sommaria, dei principali lavori agricoli. Nessun questionario gli potrà servire dappertutto. Il miglior metodo sarà sempre di andare a vedere sul posto gli oggetti e i lavori e di fissarne l’immagine in fotografie e disegni accompagnati da descrizioni particolareggiate”.
Scheuermeier, dunque, non ci lascia solo il risultato della sua acuta ricerca linguistica, ma l’aspetto davvero interessante riguarda la preziosità e l’unicità delle immagini da lui scattate, che riescono ad immortalare la vita dei contadini di allora, il valore autentico di quella faticosa vita e di quei luoghi dove le parole, le cose e i volti si sovrappongono, tracciando un ritratto del tutto inedito dell’Abruzzo.
Le foto e i disegni originali sono di proprietà dell’Archivio AIS Dell’Università di Berna dove sono conservati ma è possibile all’ interno del Museo della Civiltà Contadina nel Castello Marchesale di Palmoli, visitare un’intera area dedicata al lavoro di Paul.
Le stesse foto, inoltre, sono protagoniste di un libro a cura di Francesco Avolio e Anna Rita Severini, dal titolo “Paul Scheuermeier, Gerhard Rohlfs. Gli Abruzzi dei contadini, 1923-1930”.