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1 novembre 2024

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

 

Tommaso Ciampella di Miglianico, compositore abruzzese delle Maggiolate, musicologo e autore di musiche sacre.

di Angelo Iocco

Nacque a Miglianico nel 1893, lo stesso anno del famoso compositore abruzzese Guido Albanese a Ortona. Apprese i rudimenti della musica con la banda locale, poi continuò gli studi, insegnando infine musica privatamente. Si sposò nel 1922; apprezzato musicista si trasferì a Chieti, dove nel 1930 fu chiamato a dirigere l’orchestra al Teatro Marrucino di Chieti per un Galà fascista, dove si erano riunite le delegazioni degli Squadristi provinciali. Pubblicò in questi anni a Ortona, per la tip. Bonanni, delle raccolte di studio per musica. Dopo la guerra continuò a fornire le lezioni di musica, e pubblicò: Il canto nella scuola : 15 composizioni didattiche per le scuole elementari e ad uso degli Istituti magistrali, scuole di tirocinio, scuole di avviamento. Con aggiunta di 3 quadri sinottici tonali per esercizi teorico-pratici. Parte I Firenze : Tip. G. E P. Mignani, [1947]. Collaboratore della Rivista Abruzzese a Chieti, che poi si trasferirà a Lanciano, il Ciampella pubblicò due scritti di musica abruzzese: La personalita e l'arte di F. Paolo Tosti, e Venerdi Santo e il Miserere di F. S. Selecchi . Quest’ultimo uno dei primi studi moderni critici, che si svincolava dalle estetiche esagerazioni degli scrittori di Chieti, come Francesco Vicoli, e riportava un’analisi musicale del celebre Miserere. Partecipe alle Maggiolate di Ortona, risorte dalle devastazioni belliche, nel 1947 si presentò con la canzone Amore me’, amore me!, forse la più famosa della sua produzione, tanto da essere adottata dal Coro folk “Antonio Di Jorio” di Atri, incisa nel cd “Venticelle d’Abruzze” a cura del M° Concezio Leonzi. E’ una canzone che è simbolica nel periodo in cui fu scritta, un periodo di un Abruzzo in macerie, la piccola Miglianico era in macerie, così come Ortona e Francavilla, ricordate nel programma finale dalla canzone dell’Albanese: Ci manche all’Adriatiche na perle, presentata nella Maggiolata del ’47. Il canto di Ciampella invece invoca l’amore, la felicità, la gioia di continuare a vivere, quasi volesse esorcizzare lo spettro della devastazione ancora tangibile.


Per Miglianico, Ciampella scrisse anche un suggestivo Miserere, ancora oggi eseguito, sui versi dei Salmo 50; una composizione per banda che per tonalità ascendente, in certi punti ha delle affinità con il Miserere del Selecchy di Chieti, ma ovviamente il colto Ciampella lo reinterpreta e ne fa un pezzo originale. Acute le voci al v. “secundum magnam misercordiam tuam”, per poi ridiscendere in tonalità, nella conclusiva “Miserere, miserere mei Deus!”.

A Miglianico si eseguono da parte della Confraternita S. Pantaleone le musiche del Miserere di Ciampella, dal Salmo 50, che comprende le strofe del “Misere mei Deus – Et secundum multitudinem miserationem tuarum – Amplius lava me”; mentre del Maestro di Banda Ettore Paolini, storica figura miglianichese, la Marcia funebre. Il testo è tratto dalle Sette ultime parole (Le tre ore di Agonia di Nostro Signore) di Saverio Mercadante, mov. 1: Già trafitto, andante mosso. È uno spettacolo ancora oggi, ascoltare queste due musiche nella chiesa madre di Miglianico suonate dalla Corale, e poi partecipare al commovente corteo della processione del Cristo morto per le strade del paese, seguendo il Feretro e la Banda.


Ecco le canzoni presentate dal Ciampella alle Maggiolate di Ortona

Amore me, amore me! (1947)

La fije e lu core di tatà (1948)

Villanelle annamurate (1950)

Mare e sonne (1952)

 

18 ottobre 2024

Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500.

 Luca Fornaci, Resurrezione di Cristo, Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, Ortona.

Luca Fornaci, pittore abruzzese di Chieti del ‘500

di Angelo Iocco

Un recente studio del Prof. Marco Vaccaro dell’Università di Chieti, apparso in Chieti – Scritti di Storia e di Arte dal Medioevo all’Ottocento, Chieti, Assoc. Sacro e Profano, 2021, fornisce più lumi su questo pittore, di cui si erano occupati in maniera sparuta Cesare de Laurentiis, Vincenzo Balzano e Francesco Verlengia, senza fornire particolari note critiche sulla sua carriera. Grazie anche alla pubblicazione di atti notarili dall’Archivio di Stato di Chieti a cura di Van Verrocchio in Theate Regia Metropolis, è possibile ricostruire in parte la carriera del pittore. Nacque a Chieti e visse e operò nella seconda metà del ‘500, e agli inizi del ‘600. Visse in un periodo di fervore culturale a Chieti e in Abruzzo, dove pittori della Maniera del Vasari, si cimentavano nella realizzazione di tele e affreschi per parrocchie e conventi. Rimanendo in ambito chietino, furono attivi artisti del calibro di Leonzio Compassino da Penne, Giovan Battistista Ragazzini da Ravenna con suo fratello Francesco (sue opere si trovano a Castelli, Penne e qualche paese dell’area vestina), Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri.

Luca Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora in San Domenico di Chieti, foto Oscar D’Angelo.


Di Fornaci si conosce che fu attivo tra il 1585 e il 1592 con le sue opere principali a Chieti e nei dintorni. Nella Città di Achille, egli dipinse una tela ritraente il Trionfo dell’Ordine Francescano, proveniente dall’ex convento di Sant’Andrea degli Zoccolanti, oggi ex ospedale militare alla villa comunale e conservato, stando a quanto scrivono Vincenzo Zecca e Cesare de Laurentiis, dapprima nella Pinacoteca civica del palazzo comunale, e di recente nell’oratorio della chiesa di San Domenico al Corso, insieme ad altre opere d’arte sacra di Chieti e provincia. La grande tela mostra diverse parti danneggiate, con caduta di colore, al centro vi è l’Albero dell’Ordine di San Francesco, in basso a sinistra il Cristo benedicente, a destra Sant’Andrea, al centro San Francesco, dal cui corpo si erge l’Albero, sul primo ramo vi sono i Santi Francescani: San Bonaventura, Sant’Antonio di Padova, San Bernardino, San Giovanni di Capestrano; sul secondo ramo vi sono le Sante Clarisse: Santa Chiara, Santa Rita e altre; al terzo San Ludovico di Francia, Santa Elisabetta d’Ungheria patroni del Terzo Ordine. Nel cielo, attorniati dagli Angeli in gloria, vi sono Dio Padre, la Colomba dello Spirito Santo, e Cristo che indica l’Albero. Vi sono notevoli affinità con un’altra tela dell’Ordine Francescano presente nel convento di Sant’Antonio di Padova di Lanciano, nella Cappella del Santo, risalente al XVI secolo, ma restaurata, pare, di recente da padre Giovanni Lerario che dipinse le parti cadute. L’iscrizione dedicatoria recita: OPERA FATTA FARE DA GIOVAN MARINO TOMASO E GIOVAN IACOVO COLA FERRO.

Luca Fornaci, Terzo ordine Francescano, dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieti, ora in San Domenico di Chieti (particolare)

Albero Francescano, chiesa di Sant’Antonio di Padova, Lanciano (XVI-XVII sec.)


Altre  opere realizzate dal Fornaci sono nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli di Ortona: Cristo risorto tra gli Apostoli, alla sinistra della scena il Salvatore appare in Maestà, nell’atto di benedire, alla destra gli Apostoli confusi, e in alto la scena della Casa di Pietro, realizzata come un sontuoso tempio, in alto al centro gli Angeli sopra una nuvola assistono meravigliati al prodigio. La firma di Fornaci si trova presso un cartiglio retto da un  Apostolo.

Archi (CH), Madonna del Rosario e Misteri, chiesa di Santa Maria dell’Olmo 



Filetto (CH), Luca Fornaci, Madonna del Rosario, chiesa di Santa Maria ad Nives (XVI sec.)

Presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria ad Nives di Filetto si trova sulla destra una tela della Madonna del Rosario: la Vergine col Bambino è al centro, e nei riquadri della cornice sono raffigurati i Misteri del Santo Rosario. La Madonna porge un Rosario con la destra a San Domenico e ai seguaci, mentre il Bambino sulla mano sinistra della Vergine, si sporge a dare la benedizione a Santa Rosa da Lima e suore seguaci, mentre due donne, probabilmente le committenti dell’opera, appaiono a mezzo busto in basso a destra, nell’atto di adorare la scena. la stanza dove la Madonna siede in trono è abbellita da tende, e da un pavimento a lacunari disposti in ordine simmetrico, con figure geometriche di cerchi e rombi; schiere di devoti si trovano disposte dietro San Domenico e Santa Rosa, compreso Papa Pio V, vittorioso nella battaglia di Lepanto. Il quadro si trovava nella chiesa di Santa Maria di Filetto, nella parte antica del paese, andata distrutta nella seconda guerra mondiale. L’opera è di fattura mediocre, ma denuncia uno stile di rappresentazione abbastanza convenzionale nell’Abruzzo della fine del XVI secolo della Madonna del Rosario, culto diffusosi dopo il 1571; notevoli affinità si riscontrano in un quadro di autore seguace di Pompeo Cesura, conservato nella cappella del Rosario della chiesa parrocchiale di Santa Maria dell’Olmo in Archi in val di Sangro. La resa è decisamente migliore: la Vergine col Bambino è seduta, avvolta in un mantello a fogliame dorato, simile alle tele presenti nella chiesa di Costantinopoli in Ortona, e la schiera dei santi domenicani e dei dignitari papali è più movimentata, ed alcuni volti, come quello di Santa Rita, sembra denunciare tratti addirittura giorgioneschi, mentre la scena del Mistero dell’Incontro tra Maria ed Elisabetta denuncia echi della celebre tela di Raffaello realizzata per i Bedeschini nella chiesa di San Silvestro di Aquila.

Orsogna, convento francescano dell’Annunziata del Poggio

Nel convento del Ritiro dell’Annunziata di Orsogna si conserva una tela della Crocifissione: come da tradizione iconografica, il Cristo è al centro, due angeli accorrono ai lati delle braccia, per raccogliere in calici il sangue che sgorga dalle ferite delle mani, la Maddalena abbraccia il legno piangente; il Fornaci probabilmente per ragioni di committenza, non inserì gli Apostoli, ma San Francesco e altri francescani attorno la Croce, in atto di dolore, mentre sulla destra si staglia in posa solenne e mesta, la Madonna, con in basso il Serpente del Peccato originale. Opera più originale della tela di Filetto, che risente degli echi del dipinto di Ortona.

28 agosto 2024

Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II


Felice Ciccarelli, Tommaso Alessandrino e altri Artisti abruzzesi di interesse nelle Chiese di Atessa – Parte II

di Angelo Iocco

Qualche nota su Felice Ciccarelli

Essendoci già occupati del Ciccarelli, qui desideriamo segnalare altre tre opere poco conosciute. Per la prima opera, conservata nel convento di San Francesco di Lanciano per la pubblicazione della fotografia, ringraziamo per la squisita disponibilità Padre Fabrizio OFM Conv.


Felice Ciccarelli, Madonna col Bambino tra San Michele e San Bernardo. Convento di San Francesco, Lanciano. Foto Angelo Iocco.

Essa è una Madonna col Bambino con ai piedi San Michele arcangelo e San Bernardo. La tela necessiterebbe di un restauro, faceva parte dell’antica cappella di Sant’Angelo; ammirandola notiamo immediatamente delle affinità con la Madonna del Carmine dipinta dal Ciccarelli nella chiesa di San Rocco di Atessa, tra le opere più riuscite di questo pittore. Il San Michele invece è tratto dal quadro della Madonna con San Michele e San Giovanni presso la chiesa madre di San Giovanni in Rapino. Ciccarelli al posto della Madonna di Atessa che accenna un sorriso, qui ha realizzato una versione più seria e malinconica.


Le altre opere sono l’Immacolata Concezione, che il Ciccarelli realizzò per la chiesa di San Lorenzo in Rapino, e per la cappella del Duomo di Guardiagrele.

  

F. Ciccarelli, Madonna Immacolata come Regina degli Angeli, chiesa di San Lorenzo, Rapino. ID, Madonna Immacolata, Duomo di Guardiagrele.

Nella tela di Rapino la Madonna è al centro di una grande nuvola attorniata da angioletti, in un paesaggio botticelliano naturale con tempietti e cittadelle in una innaturale posizione prospettica, nel quadro guardiese invece la Madonna è racchiusa in una classica mandorla, sorretta da 4 angeli, mentre nel primo piano si vede la tomba vuota, e gli Apostoli che adorano il miracolo dell’Assunzione. Si notano somiglianze con il quadro della Madonna nella chiesa di San Francesco di Loreto Aprutino, e quanto a scene corali, esso è uno dei più belli realizzati da questo pittore.

3 giugno 2024

Alberto Dragani (1920-2010) e le sue canzoni abruzzesi.

 Alberto Dragani (1920-2010) e le sue canzoni abruzzesi

di Angelo Iocco

Nativo di Caldari vicino Ortona, fu contadino e proprietario di vasti vigneti, con cui fece fortuna per la locale cantina vinicola.[1] La famiglia voleva destinarlo all’attività di sarto, ma Dragani sin da ragazzo amava la poesia, innamorato assai dei versi di D’Annunzio. A 16 anni provò a partecipare a dei concorsi di poesia, ma i testi furono rifiutati a causa della giovane età. Si formò comunque nelle feste canore di Caldari e Rogatti, con qualche componimento, negli anni ’30. La sua carriera viene avviata poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando si ricompongono i cori in questi paesini nelle vicinanze di Ortona. Per la III Festa della Canzone di San Vito scrive Muntagna belle con musica di Carlo Scoppetta.

IV Festa dell’Uva di Caldari (1946) scrive la scenetta cantata La Fonte dell’Immaèle con musica di Vincenzo Pasquini

Per la II Gara Canora di Crecchio del 1948 scrive A rinirelle, con musica del Bozzelli; per la Festa delle Canzoni di Sant’Apollinare dello stesso anno presenta con musica di Liberati La vattitura di li mannele. Dragani continuò a partecipare anche a qualche Maggiolata di Ortona, fino alla fine del festival canoro nel 1967, a seguire scrisse dei libri di poesie, e partecipò anche ai Premi di poesia “T. Di Martino” di Poggiofiorito a partire dal 1991, morendo in tarda età nel luglio 2010.


Alberto ha ricevuto numerosi riconoscimenti: la poesia “fije di pescatore” premiata al concorso nazionale, bandito dalla RAI, per le scuole, nel 1958; nello stesso 1958 merita un diploma dall’Enal per il concorso nazionale “presepio nella famiglia”; nel 1968 ha il diploma al “secondo concorso di poesia dialettale” con “Zà Cuncette la coche”; nel 1971 il diploma nella quarta edizione del maggiolino d’oro col “mago Zurlì” per la canzone “Corrado il disertore”; nel 1981 il premio “Fantini” a Fossacesia; nel 1983 la coppa “trabocco d’oro” con “lu travocche”; nel 1986 il premio Francavilla. Il più importante riconoscimento in assoluto è l’essere presente con due poesie: “chiesette di campagne” e “attorn’a lu foche” nella rassegna di poeti in italiano, latino e dialetto “Parnaso d’Abruzzo” di Vittoriano Esposito, testo adottato dall’Università dell’Aquila, al Centro di Ricerche Letterarie Abruzzesi. Scrisse con Deo Bozzelli, celebre musicista sanvitese (1912-1999), la canzone Me l’ha dette la zinchere, inedita[2]

In allegato inseriamo altre canzoni scritte dal Dragani, conservate presso l’Archivio musicale “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito:

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[1] Per alcuni riferimenti biografici sul Dragani, ringrazio Pietro Cupido, il quale ha redatto un necrologio di Dragani nel “Foglietto”, rivista di Caldari, nel 2010, nonché al M° Rosanna Meletti, direttore del Coro Voci delle Ville Ortona.

[2] L’originale si trova presso l’archivio fa. Bozzelli, una copia invece nell’archivio musicale “Tommaso Coccione” di Poggiofiorito, alla busta “Deo Bozzelli”.

28 maggio 2024

Custode Miccoli (1912-2002): Il cantore di Villa Rogatti di Ortona - Note storiche sulla canzone abruzzese.

Custode Miccoli[a] (1912-2002):  Il cantore di Rogatti  - Note storiche sulla canzone abruzzese

di Angelo Iocco

Spartito manoscritto di Pierino Liberati di “Serenate di primavere”, Archivio comunale di Castel Frentano, fondo Pierino Liberati

Nato a Villa Rogatti di Ortona, ci visse sino alla morte, nelle dolci campagne ricche di uliveto. Giovanissimo si dilettò di poesia, poco più che ventenne già collaborava con il musicista Tommaso Coccione della vicina Poggiofiorito, scrivendogli alcune canzoni, tra cui la celeberrima Quatrijje, spesso ancora oggi eseguita nei balli dei cori folk. Nel 1935 con Michele Marrocco istituì con finanziamento dell’Opera Nazionale Dopolavoro di Chieti la Festa del Grano a Rogatti, cui partecipò fino allo scoppio della guerra con varie canzoni, tra cui La metiture musicata dal sanvitese Vito Olivieri. Marrocco di Caldari (Ortona), altro nome poco conosciuto della storia della canzone folk abruzzese, fu un altro musicista che partecipò a varie gare canore, nel 1936 a Caldari introdusse la Festa dell’Uva, a imitazione dell’omonima di Poggiofiorito, e comparì come maestro del coro per le varie edizioni, figurando alla IV edizione del 1946. Dal libretto che illustra le canzoni delle edizioni precedenti, si apprende che all’edizione del 1936 scrisse e musicò Dimme lu picchè, e Luna chiare, A lu ccchiù belle!, Capricci d’amore su versi di Antonino Di Tommaso. Alla seconda edizione del 1938 parteciparono altri nomi che appaiono in altri libretti di quei tempi, come Oberdan Giangrande (1914-1985) anche lui di Caldari, vigile urbano, ma da sempre appassionati delle belle Lettere e della poesia, e Tommaso Coccione, con cui Giangrande scrisse varie musiche, in questo caso Pruvilone nostre; mentre il Marrocco scrisse e musicò E’ proprie belle! Giangrande e Coccione nell’edizione terza del 1939 scrissero , il duo Marrocco-Giangrande Tempe di villegne e la scenetta teatrale musicata Stile Novecente. Una piccola digressione che cerca di far intendere come questi musicisti e questi poeti, spesso non di professione, ma con la forte passione e il piacere di comporre versi, si conoscessero, e collaborassero, componendo spesso e volentieri all’improvviso, sulla base di poche parole, qualche ritornello orecchiabile, e poche note che in quattro e quattr’otto componevano una vivace canzone da far ricordare al pubblico alle esibizioni.

9 aprile 2024

#accaddeoggi 9 Aprile 1846 nasce a Ortona il musicista e compositore 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐞𝐬𝐜𝐨 𝐏𝐚𝐨𝐥𝐨 𝐓𝐨𝐬𝐭𝐢.

 #accaddeoggi 𝟗 𝐀𝐩𝐫𝐢𝐥𝐞 𝟏𝟖𝟒𝟔 nasce a Ortona il musicista e compositore 𝐅𝐫𝐚𝐧𝐜𝐞𝐬𝐜𝐨 𝐏𝐚𝐨𝐥𝐨 𝐓𝐨𝐬𝐭𝐢.
La sua formazione inizia presso la scuola dei fratelli Paolini, ma grazie al suo talento viene iscritto al Conservatorio di Napoli; diplomandosi in violino nel 1866.
🎤 Dopo il diploma trascorre qualche anno a Ortona, ma nell’autunno del 1870 si trasferisce a 𝐑𝐨𝐦𝐚, conosce Franz Liszt e Giovanni Sgambati che lo introducono nei salotti aristocratici romani, dove riesce subito ad affermarsi come 𝐦𝐚𝐞𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐨, entrando a far parte della 𝐜𝐨𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐌𝐚𝐫𝐠𝐡𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐒𝐚𝐯𝐨𝐢𝐚, consorte di Umberto I.
💂🏻‍♀️ Nel 1875 si trasferisce a 𝐋𝐨𝐧𝐝𝐫𝐚 e le sue doti gli aprono le porte di 𝐁𝐮𝐜𝐤𝐢𝐧𝐠𝐡𝐚𝐦 𝐏𝐚𝐥𝐚𝐜𝐞, diventando insegnante di canto di tutti i figli della 𝐑𝐞𝐠𝐢𝐧𝐚 𝐕𝐢𝐭𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚. Ma la sua ascesa è solo agli inizi: fruttuosa è la sua collaborazione con l’editore londinese Chappell, per il quale firma un contratto di almeno 4 romanze all’anno; diviene docente presso le più prestigiose accademie londinesi e organizza le serate musicali della corte inglese. Egli diventa anche il punto di riferimento dei musicisti italiani di passaggio per Londra, come Puccini, Mascagni e Leoncavallo.
🎼 Tosti non dimentica le sue origini abruzzesi; è tra i membri del “𝐂𝐞𝐧𝐚𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐌𝐢𝐜𝐡𝐞𝐭𝐭𝐢𝐚𝐧𝐨” di Francavilla al Mare fondato da 𝐅.𝐏. 𝐌𝐢𝐜𝐡𝐞𝐭𝐭𝐢, luogo che è di grande ispirazione, in cui realizza diverse romanze e chansons, oltre a collaborare con un altro illustre componente, d’Annunzio.
In suo onore, a Ortona, presso 𝐏𝐚𝐥𝐚𝐳𝐳𝐨 𝐂𝐨𝐫𝐯𝐨, è stato istituito il

📍 𝐌𝐮𝐬𝐞𝐨 𝐌𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚𝐥𝐞 𝐝’𝐀𝐛𝐫𝐮𝐳𝐳𝐨 – 𝐀𝐫𝐜𝐡𝐢𝐯𝐢𝐨 𝐅. 𝐏. 𝐓𝐨𝐬𝐭𝐢, sede dell’Istituto Nazionale Tostiano, si tratta del primo museo dedicato alla musica presente in Abruzzo.




1️⃣ Carlo Pellegrini, caricatura di Francesco Paolo Tosti, Vanity Fair, 1885;

2️⃣ Frontespizio di inizio Novecento di uno spartito musicale disegnato da Francesco Paolo Michetti per Tosti

3️⃣ F. P. Michetti, ritratto di F. P. Tosti, Museo Barbella, Chieti;