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3 novembre 2024

Corografia della bassa valle del Trigno, di Anton Ludovico Antinori, 1751.


Corografia della bassa valle del Trigno, del 1751, di Anton Ludovico Antinori, in cui si evidenziano gli abitati di Montenero, San Salvo e Vasto, il casale di Montebello – con la scafa per l’attraversamento del Trigno – il formale del Mulino e la torre di Pantanella, la Fonte del Fico nel vallone Buonanotte e lo “Stradone” che collegava la costa con la Cuccetta di Lentella (Archivio della Biblioteca Provinciale de L’Aquila).

5 febbraio 2024

Progetti per Vasto dell'Arch. Kisho Kurokawa.


Kisho Kurokawa, Progetto area intercomunale Vasto-San Salvo, 1975.






Kisho Kurokawa, Exhibition Space, Vasto, 1975.





Kisho Kurokawa, Sports Centre Vasto, 1975 - Exhibition Space, 1975.

 



Filippo Marino
05.02.2022

20 agosto 2023

L'abbazia cistercense dei Santi Vito e Salvo, l'abbazia perduta di San Vito del Trigno.

pianta ipotetica di S.Vito



L’abbazia di San Vito - poi dei SS. Vito e Salvo - del Trigno (secc. XIII-XIX)
di Giovanni Artese

L’abbazia di San Vito del Trigno costituisce l’ultimo ma nello stesso tempo il maggiore insediamento monastico sorto nel Medioevo sul territorio di San Salvo. 
Il primo fu la cella benedettina farfense poi monastero volturnense di Sant’Angelo in Salavento, eretto nel IX secolo sui resti della villa romana di via San Rocco e in declino già nel XII secolo. 
Il secondo fu il monastero benedettino cassinese di Santo Salvo, edificato tra il IX e X secolo, sulle rovine della scomparsa città romana, e divenuto cuore dell’omonimo abitato poi cresciuto intorno. 
Il terzo e ultimo fu appunto quello di San Vito del Trigno, eretto nella omonima pianura fluviale, esattamente nella contrada ancora oggi denominata di San Vito, a circa 2500 metri da San Salvo e a circa 1000 dal corso del Trigno. 
I presupposti per quest’ultimo insediamento monastico furono il passaggio della chiesa di Santo Salvo e della grangia in cui si collocava (situata tra Buonanotte, il Piano Sant’Angelo e la Piana della Chiesa) dai benedettini ai cistercensi di S. Maria di Casanova nel 1204; e poi la realizzazione di un “infirmatorium”, cioè di un ospedale per monaci malati nella grangia di Castello Manno (attuale Bufalara-Rotella) anch’essa ceduta, ma da feudatari laici, intorno al 1210, all’abbazia di S. Maria di Casanova. 
Secondo il Bedini, fu nel 1255 che l’Ordine Cistercense diede l’assenso a che l’ospedale fosse trasformato in abbazia. 
I lavori iniziarono presto e forse già tra il 1257 e il 1259 gli edifici monastici erano stati in buona parte realizzati. 
Figlia della linea di Clairvaux-Fossanova, attraverso l’abbazia delle Tre Fontane di Roma, San Vito del Trigno divenne così la penultima abbazia cistercense d’Abruzzo, preceduta da S. Maria di Casanova (1195) nei pressi di Penne, S. Maria Arabona (1209) nei dintorni di Chieti, S. Spirito d’Ocre (1248) vicino L’Aquila, e seguita da S. Maria della Vittoria (1274) tra Avezzano e Tagliacozzo. 
Il monastero abbadiale di San Vito del Trigno venne dunque edificato in luogo pianeggiante ma su una motta, un terreno cioè leggermente rialzato, che forse aveva ospitato in precedenza un tempietto pagano o qualche altra piccola struttura. 
Esso si confaceva alla tipologia urbanistica e architettonica del gotico cistercense, con la chiesa - allineata all’incirca sull’asse est-ovest - posta a nord del monastero, ciò che consentiva d’inverno la protezione degli edifici monastici dai forti e freddi venti boreali. 
Al centro si trovava il chiostro, luogo di preghiera e meditazione, ad est la sala capitolare e i dormitori dei monaci, a sud la cucina, il refettorio e altri ambienti minori, ad ovest gli edifici riservati ai conversi. 
Attigui o isolati dovevano essere l’infermeria, i magazzini, i laboratori e gli opifici, tra cui una cantina, un mulino e delle gualchiere. 
La presenza di un mulino nei pressi dell’abbazia è infatti suggerito dalla traccia residua di un antico formale, che attivava le pale con le acque derivate dal fiume Trigno. 
Più tardi il mulino sarebbe stato trasferito circa due km a valle, lungo l’attuale Formale del Mulino, in località Pantanella, dove rimase attivo, passando dalla gestione monastica a quella di privati e infine del Comune di San Salvo, fino al 1943 circa. 
Lo stemma di San Vito aveva al centro un fascio di spighe (sarebbe stato poi acquisito dal Comune di San Salvo, che vi aggiunse una botte) e ciò attesta come tra le coltivazioni di maggiore importanza, in parte finalizzate all’esportazione (specie a Tremiti, per conto di Casanova), figurassero il grano e altri cereali seguiti dai legumi, dall’uva da vino, dagli olivi e dai prati naturali o artificiali. 
Florido doveva infatti essere l’allevamento di buoi, bufali, cavalli, maiali e pecore, in quanto il territorio abbadiale era esattamente compreso tra i tratturi L’Aquila-Foggia e Centurelle-Montesecco (che passavano rispettivamente sul percorso dell’attuale Statale 16 e al guado del Trigno tra la Cuccetta di Lentella e Pietrafracida di Montenero). 

23 maggio 2023

Antonio Sciarretta, Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto.

Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto

di Antonio Sciarretta

VASTO

Municipio romano, terra pre-napoleonica e comune contemporaneo, corrispondente all'attuale centro con questo nome. Erede della romana Histonium (la fase frentana era a Punta Penna). Attestata nel XI sec. come castello, ma non nel Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Tradizionalmente ritenuta divisa nel periodo alto-medievale in due Terre distinte, Vasto Aimone e Vasto Gisone. Ma la seconda è piuttosto da cercare a nord dell'attuale abitato. Le due terre sono unificate in una sola Università nel 1385, citata come "Vasto Aimone superiore e inferiore" nella prima tassazione aragonese del 1443-7. Toponimo.

Civile:
  • -IX sec.: Loc. in Chieti maggiore.
  • XI sec.-1807: Castello, Università del Vasto Aimone.
    • Nel XIII sec. incorpora Collebono e S. Sisto.
  • 1807-1811: Governo di Vasto.
  • 1811-oggi: Comune di Vasto (1811-1938), Istonio (1938-1944), Vasto (1944-oggi).
  • Provincia: Chieti (-oggi).
  • Distretto/Circondario: Lanciano (1807-1811), Vasto (1811-1927).
  • Circondario/Mandamento: Vasto (1811-1927).
  • Feudo: S. Giovanni in Venere, Fasanella (1269-1273), Caldora (-1442), Regio (1442-1444), de Guevara (1444-1460), d'Avalos (1460-1464), Regia (1464-1471), de Guevara (1471-1485), Regio (1485-1496), d'Avalos (1496-1806), col titolo di Marchesato (1497-1806).

Ecclesiastico:
  • Diocesi: nullius di S. Giovanni in Venere (-1624), Chieti (1624-oggi).
  • Parrocchia: S. Maria Maggiore (-1808) e S. Pietro (-1808), S. Giuseppe (1808-oggi).
  • Filiali: S. Maria Maggiore (1915-oggi), S. Pietro (1915-oggi), S. Maria Stella Maris in Vasto Marina (1927-oggi), S. Lorenzo in C.da S. Lorenzo (1954-oggi), S. Giovanni Bosco (1965-oggi), S. Maria Incoronata in C.da Incoronata (1971-oggi), S. Paolo (1973-oggi), S. Antonio (1973-2001), S. Marco (1982-oggi), S. Maria Immacolata (1982-2001), S. Maria del Sabato Santo (2001-oggi).

SINELLO

Castello medievale sito nell'attuale loc. Torre Sinello. Va forse identificato col castello Cileno, attestato nell'a. 1000 prope Senellam e di cui in seguito non si hanno tracce. Nel XI sec. è diviso in più porzioni. Non è citato dal Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Incorporato in Pennaluce dopo la fondazione di quest'ultima. Toponimo.

23 giugno 2022

Elisabetta Mancinelli, La magica notte del 24 giugno: il Solstizio d'Estate e la festa di San Giovanni.


La magica notte del 24 giugno: il Solstizio d'Estate e la festa di S. Giovanni
di Elisabetta Mancinelli.


Il 24 giugno si celebra la natività di San Giovanni Battista Santo fra i più popolari in Oriente come in Occidente. Questa data venne stabilita dai cristiani per contrastare le feste pagane.
In questo giorno i babilonesi festeggiavano il matrimonio del il sole (fuoco) con la luna (acqua) e nell’antica Roma si celebrava Fors Fortuna dea della casualità. La figura di San Giovanni Battista ha dunque assorbito in sé molti degli antichi culti del sole da cui gli usi di bruciare i falò e i riti della rugiada e dell'acqua con cui battezzava: simbolo della purificazione e della rinascita.
La festa del Battista è quella che forse più esemplarmente di altre testimonia di quella commistione di pagano e cristiano che è uno dei tratti caratterizzanti la religione popolare .
Nel corso del tempo, c'è stato un mescolarsi di tradizioni antiche, pagane, e ritualità cristiana, che dettero origine a credenze e cerimoniali in uso ancora oggi principalmente nelle aree rurali della nostra regione.
San Giovanni è considerato anche il patrono delle sorgenti e il 24 giugno è usanza consumare lumache, animale posto sotto la Luna. Secondo la tradizione, le corna delle lumache portano discordia, mangiandole e seppellendole nello stomaco la discordia viene scongiurata.


VITA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Giovanni nacque da Zaccaria ed Elisabetta cugina della Vergine. I genitori, osservanti di tutte le leggi del Signore, non avevano avuto figli perché Elisabetta era sterile e ormai avanti negli anni.
Un giorno, mentre Zaccaria offriva l’incenso nel Tempio, gli comparve l’Arcangelo Gabriele che gli disse: "Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio che chiamerai Giovanni". Quando Maria ricevette l’annuncio dall’Arcangelo Gabriele, venne informata dell’attesa della cugina Elisabetta di un figlio.
Quando Giovanni nacque, il padre Zaccaria che all’annuncio di Gabriele era diventato muto per la sua incredulità, riacquistò la voce; la nascita avvenne ad Ain Karim a circa sette chilometri ad Ovest di Gerusalemme.
Della sua infanzia non si sa nulla solo che, ancora giovane, si ritirò per alcuni anni nel deserto conducendo una vita da asceta e nutrendosi di locuste e miele selvatico. Nell'anno '29 d.C. sotto l’impero di Tiberio, riapparve sul Giordano predicando il battesimo di conversione per il perdono dei peccati e annunziando l'arrivo del Messia da tutta la Giudea, da Gerusalemme e da tutta la regione intorno al Giordano, accorreva ad ascoltarlo tanta gente considerandolo un profeta; e Giovanni in segno di purificazione dai peccati e di nascita a nuova vita, immergeva nelle acque del Giordano, coloro che accoglievano la sua parola, cioè dava un Battesimo di pentimento per la remissione dei peccati, da ciò il nome di Battista che gli fu dato.
Molti cominciarono a pensare che egli fosse il Messia tanto atteso, ma Giovanni assicurava loro di essere solo il Precursore: “Io vi battezzo con acqua per la conversione, ma colui che viene dopo di me è più importante di me e io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco".
Anche Gesù si presentò al Giordano per esser battezzato e Giovanni quando se lo vide davanti disse: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!” e a Gesù: “Io ho bisogno di esser battezzato da te e tu vieni da me?" - Giovanni, giudeo osservante e rigoroso, operò senza mai indietreggiare neanche davanti al re d’Israele Erode Antipa, che aveva preso con sé la bella Erodiade, moglie divorziata di suo fratello, si sentì perciò in dovere di protestare verso il re per la sua condotta immorale.


Infuriata Erodiade gli portava rancore, ma non era l’unica; perché il Battesimo che Giovanni amministrava, perdonava i peccati rendendo così inutili i sacrifici espiatori che in quel tempo si facevano al Tempio, e ciò non era gradito ai sacerdoti giudaici.
Il Vangelo di Marco ci racconta che Giovanni venne fatto arrestare da Erode su istigazione di Erodiade.
Un giorno il re diede un banchetto per festeggiare il compleanno di Erodiade, invitando tutta la corte ed i notabili della Galilea.


Alla festa partecipò con una conturbante danza anche Salomè, la figlia di Erodiade e nipote di Erode; la sua esibizione piacque molto al re ed ai commensali, per cui il re disse alla ragazza: “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”; Salomè chiese consiglio alla madre ed Erodiade le disse di chiedere la testa di Battista.
Erode rimase rattristato da tale richiesta, ma per il giuramento fatto pubblicamente, non volle rifiutare e ordinò di portare la testa di Giovanni, che era nelle prigioni della reggia.
Il Battista fu decapitato, i suoi discepoli saputo del martirio, vennero a recuperare il corpo, deponendolo in un sepolcro; l’uccisione suscitò orrore e accrebbe la fama del Battista. Il suo culto si diffuse in tutto il mondo conosciuto di allora. La festa della Natività di S. Giovanni Battista è celebrata il 24 giugno, sei mesi prima della nascita di Gesù, secondo quanto annunciò l’Arcangelo Gabriele a Maria.

IL SOLSTIZIO D’ESTATE

Il termine Solstizio deriva dal lat. Solstitium: sol 'sole' e sistere 'fermarsi' perché sembra che il sole si fermi e torni indietro sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto.
Il 24 giugno coincide dunque con un momento di grande importanza astronomica: il solstizio d'estate, quando il sole, che ha appena superato il punto solstiziale, comincia a decrescere sull'orizzonte, nell'emisfero boreale si ha il giorno più lungo dell'anno e inizia la stagione calda.

USI POPOLARI LEGATI AL SOLSTIZIO IN ABRUZZO

Molte le usanze e le tradizione della nostra regione legate a questo evento astronomico.

I Fuochi di S. Giovanni

Se molti anni fa’ si avesse avuto la possibilità di sorvolare di notte l'Abruzzo in prossimità di paesi e villaggi si sarebbero visti centinaia di fuochi.
Piccole e grandi comunità erano solite preparare durante i giorni che precedevano la festa enormi mucchi di legna che venivano poi incendiati la notte tra il 23 e il 24 Giugno.
I falò solstiziali accesi nei campi la notte di San Giovanni non solo nella nostra ma anche in molte regioni europee erano considerati propiziatori e gli venivano attribuiti virtù purificatrici e rigenerative: i fuochi, simbolo del sole, scacciavano demoni e streghe e prevenivano le malattie.

                                         

Spesso con le fiamme di questi falò venivano incendiate delle ruote di fascine, che venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti. In passato era credenza diffusa in Abruzzo e in Molise che si sarebbe sposata entro l' anno la giovane che in questo giorno per prima si fosse rivolta ad est e avesse visto nel sole nascente l' immagine del santo.

La raccolta delle erbe

Un’altra tradizione di questa notte magica era la raccolta delle erbe in quanto si riteneva avessero un potere particolare e potenziato in grado di scacciare ogni malattia.
Le erbe raccolte in questa notte secondo antiche credenze avevano un potere particolare, erano in grado di scacciare ogni malattia e tenere lontano gli spiriti maligni in quanto tutte le loro caratteristiche e proprietà erano esaltate alla massima potenza.
Inoltre, alle prime luci del 24 giugno, i contadini che possedevano alberi di noce dovevano andare a legare una corda di spighe di orzo ed avena intrecciate ai tronchi dei loro alberi.
In questo modo avrebbero poi raccolto frutti buoni e abbondanti. 
In molte località si usava e si usa ancora fare il nocino, un liquore a base di noci non mature.

La raccolta della rugiada

Un altro antico rito consisteva nel raccogliere la rugiada della mattina di San Giovanni, ovviamente legata all'elemento acqua perché si riteneva avesse il potere di curare, di purificare e di fecondare. 
Per raccoglierla si stendeva un panno tra l’erba, strizzandolo poi il mattino successivo, oppure si scavava una piccola buca, in cui si inseriva un bicchiere o un altro contenitore. 


LE TRADIZIONI DI SAN GIOVANNI IN ABRUZZO

La notte compresa tra il 23 ed il 24 era anche la "la notte delle streghe": le streghe che erano tutte in circolazione per partecipare al loro congresso annuale. In Abruzzo c’erano decine di modi diversi per difendersi da loro, come per esempio ritirare i panni stesi dei bambini prima che facesse buio o sistemare dietro la porta di casa una pannocchia di granturco. La notte di San Giovanni veniva ritenuta notte di prodigi.

A Celano le donne usavano raccogliere con un oggetto non metallico la rugiada per curare eventuali problemi agli occhi o, più semplicemente, per essere desiderate.


Si riteneva inoltre che San Giovanni fornisse anche vaticini, e gli abruzzesi un tempo interrogavano l'albume d'uovo o il cardo mariano.
Si versava il bianco di un uovo in un contenitore trasparente e lo si esponeva alla rugiada della notte, ritirandolo prima che sorgesse il sole: il disegno formato dall'albume avrebbe fornito la risposta ad un evento futuro.
Si usava anche, la notte del 23 giugno, raccogliere il cardo mariano in quanto si pensava fornisse notizie sulla vita sentimentale: il ragazzo o la ragazza dopo averlo colto e averne bruciacchiato la corolla lo ponevano in un contenitore d'acqua fuori della finestra.
Se il giorno dopo i petali rinverdivano il desiderio d'amore si sarebbe avverato.

A Pianella e San Salvo ancora oggi si bruciano due cardi, uno si tiene in casa e l'altro fuori della finestra: la ragazza sposerà un forestiero se il cardo fuori della finestra dà segni di ripresa.
In molte località d’Abruzzo, la sera della vigilia le ragazze mettevano sotto il cuscino tre fave: una sbucciata completamente, l'altra solo in parte, la terza con la buccia intatta.
La mattina del 24 giugno la fanciulla prendeva a caso una delle tre fave: se prendeva quella senza buccia avrebbe sposato un uomo povero; se sceglieva la seconda lo sposo non sarebbe stato né ricco né povero, prendendo la terza avrebbe trovato un uomo ricchissimo.

Rito del comparatico.
Un tempo il 24 giugno era il giorno in cui i giovani stringevano tra loro un particolare vincolo di comparatico, una sorta di parentela spirituale, ritenuta indissolubile e sacra forse più di quella fisica.
Questa usanza si rinnova tuttora tra due paesi Trasacco e Bisegna i cui abitanti, per l'occasione si ritrovano sul fiume Giovenco, nei pressi di una antichissima fontana la cui acqua dedicata al Battista, è ritenuta miracolosa.
Dopo essersi bagnati nel fiume, di cui raccolgono l'acqua in bottiglie per utilizzarla per le malattie della pelle, i devoti dei due paesi rinnovano il rito del comparatico, scambiandosi rituali abbracci, mazzetti di fiori ornati con l'immagine sacra di San Giovanni, profumati con rami di basilico, rosmarino e menta.
Dopo aver ascoltato la messa, tra gli spari dei mortaretti e il suono delle bande, danno inizio ad una processione che conduce la statua di San Giovanni fino al paese.

A Civitella Roveto ( AQ), bagnata dal fiume Liri, che si trova all'interno di una riserva naturale, nota, fin dall'antichità, per il miracoloso potere delle sue acque, le donne sterili usavano immergersi nella cascata di Zompo lo Schioppo per curarsi e propiziare la maternità.


La tradizione, legata a San Giovanni, narra che nella notte tra il 23 Giugno ed il 24 le acque del fiume Liri acquisiscono uno speciale potere curativo.
E’ una festa molto sentita nel paese: una grande folla accorre durante la sera del 23 per aspettare il tramonto e bagnarsi nel fiume durante la notte; la mattina del 24 giugno viene poi celebrata una Messa sulle rive del fiume. Segue una solenne e partecipata processione con la statua del Santo.
A Pescosansonesco il santuario del Beato Nunzio Sulpizio accoglie al suo interno la parrocchia di San Giovanni Battista, trasferita in seguito alla frana del 1934 che investì una vasta zona del paese ed in particolare l'area del castello di Pesclum, dov'era situata la vecchia chiesa dedicata al Battista.
I festeggiamenti in onore di questo santo sono qui tradizione antica e radicata. I vecchi del paese ricordano anzi come fino agli anni '50 del secolo scorso ben tre giorni di festa (24-25-26 giugno) allietassero la comunità.
Il giorno 23 c'è invece il “Rinnovo dell' acqua e del fuoco”, rito mai abbandonato dai pescolani. In tale occasione viene benedetta l'acqua che verrà utilizzata per tutto l'anno seguente nei battesimi e viene “saltato il fuoco”: chi compie questo gesto va incontro a una vera e propria purificazione dell'anima.

Ai nostri giorni la notte di San Giovanni: la notte del solstizio e dei fuochi, anche se ai falò sui monti si sono sostituiti i fuochi d'artificio sulle spiagge, non cambia il suo significato magicamente archetipale di una grande e antica festa solare che venne celebrata da poeti e scrittori a cominciare da Shakespeare nella sua “Notte di mezza estate” sino al nostro Gabriele D’annunzio.
Il Vate ricorda l’antica usanza delle ragazze abruzzesi che si svegliavano all’alba per guardare il sorgere del sole, poiché la prima che avesse visto nel disco luminoso e sanguigno il volto di San Giovanni decapitato dopo la danza dei sette veli di Salomè, entro l’anno si sarebbe felicemente maritata.

Ne “ La figlia di Iorio” Ornella così dice ad Aligi:

E domani è Santo Giovanni,

fratel caro: è San Giovanni

Su la Plaia me ne vo’ gire

per vedere il capo mozzo

dentro il Sole all’apparire,

per vedere nel piatto d’oro

tutto il sangue ribollire.
E domani è Santo Giovanni,

fratel caro: è San Giovanni

Su la Plaia me ne vo’ gire

per vedere il capo mozzo

dentro il Sole all’apparire,

per vedere nel piatto d’oro

tutto il sangue ribollire.


Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli

23 gennaio 2022

Petrolio e gas in Abruzzo: Pollutri, Vallecupa, Alanno, Cupello, ecc.


Il petrolio negli Abruzzi
Da. Istituto Luce Cinecittà





Negli anni Cinquanta in alcuni paesi dell'entroterra abruzzese vengono rinvenuti giacimenti di gas e petrolio. Le nuove scoperte rilanciano le economie locali e permettono la nascita dei poli industriali che tuttora caratterizzano l'Abruzzo. A distanza di 60 anni, chi era presente racconta cosa è significato accogliere l'industria degli idrocarburi e lascia ai più giovani qualche spunto per il presente.
Da: Mattia Santori



Petrolio a Pollutri - 1955