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16 giugno 2024

Tratturi e Transumanze. Le vie della pastorizia, tra Abruzzo e Puglia, e l’arte della lana che portò Leonardo a L’Aquila.

Le vie della pastorizia, tra Abruzzo e Puglia, e l’arte della lana che portò Leonardo a L’Aquila

di Gabriella Izzi Benedetti *

I camminamenti, l’incrocio tra vie hanno da sempre prodotto fusione fra culture e popoli. Questa realtà da tempi preistorici concerne anche i tratturi la cui origine è datata intorno a 10.000 anni fa. Sono vie di transito che, con un sistema reticolare, spostando masse di greggi dalla montagna alla pianura e viceversa, oltre alla migrazione hanno favorito lo smercio, il baratto, creato scambio di saperi. L’Abruzzo possiede tracce antichissime del fenomeno, sicuramente dal VI millennio. Testimonianze sono reperibili nella valle Subequana e a Civitaretenga. Le direttrici tratturali erano spesso fortificate; se ne trovano di simili nei camminamenti dei Sanniti e in quelle dei Sabelli.

Nel museo civico di Sulmona un interessante bassorilievo documenta scene dell’attività pastorale durante il trasferimento delle greggi. Per millenni la transumanza è stata libera da imposte, poi i romani le introdussero, creando conflitti anche perché il mondo pastorale ha avuto, da sempre, carattere fortemente devozionale. Ecco perché è calzante l’osservazione di Goethe: “L’Europa, è nata peregrinando e la sua lingua è il Cristianesimo” peregrinare nel senso di spostarsi, viaggiare. Goethe nell’indicare il Cristianesimo come lingua comune e unificante, si riferisce a più recenti cronologie; ma il senso del sacro già in età classica, ellenica, preromana e romana è stato un fattore di continuità tra il viaggio, in specie transumante e la sacralità.

L’Antico e il Nuovo Testamento, attraverso i Re pastori, coniugano l’aspetto autorevole e il devozionale. Il pastore è colui che guida, che salva. In Abruzzo i percorsi tuttora esistenti, per quanto minimi, rivelano lo stretto legame tra viabilità storica e religiosa. Presso Scanno scavi archeologici hanno evidenziato resti di un tempio sacro a Giove Lanario; e Scanno è sulla direttrice del Tratturo Regio. Presso Sulmona esiste un’intera area sacra a Ercole Quirino, e Sulmona è sulla direttrice tratturale L’Aquila-Foggia. La pratica di fede che accompagnava la lunga marcia delle greggi, trovava nelle strutture religiose una rete protettiva. Lungo i percorsi chiese e cappelle cristiane vennero edificate su ruderi di quelle romane e preromane.

La pieve di Santa Maria dei Cintorelli, a Caporciano, a ridosso del Tratturo, mostra residui di attività del mondo pastorale arcaico. In particolare furono fondamentali le strutture benedettine poste lungo il cammino transumante, e per la prima volta troviamo annessi ai conventi luoghi di ospitalità e cura; questo perché i Benedettini furono i primi, seguendo la regola ora et labora che Benedetto da Norcia dettò nel 542, a vivere non solo di preghiera. Divennero fra l’altro medici e infermieri, come architetti, giuristi, musicisti, artigiani.

In Abruzzo la realtà benedettina fu floridissima: circa 300 strutture. In zona Sangro la badia di Santa Maria di Cinquemiglia era dotata di un Hospitale per i viandanti. In modo particolare la devozione era rivolta alla Madonna dell’Incoronata e all’arcangelo Michele. A Vasto troviamo sull’antico tragitto il Convento dell’Incoronata, San Lorenzo e Sant’Antonio abate. Benedetto Croce parla di un poeta pastore abruzzese, Cesidio Gentile, cultore del rito mariano, che inventò un patto di gemellaggio fra Pescasseroli e Foggia, paesi collegati da un tratturo Regio o Magno, come quello, che dall’Aquila raggiungeva Foggia.

Tratturi Regi erano enormi, larghi 111 metri e 11 cm esatti; non si conosce il motivo di questa metratura, se riferita all’astronomia o a un calcolo di sfericità terrestre. Se si pensa che una nostra autostrada di 4 corsie non supera i 12 metri, possiamo immaginare la differenza. I tratturi più piccoli, tratturelli o bracci, confluivano in quelli maggiori, o facevano defluire le greggi verso altre zone; quindi formavano una rete gigantesca. Lungo il percorso transumante i “Riposi”, luoghi di sosta, collocati in genere vicino a un fiume, davano modo ai pastori di dedicarsi alla trasformazione del prodotto caseario, della lana, allo scambio di prodotti come zafferano, o prodotti delle cartiere.

Dalle zone vicine convenivano gli abitanti; sul sagrato della chiesa si svolgevano sagre, fiere, e questa aggregazione creava alla fine agglomerati urbani. Ne è esempio la fondazione dell’Aquila che porta un cambio di passo nella logistica non solo locale. La depurazione, filatura e tessitura delle lane raggiunsero in L’Aquila un grado di tale perfezione attraverso telai così particolari che la loro fama indusse Leonardo Da Vinci, tra il 1498 e il 1501, ad avventurarsi negli Abruzzi con un mercante di stoffe suo amico, il milanese Paolo Trivulzio, che scendeva spesso in Abruzzo per la lana aquilana, la più pregiata sul mercato.

        Leonardo da Vinci

I telai aquilani erano all’avanguardia nella tecnica; tecnica di cui Leonardo si appropriò immediatamente e realizzò per i tessitori del luogo dei disegni. Quindi abbiamo delle coperte abruzzesi realizzate secondo il disegno di Leonardo. Uno di essi è conservato presso il castello di Windsor. E presso la “Royal Collection” esistono suoi bozzetti raffiguranti Sulmona, il Morrone, la Majella, gli alti picchi del Gran Sasso, tutti su carta di Celano, cartiera tra le più importanti in Italia.

Poi qualcosa cambiò. Alfonso d’Aragona nel 1447 decise di riorganizzare la Dogana delle pecore in Puglia e fece convergere tutti gli armamentari, le attrezzature, a Foggia, penalizzando le fiere dell’Aquila, Castel di Sangro e abruzzesi in genere. Si salvò quella di Lanciano in quanto unica fiera franca, cioè libera, della regione, e lì vennero a convergere in tantissimi non solo italiani attratti dalla fama della lana abruzzese.

Dalla Toscana arrivavano le grandi famiglie fiorentine come i Biffi, gli Strozzi, i Tornaquinci e si avvantaggiavano di percorsi alternativi, le cosiddette vie della lana. In Abruzzo molto importante quella che da Guardiagrele arrivava a Prato. Guardiagrele era luogo di convergenza di prodotti lanari; e dimostra come i camminamenti interregionali producessero pluralità di relazioni. Per dire, Nicola da Guardiagrele scultore e orafo, (la sua Croce in argento è tra le più belle in assoluto), si formò nella bottega del toscano Lorenzo Ghiberti.

L’enorme intrico di strade intersecanti l’intera Europa potrebbero raccontarci molto di più della evoluzione da esse generate. Tra le direttrici più importanti la via Francigena che dalla Scozia, attraversando la Francia raggiungeva le Puglie, zona d’imbarco dei crociati. E un troncone proseguiva fino a Santa Maria di Leuca. La via che da Monte Sant’Angelo nel Gargano, attraversa l’Italia, si prolunga fino a Mont Saint Michel in Francia e oltre.

Soprattutto per i tratturi risulta importante la via degli Abruzzi che da Firenze arrivava a Napoli, incrociando SpoletoL’AquilaSulmonaCastel di Sangro, giudicata tra le più sicure per la ricchezza di castelli e torri di avvistamento abruzzesi.  In alcuni tratti viari come avviene per la via Traiana, è evidente l’intreccio tratturo e strada, il sovrapporsi. La transumanza abruzzese che, non dimentichiamo, era la più importante in Europa seconda solo alla Spagna, si collegava ad altre regioni. Dalla maremma, da Siena, i tratturi si congiungevano a quelli umbri.  Il termine Paschi vuol dire pascoli e il Magistrato dei Paschi in Siena aveva un grande potere perché come avveniva all’Aquila, a Foggia, la transumanza era fondata sul meccanismo doganale; attraverso un atto di “fida”, con diritti e privilegi in cambio del versamento di un canone, i pastori erano soggetti a “giustizia speciale”.

Dall’Umbria poi i tratturelli raggiungevano Marche e Abruzzo e tutto questo ha influito sull’ambiente, sicché molto di quello che oggi siamo lo dobbiamo a questo incrocio di saperi. Oggi le vie erbose, bersaglio di speculazioni, risultano smembrate e snaturate. É auspicabile l’accelerazione di iniziative intersettoriali, come il restauro dei monumenti in degrado, la costruzione di infrastrutture viarie e turistiche. Queste zone, grazie alla loro storia, hanno dato origine a una biodiversità ricchissima, per flora e fauna; e ci auguriamo che vengano istituiti seminari e incentivi per la ricerca.

La mia proposta è promuovere un turismo ambientale e culturale attraverso l’osservazione leonardesca della natura e delle attività legate al mondo agricolo e pastorale. Recuperare idealmente il percorso della via degli Abruzzi associando allo sguardo scientifico sulla odierna diversità, quello etico ed estetico espresso nel “Trattato della pittura” di Leonardo. Far partire percorsi museali e ambientali diffusi e approfondire lo studio della biodiversità e dell’ecosistema che accomunano le regioni centrali.

Curiosamente queste regioni, in specie Toscana Umbria Abruzzo, sono accomunate da un forma di eccellenza riferita alla drammaturgia sacra medievale, che raggiunse forme grandiose specie in Abruzzo e Toscana. In Umbria si affermò la Lauda. Nel Medioevo il teatro era a carattere sacro, il teatro classico inesistente, per il resto relegato nell’area dei guitti e saltimbanchi. Potrebbe essere in seguito questa una nuova proposta culturale. Per il momento ci auguriamo che la vocazione di eccellenza, che è stata la realtà transumante in Abruzzo, venga fatta risorgere con concreti contesti di investimenti in beni e servizi.

*Presidente della Società Vastese di Storia Patria

Da: ilmiogiornale.org

24 aprile 2022

Bominaco: La "Cappella Sistina d'Abruzzo". S.Maria Assunta, Oratorio di S.Pellegrino.



Arroccato sulle colline d’Abruzzo, il paesino di Bominaco conta appena 50 anime, eppure custodisce un tesoro degno di una grande capitale: l’Oratorio di San Pellegrino nella chiesa di Santa Maria Assunta.

Bominaco faceva parte di un antico complesso monastico; prima si chiamava Momenaco, di proprietà dell’ordine religioso dei benedettini nel X secolo. Il feudo si trovava in posizione strategica lungo il Tratturo Magno, tra la via Claudia Nuova e la via Minucia e  la via Cecilia e la via Claudia Valeria.

Bominaco: un po’ di storia del piccolo borgo

Dato che l’antico Registrum aucotrum et scripturarum S. Mariae de Bominaco, menzionato dall’Antinori e dal Muratori è andato perso, le fonti su Bominaco provengono dal Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, in cui cita il sito come “Mamenacus”, ricordato anche nel 1093 e nel 1321. Secondo Antinori nel 1019 il monastero dipendeva da Farfa, e fu donato a Oderisio di Valva (diocesi di Sulmona).
I diplomi imperiali di Palermo del 1019 e del 1027 attestano il diritto di compatronato dei Conti di Valva, risiedenti a Sulmona.

I signori di Bominaco che erano feudatari, insieme a quelli della vicina Caporciano, nel 1428 ottennero il diritto da papa Martino V di eleggere loro stessi gli abati di Santa Maria Assunta; nel 1506 il monastero, indebolitosi sempre di più, divenne commenda di signori e vescovi vari.

Il complesso abbaziale rimase integro con le mura, gli orti, le case dei monaci, sino al XVIII secolo, quando il terremoto del 1703 danneggiò in parte l’abbazia che verrà restaurata negli interni in stile tardo barocco con beveroni di stucchil ripuliti poi, su suggerimento dal soprintendente Ignazio Carlo Gavini, nel 1934 dall’architetto De Dominicis.

Nel frattempo Bominaco era divenuto un villaggio a sé, che nel 1808 fu incluso nel comune di Caporciano, nel distretto dell’Aquila. La parrocchia era da tempo sotto la giurisdizione diocesana dell’Aquila.

Nel 1927 fu definitivamente incluso nella provincia dell’Aquila. Malgrado il lento spopolamento iniziato dagli anni del boom economico, aumentato anche da alcuni danni conseguentemente al terremoto del 6 aprile 2009, Bominaco ha rivisto la rinascita economica proprio nei suoi antichi manufatti del castello fortificato e del complesso abbaziale di Santa Maria, con gli affreschi duecenteschi dell’oratorio.

Bominaco e l’oratorio di San Pellegrino: la Cappella Sistina d’Abruzzo

L’oratorio di San Pellegrino è una piccola cappella completamente affrescata nel XIII secolo grazie al contributo dell’imperatore Carlo Magno. Un capolavoro assoluto che la furia distruttrice del terremoto del 2009 ha risparmiato.

La chiamano la “Cappella Sistina d’Abruzzo”. Date le dimensioni, c’è chi la paragona alla Cappella degli Scrovegni a Padova. Pochi ne conoscono l’esistenza, eppure è di grandissima importanza, per diversi motivi.

Questa splendida chiesetta che domina l’altopiano di Navelli e che si nasconde tra i monti di Bominaco, nasconde un vero e proprio tesoro.

È ciò che resta di un complesso monastico medievale che comprendeva anche un castello, iniziato a costruire nel XII secolo, e una torre cilindrica, oggi ancora visibile.

L’Oratorio offre un incredibile contrasto tra la struttura esterna piuttosto anonima e l’interno, caratterizzato da un’esplosione di colori data dagli affreschi che ancora conserva e che sono stati restaurati proprio di recente. Secondo alcune ipotesi sarebbe addirittura legata al passaggio, da questa parti, di Carlo Magno. Fu comunque rifatta dall’abate Teodino nel 1263.

Un luogo magico e mistico ce lascia a bocca aperta. Le pareti e le volte sono completamente affrescate con episodi tratti dal Vangelo, l’infanzia di Cristo, la Passione, il Giudizio Finale e alcuni episodi della vita di San Pellegrino.

Gli affreschi rappresentano uno dei più antichi calendari monastici, con le personificazioni dei mesi.

A ogni mese sono dedicate due vignette in cui sono riportati il segno zodiacale, la corrispondente fase lunare, una figura allegorica che rappresenta il mese e i giorni contrassegnati dalle lettere dell’alfabeto (e non da numeri).

A separare la zona destinata ai pellegrini da quella dei monaci sono due transenne di marmo scolpite con l’immagine di un drago e di un grifone e l’iscrizione che ricorda Teodino e la data del 1263. Questi affreschi di scuola abruzzese risalenti al XIII secolo sono fra i più vasti e integri complessi pittorici dell’epoca.

Bominaco: non solo l’Oratorio

L’Oratorio di San Pellegrino è solo uno dei luoghi religiosi che si possono visitare a Bominaco.

C’è anche l’Abbazia, la Chiesa del tratturo L’Aquila-Foggia, costruita nel XVI secolo in stile rurale. Si trova al centro dell’altopiano, tra CaporcianoNavelli e San Pio delle Camere. E, infine, anche l’Eremo di San Michele, situato a poca distanza dal paese, costituito da una grotta, all’interno della quale si trova un altare e alcuni resti delle strutture necessarie per poter vivere in isolamento.

Poi c’è il castello del XIII secolo e la torre di avvistamento del XV secolo che fu ricavata da una torre preesistente normanna, che fungeva da maschio di controllo al recinto fortificato, di cui si conservano tracce di mura, che dividevano i vani e le stanze dei soldati e della servitù, e l’arsenale.

Il castello recinto, alla stessa maniera dei vicini castelli di San Benedetto in Perillis, CollepietroBarisciano e Rocca Calascio, serviva da riparo alla popolazione durante gli assedi. Dopo l’attacco di Braccio da Montone del 1423 divenne inservibile, ma la torre continuò ad essere usata.