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23 gennaio 2024

E' Cchiù Moje la Hallene Dumane chi ll'Ove Ugge!!! - La Compagnia Teatrale Ugo Zimarino 2017.

Ti a la Casa tò e ja a la Casa mò! - La Compagnia Teatrale Ugo Zimarino 2016.

Stattet attent attent attente a lu Capiton!!! - La Compagnia Teatrale Ugo Zimarino 2015.

"...ee mastre Giggine Paghe!!" - La Compagnia Teatrale Casalese Ugo Zimarino, 2013.

8 dicembre 2023

Padre Settimio Zimarino, Canzoni di Natale e pastorali.



NELLA FREDDA GROTTA
versi P.G.'D'ANTONIO
musica S. ZIMARINO

NINNA NANNE E LU BAMBINE
versi don Mario Di Cola
musica Settimio Zimarino
Corale "Armonie D'Abruzzo" Pescara

ALLA FREDDA TUA CAPANNA
di P.G.D'Antonio, S. Zimarino
Corale "E. Corbetta" Versione integrale di 4 strofe

NINNA NANNA
versi Luigi Dommarco
musica S. Zimarino
Maggiolata di Ortona, 1939

AL MITE LUME

NINNA NANNA AL BAMBINO
di De Titta-Zimarino
versione italiana della Corale E. Corbetta di Bergamo

VENITE A BETLEMME!
versi P.G.D'ANTONIO
musica S. ZIMARINO

PIVA PIVA PASTORALE
per zampogna

VENITE, CANTIAMO!
di P.G.D'ANTONIO
S. ZIMARINO

10 giugno 2023

Nicola De Arcangelis, Tipografo-Editore di Casalbordino.

 
NICOLA DE ARCANGELIS (Casalbordino 02/10/1863 - 30/04/1933)
Tipografo-Editore

Assieme e quasi a pari meriti con l’editore lancianese Rocco Carabba, il tipografo editore cav. Nicola D’Arcangelis rappresentò nel primo novecento abruzzese il garante della cultura in Abruzzo con la sua preziosa attività editoriale .
Nicola De Arcangelis nacque a Casalbordino (CH) nel 1863, subito dopo l’Unità d’Italia. I genitori erano Fulviano De Arcangelis e Maria Fanci, due negozianti che all'epoca vendevano varie merci al dettaglio in una piccola bottega di proprietà che era nel centro di Casalbordino dove erano residenti. Fulviano, era rimasto orfano di padre da pochi anni, quando misero alla luce il figlio neonato che fu poi registrato al comune col diminutivo Nicolino. Quel nome diminutivo era però destinato a grandi prospettive future.
Nello stesso anno di nascita di Nicola D’Arcangelis, la prefettura provinciale di Chieti autorizzava nella città di Lanciano il nuovo impianto di una tipografia al signor Domenico Masciangelo , il quale anni prima aveva impiantato anche una sua tipografia privata nel Vasto. Presso la nuova sede di Lanciano molto presto iniziò a lavorare anche il figlio Donato Masciangelo ed anni dopo iniziarono a muovere i loro primi passi nel mondo dell’editoria tipografica anche i giovani apprendisti presenti nella tipografia Masciangelo, che erano: Rocco Carabba di Lanciano, Nicola De Arcangelis di Casalbordino e Donato D’Arcangelo di Atri.


Costoro diventeranno i tre nuovi grandi artefici del mondo editoriale abruzzese .
L’apprendista casalese Nicola De Arcangelis arrivava a Lanciano col treno ma qualche decennio dopo in un incidente ferroviario riportò delle lesioni con postumi permanenti ad una gamba che lo azzopparono. Nel 1885 Nicola ottenuto il risarcimento dei danni subiti dall’incidente, con tale somma aprì a Casalbordino una sua tipografia privata. Le difficoltà alla deambulazione non gli impedirono di sviluppare il suo grande sogno imprenditoriale. L’attività casalese prestò iniziò ad imporsi con successo nel mercato locale e da piccola azienda nel tempo si trasformò in una grande e moderna industria che arrivò a conquistare la ribalta regionale e dell’intera penisola.
Nel 1928, l’azienda casalese, nella Relazione Statistica della Provincia di Chieti, venne annoverata come industria poli-tipografica degna di nota. L’attività si era sviluppata nel piccolo centro di Casalbordino dove l'azienda diventò un simbolo del coraggio imprenditoriale. Le commesse iniziarono ad arrivare pure dal resto d’Italia ed i vari comuni zonali continuavano sempre più a richiedere i loro diversi stampati, plichi, buste e manifesti cartacei. Il lavoro aziendale della tipografica D’Arcangelis si incrementò ancor più dopo le nozze del cav. Nicola con la consorte Teresina Masciangelo, la figlia dell’ex-datore di lavoro nonché sorella di Donato, l’erede della tipografia Masciangelo.
La piccola tipografia casalese aperta nel 1883, contava già nel 1891 quattro ragazzini aiutanti apprendisti. Nel 1905 per problemi di spazio la sede venne trasferita in un locale più ampio a corso Garibaldi nel centro di Casalbordino.
Nicola fece nuovi grandi investimenti per gli acquisti dei modernissimi macchinari di avanguardia essenziali a garantirgli la qualità delle arti grafiche ed editoriali. L’azienda casalese De Arcangelis arrivò a stipendiare circa 60 dipendenti, suddivisi tra gli addetti alle macchine, alle stampe, spedizionieri, autisti e rappresentanti.


Nicola De Arcangelis ricoprì anche cariche legate alla politica di regime. Nel 1927 fu tra i principali Consiglieri nella Federazione Nazionale Fascista per l’Industria Grafica e le Arti affini, con sede era a Roma sotto la guida diretta del senatore presidente on. Giovanni Treccani. Nicola divenne anche vice-presidente della Camera di Commercio della provincia di Chieti e fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia dall’allora regnante sabauda re Vittorio Emanuele III.
Grazie alla sua meticolosa solerzia ed alla sua grande operosità imprenditoriale, il cavaliere Nicola divenne un personaggio stimato e molto rispettato anche nella piccola realtà urbana di Casalbordino. Nicola De Arcangelis morì il 30 aprile del 1933, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, e grazie alla sua attività editoriale lasciò all’Abruzzo un ricco patrimonio culturale di oltre 300 libri editi sotto tale etichetta.
L’attività editoriale dopo la morte del cavaliere Nicola, subì un duro colpo d’arresto e nonostante i successivi tentativi di continuità ripresi subito dopo la guerra nel 1945 dall'erede nipote e figlio adottivo Riccardo De Arcangelis, alla fine l’azienda fu costretta a chiudere per sempre i battenti nel 1952.




Per approfondimenti:
https://www.ilprimato.com/persone/people/16876-nicola-de-arcangelis.html

https://www.ilcentro.it/abruzzo/de-arcangelis-editore-in-abruzzo-1.1382861

 

Francesco Paolo Michetti, "Pellegrinaggio a Casalbordino - Gli storpi", 1900.

Francesco Paolo Michetti, "Pellegrinaggio a Casalbordino - Gli storpi", 1900, tempera su tela, cm. 380X970, Museo Michetti, Francavilla al mare.

 
Francesco Paolo Michetti, (Tocco da Casauria, 04.101851, Francavilla al mare, 05.03.1929)
"Pellegrinaggio a Casalbordino - Gli storpi", 1900
Tempera su tela, cm. 380x970
Museo Michetti, Francavilla al mare.


Quadro ispirato alla richiesta di grazia dei malfermi durante i festeggiamenti della Madonna dei Miracoli di Casalbordino (11 giugno). Un documento delle tanti tradizioni popolari abruzzesi.

Francesco Paolo Michetti, "Pellegrinaggio a Casalbordino - Gli storpi", 1900.





















Per approfondimenti:
https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/1200827604

23 maggio 2023

Antonio Sciarretta, Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto.

Geo-storia amministrativa d'Abruzzo: Vasto

di Antonio Sciarretta

VASTO

Municipio romano, terra pre-napoleonica e comune contemporaneo, corrispondente all'attuale centro con questo nome. Erede della romana Histonium (la fase frentana era a Punta Penna). Attestata nel XI sec. come castello, ma non nel Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Tradizionalmente ritenuta divisa nel periodo alto-medievale in due Terre distinte, Vasto Aimone e Vasto Gisone. Ma la seconda è piuttosto da cercare a nord dell'attuale abitato. Le due terre sono unificate in una sola Università nel 1385, citata come "Vasto Aimone superiore e inferiore" nella prima tassazione aragonese del 1443-7. Toponimo.

Civile:
  • -IX sec.: Loc. in Chieti maggiore.
  • XI sec.-1807: Castello, Università del Vasto Aimone.
    • Nel XIII sec. incorpora Collebono e S. Sisto.
  • 1807-1811: Governo di Vasto.
  • 1811-oggi: Comune di Vasto (1811-1938), Istonio (1938-1944), Vasto (1944-oggi).
  • Provincia: Chieti (-oggi).
  • Distretto/Circondario: Lanciano (1807-1811), Vasto (1811-1927).
  • Circondario/Mandamento: Vasto (1811-1927).
  • Feudo: S. Giovanni in Venere, Fasanella (1269-1273), Caldora (-1442), Regio (1442-1444), de Guevara (1444-1460), d'Avalos (1460-1464), Regia (1464-1471), de Guevara (1471-1485), Regio (1485-1496), d'Avalos (1496-1806), col titolo di Marchesato (1497-1806).

Ecclesiastico:
  • Diocesi: nullius di S. Giovanni in Venere (-1624), Chieti (1624-oggi).
  • Parrocchia: S. Maria Maggiore (-1808) e S. Pietro (-1808), S. Giuseppe (1808-oggi).
  • Filiali: S. Maria Maggiore (1915-oggi), S. Pietro (1915-oggi), S. Maria Stella Maris in Vasto Marina (1927-oggi), S. Lorenzo in C.da S. Lorenzo (1954-oggi), S. Giovanni Bosco (1965-oggi), S. Maria Incoronata in C.da Incoronata (1971-oggi), S. Paolo (1973-oggi), S. Antonio (1973-2001), S. Marco (1982-oggi), S. Maria Immacolata (1982-2001), S. Maria del Sabato Santo (2001-oggi).

SINELLO

Castello medievale sito nell'attuale loc. Torre Sinello. Va forse identificato col castello Cileno, attestato nell'a. 1000 prope Senellam e di cui in seguito non si hanno tracce. Nel XI sec. è diviso in più porzioni. Non è citato dal Catalogus Baronum, nemmeno tra i feudi dell'abbazia di S. Giovanni in Venere. Incorporato in Pennaluce dopo la fondazione di quest'ultima. Toponimo.

31 ottobre 2022

Capetiempe. A capo del tempo, dove tutto ricomincia.

Foto particolare tela della Madonna con anime purganti nella chiesa del Carmine di Guardiagrele.

Capetiempe. A capo del tempo, dove tutto ricomincia.

"Capetiempe"  dal 31 ottobre, vigilia di Ognissanti, all’11 novembre è il tempo dove tutto si conclude e tutto ricomincia.

E' il periodo di congiunzione tra antico e moderno, passato, presente e futuro, in cui vita e morte si tendono la mano. Si banchetta, consumando il frutto degli orti autunnali, festeggiando l'arrivo del vino novello e la conclusione del ciclo agricolo. Si mangiano le zucche, poi si vuotano per farne candele per la notte del passaggio.

Ha inizio la notte del 31 ottobre quando lumi e candele esposti sui davanzali accolgono i defunti in casa, dove li attende del buon cibo, del buon vino e, a volte, anche qualche abito che hanno richiesto nei sogni dei loro cari. Al mattino saranno scomparsi, senza dimenticare di lasciare timide tracce del loro passaggio. Sarà allora che la luce del sole spegnerà gli ultimi piccoli fuochi per lasciare posto alla vita che ricomincia. Il cibo rimasto sarà offerto ai poveri, segno di pace, di riconciliazione, di solidarietà. E' questa la tradizione antica di Ognissanti che si celebra nei borghi abruzzesi che richiama la più nota All Hallows’ Eve, ossia la "Notte di tutti i Santi Spiriti”.

La festa celtica di Samhain (fine dell'estate) che indica l'avvicendarsi delle stagioni e la leggenda irlandese di Jack o lantern, che vaga come fuoco fatuo dentro una zucca, non sono dissimili dalle leggende, i racconti, i riti praticati sin dalla preistoria nel territorio abruzzese. Un tempo, i bimbi lasciavano le calze vuote appese sul camino che nonni e bisnonni defunti avrebbero riempito di dolciumi. La richiesta del "dolcetto o scherzetto" ricorda il passaggio dei poveri che chiedevano l'elemosina  “pe’ll  alme de le muorte” in cambio di benedizioni ricevendo il cibo sacro lasciato per i defunti. Fin dal mattino, nelle botteghe e nelle strade dei borghi erano in mostra le candele, acquistate per accenderle nella notte sui davanzali e presso le tombe, le campane suonavano fino a notte avanzata.

La “pietas” verso i defunti da tempi antichissimi ha dato vita in Abruzzo a innumerevoli leggende e rituali, alcuni ancora perpetuati, alcuni dimenticati che conservano il fascino dell'abbraccio eterno tra vita e morte:

  • Serramonacesca (Pe) i bambini, si vestono da "trapassati" con zucche intagliate a forma di testa ,le “Cocce de morte” (teste di morto) e bussano di casa in casa in cerca di dolciumi rispondendo al  “Chi è?” con la frase "L'aneme de le Morte”, nome della manifestazione che si tiene ogni anno nel borgo, una grande festa accompagnata dalla Sagra dalla Zucca, vino cotto e castagne.
  •  A Pratola (Aq) è usanza antica apparecchiare la tavola, poggiando una conca piena di acqua sul tavolo, lasciando l'uscio aperto. Nella sera di Ognissanti, i ragazzi con il volto imbiancato di farina bussano alle porte delle case; 
  • Pettorano sul Gizio (Aq) i ragazzi si dipingono il viso con cenere e farina e i giovani contadini cantano di casa in casa  “la canzone dei questuandi”: "Ogg' é la fèste di tutte le sande : Facéte bbén' a 'st' aneme penande. Ogg' é la fèste de li sande 'n gj'iele; Facète bbén' a 'st' angele Grabbijéle. Se vvoi bbéne de core me le facéte, 'n quell'aldre monde le retrovaréte", ricevendone in cambio cibo e ospitalità. 
  • Introdacqua (Aq) si accendono lumi sui davanzali per celebrare la Scornacchiera, una processione di anime con le candele accese tra le mani che si muove la notte di Ognissanti in paese cantando “tiri tiri tera e mo’ passa la scornacchiera". Vi partecipano i nati morti che si muovono all'inizio della processione come soffi di vento, seguono i piccoli battezzati, i ragazzi, gli adulti e gli anziani. Sembra che per vedere la processione occorra portare un setaccio.
  • Pacentro (Aq) vengono celebrate messe in tutte le chiese fino alla domenica successiva a Ognissanti. Le famiglie più ricche del paese preparavano lauti banchetti per ospitare il passaggio dei defunti che donavano poi ai bisognosi del Paese;
  • Roccapia (Aq) la leggenda afferma che si celebrasse di notte la messa degli spiriti dei defunti.
  • Sulmona (Aq) la popolazione un tempo seguiva “la rossa processione” fino al cimitero dove si celebrava la messa e poi “chiasso e bicchieri” per celebrare la vita che si rinnovava;  i ragazzi, usavano, con pallottole di calce fresca o con secchio di calce stemperata e con pennello, scarabocchiare di bianco tutte le porte di casa;
  • Nell’Alto Vastese, si prepara una bacinella d’acqua con un telo perché i defunti arrivati in casa dopo un lungo viaggio possano lavarsi;
  • Cappadocia (Aq), i bambini girano per le strade del paese con lo “scampanaccio di San Martino" e il borgo si anima con la Sagra della panuntella, fette di pane con braciolette di maiale, canti e balli popolari.
  • Villa Sant’Angelo (Aq) si festeggia con l'evento "Zucche infuocate", gara di mangiatori di peperoncino.
  • Calascio, a Carapelle, a Castel vecchio CarapelleGioia dei Màrsi, in provincia dell'Aquila, si distribuisce una minestra di legumi e granturco, detta “ju granate”  ai poveri e ai vicini.
  • Gessopalena (Ch) le case vengono preparate per accogliere i defunti che, malinconici, vanno a visitarle;
  • Campli (Te), sulle tombe le candele si mettono dalla sera, affinché i morti, che nella notte lasciano il loro sepolcro, possano arrivare a casa;
  • Francavilla al Mare (Ch) nelle case si fa ardere per tutta la notte qualche lume perché ogni morto va a bere nella sua casa;
  • Vasto (Ch) si mettono le conche con dentro il ramaiolo con una candela accesa sul tavolo;
  • Chieti, si poggiano pane acqua sul tavolo, vicino ad un lume, che sarà donato ai poveri al mattino successivo. Si racconta che per vedere i defunti, occorra posizionarsi presso un crocicchio, col mento appoggiato a una forca. I ragazzi usavano i picchiare i portoni, portando zucche vuote con fori a mo' di teschio;
  • Fara Filiorum Petri (Ch) si racconta che per vedere la processione dei morti, si deve stare sotto il recipiente dell'acqua santa, con una forca a due punte sotto il mento, tenendo in mano un gatto oppure guardando in un bacino d'acqua, messo sulla finestra, con un lume vicino.  Sia a Fara che a Campli sui davanzali si mettono piatti di minestra, affinché ne mangino i morti che vanno in processione;
  • A Ortona (Ch) è usanza non lasciare la camicia sulla sedia, ma metterla sotto il guanciale, perché i morti potrebbero rovinarla per vendicarsi d'essere stati sepolti senza i dovuti onori.
    Roccaraso (Aq) si racconta che i morti lasciano i luoghi in cui penano ed hanno libertà di tornare nelle proprie case, dove possono restare fino al giorno dell'Epifania recitando spesso "Tutte le fèste vade vije ; ne' vvenga maje la 'Pifanije" e dal 2 di novembre la sera, fino all'Epifania, si bada a non far oscillare la catena del camino, per non svegliare i morti che dormono in casa;
  • A Pescina (Aq) gli anziani raccontano di una fornaia che andava ad accendere il forno e, nel passare avanti a una chiesa, entrò. La chiesa era illuminata e piena di gente. Inginocchiatasi una sua comare già morta, le si avvicina e dice : "Comare, qui non stai bene; va via. Siamo tutti morti, e questa è 
    la messa che si dice per noi. Spenti i lumi, moriresti dalla paura a trovarti in mezzo a tanti morti". La comare ringraziò, e andò via subito, ma per lo spavento perdette la voce;
  • Lanciano (Ch) gli sposi mandano il giorno dei morti in regalo alle spose la pizza (stiacciata) con le sardelle e nelle famiglie se ne mangia come cibo di rito;
  • Cugnoli (Pe), come in molti borghi d'Abruzzo, si ha cura di non lasciare nessun carbone acceso, nessuna scintilla perché quella notte non c'è vita.
  • A Perano (Ch) e nel pescarese grida e burle animavano la processione verso il camposanto per esorcizzare la paura; le anziane peranesi ponevano su un tavolinetto due candele accese e un bacino con l'acqua, prendevano una forca di legno, puntando per terra il manico e mettendo il collo sull'inforcatura per guardare i defunti che apparivano nell'acqua.
  • Gioia dei Marsi (Aq) si crede che chi giunge prima in chiesa, libera un'anima dal purgatorio
  • Ad Altino (Ch) Atessa (Ch), Casalbordino (Ch), Fara San Martino (Ch), Perano (Ch), Pratola Peligna (Aq) la catena del camino non si può toccare perchè così si scuoterebbe la testa dei morti disturbandoli nella loro quiete;
  • Santo Stefano di Sessanio (Aq) da qualche anno la notte del 31 ottobre ha luogo la “Festa delle Lumère” ispirata alla tradizione di costruire figure e maschere con le sembianze di teschi per esorcizzare l’idea della morte nei giorni in cui il mondo dei vivi entrava in contatto con quello dei defunti;
  • A Spoltore (Pe) ogni anno si rinnova “La Tavola dei Morti’ che riporta alla luce una tradizione importante diffusa in tutto il meridione sino agli anni ’50 e che purtroppo si è andata perdendo, ossia le pratiche devozionali per onorare i defunti che tornano nelle loro case per un breve attimo nella notte di Ognissanti. Con la sola luce delle candele ci si incammina, seguendo un percorso delimitato dai lumini, con alcune pause, ciascuna delle quali è caratterizzata da un racconto, come "la storia delle ‘ossa a la vutate de lo lope’, ossia del ritrovamento di ossa umane a seguito dell’impianto di vigne e oliveti, o il rinvenimento di un’antica sepoltura facendo attenzione a non incappare nei dispetti de Lu Mazzamurille, uno spiritello con un berretto rosso in testa che si diverte a infastidire i vivi con scherzi di ogni sorta. La “Processione dei frati morti”, in silenzio e con i ceri accesi, segue i presenti scortati dalle anime dei cavalieri. All’esterno di ogni abitazione ci sono dei simboli, come il sacchetto di grano o la scopa rovesciata e, ogni volta, ne viene narrato il significato.  Le tavole sono imbandite per accogliere le anime che passano la notte da quella cucina e che potranno ritrovare i piatti tanto amati in vita. Particolare è l’allestimento dell’altare delle Anime Pezzentelle, le anime del purgatorio in cerca di grazia con la possibilità di ascoltare il racconto di una devozione tutta abruzzese e meridionale. Al termine dell’evento, a tutti i partecipanti viene offerto gratuitamente il ‘cibo penitenziale’, anch’esso rigorosamente rispettoso della tradizione, ovvero ‘il grano dei morti’, ossia grano bollito con noci, melograno e mosto cotto, fave lesse, ceci abbrustoliti, zucca e patate con vino rosso

  • Schiavi di Abruzzo (Ch), dopo circa 60 anni, è tornata l'antica tradizione de "Le casette degli Angeli" : i bambini, con l'aiuto delle mamme, costruiscono casette in miniatura con materiale riciclato ponendo all'interno un piccolo lume dedicato ai defunti, che una volta benedette, vengono sistemate sulla scalinata centrale del paese.

  • Al Castello di Palmoli (Ch) si celebra "La notte dei mazz’marill", che, nascosti tra gli arbusti, attendono i visitatori, per portare notizie dal mondo ultraterreno.  Lungo il viale d'ingresso ci sono i lumini accesi creano un'atmosfera suggestiva. Protagonisti leggende, tradizioni popolari e le anime dei defunti, narrate nelle stanze dell'antico maniero.

La notte di Ognissanti non è animata solo dalle care anime dei defunti, ma anche da spiriti malevoli, streghe e folletti dispettosi e su tutte regna nell'immaginario collettivo abruzzese la figura della "pantafica", dagli occhi spettrali, bianca  e minuta, che si materializza nel letto del malcapitato durante il sonno, paralizzandolo e impedendogli di proferire parola. Il rimedio contro le sue apparizioni è semplice: lasciarle un po' di vino da bere, poiché ne va pazza, lasciare dietro l'uscio una scopa di saggina o una consistente treccia d'aglio.

Laura Toppeta

Da: Abruzzoturismo.it

https://lifeinabruzzo.com/capetiempe-new-year-abruzzo/