Pagine

Visualizzazione post con etichetta Razzi Serafino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Razzi Serafino. Mostra tutti i post

19 maggio 2024

E. Troilo, Gli slavi nell’Abruzzo Chietino. Atti della Societa romana di antropologia. Roma Vol. VI. Fasc. II. 1899, pp. 117-127.

E. Troilo, Gli slavi nell’Abruzzo Chietino. Atti della Societa romana di antropologia. Roma  Vol. VI. Fasc. II. 1899, pp. 117-127.

Da: https://macedonia.kroraina.com

Terenzio Zocchi, Cupello, ex colonia serbo-croata. La testimonianza del 1577 di fra' Serafino Razzi.


Cupello, ex colonia serbo-croata. La testimonianza del 1577 di fra' Serafino Razzi

 di Terenzio Zocchi

La migrazione slava e albanese - In Italia, a parte le comunità slovene del Friuli, esistono ancora tre comuni di lingua e tradizioni slaveSan Felice del MoliseMontemitro Acquaviva Collecroce, tutti in Molise, sulla vallata del fiume Trigno. Si tratta delle ultime tracce di una vasta migrazione che interessò le popolazioni slave serbo-croate della Dalmazia e della Slavonia e le popolazioni albanesi tra il XIII e il XVI sec. Un gran numero di profughi si riversò sulle coste italiane, specie dopo la conquista turca di Costantinopoli del 1453

Il Regno di Napoli in genere accolse queste popolazioni permettendo loro di fondare degli insediamenti, le cosiddette "Ville degli Schiavoni", che da campi profughi divennero a poco a poco dei veri e propri paesi. Molte delle originarie fondazioni serbo-croate, concentrate più che altro tra l'Abruzzo costiero, il Molise e l'attuale provincia di Foggiahanno perso presto la lingua e i costumi slavi: si trattava generalmente di minoranze, gradualmente riassorbite all'interno della popolazione italiana del luogo.

Gli slavi d'Abruzzo - Tra le colonie slave "certe" nel terriorio dell'attuale provincia di Chieti, si ricordano CupelloVillalfonsinaSchiavi di Abruzzo (ma in questo caso si tratterebbe di una migrazione più antica), MozzagrognaVilla Scorciosa (frazione di Fossacesia), Sant'Apollinare (frazione di San Vito Chietino), Villa Stanazzo (frazione di Lanciano), Casacanditella, forse TreglioTorrevecchia Teatina, oltre ad una serie di frazioni e località minori. In molti di questi casi, gli abitanti dei luoghi sono ancora chiamati in dialetto schiavùne, "slavi". Esistono tuttavia molti dubbi sul fatto che l'intera popolazione di questi paesi fosse slava: in molti casi dobbiamo pensare infatti ad una commistione tra le nuove famiglie serbo-croate e le famiglie italiane già residenti nei luoghi.

La testimonianza più antica di insediamenti serbo-croati in Abruzzo è del 1290, quando vennero emanate delle leggi che stabilivano esplicitamente quanti dazi dovessero pagare i coloni slavi. Nell'area abruzzese, le popolazioni serbo-croate erano giunte probabilmente attraverso il porto di Vasto, che da tempi molto antichi intratteneva grossi traffici commerciali con la Dalmazia. Già nel '300 a Vasto esisteva un quartiere slavo, con una propria chiesa: San Nicola degli Schiavoni, oggi perduta. Nel 1522 a Vasto su 799 famiglie, ben 50 erano slave, con un proprio religioso.

Cupello, "Villa degli Schiavoni" - Nel Vastese, la colonia slava che ha conservato più a lungo le tradizioni originarie è stata quella di Cupello (in passato Villa Cupello Villa degli Schiavoni), anche se già nel primo '700 sembra che si fossero persi tutti i caratteri della cultura slava. Tuttora alcune località cupellesi conservano comunque il nome serbo-croato, come la collina di Gradina (cioè in serbo-croato "colle, rilievo") e Colle Aglavizza (in serbo-croato glavica [leggi glavìza] "collina").

Secondo una tradizione ancora viva, l'attuale Cupello avrebbe avuto origine per volere di re Alfonso I d'Aragona, che verso la metà del '400 fece arrivare via nave dalla Dalmazia un gruppo di 39 famiglie slave, per ripopolare le terre devastate dai Turchi. Secondo un'altra versione, a prendere la decisione sarebbe stato invece Alfonso D'Avalosmarchese del Vasto, dopo il devastante terremoto del 1456 che aveva fatto dei danni anche nella zona. Una tradizione orale inoltre vuole che il primissimo insediamento fosse molto più vicino a Monteodorisio, per poi spostarsi nel punto attuale verso gli inizi del '500.

I diari di fra' Serafino Razzi - Una splendida testimonianza su Cupello, "Villa degli Schiavoni", viene dai resoconti del padre domenicano Serafino Razzi, religioso erudito che dimorò a Vasto tra il 1576 e il 1577 e registrò sui suoi diari manoscritti molti dei viaggi effettuati nei paesi della zona:

Il primo dì di settembre del 1577 fui ricerco d'andar a una Villa di Schiavoni lontana circa due miglia [n.d.r. da Vasto]. Ci andai, ci celebrai la messa, e ci feci una predica, stando allo altare, peroché no' ci era pergamo. E dopo havendo desinato col messer prete, me ne ritornai al Vasto per conto della lezzione che io dovea fare nella chiesa nostra dopo il Vespro, essendo domenica.

Razzi fa innanzitutto un resoconto sull'origine delle colonie slave tra Abruzzo e Puglia:

Ove è da notare, come havendo i Turchi, da molti anni in qua, presa e ridotta sotto il dominio loro quasi tutta la Schiavonia fra terra, e quasi fino alla marina dominando, molti popoli per non perder fra loro la fede christiana, e per non istare sotto gli infedeli, se ne sono venuti, passando il mare, in queste parti delli Abruzzi e della Puglia, assai bene ampie e spaziose. E da i ministri Regii sono per pietà stati assegnati loro varii e diversi luoghi. Ove fermatisi sono habitati prima sotto cappanne di paglia, e sotto frascati [n.d.r. "capanne di frasche"]. E poscia lavorando la terra, e sementandola, et industriandosi hanno incominciato a murare case, e tuttavia si vanno augumentando [n.d.r. "tuttora stanno aumentando"], et in numero et in facoltà, riconoscendo con certi loro patti e convenzioni la camera Regia, e coloro da i quali prima riceverono il luogo per le loro habitazioni. E l'istesso modo prima, e specialmente verso la Puglia, come a loro più diritta e commoda, intervenne a' molti popoli della Grecia [n.d.r. leggi "dei Balcani"].

Cupello nel 1577 - Il frate, ad oltre un secolo dal primo stanziamento, trova un villaggio abbastanza grande, abitato da un centinaio di famiglie, ma con abitazioni molto modeste:

Questo pertanto Villaggio a cui fummo noi chiamati, fa d'intorno a cento fuochi, et habitano ancora per la maggior parte sotto cappanne, nelle quali fanno fuoco: hanno camere, cellaro [n.d.r. "cantina"] e stalla. E sono bene stanti, come quelli che nel sudore del volto adoperano bene la terra , e la fanno pare assai fruttare.

Non manca un accenno al dialetto slavo che allora era ancora vivo, ma viene dato conto anche di un diffuso bilinguismo:

Mantengono fra loro il favellare schiavone chiamando il bane bruca [?], la carne mesa [serbo-croato meso], il cacio sire [serbo-croato sir], l'uova iaia [serbo-croato jaja], l'acqua uode [serbo-croato voda]. Favellano ancora i più italiano per conto della conversazione, e traffichi pei mercati di comperare, e di vendere.

Razzi, da buon frate domenicano, resta incuriosito da alcuni rituali religiosi che riguardavano la benedizione delle tombe con acqua santa:

Hanno la propria chiesa, lontana dalla Villa quasi un tiro d'arco, cinta d'ogni intorno da un capevole cimitero, e quello da un fosso. Osservai questa mattina, come le donne quasi tutte venendo alla messa portavano a' cintola, come sogliono i soldati i pugnali, uno aspersorio con ispogna  [n.d.r. "con una spugna"] in cima: et in mano un mazzetto di candele per accenderle a' loro altari: et in ispalla una o due conocchie di lino, o vero una piccia di pane in grembo per offerir all'altare, essendo la domenica prima del mese. Arrivate alla porta della chiesa tuffano il loro aspersorio in una gran pila d'acqua benedetta, e poi con esso girano per lo cimitero intorno dando l'acqua santa alle sepolture coperte di grossi sassi e pietre, per cagione credo che le fiere divoratrici non le scavino. Et il prete bisogna che tenga sempre buona provisione d'acqua santa.

Seguono alcune considerazioni sulle attività commerciali e agricole. Il frate sembra essere molto stupito della vivace attività economica della colonia

Sono gli Schiavoni persone robuste e da fatiche. E si governano molto prudentemente in queste loro Ville, quasi Colonie, tenendoci il macello, le panetterie, et altre officine necessarie. Danno al prete loro, per sua provisone annuale, dalle venti alle ventiquattro some di grano, di tanto che ne sementano in quell'ampio loro terraggio. Et a i religiosi che ci mandano una volta la settimana ad accattare, fanno amorevolmente la limosina di pane, di vino, ed uova. Siano egli benedetti dal Signore che così trasferendogli nella nostra Italia, gli ha liberati dalle mani degli infedeli! Non hanno per ancora vigne, ma si proveggono di buoni vini, quì nel Vasto.

Da: Il Trigno.net

Graziano Esposito, Breve storia di Cupello. Dal documento agli avvenimenti.

Da: www.academia.edu

14 novembre 2020

Viaggiare in Italia nel '500. Serafino Razzi e 'I viaggi adriatici'.


Viaggiare in Italia nel '500. Serafino Razzi e 'I viaggi adriatici'. Con Camillo Chiarieri
Da: metapolitics


***




 

Itinerario curato da Monica De Rosa


Il frate domenicano Serafino Razzi, per ordine dei suoi superiori, partì da Perugia il 12 luglio 1574 alla volta degli "Abruzzi" e vi restò per ben 3 anni, girando e predicando in lungo e in largo per le contrade della regione. In questi suoi instancabili viaggi pedestri egli annotava e descriveva dettagliatamente tutto ciò che incontrava nel suo cammino: usi, costumi, detti del popolo, opere d’arte, antiche iscrizioni, città, paesi e finanche le più recondite viuzze, privilegiando per le sue prediche proprio i centri minori. La puntigliosa meticolosità con cui descrive le tappe dei suoi itinerari abruzzesi ha permesso di rimandare l’immagine di un Abruzzo lontano e di cui non risultano pervenuti altri documenti autentici.

penne

Penne, Riserva Naturale

Il frate trascorse a Penne, che da una elevata posizione panoramica domina ancora oggi incontrastata sulle sottostanti vallate tra i fiumi Fino e Tavo, parte del suo soggiorno in Abruzzo: e proprio nella gradevole cittadella in provincia di Pescara lo incontreremo per avviarci con lui lungo gli antichi borghi.
Con una visita guidata alla Riserva Naturale del Lago di Penne potremmo iniziare il nostro viaggio sulle orme del frate domenicano. Da questi luoghi, Fra' Serafino, con l'occhio attento di un instancabile camminatore cinquecentesco, portò la sua opera di evangelizzazione lungo le selvatiche vie dell'Abruzzo e, come risulta dai suoi manoscritti conservati presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, in altri diversi luoghi dell'Adriatico.

 



Nell'itinerario qui proposto, scenderemo con lui lungo l'affascinante, e per molti versi ancora oggi estremamente suggestiva, costa teatina. Paesi in cui cultura, ambiente e tradizioni si fondono per offrire al viaggiatore una fruizione consapevole dei luoghi e della loro storia.
Il visitatore moderno potrà così riscoprire il fascino delle antiche contrade accompagnando il frate nelle sue visite ai centri minori, o alle città più grandi; individuare antichi e suggestivi scorci, rimasti magari inalterati nonostante il trascorrere del tempo, o siti naturali che hanno conservato intatta la loro primordiale bellezza; scorrendo gli appunti del domenicano e muovendo lungo percorsi dimenticati, si potrà subire il fascino del disvelamento di un tempo remoto ed accorgersi con meraviglia di quante tracce del nostro passato abbiano sedimentato, nei luoghi o nelle nostre coscienze.


 
Il dettaglio, la cura, l'attenzione ad ogni particolare della vita dei luoghi e delle persone che Razzi incontra sul suo cammino permettono a queste remote figure, agli arcaici rituali, ai modi e ai costumi del tempo di stagliarsi sullo sfondo di un lontano passato per balzare nitidi ancora oggi agli occhi del Viaggatore Adriatico: antichi tratturi o tracce di usanze primigenie, rinnovata viabilità o perdurare di un'antica abilità artigianale, luoghi di profonda spiritualità, centri di vivace cultura, monumenti o antichi casali; accompagnare fra' Serafino ci introdurrà per queste contrade immergendoci in un confronto continuo tra passato e presente attuato con l'occhio nuovo del visitatore di Viaggiadr. 

 

penne antica

Penne


Lasciando dunque "Civita di Penna", ci dirigiamo verso la provincia teatina.
 
  
Alli 6 di giugno 1575 partii con un compagno per ire alla fiera di Lanciano, e trovato al IV miglio Colle Corvinoqui celebrai la santa messa.
 
  
Ed anche al nostro viaggiatore consigliamo una breve sosta, almeno un momento, per prendere visione dell'antico castrum medievale e godere l'incantevole veduta; Collecorvino sorge, infatti, su una collina delimitata dalla Valle del Tavo, a 253 m. d'altitudine, con un panorama che abbraccia monti e mare; scorci interessanti rivelano boschetti ed aree per la sosta campestre e, tra una passeggiata e qualche deliziosa fetta di pane all'olio, possiamo approfondire con un po' di storia la conoscenza del centro.
In questa terra il frate domenicano si ferma appena il tempo del Vespro, per ripartire subito dopo procedendo verso la costa:
 
seguitammo il nostro viaggio, e passando al II miglio il fiume Tavo al guazzo: lasciandoci Monte Silvano alla sinistra et alla destra Spultore [...]

spoltore

Spoltore

montesilvano, veduta

Montesilvano

I due centri fanno entrambi parte, oggi, dell'hinterland pescarese, nondimeno possono riservare piacevoli sorprese al visitatore più attento. Può risultare interessante, infatti, osservare le trasformazioni di Montesilvano dai tempi più antichi alla modernità, poiché, se un "Castellum Montis Silvani" è menzionato già nel 1195, tradizione vuole che il piccolo borgo originario risalga al quattordicesimo secolo, fondato dai superstiti dell’antica Angulum, attuale Città S. Angelo, dopo la distruzione ordinata da Federico II.
Ma riprendiamo il viaggio con il nostro predicatore che sta per appressarsi alla volta di Pescara:

 

pescara porto

Pescara

 

non prima sbucammo fuori dalla valle Cantalupo altro da quello che è sopra Tivoli, che ci vedemmo davanti la fortissima cittadella di Pescara cotanto illustrata et nobilitata da quel gran Marchese, di cui mi sovvenne questa nobile memoria posta al suo sepolcro.
Da qui, insieme al nostro frate, possiamo riprendere il cammino lungo la marina:
Rinfrescati alquanto in Pescara, camminammo altre cinque miglia lungo la marina, con fresco e dilettevole viaggio, fino a Francavilla: Terra posta in su la riva del mare, in sito rilevato e di bellissima veduta.

Il nucleo più antico è costituito da torri e mura medievali, e posto su una ridente collina dalla quale si godono i bei panorami verso la marina. Si può visitare la chiesa di S. Franco, con un sacro ostensorio d’argento dorato realizzato nel 1453 da Nicola da Guardiagrele. 
Dopo aver pernottato in Francavilla una notte piuttosto agitata da un falso allarme per un assalto dei Turchi, il domenicano Razzi riprende la via alla volta di Lanciano.

francavilla panorama

Francavilla

La città è uno dei centri maggiori della zona in cui è possibile visitare interessanti siti storico-architettonici.

il giovedì, alli 9 di giugno, dopo Vespro, partendo da Lanciano, andammo 4 miglia incirca, fino a Santo Vito porto della detta città alla marina.
 
Ed in effetti, addossata ad un costone proteso verso il mare, San Vito sovrasta senza limiti le acque chiare dell'Adriatico presentandosi sin dall'antichità come il luogo ideale per la costruzione di un porto.
Il "fresco e dilettevole viaggio" che il frate compie lungo questa costa può ancora oggi essere ripercorso con immutata intensità emotiva (particolarmente se si sceglierà il periodo da Settembre a Giugno), attraversando uno dei tratti più suggestivi di questo litorale, attualmente di rilevante interesse. Da Ortona sino a Vasto, infatti, la costa è caratterizzata non soltanto da lunghissime e splendide spiagge dorate, ma anche da anfratti, scogliere a picco sull'Adriatico; spiaggette nascoste al caotico imperversare del turismo di massa; insenature petrose e, soprattutto, gli atavici strumenti per la pesca utilizzati dalle popolazioni autoctone.

san vito

San Vito

È la meravigliosa Costa dei Trabocchi, tipici strumenti di pesca dell’Abruzzo che danno il loro nome a questa sponda. Estendendosi da Ortona a San Salvo, essa abbraccia le marine di San Vito Chietino, Rocca San GiovanniFossacesia, Torino di Sangro e Vasto, caratterizzate dalla presenza di questi particolari congegni da pesca. L'inebriante ritiro delle reti, quando l'argenteo guizzare del pesce si confonde con i bagliori del mare si offre ad un turismo diverso, nuovo, capace di muoversi lentamente per assaporare la storia dei luoghi e lasciare che lo spirito della memoria penetri nell'animo.
 

fossacesia abbazia

Fossacesia, Abbazia

rocca s. giovanni , trabocchi

Rocca S.Giovanni, Trabocchi

Manifestazioni culturali ed enogastronomiche sono variamente organizzate, anche al di fuori dell'estate, per permettere di fruire ancora della suggestiva atmosfera del trabocco, legato ad un passato trascorso che perfettamente si integra e non cessa di agire sul presente; immerso nel suo ambiente verde ed ancora incontaminato, il trabocco ha variamente suggestionato la fantasia di intellettuali ed artisti, tra i quali Cascella e D'Annunzio che lo ha definito "una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale [...] Proteso dagli scogli, simile a un mostro in agguato, con i suoi cento arti, il trabocco aveva un aspetto formidabile. [...] apparivano i pescatori chini verso le acque, fissi, immobili come bronzi. E pesava su le loro tragiche vite l'incanto mortale". (G. D'Annunzio, Trionfo della morte)

eremo san vito

L'Eremo di San Vito

Proprio a D'Annunzio, d'altronde, furono estremamente cari questi luoghi. L'animus del Vate, che aleggia su tutta la costa abruzzese, e i suoi versi, sembreranno quasi riecheggiare tra le foglie, nel frullio spumeggiante del mare, nel vago cinguettio tra le fronde degli olmi, degli ulivi o delle tamerici qualora ci accingessimo ad effettuare una visita al casolare in cui il poeta soggiornò a lungo. Attualmente denominato Eremo dannunziano, si trova in uno dei punti più suggestivi della Costa dei Trabocchi, Punta Turchino. 
Ma riprendiamo il cammino dietro i passi di frate Razzi, che dall'antica città portuale risale la costa verso nord, invitandoci alla visita di un'altra caratteristica città:
 
(e quindi,) passando il fiume Morrone alla foce, ove erano molti navilli giungemmo avanti notte a Ortona a mare, città posta sopra la marina, in un colle rilevato, molto vaga e bella, con una fortezza ed un porto, e fummo caritativamente alloggiati nel convento dell’ordine nostro.
 

Castello di Ortona

Castello di Ortona

 

È lo stesso Razzi che ci informa sul miracoloso evento che condusse le reliquie del santo a Ortona e che viene oggi rievocato nelle feste patronali.
 
Se non dello "splendore e lume celeste" del santo, stando "proprio sopra il porto" possiamo oggi godere di una riposante camminata lungo la splendida Passeggiata Orientale da cui si gode la vista dello spettacoloso golfo che si allarga fino a Punta della Penna; scendendo poi verso la marina può capitare ancora oggi, come allora a frate Razzi, di vedere tirare la sciabica: antica tecnica piscatoria, non è escluso che, se amanti della pesca, se ne possa fare diretta esperienza ancora oggi, magari ricevendone anche in dono il pescato come avvenne oltre 400 anni fa al nostro frate: 

detta messa, scendemmo al porto, che sta sotto il convento: vedemmo tirare la sciabica, ci fu donato della cattura di sarde fresche, e tornando suso al convento, le ci desinammo.
Da Ortona il frate tornò a Penne, per ripartire alcuni mesi dopo alla volta di Vasto. l’Itinerario proposto può così proseguire discendendo lungo la Costa dei Trabocchi, oppure, come fece Fra' Serafino, si può optare per strade più interne che, su una percorribilità oggi anche automobilistica, offrono ancora il senso dell'antico passaggio.
 
Dopo Vespro partendo da Ortona, per terra, ce n’andammo otto miglia, fino a Lanciano, e non ci havendo l’Ordine nostro convento, alloggiammo quella sera co’ i Rev. p. Zoccolanti, e fummo da loro amorevolmente trattati.

Allo stesso modo, remote strutture restaurate e oggi funzionali ad una moderna accoglienza lasciano trasudare dai laterizi l'atmosfera di un'arcaica ospitalità; potremmo così pensare di essere accolti in un antico convento o in un secolare maniero, o lasciarci incantare dalle golose attrattive di una vecchia masseria.
Alli 21 di maggio in lunedl, levati di buon’hora e detta messa partimmo da Lanciano, e passando al VI miglio il fiume del Sangro, sopra il ponte di legno, fabricato per lo passo della Dogana a bestiami che ritornano di Puglia, e poco appresso, lasciandoci alla sinistra Paglieto, castelletto murato dei signori della famiglia Palma, padroni altresì di Villamagna, onde sopra la porta e sotto la insegna loro, che è una palma, albero vago a vedere, lessi questo verso latino, cioè:"Palma manus: Arbor palma: Victoria palma".
 

Teatro Vittoria di Ortona

Teatro Vittoria, Ortona

Appena un po' scostati dal mare la vegetazione si trasforma e, soprattutto in autunno, possiamo godere dei meravigliosi colori della vendemmia.  Camminando ancora un poco verso l'interno scorgiamo Atessa,
edificata sopra di una vaga collina, con bellissimo e fertilissimo contorno, e massimamente inverso la marina adriatica, della cui vista sicuramente ella si gode. [...] la quale tiene 4 parecchie, e tre conventi, cioè de i Celestini, de i padri Zoccolanti et il nostro. E su la via che scende a Vasto è una bella chiesa di San Rocco.

atessa

Atessa

 

paglieta

Paglieta

Approfittando dell'ottima produzione vinicola ed enogastronomica, tipica di questi luoghi, consigliamo una sosta per il pranzo in uno dei numerosi agriturismo dove poter assaggiare, tra le altre prelibatezze, l'ottima ventricina, che possiamo gustare anche poco più a valle, a Guilmi, che ne rivendica la paternità, o a Gissi, borgo dalle atmosfere suggestive, caratteristicamente ristrutturato, ma il cui antico nucleo fortificato è già ricordato nel Catalogus Baronum del 1095. Un po' fuori dal tragitto del frate, ma a pochissimi chilometri l'uno dall'altro, questi centri meritano comunque una visita, che consigliamo se si vuole trascorrere una giornata diversa tra i sorprendenti profumi dei campi che regalano incanti diversi ad ogni stagione. La meraviglia della campagna accompagna il nostro frate lungo il suo cammino, antichi tratturi ancora oggi percorribili, anche con gli agi di una moderna accoglienza.
 

gissi

Gissi

guilmi parco nazionale abruzzo

Guilmi

E camminando più oltre, per la via fra Terra e no’ per quella della marina, trovammo Casale bordino Villaggio del Vasto.
Per frate Razzi questa terra dalla folta vegetazione (Castel Verdino, che così vogliono essi che si dea chiamare e non Bordino, come il volgo fa. Verdino, per la quasi dicono perpetua verdura che si gode [...] )aveva un notevole fascino.

E’ questa una Terra assai civile, distante dal Vasto, verso Lanciano, sette miglia, di fuochi 140 incirca, murata, di aria sanissima, di perfettissimi vini, abondante di acque, e vicina al fiume Asinello.

santuario di casalbordino

Casalbordino, Santuario

Ma il viaggio prosegue:

pollutre

Carta della città di Pollutri

e qui essendoci alquanto rinfrescati, c’inviammo al cammin nostro, [...]  lasciandoci sulla destra Pollutre Montedorice castella [...] nobil Terra [...] distante dal Vasto circa tre miglia, e dotata di titolo di Contea, di cui fa menzione Monsignor Giovio, nelle sue Storie, Monte Doris ivi chiamandola.

 

monteodorisio, piazza umberto I vecchia

Monteodorisio, Piazza Umberto I

Oltre ai piaceri della buona tavola, questi luoghi offrono anche la possibilità di un'immersione nel passato più arcaico. Rinvenimenti archeologici attestano l'esistenza sul territorio di Pollutri di un insediamento già in epoca preromana.  
Dopo essersi ristorati con un buon bicchiere di vino e ancora dell'ottima ventricina, o una bella fetta di porchetta in una delle numerose masserie rifunzionalizzate alla ricettività moderna, per esempio in territorio di  Scerni, o con una riposante camminata nel Bosco di Don Venanzio, area protetta di particolare interesse ancora in territorio di Pollutri, possiamo proseguire il viaggio sull'antico percorso del frate che, ridisceso lungo le verdeggianti colline è giunto all’Asinello fiume: il quale passato finalmente giungemmo a Vasto diciotto miglia da Lanciano distante.

scerni

Scerni

Il Vasto: Terra deliziosa, che già era chiamata una picciola Napoli, risiede in sito basso, rispetto a gli alti monti che gli stanno alle spalle: ma alto però e rilevato in comparazione al mare che gli sta davanti, e vicino circa mezzo miglio.
Abonda questa Terra di ogni bene, di pane, di carne, di pesce, e d’uova. Et il vino ciò in tanta copia che ciaschedun’anno se ne caricano assai barche per Ischiavonia, per Vinezia e per altri luoghi. E con tutto che siano vini preciosi, sono nondimeno per lo più del tempo a bonissimo mercato.

 

Vasto

Vasto

Del grano, se ben la Terra non ne raccoglie molto, tanto nondimeno ce n’è recato d’ogni contorno a’ 40 miglia, per la commodezza del mare e dei mercati. Abonda ancora il Vasto di olio, di aranci, tenendone negli boschetti d’ogni intorno, e massimamente verso la marina. Insomma si dice quasi per proverbio tra la plebe, questo paese «essere come una cuccagna, in cui sempre si beve e si magna.

 

Il convento nostro detto la Nunziata, tiene un chiostro solo con una ottima cisterna. Un dormitorio di dieci celle, con una bella loggia, in vista della marina; ha un poco di orticello, cantina, refettorio, e cucina, ma non capitolo, né hospizio, né infermeria, né scuola, e sarà difficile il farci queste officine per la strettezza del luogo, essendo edificato su le mura della Terra, et accanto alla porta nuova che va al mare.

 

Vasto (notturno)

Vasto, Panorama notturno

Sul lato opposto dell'antico rione, proseguendo sull'incantevole passeggiata orientale, scopriamo che la zona è stata oggetto, nel 1956, di una terribile frana che ha coinvolto nella sparizione un intero quartiere e la concattedrale di S. Pietro, in cui frate Serafino fece la sua prima predica nella città.

 

S. Pietro (portale)

Portale della chiesa di S.Pietro
 
Alli 27 di maggio, che fu la domenica quarta dopo Pasqua, feci la mia prima predica nella chiesa di San Piero, una delle due parrochie collegiate di questa Terra.




 

Dell'antica chiesa sorta su un tempio di Cerere è rimasto solo il  portale, peculiare finestra sull'Adriatico attraverso la quale emana tutto il fascino, immutato, del luogo.


Immagine della Cattedrale di Vasto

Vasto - Corso De Parma e Cattedrale di S. Giuseppe

Al viaggiatore moderno che ripercorra queste vie, tra la collina e il mare, ancora oggi ricche di ulivi, aranci e ginestre, agevolmente si riproporranno le stesse atmosfere, gli stessi profumi e se ne evocheranno le medesime emozioni. Oggi il viaggiatore adriatico potrebbe scegliere di seguire comode strade, percorribili a piedi o in automobile, o provare ad avventurarsi per ameni sentieri e rivivere appieno l'esperienza emotiva del religioso.
 

castello caldoresco, veduta

Castello Caldoresco

Incastonata nello scenario naturale della costa, spesso a picco sul mare, la città lascia intuire i segni della sua storia, specie quando muovendosi nel centro storico, che a tratti si affaccia sul mare e offre ripide vedute di scogliere e di onde,  si cercano i resti dei torrioni, o si visita il maestoso castello quattrocentesco edificato da Giacomo Caldora da cui prende il nome di Castello Caldoresco, per giungere poi al bellissimo palazzo marchesale, gioiello architettonico di Vasto, che fu dei Caldora e poi dei d’Avalos. 
Ma seguendo ancora il nostro predicatore cinquecentesco nei suoi instancabili spostamenti, lo ritroviamo nei paesi del circondario, a Cupello, per esempio, antico villaggio di Schiavoni che conserva ancora la consapevolezza delle origini, ma che al tempo del frate era di recente formazione.

palazzo d’avalos veduta

Palazzo D'Avalos




Con curiosità e perspicacia egli descrive l'abbigliamento e i costumi di questa nuova popolazione, accennando anche a qualche particolarità linguistica; oppure possiamo seguirlo a Lentella,

calanchi cupello

Cupello

lentella parco

Lentella

 

La falesia rocciosa dal profilo a picco che strapiomba sulla limpida distesa del mare nostrum, le grotte, i resti di un arcaico trabocco e una piccola cala, formano un suggestivo angolo di paradiso, e da qui, percorrendo la lunga e stretta spiaggia pietrosa di Mottagrossa che arriva fino alla foce del fiume Sinello, si riprende lentamente la via del ritorno verso nord, abbandonando queste terre, ma conservandone, chissà, il desiderio di tornare e, certamente, un ricordo incancellabile.

 

Terretta edificata sopra di un alto sasso, il quale da tre bande apparisce inaccessibile. Il sito è vago: l’aere è ottimo, e la veduta è gioconda. Dalla parte settentrionale e verso l’Adriatico le corre sotto un fiumicello, chiamato la Tresta, il quale, due miglia lontano da lei se n’entra nel fiume del Trigno. Chiamasi Lentella, quasi lindella, con vocabolo spagnuolo, lindo, che bello vuol dire, e pulito.
Oppure, ancora, lo accompagniamo in un viaggio verso Punta Penna, la cui descrizione lasciamo interamente alle sue parole:

Punta della Penna

Punta della Penna

Insomma, la Torre della Penna del Vasto è di sito rilevato su la ripa del mare profondo più che in verun’altro luogo di questa riviera: e di bellissima veduta: e di aria salutevolissima: non dee cedere, per mio avviso ad alcun’altra di questa riviera, e di questo regno, e golfo Adriatico.
Oggi l'antica torre ancora esistente è sede di una sofisticatissima stazione radar militare, ma la veduta che si gode dal promontorio su cui sorge abbraccia ancora lo spazio dal Conero al Gargano


Dalla spiaggia di Punta Penna possiamo poi immergerci nell'adiacente Riserva marina di Punta Aderci, o più correttamente d'Erce, uno dei punti più affascinanti della costa adriatica, un ambiente incontaminato in cui le esaltanti espressioni geobotaniche si fondono mirabilmente con l'habitat marino.

vasto

Spiaggia di Punta d'Erce




Da: Viaggioadriatico.it


***

“In terra d’Abruzzi”. Il diario di viaggio di Serafino Razzi

L’aspirazione all’altrove è da sempre una costante della vita dell’uomo, una vocazione interiore che coincide con un bisogno di conoscenza che è alla base dello status viatoris, dell’uomo di oggi come di ieri. Il richiamo all’altrove è d’altronde il leitmotiv del viaggiatore: quanto abbiamo viaggiato con la fantasia su quegli atlanti durante gli anni di scuola, quanto abbiamo sognato di mari blu e sconfinati, e non è un caso che il primo eroe letterario della civiltà occidentale sia appunto Ulisse, l’uomo dal multiforme ingegno, il viaggiatore per eccellenza. “Uomo libero, sempre amerai il mare” scriveva Baudelaire a riconferma di quella aspirazione dell’uomo alla libertà, sui lidi della conoscenza, che l’esperienza del viaggio sottende e ricompone in unità, come condivisione umana dell’essere, del sapere, del riconoscersi.

Sono molti i viaggiatori della letteratura, così come molta letteratura è stata prodotta da viaggiatori. In quanto metafora dell’esistenza umana, il viaggio coinvolge tutti, sia che si tratti di una partenza vera, sia che si tratti di uno spostamento immaginario, un sogno della fantasia, come ci ha insegnato fin troppo bene il Des Esseints della penna di Huysmans. Eppure, se di viaggi sono intessute le nostre vite, dai viaggiatori (moderni o meno) nascono pagine di letteratura dall’alto valore umano e documentario, memorie di viaggio sempre attuali, se il cuore dell’uomo resta lo stesso mentre cambiano epoche e giorni.  Sono riconducibili all’Abruzzo d’età moderna molte memorie di viaggio: una terra che ha da sempre affascinato, attirando artisti, scrittori, pellegrini, registi, turisti di ieri e di oggi, villeggianti, autori di memorie. Tra questi, padre Serafino Razzi, tornando indietro di anni e anni, nel tempo.

Il tema della letteratura odeporica si arricchisce di un ulteriore capitolo con le memorie di viaggio in Abruzzo a cura del frate domenicano Serafino Razzi, scritte nella seconda metà del ‘500, a testimonianza di un viaggio che il religioso compì in diverse regioni italiane, tra cui figura appunto la terra d’Abruzzi.Il diario rappresenta un importante precedente a quelle cronache di viaggio nella regione che saranno materia ambita per i cultori settecenteschi del Grand Tour, ma allo stesso tempo costituisce un’eccezione a quella concezione di derivazione trecentesca e di chiaro sapore boccacciano di un Abruzzo isolato e irraggiungibile, terra misteriosa e impenetrabile, che da sempre gli costò nella fantasia popolare una reputazione di luogo remoto e dalle usanze singolari.

È in questa accezione dunque che l’opera acquista un’importanza fondamentale.

Il frate domenicano Serafino Razzi (1531- 1611) intraprende “il viaggio alla riforma d’Abruzzi” come tappa ulteriore di un itinerario che lo aveva portato a visitare diverse città del tempo: siamo negli anni che vanno dal 1574 al 1577, sebbene è quasi certo che tutte le carte di viaggio siano state da lui successivamente rimaneggiate e sistemate intorno agli anni 1597-1601, per essere raccolte in due volumi manoscritti, di cui solo uno è giunto fino a noi. Il manoscritto superstite, segnato Palatino 37 e conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, è molto usurato, al punto che alcune carte risultano illeggibili (per la sezione relativa all’Abruzzo, si sono nel tempo susseguite diverse edizioni critiche, tra cui quella dell’editore Polla, di Luigi Anelli e di Benedetto Carderi).

Il testo ha il merito di ritrarre l’Abruzzo del tempo, con un’attenzione documentaria e cronachistica di cui non si hanno precedenti: dominano nella narrazione gli aspetti folcloristici e umani, l’attenzione per la citazione colta e per la cura del dettaglio formale, la chiarezza espositiva che sottolinea la vita raccontata nella geografia dei luoghi e dei giorni.

Grande scrittore e divulgatore di opere in latino e volgare, Serafino Razzi doveva essere di certo consapevole del valore culturale ed umano dei propri scritti, tanto da sottolinearne egli stesso l’utilità nella prefazione al manoscritto: “e non è questa sorta e maniera di scrivere se non gioconda et utile. Gioconda per la varietà degli accidenti che accaggiono dì per dì. Utile poi per la cognizione di molti luoghi, e di molte città, la quale si acquista et impara”.

Una dichiarazione di poetica e programmatica, dunque, di un certo impegno documentario e divulgativo, che se da un lato si può ricondurre al ludendo docere di deamicisiana memoria, offre una chiave di lettura importantissima sullo stato della società del tempo, da cui si evincono le difficoltà per il viaggiatore di ogni sorta e si enunciano gli opportuni consigli e ammonimenti: “nelle quali descrizioni sono molte cose spettanti […] alla informazione dei costumi, e delle cautele, le quali devono osservare coloro i quali fanno i viaggi”.

Effettivamente, l’Abruzzo di Serafino Razzi è una regione figlia dei tempi. Un territorio sottoposto al dominio spagnolo, che ha visto decadere la via degli Abruzzi quale direttiva principale dei commerci tra nord e sud nella penisola, che conosce il fenomeno del banditismo e delle incursioni saracene via mare. Ma allo stesso tempo è una terra luminosa e ubertosa, sospesa tra gli alti e impervi monti e la costa, dove si collocano centri vitali pieni di religiosità, monasteri e chiese, conventi e abbazie, testimonianze ricche di storia e di umanità.

Se l’occasione della visita è per il nostro frate la nomina a Priore del Convento di Penne nel luglio del 1574, il viaggio diventa per il lettore di ogni tempo un vero e proprio documento: colpiscono le pagine in cui si descrivono i centri principali, Civita di Penna, Solmona, la nobilissima città “patria del già famosissimo poeta Ovidio”, Pescara, “una fortezza, fatta a disegno militare e di mura e di sito quasi inespugnabile”, e ancora Chieti, Lanciano, Vasto, “terra deliziosa, già chiamata una picciola Napoli”, fino a Petacciata, Termoli.  È vivida la descrizione di Spultore, città ricca di grano, così come sono vivide le trascrizioni latine e soprattutto i proverbi, espressione di una cultura popolare che reca con sé l’impronta della verità o testimonia la pratica della transumanza: “chi provar vuoi le pene dell’inferno la state in Puglia e all’Aquila lo inverno”, oppure“gran concio va al mulino”.

O ancora, particolare interesse riscuotono i passi in cui l’allarme per le incursioni turche scuote l’intera cittadina di Francavilla: “Ma non avevamo ancora compito il primo sonno della notte, che sentimmo gridare per la terra “all’armi” per cagione di fuste, che stimavano turchesche […] Onde la misera terra piena di spavento, tutta commossa, con molta sollecitudine incominciò a fare il fardello delle più preciose cose, et inviare le donne, per la porta di terra verso la montagna”.

Emerge dalle pagine uno spaccato di vita vissuta e semplicità, che alle difficoltà materiali del viaggio  unisce il rischio per la presenza di briganti e banditi lungo le strade principali.

Può sembrare dunque vero ed essere smentito allo stesso tempo, quanto scriveva Boccaccio nel Decameron a proposito di un Abruzzo misterioso e lontano: difficoltà di viaggio certo, ma in un territorio che continua ad affascinare il viaggiatore di ogni sorta, via di passaggio peri pellegrini, i forestieri e i tanti religiosi che ancora alla fine del Cinquecento circolano nella regione.

Così, quella fama particolare, quell’aura fascinosa di luogo curioso e remoto che Frate Cipolla avvicinava fantasiosamente alla “Terra dei Baschi”,  permane in minima parte ancora oggi, come dono del tempo e della tradizione: “E quindi passai in terra d’Abruzzi dove gli uomini e le femmine vanno in zoccoli su pei monti, rivestendo i porci delle lor busecchie medesime; e poco più in là trovai genti che portavano il pane nelle mazze e il vin nelle sacche; da’quali alle montagne dei Baschi pervenni” (Boccaccio, Decameron, VI giornata).

laura.dangelo86@gmail.com

Da: insulaeuropea.eu