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21 novembre 2023

Bande abruzzesi: marce, sinfonie.

montaggio di Deo Bozzelli di S. Vito

Lato A
IL PALIO di G.- Donizetti

2° RAPSODIA UNGHERESE Banda "A. B. D'Annunzio", di Casalanguida

EST OVEST di Nicola Centofanti, Banda Città di Lanciano

ERNANI marcia dell'opera

SEMIRAMIDE - Sinfonia

ATAM di Lanaro, Banda "Abruzzo", Pescara

LA RITIRATA marcia militare

Lato B

FERRAGOSTO ALPINATE

FLORA

COME IL FUOCO Banda "Abruzzo" di Pescara

dalle SCENE ABRUZZESI di Camillo de Nardis, movimento "Pastorale"

IL PALIO di G. Donizetti

EST OVEST di Nicola Centofanti

MARINBELLI Banda Città dell'Aquila

ARMONIE D'ABRUZZO marcia di Nicola Centofanti, Banda Città di Lanciano

INGLESINA marcia caratteristica, Banda Abruzzo di Pescara

LA SCHERZOSA

PRIMAVERA

FIAMMA LATINA


montaggio di Deo Bozzelli, di S. Vito

Lato A

MARINELLI Banda Città dell'Aquila

CARTOLINA DA CONCERTO

VITA PUGLIESE marcia sinfonica di G. Piantoni

ATERNO marcia di Nicola Centofanti

PIERGIORGIO scherzo di C. Goggi

INGLESIAN

VERO BALLABILE

Lato B

2° RAPSODIA UNGHERESE

EST OVEST di Nicola Centofanti

MARCIA CARATTERISTICA di Nicola Centofanti

ARMONIE D'ABRUZZO di Nicola Centofanti

NINI' CAPRICCIOSA

16 ottobre 2022

Le pitture dei Bravo di Atessa.

Ennio Bravo, Incredulità di San Tommaso, chiesa madre di Perano
 
Le pitture dei Bravo di Atessa

di Angelo Iocco

Dopo il periodo glorioso dei Falcucci, scultori di statue per le chiese e congreghe attivi tra ‘800 e primo decennio del ‘900, Atessa ebbe un’altra bottega, certamente minore, e forse anche in vari aspetti scadente, ma che ebbe successo presso le parrocchie dei piccoli paesi del chietino. 
Il capostipite fu Pasquale Bravo, attivo tra fine ‘800 e primi anni del ‘900, restauratore di statue, e costruttore di nuovi simulacri per devozione popolare, e per commissione. Come artigiano è riconoscibile per il suo gusto kitch, per usare un eufemismo; nell’area tra le contrade di Atessa, Paglieta, Casalanguida, vediamo statuette di San Vincenzo Ferrere e Sant’Antonio abate realizzate per devozione popolare, datate tra il 1910 e il 1911. C’è veramente poco da dire sulla realizzazione plastica, sul volto rotondo come una palla da ping pong, sugli occhietti appena accennati, oscuri e anonimi come le oscure sfere dei buchi oculari di un pescecane! Il problema di Pasquale Bravo senior, come è stato rilevato, fu che venne chiamato a ristrutturare delle statue antiche, oltre a costruirne di nuove, e alcune le rovinò irrimediabilmente, come nel caso delle statue della chiesetta dei Santi Vincenzo e Silvestro in contrada Montemarcone di Atessa. Restaurò anche delle belle statue dei Falcucci, grattandone via il colore, oppure massacrando con del beverone di stucco la statua della Beata Vergine Maria della Selva nel santuario dell’Assunta di Castel Frentano, risalente al XIV sec. Statua fortunatamente restaurata di recente. 
Ennio Bravo, cugino di Gennaro, figlio di Pasquale, continuò l’attività, dedicandosi soprattutto alla pittura per le chiese, a realizzare quadri o pitture murali, o anche nell’ultima fase, negli anni ’80, statue intagliate da Gennaro. 
Pasquale Bravo, se è considerato bocciato nella scultura, nell’ultima fase della vita, quando dipinse negli anni ’30 e ’40, raggiunse un livello almeno mediocre. I suoi soggetti erano ispirati al gusto neoclassico, ma un neoclassicismo esageratamente illuminato, tipicamente tardo ottocentesco, delle stampe devozionali che andavano girando per i santuari. I dettagli non sono molto precisi, le figure sembrano statiche e senza tridimensionalità, gli occhi noiosamente rivolti sempre verso l’alto in contemplazione, senza originalità. Non c’è chiesa di Atessa che non abbia qualche suo quadro, la chiesa dell’Addolorata, il Duomo, secondo altare di sinistra nella terza navata, frutto dell’ampliamento ottocentesco dell’impianto, la chiesa di Santa Croce, la chiesa della Madonna della Cintura, la chiesa di San Rocco, con una brutta copia del quadro seicentesco di Felice Ciccarelli atessano, della Beata Vergine del Carmelo. E anche nei dintorni di Atessa Pasquale dipinse, ora a Perano per la chiesa madre, producendo altre due tele devozionali per i lati dell’altare maggiore, ad Archi, a Montazzoli, a Tornareccio, e si spinse anche in qualche altro paese della media valle del Sangro, come Bomba o Villa Santa Maria. 
I figli Pasquale ed Ennio Bravo, attivi negli anni ’20 e ’50, continuarono l’attività paterna, estendendo il campo alla pittura murale, a volte riempiendo letteralmente la chiesa di loro opere. Non si scostarono molto dal soggetto di scene bibliche corali, dalle tinte molto chiare, di quell’inconfondibile gusto roseo, quasi da chiesa Mormonista, ossia uno stile falso-antico, che in Abruzzo continuava ad essere riproposto anche in epoca di trasformazioni artistiche nel secondo dopoguerra (si vedano i cantieri religiosi di Pescara, si vedano le pitture di Peppe Candeloro a Lanciano, in cui lui “trasponeva il classico nel contemporaneo” sulla base del modello di Michelangelo), e che verrà spazzato via qualche decennio dopo. I fratelli Bravo furono attivi in quelle chiese che o erano prive di arredi sacri a causa della povertà, o che erano state appena ricostruite dopo le distruzioni belliche. La loro opera più interessante è il cantiere della chiesa madre di San Nicola di Orsogna, appena rinata dalle ceneri della furia devastatrice dei cannoni e dei mortai. La chiesa è un tipico esempio di ricostruzione ex novo del Genio Civile di Chieti, un falso antico, completata nel 1952, come recita una iscrizione appena entrati, a monito e memoria. 

Orsogna, chiesa di S.Nicola, catino absidale con dipinti dei Fratelli Bravo, 1952 c.

I Bravo furono chiamati a indorare il catino absidale, mostrando la scena dell’Agnus Dei, di Cristo che è l’Alfa e l’Omega, con il Sacrificio dell’Agnello, e sullo sfondo la città di Gerusalemme. Anche la seconda delle due cupole della navata unica, fu dipinta dai Bravo, con scene bibliche dell’Antico e Nuovo Testamento, e ai quattro pennacchi, il solito Tetramorfo degli Evangelisti; un lavoro però realizzato abbastanza bene, che verrà ricordato. 
Ennio Bravo, che lavorò in proprio, è il migliore della famiglia nel disegno, è l’unico che fa assumere espressione e gravità ai suoi soggetti, tra i più belli, il San Tommaso della chiesa matrice di Perano. 
Gennaro continuò l’attività dei Bravo, scolpendo e dipingendo statue, di fattura appena sufficiente, e sarà lui il maestro del pittore di Atessa che attualmente la rappresenta, il prof. Gaetano Minale di Agnone.

Mosè e il vitello d’oro, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna

Caino uccide Abele, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna



Il sogno di Giacobbe, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna



Mosè  e i 10 Comandamenti, Fratelli Bravo, chiesa di San Nicola, Orsogna


13 settembre 2022

Storia delle Bande in Abruzzo dalle origini.



Per la prima volta in Abruzzo, la parola "bandista" è utilizzata nel XIX secolo, usata ad Introdacqua, piccolo paese della valle Peligna, la cui banda ufficialmente si costituì nel 1865. Le prime notizie sicure di essa risalgono al 1770 e sono contenute in un "Libro degli Introiti e delle Spese", nel quale a pagina 37 si legge "Addì 3 dicembre 1770 paga alla Musica per la festa della Concezione: la sera della vigilia ducati 0,15; il giorno della festa ducati 0,90". Le altre bande all'inizio dell'800 si costituirono a Città Sant'Angelo nel 1801 e Pescina. La banda introdacquese merita interesse, perché inizialmente era detta localmente "panzarèllə", ossia un gruppo di musicanti girovaghi, senza una sede stabile, né costituita da membri fissi, ma sempre oscillanti tra le 4 o le 15 unità, i cui membri si alternavano nell'uso degli strumenti. Quest'organico in futuro riprenderà vita soltanto i giorni delle feste patronali di fine agosto, e verrà chiamato "banda scema". La prima panzerèllə oltre ad Introdacqua si ha a Gessopalena nel 1755, poi la Banda Rossa di Orsogna del 1797; la banda musicale vera e propria si costituì proprio nell'800 a Pescina, Città Sant'Angelo, Spoltore (1809), Alanno (1809), Bisenti (1817), Francavilla (1847), Lanciano (1892), Teramo, Tagliacozzo e Giulianova (1880), sicché la diffusione in tutto l'Ottocento divenne capillare. Presto la costituzione della banda divenne motivo di grande orgoglio tra gli abruzzesi, e nacquero anche le prime diatribe campanilistiche, con episodi anche cruenti di rivalità, tra Teramo e Atri, o tra Guardiagrele e Orsogna. La regione, insieme alla Puglia, fu la culla prediletta per la costituzione dei gruppi bandistici, ogni Comune che ha la banda ed il mecenate è spesso il sindaco o il maggior proprietario terriero, si compirono varie turnè, anche all'estero, in Egitto, Turchia, Russia, per cui si ricordano le bande di Atessa sotto il Maestro Antonio Di Jorio e Pratola Peligna. 



Il cornista orsognese Domenico Ceccarossi 
Sotto il Maestro Alessandro Vessella nacque la banda moderna mediante le sue riforme, a coglierne il frutto fu la Banda "Fedele Fenaroli" di Lanciano mediante Augusto Centofanti, figlio di Nicola Centofanti Sr., capostipite di una dinastia di direttori di banda lancianesi, terminata con Nicola Centofanti (1913-1997), poi la Banda dei Diavoli Rossi di Pianella; oltre alla costituzione della banda, si costituì in ogni comune di rispetto anche la scuola musicale per i nuovi allievi, con esibizioni nazionali e internazionali: ragazzi di campagna, al limite dell'analfabetismo, poterono usufruire di queste grandi occasioni per farsi conoscere nel panorama culturale europeo e italiano, gli strumenti prediletti in Abruzzo furono il corno (si ricorda Domenico Ceccarossi di Orsogna), il clarinetto, il trombone (si ricorda il poeta Modesto Della Porta di Guardiagrele), la tuba, il flicorno e la cornetta. Nell'800 anche la piccola realtà di Pescara beneficiò del suo gruppo bandistico, con il Maestro Scassa negli anni '30. Nel 1847 Crispino Michetti, padre del celebre pittore Francesco Paolo Michetti, fu il primo direttore della Banda della Città di Francavilla al Mare: tra i solisti principali del complesso musicale, si annovera il cornettista Gaetano Catena, proveniente da una famiglia di valenti musicisti, solista di numerose formazioni orchestrali con cui si esibì in Italia e all'estero. La storica Banda "Vincenzo Bellini" di Chieti, grazie a Domenico Valentino, raggiunse le 90 unità, entrando con Pescara nell'attenzione del Daily News durante la tournée americana del 1933-34. La banda di Chieti fu definita la "più grande mai esistente", e si esibì anche a Livorno in onore di Pietro Mascagni. Il sogno bandistico abruzzese si infranse con la seconda guerra mondiale, quando la popolazione venne decimata, in seguito con il decadimento culturale delle arti, votato al fervore tecnologico e consumistico, le bande decaddero, alcune vennero sciolte, come quella di Chieti, mentre altre continuarono a resistere, come quella di Introdacqua e di Lanciano, e solo negli anni '80 e '90, alcune storiche si ricostituirono, arrancando tuttavia nel riconquistare le posizioni di prestigio originarie. Tuttavia ancora oggi in molti comuni la banda è percepita come un elemento fondamentale della festa tradizionale, insieme ai canti, alle marcette, alle processioni e ai fuochi artificiali. Si ricorda soprattutto a Guardiagrele la figura del poeta Modesto Della Porta, che nella raccolta Ta-Pù: lu trumbone d'accumpagnamento, fa vari riferimenti alle feste patronali della città in onore di San Donato, ed egli stesso suonò più volte nella banda civica.


Da: Abruzzo Forte e Gentile 95