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18 ottobre 2024

Jean Joseph Xavier Bidauld, “Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples", “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”, 1789, Musée du Louvre, Parigi.

Jean Joseph Xavier Bidauld, “Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples", “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”, 1789, Musée du Louvre, Parigi.



Jean Joseph Xavier Bidauld, (Provenza, 1758 – 1846)

“Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples", “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”, “Monte Tino o Serra di Celano dipinto da Avezzano”, 1789
Olio su tela, cm 37x49
Musée du Louvre, Parigi.


Jean Joseph Xavier Bidauld, “Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples", “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”, 1789, Musée du Louvre, Parigi.


“Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples.”

Al secondo piano del Museo del Louvre, a pochi passi dalla celebre bagnante di Valpinçon ritratta da Jean Auguste Dominique Ingres, si trova un dipinto di Jean-Joseph-Xavier Bidauld con una veduta del lago del Fucino datata 1789. In questo splendido panorama, si riconoscono perfettamente Avezzano, con il profilo del Castello Orsini-Colonna, i campanili di San Bartolomeo e San Giovanni, Paterno e Celano. Sulle acque del Lago del Fucino si riflettono i colori del cielo e degli alberi. Piccoli ciuffi di nuvole sfiorano le cime del Monte Tino - la Serra di Celano -, mentre il fumo si solleva dai comignoli e due personaggi che sembrano ricordare Dante e Virgilio si fermano vicino a una barca attraccata a riva.



particolari

Da: Piccola Biblioteca Marsicana
  


Il celebre dipinto di Bidauld: dal Louvre di Parigi ad Avezzano.

Francesco Proia
Dipinto di Bidauld al Louvre
Dipinto di Bidauld esposto al Louvre di Parigi
Da italiani non possiamo che essere orgogliosi che il simbolo del Louvre, il museo più visitato al mondo, sia la Gioconda di Leonardo da Vinci. Eppure anche da Marsicani possiamo toglierci qualche soddisfazione giacché nelle sale del museo esiste un meraviglioso quadro rappresentante il lago del Fucino, davanti al quale passano ogni anno circa 8.8 milioni di turisti.

Il quadro in questione è stato dipinto dal pittore francese Jean-Joseph-Xavier Bidauld nel 1789, anno in cui in Francia scoppiò l’omonima rivoluzione. Questo pittore provenzale, come tanti suoi coetanei dell’epoca, fece un viaggio nell’Italia centro-meridionale denominato “Gran Tour”. A partire dal diciottesimo secolo infatti, i giovani aristocratici di alcune nazioni europee, si avventuravano in questo viaggio in cui imparavano a conoscere gli aspetti culturali, politici e artistici dei diversi paesi. Le mete erano la Francia, l’Olanda e la Germania, ma la metà più ambita e ricercata era indiscutibilmente l’Italia. Tra i giovani che fecero questo “Gran Tour” i più famosi furono Goethe e Lord Byron, ma quelli che più di tutti lasciarono dei documenti sul loro viaggio furono Kappel Craven, Kurt Hassert, Edward Lear e Mautits Escher, che descrissero e disegnarono meravigliosamente gli stupendi scenari dell’Abruzzo dell’epoca. Fece altrettanto anche Bidauld che, durante uno dei suoi viaggi, raffigurò con olio su tela (cm. 37 x 49) una veduta dal titolo “Monte Tino o Serra di Celano dipinto da Avezzano”. In realtà, secondo il catalogo del Louvre dove il dipinto è tutt’ora conservato, il titolo originale dell’opera era “Vue de la ville d’Avezzano, au bord du lac de Celano, royaume de Naples” ovvero “Veduta della città di Avezzano, sulle rive del lago di Celano, regno di Napoli”. Dal pregiato dipinto si può vedere come doveva apparire Avezzano alla fine del 1700, sui bordi dell’allora lago Fucino e con alle spalle in prospettiva la riconoscibilissima sagoma della Serra di Celano. Bidault, che ai più potrebbe anche sembrare un pittore minore, con le sue tele partecipò a tutte le esposizioni universali del tempo tra cui quelle di Parigi, Torino, Roma e Londra.
Dipinto di Bidauld esposto ad Avezzano

In pochi però sanno che per apprezzare quest’opera non è necessario recarsi a Parigi ed entrare nella sala 59 del Louvre destinata ai “Paesaggi d’autore del 1800” in quanto ne abbiamo una fedele riproduzione proprio qui ad Avezzano. Dove? La prossima volta che vi trovate su Via Garibaldi entrate nella Farmacia De Bernardinis, alzate lo sguardo verso l’alto e godetevi la “Vue de la ville d’Avezzano”. 

7 agosto 2023

Tommaso da Celano - 1° biografo di San Francesco d'Assisi.


Tommaso da Celano, frate minore (Celano 1190 circa - Val de' Varri, Tagliacozzo,1260), fu il primo biografo di S. Francesco. Ebbe l'abito francescano da S. Francesco nel 1215 e andò missionario in Germania nel 1222. Tornato in Italia fu successivamente ad Assisi, Gubbio e Tagliacozzo. A tre riprese scrisse su S. Francesco: La Vita I scritta nel 1228 - 29; La Vita II (1245-47); il Tractatus de miraculis (1250-54). Questi scritti sono una base sicura per la biografia del Santo. A Tommaso è anche attribuito il Dies Irae. E' venerato come beato nell'ordine francescano, a Celano e a Tagliacozzo, dove se ne conservano le spoglie.

26 settembre 2022

Gli acquerelli nella Marsica di Consalvo Carelli.

color by F.Marino


Una galleria dei bozzetti dal vero realizzati da Consalvo (o Gonsalvo) Carelli (1880 - 1889) su diretta commissione di Vincenzo Bindi per illustrare il volume Monumenti storici ed artistici degli Abruzzi. I disegni sono attualmente conservati nella Pinacoteca Bindi di Giulianova.

Il castello dei Colonna di Avezzano (AQ) con i suoi enormi torrioni circolari. Dietro di esso si intravede il campanile della chiesa di San Bartolomeo. Sullo spiazzo davanti sono disegnati vari contadini, con forconi, covoni e un carro.

Una scena disegnata dal vero, dove un gruppo di persone è seduto sui gradini di una scalinata. Sullo sfondo si erge il Palazzo Ducale di Tagliacozzo (AQ).

La facciata esterna del Castello di Celano (AQ). Fuori, davanti ad esso, sono rappresentati gruppi di contadini, alcuni buoi e un cane.

La chiesa di San Cesidio a Trasacco (AQ). Sullo spiazzo una contadina in costume con la brocca e una bimba, accanto un altro gruppo di figure con asino e covoni.

La chiesa di Santa Sabina in Marruvium a San Benedetto dei Marsi (AQ). Da un lato della facciata, decorata in stile romanico, si intravede uno stagno. Sulla strada sono rappresentate alcune figure in costumi tipici, sedute. Più in la alcuni uomini caricano del fieno su un carro.

Il borgo medievale di Albe e le sue mura ciclopiche.

3 luglio 2022

Jacovella da Celano

Il castello di Celano

JACOVELLA DA CELANO
di Antonio Mezzanotte

Avete mai provato a declinare al femminile la storia d'Italia tra 1400 e 1500, associando le caratteristiche dell'età rinascimentale ai nomi di grandi donne? Proviamoci: la Ragione e l'Arte del Buon Governo (Isabella d'Este, marchesa di Mantova), la Bellezza e le dinamiche del Potere (Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara, troppo a lungo infondatamente marchiata con l'aura venefica di suo fratello Cesare), la Poesia (Vittoria Colonna, marchesa di Pescara), l'Arte della Guerra (Caterina Sforza, contessa di Imola e Forlì). E ancora Clarice Orsini (moglie di Lorenzo il Magnifico: dietro a un grande uomo vi è sempre una grande donna), Bianca Maria Visconti, Eleonora Gonzaga e via discorrendo.
Donne straordinarie ed inimitabili, le cui qualità sono state tutte espresse in anticipo sui tempi da un'altra figura femminile, abruzzese, immeritatamente poco ricordata:

Jacovella da Celano.

La famiglia era quella dei Berardi, discendenti di Carlo Magno in terra marsicana. Alla morte del Conte di Celano Nicola nel 1418, gli subentrò il figlio Pietro III, che però morì poco dopo, lasciando per testamento la Contea alla sorella minore Jacovella.
Papa Martino V Colonna (sovrano feudale del Regno di Napoli) obbligò Jacovella, ancora molto giovane, a sposare il nipote Odoardo Colonna. Che poteva fare la povera Jacovella orfana di padre, senza l'appoggio di un fratello, con la madre che si era rifatta una vita sposando Muzio Attendolo Sforza, sola e intimorita? Subì inizialmente questo matrimonio, combinato dal papa soltanto perché i Colonna suoi parenti mettessero le mani sulla Contea di Celano.
Il marito te lo raccomando, non era uno stinco di santo. A Jacovella proprio non piaceva (si dice e si racconta che fosse pure deforme), ma soprattutto non sopportava l'idea che Celano fosse governato da un estraneo il cui fine era solo arricchirsi. Non gliela diede, letteralmente... la Contea!
Dopo tre anni di convivenza lontano dalla Marsica, nel castello Colonna di Genazzano (RM), alla morte del papa Martino V Jacovella scrisse una lettera accorata al nuovo pontefice Eugenio IV per chiedere l'annullamento del matrimonio non consumato.
Santità - scrive in buona sostanza Jacovella - l'amore viene prima delle questioni politiche ed economiche e se io non amo l'uomo che sposo nemmeno è giusto che, oltre a me stessa, gli dia anche la terra dei miei antenati!
Roba da capogiro, mai nessuna donna fino ad allora aveva osato riprendersi in mano il proprio destino in nome della felicità, dei sentimenti e dell'amore per il proprio paese.
Com'è e come non è, Jacovella abbandonò il marito tornandosene a Celano, ottenne l'annullamento del matrimonio e si riprese il governo delle proprie terre. Ma era ancora troppo giovane per esser padrona assoluta della propria vita; inoltre, come ultima discendente dei Berardi, era considerata sempre un partito più che appetibile.
Tra i tanti pretendenti, si impose l'uomo forte del momento, Jacopo Caldora, valoroso condottiero, che però aveva 50 anni in più di Jacovella, appena ventenne. Fu una unione calcolata per difendere Celano dalle mire espansionistiche dei Colonna, ai quali beninteso nulla importava di Jacovella, ma che volevano riprendersi a tutti i costi la Contea. Jacopo non visse mai con la moglie, impegnato in continue campagne militari, e morì nel 1439 dopo soli tre mesi dalle nozze.
Ancora una volta sembrava che intorno a Jacovella ed alla sua Celano si scatenassero le ambizioni dei soliti approfittatori, ma stavolta la ragazza ragionò con la propria testa e col proprio cuore, scegliendo Leonello Accrocciamuro, figlio della sorella di Jacopo Caldora.
Coetaneo di Jacovella, bello, aitante, valoroso, arguto, dotato di plurimi e variegati interessi, era l'uomo ideale da sposare; soprattutto, si trattava del giovane di cui la nostra Jacovella era davvero innamorata e dal quale veniva sinceramente ricambiata.
La coppia aveva ricevuto la benedizione ed i suggerimenti di fra Giovanni da Capestrano, che vegliava sulla nuova unione, dalle quale nacquero tre figli.
Si aprì un periodo di grande prosperità per la Contea: riforme amministrative, economiche, sviluppo del commercio e dell'industria della lana, fioritura delle arti e della cultura umanistica, abbellimento di chiese e palazzi, lo stesso Castello fu ristrutturato e vennero edificate le quattro torri d'angolo, grossi donativi furono indirizzati per la realizzazione della basilica di San Bernardino a L'Aquila, così come per il nuovo convento dei francescani a Capestrano.
Tutto questo periodo di pace e prosperità finì con la morte di Leonello nel 1458. Jacovella rimase al governo di Celano in nome del figlio primogenito e minore Ruggero, ma questi ben presto venne preso dalla smania del potere, subdolamente consigliato da Jacopo Piccinino, di parte angioina (mentre Jacovella tenne sempre per gli aragonesi). Accadde l'impensabile: Ruggero tradì la madre e, con l'aiuto del Piccinino, la assediò mentre quella si trovava nel castello di Gagliano Aterno. Jacovella resistette fino allo stremo, incitando i suoi soldati sulle mura del castello. Ruggero alla fine prevalse, sembra grazie al tradimento di un suo seguace che gli aprì le porte della fortezza, Jacovella cadde prigioniera del Piccinino, che non solo trafugò il tesoro della Contea, ma pretese anche un riscatto di 120mila ducati perché Jacovella potesse riottenere la libertà (salvo poi confinarla a Castelvecchio Subequo).
La Marsica, nel frattempo, veniva invasa dall'esercito regio guidato da Federico da Montefeltro, che ebbe la meglio sulle truppe del Piccinino. Soltanto a quel punto il figlio di Jacovella, Ruggero, trattato quasi come un ostaggio dal Piccinino, si rese conto dell'enorme sciocchezza che aveva fatto e chiese perdono alla madre, al Re e al Papa Pio II Piccolomini, il quale non aspettava altro che estromettere i Berardi dalla Contea di Celano, la quale, infatti, nel 1463 fu ceduta proprio alla famiglia Piccolomini.
A Jacovella venne imposto di ritirarsi nel proprio possedimento di Venafro, in Molise, e lì morì intorno al 1471, senza avere più la possibilità di tornare nell'amata Marsica.

23 giugno 2022

Elisabetta Mancinelli, La magica notte del 24 giugno: il Solstizio d'Estate e la festa di San Giovanni.


La magica notte del 24 giugno: il Solstizio d'Estate e la festa di S. Giovanni
di Elisabetta Mancinelli.


Il 24 giugno si celebra la natività di San Giovanni Battista Santo fra i più popolari in Oriente come in Occidente. Questa data venne stabilita dai cristiani per contrastare le feste pagane.
In questo giorno i babilonesi festeggiavano il matrimonio del il sole (fuoco) con la luna (acqua) e nell’antica Roma si celebrava Fors Fortuna dea della casualità. La figura di San Giovanni Battista ha dunque assorbito in sé molti degli antichi culti del sole da cui gli usi di bruciare i falò e i riti della rugiada e dell'acqua con cui battezzava: simbolo della purificazione e della rinascita.
La festa del Battista è quella che forse più esemplarmente di altre testimonia di quella commistione di pagano e cristiano che è uno dei tratti caratterizzanti la religione popolare .
Nel corso del tempo, c'è stato un mescolarsi di tradizioni antiche, pagane, e ritualità cristiana, che dettero origine a credenze e cerimoniali in uso ancora oggi principalmente nelle aree rurali della nostra regione.
San Giovanni è considerato anche il patrono delle sorgenti e il 24 giugno è usanza consumare lumache, animale posto sotto la Luna. Secondo la tradizione, le corna delle lumache portano discordia, mangiandole e seppellendole nello stomaco la discordia viene scongiurata.


VITA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Giovanni nacque da Zaccaria ed Elisabetta cugina della Vergine. I genitori, osservanti di tutte le leggi del Signore, non avevano avuto figli perché Elisabetta era sterile e ormai avanti negli anni.
Un giorno, mentre Zaccaria offriva l’incenso nel Tempio, gli comparve l’Arcangelo Gabriele che gli disse: "Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio che chiamerai Giovanni". Quando Maria ricevette l’annuncio dall’Arcangelo Gabriele, venne informata dell’attesa della cugina Elisabetta di un figlio.
Quando Giovanni nacque, il padre Zaccaria che all’annuncio di Gabriele era diventato muto per la sua incredulità, riacquistò la voce; la nascita avvenne ad Ain Karim a circa sette chilometri ad Ovest di Gerusalemme.
Della sua infanzia non si sa nulla solo che, ancora giovane, si ritirò per alcuni anni nel deserto conducendo una vita da asceta e nutrendosi di locuste e miele selvatico. Nell'anno '29 d.C. sotto l’impero di Tiberio, riapparve sul Giordano predicando il battesimo di conversione per il perdono dei peccati e annunziando l'arrivo del Messia da tutta la Giudea, da Gerusalemme e da tutta la regione intorno al Giordano, accorreva ad ascoltarlo tanta gente considerandolo un profeta; e Giovanni in segno di purificazione dai peccati e di nascita a nuova vita, immergeva nelle acque del Giordano, coloro che accoglievano la sua parola, cioè dava un Battesimo di pentimento per la remissione dei peccati, da ciò il nome di Battista che gli fu dato.
Molti cominciarono a pensare che egli fosse il Messia tanto atteso, ma Giovanni assicurava loro di essere solo il Precursore: “Io vi battezzo con acqua per la conversione, ma colui che viene dopo di me è più importante di me e io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco".
Anche Gesù si presentò al Giordano per esser battezzato e Giovanni quando se lo vide davanti disse: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!” e a Gesù: “Io ho bisogno di esser battezzato da te e tu vieni da me?" - Giovanni, giudeo osservante e rigoroso, operò senza mai indietreggiare neanche davanti al re d’Israele Erode Antipa, che aveva preso con sé la bella Erodiade, moglie divorziata di suo fratello, si sentì perciò in dovere di protestare verso il re per la sua condotta immorale.


Infuriata Erodiade gli portava rancore, ma non era l’unica; perché il Battesimo che Giovanni amministrava, perdonava i peccati rendendo così inutili i sacrifici espiatori che in quel tempo si facevano al Tempio, e ciò non era gradito ai sacerdoti giudaici.
Il Vangelo di Marco ci racconta che Giovanni venne fatto arrestare da Erode su istigazione di Erodiade.
Un giorno il re diede un banchetto per festeggiare il compleanno di Erodiade, invitando tutta la corte ed i notabili della Galilea.


Alla festa partecipò con una conturbante danza anche Salomè, la figlia di Erodiade e nipote di Erode; la sua esibizione piacque molto al re ed ai commensali, per cui il re disse alla ragazza: “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”; Salomè chiese consiglio alla madre ed Erodiade le disse di chiedere la testa di Battista.
Erode rimase rattristato da tale richiesta, ma per il giuramento fatto pubblicamente, non volle rifiutare e ordinò di portare la testa di Giovanni, che era nelle prigioni della reggia.
Il Battista fu decapitato, i suoi discepoli saputo del martirio, vennero a recuperare il corpo, deponendolo in un sepolcro; l’uccisione suscitò orrore e accrebbe la fama del Battista. Il suo culto si diffuse in tutto il mondo conosciuto di allora. La festa della Natività di S. Giovanni Battista è celebrata il 24 giugno, sei mesi prima della nascita di Gesù, secondo quanto annunciò l’Arcangelo Gabriele a Maria.

IL SOLSTIZIO D’ESTATE

Il termine Solstizio deriva dal lat. Solstitium: sol 'sole' e sistere 'fermarsi' perché sembra che il sole si fermi e torni indietro sorgendo e tramontando sempre nello stesso punto.
Il 24 giugno coincide dunque con un momento di grande importanza astronomica: il solstizio d'estate, quando il sole, che ha appena superato il punto solstiziale, comincia a decrescere sull'orizzonte, nell'emisfero boreale si ha il giorno più lungo dell'anno e inizia la stagione calda.

USI POPOLARI LEGATI AL SOLSTIZIO IN ABRUZZO

Molte le usanze e le tradizione della nostra regione legate a questo evento astronomico.

I Fuochi di S. Giovanni

Se molti anni fa’ si avesse avuto la possibilità di sorvolare di notte l'Abruzzo in prossimità di paesi e villaggi si sarebbero visti centinaia di fuochi.
Piccole e grandi comunità erano solite preparare durante i giorni che precedevano la festa enormi mucchi di legna che venivano poi incendiati la notte tra il 23 e il 24 Giugno.
I falò solstiziali accesi nei campi la notte di San Giovanni non solo nella nostra ma anche in molte regioni europee erano considerati propiziatori e gli venivano attribuiti virtù purificatrici e rigenerative: i fuochi, simbolo del sole, scacciavano demoni e streghe e prevenivano le malattie.

                                         

Spesso con le fiamme di questi falò venivano incendiate delle ruote di fascine, che venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti. In passato era credenza diffusa in Abruzzo e in Molise che si sarebbe sposata entro l' anno la giovane che in questo giorno per prima si fosse rivolta ad est e avesse visto nel sole nascente l' immagine del santo.

La raccolta delle erbe

Un’altra tradizione di questa notte magica era la raccolta delle erbe in quanto si riteneva avessero un potere particolare e potenziato in grado di scacciare ogni malattia.
Le erbe raccolte in questa notte secondo antiche credenze avevano un potere particolare, erano in grado di scacciare ogni malattia e tenere lontano gli spiriti maligni in quanto tutte le loro caratteristiche e proprietà erano esaltate alla massima potenza.
Inoltre, alle prime luci del 24 giugno, i contadini che possedevano alberi di noce dovevano andare a legare una corda di spighe di orzo ed avena intrecciate ai tronchi dei loro alberi.
In questo modo avrebbero poi raccolto frutti buoni e abbondanti. 
In molte località si usava e si usa ancora fare il nocino, un liquore a base di noci non mature.

La raccolta della rugiada

Un altro antico rito consisteva nel raccogliere la rugiada della mattina di San Giovanni, ovviamente legata all'elemento acqua perché si riteneva avesse il potere di curare, di purificare e di fecondare. 
Per raccoglierla si stendeva un panno tra l’erba, strizzandolo poi il mattino successivo, oppure si scavava una piccola buca, in cui si inseriva un bicchiere o un altro contenitore. 


LE TRADIZIONI DI SAN GIOVANNI IN ABRUZZO

La notte compresa tra il 23 ed il 24 era anche la "la notte delle streghe": le streghe che erano tutte in circolazione per partecipare al loro congresso annuale. In Abruzzo c’erano decine di modi diversi per difendersi da loro, come per esempio ritirare i panni stesi dei bambini prima che facesse buio o sistemare dietro la porta di casa una pannocchia di granturco. La notte di San Giovanni veniva ritenuta notte di prodigi.

A Celano le donne usavano raccogliere con un oggetto non metallico la rugiada per curare eventuali problemi agli occhi o, più semplicemente, per essere desiderate.


Si riteneva inoltre che San Giovanni fornisse anche vaticini, e gli abruzzesi un tempo interrogavano l'albume d'uovo o il cardo mariano.
Si versava il bianco di un uovo in un contenitore trasparente e lo si esponeva alla rugiada della notte, ritirandolo prima che sorgesse il sole: il disegno formato dall'albume avrebbe fornito la risposta ad un evento futuro.
Si usava anche, la notte del 23 giugno, raccogliere il cardo mariano in quanto si pensava fornisse notizie sulla vita sentimentale: il ragazzo o la ragazza dopo averlo colto e averne bruciacchiato la corolla lo ponevano in un contenitore d'acqua fuori della finestra.
Se il giorno dopo i petali rinverdivano il desiderio d'amore si sarebbe avverato.

A Pianella e San Salvo ancora oggi si bruciano due cardi, uno si tiene in casa e l'altro fuori della finestra: la ragazza sposerà un forestiero se il cardo fuori della finestra dà segni di ripresa.
In molte località d’Abruzzo, la sera della vigilia le ragazze mettevano sotto il cuscino tre fave: una sbucciata completamente, l'altra solo in parte, la terza con la buccia intatta.
La mattina del 24 giugno la fanciulla prendeva a caso una delle tre fave: se prendeva quella senza buccia avrebbe sposato un uomo povero; se sceglieva la seconda lo sposo non sarebbe stato né ricco né povero, prendendo la terza avrebbe trovato un uomo ricchissimo.

Rito del comparatico.
Un tempo il 24 giugno era il giorno in cui i giovani stringevano tra loro un particolare vincolo di comparatico, una sorta di parentela spirituale, ritenuta indissolubile e sacra forse più di quella fisica.
Questa usanza si rinnova tuttora tra due paesi Trasacco e Bisegna i cui abitanti, per l'occasione si ritrovano sul fiume Giovenco, nei pressi di una antichissima fontana la cui acqua dedicata al Battista, è ritenuta miracolosa.
Dopo essersi bagnati nel fiume, di cui raccolgono l'acqua in bottiglie per utilizzarla per le malattie della pelle, i devoti dei due paesi rinnovano il rito del comparatico, scambiandosi rituali abbracci, mazzetti di fiori ornati con l'immagine sacra di San Giovanni, profumati con rami di basilico, rosmarino e menta.
Dopo aver ascoltato la messa, tra gli spari dei mortaretti e il suono delle bande, danno inizio ad una processione che conduce la statua di San Giovanni fino al paese.

A Civitella Roveto ( AQ), bagnata dal fiume Liri, che si trova all'interno di una riserva naturale, nota, fin dall'antichità, per il miracoloso potere delle sue acque, le donne sterili usavano immergersi nella cascata di Zompo lo Schioppo per curarsi e propiziare la maternità.


La tradizione, legata a San Giovanni, narra che nella notte tra il 23 Giugno ed il 24 le acque del fiume Liri acquisiscono uno speciale potere curativo.
E’ una festa molto sentita nel paese: una grande folla accorre durante la sera del 23 per aspettare il tramonto e bagnarsi nel fiume durante la notte; la mattina del 24 giugno viene poi celebrata una Messa sulle rive del fiume. Segue una solenne e partecipata processione con la statua del Santo.
A Pescosansonesco il santuario del Beato Nunzio Sulpizio accoglie al suo interno la parrocchia di San Giovanni Battista, trasferita in seguito alla frana del 1934 che investì una vasta zona del paese ed in particolare l'area del castello di Pesclum, dov'era situata la vecchia chiesa dedicata al Battista.
I festeggiamenti in onore di questo santo sono qui tradizione antica e radicata. I vecchi del paese ricordano anzi come fino agli anni '50 del secolo scorso ben tre giorni di festa (24-25-26 giugno) allietassero la comunità.
Il giorno 23 c'è invece il “Rinnovo dell' acqua e del fuoco”, rito mai abbandonato dai pescolani. In tale occasione viene benedetta l'acqua che verrà utilizzata per tutto l'anno seguente nei battesimi e viene “saltato il fuoco”: chi compie questo gesto va incontro a una vera e propria purificazione dell'anima.

Ai nostri giorni la notte di San Giovanni: la notte del solstizio e dei fuochi, anche se ai falò sui monti si sono sostituiti i fuochi d'artificio sulle spiagge, non cambia il suo significato magicamente archetipale di una grande e antica festa solare che venne celebrata da poeti e scrittori a cominciare da Shakespeare nella sua “Notte di mezza estate” sino al nostro Gabriele D’annunzio.
Il Vate ricorda l’antica usanza delle ragazze abruzzesi che si svegliavano all’alba per guardare il sorgere del sole, poiché la prima che avesse visto nel disco luminoso e sanguigno il volto di San Giovanni decapitato dopo la danza dei sette veli di Salomè, entro l’anno si sarebbe felicemente maritata.

Ne “ La figlia di Iorio” Ornella così dice ad Aligi:

E domani è Santo Giovanni,

fratel caro: è San Giovanni

Su la Plaia me ne vo’ gire

per vedere il capo mozzo

dentro il Sole all’apparire,

per vedere nel piatto d’oro

tutto il sangue ribollire.
E domani è Santo Giovanni,

fratel caro: è San Giovanni

Su la Plaia me ne vo’ gire

per vedere il capo mozzo

dentro il Sole all’apparire,

per vedere nel piatto d’oro

tutto il sangue ribollire.


Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli

31 marzo 2022

Jean Joseph Xavier Bidauld, “Lago Fucino e le Montagne d'Abruzzo” (Lake Fucino and the Abruzzi Mountains), 1789 c.

Jean Joseph Xavier Bidauld, “Lago Fucino e le Montagne d'Abruzzo”, 1789 c.,
olio su carta su tela, cm 25.4x48.3, Metropolitan Museum of Art, New York.
 

Jean Joseph Xavier Bidauld, (1758 – 1846)
“Lago Fucino e le Montagne d'Abruzzo”,
(Lake Fucino and the Abruzzi Mountains), 1789 c.
Olio su carta su tela, cm 25.4x48.3
Metropolitan Museum of Art, New York.