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13 novembre 2022

ABRUZZO AMARCORD Collezione di filmati storici abruzzesi.


Documentario collezione Rai storia e Archivio Memoria Abruzzese, di filmati storici abruzzesi dagli anni '50 agli anni '70, filmati che mostrano lo sviluppo nel boom economico delle città come L'Aquila e Pescara, il turismo, il Parco Nazionale d'Abruzzo, e servizi su tradizioni popolari, come il matrimonio delle donne di Scanno.


Documentario collezione Rai storia e Archivio Memoria Abruzzese, di filmati storici abruzzesi dagli anni '50 agli anni '70, filmati che mostrano lo sviluppo nel boom economico delle città come L'Aquila e Pescara, il turismo, il Parco Nazionale d'Abruzzo, e servizi su tradizioni popolari, come il matrimonio delle donne di Scanno, il rito dei serpari di Cocullo.

3 maggio 2021

Elisabetta Mancinelli, Maggio in Abruzzo: feste e tradizioni popolari.

Elisabetta Mancinelli, Maggio in Abruzzo.


Per la civiltà agro-pastorale, che è alla base della cultura abruzzese, maggio era considerato un mese determinante per il contadino che, alla fine dell’inverno, ha esaurito le sue scorte e sa che la sopravvivenza della propria famiglia è legata all’esito dei raccolti successivi.
La “costa” di maggio che significa ripida salita, stretto passaggio, allude proprio alla lunghe e faticose giornate di lavoro nei campi, ma anche alla difficoltà di superare certi momenti di precarietà economica prima di arrivare al nuovo raccolto. E’ un mese di transizione, difficile, tra le provviste ormai esaurite dell’anno precedente ed il nuovo raccolto, che si annuncia, ma potrebbe anche andare male e in cui, più che in altri periodi, si invocano le piogge: “l’acqua di maggio” particolarmente benefiche per il raccolto che va maturando.
Questo mese viene perciò festeggiato con diversi riti dal sapore mitico, antico in cui il ritorno della primavera viene invocato, scongiurato. Una stagione impropizia, avara di pioggia ed è la fame.
Negli ultimi anni si assiste in Abruzzo ad un rinnovato interesse per le tradizioni e le celebrazioni e le usanze tradizionali sono numerose e particolarmente suggestive soprattutto nel mese di maggio.

Le Virtù teramane


La ricetta delle “Virtù” ha la sua data di origine intorno al 1800. la preparazione di questo piatto veniva collocata il primo Maggio, poiché oltre ad indicare la fine del periodo freddo, aveva valore benaugurale per i raccolti estivi.
Si tratta di un piatto rituale con funzione propiziatoria. In questa occasione venivano preparate un gran numero di pignatte contenenti le “Virtù” e poi distribuite alle famiglie più povere, in segno di solidarietà della comunità con i meno fortunati.
Sono virtù perché la base di partenza sono gli avanzi rimasti nella dispensa dopo l'inverno: legumi secchi, pasta di varie tipologie, resti del maiale che la donna doveva essere brava a recuperare, riutilizzare e unire alle primizie che la nuova stagione aveva cominciato a produrre negli orti. Una leggenda narra che le Virtù dovessero contenere sette tipi di legumi, sette tipi di pasta, sette tipi di erbe, che il tutto dovesse essere cucinato da sette vergini per ben sette ore,  sette proprio come le virtù cristiane..
Questo ricco minestrone, a secondo delle località, riceve nomi diversi.

Festa del Narciso a Rocca di Mezzo


Nell’ultima domenica di maggio si celebra la profumata e colorata Festa del Narciso a Rocca di Mezzo (Aq) che vede sfilare per le vie della città, da più di sessant'anni, carri allegorici interamente realizzati con i narcisi, fiori di cui il territorio è ricco.
“Sfilate delle Rose” di Pasadena in California, da cui alcuni emigranti riportarono l'idea, la sfilata onora il Narciso, fiore tipico dell'altopiano delle Rocche, ed è ormai una tradizione aspettata e intensamente vissuta dal paese. Per tutto il mese di Maggio i giovani si dedicano alla realizzazione dei carri, e , nell'ultima settimana, in particolare le ragazze alla raccolta dei fiori.
Durante l'ultima notte prima della sfilata , il momento più emozionante, si procede alla decorazione con i narcisi dei carri. E' molto curata la realizzazione di questi che sfilano e partecipano ad un concorso che premia il più bello, giudicato secondo tre parametri: “infioratura”, struttura e scenografia. I carri propongono spesso temi legati al folclore e alle tradizioni abruzzesi o ad eventi particolarmente sentiti sulla vita sociale del territorio.

Rito dei Serpari a Cocullo

Il primo giovedì di maggio a Cocullo, nell’aquilano, si festeggia San Domenico e, come per altre usanze in cui il rito pagano si intreccia con la devozione cristiana, così accade anche in questa occasione, in cui la devozione per San Domenico, protettore dal morso dei serpenti, si intreccia con il rito arcaico dei “serpari”, manipolatori dei serpenti, nel suggestivo quanto unico Rito dei Serpari.

Per la festa la statua del santo viene portata in processione, addobbata con serpenti aggrovigliati, innocui e particolarmente conosciuti sui monti attorno al paese: Saettoni, Cervoni, e Bisce che i cosidetti serpari raccolgono nei monti attorno al paese nella stagione fredda, durante il loro letargo. Prima della processione sono questi uomini a mostrare i serpenti ai visitatori, permettendo loro di toccarli e maneggiarli, mentre si intonano canti popolari per le vie del paesino.
Dopo la messa, la statua del santo viene ricoperta dai serpenti e la processione ha inizio.
Il corteo si allunga per le strette vie di Cucullo trasmettendo agli astanti immagini suggestive ed emozionanti. L’incontro con i serpari, la possibilità di accarezzare un serpente e superare le paure, accalcarsi dietro la statua del santo chiedendo soccorso per la salute, o restare semplicemente spettatore di fronte a un evento così particolare, suscita intense emozioni.

La festa del Majo a san Giovanni Lipioni


C’è una comunità in Abruzzo che il primo maggio si raccoglie tutta intorno all’arcaica celebrazione del “majo”, in un’ atmosfera di grande gioia collettiva: San Giovanni Lipioni (Chieti) posto su uno sperone che si protende verso il medio Trigno.
Fra paganesimo e cristianesimo, qui la festa del majo sopravvive con tutto il suo carico di simboli e di significati antichi e si inserisce nei festeggiamenti di Santa Liberata e di San Giovanni, le cui statue vengono portate in processione e trasferite dalla Chiesa principale di Santa Maria delle Grazie alla Cappella di Santa Liberata.
Il majo: intelaiatura con un cerchio, rivestita da centinaia di mazzetti di fiori, viene benedetto e, preceduto dalla banda, portato in giro per il paese da un’allegra comitiva per la questua.
Avanti a tutti un giovane con il majo ed in testa una ghirlanda di fiori, con spighe di orzo, baccelli di grano ed altre primizie. Fra canti e danze, in cambio di fiori, con cui si porta l’augurio di buona annata, si ricevono doni : uova, dolci, vino, soldi.
Con le uova raccolte, la sera si fa una gran frittata che viene servita in piazza a tutti i partecipanti alla festa, accompagnata da un bicchiere di vino. Per “cantare maggio” molti emigranti tornano ogni anno in questa occasione a San Giovanni Lipioni.

Carciofo in festa a Cupello



Cupello, piccolo centro collinare a pochi chilometri da Vasto, ogni anno la seconda domenica di maggio festeggia il carciofo.
Degustazioni, convegni, musica in onore di un prezioso prodotto che in questo paese offre una delle migliori qualità, e che si sposa con la sapiente e fantasiosa cucina tradizionale. In tutti i ristoranti del paese, per quattro giorni dal giovedì alla domenica, si gustano i carciofi in tutte le svariate forme e delicati e intensi sapori: dalla pizza, alla pasta, dall’antipasto al dolce, in numerosi menu rigorosamente a base di questa varietà ricercata di carciofo di Cupello.

Festa dei Banderesi a Bucchianico



Nel paese di Bucchianico, il 22, 24, 25 e 26 maggio si svolge la Festa dei Banderesi, una rievocazione storica in costume della vittoria che gli abitanti della cittadina riportarono sui soldati della vicina Chieti, dopo un lungo assedio, al tempo delle lotte comunali.
Giochi di destrezza e riti cavallereschi animano la festa che, tra i molti significati, ha anche quello di rafforzare l’amicizia e la solidarietà tra città e campagna, la stessa che permise, nel XIII secolo, di resistere all’assedio. Altamente coreografica è la sfilata che, muovendo dalle contrade, raggiunge il centro del paese.
Le donne recano canestri di fiori, sfarzosamente decorati; un bue precede il corteo, seguito da carri addobbati. Uno dei momenti più suggestivi dell’evento è la danza della ‘ciammaichella’ singolare movimento a spirale che rievoca lo stratagemma con il quale, nel corso dell’assedio, gli abitanti trassero in inganno i nemici facendo loro credere che in città vi fosse un esercito numeroso.

“Lu Lope” a Pretoro

 


La ricorrenza di San Domenico abate viene festeggiata a Pretoro, in provincia di Chieti, la prima domenica di maggio, con la rappresentazione del miracolo de “Lu lope”, una tra le più antiche manifestazioni sacre abruzzesi che si tramanda di padre in figlio.
Come avviene per la festa di Cocullo, anche nella celebrazione di Pretoro, ricorre la presenza dei serpari che, nei giorni precedenti, cercano di catturare serpenti ai quali strappano i denti, per renderli innocui. Il giorno della festa serviranno per adornare la statua del santo portata in processione per le vie del paese.
Ai serpari è dedicata la mattinata della domenica con un concorso per il serpente più grande e più bello trovato nei dintorni di Pretoro. In quest’occasione si possono vedere serpenti che , ammansiti dal Santo, si arrotolano alle mani dei fedeli che hanno legato al polso “ lu laccette de S. Dumeneche”.
La cattura dei rettili ha una valenza prettamente simbolica, liberare il territorio dal pericolo che deriva dalla loro presenza. Nel pomeriggio, dopo la celebrazione liturgica, si giunge al momento culminante della festa: la rappresentazione del miracolo di San Domenico e del lupo. Gli attori sono, secondo la tradizione, tutti uomini anche la madre. Il bambino, che è l’ultimo nato del paese, è ornato di fiocchi rossi contro il malocchio per esorcizzare il male.

“ Le ‘Ndorce” ad Atessa



Ad Atessa, in onore di San Martino la prima, la terza e la quarta domenica di maggio si svolge la processione delle ’ndorce (torce di cera vergine d’api) caratterizzata da gesti propiziatori fatti con le pietre , che vengono prelevate dai campi per curare le coliche, oppure da riti di strofinamento sulle rocce a scopo terapeutico.
Per tre volte, nel mese più scarso di precipitazioni, i contadini di Atessa organizzano una processione propiziatoria per invocare da San Martino eremita la caduta della pioggia. Il pellegrinaggio nasce da una antica leggenda secondo cui una statua del santo situata a San Salvatore a Maiella rotolò fino al fiume in seguito ad una tempesta di vento.
Da qui, galleggiando sull’acqua, arrivò intatta, vicino ad Atessa, dove gli abitanti del paese la collocarono nella loro chiesa principale. Dopo solenni festeggiamenti, indetti in onore del Santo, la statua scomparve. Fu ritrovata di nuovo a Fara San Martino e dopo aver tentato per tre volte di riportarla ad Atessa, fu deciso di lasciare la statua sul posto e di andarvi ogni anno in pellegrinaggio, portando in dono le primizie dei campi e una grande torcia votiva, la ’ndorcia appunto, ottenuta legando intorno ad un grosso cero, quattro candele minori.
Dopo aver assistito alla messa i pellegrini della ’Ndorcia escono devotamente dalla chiesa di San Leucio e si avviano verso la montagna. Dopo ore di marcia, risalendo le valli del Sangro e dell’Aventino, i pellegrini giungono a Fara San Martino dove visitano la chiesa di San Pietro e vi lasciano due fasci di spighe e due candele. Quindi , giunti tra i resti dell’antico monastero, depongono le altre due ’ndorce nella grotta in cui visse in penitenza il Santo.

7 dicembre 2020

A Cocullo (Aq) il primo maggio si celebra la festa di San Domenico, il santo patrono, conosciuta anche come la "Festa dei Serpari".


San Domenico a Cocullo, festa dei Serpari, primo giovedì di maggio (dal 2012 il 1° maggio).

 

La festa

A Cocullo (L'Aquila) il primo giovedì di maggio (dal 2012 il 1° maggio) si celebra la festa di San Domenico, il santo patrono, conosciuta anche come la "Festa dei Serpari", l'avvenimento religioso più noto di tutto l'Abruzzo, festa ricca di sincretismi in molti aspetti della sua ritualità. 
Il patronato del Santo, al quale si attribuisce un miracoloso potere contro i morsi dei serpenti, si giustifica con un episodio narrato in "Vita e morte del beato Domenico di Sora", scritto da Giovanni, suo discepolo e compagno delle innumerevoli peregrinazioni. 
Egli narra che «un giorno il priore di Montecassino gli mandò al suo monastero di San Bartolomeo parecchi pesci come dono. Poco prima di arrivare i frati decisero di nascondere quattro fra i più grandi in una cavità della roccia per poi riprenderseli al ritorno. Il Santo dopo averli baciati li invitò a pranzare insieme con lui e i confratelli. Quando al terzo giorno espressero il desiderio di ritornare all'abbazia, Domenico scongiurò loro di non accostarsi ai pesci che avevano nascosto perché si erano trasformati in serpi. E poiché quelli erano perplessi, li fece accompagnare da due frati che portavano il suo bastone. Arrivati alla roccia, trovarono effettivamente delle serpi che, toccate dal magico bastone, tornarono pesci. I due frati, scossi dall'insolito episodio, corsero da Domenico chiedendogli fra le lacrime di intercedere in cielo per la loro salvezza. Il santo, commosso e impietosito, prescrisse loro un digiuno di tre giorni al termine del quale, raccoltosi in preghiera, ne ottenne il perdono».

31 luglio 2020

C’era una volta Angizia… Cocullo e la festa dei serpari.

Cocullo, S.Domenico e la festa dei serpari.

A Cocullo, in provincia de L’Aquila, ogni primo giovedì di maggio si svolge da secoli una festa davvero originale ed unica nel suo genere,  dove la devozione si mescola al folklore, e dove gli antichi riti della tradizione si rinnovano di anno in anno, portando i visitatori indietro nel tempo fino al medioevo, e ancora più indietro, fino all’epoca italica quando qui abitava l’antico popolo guerriero dei Marsi…
Sto parlando della Festa dei Serpari, un appuntamento di grande richiamo turistico, folklorico e religioso, che purtroppo quest’anno non si terrà a Cocullo, a causa dell’emergenza sanitaria in corso nel nostro paese.
Proviamo allora a far rivivere la tradizionale festa abruzzese, cercando di risalire alle origini del culto, attraverso l’analisi delle fonti e dei reperti archeologici…
L’aspetto più spettacolare del corteo di  San Domenico (eremita originario di Foligno, vissuto intorno all’anno 1000 tra Lazio e Abruzzo) è la presenza dei serpenti vivi che vengono portati in precessione insieme al simulacro del santo patrono.
Ogni anno i rettili vengono catturati dai serpari negli ultimi giorni di aprile, quando è facile trovarli nei boschi nei pressi delle loro tane, poichè ancora intorpiditi alla fine del letargo invernale.
I serpari li tengono per qualche giorno nelle loro case, in sacchi di tela, dandogli da mangiare e riservando loro ogni attenzione in attesa della festa del 1 maggio: subito dopo la celebrazione religiosa, il simulacro del santo esce dalla chiesa e si ferma sul sagrato ed è qui che i serpari sistemano i serpenti intorno alla testa e al collo della statua.
Poi il corteo sfila quindi per le vie del paese, con i rettili che si muovono lentamente, attorcigliandosi e scivolando sinuosi lungo le pieghe del nero manto e intorno alla barba e ai capelli posticci del santo.
E’ ancora viva la credenza che dalle forme assunte dal groviglio di serpenti si possano trarre auspici sui futuri raccolti e sull’andamento della stagione agricola.
Dopo la festa, i rettili verranno riportati sani e salvi presso le tane da cui sono stati prelevati, a dimostrazione del grande rispetto che i serpari di Cocullo hanno per i loro amici striscianti.
La festa e i suoi rituali si ricollegano all’arcaico culto dei Marsi per la dea AngiziaCon la diffusione del cristianesimo quei riti precristiani furono gradualmente abbandonati, nella Marsica come altrove, e cià avvenne spesso attraverso un lento processo di assimilazione, che attecchì più facilmente laddove nuove figure di martiri e di santi seppero far propri attributi, simboli e tradizioni già appartenuti a divinità locali preesistenti. Fu così che a Cocullo il culto medievale per San Domenico  andò a sostituire definitivamente i culti precristiani, compreso quello per la dea Angizia.
Questa divinità femminile di origine frigia, un tempo venerata dal valoroso popolo dei guerrieri Marsi, si lega infatti strettamente al mondo ctonio dei serpenti, e la memoria del suo culto in qualche modo sopravvive nei riti praticati dai serpari di Cocullo all’inizio di maggio.
una folla di devoti e di pellegrini accoglie il simulacro all'uscita dalla chiesa
La folla dei turisti e dei devoti fotografa il simulacro del santo avvolto dai rettili. Foto di A. Bazzoli.
Nell’assistere da spettatori al rito dei serpari viene da chiedersi: perchè a Cocullo i serpenti sono considerati sacri e sono addirittura benedetti, quando nella tradizione giudaico-cristiana il serpente è invece considerato simbolo della tentazione, a partire dall’episodio del peccato originale?
Andando a scavare nelle consuetudini di quei popoli italici che un tempo abitavano le zone montuose dell’Abruzzo, scopriamo che il culto per i serpenti era qui praticato ancor prima che vi arrivassero i Romani, come dimostrano anche i ritrovamenti archeologici e diversi toponimi locali.
Basti pensare, ad esempio, al famoso manufatto della dea Angizia con in mano un rettile, rinvenuto nel bacino lacustre del Fucino, lungo le cui sponde gli antichi Marsi decisero di insediarsi.
Persino il moderno toponimo Luco dei Marsi (dal latino lucus che sta a significare “bosco sacro”, con riferimento alla radura nel bosco dedicata ad Angizia di cui parla anche Virgilio nell’Eneide) contribuisce a spiegare la familiarità e il rispetto che gli abitanti di Cocullo nutrono verso i loro amici rettili.
Il comune di Luco dei Marsi era anticamente un importante centro politico e religioso, sede di un santuario federale dei Marsi, e tale rimase fino a quando la guerra sociale degli inizi del I secolo a.C. (il cosiddetto bellum marsicum) avrebbe portato alla nascita del municipio romano di Anxa-Angitia (altro toponimo significativo).
Sappiamo che gli antichi Marsi, guerrieri valorosi e lottatori imbattibili, venivano ingaggiati dai Romani come gladiatori per la loro forza fisica. Sappiamo inoltre che in virtù delle loro abilità nell’utilizzare erbe a scopo terapeutico e nel preparare antidoti e veleni, i Marsi erano apprezzati e ricercati anche come maghi e guaritori.
Il simulacro di san Domenico a Cocullo sfila in processione ricoperto dai serpenti. Foto di A. Bazzoli.
Parlando dei vari popoli impegnati nella battaglia tra Turno ed Enea, Virgilio così descriveva un guerriero proveniente dalla Marsica: “Era gran ciurmatore e con gli incanti e col tatto ogni serpe addormentava. De gl’idri, de le vipere e de gli aspi placava l’ira, raddolciva il tosco, e risanava i morsi” (Eneide,VII, 1149-1153).
Secondo il greco Licofrone, e più tardi secondo Plinio il Vecchio, i Marsi avrebbero appreso i loro poteri taumaturgici dalla dea Circe, maestra per eccellenza nel manipolare le erbe e nell’incantare i serpenti.
Tutto ciò contribuì ad accrescere la fama dei Marsi come guaritori e cominciò a diffondersi persino una leggenda che li voleva immuni dai morsi velenosi.
L’ antica arte di ammaestrare i rettili, trasmessa di padre in figlio attraverso i secoli, si sarebbe così conservata fino ai giorni nostri, seppure tra continui adattamenti e trasformazioni.
Innocuo esemplare di serpente, catturato dai serpari di Cocullo. Foto di A. Bazzoli.
Ma non finisce qui.
Il legame tra la dea, la cultura marsica e il culto ofidico si chiarisce ulteriormente anche alla luce del mito.
Tre erano infatti le figlie di Eete: Angizia, Medea e Circe. Delle tre sorelle soltanto Angizia ricevette però gli onori divini, in virtù della sua sapienza nell’arte della magia e dell’utilizzo delle erbe a scopo terapeutico.
Poteri magici, quelli di Angizia, che furono cantati anche dal poeta abruzzese Silio Italico, con questi suggestivi e impressionanti versi:
Æetæ prolem Anguitiam, mala gramina primam monstravisse ferunt, tactuque domare venena, et lunam excussisse polo, stridoribus amnes frenantem, ac silvis montes nudasse vocatis” (Punicae,VIII, 498-501)
Versi che tradotti dal latino suonano così:
Angizia, figlia di Eete, per prima scoprì le male erbe, così dicono, e maneggiava da padrona i veleni e traeva giù la luna dal cielo, con le grida i fiumi tratteneva, e chiamandole spogliava i monti delle selve” .


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Antonella Bazzoli -  1 maggio 2009 (aggiornato il 29 aprile 2020)
Per approfondimenti: “Il ritorno dei serpari” di A. Bazzoli, pubblicato in “Medioevo”, n. 5 – 2010