Giacomo Falcucci, Santa Filomena (1837), chiesa di Santa Maria del Popolo, Altino |
Gabriele, Michele e Giacomo Falcucci, la dinastia degli scultori e pittori Atessani dell’800
di Angelo Iocco
Giacomo Falcucci nacque in Atessa il 14 dicembre 1807 da Maria Rosa D’Onofrio e Pasquale; ebbe due figli, Michele Falcucci, nato nel 1831 (di cui si ignora la data di morte), e Gabriele Olivio Falcucci (1838-1895), nato con un grave difetto fisico, che lo lasciò a vita sordo-muto; Giacomo stesso nelle sue opere, si firmava così, facendo del suo difetto, allora considerato una vera e propria sciagura, una eccezione che lo rese il grande scultore che fu. Non si conosce come Giacomo Falcucci studiò disegno, forse andò a Napoli, prese a ispirazione dei modelli della Capitale del Regno, e una volta appresa l’arte e aperta una bottega in Atessa, insegnò disegno ai figli Michele e Gabriele, quest’ultimo supererà il padre nella maestria e seppe ben esercitare l’arte dell’affresco e lo scultore e pittore delle statue. Giacomo uscì dai confini dell’area chietina, e si spinse sino in Molise. Il Molise dell’area isernina era una zona di passaggio della via vecchia per Castiglione Messer Marino, onde arrivare a Napoli, e la sua fama si sparse per questi paesetti di montagna; una prima committenza a Giacomo la vediamo nella chiesa madre di Montenero di Bisaccia, la Madonna del Carmine, datata e firmata 1837. A seguire il Falcucci realizzò una statua del Santissimo Redentore benedicente per la chiesa madre di Tavenna, ben lodata dal parroco don Francesco Batescia.
Giacomo Falcucci, Madonna del Carmine (1837), chiesa omonima, Montenero di Bisaccia (CB) |
Michele Pasquale nel descrivere le fattezze della statua, nota come Giacomo si fosse ispirato a un modello del paese, il rilievo della Madonna in trono col Bambino presso la campane della chiesa stessa di Montenero. A seguire realizzò un San Michele che configge il Demonio per la chiesa madre di Lucito; le due statue di Giacomo sono ben modellate, anche se soffrono ancora di un aspetto troppo rigido e poco fluido. Nel 1837 Giacomo realizzò la statua di Santa Filomena per la parrocchiale di Altino, non molto distante da Atessa. Anche qui notiamo con la cura del dettaglio per la statua sia abbastanza buono, il volto con l’espressione meditabonda e concentrata è ben riconoscibile, ormai Giacomo ha creato la sua scuola coi suoi modelli, ma ugualmente si denotano degli atteggiamenti di schematismo e rigidità nella postura eretta, e nelle braccia lievemente piegate in atteggiamenti di benedizione. Il panneggio con il suo colore toccante tuttavia rende la statua molto piacevole a vedersi, peccato per gli angioletti laterali con i simboli del martirio, ancora rozzi e ancorati a una tradizione popolaresca abruzzese, che non si curava troppo di decorare i due puttini. Per la chiesa madre di Fraine, sempre nell’area chietina, Falcucci realizzò un Sant’Alfonso dei Liguori. Altre sue importanti opere si trovano nelle chiese di Atessa, specialmente in quella di San Domenico o della Congrega del Rosario: una statua di Santa Lucia firmata e datata coi simboli del martirio, un San Sebastiano, un Sant’Antonio di Padova con il cartiglio: “A devozione di Angelo Damiani, 1853”, statua purtroppo scialbata dal restauro di Pasquale Bravo di Atessa. Un artista locale che imperversò per le chiese atessane e dei paesi circonvicini, fino a Bomba e Orsogna, ristrutturando statue “laccandole a lucido”, rendendole irriconoscibili e gommose, e realizzando soffitti moderni in stile falso soffitto barocco a cassettoni lignei dipinti, con ghirigori e fioroni dipinti di gusto falso manierista (evidentissimi i soffitti con bassorilievi di angeli e simboli del Tetramorfo “a didò e plastilina”) delle chiese di Santa Croce e del convento di San Pasquale in Atessa, con incassate le tele del cugino Ennio Bravo, e del santuario di San Mauro in Bomba. In questo santuario, il Falcucci realizzò una bella statua di San Mauro, molto venerato anche in Atessa, di cui esiste una bella statua nella chiesetta di Sant’Antonio, scolpita come reca il cartiglio, da Pasquale Giuliani di Atessa nel 1898 per conto del sacerdote Vittorio de Ritiis. Brevi cenni sul Giuliani, era atessano e forse si formò presso la bottega dei Falcucci, e ne fu in un certo senso il continuatore, anche se non con la stessa fama dei maestri, tanto che è censito principalmente in Atessa e nei dintorni; ad esempio nella vicina Paglieta gli fu commissionata come reca il cartiglio, una statua di San Nicola vescovo per la parrocchia. In Atessa invece abbellì la suddetta chiesetta di Sant’Antonio con la statua di S. Mauro, e nel cappellone dell’Addolorata, con la statua della Vergine dei Dolori e con la statua del Santo di Padova, firmate e datate. Benché tal Giuliani non ebbe modo di farsi conoscere assai, la sua arte dimostra come Atessa fosse, alla pari di Guardiagrele e Orsogna, terra di artigiani, i quali erano abbastanza quotati e coscienti del proprio mestiere da far scrivere il loro nome nelle loro opere, a testimonianza per una memoria futura.