Nel chietino furono gettate le basi per l’invenzione della TV
di Marino Valentini.
Quasi un secolo fa, nell’ottobre del 1925 per l’esattezza, nasceva un’invenzione che avrebbe cambiato il mondo: la televisione.
In quell’autunno l’ingegnere scozzese John Logie Baird riusciva a realizzare la prima trasmissione televisiva dal suo laboratorio alla stanza a fianco. L’immagine trasmessa era il viso di un ignaro fattorino del laboratorio dello scienziato britannico. Tre mesi dopo, nel gennaio del 1926, Baird trasmetteva da una stanza all’altra il viso della sua socia in affari, stavolta alla presenza di studiosi e della stampa: la TV era ufficialmente nata!
Ciò che invece molti ignorano è che se non si fosse combattuta la Prima guerra mondiale, probabilmente l’invenzione sarebbe stata un vanto dell’Italia e del chietino in particolare.
Prima di parlare di questa storia, occorre fare un salto indietro nel tempo fino al 1892, quando dalla famiglia dei baroni Franceschelli di Montazzoli, in provincia di Chieti, nacque Tommaso che sin da giovanissimo si dedicò agli studi di elettronica, perfezionandosi presso il Politecnico di Napoli e nel 1915 lo stesso pubblicò su una rivista nazionale di elettronica le sue importanti ricerche, sotto il nome di teleidografo con e senza fili, un dispositivo in grado di realizzare la trasmissione radiotelegrafica delle immagini che, in concreto, rappresentava un prototipo di TV, ben dieci anni prima che la stessa venisse battezzata.
L’errore del giovane barone Franceschelli, per non aver tutelato da brevetto il dispositivo, ma sarebbe più opportuno parlare di sfortuna, si lega alla quasi contemporanea entrata in guerra del nostro Paese nel conflitto che indusse l’abruzzese, già allievo dell’Accademia navale di Livorno, ad arruolarsi volontario nella Regia Marina e a partire subito per il fronte della guerra marittima in Adriatico, mettendo le sue importanti ricerche al servizio della Patria.
Ad appena due mesi di distanza dall’entrata in guerra dell’Italia, con la flotta italiana impegnata a occupare alcune isole della Dalmazia meridionale e a creare uno sbarramento nel canale d’Otranto, per impedire il passaggio delle navi della Kriegsmarine austro-ungarica, il barone Tommaso Franceschelli, forte delle sue preziose conoscenze, si trovava a Brindisi, poiché adibito al servizio semaforico marittimo: in pratica una stazione di vedetta e segnalazione della marina militare, posta in alto e ben visibile dal mare, munita di apparecchiature radiotelegrafiche, che costituiva il collegamento fra le navi e la terra, per dare e ricevere segnali, informazioni e ordini.
Il 29 luglio 1915 nella stazione di segnalazione semaforica brindisina della Regia Marina, Franceschelli stava perfezionando un dispositivo in grado di inviare immagini via radio telegrafo, in pratica una sorta di odierno fax, ma la torre all’interno della quale stava lavorando, venne bombardata da una nave della flotta austriaca e, mentre la guarnigione italiana stava abbandonando l’edificio, il giovane barone abruzzese, ricordandosi di essere pure tiratore scelto, non esitò a raggiungere la cima del fabbricato per avere una visione migliore al tiro di precisione del suo fucile, ma un paio di granate lanciate dai nemici gli caddero accanto, ferendolo mortalmente al capo e al petto.
Per dirla tutta, Franceschelli aveva effettivamente depositato, contemporaneamente all’entrata in guerra dell’Italia, un regolare attestato di privativa industriale della durata di un anno, che scadeva a fine marzo del 1916, otto mesi dopo la sua morte.
L’Italia e l’Abruzzo perdevano così un valoroso soldato ma soprattutto un geniale inventore e, qualora il barone di Montazzoli fosse sopravvissuto alla Grande Guerra, quasi certamente il mondo avrebbe parlato dell’invenzione della televisione a opera di un figlio della nostra terra d’Abruzzo.
Tratto dal saggio: Romanzo bigotto, di Marino Valentini.
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