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Atlante Ferroviario 1913, Abruzzo e Molise |
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Orario Treni |
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Traversa ferroviaria |
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Interno scompartimento treno |
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Atlante Ferroviario 1913, Abruzzo e Molise |
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Orario Treni |
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Traversa ferroviaria |
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Interno scompartimento treno |
Viaggio attraverso l'Abruzzo - 1837
l barone inglese Richard Keppel Craven (1779 - 1851), terzogenito di William Craven e di Elizabeth Berkeley figlia del Conte di Berkeley, fu un esperto viaggiatore e grande studioso. Sua madre divorziò quando Keppel aveva solo tre anni ed insieme si trasferirono in Francia. Tornarono in Inghilterra nel 1791 per consentire a Keppel di frequentare la scuola ad Harrow, sotto falso nome. Keppel viaggiò molto e nel 1814 accettò il posto di tesoriere alla Principessa Carolina di Galles. Era amico intimo di William Gell, con il quale compì il viaggio in Italia. Keppel fu un attento ed esperto topografo e fu l’autore di “Un viaggio nelle province del Sud del regno di Napoli” e di “Escursione nell’Abruzzo e nelle province a Nord di Napoli”.
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Ritratto
del B. Ludovico opera di Nicola Ranieri |
FRA’ LUDOVICO RICCELLI ovvero BEATO LUDOVICO DA GILDONE, un francescano molisano a Orsogna
di
Angelo Iocco
In
un testo dattiloscritto inedito di Vincenzo Simeoni di Orsogna sulla Storia del
Convento della Santissima Annunziata di Orsogna, leggiamo queste belle pagine
di un umile frate sepolto nell’antica chiesetta. Entrando in questo umile luogo
di preghiera, vediamo all’altezza della cappella della Madonna degli Angeli (ex
Sant’Antonio), una umile sepoltura con l’iscrizione del Santo, e di recente è
stata ivi ricollocata l’immagine del Ven. Ludovico dipinta post mortem dal
pittore Nicola Ranieri di Guardiagrele (1749-1851), da cui fu tratta anche
un’incisione per un santino.
Altre
sepolture di uomini illustri sono quella del Fr. Diego Giampaolo da Gamberale,
morto nel 1959, e quelle degli uomini illustri che procurarono la nascita del
Ritiro: il Ven. fr’ Francesco da Caramanico, il fr. Bernardino da Penne.
Lo
storico P. Marcellino Cervone da Lanciano scrisse nel 1891 fra tutti i Santi
Religiosi del secolo XVIII nella nostra Provincia Serafica Abruzzese, nessuno
uguagliò il Ven. Ludovico, specie per gli strepitosi miracoli operati dopo la
sua preziosissima morte, attestati dal Notato nel numero complessivo di 98.
Questa bella figura che tanto illustrò
il Ritiro di Orsogna, nacque al 10 novembre 1712 da Giovanni Riccelli e Viola
Massimi contadini, il giorno dopo fu battezzato col nome di Antonio. L’anno
precedente erano avvenuti due fatti importanti: la morte di un altro eroe
francescano, P. Bonaventura da Potenza, e la solenne condanna emessa da
Clemente XI contro le famose porposizioni dell’eretico Giansenio (Cornelius
Jansen, vescovo di Ypres).
Antonio
fu cresimato nel 1721 dal Cardinale Orsini, divenuto poi Papa con il nome di
Benedetto XIII. Presto dimostrò una grande religiosità, non ottenuta dal duro
lavoro dei capi che esercitò con grande impegno sino all’età di 17 anni.
Infatti nel mese di maggio del 1730 egli espresse il desiderio di farsi
religioso, ma invece di rivolgersi al locale Monastero degli Agostiniani, con
grande dolore della mamma che l’avrebbe voluto vicino a sé, si recò al Convento
dei Frati Minori di Foggia. Senonché il suo desiderio non fu esaudito, in
quanto la sua povertà non gli permetteva di acquistarsi l’abito, secondo la
religiosa consuetudine vigente allora.
Introduzione
Con il presente
saggio si vuole apportare un contributo riassuntivo utile a sviluppare la
conoscenza della storia abruzzese dall’anno successivo alla fine del primo
conflitto mondiale sino all’inizio del regime fascista.
L’analisi
storica inizierà con la citazione di brevi riferimenti nazionali poiché è fondamentale
che qualasiasi storia regionale sia inquadrata nel contesto statale che
concorre a determinarla.
Per la
descrizione dei vari fatti sono state utilizzate fonti archivistiche e
pubblicazioni varie.
La situazione nazionale
Il periodo
storico in esame, in tutto il territorio nazionale è ricco di avvenimenti di
notevole interesse storico, politico e religioso.
Con la fine del
primo conflitto mondiale in Italia si aprì una profonda crisi politico-sociale
i cui caratteri essenziali sono riassumibili nei seguenti punti: 1) la crisi
dello Stato liberale che nonostante avesse portato a termine l'unità nazionale
lasciava irrisolti ancora molti problemi tra cui la questione meridionale; 2)
il disagio degli ex combattenti che non furono adeguatamente
ricompensati per
gli sforzi e i sacrifici sostenuti durante la permanenza al fronte; 3) la
coscienza della nazione che l’Italia aveva subito una vittoria mutilata in
quanto non le furono riconosciuti tutti i diritti previsti dagli accordi di
Londra del 1915; 4) la svalutazione della lira e l’inflazione
galoppante che provocò un aumento del costo della vita di oltre il 400%; 5) la
mancanza di materie prime, la difficoltà delle industrie a riconvertirsi, la
disoccupazione e l’eccesso di manodopera causato dai soldati che tornarono dal
fronte.
Questi problemi alimentarono
in parte della popolazione uno spirito rivoltoso che diede vita a varie forme
di protesta sociale, rivendicazioni operaie e contadine tra cui: 1) i moti per
il carovita che scoppiarono nell’estate del 1919 e si estesero in tutto il
paese; 2) le rivendicazioni operaie che nel 1920 culminarono con gli scioperi e
l'occupazione delle fabbriche dell’Italia settentrionale; 3) le agitazioni
delle masse rurali per la conquista della terra.
I governi e le
forze d’opposizione esistenti dall’inizio del conflitto, non riuscirono ad imporre
le loro scelte e a trovare soddisfacenti soluzioni ai problemi dell’epoca. Di
conseguenza, accanto ai socialisti ed alle forze risorgimentali emersero nuove formazioni
politiche che proponevano di dare risposte più concrete per risolvere i
problemi dell’epoca o di contrapporre soluzioni conservatrici ai movimenti di
protesta. Tra essi il partito popolare, l’associazione nazionale combattenti,
il partito comunista e quello fascista.
Nel 1919, durante il
pontificato di Benedetto XV e in seguito all’abrogazione ufficiale del non expedit imposto dalla gerarchia cattolica, il sacerdote siciliano Luigi Sturzo fondò il partito popolare, già
vagheggiato nel 1905 come
partito di ispirazione cattolica, aconfessionale ed indipendente dalle autorità
ecclesiastiche per le sue scelte politiche.
Il partito
assunse come proprio simbolo lo stemma dei comuni medioevali con la scritta
"Libertas", trovò ispirazione nella dottrina sociale della chiesa e
portò al riavvicinamento dei cattolici alla vita politica nazionale.
I popolari
entrarono per la prima volta nella scena politica nelle elezioni politiche del
1919 in cui, grazie anche al supporto assicurato dalle parrocchie, riuscirono a
far eleggere 100 candidati delle loro liste.
La sua rapida diffusione
nella penisola fu favorita dalle strutture ed organizzazioni ecclesiastiche
esistenti nei Comuni peninsulari. In alcuni casi, il partito popolare fu
guardato con diffidenza e sospetto dalle autorità delle Chiesa, in particolare
nelle località dell'Italia meridionale in cui fu fondato dai vecchi notabili
liberali che si riconvertirono e resero conto che l'adesione ad un partito
d'ispirazione cattolica avrebbe allargato la base del consenso politico.
Un altro raggruppamento politico che sorse
nell’immediato dopoguerra fu l’Associazione Nazionale Combattenti (ANC) che fu
fondata a Milano il 18 marzo 1919 allo scopo di tutelare i diritti dei reduci e
assicurare la loro rappresentanza nelle istituzioni. Nel giro di pochi mesi raggiunse
la quota di circa 600000 iscritti. Nel 1919,
dopo lo scioglimento della Camera, l'ANC decise di prendere direttamente parte
alle elezioni politiche con la denominazione di partito dei combattenti, ottenendo
il 4,1% dei voti e 20 seggi. Alle successive elezioni
politiche anticipate del 1921, il partito ottenne l'1,7% dei voti e 10
seggi.
Il 21 gennaio
1921 a Livorno, durante lo svolgimento del 17° congresso
del partito socialista italiano, avvenne un’importante scissione nella quale
una parte dei convenuti fondò un nuovo raggruppamento politico a cui diede il nome di Partito Comunista d'Italia (PCdI)
- sezione italiana dell'Internazionale comunista,
una denominazione che fu mantenuta fino al 15
maggio 1943. Questa scissione anziché portare alla rivoluzione
proletaria, come auspicavano i fondatori del PCdI, provocò un indebolimento
della sinistra italiana che favorì le forze reazionarie e conservatrici. Il
PCdI si presentò alle elezioni politiche del 1921 ottenendo nel complesso 304 719 voti (4,6%) e 15 seggi.
Un’altra importantissima forza politica dell'immediato
dopoguerra fu il partito dei Fasci di Combattimento che fu fondato il 23 marzo
1919 da Benito Mussolini, un ex socialista e direttore dell'Avanti. Mussolini
riuscì a coagulare nel suo partito un insieme di forze sociali conservatrici
che con la crisi del partito liberale, erano preoccupate da un’eventuale affermazione
socialista e manifestavano la propensione al mantenimento dell'ordine
precostituito: elementi di destra, ex combattenti, esponenti del ceto medio, possidenti
agrari, industriali, ecc.
Dopo il
Congresso di Roma del 1921 gli iscritti ai Fasci di Combattimento fondarono il
Partito Nazionale Fascista a cui tra l’altro aderirono molte sezioni dell’ANC
disperse lungo la penisola.
Agli
inizi, i fascisti avevano accettato un atteggiamento anticlericale che fu riportato
nel loro programma politico e dimostrato dalla violenza con cui tra il 1921-1922,
i suoi squadristi colpirono le leghe bianche.
Il giudizio iniziale della
Chiesa su questa formazione politica fu molto duro. Infatti,
nel 1922, in un’editoriale della Civiltà Cattolica si scrisse: “Il Fascismo ha
lo spirito di violenza del socialismo a cui pretende di rimediare, imitandone
non solo ma superandone ben anche le prepotenze, le uccisioni e le barbarie”. Diversi ordinari diocesani, durante i primi anni del
regime diffusero lettere pastorali in cui sottolineavano che il fascismo, per
la sua natura violenta era contrario ai principi cristiani e pertanto non
poteva godere l'appoggio della Chiesa. Una parte della Curia Pontificia anche
dopo la marcia su Roma era convinta che il fascismo, alla stessa stregua del
liberalismo, della massoneria e del socialismo fosse un’ideologia sviluppatasi
a causa dell’abbandono della religione e della secolarizzazione affermatisi nel
mondo moderno dopo la rivoluzione francese. Un’altra parte, invece riteneva che
potesse apportare un efficace contributo al processo di ricristianizzazione della società che perseguiva il papa Pio XI.
Nell'ottobre del
1922, dopo la marcia su Roma, il re Vittorio Emanuele III incaricò Mussolini di
formare un nuovo governo ed ebbe così inizio l'era fascista.
Al primo gabinetto mussoliniano collaborarono alcune forze politiche, tra cui i popolari che ottennero 4 sottosegretari, il ministero del Lavoro assegnato a Stefano Cavazzoni e quello del Tesoro che fu assegnato a Vincenzo Tangorra.
Altro importante
fatto dell’epoca in considerazione è il governo della chiesa cattolica che fu
affidato dal 3 settembre 1914 al 22 gennaio 1922 al papa Benedetto XV e dal 6
febbraio 1922 al 10 febbraio 1939 a Pio XI.
Benedetto XV
promosse il culto del Cuore di Gesù, si adoperò per evitare la guerra e con
l’enciclica Pacem Dei Munus Pulcherrimum
scritta nel 1920 dettò le sue idee per avere una pace stabile.
Nelle
relazioni con il Regno
d'Italia eliminò il non expedit
e appoggiò la formazione del Partito
Popolare Italiano d’ispirazione cristiana.
Il suo
successore PIO XI con l’enciclica Ubi arcano
Dei consilio del 23 dicembre 1922, manifestò il programma del suo
pontificato facendo presente che i cattolici dovevano impegnarsi nella
fondazione di una società totalmente cristiana.
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Regione ecclesiale Abruzzo-Molise |
La situazione
abruzzese
Le varie vicende
politico-sociali e di crisi che investirono la nazione toccarono anche
l’Abruzzo. Infatti, agli inizi del 1919 questa regione era profondamente scossa
dalle vicende del primo conflitto mondiale in cui persero la vita oltre 23000
giovani soldati provenienti dai suoi Comuni.
In diverse
località il successivo ritorno dei reduci delusi nelle loro aspettative favorì
nuovi motivi di scontri sociali e contribuì a riacutizzare quelli esistenti
prima della guerra.
La maggioranza
della popolazione regionale dell’epoca continuava a vivere in condizioni di
notevole indigenza poiché ricavava i mezzi di sussistenza da un’agricoltura
poco redditizia, particolarmente sensibile ai capricci della natura e praticata
su terreni generalmente aridi, montagnosi non propri e gravati da pesanti
prestazioni e tributi.
A questi
problemi sono da aggiungere quelli creati da: 1) la lunga permanenza dei
soldati al fronte e la massiccia emigrazione, due eventi che ridussero la forza
lavoro disponibile e i redditi di diverse famiglie; 2) il carovita che investì
la Regione; 3) la crisi della pastorizia dovuto alla caduta del prezzo della
lana e all’aumento di quello di pascolo nei luoghi di transumanza [1].
In particolare
l’emigrazione che colpì in modo più intenso le zone rurali ebbe anche diversi
riflessi culturali e politici. Infatti, quando gli emigranti arrivavano nei
luoghi d’accoglienza scoprivano che esistevano nuovi stili di vita che in parte
acquisirono e con il loro ritorno trasferirono nelle terre d’origine contribuirono a modificare antiche abitudini e atteggiamenti locali.
Anche i reduci, a causa del contatto quotidiano con i soldati di altre regioni,
acquisirono nuovi modelli culturali che trasferirono ai luoghi d’origine.
I fatti
descritti e i problemi elencati furono le principali cause che in Abruzzo crearono
gli spunti per la nascita di nuovi atteggiamenti, modelli di comportamento, aspettative
di vita, formazioni politiche e forme di protesta organizzata che saranno ampiamente
descritti ed analizzati nei paragrafi successivi del presente saggio.
La vita religiosa e l’organizzazione ecclesiastica in Abruzzo dal 1919 al 1922.
Nel periodo in
esame i Comuni che ora appartengono all’Abruzzo erano ripartiti in otto diocesi
di cui in questa sede si riporta la cronotassi
dei loro vescovi e i principali aspetti della vita religiosa.
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Mons. Gennaro Costagliola |
Nell’epoca
in considerazione l’Arcidiocesi fu
retta da Gennaro Costagliola, (15
aprile 1901 -
15 febbraio 1919) e Nicola Monterisi
(15 dicembre 1919 -
5 ottobre 1929).
Il 21 marzo 1920, l'ingresso a Chieti di mons. Monterisi fu accolto favorevolmente dai rappresentanti delle organizzazioni cattoliche e dal clero diocesano. Nello stesso tempo alcuni militanti socialisti, radicali e di altre forze anticlericali inscenarono una contromanifestazione ostile al presule, come tra l’altro dimostra il seguente scritto che pubblicato il primo aprile 1920 su “La Conquista Proletaria”: “I socialisti hanno voluto avvertire il sig. Monterisi che il popolo di Chieti non è composto di tutte pecore rassegnate a farsi quotidianamente tosare” [2].
Mons. Nicola Monterisi |
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Costiera da Termoli sino al Porto d'Ascoli dello Stato Ecclesiastico, di Francesco Cassiano de Silva, 1708. |
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particolare Costa di Vasto |
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particolare Costa di Vasto |