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25 ottobre 2024
Don Giorgie ed il Principe d'Avalos. Una intervista sui possedimenti e la gestione dei beni dei d'Avalos.
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29 luglio 2024
Gli incontri di Licio Di Biase: Mariano Marrone, Storia dei D'Avalos.
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27 giugno 2024
Compendiosa spiegazione dell' impresa, motto e nome accademico di Cesare Michel Angelo d'Avalos ec Gironda marchese di Canneto, Giovan-Giuseppe [VerfasserIn] Napoli: Felice Mosca, 1725.
30 maggio 2024
Adriano Ghisetti, Il palazzo di Iacopo Caldora a Vasto e l'architettura tardogotica nel Regno di Napoli.
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22 marzo 2024
Il Polittico d’Avalos - Convento dei frati minori di Sant'Antonio, Ischia.
Il Polittico d’Avalos - Convento dei frati minori di Sant'Antonio, Ischia. |
Le due nobildonne ritratte nel 1512 sono: a sinistra la principessa di Francavilla Costanza d’Avalos, figlia di Innico d'Avalos e di Antonella d'Aquino contessa di Loreto Aprutino, a destra la marchesa di Pescara Vittoria Colonna, signora di Pescocostanzo, poetessa, molto amica di Michelangelo, all’epoca ventenne e sposata da tre anni (1509) con Ferrante d’Avalos, quinto marchese di Pescara, abbigliata con abiti eleganti, gioielli, capelli adornati da perle, nastri di seta e una retina d’oro.
IL POLITTICO D’AVALOS
Lettura di un’opera
Gina Menegazzi
Quanti tesori sconosciuti abbiamo a Ischia, e quanto poco sappiamo valorizzarli e sfruttarli per allargare quell’offerta turistica che vogliamo presentare ai nostri ospiti! Una scoperta in questo senso ci è stata offerta dalla storica dell’arte Serenaorsola Pilato che unisce a un’ottima preparazione e a una grande cultura artistica un linguaggio chiaro e pulito, con cui illustra gioielli grandi e piccoli della nostra isola. Presso la sagrestia del convento dei Frati Minori a Ischia, annessa alla chiesa di S. Antonio, è conservato, anche se suddiviso sulle quattro pareti, il Polittico D’Avalos e la ricercatrice ci ha condotto alla sua scoperta.
“Il polittico – spiega la Pilato -, smembrato in più parti e certamente mancante di alcuni elementi, è costituito da sette tavole. Lo sportello centrale è articolato su due livelli: nella parte superiore la Madonna delle Grazie, circondata da una schiera di puttini, in quella inferiore le due committenti. A questo sportello centrale andavano affiancati i due laterali, uno per parte: a sinistra S. Francesco e S. Ludovico di Tolosa; a destra S. Giovanni Battista e S. Tommaso d’Aquino. Che fossero affiancati risulta evidente dal piano pavimentale, che è lo stesso nelle tre tavole, e dalla continuità nel paesaggio. Le tavole più piccole raffigurano invece quattro sante: S. Lucia, identificabile dagli occhi che regge sul piattino; S. Caterina d’Alessandria, con la ruota del martirio; S. Chiara, con il saio francescano e il giglio bianco, e S. Maria Maddalena, riconoscibile dai lunghi capelli e dal vasetto che regge in mano”.
Partendo dal lavoro di altri studiosi, la storica dell’arte ha fornito una lettura affascinante dell’opera, rivelando gli elementi che la configurano come ex voto offerto dalle due donne: Costanza d’Avalos, rappresentata con gli abiti vedovili e in età avanzata, e una giovane Vittoria Colonna, raffigurata come una principessa, con una retina d’oro nei capelli, come è descritta nelle cronache dell’epoca. “Quest’opera di un’importanza straordinaria, un vero capolavoro del Rinascimento, faceva parte dei beni delle Clarisse che abitavano sul Castello, nel convento fondato da Beatrice Quadra, ed era probabilmente arrivata loro per via ereditaria, forse proprio attraverso la stessa fondatrice. Le Clarisse dovevano essere particolarmente legate all’opera perché, quando furono costrette ad abbandonare il convento, scelsero di portarla con loro”. Sono state le stesse Clarisse a deciderne lo smembramento e l’infelice disposizione all’interno dell’ambiente in cui ora si trova.
Se precisi elementi stilistici e l’età delle due donne rappresentate consentono di fissare la data non oltre il secondo decennio del 1500, un elemento, in particolare, conferma che si tratta di un ex voto, legato alla sconfitta a Ravenna di Ferrante d’Avalos – nipote di Costanza e marito di Vittoria Colonna – e alla sua prigionia a Milano presso la rocca di Porta Giovia, l’attuale Castello Sforzesco. “Sappiamo che la sua fu una prigionia dorata, perché a Milano era custodito dallo zio Giangiacomo Trivulzio, marito di Eleonora d’Avalos, sorella di Costanza”. L’elemento da osservare è l’edificio che compare al centro del dipinto: “l’autore conosce perfettamente la tecnica prospettica e dispone l’asse centrale del pavimento in corrispondenza di questo elemento architettonico che si trova al di sotto della Madonna delle Grazie; inoltre, in un paesaggio piuttosto generico, realizza questo edificio con dovizia di particolari, che richiamano decisamente alcuni elementi di quello che doveva essere il palazzo sforzesco di Milano nel 1510-12, quando Ferrante vi era prigioniero, per esempio la sporgenza dell’architettura chiaramente gotica, e l’arco a tutto sesto. La rocca milanese era originariamente in serizzo bianco, una pietra locale ancora evidente nel basamento della stessa, e in pietra bianca, chiara, è raffigurata la torre nel dipinto, e si contrappone alla torre cilindrica scura. Questa somiglianza architettonica è talmente forte da non poter essere semplicemente un caso: la struttura architettonica occupa un posto così centrale perche il dipinto è una richiesta di grazia per Ferrante custodito all’interno della prigione. Questo ex voto ha inoltre complessi significati religiosi e spirituali: la corte d’Avalos è non soltanto la corte più importante nell’Italia meridionale, ma una delle più importanti d’Italia, e ha esigenze umanistiche e letterarie complesse; l’autore che lavora per una committenza del genere deve essere in grado di trasformare in immagine gli articolati significati politici, spirituali, religiosi che un committente del genere richiede.
Una tale opera lascia inoltre trasparire la spiritualità di chi l’ha commissionata e, analizzando i santi raffigurati, permette di affermare che la committente sia stata proprio Vittoria Colonna. La scelta dei santi non è casuale: Maria Maddalena e Caterina d’Alessandria hanno un ruolo sostanziale nella spiritualità della Colonna; è certamente vero che tale spiritualità si manifesta in maniera totale dopo la morte del marito nel 1525, ma è anche vero che le sue origini dovevano essere precedenti: in una lettera inviata a Costanza Piccolomini, la Colonna parla del ruolo fondamentale di Maria Maddalena, considerata come la vita attiva per aver tanto amato, e di Caterina d’Alessandria, l’aspetto contemplativo, perché ha dedicato tutta la sua vita a Cristo.
Nella tavola di sinistra, poi, vediamo S. Francesco, il mendicante, il poverello per eccellenza, raffigurato in maniere convenzionale con le cinque stimmate a vista, compresa quella del costato, santo che la dice lunga sull’orientamento spirituale e pauperistico di chi ha commissionato l’opera. Lo stesso vale per S. Ludovico, ricollegabile alla Colonna per due diversi motivi: non soltanto perché è un santo legato alla stessa ideologia pauperistica – ha accettato d’indossare la mitra e il mantello vescovile soltanto sull’abito francescano, come è evidenziato nel dipinto -, ma è un santo che ha subito prigionia: una prigionia dorata, sette anni presso Alfonso III d’Aragona, ma pur sempre prigionia, che richiama quella di Ferrante. Quindi, non solo questo dipinto è un ex voto connesso in maniera fortissima a Vittoria, ma è anche una testimonianza, in una data alta – diciamo tra il 1512 e il 1520 – di quello che è già l’orientamento spirituale di questa donna”.
Serena Pilato ha poi collegato i santi raffigurati all’interno del polittico a quelli presenti nella cripta del Castello Aragonese. “In quel luogo elitario, di culto privato, cui potevano accedere solo le famiglie nobili che vi avevano le cappelle, le sante più celebrate sono S. Caterina d’Alessandria e S. Maddalena, rappresentate più volte, per esempio nella cappella Bulgaro, dove sono accostate: S. Caterina, identificabile dalla corona e che regge la veste facendo nodo, riferimento alla sua verginità, e S. Maddalena, bionda – i capelli si vedono sotto il velo – e con il calice. O ancora, nella cappella della Maddalena, di fronte all’entrata, la santa in stucco forte e, accanto, le storie della sua vita; o, nella prima cappella a destra entrando, S. Caterina, con la corona, la palma e il libro, e il Battista, nell’angolo. La cappella Cossa poi ha storie di S. Caterina d’Alessandria, e la cappella Calosirto S. Caterina d’Alessandria e Maria Maddalena. Vittoria Colonna ha trascorso un lungo periodo sul Castello Aragonese, l’amato-odiato scoglio, come lei stessa lo definisce nelle rime, e certamente avrà avuto modo di meditare sui propri orientamenti spirituali all’interno della cripta dove sono raffigurate proprio la Maddalena e Caterina d’Alessandria; mi sembra quasi scontato quindi il rapporto fortissimo tra la cripta del Castello e le figure nel polittico.
Vale infine la pena di osservare i meravigliosi dettagli dell’opera: Vittoria Colonna con il libro e i particolari della veste, o il piviale di S. Ludovico, con figure perfettamente costruite all’interno di architetture realizzate con tecnica prospettica. L’utilizzo dei colori ci dice anche altro: il manto nero di Costanza, o il manto cangiante e bellissimo del Battista, o ancora la veste verde di S. Ludovico, non possono essere compresi senza la pittura veneta del ‘500 a cui va ricondotto anche il paesaggio, così attento e minuzioso. Particolari come il sole dipinto in maniera così dettagliata in S. Tommaso d’Aquino, o, alla cintura del Battista, l’arbusto le cui foglioline poggiano in maniera così perfetta sul bastone, non si possono capire senza i fiamminghi, senza l’influenza che Dürer ha avuto sulla pittura veneta. Non siamo in grado di stabilire chi sia l’autore del dipinto, ma certamente possiamo inserirlo in quello che viene chiamato il filone romano-veneto”.
Trascinati dalle parole di Serena Pilato, ci nasce il desiderio di far conoscere il capolavoro custodito in questa piccola sagrestia, che ancora una volta si connette al Castello Aragonese, a conferma che questo non era una piccola corte di provincia, ma il centro dell’Italia meridionale.
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28 agosto 2023
L'Archivio ritrovato. Docufilm sul recupero dell'archivio gentilizio d'Avalos.
La famiglia d’Avalos ha prodotto e custodito per oltre cinque secoli un importante archivio, che è stato oggetto dalla fine del 2019 di una risolutiva azione di recupero promossa dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania con il supporto del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Napoli.
A partire dagli anni ’60, diversi furono i tentativi – tutti infruttuosi – di visionare il materiale, al punto che l’archivio fu dichiarato di particolare interesse storico senza una effettiva istruttoria.
Solo nel 2019, dopo un incontro tra il Soprintendente archivistico e bibliografico della Campania Gabriele Capone e l’ultimo erede della famiglia Andrea d’Avalos, il materiale fu trasferito all’Archivio di Stato di Napoli.
Al trasferimento delle oltre 150 casse di documentazione ha fatto seguito un impegnativo progetto di riordino e descrizione dell’intero fondo che, finanziato dalla Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura e curato dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania, ha portato in due anni alla realizzazione di un inventario analitico di circa 500 pagine.
Tutte le fasi, dal trasferimento ai lavori archivistici, sono raccontate in questo docufilm prodotto dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica della Campania.
Da: SAB Campania
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27 agosto 2023
300° anniversario del Toson d'Oro. La diretta da Vasto della 35ª rievocazione storica del 27.08.2023.
Si tratta della rievocazione storica della consegna del Toson d'oro, con figuranti in costume dell’epoca che sfilano lungo le vie della città per ricordare il conferimento della prestigiosa insegna cavalleresca (collare dell'ordine), avvenimento che si è svolto a Vasto il 24 Ottobre del 1723 ed ha visto protagonisti il marchese del Vasto, Cesare Michelangelo d'Avalos che, su incarico dell'imperatore Carlo VI, consegnò al Conestabile del Regno, principe romano, Fabrizio Colonna per i servigi resi dalla sua famiglia alla corte di Napoli.
Cesare Michelangelo d'Avalos, Marchese del Vasto (Vasto, 15 gennaio 1667 – Vasto, 27 agosto 1729) |
Oltre al valore simbolico, il conferimento dell'istituzione rappresentò un tassello importante per la diffusione del cattolicesimo in Europa, in quanto il principe Fabrizio era il nipote del cardinale Carlo Colonna.
Le cronache raccontano con dovizia di particolari la cerimonia a cui parteciparono nobili, principi e prelati di tutta Europa e che fu seguita da festeggiamenti che durarono fino al 2 novembre.
L'ordine cavalleresco del Toson d'oro è stato istituito a Bruges da Filippo il Buono, duca di Borgogna nel 1430 in occasione del suo matrimonio con l'infanta Isabella del Portogallo. Oggi sono conferiti di questa onorificenza il re di Spagna Juan Carlos e il figlio Felipe, erede al trono che, in occasione delle sue nozze con la giornalista televisiva Ortiz, aveva sull'alta uniforme il Toson d'oro o vello d'oro.
Il gioiello, riprodotto per la rievocazione storica dall'orafo vastese Crisci, simboleggia la ricchezza e la libertà e raffigura un ariete con le corna ritorte in giù e con il corpo appeso ad un pendaglio che rappresenta un fulmine che lo colpisce.
7 febbraio 2023
Regno di Napoli. Le zecche minori.
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14 settembre 2022
Diploma della dignità di Prencipe del S. R. I. conferita dall'invittissimo Imperador de' Romani Leopoldo I all'altezza Prencipale di D.Cesare Michelangelo d'Avalos, Marchese di Pescara e del Vasto…, dell'anno 1704.
Diploma della dignità di Prencipe del S. R. I. conferita dall'invittissimo Imperador de' Romani Leopoldo I all'altezza Prencipale di D.Cesare Michelangelo d'Avalos, Marchese di Pescara e del Vasto…, dell'anno 1704.
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...Con Diploma del 2 marzo 1704, Leopoldo I d'Austria, confermò al Marchese del Vasto Don Cesare Michelangelo d'Avalos il titolo di Principe del Sacro Romano Impero, al quale si aggiungeva il diritto di nominare conti e battere propria moneta. Don Cesare d'Avalos, tuttavia, non approfittò della facoltà accordatagli di erigere zecca propria, ma si limitò a commissionare alla zecca di Augsburg una serie di coniazioni di ostentazione nel 1706 e un mezzo ducato d'oro alla zecca di Napoli nel 1707. Tali coniazioni constavano di sette tagli d'oro e d'argento. ...
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