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24 novembre 2020

Sebastiano Pasquini, La collazione del Toson d'Oro al Connestabile Fabrizio Colonna nella Città’ del Vasto.

 


La collazione del Toson d'Oro al Connestabile Fabrizio Colonna nella Città’ del  Vasto

 Sebastiano Pasquini[1]

                                          

Tra tutti gli ordini cavallereschi, quello del Toson d'oro è sicuramente uno dei più prestigiosi e forse l'unico la cui onorificenza può essere concessa sia dagli Asburgo che dai Reali di Spagna.

Il suo emblema è un'ariete d'oro appeso ad un anello e fu fondato a Bruges il 10 gennaio 1429 da Filippo II detto il Buono duca di Borgogna, sovrano dei Paesi Bassi, in occasione delle nozze con Elisabetta di Portogallo, sua terza moglie e venne posto sotto l'invocazione di Maria Vergine e dell'apostolo S.Andrea.

Approvato nel 1433 da Papa Eugenio IV e confermato nel 1516 da Leone X.

La cerimonia che si svolge ogni anno a Vasto si ispira al conferimento del Toson d’oro da parte di Carlo VI (Vienna 1685-1740), imperatore del SRI (1711-1740), Re d'Ungheria (come Carlo III), Re di Napoli(Carlo VI) secondo figlio di Leopoldo I e di Eleonora Neuburg.

L'imperatore, ultimo discendente degli Asburgo in linea diretta maschile e rivale di Filippo V per la successione di Spagna, Carlo VI con imperial dispaccio del 23 novembre 1722 commise al marchese del Vasto, Cesare Michelangelo D’Avalos D’Aquino D'Aragona l'incarico di conferire il Toson d'oro al Connestabile Fabrizio Colonna, ottavo Principe di Paliano, duca di Tagliacozzo e dei Marsi, figlio del Connestabile Filippo e di Olimpia Pamphili, sposato a Caterina Salviati, figlia del Duca di S.Giuliano e di Lucrezia Rospigliosi.

Lo scenario che fa da sfondo a questo memorabile evento è il Palazzo D'Avalos di Vasto di proprietà dei marchesi D'Avalos.

Nata come Histon (la leggenda la vuole fondata da Diomede re dell'Etolia) nel periodo romano diventa Histonium e solo nell'803 arriva a chamarsi Vasto.

L'origine di questo nome deriva dal dialettale wast (residenza, dimora) o dall'evoluzione del lemma gastaldato, che contratto in "guasto", si trasformò nell'attuale toponimo.

I preparativi dell'evento durarono alcuni mesi e quando tutto era pronto per ricevere l'illustre ospite, accompagnati dalla loro corte, arrivarono nella  vicina Atessa, ove furono ospitati alcuni rappresentanti di quella città.

Dopo alcune consultazioni attraverso i rispettivi segretari venne deciso che la venuta del Principe fosse fissata per il 23 ottobre.

Intanto a Vasto arrivarono i primi invitati e ospiti del marchese: il marchese Castiglioni, i vescovi di Isernia e di Trivento, il preside di Abruzzo Citeriore.

Il 23 il governatore di Monteodorisio alla testa di 370 uomini di truppa baronale andò a ricevere il Connestabile ai confini dello Stato, nei pressi di Scerni.

Un'ora dopo usci dal Vasto lo sfarzoso corteo marchesale che si apprestava a ricevere il Principe, formato da 2 forieri a cavallo, due trombe, quattro staffieri, il cavallerizzo maggiore.

Altri dodici staffieri a cavallo, un gentiluomo di camera, seguiva un buon numero di lacchè e poi le LL.AA. Cesare ed Ippolita D'Avalos.

Seguivano i Baroni d'Abruzzi e di Capitanata, quindi i Cavalieri di Camerata del Marchese, le damigelle della Marchesa, alcuni gentiluomini e un gran numero di nobili, notabili e cittadini a cavallo.

Appena il marchese col suo corteo fece rientro a Vasto con l'ospite, la città li accolse con grande fragore e gioia, con suono di campane, scoppio di mortaretti e sparo di 57 pezzi di artiglieria.

Dopo vari convenevoli con le autorità cittadine i Colonna si insediarono nel Palazzo D'Avalos e alle 17:30 venne eseguito un concerto di musica classica in loro onore; quindi si cenò nel “quarto” della marchesa”, ove si ammirarono grandi lavori di zuccheri indorati e illuminati.

Il Connestabile come candidato sedette tra le due dame, a fianco delle quali presero posto i due vescovi ed il Marchese; con dirimpetto i Cavalieri di Camerata. La cena fu splendida ed in pubblico, come tutte le altre seguenti, ed alla fine fu servito un prelibato Tokaj.

La mattina del 24 ottobre 1723, alle ore dieci e trenta, il Segretario regio, Giovan Battista Castiglioni, marchese di Arielli, si recò a prelevare dalle sue stanze il candidato all’Ordine del Toson d’Oro, il Principe Fabrizio Colonna, Gran Connestabile del regno di Napoli; nella Camera di udienza, seduto sotto il baldacchino, vestito alla spagnola col mantello di damasco nero e le insegne del S.R.I., il Marchese Commissario diede ordine al segretario d’introdurre il candidato. Questi appena entrato fece riverenza e restò in piedi vicino al Segretario; il Segretario espresse in latino che l’Imperatore, come Re di Spagna, capo dell’Ordine del Toson d’Oro, avendo riguardo alla progenie ed alle virtù personali di Fabrizio Colonna, l’aveva eletto per essere associato a quell’Ordine e ne aveva dato al Marchese la piena podestà.

Il Marchese quindi domandò al candidato se perseverava nel desiderio, se ne aveva notizia degli Statuti e se era pronto a dare il giuramento solito e, avutane risposta affermativa, gli fece legger la formula del ringraziamento, dell’accettazione e della promessa a lui presentata dal Segretario.

Quindi il Marchese lesse le parole del Capo 52 del della Costituzione dell’Ordine e in nome dell’Imperatore lo ammise in vita all’Ordine stesso.

Il Segretario allora lesse il Diploma Cesareo ad alta voce; quindi il Marchese domandò al candidato se era stato armato Cavaliere: quegli gli rispose di no e si inginocchiò davanti la sedia del commissario. A questo punto entrò nella sala il conte di Villamuri che dopo aver preso la spada d’onore da un bacile d’argento, la porse, anch’egli inginocchiato, al Commissario il quale con essa toccò tre volte l’omero sinistro del Candidato, pronunciò la formula latina. “Efficiet te Deus bonum et honorabilem Equitem in nomine Domini nostri et S. Georgij” e gli prescrisse il giuramento.

Quindi il candidato si inginocchiò davanti il tavolino sul quale in due grandi piatti d’argento erano il Crocifisso ed il Messale aperto al vangelo di quel giorno e mentre il Segretario lesse la formula del giuramento egli, tenendo le mani una sul Vangelo  e l’altra sul Crocifisso, appena terminata rispose: “Ita juro, et sic me adjuvet et Deus et omnes Sancti ejus”.

Si levò allora in piedi e s’inginocchiò di nuovo davanti al Commissario: il Segretario allora prese da un bacile d’argento la collana d’oro dell’ordine, su cui era inciso il motto “Plus Ultra” e inginocchiandosi a sua volta la diede al Marchese che la pose al collo del nuovo Cavaliere.

Terminata la solenne cerimonia i tre entrarono nella grande anticamera di S. Pietro ove era raccolta tutta la nobiltà.

Intorno all’altare preparato per l’occasione era l’intero capitolo di S. Maria Maggiore (di cui due Protonotari Apostolici, D. Giovanni Casilli e D. Giacinto Olivj e otto canonici erano parati) ed il Vescovo di Trivento vestito pontificalmente, il quale all’entrata del corteo marchesale intonò il Te Deum, seguitato poi dai musici. Dopo il Te Deum il Vescovò celebrò messa bassa, accompagnata da un canto di mottetti ed infine recitò in pulpito elegante orazione latina.

Nel frattempo dalle finestre e dal balcone centrale del palazzo vennero gettati al popolo minuto, accorso in piazza, gran quantità di pani, formaggi ed altri commestibili, mentre le sei cannelle della fontana grande davanti la chiesa di S. Agostino versarono vino bianco e rosso per cinque ore consecutive.

Terminata anche la cerimonia religiosa, alle tredici e trenta, si passò alla stanza preparata per la colazione ed alla tavola d’onore, per quel giorno solo, fu ammesso l’undicesimo commensale nella persona del Marchese Castiglione.

Fuori del palazzo i festeggiamenti popolari proseguirono con la stessa intensità, perché ai giochi della cuccagna e della tombola si aggiunse la distribuzione gratuita di lauto rinfresco a tutto il popolo e l’incendio di una macchina pirotecnica di 700 libre di polvere, rappresentante il rapimento del Vello d’Oro e si accesero da tutte le finestre del Palazzo centinaia di torce di cera da quattro libbre, lasciate poi ardere interamente.

Il 25 ottobre il Marchese e i suoi ospiti visitarono il Palazzo della Penna, la più grande villa suburbana di proprietà marchesale a tre miglia dal Vasto e “Il Frutteto”, altra villa marchesale.

Ritornati nel Vasto, assistettero dal balcone ad uno spettacolo di fuochi pirotecnici e poi scesero tutti al teatro, situato al pianterreno del Palazzo.

La grande sala, oltre alla platea, aveva un palco centrale  e due laterali, nei quali, a seconda del loro grado, gli spettatori si ripartirono. Si rappresentò il “Trionfo di Bacco”, opera musicale in quel tempo famosa, cantata in dialetto napoletano da otto “scogliati” con accompagnamento di sette violini, violoncello, viola, arciliuto, cornetta  e due trombe, diretti da due maestri di cappella. Tale complesso era stato chiamato nel Vasto da più di un mese.

Al concerto seguì una cena durante la quale ottennero vivo successo in diverse sonate i corni da caccia del Connestabile, ai quali il Marchese regalò quattro doppie.

Il giorno 26, nonostante la pioggia, partirono tutti per una grande battuta di caccia alla Bufalara, sulla pianura del Trigno.

La caccia durò dalle undici e trenta alle quindici  e trenta, ma a causa del vento contrario che spinse gli animali a rifugiarsi sui boschi sopra Montebello, non diede i risultati previsti.

Tornati a Palazzo tutti si scambiarono preziosi regali come ricordo dell’evento e come consuetudine fra i nobili.

Finalmente il 2 novembre, giorno fissato per la partenza del Principe, arrivarono alla marina di Vasto tre brigantini del Marchese, sui quali gli ospiti avrebbero dovuto fare il viaggio fino a San Vito, ma date le condizioni del mare in tempesta il Connestabile partì con il suo seguito via terra salutato da  triplice scarica di cannoni ed accompagnato per lungo tratto dalla corte del Marchese.

Le premure di Don Cesare verso l’ospite durarono per l’intero viaggio di ritorno fino a Roma.

Dopo la partenza del Colonna, Don Cesare fece generosa distribuzione di doni a tutti quelli, invitati, stipendiati o assunti per l’occasione, verso i quali si sentiva obbligato.

Alla scafa del Sangro, a dodici miglia dal Vasto, si innalzò per l’ultima volta il padiglione turchesco, entro cui il Marchese fece servire lauta colazione. A Lanciano, feudo del Marchese, un buon numero di truppe baronali, con alfiere, sergente e tamburo sparò a salve in onore degli ospiti che, ricevuto alla porta della Città l’omaggio del governatore baronale e del Mastrogiurato, scesero davanti la cattedrale della Madonna del Ponte, ove furono ricevuti dall’Arcivescovo e da tutto il clero. Dopo il pernottamento si ripartì alla volta di Francavilla al Mare, dove ebbe fine l’ospitalità del Marchese concessa a Fabrizio Colonna.

Di questa ospitalità fu decantata la magnificenza e la finezza dai molti baroni di Abruzzi e Capitanata intervenuti in gran gala e perché non se ne perdesse traccia Orazio Guidotti, Capitano della Grassa dei due Abruzzi, ne scrisse minuziosa relazione da cui è stata tratta la seguente tesi.

Oggi il Toson d’oro si svolge nella città di Vasto in un periodo compreso tra giugno e ottobre e prevede la sfilata del corteo marchesale con i suoi ospiti nel centro storico di Vasto, accompagnato da figuranti in costume d’epoca, sbandieratori, giullari, trampolieri, artisti di strada e altri personaggi.

La sera dopo la rievocazione della collazione, danze, artisti di strada, gruppi pirotecnici e sbandieratori colorano la festa, che si svolge davanti il Palazzo d’Avalos,  porgendo omaggio al Marchese D’Avalos (o meglio colui che lo interpreta) che insieme ai suoi  ospiti festeggia l’evento con un fastoso banchetto.                                                                                                                               


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