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12 novembre 2022

Abruzze me', canzoni abruzzesi dalla voce di Nino Canosa.


 

Nino Canosa di Ortona interpreta le canzoni del poeta Italo D'Onofrio di Montupoli, frazione di Miglianico vicino Ortona. 
D'Onofrio visse a Torino ma partecipò a varie rassegne canore abruzzesi negli anni '60 e '80, scrisse diverse canzoni con l'amico Martinicchio, tra le più note ancora oggi c'è "Abruzze me"; insieme al cantante Canosa, D'Onofrio riarrangiò anche delle canzoni classiche abruzzesi di De Titta, Di Jorio, Illuminati, Marcolongo.

Le canzoni:
ABRUZZE ME di Italo D'Onofrio - Francesco Paolo Martinicchio
MONTUPULE di Italo D'Onofrio
ST'ABBRUZZESELLE di Camillo Di Benedetto - Italo D'Onofrio
SPIAGGE D'ABRUZZE di Italo D'Onofrio - I. Actis - Pabla
SERENATA SPASSOSE di Evandro Marcolongo - Antonio Di Jorio
CHI VVU' CCHIU'? di Italo D'Onofrio

MARE NOSTRE di Luigi Illuminati - Antonio Di Jorio
NA CARTULINE di I. D'onofrio
CIELO D'ABRUZZO di I. D'onofrio - Zanin
DIN DON di Cesare de Titta A. Di Jorio
QUANN LU PATRETERNE HA CREATE LU MONNE di I. D'Onofrio
ZAPPE ZAPPE CUNTADINE di M. Actis, Arrigo Tomasi, Italo D'Onofrio

9 novembre 2022

Francesco Paolo Michetti, Il voto, 1881-83.

Francesco Paolo Michetti,“Il voto”.












Francesco Paolo Michetti, (Tocco da Casauria, 1851 – Francavilla al Mare, 1929)
“Il voto”, (1881-83)
Olio su tela, 
cm 245 x 695 
Galleria Nazionale d' Arte Moderna – Palazzo delle Belle Arti, Roma.


Il voto, celeberrima e imponente tela (7 metri di lunghezza per 2.50 di altezza) fu eseguita da Michetti fra il 1881 e il 1883, anno in cui fu presentata all'Esposizione internazionale di Belle Arti di Roma. Raffigura la processione di San Pantaleone, patrono del paese di Miglianico in Abruzzo, in occasione della festa dedicata al santo il 27 luglio. Qui i fedeli, all'interno della chiesa, assistevano al rituale voto penitenziale che consisteva nel leccare il pavimento dal sagrato fino alla statua del santo. Il pittore crea la rappresentazione di una scena d'interno altamente drammatica, in cui raffigura, tra il fumo degli incensi, i costumi variopinti dei fedeli, in una grande varietà di gesti e di espressioni, concentrandosi sui particolari dei pellegrini striscianti verso il busto del Santo. L'artista abruzzese affrontava ora in un formato monumentale da vero e proprio 'quadro di storia' un soggetto di fanatismo religioso popolare, improntato a un crudo realismo e allineato alle tendenze letterarie e figurative del movimento verista che in quegli anni si veniva affermando in Italia con Verga, Patini e D'Orsi, superando gli "idilli pastorali" cui fino ad allora si era dedicato con successo. La tela suscitò un vivace dibattito fra gli artisti e i critici per l'elemento di reale novità nel panorama artistico contemporaneo, ancora dominato da un'arte accademica ufficiale. Tra i detrattori che accusavano Michetti di tradire gli ideali del verismo c'erano Cecioni in primis, ma anche, più moderatamente, Nino Costa per il 'non finito' (scritta vergata sulla tela da Michetti, ora non più visibile), e Camillo Boito, mentre dall'altro lato il dipinto suscitava l'entusiasmo del giovane Sartorio, di D'Annunzio (D'Annunzio 1883) e del critico Netti che subiva la potente fascinazione del tema 'barbarico' (" dei contadini e delle contadine, per sciogliere un voto fatto, leccano il pavimento sporco di polvere e fango, strisciando come rettili fino al busto d'argento del santo") e insieme della pittura "rude che sente il terriccio del paesetto (…) senza concessione alle grazie e nessuna adulazione di pubblico" (Netti 1883, in Netti 1980, p. 218). Si elogiava dunque proprio la capacità di fusione del pittore degli aspetti più propriamente realistici e popolari con un idealismo religioso e sentimentale che in certo modo continuava e completava l'opera della natura. Che Michetti fosse sinceramente interessato a rendere in modo analitico e realistico il "vero" lo prova l'attento studio del soggetto realizzato con un'approfondita ricerca documentaria e l'ausilio della macchina fotografica (Miraglia 1975). L'amico D'Annunzio, verosimilmente suo compagno di viaggio durante quei sopralluoghi, dedicò all'opera un lungo articolo sul "Fanfulla della Domenica", e si ispirò al medesimo tema per il racconto San Pantaleone (1886), incluso nelle Novelle della Pescara con il titolo "Gli idolatri" (Sillani 1932, p. 72). Nonostante le polemiche, il successo ottenuto alla mostra romana consente al pittore di vendere Il voto al ministero della Pubblica Istruzione per ben 40.000 lire. Grazie alla cospicua somma Michetti acquista un antico convento quattrocentesco a Francavilla a Mare, dove stabilisce la sua residenza creandovi un vero e proprio cenacolo con un gruppo di giovani artisti attratti dalla sua carismatica personalita', tra cui lo scultore Costantino Barbella, il compositore Francesco Paolo Tosti e il giovane Gabriele D'Annunzio. Il dipinto - fra le acquisizioni di maggior rilievo, seppure non priva di contestazioni, nel primo nucleo costitutivo delle raccolte museali del 1883 (Piantoni 1990b) - rappresenta una delle opere principali nell'ambito delle collezioni del secondo Ottocento della Galleria. Dodici pastelli misti a tempera - entrati nelle collezioni di grafica della Galleria soltanto nel 1922, sebbene ne fosse stato proposto l'acquisto già nel 1883 addirittura privilegiando questi studi rispetto allo stesso dipinto - documentano il lungo e impegnativo studio svolto dall'artista sul vero per la realizzazione del Voto.