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10 ottobre 2023

Francesco Paolo Michetti, "Pastorelli".

Francesco Paolo Michetti,  "Pastorelli". 

Francesco Paolo Michetti, (Tocco da Casauria, 04.10.1851, Francavilla al mare, 05.03.1929)
"Pastorelli"
Olio su tavola, cm 27x35
Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna, Trieste.

2 luglio 2023

La viuletta (Si na scingiata ti putesse da'!), versi di Tommaso Bruni, musica di Francesco Paolo Tosti. Canzone dialettale abruzzese del 1888, tra i primi esempi di canto popolare d’autore.


Canzone dialettale abruzzese del 1888, tra i primi esempi di canto popolare d’autore.

La viuletta (Se na scingiata te putesse dà!) 


La viulette nasce nna la fratte.
Quande lu verne si ni sctà pi ji;
Niscuna cosa arriva a la ‘ntrasatte
Come l’amore che te fa murì.

La luna sajie e cale ‘nfra lu mese
L’amore pi tte sembre a cresce sctà,
E mò ch’è tonne come na ciresce
la bella faccia te mi vo ‘nchiuvà.

Lu core mè jè come ‘na pajiare
Chi nghi na luccia sola s’appiccì.
Si pija tutta l’acqua di lu mare
Lu foche, certi, nin si po’ armurì.

Pi te i’ mi ni ride di lu sctrizze
Quande de Marze da lu mare vè;
E se la notte lu Punente frizze
Volle sctù core si ti pò vidè.

Ni jesse cchiù crudele cal’abballa
Ca di fiure ti vija aricuprì;
Già s’innamora l’alba, e fa lu calle
Fa prescte, ca caccune po’ vinì.

Sctù core, chi mi sbatte tante tante,
Nghì sa mane m’avisse da tuccà;
Cuntente chiudarrè sctà Pasqua Santa
Si na scingiata ti putesse dà!…

9 giugno 2023

10 aprile 2023

Francesco Paolo Michetti, “Chieti: La processione del Venerdì Santo”, 1895.

Francesco Paolo Michetti, “La processione del Venerdì Santo”, 1895,
 Museo di Capodimonte, Napoli.


 

Francesco Paolo Michetti, (Tocco da Casauria, 2 ottobre 1851 – Francavilla al Mare, 5 marzo 1929)
“La processione del Venerdì Santo”, 1895
Museo di Capodimonte, Napoli.

14 dicembre 2022

Paolo De Cecco: un grande maestro abruzzese eclettico e versatile.

Paolo De Cecco, La foce del fiume Pescara, 1905, olio su tela.

Paolo De Cecco: un grande maestro abruzzese eclettico e versatile.
Questo artista, noto per essere stato uno dei fondatori del “Cenacolo michettiano”, per la sua amicizia con D'Annunzio e per essere stato immortalato da Michetti nel dipinto “La figlia di Iorio”, fu, oltre che valido musicista , un valente e poliedrico pittore.

LA VITA

Paolo De Cecco nacque il 13 aprile 1843 a Citta Sant’Angelo da Raffaele Antonio e da Berenice Baiocchi.

Dopo la maturità liceale si recò a Napoli, dove si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Presto si accorse che non era portato per quella disciplina e lasciò l'Università.

Negli anni Sessanta, si dedicò intensamente alla sua vera passione artistica: la pittura e la sua più grande ispiratrice fu la natura. Disegnò volti, figure di giovani donne in costume, scene di vita all'aperto, paesaggi, greggi pasturanti, muletti, cavalli, mucche, branchi di maiali, casolari, contadini e pescatori solitari. Sempre a Napoli , dove frequentò poi l'Istituto di Belle Arti, conobbe Michetti.

Alla fine degli anni Settanta, preso dall’ altra sua grande passione : la musica, partì per Firenze e divenne un concertista di mandolino, e se ne andò peregrinando come un antico troviero.

Nel 1880 fu uno dei fondatori, insieme con D’Annunzio, Tosti, Michetti e Barbella, del famoso “Cenacolo michettiano”.

L'8 settembre 1886 sposò Margherita Di Battista, una ragazza angolana: la cerimonia avvenne a Villa Cipressi di  Città Sant’Angelo e Michetti e Barbella  furono i testimoni di nozze.

Nel 1897 ottenne la cattedra di disegno all’Istituto Tecnico di Città Sant’Angelo , dove insegnò sino al 1904. Nel 1905 chiese ed ottenne il trasferimento a La Spezia e vi rimase per oltre dieci anni, sino al 1916. Nel contempo coltivava l’attività pittorica partecipando a varie mostre nelle città di Barcellona, Amsterdam, Milano, Torino, Venezia, Roma e Napoli, conseguendo dovunque un notevole successo.

Mostrò specie nelle acqueforti originalità e sicura maestria, come si rileva nelle sue opere conservate in pinacoteche e in raccolte private di Barcellona, Monaco di Baviera, Lipsia, Madrid, Londra, Milano, Bologna e Pescara . Nel 1916, dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, si ritirò a Napoli, dove si spense il 19 novembre 1922 e le sue spoglie mortali furono tumulate nel cimitero monumentale della città partenopea.

IL CAPOLAVORO

L’opera più bella e significativa di De Cecco , il suo capolavoro in cui s’abbandona alla malinconia del ricordo è “La foce del fiume Pescara”.


L’eccezionale paesaggio , firmato e datato 1905, evoca mirabilmente i luoghi in cui si svolse anche l’infanzia di Gabriele d’Annunzio.

Lo straordinario scenario risente dell’esperienza e della lunga frequentazione del Cenacolo di Francavilla con Michetti e D’Annunzio. Il sentimento che ispira questo dipinto è il medesimo delle liriche del Vate e delle appassionate descrizioni di scenari naturali di Michetti.

Guardando la mirabile opera sembra quasi di ascoltare le parole che Gabriele scrisse in Terra Vergine nel 1888 : “Le barche pescherecce andavano a coppie; parevano grandi uccelli ignoti, dalle ali gialle e vermiglie.

Poi lungo la riva le dune fulve e in fondo, la macchia glauca del saliceto”. E anche quelle del Libro Segreto : “… rivedo certe vele del mio Adriatico alla foce della mia Pescara, senza vento, senza gonfiezza gioiosa, d’un colore e d’un valore ineffabili, ove il nero e l’arancione il giallo di zafferano il rosso di robbia entravano in una estasi miracolosa, prima di estinguersi”.

L’opera , caratterizzata da efficaci contrasti cromatici, documenta luoghi destinati a subire una trasformazione radicale. Sulla sponda sinistra un antico edificio dei baroni De Riseis produttori di vino, che possedevano in prossimità della foce della Pescara un esteso podere. La villa, con le sue molteplici finestre immersa nella vegetazione, sembra quasi sorvegliare il defluire quieto del fiume. Le imbarcazioni ,dalle vele latine e dagli intrecci simili ad ali di farfalle colpite dalla luce del pomeriggio, si riflettono in modo suggestivo nelle acque della Pescara.

Sulla riva destra completa lo straordinario scenario il mirabile il bozzetto di vita marinara che è come un dipinto nel dipinto: uomini, donne e bambini intenti in diverse attività intorno a un’imbarcazione a secca da cui sono tese le reti da riparare o riavvolgere.

Paolo De Cecco dipinse anche intensi ritratti di una straordinaria sensibilità che raffigurano Aurelia Terzini, la madre di Francesco Paolo Michetti , la giovane amatissima moglie Margherita e altri personaggi del suo tempo tra cui Matilde Serao.

I colpi di luce, le ombre magistrali che torniscono i volti con lievi pennellate mostrano la statura elevata di questo grande maestro abruzzese che dovrebbe essere maggiormente conosciuto e valorizzato.

 

           La moglie Margherita                                     La madre di F.P. Michetti


Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli
email: mancinellielisabetta@gmail.com

Da: Abruzzo24ore.tv

Approfondimenti: portalecultura.egov.regione.abruzzo.it



23 novembre 2022

Vittorio Pepe, lo “Strauss d’Abruzzo”.

Vittorio Pepe, lo “Strauss d’Abruzzo”
di Elisabetta Mancinelli


Soprannominato lo “Strauss d’Abruzzo” , Vittorio Pepe musicista e compositore pescarese visse ed operò tra l’800 e il ‘900, e fu molto stimato da Tosti e da D’Annunzio che lo introdusse nel Cenacolo : sodalizio artistico francavillese.
Entrato nella storia e nella ricerca artistica e musicale pescarese e nazionale fu molto noto ed apprezzato tra l’ultimo ventennio dell’800 e il primo ventennio del ‘900.
Musicista prolifico, ma troppo appartato, fu dimenticato dalla critica. Ma una circostanza che ha contribuito in modo decisivo a spingerlo nell’oblio, fu la distruzione dei suoi documenti e delle sue carte persi con il crollo della sua abitazione durante il bombardamento di Pescara.
E’ difficile pertanto ricostruire la sua biografia e anche il catalogo delle sue opere e i pochi documenti che si posseggono solo lettere del Vate e altri carteggi con amici e persone che ebbero modo di conoscerlo e apprezzarlo.
LA VITA
Nacque a Pescara il 23 luglio 1963 da Giuseppe e da Rachele Carabba e fu battezzato nella chiesa di San Cetteo.
La sua abitazione era nei pressi del Circolo Aternino, in Piazza Grande (oggi Piazza Garibaldi) probabilmente al numero civico 28. La sua famiglia era socialmente ed economicamente fra le prime della piccola Pescara, che a quei tempi contava all’incirca poco meno di 4000 abitanti ed era un comune distinto da quello sito nella riva sinistra del fiume, Castellammare Adriatico.
Vittorio era uno dei più amati compagni di Gabriele D’Annunzio, col quale scherzava e giocava sui bastioni dell’Arsenale, sulle sponde del fiume e alla Pineta.
                            la scuola elementare che frequentò con G. D’Annunzio


Aveva mostrato temperamento musicale già durante la frequentazione dell’asilo-scuola delle sorelle Del Gado e il ciclo delle elementari con i maestri Eliseo Morico e Giovanni Sisti. 
Ma terminato il ciclo scolastico, le strade dei due ragazzini si divisero: D’Annunzio partiva per il collegio Cicognini di Prato mentre il dodicenne Pepe, che aveva preso ad esercitarsi con la vecchia spinetta di casa, veniva iscritto al Conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli. Frequentò un ambiente pianistico composto da docenti di chiara fama: Costantino Palumbo per il pianoforte e Nicola D’Arienzo per la composizione.
Si diplomò nell’estate del 1885 e lo stesso D’Annunzio ne dette pubblica notizia sul giornale “La Tribuna” del 12 Agosto inserendo l’evento in una cronaca mondana di Pescara. Entusiastici furono i successivi commenti del Vate sulla sua iniziale produzione artistica, intensa ed apprezzata anche da esperti musicologi.I suoi brani pianistici sono di fattura elegante e squisita e le sue numerose composizioni musicali rivelano originalità, sensibilità, fantasia.
Dell’ ingresso” fra gli eletti” del Cenacolo Michettiano, a fianco di Francesco Paolo Tosti si ha notizia da un articolo pubblicato sulla “Tribuna” del 28 luglio del 1887 in cui l’autore Bottom scrive : “ora egli studia e lavora nel cenacolo di Francavilla , in compagnia di Michetti al cospetto del mare”. La frequentazione del Convento era iniziata quando ancora era studente , e proseguì anche dopo, come testimonia una lettera che Pepe il 6 ottobre 1883 inviò al musicista e pittore Paolo De Cecco in cui appare insofferente dell’ambiente pescarese che “gli fiacca e gli sfibra il cervello” anche se poi finirà con lo scegliere di rimanere proprio lì. 
TRA MILANO E PESCARA
Riguardo il suo soggiorno a Milano si hanno pochi elementi ma sufficienti per affermare che Pepe ebbe rapporti con Ricordi che probabilmente gli fu presentato da Tosti e conobbe e frequentò esponenti del mondo musicale di cui non volle far parte in modo stabile.
Non ci sono testimonianze documentabili che ci dicano della durata del suo soggiorno nella capitale lombarda né i motivi dell’interruzione pare abbastanza repentina dei rapporti con Ricordi.
Probabilmente durò circa un anno poi, preferì “eclissarsi in Abruzzo”.
D’Annunzio, conoscendo bene la natura dell’amico, in questo periodo gli scrisse in una lettera “…Tu, che sei una natura così signorilmente squisita di artista, tu farai molto, andrai molto avanti. Getta via lungi da te tutti i timori, tutte le timidezze, tutte le esitazioni: sii audace, sempre audace, non ti stancare mai di cercare, di tentare di provare. La via dell’arte è lunga e scabra ed erta: per salirla ci vogliono lombi armati di valore. Tu hai una intelligenza fine ed una cultura non comune; ti manca lo spirito irrequieto delle imprese.”

Spirito inquieto il musicista maturò quindi la decisione di lasciare Milano per rifugiarsi in Abruzzo nella tranquillità di una vita prettamente provinciale.
Non possiamo dire con precisione se questa decisione del Pepe sia stata determinata da quella debolezza di carattere che D’Annunzio gli rimprovera quando incita l’amico ad imboccare risolutamente la via della gloria ed a lavorare con perseveranza.

Rinunciò alla professione di concertista e si dedicò all’insegnamento privato di Pianoforte, composizione e armonia a Chieti e a Pescara. Scorre ordinata e tranquilla la sua vita Pescara non solo vi insegna ma frequenta lo studio fotografico del cugino Cetteo e molti amici.
Si racconta anche che si sarebbe fidanzato con una ragazza della città a cui dedica anche una composizione ma la relazione non si concluderà con il matrimonio.
Furono suoi allievi Michele Muzi di cui rimane una “Lady Godiva”e Cristo Sorrentino noto come l’anima musicale delle “Settembrate Abruzzesi” e da lui apprendiamo che Pepe era molto amato dai suoi allievi.
Severo ed esigente chiedeva che il discente si dedicasse tutto alla musica e non ammetteva distrazioni.
LE COMPOSIZIONI
Autore prolifico compose musica sinfonica, musica per orchestra e da camera raffinata tanto gradita a D’Annunzio che aveva dichiarato di odiare la musica bandistica a cui Pepe si dedicò piuttosto intensamente. Rimangono di essa solo tre pezzi superstiti allo stato attuale: una mazurca “Pescara”, una marcia “Defilè alla pineta” e una polka “Sempre carina”.
Le composizioni tecnicamente discutibili secondo la critica, per l’incerta strumentazione non difettano certamente nell’ispirazione musicale. Erano belle, avevano successo e piacevano al pubblico che non si accorgeva di una presunta non raffinata strumentazione.
Una composizione “La Polka del Fezio” ebbe un particolare successo e divenne un classico delle bande : lo conosciamo non dallo spartito che è andato perduto, ma da un articolo pubblicato da un giornale di Chieti “Il Fezio” La natura delle sue composizioni da quel momento si adattò alle esigenze e all’influenza dell’ambiente locale.
Non più sinfonie per grandi orchestre, ma musiche per bande, romanze, serenate e ballabili. Saranno proprio questi ultimi a procurargli la definizione di “Strauss d’Abruzzo”.
Popolarissimi furono il tango “La musica del Parrozzo” e il famoso “Trittico di balli” che aveva entusiasmato tutti come si evince da una cartolina che lo stesso Pepe scrive ad un suo amico di Chieti l’avvocato Rosica. E ancora “Fox trot sensuale “L’One stop della nostalgia” e i valzer per pianoforte “Abruzzo forte e gentile”, “Posillipo” , “Mergellina” e “Zingaresca” che D’Annunzio definisce“ un po’ scarlattiana di fattura elegantissima ... con un vivace ritmo di danza”.
Anche “Duetto d’amore” composizione su tre gavotte: dodici romanze raccolte in un album fu giudicata positivamente dal Vate che la definisce “..meno originale , forse della Zingaresca , ma più affascinante”. Il maestro Antonio Piovano ha recuperato varie composizione pianistiche di Pepe sono da lui ritenute di grande musicalità , e con un certo impegno strumentale. Da questo filone popolaresco e da musiche di carattere pubblicitario, cominciò a trarre una buona fonte di guadagno. 
IL DECLINO
La sua fortuna declinò intorno agli anni trenta perchè ritenuto non più musicista di moda. Sorpassato venne considerato anche il suo metodo d’insegnamento. La critica si dimenticò ben presto del musicista così da rendere difficile anche la ricostruzione del catalogo delle sue opere. A questo bisogna aggiungere che i suoi documenti e le sue carte vennero completamente perse a causa del crollo della sua abitazione rendendo ancora più difficile la redazione precisa della sua biografia.
Ormai isolato nell’ambiente di Pescara, il pianista moriva a 80 anni durante l’ultimo dei bombardamenti della seconda guerra mondiale l’8 dicembre del 1943 nella sua ultima dimora di Via V. Colonna, quando una bomba centrò in pieno la sua casa seppellendolo sotto le macerie. Il suo corpo fu rinvenuto solo un anno dopo con la rimozione delle macerie.
A lui è stata dedicata  la via che costeggia lo stadio della città.

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli 
I documenti sono tratti dall’Archivio di Stato di Pescara, da “ Un musicista di Pescara amico di D’Annunzio: Vittorio Pepe” di Mario Lupinetti, le immagini sono tratte dal patrimonio fotografico di Tonino Tucci   






9 novembre 2022

Francesco Paolo Michetti, Il voto, 1881-83.

Francesco Paolo Michetti,“Il voto”.












Francesco Paolo Michetti, (Tocco da Casauria, 1851 – Francavilla al Mare, 1929)
“Il voto”, (1881-83)
Olio su tela, 
cm 245 x 695 
Galleria Nazionale d' Arte Moderna – Palazzo delle Belle Arti, Roma.


Il voto, celeberrima e imponente tela (7 metri di lunghezza per 2.50 di altezza) fu eseguita da Michetti fra il 1881 e il 1883, anno in cui fu presentata all'Esposizione internazionale di Belle Arti di Roma. Raffigura la processione di San Pantaleone, patrono del paese di Miglianico in Abruzzo, in occasione della festa dedicata al santo il 27 luglio. Qui i fedeli, all'interno della chiesa, assistevano al rituale voto penitenziale che consisteva nel leccare il pavimento dal sagrato fino alla statua del santo. Il pittore crea la rappresentazione di una scena d'interno altamente drammatica, in cui raffigura, tra il fumo degli incensi, i costumi variopinti dei fedeli, in una grande varietà di gesti e di espressioni, concentrandosi sui particolari dei pellegrini striscianti verso il busto del Santo. L'artista abruzzese affrontava ora in un formato monumentale da vero e proprio 'quadro di storia' un soggetto di fanatismo religioso popolare, improntato a un crudo realismo e allineato alle tendenze letterarie e figurative del movimento verista che in quegli anni si veniva affermando in Italia con Verga, Patini e D'Orsi, superando gli "idilli pastorali" cui fino ad allora si era dedicato con successo. La tela suscitò un vivace dibattito fra gli artisti e i critici per l'elemento di reale novità nel panorama artistico contemporaneo, ancora dominato da un'arte accademica ufficiale. Tra i detrattori che accusavano Michetti di tradire gli ideali del verismo c'erano Cecioni in primis, ma anche, più moderatamente, Nino Costa per il 'non finito' (scritta vergata sulla tela da Michetti, ora non più visibile), e Camillo Boito, mentre dall'altro lato il dipinto suscitava l'entusiasmo del giovane Sartorio, di D'Annunzio (D'Annunzio 1883) e del critico Netti che subiva la potente fascinazione del tema 'barbarico' (" dei contadini e delle contadine, per sciogliere un voto fatto, leccano il pavimento sporco di polvere e fango, strisciando come rettili fino al busto d'argento del santo") e insieme della pittura "rude che sente il terriccio del paesetto (…) senza concessione alle grazie e nessuna adulazione di pubblico" (Netti 1883, in Netti 1980, p. 218). Si elogiava dunque proprio la capacità di fusione del pittore degli aspetti più propriamente realistici e popolari con un idealismo religioso e sentimentale che in certo modo continuava e completava l'opera della natura. Che Michetti fosse sinceramente interessato a rendere in modo analitico e realistico il "vero" lo prova l'attento studio del soggetto realizzato con un'approfondita ricerca documentaria e l'ausilio della macchina fotografica (Miraglia 1975). L'amico D'Annunzio, verosimilmente suo compagno di viaggio durante quei sopralluoghi, dedicò all'opera un lungo articolo sul "Fanfulla della Domenica", e si ispirò al medesimo tema per il racconto San Pantaleone (1886), incluso nelle Novelle della Pescara con il titolo "Gli idolatri" (Sillani 1932, p. 72). Nonostante le polemiche, il successo ottenuto alla mostra romana consente al pittore di vendere Il voto al ministero della Pubblica Istruzione per ben 40.000 lire. Grazie alla cospicua somma Michetti acquista un antico convento quattrocentesco a Francavilla a Mare, dove stabilisce la sua residenza creandovi un vero e proprio cenacolo con un gruppo di giovani artisti attratti dalla sua carismatica personalita', tra cui lo scultore Costantino Barbella, il compositore Francesco Paolo Tosti e il giovane Gabriele D'Annunzio. Il dipinto - fra le acquisizioni di maggior rilievo, seppure non priva di contestazioni, nel primo nucleo costitutivo delle raccolte museali del 1883 (Piantoni 1990b) - rappresenta una delle opere principali nell'ambito delle collezioni del secondo Ottocento della Galleria. Dodici pastelli misti a tempera - entrati nelle collezioni di grafica della Galleria soltanto nel 1922, sebbene ne fosse stato proposto l'acquisto già nel 1883 addirittura privilegiando questi studi rispetto allo stesso dipinto - documentano il lungo e impegnativo studio svolto dall'artista sul vero per la realizzazione del Voto.