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30 ottobre 2025

Torino di Sangro. Caro nostro paese.

Cultura d’Abruzzo – Il Centro Studi Abruzzesi e Attraverso l’Abruzzo di Pescara. Una rivista abruzzese nata nel dopoguerra (1952-1978).

Copertina di Luigi Dommarco, “Nu ‘ccone di tutte”, edizioni Attraverso l’Abruzzo, Pescara

Cultura d’Abruzzo – Il Centro Studi AbruzzesiAttraverso l’Abruzzo di Pescara. Una rivista abruzzese nata nel dopoguerra (1952-1978)

di Angelo Iocco

Fondata dal giornalista e cultore di studi patrii Francesco Amoroso (San Severo, 1901 – Pescara, 1978)[1], aveva la sua redazione in viale N. Fabrizi, nel centro pescarese. La rivista, che a seguire pubblicò anche dei volumetti o “quaderni” di ricerche, nacque in seno alla Rivista Abruzzese di Chieti del 1948 con redattore Francesco Verlengia, nei primi anni ’50, precisamente nel 1953[2]. Il compito era appunto quello di pubblicare periodici con saggi di studi sulla storia, sul dialetto, sulla poesia, sulle arti e le curiosità varie d’Abruzzo, e l’intento specialmente, nella centrale Pescara, era quello di riunire gli scrittori regionali in una sola famiglia, per “attraversare” l’Abruzzo.

 I collaboratori e poeti

Raduno dei poeti d’Abruzzo al convento di Collecorvino (provincia di Pescara) nel 1964. Tra i convenuti si riconoscono, il terzo da sinistra, in piedi e basso di statura, il prof. Federico Mola di Orsogna (1887-1978), il quinto Mario Salvitti, l’ottavo con il plico in mano è il dott. Guido Giuliante (1912-1976). Foto archivio privato Mario Salvitti


Fotografie di Francesco Amoroso e Antonio Del Pizzo, metà anni ’70 – da Antonio Del Pizzo – Tutte le poesie, a cura di Giuseppe Del Pizzo, 2012


Tra i collaboratori in effetti vediamo in primis l’instancabile Verlengia, che con una serie di saggi di folklore, devozione popolare e note d’arte, riempì le pagine della rivista, a partire dal 1955. Gli indici pubblicati nel quaderno Francesco Verlengia – Scritti (1910-1966), Rivista Abruzzese, 2007, indicano i vari argomenti di cui trattò, la festa di San Cetteo di Pescara, la favola del cavallo di Atri, presenza di Ferdinando II di Borbone a Chieti, il sor Paolo di Teramo, la festa di San Martino sulla Majella, la statua di Sant’Anna metterza di Chieti, e tanto altro. Per  “Attraverso l’Abruzzo”, Verlengia curò anche un pregiato volumetto dal titolo “Tradizioni e leggende sacre Abruzzesi”, 1958. Non fu l’unico, spinto dall’Amoroso, a scrivere di tradizioni popolari. 


Attraverso vari articoli, riuniti poi in un pregevole volumetto, da servire negli studi attuali come “introduzione generale” alla ricerca nel campo, anche padre Donatangelo Lupinetti da Castilenti (1909-2000) produsse un bel volumetto dal titolo “Canto popolare abruzzese di genere sacro”, 1973. Fu allegato nella collana del Centro Studi Abruzzesi di viale Fabrizi; nel piccolo saggio Lupinetti deplora lo scarso studio serio del canto d’Abruzzo nell’epoca presente, e si richiama all’infaticabile opera di Gennaro Finamore di Gessopalena (1836-1923) edita a Lanciano, deplora la negligenza di certi studiosi improvvisati, i quali non si servono delle moderne tecnologie di registrazione, ma si limitano a citare quanto già scritto, e fa appello ad esempio al grande lavoro di Ettore Montanaro di Francavilla, che nei primi del ‘900 raccolse in 2  volumi di “Canti della Terra d’Abruzzo”, Milano, Curci (1924-28), diverse arie popolari della nostra zona, come ad esempio “A la Lancianese”, “A la Francavillese” (che oggi è più nota come “Maria Nicola”), il Lamento della vedova, il Coro delle mietitrici, il Canto dei boscaioli, Tutte le funtanelle e tante altre; sebbene nello studio presente, Lupinetti abbia posto a confronto varie arie del canto religioso, come i lamenti e le nenie per la Settimana Santa, o le arie dei pifferi per la Novena dell’Immacolata, o canti che si recitano in chiesa alla Madonna.

Un altro grande saggio degno di nota, di questa collana, il quarto della serie del Centro Studi Abruzzesi, è “Antologia dei poeti dialettali Abruzzesi” di Ernesto Giammarco. In queste pagine egli raccoglie liriche inedite di vari poeti contemporanei, quali Merciaro, Mola, Giuliante, D’Aristotile, De Carolis, Polsi, Giannangeli e altri.


L’opera fa una cernita dei poeti abruzzesi che si susseguirono dall’epoca più antica, ossia il Medioevo, sino a oggi, e quindi sono passati in rassegna Buccio di Ranallo, Antonio di Buccio, cronista aquilano, Serafino de’ Cimminelli aquilano, Giovanni Quatrario di Sulmona, poi Romualdo Parente, Giuseppe Paparella di Tocco Casauria col suo brindisi del cafone, Modesto Della Porta, Giulio Sigismondi, Cesare de Titta, Luigi Dommarco, insomma tutto il campionario. Giammarco stava infatti lavorando a un’opera più corposa, che vedrà la luce qualche anno più tardi, la “Storia della Letteratura Abruzzese”, voluminoso testo ancora oggi fondamentale per gli studi sui nostri scrittori, non solo dialettali!

L’attività di questa Collana di Studi vide uscire anche piccoli quaderni sui poeti d’Abruzzo, poeti viventi che volevano pubblicare nuove raccolte di poesie, come ad esempio Antonino Di Donato, Nicola Del Casale, Francesco Brasile o Luigi Dommarco, oppure saggi su poeti defunti, come Della Porta, Sigismondi, De Titta e altri.


Il primo pubblicò un’opera di A. Di Donato, il secondo una scenetta teatrale di Cesare Fagiani di Lanciano con un’appendice dell’Amoroso su Della Porta, il terzo una raccolta di Cosimo Savastano con un’appendice sulla poesia di don Evandro Marcolongo, il quarto Giovanni Chiola, con un’appendice sulla poesia di Cesare De Titta, il quinto un’opera di Francesco Brasile di Lanciano, con in appendice un suo saggio sulla raccolta “Acqua, foco e vento” di De Titta, il sesto Benedetto Ventura, con appendice di Mario Morelli sul poeta aquilano emigrante Giovanni De Paulis, poi un’opera di Italo Bomba di Lanciano con un saggio su Cesare Fagiani, che era scomparso nel 1964, a seguire un’opera di Ilaria Garzarelli, con appendice sul poeta vastese Luigi Anelli, poi Vincenzo De Meis, con un’appendice dell’Amoroso sul poeta raianese Umberto Postiglione, poi un’opera di Nicola Del Casale con un’appendice del Brasile su Giulio Sigismondi, e via dicendo. Anche l’orsognese, ma residente a Roma, Pio Costantini, fratello del celebre Beniamino, illustre storico orsognese prematuramente scomparso, ebbe a scrivere della sua patria, e trattò del Risorgimento, tema carissimo a questi studiosi, con un saggio su Silvio Spaventa, e un altro sulla presa francese di Guardiagrele nei moti del 1799; Alfredo Sacchetti scrisse di Giuseppe Romualdi, Angelo Vasconi scrisse di Corrado Gizzi, Giorgio Morelli scrisse dell’arte della tintoria abruzzese, sul costume antico di Scanno, sull’arte dell’oreficeria regionale, Pasquale Di Cicco fece un cenno sul prelato e illustre storico abruzzese Anton Ludovico Antinori, Felice Menna scrisse sulla storica Banda “B. D’Annunzio” di Casalanguida; il prof. Enrico Pappacena, che insegnò negli anni ’30 al liceo classico di Lanciano, scrisse sulla poesia dell’abruzzese dimenticato Nicola Moscardelli, Galeazzo Valentinetti sulla rivolta popolare di Ortona del 1885, Antonino Fiori sul celebre monastero di San Clemente a Casauria.

Lo spoglio sarebbe lunghissimo! La rivista si conserva nella Biblioteca provinciale “G. D’Annunzio” di Pescara e nella biblioteca “A.C. De Meis” di Chieti. Nel 1963 uscì parzialmente un volume che riuniva tutti gli articoli scritti dal 1952 di Francesco Amoroso, estratti dai vari numeri.


I Quaderni di Poesia dialettale del Centro Studi Abruzzesi



1)    Antonino Di Donato, Lu vetelle, prefazione di Ottaviano Giannangeli – in appendice: Giuseppe Paparella, di Francesco Verlengia, 1964

2)    Cesare Fagiani, Lu pijatòre de le feste, prefazione di Francesco Amoroso – in appendice: Modesto Della Porta, di Francesco Amoroso, 1965[3]

3)    Cosimo Savastano, Che sarrà, prefazione di Rino Panza – in appendice: Evandro Marcolongo, di Hilde Mammarella[4], 1965

4)    Giovanni Chiola, La feste de lu Prutettore, prefazione di Francesco Amoroso – in appendice: Cesare De Titta, di Peppino Bellano, 1966

5)    Francesco Brasile, Da Venezie a Lanciane, prefazione di Maria Teresa Gentile – in appendice: Acqua, foco e vento di Cesare De Titta, di F. Brasile, 1967

6)    Benedetto Ventura, Ddu’ solde de povesia paiesàne, prefazione di Lello Sartorelli – in appendice Giovanni De Paulis di Mario Morelli, 1967

7)    Italo Bomba, Come parlé mamma mé, prefazione di Francesco Amoroso – in appendice: Cesare Fagiani di Francesco Paolo Giancristofaro, 1968

8)    Valeria Garzarelli, Nuvele e serene, prefazione di Francesco Brasile- in appendice: Luigi Anelli, di Francesco Amoroso[5], 1968

9)    Vincenzo De Meis, Vallescùre, prefazione di Francesco Amoroso – in appendice: Umberto Postiglione, di Francesco Amoroso, 1969

10)                      Antonio D’Ercole, Lu ritorne, presentazione di Francesco Amoroso – in appendice: La poesia dialettale frentana, di F. Amoroso, 1970

11)                      Luigia Garzarelli, L’anime siempre cante, prefazione di Luigi De Giorgio – in appendice: Alfredo Polsoni di Rino De Ritis, 1971

12)                      Nicola Del Casale, Lu Vuaste dumane, prefazione di Giuseppe Perrozzi – in appendice: La poesia di Giulio Sigismondi, di Francesco Brasile, 1971

13)                      Antonio Del Pizzo, Trombone e la Grotta del Cavallone – in appendice: Romualdo Parente, di Giorgio Morelli, 1971

14)                      P. Donatangelo A. Lupinetti, Li femmine de lu paese me – in appendice: Fiore d’Amico, di P. Donatangelo Lupinetti, 1973

15)                      Oberdan Merciaro[6], Pescara me…. – in appendice, La poesia dialettale vestina di Francesco Amoroso, Pescara 1974

16)                      Dario Di Gravio……………………………………………………….…?

17)                      Ermando Magazzeni…………………………………………………..…?

18)                      Luigi Dommarco, Nu ‘ccone di tutte[7], a cura di Alessandro Dommarco, 1975

19)                      Rino Panza, La scale – in appendice: Fecchia e Petrucci poeti dialettali peligni di R. Panza, 1975

20)                      Francesco Amoroso, Autori diversi della zona linguistica teramana – in appendice: Natale Cavatassi, Luigi Illuminati, Giuseppino Mincione, Fedele Romani, 1975.

 

 

Altri Quaderni di studi abruzzesi

1)    AA.VV., Nozze d'oro del poeta Antonio del Pizzo : Lama dei Peligni, 16 agosto 1972 / a cura del Centro Studi Abruzzesi. Pescara: Tipografia Giannini, [1972?]

2)    Francesco Brasile, Voce d'Abruzzo : componimenti dialettali abruzzesi con versione in lingua, prefazione di Raffaele Paolucci di Valmaggiore – illustrazioni Elio D’Epifanio, Pescara, Attraverso l’Abruzzo, 1955

3)    Ernesto Giammarco, Antologia dei poeti dialettali abruzzesi : dalle origini ai nostri giorni con profilo storico, studio ortografico e illustrazioni di artisti abruzzesi, prefazione di Gino Bottiglioni. - Pescara : Ediz. "Attraverso l'Abruzzo", 1958

4)    Francesco Brasile, Saggi, prefazione di Raffaello Biordi ; edizione a cura del Centro studi abruzzesi. - Pescara : Attraverso l'Abruzzo, 1969

5)    Vito Giovannelli, L' antico volto di Pescara, con note di O. Giannangeli, R. Panza, G. Rosato ; a cura del Centro studi abruzzesi e con la collaborazione dell'amministrazione provinciale, del Comune e dell'Azienda di soggiorno di Pescara. - Pescara : Istituto artigianelli abruzzesi, 1973

6)    Donatangelo Lupinetti, Il carnevale nelle tradizioni popolari abruzzesi - Pescara : stab. tip. ed. Amoroso, 1958

7)    Quinto Matricardi, Note su alcuni pittori abruzzesi e altri scritti. - Pescara : A cura del Centro studi abruzzesi, 1971

 

Bibliografia essenziale di Francesco Amoroso e della rivista Attraverso l’Abruzzo – Centro Studi Abruzzesi

* Il Centro Studi Abruzzesi non esiste più, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1959

*Attraverso l’Abruzzo: saggi critici, bibliografici e storici, Pescara, edizioni Attraverso l’Abruzzo

* Federico Mola vessillifero dell’ideale, Chieti, Solfanelli, 1963

*Modesto Della Porta – Il poeta della gente d’Abruzzo, prefazione di Ottaviano Giannangeli, Pescara, edizioni Attraverso l’Abruzzo, 1966

* La mano di sangue : tragedia dell'epoca masanelliana : atto unico in due quadri con saggio introduttivo dell'Autore; prefazione di Raffaello Biordi, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1967

* Note storiche sul Convento di Isola del Gran Sasso, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1967

* La strega del Cavallone : leggenda della montagna abruzzese : tragedia pastorale in tre atti; prefazione di Maria Teresa Gentile, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1967

*”La fratte” di Cesare De Titta – “Il discorso della siepe” di Gabriele d’Annunzio, traduzione dal dialetto di Ottaviano Giannangeli, Pescara, edizioni Attraverso l’Abruzzo, 1969

* Ceneri e faville: 70 anni di lotte, Pescara, Centro Studi Abruzzi, 1971

* Modesto della Porta – Ricostruzione dell’uomo e del poeta, prefazione di Vittorio Clemente, versioni metriche di Ottaviano Giannangeli, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1971

* Il dramma della croce, oggi : con una lettera di Achille Fiocco, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1973

* (a cura): Bibliografia delle opere risorgimentali abruzzesi pubblicate in occasione delle celebrazioni centenarie dell'unita d'Italia, Pescara : Attraverso l'Abruzzo, 1975

* La transumanza in Capitanata e i suoi riflessi economici e sociali, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1977

 

Bibliografia delle pubblicazioni di Attraverso l’Abruzzo – Centro Studi Abruzzesi

·        Attraverso l'Abruzzo : rassegna mensile di cultura e di vita regionale organo del Centro Studi Abruzzesi. - [S. l. : s. n., 1975- (Pescara : tip. abruzzese).

·        AA.VV., Prospettive per il teatro abruzzese : convegno dell'11 giugno 1962 a Loreto Aprutino, Pescara, Centro Studi Abruzzesi, 1967

·        Antonio Del Pizzo[8], Tra le botte de martielle – Centro Studi Abruzzesi – Poeti dialettali di oggi, n. 1, introduzione di Francesco Amoroso, Pescara 1971

·        Francesco Brasile, Canti della selva dell'Orinoco : tradotti in dialetto abruzzese, Pescara, Centro Sturi Abruzzesi, 1972

 

Le prospettive sul teatro dialettale abruzzese e conclusione

L’Amoroso, insieme al Giuliante, e ad amici come Di Donato, Merciaro e il poeta Giulio Sigismondi, nel 1959 parteciparono a un convegno sul teatro abruzzese a Chieti. Si propose una commissione culturale per organizzare una rassegna periodica di teatro dialettale abruzzese, ma l’iniziativa non ebbe seguito. Nel 1962, come pubblicato in un quaderno di atti, a Loreto Aprutino si tenne un ulteriore convegno sul valore del teatro abruzzese e sulle prospettive per avviare una rassegna ufficiale e in pianta stabile di lavori da presentare nei teatri regionali[9]. Addirittura furono proposte 4 commissioni per le 4 province regionali, il che già rese, come osserva il Moretti, macchinoso l’avvio di questo progetto, che di fatto si arenò immediatamente.

Traendo le nostre conclusioni, su questa prospettiva a Loreto, Giuliante prese una sua personale strada per la composizione di lavori teatrali, alternando produzione in lingua, produzione favolistica per bambini e produzione dialettale, come L’Emigrante e Giovannella di Scanno, o sacra, come Le tre primavere d’amore su musica di Ottavio de Caesaris. Non sta qui commentare il suo lavoro, magari in altra sede. Merciaro, Sigismondi & colleghi lavorarono ad altri copioni teatrali, presentati a varie rassegne, comprese le Settembrate pescaresi.

L’intento tuttavia, da sempre agognato dagli abruzzesi, di “costruire” un teatro identitario e soprattutto unitario, rimane tutt’ora una chimera. Forse per la stessa “pluri-identità” degli abruzzesi, siamo destinati a non avere una pièce teatrale, una storia, una leggenda, che possa accontentare tutte le micro-realtà regionali, una storia che funziona a Pescara, a L’Aquila non verrà accolta con lo stesso entusiasmo, gli abitanti non si riconosceranno in quei personaggi, così come una leggenda sacra, più congeniale alla cultura tradizionale aquilana, verrebbe presa dalla fascia adriatica come una “medievalata di costume”.

Da sempre in Abruzzo si è cercato, con dibattiti, fiumi di inchiostro sui giornali, polemiche tra autori quali Evandro Marcolongo, Luigi Antonelli, Cesare De Titta ed Eduardo Di Loreto, di fornire alla regione una identità teatrale. Nel 1923 ci si è provato allestendo la versione in vernacolo detittiana de La figlia di Jorio di D’Annunzio, alla Settimana abruzzese di Pescara, con la regia di Antonelli. Il risultato fu deludente per mala organizzazione e per “macchinosità” del progetto. Ma questi autori pur avevano già composto e continuarono a comporre farse, sketch, operette musicali in abruzzese, e in lingua, così come la seconda generazione dell’epoca del Centro Studi Abruzzesi produsse i suoi lavori, alcuni sulla falsa riga del “mito dell’età dell’oro” cantato nel Trittico di Terra d’oro di Dommarco e Albanese alle Maggiolate ortonesi. E così anche la terza e quarta generazione dagli anni ’80 ad oggi ha continuato e continua a proporre i propri lavori abruzzesi.

La peculiarità forse, sta proprio nel fatto che in Abruzzo, retaggio degli storici “Abruzzi” divisi dalla Pescara e dai confini montani, abbiamo molteplici micro-realtà culturali, ciascuna delle quali ha una propria identità. E questo tessuto connettivo molto labile, che sembra trovare l’ostacolo proprio negli incontri/sconti tra le varie culture nella stessa provincia, nella stessa macro-area, hanno generato grandissimi lavori, collegati in un certo senso da un fil-rouge per la ripetitività della storia, dell’intreccio, quasi sempre di gusto agreste, con situazioni paesane. Ma siamo assai lontani, e forse è inutile, affannarsi a proporre la ricerca e il conseguimento di partorire una “grande opera” di stampo regionale abruzzese.

Negli archivi delle associazioni culturali e teatrali abbiamo fin troppe pagine di copioni già dimenticati, già abbandonati, che però ogni tanto “risorgono” grazie all’interesse di qualcuno, come per il caso di Nu marite pe’ Catarine di Virgilio Sigismondi, figlio del celebre Giulio. Forse quanto a “larga distribuzione” e “reclàme” questa è la commedia abruzzese contemporanea meglio riuscita, portata un turnè per tutta la regione. Ne abbiamo certamente altre, insieme a drammi, operette e altro.

La ricerca è ancora in essere!


Quanto al Centro Studi Abruzzesi, con la morte di Francesco Amoroso nel 1978, cessarono i lavori, cessò la ricerca. Esso tuttavia, insieme alla rivista Attraverso l’Abruzzo, si pose in prima linea nel campo culturale regionale, nell’ambito di un ventennio, quando l’identità dell’Abruzzo era ancora da riformare, quando predominavano ancora gli scontri politici e culturali per trarre acqua al mulino di questa o quella provincia, quando nel 1949 ancora si lottava affinché la regione avesse un capoluogo, e L’Aquila e Pescara si contendevano il primato, dibattito reso ancora più aspro nel 1971, quando l’Abruzzo, prima del 1963 era ancora legato amministrativamente al Molise, quando l’Abruzzo-Molise non aveva ancora una Università statale degli Studi, e lo stesso Raffaele Paolucci, con Giuliante, se ne lagnava con articoli e discorsi pubblici. E immancabilmente L’Aquila faceva la voce grossa, Chieti per la sua “centralità” territoriale ambiva al riconoscimento dovuto, perché Teramo era troppo fuori mano.

Problemi orografici, che per scontri politici e forze centrifughe sociali, alimentate da ideali di comodo, ancora oggi attanagliano la regione. Il Centro Studi Abruzzesi ebbe l’onere di valorizzare la nostra regione, che usciva gravemente martoriata dalla Seconda guerra mondiale, i poeti della vecchia guardia, che appoggiarono il fascismo, come Marcolongo, Sigismondi, Merciaro, Dommarco, ebbero modo di avere una “rivalsa sociale e culturale”; il dibattito continuava, i nuovi poeti ebbero modo di farsi sentire ed essere bravamente apprezzati, come il Brasile, ma ancor più il poeta ciabattino Antonio Del Pizzo. Il nostro ricordo sarà sempre ad essi presente, col cuore, e la riconoscenza.



[1] Per le informazioni biografiche, ringrazio Andrea Giampietro, custode dell’Archivio “Ottaviano Giannangeli” di Raiano, il quale ha fornito informazioni biografiche sull’Amoroso, nel suo Studi di letteratura abruzzese, Ortona, edizioni D’Abruzzo, 2021

[2] La Rivista fu una delle più longeve del secondo novecento in Abruzzo, dal 1953 fino al 1978. Vita a parte ebbe il Centro Studi Abruzzesi di Chieti-Pescara, chiuso nel 1959, come si vedrà.

[3] Postumo, Fagiani morì nel 1964.

[4] La stessa curerà il volume di tutte le poesie di Evandro Marcolongo: A chiuse ciglia.

[5] Già edito nell’an. VIII de Attraverso l’Abruzzo.

[6] Postumo, Merciaro era nato nel 1892 a Pescara.

[7] Postumo, Dommarco morì nel 1969.

[8] Del Pizzo pubblicò anche Lu Palazzo de le Fate, ossia La Grotta del Cavallone, con relazione storica e introduttiva di Giampietro Tabassi, tenuta nel Congresso speleologico di Chieti del 4, 5, 6, 7, 8 agosto 1946, litografia Pascucci, Guardiagrele, 1978

[9] Ne parla anche Vito Moretti nella prefazione a Guido Giuliante, Teatro, Chieti, Solfanelli, 2023.

14 ottobre 2025

Proverbi italiani, raccolti e illustrati da Niccola Castagna (1823 – 1905). Letterato, filologo, storico, giurista e patriota abruzzese.

 



NICCOLA CASTAGNA (1823 – 1905) Letterato, filologo, storico, giurista, patriota

Uomo di grande cultura e di multiforme ingegno, Niccola Castagna nacque il 21 ottobre 1823 a Città Sant’Angelo, ora nella provincia di Pescara, da Michelangelo, medico e patriota, e da Raffaella Della Cananea.

Trascorse la giovinezza sotto le cure affettuose e l’educazione del padre per trasferirsi poi con il fratello Pasquale ad Ortona, affidato all’insegnamento del teologo Domenico Puglisi che, nel 1848, sarà eletto Deputato al Parlamento napoletano. Conseguì la maturità classica presso il liceo dell’Aquila e da qui all’Università di Napoli dove si laureò prima in Lettere e Filosofia e più tardi in Giurisprudenza.

Ebbe tra i maestri Basilio Puoti; fu amico di Carlo PoerioMariano D’AyalaAtto VannucciPietro Paolo Parzanese e Niccolò Tommaseo.

Il Castagna iniziò a scrivere e pubblicare, su periodici napoletani, sin da giovanissimo, articoli, studi e saggi di letteratura; divenendo nel tempo uno scrittore elegante e garbato.

Nel 1845 rifiutava l’insegnamento al collegio “Aldino” di Prato, offertogli da Atto Vannucci, che si era recato a Napoli per il VII Congresso degli scienziati. Fu severamente richiamato dalla prefettura di polizia napoletana per aver pubblicato sulla “Sirena”, una strenna del 1846, la poesia Il gufo, dove si ravvisava un riferimento offensivo allo zar Nicola I, che l’anno precedente si era recato a Napoli

Sotto il profilo civile e politico, Niccola Castagna partecipò, insieme ad altri patrioti, a diversi convegni liberali; ciò non sfuggì all’attenzione della polizia borbonica che lo tenne costantemente sotto stretta osservazione. Nel 1847, ritenuto un pericoloso sovversivo, anche perché amico di altri “pericolosi” patrioti tra i quali Carlo Poerio e Pietro Colletta, fu arrestato con l’accusa di cospirazione ed attentato alle leggi dello Stato. Dopo la proclamazione della Costituzione nel febbraio del ’48, insieme all’amico Luigi Dragonetti prese parte alla spedizione dei volontari per la liberazione della Lombardia nel nome della libertà e della pace. Dopo i fatti di Napoli del 15 maggio 1848, fece ritorno a Città Sant’Angelo dove, spinto da molti amici, assunse l’incarico di Giudice Regio supplente, al fine di salvare la Costituzione che già cominciava fortemente a vacillare. Quando la Costituzione fu abolita e tolta ogni libertà, si rifiutò di giurare fedeltà alla monarchia borbonica e perse l’incarico. Da quel momento si ritirò al suo paese natale dove si dedicò alle ricerche linguistiche e storiche, nonché all’esercizio dell’avvocatura: i suoi studi di diritto gli consentirono di scrivere opere quali “Del metodo nella scienza del diritto” (Napoli 1847), “Storia di legislazione criminale” (ibid. 1858)e, la più nota, “Di una ragione penale” (ibid. 1864) che suscitò vasta eco soprattutto in Germania dove se ne occuparono largamente riviste specializzate.

Ripresi gli studi, approfondì le sue ricerche linguistiche e filologiche, e fornì alcune migliaia di schede a Niccolò Tommaseo che le inserì nel suo “Dizionario della lingua italiana”, facendole precedere dalla sigla “Cast.”; dal 1898 al 1900 pubblicherà su “La Rivista abruzzese” una cospicua serie di vocaboli non registrati e perciò proposti ai lessicografi. Profondo conoscitore del dialetto di Città Sant’Angelo, pubblicò “Vocaboli e modi del dialetto angolano col riscontro italiano o toscano” (Firenze 1878), e già aveva tradotto nel dialetto natale la nona novella della prima giornata del “Decamerone” di Giovanni Boccacio. Tra gli studi storici del Castagna, il più interessante è “Della sollevazione d’Abruzzo nell’anno 1814 – Memorie storiche” (Aquila 1875; II^ edizione con aggiunte, Roma 1884). Con vigore e commozione vi sono narrate le vicende dell’insurrezione antimurattiana organizzata dai carbonari di Città Sant’Angelo, Penne, Castiglione Messer Raimondo e Penna Sant’Andrea, cominciata il 27 marzo 1814 e repressa tra il 16 e il 3 aprile. Lo studio portò maggiore luce su avvenimenti sino allora poco noti o inesattamente riferiti, e fu lodato da Atto Vannucci e ampiamente utilizzato nei suoi Martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848. Isolato nella sua Città Sant’Angelo (se ne allontanò solo in occasione del congresso internazionale storico e delle tradizioni popolari svoltosi a Parigi nel 1900, al quale era stato invitato dal governo francese su proposta del corpo accademico della Sorbona), nonostante contatti epistolari con illustri letterati e le critiche favorevoli che le sue opere ottennero da Niccolò Tommaseo, Pietro FanfaniGiuseppe Pitré, Atto Vannucci e altri, Niccola Castagna non riuscì ad inserirsi nel contesto culturale della sua epoca. Gli nocquero l’eccessivo eclettismo, e per una valutazione complessiva la dispersione di gran parte dei suoi lavori in giornali, riviste e almanacchi. Soltanto alcuni degli scritti variamente sparsi furono raccolti in volume, e tra questi si ricordano “I proverbi italiani raccolti e illustrati” (Napoli 1866; successive ediz. 1868, 1869) (“I proverbi dell’Ariosto tratti dal poema e illustrati“, Ferrara, 1877 [N.d.R.]) e “Il montanaro del Gran Sasso d’Italia” (Atri 1887), cantilene abruzzesi già pubblicate su strenne e periodici napoletani fra il 1842 e il 1846. Della sua conoscenza dei fatti del Regno delle Due Sicilie nella prima metà del secolo XIX sono testimonianza le numerose osservazioni inviate a Cesare Cantù, che gliele sollecitava, e il breve saggio “I deputati al Parlamento napoletano del 1820 e 1821” (in Rivista abruzzese di scienze, lett. e arti, XVII 1902).

Morì nella sua casa di Città Sant’Angelo il 2 marzo del 1905.