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23 settembre 2025

Storia della letteratura in Abruzzo.


Storia del Teatro Abruzzese, dal Medioevo a Cesare Fagiani.





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STORIA DEL TEATRO DRAMMATICO IN ABRUZZO, La Passio, la Lauda, i Canti popolari della Santa Passione

20 settembre 2025

Due paeselli d'Abruzzo (Francesco De Feo, 1966).


Benedetto Croce in appendice della sua opera "Storia del Regno di Napoli" colloca un saggio intitolato "Due paeselli d'Abruzzo". I due paeselli sono Montenerodomo in provincia di Chieti e Pescasseroli provincia de L''Aquila. Il documentario attraverso le parole di Croce offre una panoramica di questi bellissimi luoghi dell'Abruzzo.

13 settembre 2025

"Vola vola vola" primo classificato al 3° Festival de la Chanson Italienne di Parigi del 1953.

IL PRIMO POSTO DI "VOLA VOLA VOLA" al 3° FESTIVAL DE LA CHANSON ITALIENNE DI PARIGI DEL 1953
del prof.  Elso Simone Serpentini

Didascalie delle immagini: 
1. Locandina del Festival de la chanson Italienne del 1953, che si tenne a Parigi nella prestigiosa Salle Pleyel da venerdì 29 maggio a domenica 31 maggio. 
2. Tra le 60 canzoni italiane in gara la canzone abruzzese "Vola Vola Vola" di Dommarco e Albanese, venne cantata venerdì 29 maggio da Carla Boni e Gino Latilla (che erano sposati), con l'orchestra di Nello Segurini. Tra gli altri artisti che si esibirono quel giorno: Gabriele Vanorio, Giacomo Rondinella, Katyna Ranieri, Maria Paris, Mimì Ferrari, Nicla Di Bruno, Paolo Sardisco. Sabato 30 maggio si esibirono anche tra gli altri Laura Barbieri e Mimì Ferrari 
3. La Salle Pleyel, sala per concerti sinfonici sita nell'VIII'arrondissement di Parigi, in rue du Faubourg-Saint-Honoré, inaugurata nel 1927, oggi, interno. 
4. La Salle Pleyel oggi esterno. 
5. "Vola vola vola" si classificò prima tra le 60 canzoni in gara e venne replicata domenica 31 maggio. Venne poi incisa su disco con l'accompagnamento dell'orchestra del M° Cinico Angelini e su etichetta della Cetra. 
6. Esisteva già una canzonetta napoletana intitolata "Vola vola", napoletana, scritta da De Cristofaro e cantata dal baritono Pasquale Amato con accompagnamento di mandolino e pianoforte e incisa su disco con etichetta Società Italiana di Fonotipia- Milano.

31 agosto 2025

Gian Fedele Cianci di Orsogna (1837-1921), poeta e maestro abruzzese a cavallo tra due secoli.

GianFedele Cianci di Orsogna (1837-1921), poeta e maestro abruzzese a cavallo tradue secoli

di Angelo Iocco

Nacque a Orsogna nel nuovo sobborgo della “Via Grande”, il 10 gennaio 1837 da Antonio, proprietario, figlio di Giovan Fedele Cianci e Annapaola, e da Pulcheria Tenaglia, proprietaria, figlia di Giuseppe Felice e Maddalena Di Benedetto. Fu registrato presso l’Anagrafe del Comune di Orsogna dal sindaco Ferdinando de Lollis, col nome di Giovan Fedele, anche se successivamente egli fu solito farsi chiamare Gian Fedele.

Fu amico dello scrittore orsognese Beniamino Costantini (1871-1919), suo allievo e amico, con cui ebbe varie conversazioni e dibattiti, di cui farà menzione nell’articolo del 1919, edito sulla Rivista abruzzese di Teramo: G.F. Cianci – L’uomo e l’educatore. Il Cianci crebbe in un periodo di profondi cambiamenti socio-politici per l’Italia, che proprio quando compiva 11 anni, combatteva la Prima Guerra d’Indipendenza contro l’Austria, e poi nel 1858 la Seconda guerra, e infine nel 1860 diveniva un Regno unificato.

16 agosto 2025

Benedetto Croce: Discorso pronunciato all'Assemblea Costituente il 24 luglio 1947, in occasione del Trattato di Pace del 10 febbraio 1947.

Benedetto Croce e le figlie


Benedetto Croce (1947)

Benedetto Croce (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 – Napoli, 20 novembre 1952) filosofo, storico, letterato. Senatore dal 26/01/1910 fino alla morte. Croce votò contro il Trattato di Pace (10/02/0947) con le potenze vincitrici della II Guerra Mondiale.

Qui raccontiamo questa pagina indimenticabile della vita pubblica del grande filosofo.

– Trattato di Pace:  (Consta di Articoli 90, più  5 Allegati ).


Trattato di Pace – Parigi ; Febbraio 1947



Titolo : “L’Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, gli Stati Uniti d’America, la Cina, la Francia, l’Australia, il Belgio, la Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, il Brasile, il Canadà, la Cecoslovacchia, l’Etiopia, la Grecia, l’India, i Paesi Bassi, la Nuova Zelanda, la Polonia, la Repubblica Sovietica Socialista d’Ucraina, l’Unione del Sud Africa, la Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia, in appresso designate “Le Potenze Alleate ed Associate” da una parte

e l’Italia
dall’altra parte.



– Seduta dell’Assemblea Costituente (24/07/1947) con all’ O.d.G. la Ratifica del Trattato di Pace (Il trattato fu poi ratificato, il 31 luglio 1947 con 262 voti a favore, 68 contrari, e 80 astenuti) 







BENEDETTO CROCE: DISCORSO PRONUNCIATO ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE IN OCCASIONE DELLA RATIFICA DEL TRATTATO DI PACE, IL 24 LUGLIO 1947

“Io non pensavo che la sorte mi avrebbe negli ultimi miei anni riserbato un così trafiggente dolore come questo che provo nel vedermi dinanzi il documento che siamo chiamati ad esaminare, e nell’essere stretto dal dovere di prendere la parola intorno ad esso. Ma il dolore affina e rende più penetrante l’intelletto che cerca nella verità la sola conciliazione dell’interno tumulto passionale.

Vitaliano Brancati, Benedetto Croce, Sandro De Feo

Noi italiani abbiamo perduto una guerra, e l’abbiamo perduta tutti, anche coloro che l’hanno deprecata con ogni loro potere, anche coloro che sono stati perseguitati dal regime che l’ha dichiarata, anche coloro che sono morti per l’opposizione a questo regime, consapevoli come eravamo tutti che la guerra sciagurata, impegnando la nostra patria, impegnava anche noi, senza eccezioni, noi che non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte. Ciò è pacifico quanto evidente.

Benedetto Croce storico della letteratura

Senonché il documento che ci viene presentato non è solo la notificazione di quanto il vincitore, nella sua discrezione o indiscrezione, chiede e pretende da noi, ma un giudizio morale e giuridico sull’Italia e la pronunzia di un castigo che essa deve espiare per redimersi e innalzarsi o tornare a quella sfera superiore in cui, a quanto sembra, si trovano coi vincitori gli altri popoli, anche quelli del continente nero. E qui mi duole di dovere rammentare cosa troppo ovvia, cioè che la guerra è una legge eterna del mondo, che si attua di qua e di là da ogni ordinamento giuridico, e che in essa la ragion giuridica si tira indietro lasciando libero il campo ai combattenti dall’una e dall’altra parte intesi unicamente alla vittoria, dall’una e dall’altra parte biasimati o considerati traditori se si astengono da cosa alcuna che sia comandata come necessaria o conducente alla vittoria.

Benedetto Croce “Estetica”, una delle sue opere più importanti

Segno inquietante di turbamento spirituale sono ai nostri giorni (bisogna pure avere il coraggio di confessarlo), i tribunali senza alcun fondamento di legge, che il vincitore ha istituiti per giudicare, condannare e impiccare, sotto nome di criminali di guerra, uomini politici e generali dei popoli vinti, abbandonando la diversa pratica, esente d’ipocrisia, onde un tempo non si dava quartiere ai vinti o ad alcuni dei loro uomini e se ne richiedeva la consegna per metterli a morte, proseguendo e concludendo con ciò la guerra. Giulio Cesare non mandò innanzi a un tribunale ordinario o straordinario l’eroico Vercingetorige, ma, esercitando vendetta o reputando pericolosa alla potenza di Roma la vita e l’esempio di lui, poiché gli si fu nobilmente arreso, lo trascinò per le strade di Roma dietro il suo carro trionfale e indi lo fece strozzare nel carcere.

Benedetto Croce, Pescasseroli, Targa sulla casa natale

….Si è preso oggi il vezzo, che sarebbe disumano se non avesse del tristemente ironico, di tentare di calpestare i popoli che hanno perduto una guerra, con l’entrare nelle loro coscienze e col sentenziare sulle loro colpe e pretendere che le riconoscano e promettano di emendarsi; che è tale pretesa che neppur Dio, il quale permette nei suoi ascosi consigli le guerre, rivendicherebbe a sé, perché egli non scruta le azioni dei popoli nell’ufficio che il destino o l’intreccio storico di volta in volta a loro assegna, ma unicamente i cuori e i reni, che non hanno segreti per lui, dei singoli individui. Un’infrazione della morale qui indubbiamente accade, ma non da parte dei vinti, sì piuttosto dei vincitori, non dei giudicati, ma degli illegittimi giudici.

Benedetto Croce, Pescasseroli, Palazzo Sipari, facciata


L’Italia dunque, dovrebbe, compiuta l’espiazione con l’accettazione di questo dettato, e così purgata e purificata, rientrare nella parità di collaborazione con gli altri popoli. Ma come si può credere che ciò sia possibile se la prima condizione di ciò è che un popolo serbi la sua dignità e il suo legittimo orgoglio ?

Non continuo nel compendiare gli innumeri danni ed onte inflitte all’Italia e consegnati in questo documento, perché sono incisi e bruciano nell’anima di tutti gli italiani; e domando se, tornando in voi stessi, da vincitori smoderati a persone ragionevoli, stimate possibile di aver acquistato con ciò un collaboratore in piena efficienza per lo sperato nuovo assetto europeo.

Noi italiani, che non possiamo accettare questo documento perché contrario alla verità, e direi alla nostra più alta scienza non possiamo, sotto questo secondo aspetto, dei rapporti fra i popoli accettarlo, né come italiani curanti dell’onore della loro patria, né come europei, due sentimenti che confluiscono in uno, perché l’Italia è tra i popoli che più hanno contribuito a formare la civiltà europea.

Alcide De Gasperi (Presidente del Consiglio), Carlo Sforza (Ministro degli Esteri): Conferenza di Pace, Parigi (1947)

Ma se noi non approveremo questo documento che cosa accadrà ? In quali strette ci cacceremo ? Ecco il dubbio e la perplessità che può travagliare alcuno o parecchi di voi, i quali nel giudizio di sopra esposto e ragionato del cosiddetto trattato so che siete tutti e del tutto concordi con me ed unanimi, ma pur considerate l’opportunità contingente di una formalistica ratifica. Ora non dirò ciò che voi ben conoscete: che vi sono questioni che si sottraggono alla spicciola opportunità e appartengono a quella inopportunità opportuna o a quella opportunità superiore che non è del contingente ma del necessario; e necessaria e sovrastante a tutto è la tutela della dignità nazionale, retaggio affidatoci dai nostri padri da difendere in ogni rischio e con ogni sacrificio. Ma qui posso stornare per un istante il pensiero da questa alta sfera che mi sta sempre presente, e, scendendo anch’io nel campo del contingente, alla domanda di quel che sarà per accadere rispondere, dopo avervi ben meditato, che non accadrà niente, perché in questo documento è scritto che i suoi dettami saranno messi in esecuzione anche senza l’approvazione dell’Italia; dichiarazione in cui, sotto lo stile di Brenno, affiora la consapevolezza della verità che l’Italia ha buona ragione di non approvarlo. Potrebbero bensì quei dettami, venire peggiorati per spirito di vendetta; ma non credo che si vorrà dare al mondo di oggi, che proprio non ne ha bisogno, anche questo spettacolo di nuova cattiveria, e, del resto, peggiorarli mi par difficile, perché non si riesce a immaginarli peggiori e più duri. Il governo italiano certamente non si opporrà all’esecuzione del dettato; se sarà necessario coi suoi decreti o con qualche suo singolo provvedimento legislativo la seconderà docilmente, il che non importa approvazione, considerato che anche i condannati a morte sogliono secondare docilmente nei suoi gesti il carnefice che li mette a morte.

Ma approvazione no!

Non si può costringere il popolo italiano a dichiarare che è bella una cosa che esso sente come brutta, e questo con l’intento di umiliarlo e di togliergli il rispetto di se stesso, che è indispensabile a un popolo come a un individuo e che solo lo preserva dall’abiezione e dalla corruzione.

Signori deputati, l’atto che oggi siamo chiamati a compiere non è una deliberazione su qualche oggetto secondario e particolare, dove l’errore può sempre essere riparato e compensato, ma ha carattere solenne e perciò non bisogna guardarlo unicamente nella difficoltà e nella opportunità del momento, ma portarvi sopra quell’occhio storico che abbraccia la grande distesa del passato e si volge riverente e trepido all’avvenire. E non vi dirò che coloro, che questi tempi chiameranno antichi, le generazioni future dell’Italia che non muore, i nostri nipoti e pronipoti ci terranno responsabili e rimprovereranno la generazione nostra di aver lasciato vituperare e avvilire e inginocchiare la nostra comune madre a ricevere un iniquo castigo; non vi dirò questo perché so che la rinunzia alla propria fama è in certi casi estremi richiesta all’uomo che vuole il bene o vuole evitare il peggio; ma vi dirò quel che è più grave, che le future generazioni potranno sentire in se stesse la durevole diminuzione che l’avvilimento, da noi consentito, ha prodotto nella tempra italiana, fiaccandola.

Questo pensiero mi atterrisce, e non debbo tacervelo nel chiudere il mio discorso angoscioso. Lamentele, rinfacci, proteste, che prorompono dai petti di tutti, qui non sono sufficienti. Occorre un atto di volontà, un esplicito no. Ricordate che, dopo che la nostra flotta, ubbidendo all’ordine del re ed al dovere di servire la patria, si fu portata a raggiungere la flotta degli alleati e a combattere al loro fianco, in qualche loro giornale si lesse che tal cosa le loro flotte non avrebbero mai fatto. Noi siamo stati vinti, ma noi siamo pari, nel sentire e nel volere, a qualsiasi più intransigente popolo della terra”.

Esuli istriani dopo la fine della II Guerra Mondiale


Da: Il Grande Inquisitore

5 agosto 2025

Angelo Iocco, Inventario - Fondo “CESARE FAGIANI – GIULIO SIGISMONDI”, Biblioteca comunale “Raffaele Liberatore”, Lanciano.


DESCRIZIONE

Il versamento del Fondo Fagiani alla Biblioteca comunale, risale ai primi anni 2000, da parte della famiglia Fagiani-Volpe. Il tutto consiste in una decina di buste d’archivio, contenenti faldoni e cartelle. Questo primo censimento sommario ha ripartito il tutto in 7 buste d’archivio, con successiva suddivisione in cartelle e faldoni, utilizzando la numerazione romana. Molti documenti sono originali, pochi sono fotocopie, mentre si conservano diverse copie di volantini e libretti.

Il materiale non è sempre disposto in maniera ordinata, per cui, laddove possibile, si è proceduto a un riordino delle carte, come per i manoscritti de Un marziano a Lanciano, e Saggio sulla poesia di Luigi Renzetti.

Il fondo Fagiani-Sigismondi ha una prevalenza di documentazione relativa l’attività letteraria e giornalistica di Cesare Fagiani, rispetto a quella di Giulio Sigismondi, di cui il figlio Virgilio (classe 1942), ha incrementato il patrimonio documentario con la donazione di fotografie, cd, e libretti di poesie. Si attende, in futuro, un successivo versamento dell’archivio G. Sigismondi, conservato presso lo stesso erede, alla biblioteca comunale.

Il materiale attualmente è conservato presso la Biblioteca comunale “Raffaele Liberatore” di Lanciano, nell’edificio di Villa Marciani, nell’area dell’Ufficio 3.

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22 luglio 2025

Eduardo Di Loreto (1897-1958) inventore di un teatro Frentano – Parte 1 - Dalle origini (1897) al 1929.

 
Alfredo Bontempi (1893-1983), Pierino Liberati (1893-1963), Eduardo Di Loreto (1897-1958), in una fotografia a Castel Frentano del 1922

Eduardo Di Loreto (1897-1958) inventore di un teatro Frentano  - Parte 1 - Dalle origini (1897) al 1929.

di Angelo Iocco

Il piccolo paese di Castelfrentano vanta i natali di tre illustri castellini che furono attivi nel campo poetico, musicale e teatrale, Eduardo Di Loreto, Pierino Liberati e Camillo Di Benedetto. Di Loreto nacque in una modesta casa lungo via Nazionale, poi corso Roma, nel 1897, vicino la chiesa dell’Immacolata Concezione; fu avviato dal padre all’attività medica, dopo il diploma al Liceo classico di Lanciano, studiando a Napoli, dove si laurea nel 1924. Ma la passione del giovane Di Loreto era la poesia e lo spettacolo, non di rado doveva vedere delle brevi farse che si inscenavano al cinematografo del Corso, e poi alla scuola elementare. Castelfrentano all’epoca non aveva un vero e proprio teatro stabile, le recite molto brevi si improvvisavano nei luoghi di fortuna. Così Di Loreto  e l’amico inseparabile Pierino Liberati, di qualche anno più anziano di lui, iniziarono, crebbero in questo contesto ancora folkloristico, affascinati soprattutto da varie situazioni paesane, della provincia, e dai tipi castellini, che ispireranno a breve i loro più grandi successi, sapendo con gusto rielaborarli per le loro canzoni e storie. Nel 1917 l’Italia dopo la sconfitta di Caporetto, cercava faticosamente di guadagnarsi un degno rilievo nell’ambito della Grande Guerra, concludendola nel 1918 con la “Vittoria mutilata”, citando d’Annunzio.

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8 luglio 2025

Padre Donatangelo Lupinetti (1909-2000): frate missionario, etnologo e studioso abruzzese.



Padre Donatangelo Lupinetti

Nato a Castilenti il 29/08/1909 è deceduto a Lanciano in data 12/12/2000.
Dopo aver preso i voti dell'Ordine francescano, che più si confaceva alla sua necessità di contatto umano, e dopo aver affinato i suoi studi linguistici (greco, latino, sanscrito), storici e teologici, previa l’accurata formazione universitaria, appositamente condotta presso il Pontificio Ateneo Antoniano di Roma, esercitò l’attività pastorale nei conventi francescani dell’Aquila, di Orsogna, Tocco Casauria e Lanciano. La sua vocazione missionaria lo condusse verso l’Africa e la Terra Santa..
Negli anni ’30, fu missionario in Somalia, al tempo appartenente all’Italia e non ancora convertita all’islam. Il contatto fraterno con le popolazioni indigene, specie dei Rahanuìn dell'interno e gli Ammarruìn della costa, gli diede il motivo e la possibilità di provare sul campo le teorie di etnografia, etnologia e missionologia precedentemente apprese. In seguito, venne trasferito a Mogadiscio, al fine di ricoprire ruoli direzionali e didattici presso collegi, convitti e scuole cattoliche. Fu allora che poté concentrare su alcuni settori specifici le sue ricerche etnologiche, comprensive anche dei canti dell'epica locale. Ma di tutto il materiale prodotto in Africa e inviato in Italia (monografie, relazioni, studi sui canti religiosi delle popolazioni conosciute e sulle peculiarità del loro modo di recepire l’evangelizzazione) si è conservato poco, così come delle pubblicazioni effettuate a Mogadiscio; ricordiamo alcuni articoli contenenti relazioni di viaggi e di eventi locali, nonché una coraggiosa polemica contro le leggi razziali del governo fascista. 
Tornato in patria, nel Dopoguerra, il religioso poté finalmente dedicarsi ad un campo a lui già noto, cioè quello della cultura popolare abruzzese, rivedendola, però, alla luce delle esperienze africane. Parallelamente all’attività canonica, egli effettuò un’approfondita ricognizione del materiale di ricerca folklorica e dialettologica già esistente. Così, le sue ricerche sul campo si tradussero in studi completi e rigorosi di letteratura popolare, puntualmente pubblicati e diffusi in Abruzzo e fuori regione. 
Tra articoli e volumetti, spiccano una completa trilogia di canti e tradizioni e una prima raccolta di Novellistica Sacra, interessante raccolta di novelle religiose abruzzesi anche inedite, presentate in dialetto e nella traduzione italiana. L’opera fu redatta in collaborazione con Ernesto Giammarco e pubblicata a Pescara nel 1958 per le edizioni di "Attraverso l'Abruzzo", di Francesco Amoroso. 
Lo stesso anno, in occasione del VII Congresso Nazionale delle Tradizioni Popolari, espresse il suo peculiare contributo tracciando il quadro fondamentale della letteratura religiosa abruzzese nel Medioevo. 
In questi anni, divenne amico di studiosi abruzzesi, tra i quali, oltre ai già citati Giammarco e Amoroso, ricordiamo Bruno Mosca, Francesco Verlengia, Domenico Priori, autori di opere e pubblicazioni che segnarono le tappe del progresso culturale abruzzese. Particolarmente viva fu la sua amicizia con Paolo Toschi, demologo di fama nazionale, docente di Storia delle Tradizioni Popolari presso l'Università di Roma. In particolare, l'amicizia intrattenuta con Cesare De Titta, illustre latinista e poeta dialettale, con il quale si dedicava a traduzioni ed esercitazioni di forma salmodica in dialetto, latino, greco antico ed ebraico, fece sì che Lupinetti desse anche vita a componimenti poetici propri, di ispirazione religiosa e popolare.
Tra questi si annoverano, pubblicati all'Aquila presso la Cattedra Bernardiniana dal 1962 al 1981, Lu Presépie di Natale, poemetto natalizio con versione in lingua ed introduzione storica sul presepio; La santità de la Live, antica leggenda natalizia abruzzese, versificata e annotata; Lu sandìssime Voldesande, poemetto sacro in dialetto abruzzese con note illustrative; Lu cante di Natale, poemetto dialettale; Lu cante di PasqueLu cante di la MadonneLu cante di S. Francesche, componimento in dialetto abruzzese in onore di S. Francesco, S. Chiara, S. Bernardino e S. Giovanni da Capestrano, stampato a Gerusalemme. 
La sua vocazione missionaria lo riportò, a fasi alterne, di nuovo in Africa, a Gerusalemme e a Betlemme, per oltre vent’anni. Qui, nonostante le difficoltà del conflitto ebraico-palestinese, trovò modo di approfondire e rifinire gli studi sulla canzone epico-lirica in Abruzzo, consegnando alla rivista di etnologia "Lares" i suoi utili contributi su La canzone di Rinaldo e il Testamento dell’avvelenato, pubblicati tra il 1958 e il 1963. Un'ultima serie di studi storici occasionali, di stampo agiografico e basata su ricerche archivistiche, riguardò la vita della Beata Antonia da Firenze, ricostruita tramite i manoscritti del Monastero di S. Chiara Povera de L'Aquila, e la vita di Padre A. Ronci da Atri, poeta e missionario di Terra Santa (1500-1504). 
Attraverso la storia locale approfondì le incidenze e le coincidenze di usi e costumi popolari tra varie zone dell'Abruzzo quali Lama dei Peligni, Castiglione Messer Raimondo, Castilenti, servendosi del metodo comparativo e dell’approccio multidisciplinare. Le sue opere rappresentano uno dei più vasti repertori della cultura abruzzese, dotta e popolare, costruito in oltre 50 anni di infaticabile ricerca. 
Padre Lupinetti rientrò definitivamente dalla Terra Santa negli anni ’80; dopo una permanenza a Pescara, trascorse i suoi ultimi anni a Lanciano, ospite dell'albergo per anziani del Convento Antoniano, amorevolmente accudito dai confratelli.

Tra le sue ultime pubblicazioni si ricordano:

- Castiglione Messer Raimondo e il suo tesoro. Breve studio monografico sul Paese e sulla devozione a San Donato, Tip. D. Ambrosini, Penne, 1950.
- Castilenti.Breve studio monografico di un tipico paese d'Abruzzo, Cooperativa Editoriale Tipografica, Lanciano  1973.
- Durantiniana frate missionario d'America. Studio bio-bibliografico sul francescano p. Antonio Maria Durantini OFM (1867-1940), Curia prov. frati minori d'Abruzzo-San Bernardino, L'Aquila 1989.