Pagine

Visualizzazione post con etichetta D'Annunzio Gabriele. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta D'Annunzio Gabriele. Mostra tutti i post

3 agosto 2024

Sulla terrazza di Santa Giusta a Lanciano con Gabriele D'Annunzio.

Sulla terrazza di Santa Giusta a Lanciano con Gabriele D'Annunzio
di Angelo Iocco

Queste memorie si tramandano ancora oggi oralmente a Santa Giusta, e noi ringraziamo Angelo Dell’Appennino che ci ha fatto leggere il diario di memorie di suo padre, in cui si rievoca un passato lontano, ma che ancora dร  lustro a questo angolo d’Abruzzo.
La contrada Santa Giusta di Lanciano fu importante crocevia di traffici lungo l’antico tratturo che porta a Sant’Apollinare-San Vito, dietro il Colle Castellano. Non v’era la moderna strada statale che oggi permette comodamente di arrivare alla Marina attraverso la via di Torre Sansone.

Cesare de Titta

Si racconta che il divino poeta Gabriele d’Annunzio, durante i suoi soggiorni sanvitesi (da ricordare quello dell’estate 1889 con l’amante Elvira “Barbarella” Leoni all’eremo delle Portelle), facesse tappa a anche a Santa Giusta, presso l’emporio della Terrazza. Anticamente il fulcro della contrada era quel piccolo piazzale poco distante dalla chiesa, utilizzato dai paesani per giocare a carte, bere qualche bicchiere, mangiare a pranzo e cena. Dalla Terrazza Dell’Appennino al civico 207 di via Santa Giusta, ancora oggi si puรฒ ammirare un panorama unico che guarda a Settentrione verso la Majella e il Gran Sasso, e lo sguardo spazia e si perde tra i dolci colli di Frisa, Costa di Chieti, il Colle della Sacca, dove spuntano guardinghi i campanili di Castelfrentano e Orsogna protetti dalla Montagna Madre. I tramonti visti da questa terrazza hanno qualcosa di straordinario e sicuramente affascinarono la suggestione di D’Annunzio. La Terrazza era frequentata nei primi del Novecento da altri intellettuali: venivano a mangiare il poeta e Prof. Luigi Illuminati da Atri, illustre latinista e compositore di canzoni abruzzesi, il canonico Evandro Marcolongo di Atessa che prestava servizio alla Basilica di Ortona, il sacerdote santeusaniese Cesare de Titta, che con la bicicletta amava fare larghe scampagnate da Fara San Martino fino a Poggiofiorito, incantato dalle vaste distese di vigneti.
Lanciano ebbe in questi tempi diversi ritrovi nelle storiche osterie, come nella Taverna di Gnorscรฌ in via Umberto, o alla Trieste di Lancianovecchia; altre trattorie storiche erano la Volpetta in Largo Gemma di Castelnuovo lungo via Valera, con un magnifico affaccio verso la Cattedrale e la Piazza, dove si radunavano personaggi del calibro di Federico Mola, Vincenzo Gagliardi, Alfredo Bontempi, Luigi Renzetti, Modesto Della Porta, che sfidavano a colpi di versi e spaghetti; oppure la Corona di Ferro in Largo Tribunali, fondata alla fine dell’800 da un ex garibaldino, dove presero alloggio anche personaggi del calibro di Cesare de Titta e Luigi Pirandello agli inizi del ‘900.


9 aprile 2024

#accaddeoggi 9 Aprile 1846 nasce a Ortona il musicista e compositore ๐…๐ซ๐š๐ง๐œ๐ž๐ฌ๐œ๐จ ๐๐š๐จ๐ฅ๐จ ๐“๐จ๐ฌ๐ญ๐ข.

 #accaddeoggi ๐Ÿ— ๐€๐ฉ๐ซ๐ข๐ฅ๐ž ๐Ÿ๐Ÿ–๐Ÿ’๐Ÿ” nasce a Ortona il musicista e compositore ๐…๐ซ๐š๐ง๐œ๐ž๐ฌ๐œ๐จ ๐๐š๐จ๐ฅ๐จ ๐“๐จ๐ฌ๐ญ๐ข.
La sua formazione inizia presso la scuola dei fratelli Paolini, ma grazie al suo talento viene iscritto al Conservatorio di Napoli; diplomandosi in violino nel 1866.
๐ŸŽค Dopo il diploma trascorre qualche anno a Ortona, ma nell’autunno del 1870 si trasferisce a ๐‘๐จ๐ฆ๐š, conosce Franz Liszt e Giovanni Sgambati che lo introducono nei salotti aristocratici romani, dove riesce subito ad affermarsi come ๐ฆ๐š๐ž๐ฌ๐ญ๐ซ๐จ ๐๐ข ๐œ๐š๐ง๐ญ๐จ, entrando a far parte della ๐œ๐จ๐ซ๐ญ๐ž ๐๐ข ๐Œ๐š๐ซ๐ ๐ก๐ž๐ซ๐ข๐ญ๐š ๐๐ข ๐’๐š๐ฏ๐จ๐ข๐š, consorte di Umberto I.
๐Ÿ’‚๐Ÿป‍♀️ Nel 1875 si trasferisce a ๐‹๐จ๐ง๐๐ซ๐š e le sue doti gli aprono le porte di ๐๐ฎ๐œ๐ค๐ข๐ง๐ ๐ก๐š๐ฆ ๐๐š๐ฅ๐š๐œ๐ž, diventando insegnante di canto di tutti i figli della ๐‘๐ž๐ ๐ข๐ง๐š ๐•๐ข๐ญ๐ญ๐จ๐ซ๐ข๐š. Ma la sua ascesa รจ solo agli inizi: fruttuosa รจ la sua collaborazione con l’editore londinese Chappell, per il quale firma un contratto di almeno 4 romanze all’anno; diviene docente presso le piรน prestigiose accademie londinesi e organizza le serate musicali della corte inglese. Egli diventa anche il punto di riferimento dei musicisti italiani di passaggio per Londra, come Puccini, Mascagni e Leoncavallo.
๐ŸŽผ Tosti non dimentica le sue origini abruzzesi; รจ tra i membri del “๐‚๐ž๐ง๐š๐œ๐จ๐ฅ๐จ ๐Œ๐ข๐œ๐ก๐ž๐ญ๐ญ๐ข๐š๐ง๐จ” di Francavilla al Mare fondato da ๐….๐. ๐Œ๐ข๐œ๐ก๐ž๐ญ๐ญ๐ข, luogo che รจ di grande ispirazione, in cui realizza diverse romanze e chansons, oltre a collaborare con un altro illustre componente, d’Annunzio.
In suo onore, a Ortona, presso ๐๐š๐ฅ๐š๐ณ๐ณ๐จ ๐‚๐จ๐ซ๐ฏ๐จ, รจ stato istituito il

๐Ÿ“ ๐Œ๐ฎ๐ฌ๐ž๐จ ๐Œ๐ฎ๐ฌ๐ข๐œ๐š๐ฅ๐ž ๐’๐€๐›๐ซ๐ฎ๐ณ๐ณ๐จ – ๐€๐ซ๐œ๐ก๐ข๐ฏ๐ข๐จ ๐…. ๐. ๐“๐จ๐ฌ๐ญ๐ข, sede dell’Istituto Nazionale Tostiano, si tratta del primo museo dedicato alla musica presente in Abruzzo.




1️⃣ Carlo Pellegrini, caricatura di Francesco Paolo Tosti, Vanity Fair, 1885;

2️⃣ Frontespizio di inizio Novecento di uno spartito musicale disegnato da Francesco Paolo Michetti per Tosti

3️⃣ F. P. Michetti, ritratto di F. P. Tosti, Museo Barbella, Chieti;

Peppe Millanta, Scorci d'Abruzzo Ep. 2 - Il Voto di Francesco Paolo Michetti.


27 giugno 2023

Monteodorisio: Alfonso Suriani (1840-1905), presidente della Provincia e tra i promotori della Scuola Agraria di Scerni

coll. Romondio
Monteodorisio: Alfonso Suriani (1840-1905), presidente della Provincia e tra i promotori della Scuola Agraria di Scerni

di Giuseppe Catania

Tra le figure che maggiormente spiccano nel periodo a cavallo tra l'800 ed il primo '900, e che piรน seppero rappresentare le istanze e le aspirazioni delle popolazioni del Circondario di Vasto, oltre a mantenere desta la fama dell'operositร  nella provincia di Chieti, spicca quella di Alfonso Suriani. Nacque egli nel 1840 a Monteodorisio da una delle piรน note famiglie di antica nobiltร , e per oltre mezzo secolo, divenuto uno fra i piรน
apprezzati esponenti della vita pubblica, seppe conquistarsi la stima e la testimonianza di apprezzamento generale.

dagherrotipo di famiglia, Ottavio, Alfonso, Giuseppe e Edoardo Suriani

Alfonso Suriani fu anche un patriota di fervido coraggio, tanto che, appena ventenne, dopo il 1860, nella lunga e delicata campagna di repressione del brigantaggio in Abruzzo, si segnalรฒ, col grado di tenente della Guardia Nazionale, per solerzia ed acume nel portare a termine operazioni di notevole e delicato impegno logistico.
Ma la sua inesauribile energia doveva emergere attraverso le doti di equilibrio e di rettitudine, nelle numerose cariche assunte in seno alle amministrazioni comunali e provinciali; proprio in quest'ultima rivestรฌ il ruolo di Presidente del Consiglio Provinciale di Chieti fino al 1905, quando lo rapรฌ la morte. La passione per l'Agricoltura lo condusse prima ad operare un radicale rinnovamento delle attivitร  agricole del Comprensorio del Vastese e, successivamente, guidato da fervida esperienza e da buon senso nel considerare le premesse di rinascita della zona, lo portarono a patrocinare, insieme a Giuseppe De Riseis e Nicola Colonna, la fondazione della Scuola Agraria di Scerni.
Intellettuale di profonda vocazione, di Alfonso Suriani si ha un particolare inedito ricordo a proposito della amicizia intrecciata con il poeta Gabriele D'Annunzio, riscontrabile in un epistolario poco noto. D'altra parte Monteodorisio, paese natale di Alfonso Suriani, era giร  famosa per aver creato un cenacolo di artisti nel sontuoso palazzo Suriani, dove giร  si affermavano per acume intellettuale e lirismo di fresca e genuina ispirazione, Ottavio, Eduardo e Giuseppe Suriani.
Nel 1904, quale Presidente del Consiglio di Amministrazione della Provincia di Chieti, Alfonso Suriani aveva inviato un telegramma per esprimere al vate abruzzese le felicitazioni per i successi ottenuti in Italia dalle rappresentazioni teatrali de «La Figlia di Jorio». Gabriele D'Annunzio rispose con un messaggio telegrafico del 13 aprile 1904 (conservato nella Biblioteca Provinciale) cosรฌ concepito: «On. Suriani, Presidente del Consiglio Chieti. Voglia ella esprimere al Consiglio la mia calda riconoscenza per il saluto nobilissimo con cui ha voluto onorare in me il poeta che serba nel cuore il culto religioso della vita di una stirpe. Creda ella alla mia profonda devozione. Gabriele D'Annunzio». L'amicizia di Gabriele D'Annunzio con Alfonso Suriani ebbe una piรน ampia e salda manifestazione di cordialitร , perchรฉ, subito dopo, il poeta acconsentรฌ, sia pure per breve soggiorno, a godere dell'ospitalitร  offertagli a Palazzo Suriani a Monteodorisio. Gabriele d'Annunzio certamente non mancรฒ d'approfittare per passeggiare e lambire le onde dell'Amatissimo Adriatico, lungo la spiaggia di Marina di Vasto.
Giuseppe Catania

22 gennaio 2023

La casa natale di Gabriele D'Annunzio a Pescara.

Casa natale di Gabriele D'Annunzio a Pescara.

L'edificio settecentesco, proprietร  della famiglia D'Annunzio a partire dall'800, fu dichiarato monumento nazionale nel 1927. Dal 1926 Gabriele D'Annunzio incaricรฒ Antonino Liberi del restauro dell'abitazione, al fine di commemorare la madre, Luisa De Benedictis, che vi morรฌ nel 1917. Il Liberi lavorรฒ alla ristrutturazione fino al 1928, liberando il piano terra dalle botteghe e conservando la loggia, il cortile, il pozzo, la scuderia e le rimesse. In seguito d'Annunzio si mostrรฒ insoddisfatto dei progetti: era infatti deluso dalla scelta di livellare i tre gradini che permettevano di accedere alla camera padronale, i quali erano invece legati al rispetto e all'adorazione della madre (da lui furono definiti "Tre gradini d'altare" nel Notturno). In seguito, il poeta affidรฒ l'incarico dei restauri a Giancarlo Maroni e solo nel 1933 si arrivรฒ alla ristrutturazione completa. 

Nello stesso anno, l'edificio, che fino a quel momento era stato affidato alle cure della custode Marietta Camerlengo, fu acquisito dallo Stato italiano che avviรฒ subito lavori di restauro e di sistemazione che si conclusero nel 1938. 

L'edificio subรฌ perรฒ dei gravi danni durante i bombardamenti nel corso della seconda guerra mondiale; nuovi interventi sull'abitazione vennero terminati nel 1949. Una prima esposizione museale venne realizzata nel 1963 dalla "Fondazione d'Annunzio" per la mostra intitolata "L'Abruzzo nella vita e nell'opera di G. d'Annunzio", e conservata fino al 1993, quando venne organizzato un nuovo percorso espositivo. 

Interno 
Il cortile posteriore 
Il museo, allestito al primo piano della casa natale di Gabriele D'Annunzio, รจ composto da nove sale e conserva arredi, mobili d'epoca e oggetti dello scrittore e della sua famiglia. 

Ingresso 
La stanza รจ dedicata all'infanzia di D'Annunzio e contiene alcuni pannelli didattici con fotografie e citazioni dalle sue opere, oltre al diploma di licenza liceale del Regio Convitto Cicognini di Prato (1881), al decreto di nomina a Sindaco di Francesco Paolo Rapagnetta-D'Annunzio per il triennio 1879-1881 e all'attestato di cittadinanza onoraria a D'Annunzio da parte del Comune di Chieti in occasione della prima teatrale della "Figlia di Iorio" (1904). 

Sala I 
Corrisponde al salotto dell'abitazione. Vi sono esposte due litografie raffiguranti rispettivamente "Vittorio Emanuele II, Re d'Italia" e "Giuseppe Garibaldi a Marsala", la prima di Pietro Barabino e la seconda di Roberto Focosi; i ritratti dei genitori adottivi di Francesco Paolo Rapagnetta-D'Annunzio ("Anna Giuseppa Lolli" e "Antonio D'Annunzio") e il dipinto Ratto di Proserpina, tutti di anonimo del XIX secolo. 

Sala II 
Era lo studio di Francesco Paolo Rapagnetta-D'Annunzio, e contiene un suo ritratto da bambino di anonimo del XIX secolo. La stanza ospita inoltre il leggio musicale usato dal fratello Antonio, un piatto giapponese del secolo XIX raffigurante un paesaggio con figure, due litografie raffiguranti Torquato Tasso all'ospedale di Sant'Anna a Ferrara e Torquato Tasso alla corte di Francia di Ferdinando de Mattheis, due stampe con S.Sebastiano e S.Giovanni Battista e un dipinto raffigurante La fuga di Enea da Troia in fiamme, di anonimo del XIX secolo. 

Sala III 
Corrisponde alla camera di Gabriele e del fratello Antonio. Vi sono due letti ottocenteschi, sopra cui sono due dipinti ("S. Alfonso Maria de' Liguori" e "La Madonna Immacolata"), un mobile con alzata ed anta a specchio del XVIII secolo e un inginocchiatoio ligneo del XIX secolo, questi ultimi due appartenenti alla famiglia D'Annunzio. Sulla parete un "Cristo portacroce" su vetro. 

Sala IV 
Era la camera della zia Marietta, sorella maggiore del padre di D'Annunzio, morta nel 1906. La stanza contiene inoltre la stampa ottocentesca di G. Palmaroli "Madonna delle sette spade", la fotografia di Luisa de Benedictis, madre del D'Annunzio, un dipinto di L. Seccia che ritrae forse Maria Votruba-Heurenova, traduttrice delle opere dannunziane e un cassone in legno intagliato. 

Sala V 
Corrisponde alla camera dei genitori di D'Annunzio. Il letto dove D'Annunzio nacque il 12 marzo 1863 venne trafugato negli anni del dopoguerra. Contiene un dipinto ad acquarello di Michele Cascella, intitolato "La stanza di Luisa d'Annunzio" (1940), le due statuine di stoppa e cartapesta scolpita che raffigurano S. Anna e Maria bambina, del XIX secolo e stampe litografiche dell'800 ("La Cena di S. Gregorio Magno" di Paolo Veronese, una "Madonna Immacolata" di F. De Matteis e una "Presentazione di Maria al Tempio" di Tiziano Vecellio e la "Sacra Famiglia con S. Giovannino" di Raffaello Sanzio). Inoltre sono custoditi un caldano in ottone e una poltrona, facenti anch'essi parte dell'arredo originario.


7 gennaio 2023

La pirateria in Adriatico, da Strabone agli Uscocchi.


Jack Sparrow? Non andate nei Caraibi. I Pirati sono in Abruzzo e dominarono l’Adriatico. Sono gli “Uscocchi” amati anche da D’Annunzio

di Vito Leo

Non tutti lo sanno ma le rotte dell’Adriatico, soprattutto quelle del nord furono afflitte da un particolare tipo di pirati. Non erano i tigrotti di Mompracem e tanto meno il seguito del Corsaro Nero, di Francis Drake, Barbanera o Raleigh. Furono coloro che, al soldo di Venezia, combatterono contro gli ottomani i quali, quando li vedevano, urlavano: “Mamma gli Uscocchi!”. La storia vedrร  associare le loro vicende con la storia d’Abruzzo e del vate d’Italia D’Annunzio. Chi erano costoro? Mai sentiti vero?

Le loro vicende si collocano all’interno delle grandi lotte per il potere tra l’Impero ottomano, la Repubblica di Venezia e l’Impero degli Asburgo. Quale sia la derivazione del loro nome rimane un mistero ancora insoluto, si sa solamente che menavano come fabbri! Vocabolari ed enciclopedie fanno discendere l’etimo dal serbo-croato uskok, “fuggiasco”, che nel tempo รจ servito per indicare anche i “profughi”, “migranti”, “predatori”, “assalitori”, “disertori”, “ribelli”, “guerrieri” e “pirati”. Erano cristiani e furono il primo baluardo contro l’avanzata turca.

Un po’ di confusione

Furono paragonati e confusi con gli aiduchi, che animarono la resistenza interna dell’Impero turco. La parola “aiduco” origina dall’arabo haydud, cioรจ “brigante”. Questa sorta di partigiani vivevano nei boschi e compivano le loro rapinose gesta lungo la Stambujol, la via imperiale che da Belgrado, passando per Nis e Sofia, conduceva a Istanbul. Gli Uscocchi, a differenza di questi, non battevano le strade e tanto meno vivevano nei boschi. Il loro territorio era l’Adriatico.

Pirateggiavano il mare con delle piccole barche, le ormanice. Erano lunghe dai 10 ai 13 metri e potevano contenere dalle 20 alle 30 persone. Lo scafo era rosso nella parte che emergeva e nero al di sotto della linea di galleggiamento a simboleggiare il sangue e la morte. Siccome non issavano bandiere col teschio e tibie incrociate in questo modo erano riconoscibili. Le loro forze navali si raggruppavano in “ceta”, una sorta di formazione militare, guidate da un vojvoda.

PIRATI E CORSARI

Volete conoscerne la differenza? No? Saltate questo paragrafo. Il termine Pirata indica l’attivitร  dei marinai che depredano o affondano le altre navi in alto mare, sia nei porti, che sui fiumi. Il Corsaro, invece, era una persona al servizio di un governo. Cedeva a questi parte del bottino, ottenendo in cambio lo status di combattente. Lo stato gli consegnava una lettera (lettera di corsa) e la sua bandiera: insomma una sorta di patente. Protetto, in questo modo, poteva rapinare le navi mercantili nemiche e uccidere solo in combattimento. Alla fine della fiera, la differenza fondamentale tra pirati e corsari รจ che al momento della cattura i corsari erano considerati prigionieri di guerra e i pirati, invece, giustiziati lร  per lร . Ma veniamo a tempi piรน recenti.

GLI USCOCCHI PIRATI ABRUZZESI

Corsari uscocchi

Siamo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. I Balcani vedono l’occupazione degli Ottomani e molti cominciano a scappare. Alcuni arrivano in Dalmazia ed altri, attraversato l’Adriatico, si stabiliscono in Abruzzo e in Molise. Trovano rifugio a Lanciano, Santa Maria Imbaro e pure nel Teramano per cui, attenzione, nel sangue degli abruzzesi non scorre solo quello dei placidi pastori “che lascian gli stazzi e vanno verso il mare” ma anche quello di temibili pirati e non siamo ai Caraibi!

Dopo una ottantina d’anni di profitti i nostri uscocchi si posero sotto la protezione del duca d’Ossuna che conferรฌ loro patenti per potersi aggirare liberamente nel Regno di Napoli. Da pirati erano diventati corsari con grande preoccupazione del confinante Stato Pontificio.

Pensate che il cognome Scocco risale al croato uskok, “transfuga” o meglio, “popolazione in fuga”. Scappando dai Turchi li ritroviamo soprattutto a Francavilla, Chieti e Penne. Considerando che esistono, in quei luoghi, molte famiglie distinte da questo cognome รจ lecito ritenere che diversi Uscocchi s’insediarono nell’entroterra e trovarono occupazione nell’agricoltura.

USCOCCHI E D’ANNUNZIO

Ma gli uscocchi li rivedremo, sempre pirati, in tempi piรน moderni. Dopo l’impresa di Fiume ad opera di D’Annunzio, la “Reggenza del Carnaro” dalle vedute alternative se la passava maluccio e di che cibarsi manco a parlarne. C’era il blocco navale e terrestre imposto a Fiume e la popolazione, quanto a fame ne aveva di che vendere.

Ed ecco che il Vate trasforma i suoi legionari in pirati, chiamandoli poeticamente “uscocchi”. Che poi gli Uscocchi chi li conosceva? Qualcuno, pensando fosse un epiteto da burletta si sentiva pure offeso:
– Stia zitto, uscocco! –
– Stia zitto lei, subornato!

Pirati all’opera

Il piroscafo Persia

Il primo bastimento dirottato a Fiume dai novelli pirati fu il “Persia” nell’ottobre del 1919; portava un carico di armi destinato alla Russia. Il piroscafo, svuotato, fu restituito dietro riscatto di 12 milioni di lire rastrellate da alcuni imprenditori capeggiati dal senatore Borletti, proprietario della “Rinascente” e amico del Poeta.

Il cacciatorpediniere “Bertani” fece seguito al Persia e successivamente i mercantili “Baron Fejervary” battente bandiera ungherese, “Trapani” e “Cogne”. Quest’ultimo, dal nome salito tristemente agli onori della ribalta a causa di un ripugnante omicidio, era di proprietร  della societร  di navigazione Ansaldo di Genova. Trasportava materiale il cui valore si aggirava sui 200 milioni di lire da consegnare in Argentina. Ci pensarono gli italici “uscocchi” a dirottarlo a Fiume nell’ottobre del 1920. Stavolta i pirati Fiumani restituirono anche il carico della nave non prima di aver ricevuto in cambio un cospicuo riscatto.

CURIOSITร€

Il “Grande Uscocco” D’Annunzio

Nell’aprile del 1920 i nostri “prelevarono abusivamente” una cinquantina di cavalli da tiro del Regio Esercito. Le autoritร  militari italiane minacciarono di ricorrere a una pesante rappresaglia ottenendo, cosรฌ, la restituzione degli animali. Oddio non proprio quelli: si videro recapitare altrettanti ronzini malandati e magrissimi buoni nemmeno per il brodo.

Non paghi i D’Annunziani uscocchi catturarono un generale italiano, Arturo Nigra, comandante della Quarantacinquesima divisione. Smaltita la brutta figura, l’esercito italiano riebbe indietro l’ufficiale ma solo dopo che costui ebbe rilasciato dichiarazioni di apprezzamento per i suoi rapitori e di ammirazione per D’Annunzio.

PIRATI GENTILUOMINI

I Fiumani requisivano per lo piรน materiali di proprietร  del governo italiano. Restituivano o rifondevano attentamente quanto apparteneva ai privati. Vigilava sulla correttezza dell’ ”opera” il “dittatore ai viveri”, colonnello Vittorio Margonari responsabile dei servizi di commissariato e contabilitร  della Reggenza. Si autodefiniva, con ironia, “il ricettatore Margonari”. A partire dal gennaio 1921, terminata l’impresa fiumana e con il ritiro del “Grande Uscocco” D’Annunzio (cosรฌ lo chiamavano i legionari) non si sentรฌ piรน parlare di pirateria “made in Italy”.

PER TERMINARE

In Croazia, oggi, si chiama Uskok un organismo di polizia, specializzato in indagini sulla corruzione e la criminalitร  organizzata. E’ stato costituito nel dicembre 2001 e il suo quartier generale si trova a Zagabria. Sic transit gloria mundi: da pirati e delinquenti a tutori delle forze dell’ordine. Ora conosciamo la storia dei terribili corsari abruzzesi che non sfigurarono al confronto dei pirati di Port Royal, Antigua e Barbados.

Alzate le vele corsari d’Abruzzo, issate il Jolly Roger e fate rotta qui la prossima settimana. Vi aspetto seduto su una cassa di Rum con una bottiglia in mano assieme ai corsari di questo giornale. All’arrembaggio e buon anno!!!

Da: espressione24.it

Per approfondimenti: Tremitiogeniusloci.it

17 dicembre 2022

23 novembre 2022

Vittorio Pepe, lo “Strauss d’Abruzzo”.

Vittorio Pepe, lo “Strauss d’Abruzzo”
di Elisabetta Mancinelli


Soprannominato lo “Strauss d’Abruzzo” , Vittorio Pepe musicista e compositore pescarese visse ed operรฒ tra l’800 e il ‘900, e fu molto stimato da Tosti e da D’Annunzio che lo introdusse nel Cenacolo : sodalizio artistico francavillese.
Entrato nella storia e nella ricerca artistica e musicale pescarese e nazionale fu molto noto ed apprezzato tra l’ultimo ventennio dell’800 e il primo ventennio del ‘900.
Musicista prolifico, ma troppo appartato, fu dimenticato dalla critica. Ma una circostanza che ha contribuito in modo decisivo a spingerlo nell’oblio, fu la distruzione dei suoi documenti e delle sue carte persi con il crollo della sua abitazione durante il bombardamento di Pescara.
E’ difficile pertanto ricostruire la sua biografia e anche il catalogo delle sue opere e i pochi documenti che si posseggono solo lettere del Vate e altri carteggi con amici e persone che ebbero modo di conoscerlo e apprezzarlo.
LA VITA
Nacque a Pescara il 23 luglio 1963 da Giuseppe e da Rachele Carabba e fu battezzato nella chiesa di San Cetteo.
La sua abitazione era nei pressi del Circolo Aternino, in Piazza Grande (oggi Piazza Garibaldi) probabilmente al numero civico 28. La sua famiglia era socialmente ed economicamente fra le prime della piccola Pescara, che a quei tempi contava all’incirca poco meno di 4000 abitanti ed era un comune distinto da quello sito nella riva sinistra del fiume, Castellammare Adriatico.
Vittorio era uno dei piรน amati compagni di Gabriele D’Annunzio, col quale scherzava e giocava sui bastioni dell’Arsenale, sulle sponde del fiume e alla Pineta.
                            la scuola elementare che frequentรฒ con G. D’Annunzio


Aveva mostrato temperamento musicale giร  durante la frequentazione dell’asilo-scuola delle sorelle Del Gado e il ciclo delle elementari con i maestri Eliseo Morico e Giovanni Sisti. 
Ma terminato il ciclo scolastico, le strade dei due ragazzini si divisero: D’Annunzio partiva per il collegio Cicognini di Prato mentre il dodicenne Pepe, che aveva preso ad esercitarsi con la vecchia spinetta di casa, veniva iscritto al Conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli. Frequentรฒ un ambiente pianistico composto da docenti di chiara fama: Costantino Palumbo per il pianoforte e Nicola D’Arienzo per la composizione.
Si diplomรฒ nell’estate del 1885 e lo stesso D’Annunzio ne dette pubblica notizia sul giornale “La Tribuna” del 12 Agosto inserendo l’evento in una cronaca mondana di Pescara. Entusiastici furono i successivi commenti del Vate sulla sua iniziale produzione artistica, intensa ed apprezzata anche da esperti musicologi.I suoi brani pianistici sono di fattura elegante e squisita e le sue numerose composizioni musicali rivelano originalitร , sensibilitร , fantasia.
Dell’ ingresso” fra gli eletti” del Cenacolo Michettiano, a fianco di Francesco Paolo Tosti si ha notizia da un articolo pubblicato sulla “Tribuna” del 28 luglio del 1887 in cui l’autore Bottom scrive : “ora egli studia e lavora nel cenacolo di Francavilla , in compagnia di Michetti al cospetto del mare”. La frequentazione del Convento era iniziata quando ancora era studente , e proseguรฌ anche dopo, come testimonia una lettera che Pepe il 6 ottobre 1883 inviรฒ al musicista e pittore Paolo De Cecco in cui appare insofferente dell’ambiente pescarese che “gli fiacca e gli sfibra il cervello” anche se poi finirร  con lo scegliere di rimanere proprio lรฌ. 
TRA MILANO E PESCARA
Riguardo il suo soggiorno a Milano si hanno pochi elementi ma sufficienti per affermare che Pepe ebbe rapporti con Ricordi che probabilmente gli fu presentato da Tosti e conobbe e frequentรฒ esponenti del mondo musicale di cui non volle far parte in modo stabile.
Non ci sono testimonianze documentabili che ci dicano della durata del suo soggiorno nella capitale lombarda nรฉ i motivi dell’interruzione pare abbastanza repentina dei rapporti con Ricordi.
Probabilmente durรฒ circa un anno poi, preferรฌ “eclissarsi in Abruzzo”.
D’Annunzio, conoscendo bene la natura dell’amico, in questo periodo gli scrisse in una lettera “…Tu, che sei una natura cosรฌ signorilmente squisita di artista, tu farai molto, andrai molto avanti. Getta via lungi da te tutti i timori, tutte le timidezze, tutte le esitazioni: sii audace, sempre audace, non ti stancare mai di cercare, di tentare di provare. La via dell’arte รจ lunga e scabra ed erta: per salirla ci vogliono lombi armati di valore. Tu hai una intelligenza fine ed una cultura non comune; ti manca lo spirito irrequieto delle imprese.”

Spirito inquieto il musicista maturรฒ quindi la decisione di lasciare Milano per rifugiarsi in Abruzzo nella tranquillitร  di una vita prettamente provinciale.
Non possiamo dire con precisione se questa decisione del Pepe sia stata determinata da quella debolezza di carattere che D’Annunzio gli rimprovera quando incita l’amico ad imboccare risolutamente la via della gloria ed a lavorare con perseveranza.

Rinunciรฒ alla professione di concertista e si dedicรฒ all’insegnamento privato di Pianoforte, composizione e armonia a Chieti e a Pescara. Scorre ordinata e tranquilla la sua vita Pescara non solo vi insegna ma frequenta lo studio fotografico del cugino Cetteo e molti amici.
Si racconta anche che si sarebbe fidanzato con una ragazza della cittร  a cui dedica anche una composizione ma la relazione non si concluderร  con il matrimonio.
Furono suoi allievi Michele Muzi di cui rimane una “Lady Godiva”e Cristo Sorrentino noto come l’anima musicale delle “Settembrate Abruzzesi” e da lui apprendiamo che Pepe era molto amato dai suoi allievi.
Severo ed esigente chiedeva che il discente si dedicasse tutto alla musica e non ammetteva distrazioni.
LE COMPOSIZIONI
Autore prolifico compose musica sinfonica, musica per orchestra e da camera raffinata tanto gradita a D’Annunzio che aveva dichiarato di odiare la musica bandistica a cui Pepe si dedicรฒ piuttosto intensamente. Rimangono di essa solo tre pezzi superstiti allo stato attuale: una mazurca “Pescara”, una marcia “Defilรจ alla pineta” e una polka “Sempre carina”.
Le composizioni tecnicamente discutibili secondo la critica, per l’incerta strumentazione non difettano certamente nell’ispirazione musicale. Erano belle, avevano successo e piacevano al pubblico che non si accorgeva di una presunta non raffinata strumentazione.
Una composizione “La Polka del Fezio” ebbe un particolare successo e divenne un classico delle bande : lo conosciamo non dallo spartito che รจ andato perduto, ma da un articolo pubblicato da un giornale di Chieti “Il Fezio” La natura delle sue composizioni da quel momento si adattรฒ alle esigenze e all’influenza dell’ambiente locale.
Non piรน sinfonie per grandi orchestre, ma musiche per bande, romanze, serenate e ballabili. Saranno proprio questi ultimi a procurargli la definizione di “Strauss d’Abruzzo”.
Popolarissimi furono il tango “La musica del Parrozzo” e il famoso “Trittico di balli” che aveva entusiasmato tutti come si evince da una cartolina che lo stesso Pepe scrive ad un suo amico di Chieti l’avvocato Rosica. E ancora “Fox trot sensuale “L’One stop della nostalgia” e i valzer per pianoforte “Abruzzo forte e gentile”, “Posillipo” , “Mergellina” e “Zingaresca” che D’Annunzio definisce“ un po’ scarlattiana di fattura elegantissima ... con un vivace ritmo di danza”.
Anche “Duetto d’amore” composizione su tre gavotte: dodici romanze raccolte in un album fu giudicata positivamente dal Vate che la definisce “..meno originale , forse della Zingaresca , ma piรน affascinante”. Il maestro Antonio Piovano ha recuperato varie composizione pianistiche di Pepe sono da lui ritenute di grande musicalitร  , e con un certo impegno strumentale. Da questo filone popolaresco e da musiche di carattere pubblicitario, cominciรฒ a trarre una buona fonte di guadagno. 
IL DECLINO
La sua fortuna declinรฒ intorno agli anni trenta perchรจ ritenuto non piรน musicista di moda. Sorpassato venne considerato anche il suo metodo d’insegnamento. La critica si dimenticรฒ ben presto del musicista cosรฌ da rendere difficile anche la ricostruzione del catalogo delle sue opere. A questo bisogna aggiungere che i suoi documenti e le sue carte vennero completamente perse a causa del crollo della sua abitazione rendendo ancora piรน difficile la redazione precisa della sua biografia.
Ormai isolato nell’ambiente di Pescara, il pianista moriva a 80 anni durante l’ultimo dei bombardamenti della seconda guerra mondiale l’8 dicembre del 1943 nella sua ultima dimora di Via V. Colonna, quando una bomba centrรฒ in pieno la sua casa seppellendolo sotto le macerie. Il suo corpo fu rinvenuto solo un anno dopo con la rimozione delle macerie.
A lui รจ stata dedicata  la via che costeggia lo stadio della cittร .

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli 
I documenti sono tratti dall’Archivio di Stato di Pescara, da “ Un musicista di Pescara amico di D’Annunzio: Vittorio Pepe” di Mario Lupinetti, le immagini sono tratte dal patrimonio fotografico di Tonino Tucci