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25 marzo 2024

Vasto di Goito e Sordello da Goito. Legami con l'Abruzzo.



Una frazione di Goito (MN) prende il nome della località abruzzese di Vasto (CH). 
Si potrebbe ipotizzare che ciò derivi dai legami storici tra i Gonzaga di Mantova e i d'Avalos. 

Isabella Gonzaga, Marchesa di Pescara di Valentín Carderera, 1831c, 
Collezione María Pilar Carderera Biblioteca nazionale di Spagna.


Infatti Isabella Gonzaga (1537-1579), figlia del Duca di Mantova, sposò nel 1556 Francesco Ferdinando d'Avalos d'Aquino d'Aragona (1530 - 1571), secondo Principe di Francavilla, quarto Marchese di Pescara, terzo Marchese del Vasto e Conte di Monteodorisio.

Medaglia celebrativa raffigurante Francesco Ferdinando d'Avalos, Annibale FontanaNational Gallery of ArtWashington




Sordello da Goito

Miniatura di Sordello da Goito tratta da un manoscritto del XIII secolo

Nel VI canto del Purgatorio, viene presentata la figura di Sordello da Goito, un importante poeta trovatore italiano, appartenente alla piccola nobiltà mantovana. 
Egli divenne signore dei feudi abruzzesi di Civitaquana, Monteodorisio, Paglieta, Borrello e Palena, ricevuti in dono nel 1269 da Carlo I d’Angiò, morendo poco dopo in Abruzzo.

11 marzo 2024

Bernardino Scaramella di Palena e i suoi Madrigali, sec.XVI.


 


Bernardino Scaramella (Palena 1552 - ?)

Biografia
Il Maestro Bernardino Scaramella, Compositore originario di Palena nato nel 1552 (cittadina in provincia di Chieti), vissuto nel secolo XVI. Non si hanno precise notizie su un circolo culturale della famiglia Lannoy a Sulmona, più certa è l'attività di Bernardino Scaramella di Palena, con il Primo libro di madrigali a 5 voci del 1591, dedicato a Realto de Sterlich, feudatario di Penne.

Opere
"Il Primo Libro de Madrigali, a cinque voci (ALTO, BASSO, CANTO,TENORE, QUINTO) di Bernardino Scaramella di Palena. Nuovamente da lui composti, et dati in luce." In Venetia, appresso Giacomo Vincenti - Venezia, 1591.

Bernardino Scaramella di Palena e i suoi Madrigali, sec.XVI.

19 gennaio 2023

Pane, amore e Abruzzo: la bersagliera Gina Lollobrigida nei panni di una bella abruzzese di Palena.



Pane, amore e fantasia, 1953


Pane, amore e Abruzzo: la bersagliera Gina Lollobrigida nei panni di una bella abruzzese di Palena.

di Fausto D’Addario

Pane, amore e Abruzzo: verrebbe quasi da ribattezzare in questo modo Pane amore e fantasia, il capolavoro del 1953 di Luigi Comencini, che ha visto l’interpretazione della giovane Gina Lollobrigida nei panni dell’indimenticabile Pizzicarella la bersagliera. Il film è infatti ambientato in un immaginario borgo abruzzese, Sagliena, dove viene mandato da Sorrento il galante maresciallo dei carabinieri Antonio Carotenuto (Vittorio de Sica); il maresciallo rimane ammaliato dal fascino della giovane Maria, la procace bersagliera, che però a sua volta è innamorata di un timido carabiniere veneto. Alla fine il giovane carabiniere e Maria finalmente si fidanzano, mentre nella vita del maresciallo Carotenuto spunta all’improvviso la figura della levatrice Annarella. E così il complicato cerchio d’amore si chiude felicemente.

L’idea del film nacque per caso, da un incontro tra Luigi Comencini e lo scrittore Ettore Maria Margadonna, originario di Palena (in provincia di Chieti, in Abruzzo), che nel 1950 aveva dato alle stampe una raccolta di gustosi racconti popolari ambientata in Abruzzo, Dio semina gli uominiComencini e Margadonna si recarono anche Palena per capire se il film potesse essere ambientato in quel paese; ben presto però si resero conto che le riprese sarebbero state disturbate dai lavori di ricostruzione e di rimodernamento del paese. Nemmeno Civitella Messer Raimondo, a pochi chilometri da Palena, venne ritenuta adatta. Così si optò per girare il film a Castel San Pietro Romano, paesino laziale non troppo lontano da Roma, che dal 2018 ha come prima cittadina onoraria proprio Gina Lollobrigida. 

Per il celebre copione di Pane, amore e fantasia Margadonna si ispirò ai ricordi degli uomini e delle donne di Palena: il prete, il sindaco, il maresciallo e un corteo di uomini curiosi e donne pettegole, tutte figure che ritornano nel film. Anche il personaggio della bersagliera, interpretato da una promettente Gina Lollobrigida, è veramente esistito: era “Lucietta bella”, ossia Lucia Travaglini, una bellissima giovane di Palena, che ammaliava tutti gli abitanti del paese. Lucia poi sposò un uomo di Palena ed insieme emigrarono, come tanti abruzzesi, in America; qui ha avuto un figlio, che è stato anche un celebre cantante americano, Perry (Pierino) Como.

Il film si rivelò da subito un vero successo, accolto trionfalmente dal pubblico e dalla critica. L’esperienza e la sensibilità del mondo contadino, l’incontro tra dialetti e realtà differenti, la miseria in cui viveva gran parte del popolo, tutto questo ha affascinato quell’Italia che, dopo il fascismo e la guerra, provava a fare i conti con una realtà tutta da ricostruire. E così in Gina Lollobrigida, nei suoi vestiti laceri e in quei piedi che correvano nudi sul terreno e sulle pietre, la società di allora poteva riconoscersi, soprattutto la parte femminile, che cominciava proprio in quel momento a prender in mano le sorti del proprio destino. Quel ruolo nel film la consacrò definitivamente come star indiscussa e da allora fino alla morte la Lollo, come veniva chiamata affettuosamente, sarebbe stata un’icona del neorealismo italiano che arrivò a conquistare Hollywood.

Da: laquilablog.it


Ettore Maria Margadonna

7 dicembre 2020

Elisabetta Mancinelli, Il presepio, la sua storia e il culto dei santi bambini in Abruzzo.

di Elisabetta Mancinelli

La storia

Il presepio o presepe (= davanti alla siepe che racchiudeva le bestie, quindi stazzo, stalla) è la figurazione scenica della nascita di Gesù. Questa tradizione ha un’origine antichissima e si rifà alle drammatizzazioni liturgiche come le sequenze e le laudi che già nel Medioevo arricchivano le celebrazioni natalizie. L’introduzione del presepe, come tradizione natalizia ufficiale, si fa risalire a San Francesco d’Assisi il quale, dopo essere stato in Terra Santa e aver visto coi propri occhi la grotta di Betlemme, giunto a Greccio chiese ed ottenne dal papa Onorio III l’autorizzazione a celebrare la messa di Natale in una grotta e con l’aiuto del nobile signore di Greccio Giovanni Velta regalò all'umanità il primo presepe della storia. Era il Natale del 1223. I Frati minori diffusero dovunque per il mondo questa sacra rappresentazione.

Il presepio in terra d'Abruzzo

In Abruzzo la figurazione scenica della natività di Cristo, arricchita da centinaia di figure che si ambientano in località tipiche, probabilmente trae origine dai culti preromani, soprattutto etruschi, come il culto della “grotta” che rientra nelle “civiltà della madre”. Nelle caratteristiche costruzioni dei presepi che avvengono non solo nei luoghi religiosi ma anche nelle case singole, i personaggi non sono soltanto il Bambinello, la Vergine, San Giuseppe, i Magi, il bue, l’asino, gli angeli, ma anche quelli che rappresentano il mondo agro-pastorale della regione e gli antichi mestieri.
In Abruzzo la tradizione presepiale ha messo profonde radici. E’ difficile rintracciarne le origini ma i documenti più antichi risalgono al XV secolo. Nella regione questa antica rappresentazione scenica della nascita di Gesù ha messo radici profonde probabilmente per la particolare conformazione del territorio che, con i suoi monti, le sue valli, le sue tradizioni pastorali e i centri abitati spesso arroccati sulle montagne e sulle colline, appare esso stesso come un presepe.
Dove non si poteva realizzare il presepio con i personaggi principali ,ci si limitava all'immagine del Santo Bambino posta nel punto più visibile. Ogni chiesa anche la più sperduta e povera aveva il suo Bambinello lavorato in cera o col gesso o scolpito in legno. Un Natale senza l’effigie di Gesù bambino non sarebbe stato più Natale per gli abruzzesi, perciò sull'altare maggiore di ogni chiesa c’era una cuna in cui giaceva tra luci e fiori il Bambino o del tutto ignudo o rivestito di seriche vesti. 

Il Santo Bambino e la devozione in Abruzzo


Particolarmente legate al culto del Bambino Gesù sono delle statuette che lo raffigurano in fasce, con tessuti pregiati, talvolta disteso, altre volte in piedi e benedicente con la corona. Si tratta di effigi dei Santi Bambini che i missionari in Terra Santa riportavano da lì al ritorno nei luoghi d'origine. Esse divennero subito immagini veneratissime dalla popolazione, alle quali si attribuivano speciali poteri taumaturgici e il ruolo di protettori della comunità, proprio per la loro provenienza Gerusalemme e Betlemme. 
Il più famoso è il Bambino della chiesa di Santa Maria d'Aracoeli a Roma del XV secolo, che tuttavia è una copia, essendo stato rubato l'originale dal 1994, il cui legno proverrebbe addirittura dal Getsemani. Molti altri se ne diffusero nel periodo compreso tra Seicento e Ottocento, e proprio al XVIII secolo si datano i "Santi Bambini" abruzzesi.
Fra i tanti Bambinelli che venivano esposti nel corso degli anni a Natale all’adorazione dei fedeli nelle chiese della regione, ne rimangono solo quattro che si distinguono per origine, fattura e grande valore storico-artistico. Essi sono il Santo Bambino di Calascio conservato nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, il Santo Bambino di Lama dei Peligni nella chiesa di San Nicola, il Bambino di Palena venerato nella Chiesa di Sant’Antonio e il Bambino di Bisenti conservato nella Parrocchiale. 
Le quattro statuine hanno una caratteristica in comune: provengono, secondo antichi documenti, direttamente dalla Terra Santa.