Jack Sparrow? Non andate nei Caraibi. I Pirati sono in Abruzzo e dominarono l’Adriatico. Sono gli “Uscocchi” amati anche da D’Annunzio
Le loro vicende si collocano all’interno delle grandi lotte per il potere tra l’Impero ottomano, la Repubblica di Venezia e l’Impero degli Asburgo. Quale sia la derivazione del loro nome rimane un mistero ancora insoluto, si sa solamente che menavano come fabbri! Vocabolari ed enciclopedie fanno discendere l’etimo dal serbo-croato uskok, “fuggiasco”, che nel tempo è servito per indicare anche i “profughi”, “migranti”, “predatori”, “assalitori”, “disertori”, “ribelli”, “guerrieri” e “pirati”. Erano cristiani e furono il primo baluardo contro l’avanzata turca.
Un po’ di confusione
Furono paragonati e confusi con gli aiduchi, che animarono la resistenza interna dell’Impero turco. La parola “aiduco” origina dall’arabo haydud, cioè “brigante”. Questa sorta di partigiani vivevano nei boschi e compivano le loro rapinose gesta lungo la Stambujol, la via imperiale che da Belgrado, passando per Nis e Sofia, conduceva a Istanbul. Gli Uscocchi, a differenza di questi, non battevano le strade e tanto meno vivevano nei boschi. Il loro territorio era l’Adriatico.
Pirateggiavano il mare con delle piccole barche, le ormanice. Erano lunghe dai 10 ai 13 metri e potevano contenere dalle 20 alle 30 persone. Lo scafo era rosso nella parte che emergeva e nero al di sotto della linea di galleggiamento a simboleggiare il sangue e la morte. Siccome non issavano bandiere col teschio e tibie incrociate in questo modo erano riconoscibili. Le loro forze navali si raggruppavano in “ceta”, una sorta di formazione militare, guidate da un vojvoda.
PIRATI E CORSARI
Volete conoscerne la differenza? No? Saltate questo paragrafo. Il termine Pirata indica l’attività dei marinai che depredano o affondano le altre navi in alto mare, sia nei porti, che sui fiumi. Il Corsaro, invece, era una persona al servizio di un governo. Cedeva a questi parte del bottino, ottenendo in cambio lo status di combattente. Lo stato gli consegnava una lettera (lettera di corsa) e la sua bandiera: insomma una sorta di patente. Protetto, in questo modo, poteva rapinare le navi mercantili nemiche e uccidere solo in combattimento. Alla fine della fiera, la differenza fondamentale tra pirati e corsari è che al momento della cattura i corsari erano considerati prigionieri di guerra e i pirati, invece, giustiziati là per là. Ma veniamo a tempi più recenti.
GLI USCOCCHI PIRATI ABRUZZESI
Siamo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. I Balcani vedono l’occupazione degli Ottomani e molti cominciano a scappare. Alcuni arrivano in Dalmazia ed altri, attraversato l’Adriatico, si stabiliscono in Abruzzo e in Molise. Trovano rifugio a Lanciano, Santa Maria Imbaro e pure nel Teramano per cui, attenzione, nel sangue degli abruzzesi non scorre solo quello dei placidi pastori “che lascian gli stazzi e vanno verso il mare” ma anche quello di temibili pirati e non siamo ai Caraibi!
Dopo una ottantina d’anni di profitti i nostri uscocchi si posero sotto la protezione del duca d’Ossuna che conferì loro patenti per potersi aggirare liberamente nel Regno di Napoli. Da pirati erano diventati corsari con grande preoccupazione del confinante Stato Pontificio.
Pensate che il cognome Scocco risale al croato uskok, “transfuga” o meglio, “popolazione in fuga”. Scappando dai Turchi li ritroviamo soprattutto a Francavilla, Chieti e Penne. Considerando che esistono, in quei luoghi, molte famiglie distinte da questo cognome è lecito ritenere che diversi Uscocchi s’insediarono nell’entroterra e trovarono occupazione nell’agricoltura.
USCOCCHI E D’ANNUNZIO
Ma gli uscocchi li rivedremo, sempre pirati, in tempi più moderni. Dopo l’impresa di Fiume ad opera di D’Annunzio, la “Reggenza del Carnaro” dalle vedute alternative se la passava maluccio e di che cibarsi manco a parlarne. C’era il blocco navale e terrestre imposto a Fiume e la popolazione, quanto a fame ne aveva di che vendere.
Pirati all’opera
Il primo bastimento dirottato a Fiume dai novelli pirati fu il “Persia” nell’ottobre del 1919; portava un carico di armi destinato alla Russia. Il piroscafo, svuotato, fu restituito dietro riscatto di 12 milioni di lire rastrellate da alcuni imprenditori capeggiati dal senatore Borletti, proprietario della “Rinascente” e amico del Poeta.
Il cacciatorpediniere “Bertani” fece seguito al Persia e successivamente i mercantili “Baron Fejervary” battente bandiera ungherese, “Trapani” e “Cogne”. Quest’ultimo, dal nome salito tristemente agli onori della ribalta a causa di un ripugnante omicidio, era di proprietà della società di navigazione Ansaldo di Genova. Trasportava materiale il cui valore si aggirava sui 200 milioni di lire da consegnare in Argentina. Ci pensarono gli italici “uscocchi” a dirottarlo a Fiume nell’ottobre del 1920. Stavolta i pirati Fiumani restituirono anche il carico della nave non prima di aver ricevuto in cambio un cospicuo riscatto.
CURIOSITÀ
Nell’aprile del 1920 i nostri “prelevarono abusivamente” una cinquantina di cavalli da tiro del Regio Esercito. Le autorità militari italiane minacciarono di ricorrere a una pesante rappresaglia ottenendo, così, la restituzione degli animali. Oddio non proprio quelli: si videro recapitare altrettanti ronzini malandati e magrissimi buoni nemmeno per il brodo.
Non paghi i D’Annunziani uscocchi catturarono un generale italiano, Arturo Nigra, comandante della Quarantacinquesima divisione. Smaltita la brutta figura, l’esercito italiano riebbe indietro l’ufficiale ma solo dopo che costui ebbe rilasciato dichiarazioni di apprezzamento per i suoi rapitori e di ammirazione per D’Annunzio.
PIRATI GENTILUOMINI
I Fiumani requisivano per lo più materiali di proprietà del governo italiano. Restituivano o rifondevano attentamente quanto apparteneva ai privati. Vigilava sulla correttezza dell’ ”opera” il “dittatore ai viveri”, colonnello Vittorio Margonari responsabile dei servizi di commissariato e contabilità della Reggenza. Si autodefiniva, con ironia, “il ricettatore Margonari”. A partire dal gennaio 1921, terminata l’impresa fiumana e con il ritiro del “Grande Uscocco” D’Annunzio (così lo chiamavano i legionari) non si sentì più parlare di pirateria “made in Italy”.
PER TERMINARE
Alzate le vele corsari d’Abruzzo, issate il Jolly Roger e fate rotta qui la prossima settimana. Vi aspetto seduto su una cassa di Rum con una bottiglia in mano assieme ai corsari di questo giornale. All’arrembaggio e buon anno!!!
Da: espressione24.it
Per approfondimenti: Tremitiogeniusloci.it
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