Costantino Di Sante
Dall’internamento alla deportazione
I campi di concentramento in Abruzzo (1940-1944)
Indice
- 1.1. Le prime disposizioni del regime fascista
- 1.2. Il primo campo di concentramento
- 1.3. L’applicazione delle norme di sicurezza
- 1.4. Le disposizioni contro gli ebrei
- 1.5. L’internamento nell’organizzazione della
nazione alla guerra
- 1.6. L’internamento e le altre forme di
repressione
- 1.7. Prescrizioni per i campi di concentramento
- 1.8. I primi internati
- 1.9. Categorie di internati
- 1.10. I campi di concentramento in Italia
II. Abruzzo
regione d’internamento
- 2.1. Località di internamento e campi di
concentramento in Abruzzo
- 2.2. L’istituzione dei campi di concentramento
- 2.3. Casoli, il campo per gli ebrei
- 2.4. Il campo di concentramento nell’asilo
infantile "Principessa di Piemonte" a Chieti
- 2.5. Il campo per gli italiani
"pericolosi" di Istonio Marina (Vasto)
- 2.6. Il campo di smistamento di Lama dei Peligni
- 2.7. Il campo femminile di Lanciano
- 2.8. Tollo, il campo per i comunisti Jugoslavi
- 2.9. L’unico campo in provincia di Pescara a
Città S.Angelo.
- 2.10. Il campo di concentramento nella città
fortezza di Civitella del Tronto
- 2.11. Il campo di concentramento nella Badia
Celestina di Corropoli
- 2.12. I cinesi internati nella Basilica di
S.Gabriele a Isola del Gran Sasso
- 2.13. I campo di concentramento di Nereto
- 2.14. I campo di concentramento di Notaresco
- 2.15. I campi di concentramento di Tortoreto
Stazione (Alba Adriatica) e Tortoreto Alto
- 2.16. Gli zingari internati nel campo di
concentramento di Tossicia
III. La
gestione e la vita nei campi di concentramento
- 3.1. Direzione e vigilanza dei campi di
concentramento
- 3.2. L’alimentazione
- 3.3. Sussidi e assistenza
- 3.4. Condizioni igieniche e sanitarie
- 3.5. Corrispondenze Postali
- 3.6. Lavoro e tempo libero
- 3.7. Sovraffollamento e spostamenti
- 4.1. Gli internati e i campi di concentramento
durante i quarantacinque giorni
- 4.2. I campi di concentramento dopo l’8 settembre
- 4.3. La persecuzione degli ebrei e le
"anticamere dello sterminio"
- 4.4. L’occupazione tedesca, gli internati e i
campi di concentramento abruzzesi
- 4.5. Il Konzentrationlager di Teramo
- 4.6. Il contributo alla resistenza degli
internati
- 4.7. Dalla deportazione alla liberazione
Bibliografia (non fornita dall'Autore)
Introduzione: nell’introduzione si chiarisce il
significato dell’internamento e dei campi di concentramento fascisti e gli
obiettivi che la tesi vuole raggiungere.
Capitolo I: il primo capitolo è una
ricostruzione storico-giuridica dell’internamento. Nel primo paragrafo si
analizza la fase organizzativa, prima dell’entrata in guerra dell’Italia,
riportando le principali normative che disciplinarono l’apertura dei campi di
concentramento. Nel secondo paragrafo si prende in considerazione le due forme
di internamento attuate dal regime fascista e di come vennero applicate in
Abruzzo.
Capitolo II: nel primo paragrafo viene riportata
una cartina dei campi di concentramento in Abruzzo e per ogni campo la prassi
seguita per la sua istituzione e le opere realizzate per renderlo operativo.
Il secondo paragrafo è costituito
prevalentemente dagli elenchi degli internati nei singoli campi abruzzesi
distinti per nazionalità, sesso, data dell’internamento e dove è riportato il
motivo dell’internamento.
Capitolo III: in questo capitolo si riportano le
varie condizioni di vita degli internati nei campi abruzzesi e come erano
gestiti.
Il primo paragrafo oltre a
riportare un elenco dei vari direttori dei campi definisce anche le loro
competenze, lo stipendio che ricevevano, le rimozioni e dove ci sono i verbali
delle ispezioni ministeriali e della Croce Rossa Italiana.
Nel secondo paragrafo vengono
riportate le condizioni di vita degli internati, gli episodi di carenza
alimentare e igienica e le restrizioni alle quali erano sottoposti.
Il terzo paragrafo ricostruisce,
oltre ai vari casi di evasione avvenuti nei campi di concentramento abruzzesi,
anche i trasferimenti di internati per motivi di sovraffollamento e quelli
rimessi in libertà per l’atto di clemenza di Mussolini nell’ottobre del 1942
per il ventennale della marcia su Roma.
Capitolo IV: nel primo paragrafo viene riportata
la situazione dei campi abruzzesi, ancora funzionanti, durante l’occupazione
tedesca.
Il secondo paragrafo è dedicato
all’ultimo campo di concentramento istituito in Abruzzo e alle differenze che
lo contraddistinsero rispetto agli altri campi.
Nel terzo paragrafo viene
riportato l’elenco degli internati del campo di Teramo con il motivo del loro
internamento e la situazione igienico sanitaria del campo.
Nel quarto paragrafo, le ultime
disposizioni prese nei confronti degli internati e quando e come avvenne la
liberazione dei campi nella primavera del 1944.
Conclusioni
Nell’appendice vengono riportati alcuni documenti
che riguardano i campi di concentramento abruzzesi.
La bibliografia oltre a riportare i testi di
riferimento conterrà un indice analitico dei vari fondi dell’Archivio Centrale
dello Stato sull’internamento.
"l’internamento degli ebrei
rappresentò la premessa
organizzativa essenziale
per la deportazione del
1944"
LUTZ KLINKHAMMER
L’internamento, secondo il
diritto internazionale, è una misura restrittiva della libertà personale, che
tutti gli Stati hanno il potere di applicare in caso di guerra. Non essendo
regolato da particolari accordi, ci si attiene alla convenzione sul trattamento
dei prigionieri di guerra siglato a Ginevra nel 1929.
La sua applicazione prevede
l’allontanamento di cittadini di Stati nemici o anche dei propri, dalle zone di
guerra all’interno dello Stato in località militarmente meno importanti. In
questo modo si facilitano i controlli e la sorveglianza nei confronti di quelle
categorie ritenute pericolose durante le operazioni belliche.
L’internamento di civili venne
utilizzato, per la prima volta, durante la seconda guerra boera (1900-1902), da
lord Kitchener, che rinchiuse in campi di concentramento i familiari dei Boeri
per fiaccarne la resistenza. Nella prima guerra mondiale, quasi tutte le
nazioni internarono la popolazione civile sospetta, ma è nella seconda guerra
mondiale che l’internamento venne ampiamente utilizzato, soprattutto dagli
Stati totalitari, come un mezzo per eliminare tutti coloro che, per motivi di
razza o di fede politica, erano ritenuti pericolosi.
Il regime fascista predispose due
forme d’internamento quello "libero", cioè in comuni diversi dalla
residenza abituale, e quello nei campi di concentramento.
L’internamento venne utilizzato
anche come mezzo per annientare gli avversari politici, diventando, insieme a
quelli già utilizzati, come la diffida, l’ammonizione, il confino e il tribunale
speciale, un altro strumento di repressione del regime fascista.
Il ministero dell’Interno diresse
la fase organizzativa mantenendo una stretta corrispondenza con i Prefetti che
indicarono i luoghi adatti all’istituzione dei campi e i comuni per il soggiorno
coatto. Prevalentemente vennero scelte località dell’Italia centro meridionale,
perché erano ritenute militarmente meno importanti e quindi difficilmente
interessate dagli eventi bellici. Nella scelta del luogo influirono anche altri
elementi, come: l’impervietà dei luoghi, la scarsa concentrazione abitativa e
la minore politicizzazione della popolazione.
L’Abruzzo, le Marche e il Molise
rappresentavano le regioni, che, più delle altre, avevano queste
caratteristiche. Infatti, dei circa 40 campi istituiti nei primi mesi di
guerra, ben 22 si trovavano in queste regioni e numerose erano le località per
l’internamento "libero".
Per i campi vennero utilizzati
edifici già esistenti, di proprietà demaniale o, in mancanza di essi, presi in
affitto, come, ad esempio, ville, capannoni, fattorie, castelli disabitati,
conventi, scuole, ex carceri e caserme. Gli internati "liberi"
vennero invece sistemati in pensioni o in camere ammobiliate.
Il 1° giugno 1940 il ministero
dell’Interno inviò alle prefetture una circolare telegrafica che riassumeva le
norme sull’internamento: "Appena dichiarato lo stato di guerra, dovranno
essere arrestate e tradotte in carcere le persone pericolosissime sia italiane
che straniere di qualsiasi razza, capaci di turbare l’ordine pubblico e
commettere sabotaggi o attentati, nonché le persone italiane e straniere
segnalate dai centri di controspionaggio per l’immediato internamento".
Con l’entrata in guerra
dell’Italia, il 10 giugno 1940, ci furono i primi arresti, e nei giorni
successivi i trasferimenti nelle località d’internamento.
La maggior parte degli internati
nei campi era rappresentata da irredentisti slavi della Venezia Giulia e
dell’Istria, da ebrei, in prevalenza tedeschi, da polacchi, jugoslavi, greci,
inglesi, indiani, libici, cinesi, da apolidi, da zingari di nazionalità slava
e, per finire, dagli antifascisti italiani.
Le loro condizioni furono diverse
a seconda della dislocazione dei campi, dell’atteggiamento dei direttori e dei
rapporti con la popolazione locale.
Solo da pochi anni sono stati
fatti studi sull’internamento e solo per alcuni campi di concentramento sono
state condotte ricerche specifiche. Mentre dei lager tedeschi
si conosce quasi tutto, riguardo ai campi di concentramento italiani ancora non
si riesce a stabilire quanti erano, come erano organizzati, dove erano situati,
chi vi era internato e quali erano le loro condizioni di vita.
I motivi di questa dimenticanza
storica sono da attribuire, oltre che alla confusione e alla labilità delle
fonti, al fatto che gli storici hanno ritenuto di poco conto l’approfondimento
di questa forma di repressione del regime fascista, perché l’internamento è
stato, generalmente, considerato come una conseguenza delle misure legislative
di uno Stato in guerra. Eppure furono decine di migliaia gli internati e per
circa 20.000 di essi è conservato un fascicolo personale nell’Archivio Centrale
dello Stato.
Oggetto della presente ricerca
sono i campi di concentramento in Abruzzo durante la seconda guerra mondiale e
il loro ruolo nell’ambito della politica dell’internamento attuata dal regime
fascista e dalla Repubblica Sociale Italiana. Viene analizzata, inoltre, la
vita degli internati all’interno dei campi fino alla loro deportazione durante
l’occupazione tedesca.
Se si esclude una documentazione
di base fornita da Italia Iacoponi, per alcuni dei campi della provincia di
Teramo, questa rappresenta la prima ricerca che analizza i campi di
concentramento presenti nell’intera regione. Ricerca che si è basata
prevalentemente sulla documentazione dell’Archivio Centrale dello Stato, e che
ha permesso di approfondire il quadro complessivo dell’internamento in Abruzzo.
Ringrazio Paola e Lucia per i
loro preziosi suggerimenti, Renata, Rika e Lorenzo per il loro supporto
tecnico, mia madre per avermi dato la possibilità di studiare e il compagno
Giampiero con il quale ho condiviso gran parte della mia esperienza
universitaria.
Capitolo I
Attraverso l’internamento civile,
come già accennato, in caso di guerra, tutte le nazioni controllano i cittadini
dei paesi nemici presenti sul proprio territorio e determinate categorie di
connazionali. In questo modo, nell’interesse della sicurezza militare e di
quella interna, prevengono azioni di sabotaggio, spionaggio e la diffusione di
propaganda politica sgradita.
La prima applicazione di questo
provvedimento, in Italia, avvenne durante la prima guerra mondiale, nei
confronti dei sudditi austroungarici che furono internati in Sardegna. Il
medesimo provvedimento fu adottato anche per gli italiani sospettati di
spionaggio o schedati dalla polizia (anarchici, socialisti rivoluzionari e
antimilitaristi) o accusati di propaganda antipatriottica. L’internamento,
allora, non consisteva nella restrizione in un campo di concentramento, ma
nell’obbligo di soggiornare in determinate località lontane dalle zone di
guerra.
Con l’avvento del fascismo,
l’istituto dell’internamento venne perfezionato e le norme che lo
regolamentavano aggiornate. La parte maggiormente ampliata, fu quella che
prevedeva l’applicazione nei confronti di cittadini italiani pericolosi per il
regime. La sua applicazione, dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, venne
realizzata, non in base a leggi organiche, ma unicamente in base a semplici
note e circolari, rendendo l’internamento un altro mezzo dell’apparato
repressivo fascista.
1.1. Le prime disposizioni del
regime fascista.
L’8 giugno 1925, con
l’approvazione del piano di mobilitazione generale, da adottarsi in Italia in
caso di guerra, vennero introdotte le prime disposizioni di carattere interno
per regolare l’applicazione dell’internamento.
Ma fu tra il 1930 e il 1940 che
si definì una normativa precisa sull’argomento. Nel 1930 il ministero della
guerra iniziò il lavoro preparatorio dei provvedimenti da adottarsi nei confronti
di italiani e stranieri ritenuti pericolosi nelle contingenze belliche.
Il 6 marzo 1932, con nota n.
442/2401, venne emanata, da parte del ministero dell’Interno, la circolare
relativa ai "servizi straordinari di vigilanza e prevenzione"; questa
rimase il punto di riferimento per tutte le misure di vigilanza che sarebbero
state adottate negli anni successivi e durante la guerra. Nell’ottobre del
1935, furono definiti i provvedimenti circa l’internamento. Venne istituito lo
"Schedario M", che comprendeva: schede di colore diverso per gli
italiani e gli stranieri, la scheda personale, la cartella personale, la
cartella biografica, il fascicolo personale e una rubrica alfabetica degli
agenti italiani o stranieri accertati, sospetti o presunti di spionaggio. In
ogni prefettura era attivato il servizio schedario con i nomi delle persone da
arrestare in caso di guerra e le questure avevano il compito di aggiornarli e
di tenere sotto controllo tutte le categorie di persone "sospette in linea
politica". Il coordinamento del servizio schedario veniva gestito dal
Ministero dell’Interno e faceva capo al Casellario politico centrale.
Il 21 gennaio 1936, in una
circolare diretta a tutti i prefetti e al questore di Roma, il ministero
dell’Interno sollecitava:
la regolarizzazione degli elenchi
delle persone da arrestare in determinate contingenze[...]. Si assicurino che i
citati elenchi siano tenuti sempre aggiornati, in modo che si possa in
qualunque evenienza, provvedere senza alcun indugio, nei confronti degli individui
di che trattasi.
Erano da considerarsi pericolosi:
italiani e stranieri agenti accertati e sospetti di spionaggio, italiani e
stranieri indiziati come agenti internazionali di spionaggio o provocatori al
servizio di altre nazioni e infine italiani e stranieri ritenuti capaci di
esercitare propaganda anti-italiana o comunque di arrecare danno alle forze
armate.
Le persone che rientravano in
queste categorie potevano essere arrestate o internate e per gli stranieri era
prevista, inoltre, l’espulsione.
1.2. Il primo campo di
concentramento.
Per quanto riguarda
l’allestimento dei campi di concentramento, fin dal 1933-1934 la direzione di
Pubblica Sicurezza aveva dato l’incarico all’ispettore di PS, Ercole Conti, di
ricercare delle località adatte.
L’ispettore Conti, tramite una
fitta corrispondenza con prefetti e questori, prevalentemente nell’Italia
centrale e meridionale, cercò di individuare luoghi idonei per dislocare i
campi di concentramento.
I prefetti dovevano segnalare,
fin dove era possibile, località in cui erano presenti edifici da poter
utilizzare ai fini dell’internamento: capannoni, castelli e ville disabitate,
ex carceri e caserme, conventi, fattorie ecc. di proprietà demaniale o
altrimenti, da prendere in affitto. Si richiedeva, anche, di individuare e
segnalare comuni nei quali potessero andare a stabilirsi i soggetti destinati
all’internamento "libero". La scelta delle località si basava su
determinate prerogative: la scarsa concentrazione abitativa, la minore
politicizzazione degli abitanti, la poca importanza dal punto di vista militare
e la lontananza dalle principali vie di comunicazione.
Nel maggio del 1936, il ministero
della Guerra stabilì, in una nota della circolare n. 441/0407, un ulteriore
aggiornamento sui criteri per l’istituzione dei campi di concentramento e su
quali elementi internare. In particolare si prevedeva:
1) che le località da adibirsi a
campi di concentramento per gli individui in oggetto dovessero essere
preferibilmente scelte nelle provincie di Perugia, Macerata, Ascoli Piceno,
Aquila, Avellino;
2) che fosse preferibile e
sufficiente provvedere, almeno per il momento, che la costituzione di un numero
limitato di campi (complessivamente tre) nei quali concentrare: a) i sospetti
politici già confinati; b) i sospetti politici "da fermare"; c) gli
elementi di accertata attività informativa militare. Proponeva inoltre che ogni
campo ospitasse al massimo mille, mille e cinquecento persone e che
l’alloggiamento non fosse difficoltoso.
I lavori per la costituzione del
primo campo iniziarono, nel 1938, a Pisticci in provincia di Matera, dove
furono inviati dei confinati politici per bonificare il territorio.
1.3. L’applicazione delle
norme di sicurezza.
In occasione del viaggio di
Hitler in Italia, 3-9 maggio, 1938, vennero applicate le disposizioni di
sicurezza e di controllo predisposte negli anni precedenti. Numerosi stranieri,
soprattutto ebrei tedeschi, austriaci e polacchi emigrati in Italia dopo il
1933, furono arrestati o sorvegliati dalla polizia italiana con la collaborazione
della Gestapo.
Due mesi dopo, con regio decreto,
8 luglio 1938, vennero promulgate le norme che disciplinavano l’applicazione
dell’internamento nei confronti degli stranieri presenti in Italia e, all’art.
284, prevedeva che "il Ministero dell’Interno, con suo decreto può
disporre l’internamento dei sudditi nemici atti a portare le armi o che
comunque possano svolgere attività dannosa per lo Stato" .
Prima dell’inizio del secondo
conflitto mondiale, furono infine emanate le disposizioni che riguardavano i
"provvedimenti da adottarsi nei confronti degli stranieri in previsione
eventuale stato di emergenza" , e
istituite cinque zone per l’internamento, rette da ispettori di P.S..
1.4. Le disposizioni contro
gli ebrei.
Nello stesso periodo, settembre
1939, si predisposero, per quanto riguarda l’internamento, i primi
"provvedimenti da adottare nei confronti di elementi ebraici" ,
Il 20 maggio 1940, con un
telegramma n. 443/35615, del ministero dell’interno ai prefetti, si ebbe il
primo provvedimento nei confronti degli ebrei stranieri.
Il 26 maggio, in una
corrispondenza tra il ministero dell’Interno con il ministero degli Affari
Esteri, si proponeva che "gli ebrei stranieri residenti in Italia o
precisamente quelli che vi sono venuti con pretesti, inganno o mezzi illeciti,
dovessero essere considerati appartenenti a Stati nemici". La richiesta
venne accolta dal ministero degli Affari Esteri, ma con l’esclusione, per
evitare complicazioni diplomatiche, degli ebrei appartenenti a stati neutrali.
Con l’attuazione di queste
direttive, anche gli ebrei stranieri appartenenti ai paesi dell’Asse (Roma -
Berlino), che negli anni precedenti, avevano trovato rifugio in Italia dalla
politica razziale attuata dai tedeschi, venivano sottoposti alle misure di
internamento, modificando il principio, previsto fino a quel momento, secondo
il quale l’internamento avrebbe dovuto comprendere soltanto gli ebrei
appartenenti a stati nemici.
Così l’internamento, che
all’origine non era un provvedimento antisemita, entrò a far parte della
politica razziale del fascismo. La legislazione razziale, che era stata emanata
in Italia nell’autunno del 1938, prevedeva che per gli ebrei stranieri entrati
nel regno posteriormente al 1° gennaio 1919 dovessero lasciare il paese entro
sei mesi, pena l’espulsione .
Non tutti gli ebrei riuscirono a
lasciare l’Italia, e, siccome non c’era nessun provvedimento che bloccasse
completamente l’ingresso alla frontiera, ne arrivarono altri dal nord-est
Europa.
Quando l’Italia entrò in guerra
circa 3.800 ebrei stranieri erano sottoposti a provvedimento di internamento.
Il 26 maggio, in una
comunicazione del sottosegretario di stato per l’Interno, Guido Buffarini
Guidi, al capo della polizia, Arturo Bocchini, si diceva: "Il DUCE
desidera che si preparino dei campi di concentramento anche per gli ebrei, in
caso di guerra" .
Verso la fine di maggio, il
ministero dell’Interno inviò alle prefetture due circolari in cui si
sollecitava l’invio di "elenchi di ebrei italiani pericolosi da
internare" .
Il 6 giugno 1940, il ministero
dell’Interno inviò un dispaccio telegrafico ai prefetti e al questore di Roma,
nel quale si comunicava: "pericolosità ebrei italiani da internare deve
essere esaminata anche nei riguardi loro capacità propaganda disfattista et
attività spionistica".
Il 15 giugno 1940, il ministero
dell’Interno inviò ai prefetti l’ordine di arresto degli ebrei stranieri, nel
telegramma si afferma:
Appena vi sarà posto nelle
carceri ciò che dovrà ottenersi sollecitando traduzione straordinaria individui
già arrestati ai campi di concentramento loro assegnati dovrà procedersi
rastrellamento ebrei stranieri appartenenti a Stati che fanno politica
razziale. Detti elementi indesiderabili imbevuti di odio verso i regimi
totalitari, capaci di qualsiasi azione deleteria per la difesa dello Stato et
ordine pubblico vanno tolti subito dalla circolazione. Dovranno pertanto essere
arrestati ebrei stranieri tedeschi, ex cecoslovacchi, polacchi, apolidi
dall’età di diciotto a settanta anni. Di essi dovrà essere inviato Ministero elenco
con generalità per assegnazione campi concentramento. Loro famiglie in attesa
di apprestamento appositi campi di concentramento già in allestimento dovranno
essere provvisoriamente avviate con foglio di via obbligatorio at capoluoghi di
Provincia che mi riservo indicare non appena mi saranno pervenuti elenchi
relativi. Ebrei ungheresi et rumeni dovranno essere allontanati dal Regno; nei
casi in cui ciò non fosse possibile prego informare questo Ministero per
determinazioni.
Il 14 gennaio 1941, in un telegramma
di Guido Buffarini, si invitava i prefetti a continuare ad applicare le
disposizioni contro gli ebrei, in quanto "ancora una volta hanno
dimostrato la loro più ottusa incomprensione di fronte agli eventi politici e
storici in corso rivelandosi costituzionalmente avversi ad ogni sentimento
nazionale", e, a inviare, celermente, nei campi di concentramento
"gli elementi ebraici che più danno luogo a sospetti con i loro sentimenti
e la loro condotta".
1.5. L’internamento
nell’organizzazione della nazione per la guerra. L’Ufficio Internati.
A pochi giorni dell’entrata in
guerra dell’Italia, con legge n. 415 del 21 maggio 1940, veniva resa operativa
l’organizzazione della nazione per la guerra e ai prefetti dell’Italia centrale
e meridionale, esclusa la Sicilia, veniva comunicato con telegramma n.
442/36838 del 25 maggio 1940:
In caso di emergenza Ministero
disporrà internamento in comuni Italia Centrale e Meridionale stranieri et
italiani che est necessario allontanare loro residenze. Detti individui nelle
nuove sedi vivranno per loro conto con obbligo non allontanarsene et di
presentarsi una volta al giorno autorità locali. Ciò premesso pregasi inviare
entro cinque giugno prossimo elenchi comuni cui internandi potranno essere
assegnati con numero persone che ad ognuno di essi potranno essere inviate. Est
opportuno nella scelta di tali comuni prendere accordi con locali centri C.S. .
Il 1° giugno 1940, con circolare
n. 442/38954, si emanarono norme sulla procedura da attuare nei confronti delle
persone da arrestare ed internare:
Perché non abbiano at verificarsi
inconvenienti di sorta et siavi unicità direttive circa persone da arrestare et
internare in caso di emergenza ritiensi opportuno impartire seguenti norme:
1) Appena dichiarato lo stato di
guerra dovranno essere arrestate et tradotte in carcere le persone
pericolosissime sia italiane che straniere di qualsiasi razza, capaci di
turbare ordine pubblico aut commettere sabotaggi attentati nonché le persone
italiane aut straniere segnalate dai centri C.S. per l’immediato arresto;
2) delle persone arrestate
dovranno essere segnalate telegraficamente numero Ministero inviando poi brevi
rapporti con indicazioni motivi che hanno provocato il fermo et parere circa
opportunità che siano destinati in un isola ovvero in campo di concentramento
oppure soltanto in comune di terraferma, tenendo presente che essendo i posti
nelle isole limitatissimi le relative proposte dovranno essere ristrette ai
casi reale effettiva necessità;
3) per le altre persone dovrà
essere provveduto volta per volta che se ne presenti la necessità segnalando i
casi con rapporto at questo Ministero per le determinazioni. Raccomandasi
vivamente che il servizio di cui trattasi proceda con massimo ordine e senza
destare allarmismi in modo da dare la sensazione che ogni provvedimento è
diretto a colpire casi isolati di effettiva pericolosità e non è la conseguenza
di preoccupazioni di ordine che non possano sussistere dato il clima fascista
della Nazione.
In base a questa circolare,
l’internamento venne applicato anche come misura preventiva di pubblica
sicurezza. Questo fu un modo estensivo di applicare la normativa
sull’internamento, andando a colpire persone, non in base alla loro
pericolosità durante l’evento bellico, ma perché contrarie al regime. Il 17
settembre 1940, la circolare del 1° giugno, venne convertita in legge, e,
nell’art. 1, si stabilì, che i provvedimenti previsti per i sudditi nemici
erano applicabili anche alle persone per le quali era prevista l’assegnazione
al confino di polizia ai sensi dell’art. 181 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza approvato con R.D. l’8 giugno 1931, n. 773.
Nell’ambito della direzione
generale della Pubblica Sicurezza, venne istituito l’Ufficio internati diviso
in due sezioni separate, una per gli internati civili pericolosi italiani,
l’altra per gli stranieri.
L’Ufficio internati era un organo
amministrativo con la competenza di adottare i provvedimenti dell’internamento
con l’assegnazione al campo di concentramento o alle località d’internamento.
Di sua competenza era anche la revoca di tali provvedimenti e la costituzione
dei fascicoli personali per gli internati. I fascicoli, per ogni internato,
dovevano contenere la sua corrispondenza, le domande di grazia, le concessione
dei sussidi, le richieste di autorizzazioni e il carteggio, effettuato con gli
organi locali (questure, prefetture, direzioni dei campi di concentramento).
In previsione del conflitto si
predisposero elenchi dei sovversivi di I° e II° categoria che comprendevano
cinque gruppi: 1) persone pericolosissime; 2) persone pericolose perché capaci
di turbare il tranquillo svolgimento di cerimonie; 3) persone pericolose in
caso di turbamento dell’ordine pubblico; 4) squilibrati mentali; 5) persone
pericolose per delitti comuni.
I fascicoli personali degli
italiani sottoposti al provvedimento dell’internamento furono classificati in
quattro categorie: A/C (ariani internati in campi di concentramento), A/I
(ariani internati in località di internamento), E/C (ebrei internati in campi di
concentramento), E/I (ebrei internati in località di internamento).
1.6. L’internamento e le altre
forme di repressione.
Le due forme di internamento, in
campi di concentramento e in località di internamento (in comuni), erano
differenziati, oltre che per i diversi sistemi di controllo e di restrizioni
della libertà personale, dai diversi criteri di assegnazione. Nei campi era
previsto l’internamento di coloro che erano ritenuti pericolosi, nei comuni gli
elementi meno pericolosi, mentre per i sospetti di spionaggio era previsto il
confino in località insulare.
L’assegnazione dell’internamento
nei comuni per motivi politici, poiché colpiva le stesse persone, era quasi
simile al confino di polizia, attuato anche esso in due modi: per i confinati
politici, "nei cui confronti concorrono speciali circostanze vagliate di
volta in volta", ritenuti i più pericolosi, venivano inviati nelle isole
di Favignana, Lampedusa, Lipari, Ponza, Ventotene, Tremiti e Ustica e nei campi
"di rigore", e quelli: "non pericolosi dal punto di vista
politico strettamente considerato erano assegnati in alcuni comuni delle
province meridionali e della Sardegna".
I due istituti sono
giuridicamente differenti, anche se numerosi antifascisti che si trovavano al
confino vennero trattenuti a fine pena come internati.
Durante la guerra, venne
preferibilmente usato l’internamento, per la sua procedura più rapida, pur se
la sua applicazione era prevista nei confronti di coloro che avessero recato o
tentato di arrecare danno ai particolari interessi della nazione in guerra. Anche gli antifascisti schedati, che avevano già subito la
condanna da parte del Tribunale Speciale, o, erano ex confinati, ex ammoniti,
ammoniti o semplicemente vecchi militanti di partiti dell’Italia prefascista,
vennero internati, sia perché ritenuti capaci, visti i precedenti, di
organizzare il malcontento e sia perché irriducibili nel loro antifascismo.
1.7. Prescrizioni per i campi
di concentramento.
Il ministero dell’Interno, l’8
giugno 1940, perfezionava il funzionamento dell’internamento inviando ai
prefetti e al questore di Roma le prescrizioni per i campi di concentramento e
per le località di internamento:
Perché non vi siano incertezze e
non abbiano a verificarsi disparità di trattamento si ritiene opportuno
impartire le seguenti disposizioni circa i campi di concentramento:
1°) il funzionario di P.S.
dirigente e dove non vi è funzionario il podestà, dovrà provvedere, a mano
amano che gli internati arrivano, a far impiantare i registri e i fascicoli
personali;
2°) il funzionario o chi per
esso, dovrà inoltre: a) stabilire il perimetro entro il quale gli internati
possono circolare; b) imporre loro, senza però rilasciare speciali carte di
permanenza, la prescrizione di non allontanarsi da detto perimetro; per
giustificati motivi le autorità locali potranno consentire agli internati di
recarsi in determinate località potranno consentire agli internati di recarsi
in determinate località dell’abitato. Il permesso di allontanarsi dall’abitato.
Il permesso di allontanarsi dall’abitato potrà invece essere concesso soltanto
dietro autorizzazione del ministero; c) imporre agli internati un orario con
divieto, salvo giustificati motivi o speciali autorizzazioni, di uscire prima
dell’alba e di rincasare dopo l’Ave Maria;
3°) dovranno essere fatti tre
appelli giornalieri degli internati, al mattino, a mezzogiorno ed alla sera; in
caso di constatata assenza dovrà darsene avviso telegraficamente alla Questura
competente che provvederà a diramare le ricerche informandone il Ministero;
4°) gli internati potranno
consumare i pasti in esercizi o presso famiglie private del posto, dietro
autorizzazione delle Autorità locali di cui al n. 1;
5°) gli internati sussidiati
potranno riunirsi in mense sia presso esercizi che presso famiglie private,
dietro autorità locali di cui al n. 1;
6°) gli internati hanno l’obbligo
di serbare buona condotta, non dar luogo a sospetti e mantenere contegno
disciplinato. I trasgressori saranno puniti a termine di legge o trasferiti in
colonie insulari, secondo quanto deciderà questo Ministero sulle proposte delle
Prefetture;
7°) le prescrizioni sopra
indicate non possono essere modificate senza l’autorizzazione del Ministero;
8°) agli internati bisognosi sarà
corrisposto la diaria di lire 6, 50;
9°) le spese per medicinali
comuni per i non abbienti saranno a carico del Ministero. Per l’acquisto di
specialità medicinali e per le cure sanitarie non urgenti per le quali sia
necessaria l’opera di uno specialista dovrà essere chiesta di volta in volta
l’autorizzazione al Ministero;
10°) qualora fossero necessari
interventi chirurgici urgenti gli interessati potranno essere ricoverati
nell’ospedale più vicino, dandone poi avviso al Ministero per la ratifica;
11°) per le spese relative alla
corresponsione degli assegni giornalieri, all’affitto dei locali, alla
manutenzione ordinaria e per tutte le altre spese di carattere fisso il
Ministero provvederà a creare uno speciale fondo presso ciascuna Prefettura. In
un primo tempo ed in attesa che detti accreditamenti siano fatti, i
prelevamenti dovranno essere fatti sui fondi in genere. Delle spese sostenute
dovrà essere inviato ogni mese dettagliato rendiconto al Ministero per la
ratifica;
12°) per le spese di carattere
fisso (affitto dei locali, assegni giornalieri, manutenzione ordinarie) per i
medicinali comuni per i non abbienti, le Prefetture preleveranno le somme
occorrenti dal fondo messo a tale scopo a loro disposizione; per tutte le altre
spese, invece, dovranno chiedere di volta in volta l’autorizzazione al
Ministero. Le parcelle dei sanitari prima di essere inviate al Ministero per
l’autorizzazione al pagamento dovranno essere sottoposte al visto del Medico
Provinciale;
13°) per il trasferimento o
l’accompagnamento degli internandi ai campi di concentramento e nelle altre
località di internamento le spese saranno in un primo tempo a carico delle
Prefetture in cui risiede l’internato; dette Prefetture provvederanno poi a
chiedere il rimborso delle spese alle Prefetture nella cui giurisdizione si
trovano il campo di concentramento o le località di internamento.
Il 25 giugno 1940, a guerra
iniziata, si impartirono ulteriori disposizioni, che riguardavano in modo più
specifico le prescrizioni nei confronti degli internati.
A queste disposizioni si
aggiungeranno, il 4 settembre 1940, quelle relative al trattamento dei sudditi
nemici internati, emanate, come era stato stabilito dall’art. 289 dal R.D.
dell’8 luglio 1938, da Mussolini. Il decreto si atteneva all’articolo 106,
relativo al trattamento dei prigionieri di guerra, e disponeva che gli
internati dovevano essere trattati con umanità e protetti contro ogni offesa e
violenza; se obbligati a soggiornare in una determinata località e privi di
mezzi di sostentamento, avevano diritto ad un alloggio gratuito e a un sussidio
giornaliero, potevano convivere con i loro familiari e gli internati ristretti
nei campi avevano la possibilità di uscire.
Il 17 settembre 1940, venne
emanato il decreto legge n. 2374, che apportava delle modifiche e aggiunte al
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931. Quest’ultimo decreto,
oltre a ribadire che l’internamento era di giurisdizione del ministero
dell’Interno, prevedeva che il trasferimento degli stranieri, da un comune
all’altro, doveva essere effettuato entro venti quattro ore.
1.8. I primi internati.
In un appunto del ministero
dell’Interno, del 31 maggio 1940, si dichiarava:
si sono già approntati campi di
concentramento per 4700 posti; entro i primi giorni del prossimo giugno ne
saranno allestiti altri i cui locali sono già stati predisposti.
Complessivamente saranno così disponibili campi di concentramento sufficienti
per internare 9.400 persone. Per far fronte a ulteriori necessità che in
seguito si potranno presentare, si è dato incarico alla ditta Parrini di
preparare i preventivi per la costruzione di altri due campi di concentramento
a baraccamenti in legno in provincia di Matera e di Cosenza per altri 5.000
internandi complessivamente.
Tutto era pronto affinché, appena
dichiarato lo stato di guerra, si potesse procedere nei confronti di quanti
ritenuti: "pericolosi nelle contingenze belliche". I primi arresti si
ebbero lo stesso 10 giugno 1940, e, due giorni dopo, già 394 persone erano
state tradotte in carcere. Gli arresti continuarono nei giorni successivi, e, a
fine giugno, raggiunsero le 2.075 unità, che erano così distribuite: italiani
1.104 dei quali 80 ebrei, stranieri 971 dei quali 537 ebrei.
Dopo aver effettuato gli arresti,
le questure inviavano gli elenchi delle persone da internare al ministero
dell’Interno (Ufficio Internati), proponendo anche la località o il campo di
concentramento ai quali assegnarli.
Alle donne e ai bambini veniva
dato un limite di tempo per potersi recare alla Prefettura della provincia dove
erano stati destinati come "internati liberi
Il periodo passato nelle carceri
locali, in attesa di essere internati, per molti sarebbe stato il più duro: si
ritrovarono ammassati in celle sovraffollate, sporche, infestate di insetti e
senza servizi igienici. Ma, il male peggiore, era l’incertezza sul loro destino.
Alcuni temevano l’allontanamento verso la Germania, e solo quando, in piccoli
gruppi, su scompartimenti speciali dei treni regolari, vennero trasportati
verso sud, si rassicurarono.
Il provvedimento
dell’internamento era di esclusiva competenza del ministero dell’Interno su
proposta delle prefetture. Tuttavia, decisioni relative all’internamento furono
prese anche da altri organismi, quali: l’OVRA territoriale, gli Ispettorati di
P.S., la Divisione polizia politica, l’Ispettorato generale, le Ambasciate e i
Consolati italiani a Berlino, Amburgo, Danzica, Dresda, la Commissione
Emigrazione e Lavoro, i ministeri delle Corporazioni, Guerra, Africa orientale,
lo Stato Maggiore della Marina e il Consiglio Superiore della Demografia e
Razza (Demorazza).
Oltre a questi, dopo
l’occupazione e l’incorporazione dei territori della Jugoslavia, anche le
autorità militari utilizzarono l’internamento nei confronti delle popolazioni
slave.
1.9. Categorie di internati.
L’internamento colpì, come
abbiamo visto, sia quei soggetti ritenuti "pericolosi nelle contingenze
belliche", che quelli "pericolosi per il regime".
Tra coloro ritenuti
"pericolosi nelle contingenze belliche", all’inizio, c’erano gli
stranieri appartenenti a stati nemici (inglesi, francesi e greci, per i quali
l’internamento era un normale provvedimento di guerra; ma, più tardi, verranno
internati anche stranieri di altre nazionalità: libici, cinesi, indiani,
irakeni, russi, statunitensi, jugoslavi, belgi, estoni, lettoni, norvegesi,
olandesi, iraniani, egiziani, montenegrini, albanesi, latino americani e
apolidi, che, secondo il regime, potevano creare disordini o azioni di
sabotaggio.
Il maggior numero di stranieri
internati fu costituito da slavi, i quali subirono le condizioni più dure
dell’internamento fascista.
Per quanto riguarda gli ebrei
stranieri, furono internati, oltre a quelli appartenenti a stati nemici, come
gli ebrei polacchi e slavi, anche quelli che facevano parte dell’Asse (ebrei
tedeschi e austriaci), in base alle circolari emanate nel maggio-giugno 1940.
Degli ebrei italiani, vennero
internati solo quelli ritenuti pericolosi per motivi
politici e sociali, poiché l’elemento "razza" non costituiva
condizione sufficiente, questo fino al 30 novembre 1943, quando si decise
l’internamento di tutti gli ebrei.
L’11 giugno 1940, con una
circolare telegrafica ai prefetti, si era deciso l’internamento degli zingari.
I primi zingari vennero internati in Sardegna, successivamente, con
l’occupazione della Slovenia e della Dalmazia, vennero internati nelle isole
Tremiti, ad Agnone (Isernia), Boiano (Campobasso) e a Tossicia (Teramo) .
La categoria degli internati,
perché antifascisti, può essere suddivisa in tre sottocategorie: 1) gli
antifascisti schedati, inclusi negli elenchi che tutte le questure erano tenute
a preparare e a tenere aggiornati. Negli elenchi erano inseriti i nomi delle
persone giudicate politicamente pericolose da arrestare in determinate
circostanze; 2) gli antifascisti trattenuti a fine pena, che rappresentava la
categoria più politicizzata; 3) gli antifascisti in atto, cioè coloro che
avevano dato luogo a recenti manifestazioni sporadiche di antifascismo.
Una categoria che subì in modo
più blando l’internamento era rappresentata dai lavoratori italiani rimpatriati
d’autorità dalla Germania: lavoratori italiani, che, occupati in Germania, si
erano resi colpevoli di atti di indisciplina, insubordinazione, o avanzato
rivendicazioni economiche, incitato allo sciopero, oppure, si erano rifiutati
di ritornare in Germania allo scadere della licenza.
I provvedimenti contro questa
categoria vennero presi nell’autunno del 1942, e molti dei colpiti, dopo pochi
mesi, vennero liberati perché le stesse autorità fasciste finirono con il
riconoscere le ragioni delle loro proteste.
Un altra categoria è rappresentata
dagli internati dalle autorità militari durante la guerra con la Jugoslavia nel
1941. I primi a subire il provvedimento furono, nell’aprile del 1941, le
popolazioni allogene delle province confinanti con la Jugoslavia. Questo fu un
provvedimento momentaneo, revocato poche settimane dopo, con la conclusione
della campagna balcanica. Durante l’occupazione della Jugoslavia, le misure di
internamento vennero adottate, sempre di più, dalle autorità militari, che le
utilizzarono contro gran parte della popolazione locale, sospettata di
sostenere la guerra partigiana..
A queste categorie, bisogna
aggiungere gli internati per reati comuni, come traffici illeciti, infrazioni
annonarie e prostituzione, i quali vennero internati in appositi campi.
1.10. I campi di
concentramento istituiti in Italia
Rimane, ancora oggi, difficile
stabilire con precisione il numero dei campi di concentramento istituiti in
Italia nel corso della II° guerra mondiale. Per poterne fare un elenco
differenziato e il più possibile aggiornato, bisogna distinguere i vari periodi
in cui i campi vennero istituiti.
I campi di concentramento per
l’internamento civile, come si è detto, erano sottoposti alla giurisdizione del
Ministero dell’Interno, che, per garantire l’applicazione delle disposizioni
prevista per l’internamento, aveva nominato cinque Ispettori Generali di
Pubblica sicurezza.
Il loro compito, all’inizio, fu
quello di individuare, con l’ausilio delle locali Questure, gli edifici e i
luoghi idonei dove ubicare i campi di concentramento; in seguito fu quello di
mantenere aggiornato il Ministero, con sopralluoghi e relazioni periodiche
sulla situazione nei vari campi e nelle località di internamento. Oltre a
questi funzionari, a sovrintendere le zone, dove erano dislocati i campi di
concentramento e le località d’internamento, vennero incaricati altri Ispettori
Generali, con il compito di compiere ispezioni e di verificare sia l’operato
dei vari direttori che quello degli altri Ispettori.
Dei "possibili campi",
segnalati nelle relazioni degli Ispettori, ne furono istituiti, nel 1940, circa
40. I campi erano dislocati nelle province centro meridionali e avevano le
seguenti caratteristiche:
·
-
Fabriano (Ancona), dove vi erano internati italiani maschi, istituito nello
stabilimento Sisla e nel collegio Gentile, aveva una capienza di 100 posti ed
era diretto da Commissario Paride Castellini;
·
-
Civitella della Chiana (Arezzo), dove erano internati sudditi nemici maschi,
istituito nella villa Oliveto, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto
dal Commissario Amedeo Mascio;
·
-
Ariano Irpino (Avellino), dove erano internati italiani maschi: era istituito
nelle case antisismiche e nel villino Mazza, aveva una capienza di 130 posti ed
era diretto dal Commissario Vito Pirozzi;
·
-
Monterforte Irpino (Avellino), dove vi erano internati italiani maschi, era
istituito nell’ex orfanotrofio Loffredo, aveva una capienza di 100 posti ed era
sottoposto alla giurisdizione del podestà del luogo;
·
-
Solofra (Avellino), dove erano internate prostitute straniere. Istituito in un
edificio dell’abitato, aveva una capienza di 50 posti ed era diretto da
Giuditta Festa;
·
-
Alberobello (Bari), dove erano internati, prevalentemente, ebrei stranieri
maschi. Istituito nell’ex scuola tecnico agraria Gigante, aveva una capienza di
150 posti ed era diretto dal podestà del luogo;
·
-
Gioia del Colle (Bari), dove erano internati ebrei italiani maschi. Istituito
nell’ex molino pastificio Pagano, aveva una capienza di 240 posti ed era
diretto dal Commissario E. Santini;
·
-
Boiano (Campobasso), vi era internata una famiglia di zingari. Istituito
nell’ex manifattura dei tabacchi, aveva una capienza di 250 posti ed era
diretto dal Commissario Mario Contardi;
·
-
Casacalenda (Campobasso), dove erano internate delle donne. Istituito in un
palazzo dei coniugi Corradino - Di Blasio, aveva una capienza di 160 posti ed
era diretto dal Commissario Giuseppe Martone e dalla direttrice Ezia Calogero;
·
-
Vinchiaturo (Campobasso), dove erano internate delle donne, istituito in locali
di proprietà privata, aveva una capienza di 60 posti ed era diretto dal podestà
del luogo;
·
-
Isernia: vi erano internati maschi di varie nazionalità; istituito nell’ex
convento delle suore Benedettine detto "Antico Distretto", aveva una
capienza di 190 posti ed era diretto dal Commissario Guido Renzoni;
·
-
Agnone (Isernia), dove erano internati stranieri maschi di varie nazionalità.
Istituito nell’ex convento S. Bernardino, aveva una capienza di 190 posti ed
era diretto dal Commissario Giuseppe Cecere e dalla direttrice Amalia
Vacalucci;
·
-
Ferramonti di Tarsia (Cosenza), dove erano internati prevalentemente ebrei, ed
era l’unico predisposto, fin dall’inizio, ad accogliere nuclei familiari.
Costruito in capannoni, dalla ditta Parrini Eugenio, provvisto di recinzione e
sottoposto ad una sorveglianza particolare, aveva una capienza di 1.500 posti
ed era diretto dal Commissario Paolo Salvatore;
·
-
Bagno a Ripoli (Firenze), dove erano internati sudditi nemici maschi. Istituito
nella villa la Selva e nella villa La Colombaia, aveva una capienza di 200
posti ed era diretto dal Commissario Pasquale De Pasquale e da Marianna Conti;
·
-
Montalbano (Firenze), era predisposto ma non ancora attivo. Istituito nel
castello di Montalbano, località Sant’Andrea a Rovezzano aveva una capienza di
60 posti;
·
-
Manfredonia (Foggia), dove erano internati maschi di varie nazionalità,.
Istituito nel nuovo macello comunale, aveva una capienza di 300 posti ed era
diretto dal Commissario Guido Celentano;
·
-
Pollenza (Macerata), dove erano internate delle donne. Istituito nella villa
Lauri in località S. Lucia, aveva una capienza di 110 posti ed era diretto dal
Commissario Nicola Martinez e da Fedora Largarini;
·
-
Urbisaglia (Macerata), dove erano internati ebrei maschi, italiani e di varie
nazionalità. Istituito nell’Abbadia di Fiastra, aveva una capienza di 200 posti
ed era diretto dal Commissario Paolo Spetia;
·
-
Treia (Macerata), dove erano internate delle donne. Istituito nella villa La
Quiete detta della Spada, aveva una capienza di 100 posti ed era diretto dal
Commissario Carmine Ferrigno e da Luisa Marchesini;
·
-
Monterchiarugolo (Parma), dove erano internati sudditi nemici maschi. Istituito
nel castello medioevale del dr. Marchi, aveva una capienza di 200 posti ed era
diretto dal Commissario Socrate Addario;
·
-
Scipione di Salsomaggiore (Parma), era predisposto ma non ancora attivo.
Istituito nel castello in fraz. Scipione, aveva una capienza di 200 posti ed
era diretto dal Commissario Tiberio Pasqualoni;
·
-
Colfiorito (Perugia), era predisposto ma non ancora attivo. Istituito in
capannoni, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario
Vincenzo La Torre;
·
-
Campagna (Salerno), dove erano internati, prevalentemente, ebrei maschi di
varie nazionalità. Istituito nell’ex caserma S. Bartolomeo e nell’ex caserma
Concezione, aveva una capienza di 650 posti ed era diretto dal Commissario
Eugeni De Paoli..
Oltre ai campi di concentramento
di nuova istituzione vennero utilizzate le colonie di confino di Lipari, Ponza,
Ventotene, Ustica, S. Domino (Tremiti), Nuoro, Pisticci e Castel del Guido,
dove vi si internarono, in prevalenza, italiani ritenuti più pericolosi.
Tra la fine del 1940 e il 1943
alcuni campi precedentemente attivati vennero chiusi, come il campo di Gioia
del Colle , di Boiano (Campobasso) e quello di Chieti. Altri campi vennero
istituiti come il campo di Sassoferrato (Ancona), Renicci di Anghiari (Arezzo),
Fraschette d’Alatri (Frosinone), Farfa Sabina (Rieti), Petriolo (Macerata).
Oltre a questi, dal 1941, vennero
istituiti dei campi di concentramento anche dalle autorità militari. Erano
dislocati, sia nelle zone di occupazione, Jugoslavia, Albania e nelle isole
Greche, che in territorio italiano. Anche alcuni dei campi, che all’inizio
erano di giurisdizione del Ministero dell’Interno, nel corso della guerra,
passarono sotto la dipendenza dello "Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio
prigionieri di guerra".
Negli elenchi mancano i campi
abruzzesi, oggetto del prossimo capitolo e, i campi istituiti dopo l’8
settembre che saranno riportati nel IV capitolo.
CAPITOLO II
ABRUZZO REGIONE D’INTERNAMENTO
2.1. Località d’internamento e
campi di concentramento in Abruzzo.
L’Abruzzo, per i luoghi impervi,
la scarsa concentrazione abitativa, la minore politicizzazione degli abitanti,
la scarsità delle vie di comunicazione e l’assenza di zone militarmente
importanti, rappresentava una delle regioni, che, più delle altre, aveva tutti
i requisiti richiesti dal Ministero dell’Interno per poter istituire campi di
concentramento e località d’internamento.
I Prefetti abruzzesi, dopo i
sopralluoghi da parte delle Questure e degli Ispettori Generali di P.S.,
avevano già inviato, tra l’aprile e il maggio 1940, al Ministero dell’Interno,
gli elenchi delle località e degli edifici dove potevano essere sistemati gli
internati.
Solo alcuni dei "possibili
campi" segnalati, in maggior parte per le difficoltà di allestimento,
verranno istituiti. Nonostante ciò, nel corso della II guerra mondiale, in
Abruzzo saranno ben 15 i campi attivati e 59 le località d’internamento.
Il 6 giugno 1940, la Prefettura
dell’Aquila inviò un elenco dei comuni dove poter assegnare i destinati
all’internamento "libero"; essi erano: Alfedena, Ateleta, Campo di
Giove, Cappadocia, Castel di Sangro, Ortona dei Marsi, Pereto, Pescasseroli, Pescocostanzo,
Pizzoli, Rocca di Mezzo, Villetta Barrea. In queste località vennero internati,
per la maggior parte, ebrei italiani, le cui condizioni variarono a seconda del
luogo d’internamento.
Quella dell’Aquila sarà la sola
provincia abruzzese dove non verranno istituiti campi di concentramento.
L’Ispettore Generale di P.S.,
Roberto Falcone, trasmise, il 27 aprile 1940, al Ministero dell’Interno,
l’elenco dei fabbricati della provincia di Chieti dove potevano essere inviati
gli internati:
1) edificio dell’asilo infantile
Principessa di Piemonte, di Chieti, di proprietà del comune, con 350 posti;
2) ex scuola nel comune di Casoli
con 30 posti, e locali di proprietà dell’Avv. Vincenzo Tilli, con 100 posti;
3) palazzina nel comune di
Lanciano , in contrada Cappuccini, di proprietà dell’Avv. Filippo Sorge, con
100 posti;
4) fabbricato nel comune di
Fossacesia, di proprietà dei coniugi Majer e Gilda Lotti, con 100 posti;
5) palazzina nel comune di
Francavilla al Mare, di proprietà del Cav. Giuseppe Gallo, con 100 posti;
6) fabbricato del comune di
Miglianico, di proprietà dei fratelli Tomei, con 120 posti;
7) fabbricato del comune di
Tollo, di proprietà del Cav. Giuseppe Foppa Pedretti, con 250 posti;
8) fabbricato nel comune di Lama
dei Peligni, di proprietà del Banco di Napoli, con 100 posti;
9) fabbricato nel comune di Lama
dei Peligni, di Proprietà della vedova Camilla Borrelli, con 150 posti;
10) fabbricato del comune di
Istonio, di proprietà dell’Avv. Oreste Ricci, con 300 posti;
11) fabbricato del comune di
Istonio, di proprietà degli eredi Marchesani, con 180 posti;
12) fabbricato nel comune di
Casalbordino, di proprietà del sig. Germano Sanese, con 350 posti.
Per quanto riguarda le località
d’internamento, nella provincia di Chieti vennero interessati i comuni e le
località di Archi, Atessa, Bomba, Bucchianico, Carunchio, Casalbordino,
Castelfrentano, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Cupello, Fara
Filiorum Petri, Fresagrandinaria, Gissi, Guardiagrele, Lanciano, Montazzoli,
Orsogna, Palena, Paglieta, Quadri, Rapino, Ripa Teatina, Roccaspinalventi, San
Buono, Scerni, Toricella Peligna, Villamagna e Villa S. Maria.
Il 1 giugno 1940, l’Ispettore
Falcone trasmise al Ministero dell’Interno,l’elenco degli edifici individuati
nella provincia di Pescara: il fabbricato di proprietà del comune a Città S.
Angelo, con 200 posti disponibili; il fabbricato nel comune di Pescara di
proprietà del sig. Flauti di Chieti, con 200 posti; la villa isolata nella
fraz. Villanova nel comune di Cepagatti di proprietà della sig.ra Maria
Pignatelli, con 120 posti e il locale in fr. Castellana nel comune di Pianella.
Le località d’internamento nella provincia di Pescara si trovavano a
Collecorvino, Montesilvano Spiaggia e Penne.
L’elenco dei "possibili
campi", nella provincia di Teramo, venne inviato il 16 maggio 1940, ed era
così composto:
1) fattoria del Prof. Serafino
Cerulli in Contrada Montagnola nel comune di Corropoli, con 200 posti;
2) convento Badia, di proprietà
del comune di Corropoli in contrada Colli, con 200 posti;
3) fabbricato di proprietà del
comune di Civitella del Tronto, con 200 posti;
4) fabbricato della signora
Migliorati Vinca in Minuti, nel comune di Civitella del Tronto, con 100 posti;
5) fabbricato del sig. Savini
Sisgismondo nel comune di Morrodoro, con 120 posti;
6) fabbricato di proprietà dei
Marchesi Mazzarosa De Vincenzi in Notaresco, con 150 posti;
7) stabile del sig. Santoni
Silvio nel comune di Nereto, con 100 posti;
8) appartamento al 2° piano nello
stabile del sig. Lupini Carmine nel comune di Nereto, con 100 posti;
9) convento di S.Pietro in Atri
di proprietà del comune, con posti 150;
10) fabbricato di proprietà dei
sigg. De Fabii Giulio e Mattei Francesco nel comune di Tossicia, con 150 posti;
11) fabbricato dell’avv. Mirti
Domenico nel comune di Tossicia, con posti 120;
12) grande salone dei padri
cappuccini del Santuario di S. Gabriele a Isola del Gran Sasso, con 150 posti;
13) fabbricato ad uso albergo nel
comune di Isola del Gran Sasso, amministratore delegato il sig. Gabriele
Giovanni, con posti 100;
14) grande fabbricato (villa) nel
comune di Tortoreto Stazione, di proprietà del sig. Tonelli Francesco, con 200
posti;
15) fabbricato di proprietà del
sig. De Fabritiis Nicola nel comune di Totoreto Paese, con 150 posti.
Le località d’internamento in
provincia di Teramo erano individuati nei comuni di: Atri, Bellante, Campli,
Castilenti, Castelli, Cerminiano, Crognaleto, Fano Adriano, Penna S. Andrea,
Rocca S. Maria, S. Omero e Torricella Sicura.
2.2. L’istituzione dei campi
di concentramento.
Dopo aver individuato le località
e gli edifici adatti per l’internamento, compito delle Prefetture era quello di
acquisire lo stabile. Se era di proprietà privata si doveva stipulare un
contratto di locazione con i proprietari. Una volta aquisito l’edificio, si
sarebbe dovuto procedere all’occupazione "mezzo arma" dei fabbricati.
Questa consisteva, nella creazione di un posto fisso di RR.CC. all’interno del
campo oppure, se ciò non era possibile, in un edificio vicino.
Compito dei Prefetti era anche
quello di stipulare accordi con le autorità locali per i servizi di
approvvigionamento dei viveri per gli internati.
Il casermaggio dei campi era
fornito dalle stesse imprese che avevano in appalto il servizio di casermaggio
ai carabinieri, agli agenti di P.S. e alle colonie di confino.
Il materiale richiesto era lo
stesso di quello previsto per le colonie di confino e per ciascuna persona
l’impresa doveva fornire: "branda o letto in ferro con rete metallica o
con telo; materasso e guanciale di lana borra con federa; due lenzuola di tela
canapina o di cotone; una coperta di lana oppure di cotone per la stagione
estiva; due asciugamani di tela; una seggiola, un attaccapanni, un catino di
metallo, un comodino di legno, una bottiglia, un bicchiere di vetro o di
alluminio". Per molti campi, il materiale venne fornito, dalle imprese,
solo dopo alcuni giorni dalla loro apertura e in maniera approssimativa per la
mancanza di disponibilità delle forniture richieste.
Per le spese di gestione dei
campi di concentramento, su proposta di Mussolini, venne istituito con Regio
Decreto, 21 giugno 1940 un apposito "comitato speciale per il controllo
sulla gestione amministrativa e sulla contabilità dei campi di
concentramento". Compito del "comitato" era quello di decidere
le somme di denaro da destinare alle varie Prefetture per le spese di
istituzione e di gestione dei campi (spese di: casermaggio, riparazioni degli
edifici, acqua, luce, sussidi agli internati e i vari pagamenti al personale di
sorveglianza); oltre a ciò, si occupava di verificare i bilanci e la corretta
amministrazione da parte dei direttori dei campi. Il "comitato"
prelevava i soldi destinati alle Prefetture, per le spese di funzionamento dei
campi di concentramento e il mantenimento degli internati, da un apposito fondo
istituito con successivo decreto ministeriale 21 agosto 1940.
2.3. Casoli, il campo per gli
ebrei.
Il campo di concentramento di
Casoli venne attivato il 14 giugno 1940 ed era composto da due edifici: uno di
proprietà dell’avv. Vincenzo Tilli con la capienza di 50 posti e l’altro era
una ex scuola comunale con 30 posti .
Nella relazione dell’Ispettore
Falcone sui "possibili campi" in provincia di Chieti, come già
accennato nel paragrafo precedente, il campo di Casoli, era indicato come sede
idonea per l’invio degli internati più pericolosi. Il Ministero dell’Interno,
invece, vi internò principalmente ebrei di nazionalità tedesca e austriaca.
Dalla stessa relazione erano stati preventivati 80 posti per l’edificio
dell’avv. Tilli, ma dopo un sopralluogo del Genio Civile, che escluse il
seminterrato perché umido e non idoneo, tali posti vennero ridotti a 50.
La direzione del campo era
affidata al Podestà del paese Mosé Ricci; il compito della sorveglianza
ricadeva su un sottufficiale e sei carabinieri, assegnati a questo scopo dalla
locale stazione, l’assistenza sanitaria era assicurata dal Dr. Nicola Raimondo.
Le condizioni degli internati di
Casoli, se raffrontata a quella di altri campi, all’inizio non furono
particolarmente dure. Questo grazie alla conduzione del Podestà, che, come
accadde in altre località, applicò in modo blando le disposizioni previste per
l’internamento, e grazie anche all’atteggiamento comprensivo della popolazione
locale.
Questa mite direzione da parte
del Podestà provocò la reazione dei fascisti del luogo, i quali, il 16 ottobre
1940, fecero pervenire una lettera al Capo della Polizia della Questura di
Chieti. Nella lettera si denunciava l’internato polacco Hermann Datyner, perchè
esercitava la professione di medico nel paese, e il Podestà perché ne elogiava
le capacità professionali. Dopo gli accertamenti da parte della polizia,
Hermann Datyner venne trasferito al campo di Istonio, mentre per il Podestà non
ci furono conseguenze.
Al di là di questo episodio, la
condizione degli internati divenne comunque più difficile nei mesi successivi a
causa del sovraffollamento e della carenza di vitto denunciata dagli stessi
internati medesimi nel mese di agosto 1942 durante l’ispezione dei
rappresentanti della Croce Rossa Italiana e di quella Internazionale.
I primi internati giunsero a
Casoli verso la metà di luglio 1940 e il 14 dello stesso mese si contavano già
cinquanta internati in maggioranza tedeschi di religione ebraica.
Nell’agosto 1941, a causa dei
numerosi trasferimenti, il numero degli internati si ridusse fino a trenta
presenze. Anche se nel mese successivo arrivarono, provenienti dal campo di
Ferramonti di Tarsia, altri 27 internati, il campo di Casoli per tutto il 1941,
e nei primi mesi del 1942, non arrivò mai alla piena capienza pur se, per
problemi di spazio, la capacità recettiva era stata portata a 70 posti. . Questa venne raggiunta nel maggio del 1942, dopo che, i 50
internati presenti, vennero trasferiti nel campo di Campagna (Salerno), e, dal
campo di Corropoli, arrivarono 74 internati. Prima dell’arrivo degli internati
di Corropoli, il Ministero trasferì, il 7 maggio 1942, quelli di Casoli, in
tutto 50 internati, nel campo di Campagna .
Nell’agosto del 1942 si
raggiunsero le 87 presenze, e, in una relazione dell’Ispettore Generale Rosati,
si denunciava che a Casoli i "locali sono occupati forse anche oltre una
adeguata misura e per tanto non solo non vi si potrebbe inviare altri elementi,
ma anzi, se e quando possibile, sarebbe consigliabile uno sfollamento".
Il numero delle presenze nel
campo rimase, fino alla chiusura, sempre elevato e il 6 novembre del 1942 la
Croce Rossa Internazionale, oltre al sovraffollamento, faceva presente al
Ministero dell’Interno che oltre il sovraffollamento, "gli internati si
lamentano per la scarsità e la mancanza di varietà del cibo, il vestiario
insufficiente e lo spazio a disposizione troppo ristretto per la
passeggiata", e, alla fine della relazione, sollecitava il Ministero a
prendere provvedimenti.
Il Ministero, invece, vi continuò
ad inviare internati, quasi sempre ebrei, fino a quando il campo non cessò di
funzionare subito dopo l’8 settembre 1943.
2.4. Il campo di
concentramento nell’asilo infantile "Principessa di Piemonte" a
Chieti.
Il campo di Chieti era stato
istituito nell’asilo infantile "Principessa di Piemonte", ed i
bambini, circa duecento, che si trovavano nell’edificio, vennero sistemati
nell’Istituto S. Maddalena.
Il campo, che aveva una capienza
di 200 posti, era diretto dal Commissario Aggiunto di P.S. Mario La Monica. Per
la sorveglianza venne attivato un posto fisso di RR.CC. nel campo composto da
un sottufficiale e da sei carabinieri reali.
Il 13 giugno 1940 il campo era
già pronto a ricevere gli internati e nei giorni successivi ci furono i primi
arrivi. Il 14 luglio erano 13 gli internati presenti nel campo, tutti stranieri
di nazionalità inglese e francese. Il 14 settembre 1940, erano presenti nel
campo 21 internati e, il 15 ottobre dello stesso anno, il campo raggiunse le 29
presenze, gli internati furono sempre in grande maggioranza, inglesi e francesi .
Il Podestà di Chieti, in nome
dell’amministrazione comunale proprietaria dei locali dell’asilo, nell’ottobre
del 1940 chiese al Prefetto di Chieti la restituzione dell’edificio, poiché non
era stato possibile trovare, per il nuovo anno scolastico, sistemazioni
alternative per i bambini delle scuole materne. Il Prefetto inviò la richiesta
al Ministero dell’Interno, che il 5 novembre 1940 dispose la chiusura del
campo. Il 10 novembre gli internati presenti vennero trasferiti a
Montechiarugolo (9 sudditi inglesi e 8 sudditi francesi), Casoli (6 ebrei
stranieri) e Manfredonia (1 italiano, "sospetto di razza ariana"). I
contratti di locazione vennero rescissi e alla Società Anonima Casermaggi di
Roma venne restituito il materiale in dotazione al campo.
2.5. Il campo per gli italiani
"pericolosi" di Istonio Marina (Vasto).
Il campo di Istonio Marina fu uno
dei primi campi abruzzesi ad essere allestiti. L’11 giugno 1940 era già
attivato: era costituito dall’albergo dell’avv. Oreste Ricci e dalla villa
degli eredi Marchesani, entrambi nel rione marino. Aveva una capienza
complessiva, preventivata all’inizio, di 280 posti, poi diminuita a 170. Il
servizio di sorveglianza era effettuato da 12 carabinieri, e quello sanitario
dal Dr. Nicola D’Alessandro. A dirigere il campo, fino al 16 agosto 1943, venne
riassunto il Commissario in pensione Giuseppe Prezioso, poi sostituito dal Vice
Commissario Aggiunto di P.S. Giuseppe Geraci.
Nel campo di Istonio vi si
internarono, soprattutto, italiani ritenuti "pericolosi", e solo
negli ultimi mesi, precedenti la chiusura, gli slavi.
Nel luglio 1940 arrivarono i
primi 79 internati, tutti italiani. Sei di essi erano stati internati, perché
"sovversivi schedati", gli altri perché ritenuti "pericolosi in
linea politica". Il 15 settembre erano presenti nel campo 109 internati
tutti italiani ritenuti "pericolosi".
Per tutto il 1940 venne
utilizzato solo l’albergo, mentre la villa degli eredi Marchesani rimase quasi
sempre vuota. Nell’estate del 1941 il campo venne interamente occupato: superò
pure il limite massimo di capienza, raggiungendo, nell’autunno dello stesso
anno, le 185 presenze con ben 15 internati in più.
Nel mese di gennaio 1941 venne
scoperta, dallo stesso direttore, un'organizzazione sovversiva che si stava
formando all’interno del campo: i promotori, Mauro Venegoni e Angelo Pampuri,
vennero trasferiti alla colonia delle Tremiti.
Anche nel 1942 il campo rimase
sovraffollato; solo nel 1943, il numero degli internati scese, intorno alle 150
presenze. Nello stesso anno arrivarono, trasferiti da Tortoreto, 52 internati
"ex Jugoslavi" ed in seguito altri slavi, trasferiti da diversi
campi, tutti ritenuti particolarmente "ostili verso l’Italia" .
Le condizioni di vita, nel campo
di Istonio, vennero rese difficili dalla mancanza di spazio e degli infissi in
alcuni locali, dall’insufficienza dei servizi igienici, dalle difficoltà di
approvvigionamento del vitto e dall’atteggiamento arbitrario, nei confronti
degli internati, del direttore Vincenzo Prezioso. All’inizio il direttore non
autorizzò l’approntamento di una mensa comune nel campo e costrinse gli
internati ad andare nelle trattorie del paese, creando gravi disagi ai meno
abbienti. In seguito venne stipulato, per il servizio mensa, un contratto con
la ditta S.P.I.A. Molini e Pastifici di Casalbordino, la quale, peraltro,
spesso distribuì cibo avariato agli internati.
Dopo il, 25 luglio 1943, le
autorità militari sollecitarono la chiusura del campo, perché nei pressi di
Istonio erano iniziati dei lavori di fortificazioni per la difesa del
territorio, e gli internati, dei quali alcuni accusati di spionaggio, potevano
vedere, sapere e forse riferire quello che si stava facendo.
Il Ministero dell’Interno, per la
mancanza di posti disponibili in altri campi, dispose, solo il trasferimento
degli elementi più pericolosi mentre il campo continuò a funzionare fino alla
fine del settembre successivo.
2.6. Il campo di smistamento
di Lama dei Peligni.
Il campo di Lama dei Peligni era
composto dalla casa di proprietà della vedova Camilla Borrelli, si trovava
all’interno del paese e aveva una capienza di 60 posti. Venne diretto dal
Podestà del paese, prima, dal 1940 al 1942, da Pindieri, poi da Giuseppe
Rinaldi, entrambi coadiuvati dal segretario comunale e da una guardia
municipale. Il servizio di sorveglianza veniva garantito da un sottufficiale e
da sei carabinieri, quello medico, fino al 10 gennaio 1941, dal Dr. Vincenzo
Pierantoni, in seguito dal Dr. Giuseppe Baglioni.
L’allestimento del campo venne
terminato il 13 giugno 1940 e un mese dopo arrivarono i primi 10 internati,
quasi tutti inglesi. Nell’agosto successivo vennero tutti trasferiti e, al loro
posto, arrivarono, provenienti dall’Italia del nord, ebrei di varie nazionalità
o apolidi. Il 14 settembre 1940, il campo raggiunse le 23 presenze.
Al campo di Lama dei Peligni,
transitarono numerosi internati, in maggioranza stranieri, i quali, anche dopo
pochi giorni di internamento, venivano smistati in altri campi: per tutto il
1940 non si superarono mai le 40 presenze e, nella primavera-estate del 1941,
per alcuni giorni il campo rimase vuoto. Il 27 settembre 1941 arrivarono da
Ferramonti di Tarsia 32 internati, ma , il 7 maggio 1942, il campo si svuotò
nuovamente, perché i 39 internati presenti, tutti stranieri, vennero trasferiti
a Campagna (Salerno). Nell’estate dello stesso anno vi vennero assegnati nuovi
internati, anche questi in maggioranza stranieri, e, il 19 settembre 1942, il
campo raggiunse le 71 presenze con 11 internati in più. Fino alla chiusura, dopo
l’8 settembre 1943, esso rimase sempre interamente occupato.
Gli internati di Lama dei Peligni
consumavano il vitto nelle locande del paese; il che permetteva loro, oltre ad
una certa libertà di movimento, la possibilità di avere contatti (benché proibiti),
con la popolazione locale, che ebbe sempre un atteggiamento comprensivo nei
loro confronti. A rendere difficili agli internati le condizioni di vita furono
soprattutto il freddo pungente dei mesi invernali e la frequente mancanza di
acqua corrente.
2.7. Il campo femminile di
Lanciano.
Il campo di Lanciano, insieme a
quelli di Casacalenda, Pollenza, Petriolo, Solofra, Treia e Vinchiaturo, era
uno dei campi per sole donne. Rimase un campo prettamente femminile fino al
febbraio 1942, quando le internate vennero trasferite altrove e sostituite
dagli slavi.
Istituito nel giugno del 1940
nella villa dell’avv. Filippo Sorge, la quale per l’occasione venne recintata,
in contrada Cappucini a circa un chilometro dal paese, aveva una capienza di 55
posti. All’inizio, per circa un mese, la direzione venne affidata al Podestà di
Lanciano Enrico D’Ovidio, in seguito al Commissario Edurino Pistone, sostituito
dopo poco tempo dal Commissario Olinto Tiberi Pasqualoni. Essendo un campo
femminile, era prevista una direttrice che doveva essere coadiuvata da
assistenti donne. Nei primi mesi, il Ministero dell’Interno designò, quale
direttice, un’insegnate di 53 anni, Rosa Pace, e quali assistenti Nicoletta
Giacristofaro di venti anni e Concetta Carrozza di ventinove anni; il 3
settembre 1940, la direttrice venne sostituita da Maria Marfisi Fusco.
Per la sorveglianza venne creato,
di rimpetto al campo, un posto fisso di RR.CC. nel fabbricato, di proprietà di
Gustavo Basile, e il servizio era effettuato da sei carabinieri. Il medico del
campo era il Dott. Giuseppe Carobba, e la farmacia dei fratelli Marciani
forniva i medicinali.
Il 14 luglio 1940, il campo
contava già 47 internate di varie nazionalità (inglese, tedesca, francese,
polacca e russa) e nell’agosto successivo raggiunse le 75 presenze. Il 17
settembre, dopo che verso la fine di agosto e nei primi giorni di settembre
tutte le internate inglesi vennero trasferite, nel campo rimasero 49 internate,
in maggioranza tedesche e polacche di religione ebraica. Alcune di esse, essendo
Lanciano anche una località per l’internamento "libero", vennero
trasferite, nel corso del 1940-41, in case private del paese.
Dopo alcuni trasferimenti, il
numero delle internate scese a 37, e per tutto il 1941 il campo rimase occupato
solo in parte. Nell’estate dello stesso anno, il direttore Tiberi Pasqualoni,
venne sostituito dal Commissario Carmine Medici, che a sua volta, nel 1942, fu
trasferito, e sostituito dal Commissario Giuseppe Franco, il quale dirigerà il
campo fino alla sua chiusura.
Il 4 febbraio 1942, il Ministero
dell’Interno comunicava, tramite dispaccio telegrafico, al Prefetto di Chieti,
che le: "Donne internate campo concentramento dovranno essere trasferite
al campo di concentramento di Pollenza (Macerata). Campo concentramento Lanciano,
dopo tale trasferimento, sarà adibito per internamento uomini". Il
provvedimento venne eseguito il 12 febbraio successivo.
Il 27 febbraio arrivarono a
Lanciano 45 slavi, classificati come: "elementi comunisti politicamente
pericolosi".
Nell’estate del 1942, il campo
era ormai eccessivamente affollato, e gli internati lamentavano, in oltre, la
mancanza di acqua e di servizi igienici.
Il Prefetto di Chieti, il 16
dicembre 1942, segnalava al Ministero dell’Interno, che sette internati slavi
"non fanno mistero della loro fede comunista alla quale cercano di fare
proseliti". Il Ministero, alcuni giorni dopo, ne ordinò l’invio alla
colonia Tremiti.
Gli internati slavi "erano
molto irrequieti e smaniosi di libertà", come riferiva, al Ministero
dell’Interno, l’Ispettore Generale di P.S.. Nell’aprile del 1943, quattro
internati vennero denunciati, dal direttore del campo, alla Procura di Chieti,
per aver trasgredito al regolamento del campo. Condannati ad otto giorni di
reclusione, scontarono la pena nelle locali carceri e successivamente vennero
riassociati al campo di concentramento di Lanciano .
Il 3 settembre 1943, il campo
contava 43 internati, il 6 ottobre circa 70, quasi tutti slavi.
Verso la metà dell’ottobre 1943,
tutti gli internati fuggirono. Il campo, seppur vuoto, continuò a funzionare
fino al 28 ottobre, quando anche gli stessi carabinieri addetti alla
sorveglianza abbandonarono il posto fisso di RR.CC., e il campo venne occupato
dai militari tedeschi.
Gli internati a Lanciano vissero
in condizioni difficili, a causa della struttura che non era predisposta in
modo adeguato per le loro esigenze. Le difficili condizioni erano denunciate
dall’Ispettore Rosati in una relazione al Ministero dell’Interno: "manca
sul posto una infermeria o almeno una sala con medicinali per interventi di
pronto soccorso e manca in oltre un impianto docce o di bagni in vasca e che da
parecchio manca l’acqua nel fabbricato: all’esterno v’è un rubinetto di acqua
corrente, certo inadeguato ai bisogni della comunità". Oltre a questo, per
circa un anno, parecchie stanze della villa adibita a campo di concentramento,
rimasero senza vetri, causando alle internate varie malattie da raffreddamento
e reumatismi.
2.8. Tollo, il campo per i
comunisti jugoslavi.
Il campo di Tollo venne allestito
solo nel novembre del 1941, perché il Ministero dell’Interno, pur avendo
iniziato le trattative per la locazione nel giugno del 1940, inizialmente non
ritenne opportuno prenderlo i affitto per i troppi lavori di adattamento che
bisognava apportare allo stabile.
Il 20 ottobre 1941, il Dott.
Bruno Mastrovich, delegato alla stipulazione dei contratti della Prefettura di
Chieti, e il vice Prefetto, in rappresentanza del Ministero, stipularono il
contratto d’affitto con il sig. Giuseppe Casiraghi, rappresentante di Giuseppe
Foppa Pedretti, industriale residente a Milano, titolare del fabbricato. Nel
novembre successivo si allestì il campo per circa 100 posti, e nel febbraio del
1942 arrivarono i primi internati.
La direzione del campo venne
affidata al Podestà Domenico Antonio Fusella, coadiuvato dal vice segretario
comunale. Il medico del campo era il Dott. Adelchi Persiani, e il servizio di
sorveglianza era effettuato da tre carabinieri che si trovavano in una casa
attigua adibita a posto fisso di RR.CC..
Il 23 febbraio 1942, arrivarono a
Tollo 42 "comunisti pericolosi politicamente", provenienti dai campi
di concentramento dell’Albania. Erano tutti uomini, di cui 39 jugoslavi e tre
montenegrini.
Nella relazione per il Ministero
dell’Interno, sulle condizioni igienico sanitarie dei "comunisti"
giunti a Tollo, l’Ispettore Generale Medico, Dott. Collina, faceva presente che
gli internati "erano stati concentrati a Zara, dove dicono di essersi
infestati di pidocchi, e da là inviati senza alcuna bonifica, a Trieste dove
sarebbero stati sottoposti a bagno e disinfezione abiti: però all’arrivo a
Tollo ne sono stati trovati uno con peliculosi nei vestiti (pediculus corporis)
e due con scabbia: il primo disinfestato a cura del centro di profilassi, gli
altri due sottoposti a trattamento con bergamon. Nessuno aveva subito il taglio
dei capelli, per cui si è dovuto cominciare con l’acquistare una macchinetta
tosatrice". In oltre, il Prefetto di Chieti denunciava che gli internati
erano sprovvisti di indumenti. Il 28 febbraio, provenienti da Trieste,
arrivarono altri 4 internati, dei quali: due di essi affetti da scabbia e gli
altri due sospetti di tubercolosi. Nel marzo successivo, erano presenti, nel
campo 57 internati, e nell’estate 1942 raggiunse le 98 presenze con 8 internati
in più.
Il 19 febbraio 1943, il prefetto
di Chieti, su segnalazione del Comando dell’Arma dei carabinieri, faceva
presente al Ministero dell’Interno che
il campo di concentramento
internati politici dalmati di Tollo, offre pochissima garanzia essendo esso
sistemato in fabbricato civile già adibito ad abitazione privata al quale
nessun ritocco è stato apportato. Tale fabbricato sorge al centro del paese; ha
balconi e finestre privi di inferiate di protezione, i quali per essere
sovrastanti ad altri, più vicino al suolo, possono favorire la scalata e quindi
la fuga.
Il Prefetto concludeva la
relazione proponendo "la soppressione del campo, e l’istradamento degli
internati a gruppi, in altri campi del Regno, capaci di offrire maggiore
garanzia. Qualora ciò non fosse assolutamente possibile fare, propongo vengano
apportate al campo delle serie modifiche, onde mettere i militari dell’Arma in
condizione di potere veramente vigilare ogni mossa degli internati e non andare
incontro, a responsabilità anche penali".
Dopo ulteriori accertamenti, il
ministero, il 13 maggio 1943, dispose che gli internati di Tollo venissero
trasferiti, inviandone cinquanta a Corropoli e il resto a Bagno a Ripoli,
stabilì in oltre, che il campo fosse utilizzato per l’internamento di donne
responsabili d’infrazioni annonarie.
Il Prefetto di Chieti cercò in
zona una direttrice per il campo di concentramento, ma non riuscì a trovare
nessuna persona fornita dei requisiti richiesti, cosicché il Ministero decise
di inviare a Tollo solo uomini responsabili di infrazioni annonarie.
Il campo, da metà maggio a metà
luglio 1943, rimase vuoto, e solo verso la fine di luglio tornò ad essere
occupato da 11 internati, tutti italiani responsabili di infrazioni annonarie.
Nel mese di agosto arrivarono altri due internati: questi rimasero gli unici
arrivi prima della chiusura del campo nell’ottobre del 1943.
2.9. Il campo di Città S.
Angelo, l’unico in provincia di Pescara.
Nella relazione della Prefettura
di Pescara, dell’aprile 1940, sul "locale da potersi adibire per campo di
concentramento nuclei internati e confinati nel comune di Città S.
Angelo", si descriveva un "vasto fabbricato in discreto stato di
conservazione e di abitabilità posto in via Umberto I°". Inoltre la
relazione precisava che "detto fabbricato si compone del piano terreno con
otto vasti ambienti, ove si possono collocare cento persone; nel primo piano
con altri dieci vasti ambienti capaci di contenere 150 persone, e del secondo
piano con un solo grande salone ove si possono collocare cinquanta persone. E’
dotato di acqua potabile, luce elettrica e cessi. Annesso al fabbricato vi è un
orto dell’estensione di mille e cinquecento metri quadrati. Il comune di Città
S. Angelo dista dal capoluogo (Pescara) Km. 18, dalla Via Statale Km. 9 e vi si
accede mezzo della Via Provinciale".
Il Ministero dell’Interno, nel
giugno 1940, prese in affitto il fabbricato e, successivamente, la ditta
fornitrice del casermaggio (Luigi Piscitelli) predispose 150 posti letto.
La direzione venne affidata, nei
primi mesi, a vari Commissari di P.S., in seguito, al Commissario Fernando Di
Donna. Alla sorveglianza erano preposti un appuntato e due carabinieri,
dislocati in un fabbricato adibito a posto fisso di RR.CC., poco distante dal
campo di proprietà di Alfredo Barbone..
Il campo di Città S. Angelo
rimase vuoto fino al febbraio 1941, nonostante che l’Ispettore Falcone, nei
mesi precedenti, avesse più volte comunicato al Ministero che il campo era
stato attivato ed era pronto a ricevere gli internati.
Il primo gruppo, di 13 internati,
arrivò nel febbraio 1941 e, tra il marzo e l’aprile dello stesso anno, il
Ministero dell’Interno vi inviò quarantaquattro cittadini dalmati, i quali
erano stati fermati alcuni mesi prima nel porto di Genova mentre si trovavano imbarcati
nei piroscafi "Una" e "Dubac".
Nel luglio successivo i dalmati
vennero rimpatriati e, a Città S. Angelo, il Ministero
continuò a inviare internati di nazionalità jugoslava.
Nel 1942, il direttore
Commissario Di Donna venne sostituito dal vice Commissario Aggiunto Augusto
Menè. Il 5 maggio dello stesso anno, il nuovo direttore comunicava al Ministero
dell’Interno che: "50 internati giunti, ieri sera, dal campo di
concentramento di Corropoli. Con l’occasione si ritiene opportuno e doveroso
far presente che, essendosi raggiunte il numero di 134 internati, poiché una
camera è stata destinata in parte alle creazione dell’infermeria di isolamento
e in parte riservata per locale di disinfestazione e disinfezione biancheria,
in questo campo non vi sono più posti disponibili".
Nel giugno 1942, l’Ispettore
Generale Medico, nella relazione per il Ministero dell’Interno, descriveva in
questo modo il campo di Città S. Angelo:
Appena entrati appare una porta
che dà in una camera buia senza finestre destinata per le punizioni. In un
piano terreno sopraelevato sono i dormitori, ampi, con il pavimento a tavolato
di legno. Uno dei dormitori trovasi al piano superiore. Finora nessun locale è
stato destinato per l’eventuale isolamento o infermeria o ambulatorio, vi è il
bagno ma senza scaldabagno che necessita. Tutti i locali avrebbero bisogno di
un imbiancatura a calce delle pareti e inoltre sarebbe da raccomandare che le
eventuali disinfezioni siano eseguite a cura del Centro provinciale di
profilassi per la maggior competenza del personale. Gli internati prendono i
loro pasti fuori dal campo. Le vaccinazioni non sono ancora state eseguite.
L’assistenza medica è affidata all’unico medico condotto del luogo Dr.
Guizzardi, il quale è molto indaffarato per cui spesso non è disponibile. Se ne
proporrebbe la sostituzione con l’ufficiale sanitario Dr. Nasuti. Aggiungo che
essendo per il passato entrati tre malati di scabbia, il Dr. Guizzardi non si
curò nemmeno di denunciarli come di obbligo. Non sono state ancora praticate le
vaccinazioni.
Solo alla fine del 1942, verrà
costruita l’infermeria con una camera da bagno completa di vasca, lavandino e
due docce.
La direzione, nel frattempo, è
passava al Commissario Angelo Rossi, ma in realtà il campo, fino alla chiusura,
venne diretto dai funzionari di P.S. della questura di Pescara che si
alternavano ogni quindici giorni.
A Città S. Angelo, nell’inverno
del 1942, erano presenti nel campo circa 120 internati, quasi tutti jugoslavi,
tra i quali "ventisei individui, appartenenti al partito comunista",
che secondo l’Ispettore Falcone "malgrado l’attiva vigilanza degli agenti
di P.S., riescono a mantenere rapporti con gli abitanti di quel comune, molto
ospitali per loro natura, avendo occasione di propagandare le proprie idee sovvertitrici".
Dopo alcuni incidenti, vennero
inflitte varie punizioni agli internati colpevoli di "confabulare con gli
abitanti del comune", e, nel dicembre 1942, l’Ispettore Falcone decise, in
accordo col Questore di Pescara, di: "Limitare la libertà agli internati,
come già si pratica in altri campi di concentramento, accordando loro, due ore
al giorno di uscita, indrappellati e scortati da agenti e da carabinieri, in
maniera che non abbiano contatto con estranei".
L’8 gennaio 1943, gli internati,
per protesta nei confronti dei nuovi provvedimenti che limitavano ulteriormente
la loro libertà personale, non si recarono, come al solito, a prendere i pasti
nelle trattorie del paese. L’11 gennaio nove "sobillatori, tutti
comunisti" vennero arrestati e il 4 febbraio, su ordine del Ministero
dell’Interno, inviati nelle colonie di Lipari e Ponza.
Nell’aprile successivo, per
evitare nuovi incidenti e per non far circolare gli internati nel paese,
l’Ispettore Falcone propose al Ministero dell’Interno l’istituzione della mensa
all’interno del campo. La richiesta venne accolta e, nel maggio 1943, la mensa
entrò in funzione.
Nel 1943, dopo alcuni
trasferimenti, a Città S. Angelo il numero degli internati scese a 80.
Nell’ultimo periodo nel quale il
campo rimase aperto, la difficoltà a reperire il cibo e la presenza di due
tubercolotici, resero le condizioni di vita degli internati sempre più
precarie.
Il 3 settembre 1943, l’Ispettore
Generale Lorito, dopo un’ispezione ai campi di concentramento dell’Abruzzo e
del Molise, riferiva al Ministero dell’Interno che il campo di Città S. Angelo:
"è in stabile all’interno del paese in locale angusto ed incomodo accesso,
neppure igienicamente adatto. Vi si trovano molto addensati 79 internati.
Epperò dovrebbero essere ridotti, eliminandosi una decina di elementi
irrequieti, insofferenti e talvolta sobillatori, da destinarsi altrove
separatamente".
Il campo di Città S. Angelo,
anche se con pochi internati, rimase attivo fino ai primi giorni dell’aprile
1944, quando venne definitivamente chiuso.
2.10. Il campo di
concentramento nella città fortezza di Civitella del Tronto.
Il campo di concentramento di
Civitella del Tronto era composto da tre edifici: dall’Ospizio "Filippo
Alessandrini" ( ex convento dei Cappuccini), di proprietà del comune; dall’abitazione
della sig.ra Vinca Migliorati, che si trovava all’estremità del paese in via
Porta Venore e dal convento Francescano di S. Maria dei Lumi, di proprietà dei
frati Minori.
La direzione del campo,
inizialmente, venne affidata al Vice Commissario Mario Gagliardi, sostituito,
nell’estate del 1940, dal Commissario Giovanni Cardinale.
Alla sorveglianza erano addetti
quattro carabinieri e un sottufficiale della locale stazione e il servizio
sanitario era effettuato dal Dott. Manlio Scesi.
Nei primi giorni di luglio del
1940, la ditta Montuori, addetta al casermaggio, terminò di allestire il campo
per 230 posti. Nel settembre successivo arrivarono i primi internati e, il 15
dello stesso mese, il campo contava 20 internati, tutti ebrei, apolidi e di
varie nazionalità (belga, tedesca, polacca, russa e ceca). Oltre questi, nello
stesso periodo, si registrava la presenza di nove cinesi. Il 9 novembre 1940,
le presenze nel campo aumentarono fino a 109 internati, in maggioranza ebrei
tedeschi.
Verso la fine del 1940, il
direttore, Cardinale, venne sostituito dal Commissario Gino Franchi, che a sua
volta, nel corso del 1941, verrà rimpiazzato dal Cav. Giuseppe Franco.
Il 29 gennaio 1941, dopo una
richiesta del sacerdote di Civitella, Don Ascanio Fioravanti, il pontefice
inviò agli internati cattolici un sussidio di mille lire per le spese di prima
necessità. Nello stesso periodo, arrivarono 100 pescatori greci (dodecanesini),
i quali, dopo pochi giorni, vennero trasferiti in altri campi. Dopo questo
trasferimento, il numero degli internati del campo scese intorno alle 120
presenze rimanendo tale per il resto del 1941.
Il 9 aprile dello stesso anno,
due internati: "Bernard G. Battista fu Adolfo, zingaro, unitamente al
figlio Michele", riuscirono ad evadere, agevolati dal fatto che la
sorveglianza, dopo la soppressione del corpo di guardia dei carabinieri, veniva
esercitata saltuariamente da due agenti di P.S..
Il Ministero dell’Interno, nel
gennaio 1942, assegnò al campo di concentramento di Civitella 107 internati tutti
ebrei di nazionalità inglese provenienti dalla Libia: divisi in 28 famiglie,
composti in prevalenza da vecchi donne e bambini con
molti bambini, essi avevano bisogno di movimento e di passeggiate all’aria
aperta. I "capi-famiglia" in una lettera al Ministero dell’Interno,
denunciavano, infatti, che "abituati a vivere al sole ed all’aperto ed ai
bagni di mare, ci riesce oltremodo penoso vivere in un ambiente chiuso in cui
abbiamo appena 60/70 metri quadrati all’aperto per passeggiare". Alla fine
della lettera aggiungevano di: "voler disporre affinché ci venga concessa
la libera uscita ogni giorno, possibilmente dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore
15 alle ore 20, oppure in orario che codesto On.le Ministero riterrà di
fissarci. All’uopo facciamo presente che a Tripoli fino al giorno del nostro
internamento eravamo completamente liberi".
Mentre gli internati di Civitella
chiedevano maggiore spazio e condizioni di vita migliori, una lettera, inviata
al Ministero dell’Interno da un anonimo, denunciava che "elementi
benpensanti del luogo si dichiarano meravigliati del contegno delle autorità
nei confronti degli internati, considerati più ospiti di riguardo che persone
sottoposte a sorveglianza; e dicono pubblicamente che oramai a Civitella
comandano gli ebrei ed i loro quattrini"
Dopo alcuni accertamenti, la
Prefettura di Teramo dichiarò al Ministero che gli internati non godevano di
nessun privilegio; solo in determinate ore potevano recarsi nel centro del
paese, e in occasione di visite di coniugi pernottare e consumare i pasti
nell’albergo del luogo. Oltre a questo, nella relazione si faceva presente che
il direttore, Giuseppe Franco, poiché anziano e malato, non era più idoneo a
dirigere un campo di concentramento, importante come quello di Civitella.
Dopo che anche l’Ispettore
Generale Falcone aveva denunciato l’incapacità del direttore, il Ministero lo
sostituì con il Commissario Domenico Palermo e ordinò di limitare le uscite
degli internati fuori dal campo di concentramento.
Il 13 agosto 1942, l’Ispettore Generale
della 6° zona, dopo un’ispezione a Civitella, riferì al Ministero dell’Interno
che nei giorni della sua visita gli internati presenti nel campo erano 167,
suddivisi in tre nuclei, uno dei quali, di 94 unità, alloggiato all’Ospizio
Alessandrini, un altro, di 37 unità, alloggiato alla casa Migliorati e un
terzo, di 36 unità, alloggiato a S. Maria dei Lumi. L’Ispettore, nella
relazione al Ministero, aggiungeva che bisognava potenziare la sorveglianza e
nominare un altro direttore oltre quello già assegnato poiché gli edifici dove
alloggiavano gli internati, essendo distanti tra loro, offrivano troppe
possibilità di fuga. Per quando riguardava la richiesta degli internati di
avere libera uscita nel paese, l’Ispettore dichiarò che "per la appena sufficienza
dei mezzi di vigilanza disponibili e per la ubicazione dei campi non è
possibile ne integralmente ne parzialmente accoglierlo".
Nei giorni successivi, gli
internati inglesi, tramite i rappresentanti della Croce Rossa e della Legazione
Svizzera che andavano a controllare la situazione nel campo, continuarono a
chiedere, al Ministero dell’Interno, che fosse loro permesso di uscire.
Il 23 settembre, dopo
l’assegnazione di altri due agenti di P.S., il direttore decise che l’uscita in
paese agli internati era concessa solo a chi aveva reali necessità, e doveva
avvenire isolatamente e sotto sorveglianza. Tuttavia questa non era l’unica
preoccupazione degli internati; altri, infatti, erano i problemi che
contribuivano a rendere precarie le loro condizioni, quali l’insalubrità degli
edifici adibiti a campo di concentramento, il poco spazio nelle camerate, la
mancanza di indumenti e il freddo nei mesi invernali.
Nei primi mesi del 1943, le
presenze nel campo di Civitella si aggirarono intorno ai 150 internati, sempre,
in prevalenza, ebrei tedeschi e inglesi. Dopo che il direttore Palermo venne
sostituito dal Commissario Francesco Mariniello, il 2 luglio dello stesso anno
vennero trasferiti dal campo di Corropoli a quello di Civitella 42 internati,
in maggioranza inglesi.
Dopo l’8 settembre 1943 il campo
di Civitella era ancora efficiente, e il 27 ottobre 121 internati vennero
inviati verso nord dai tedeschi al campo di Fossoli di Carpi (Modena), per poi
essere, il 16 maggio 1944, deportati a quello di Auschwitz in Germania.
Il 22 novembre erano presenti nel
campo 60 internati, tutti libici di nazionalità inglese e di religione ebraica.
Anch’essi vennero trasferiti, tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, a
Fossoli di Carpi, per poi essere deportati nel campo di Bergen Belsen in
Germania.
Dopo questi trasferimenti, altri
internati vennero inviati a Civitella, e il 19 dicembre 1943 il campo ne
contava 175.
Il 16 marzo 1944, dopo la morte
del direttore, Francesco Mriniello, viene nominato a dirigere il campo il
Commissario Aggiunto Filiberto De Raffaele.
Nell’aprile 1944, il Ministero
dell’Interno inviò varie circolari, alla Prefettura di Teramo, che
sollecitavano il trasferimento degli internati presenti in provincia verso
nord. In seguito a queste disposizioni, il 18 aprile 23 internati tutti ebrei
tedeschi vennero prima trasferiti a Fossoli, dalla polizia tedesca, e poi, il
16 maggio 1944, ad Auschwitz. Stessa sorte, il 4 maggio, toccò ai 134 ebrei
inglesi provenienti dalla Libia, i quali, dopo essere stati inviati a Fossoli,
vennero deportati, il 16 maggio, a Bergen Belsen e ad Auschwitz.
Gli internati di Civitella, che
vennero deportati nei campi di concentramento in Germania, ebbero destini
differenti; infatti, solo alcuni di quelli inviati al campo di Bergen Belsen vennero
uccisi, mentre quelli inviati nel campo di Auschwitz morirono quasi tutti.
Dopo il trasferimento degli
internati, il campo di Civitella venne chiuso il 22 maggio 1944.
2.11. Il campo di
concentramento nella Badia Celestina di Corropoli.
Il campo di
concentramento di Corropoli venne istituito nel monastero dei frati Celestini
denominato Badia, a circa un chilometro dal paese in contrada Colli.
Prima di essere attivato, poiché
si trovava in uno stato di inabitabilità, subì vari lavori di adattamento, che
si protrassero per quasi tutto il 1940; tanto che i primi internati vi vennero
inviati, dal Ministero dell’Interno, solo all’inizio del 1941.
La direzione, nei primi mesi,
venne affidata al Commissario Aggiunto di P.S. Guido Trevisani, sostituito
nell’autunno del 1940 dal Commissario Aggiunto di P.S. Mario Maiello. Il
servizio sanitario veniva garantito dal Dr. Gaetano D’Aristotile, mentre alla
sorveglianza furono preposti due carabinieri e due agenti di P.S..
Il 3 marzo 1941 il campo di
Corropoli contava 18 internati; nel corso dei mesi successivi ci furono nuovi
arrivi, e il campo, nell’agosto del 1941, raggiunse le 64 presenze. Questi
primi internati erano in maggioranza irredentisti slavi e comunisti italiani
che, in seguito alla condanna del Tribunale Speciale dello Stato, erano già
stati confinati in precedenza. Tra gli internati civili italiani, erano
presenti anche delle donne che, dopo pochi giorni passati nel campo, vennero
trasferite.
Nel frattempo, il direttore
Maiello, era stato sostituito dal Commissario Aggiunto di P.S. Giovanni
Santamaria. Nell’ottobre successivo, al posto del direttore Santamaria, era
subentrato il Dr. Carmine Medici, che a sua volta, nel secondo semestre del
1942, venne sostituito dal Dr. Francesco Alongi.
La Badia di Corropoli era stata
individuata prima che diventasse campo di concentramento, dal Consorzio
Provinciale Antitubercolare come struttura idonea per poterci impiantare
un’istituto analogo. A questo proposito, la Badia era stata acquistata dal
Consorzio, il quale aveva anche stanziato i soldi per realizzare l’istituto.
Tale progetto, a causa dell’esproprio del monastero da parte del Ministero
dell’Interno per adibirlo a campo di concentramento, divenne irrealizzabile.
Il 18 novembre 1941, il
presidente del Consorzio inviò una lettera alla Direzione Generale di P.S., ove
si faceva presente che i lavori per l’istituto dovevano proseguire, ma ciò
risultava impossibile per la presenza degli internati: pertanto il direttore
del Consorzio proponeva il trasferimento immediato degli internati nella casa
di proprietà della famiglia Persiani, che si trovava nelle vicinanze del campo.
Nel gennaio 1942, il Ministero
dell’Interno, rispose alla lettera del Consorzio Antitubercolare, dicendo che
non era possibile trasferire in altri campi gli internati e tanto meno
utilizzare la casa Persiani perché disponeva di soli 50 o 60 posti, mentre il
numero degli internati era di 120.
Dopo ulteriori sollecitazioni da
parte del Consorzio Antitubercolare di Teramo, il 4 maggio 1942, il campo venne
sgomberato e i 132 internati, quasi tutti slavi, vennero inviati, come già
detto, 82 al campo di Casoli e 50 a quello di Città S.Angelo. Così alla Badia
poterono ricominciare i lavori di allestimento dell’istituto antitubercolare. I
lavori però, proseguirono per poco tempo, infatti, il 16 giugno, il Ministero
dell’Interno dichiarò impossibile rinunciare al campo di concentramento di
Corropoli, e predispose che nella Badia venissero inviati degli internati
inglesi provenienti dalla Grecia.
Nel febbraio 1942, un anonimo
riferì alla Prefettura di Teramo, che gli internati di Corropoli godevano di
troppa libertà. Dopo alcuni sopralluoghi dell’Ispettore Falcone e della stessa
Prefettura, le accuse dell’anonimo risultavano infondate. Infatti, sia
l’Ispettore Falcone che il Prefetto Tincani riferirono al Ministero
dell’Interno che "proprio per il campo di concentramento di Corropoli,
dato che vi sono internati elementi prevalentemente sovversivi, che è stato
disposto il maggior rigore, esercitato con scrupolosa energia da parte del
funzionario di P.S. addetto alla direzione". Nella relazione si aggiungeva
che gli internati si recavano in paese, accompagnati da un agente e da un
carabiniere, solo per acquistare le provviste per la mensa comune. Inoltre, si
faceva presente che erano stati denunciati alle "Autorità
Giudiziarie" dodici internati per aver oltrepassato il perimetro del campo
dove era loro consentito circolare, e altri sei per aver ecceduto nel bere dopo
aver ricomprato dai compagni il quantitativo di vino che veniva assegnato a
ciascuno per i pasti. L’Ispettore, nel riferire il rigore che regnava nel
campo, concludeva la relazione dicendo che tutti gli internati indisciplinati
erano stati condannati e trasferiti, su proposta della Questura di Teramo, nelle
colonie delle Tremiti e di Lipari .
Nei mesi successivi, le lettere
anonime continuarono ad arrivare alla Prefettura di Teramo. In una di esse,
datata 6 aprile 1942, si faceva presente che gli internati di Corropoli:
circolerebbero indisturbati per
il paese e le vicine campagne, e di ciò profitterebbero per rifornirsi -
accettando qualunque prezzo - dei generi più svariati, quali polli, agnelli,
uova, prosciutti, formaggi, olio persino. Non mancherebbe loro, si dice,
neppure il pane bianco. La popolazione del luogo, che osserva, cova il proprio
risentimento e commenta con ironia.
A questa lettera ne seguì un
altra, datata 16 aprile 1942, nella quale si denunciava che l’agente di P.S.,
Stefanelli, si lasciava corrompere dagli internati. Anche in questo caso, il
Prefetto, il 16 maggio, riferì al Ministero dell’Interno che tali accuse
"non corrispondono a verità".
Il 19 luglio, dal campo di
concentramento di Civitella della Chiana (Arezzo), vennero trasferiti a quello
di Corropoli 11 internati, tutti sudditi indiani. Nella stessa estate del 1942,
alla Badia arrivarono, provenienti dalla Grecia, gli internati inglesi, i quali
si trovavano in condizioni di assoluta indigenza e privi di vestiario. Insieme
agli inglesi, c’erano quarantacinque "ex ufficiali Greci", che dopo
aver trascorso un breve periodo nel campo di concentramento di Corropoli,
vennero trasferiti nel campo per prigionieri di guerra di Busseto
Verso la fine del 1942, il
direttore Alongi venne sostituito dal Commissario Carmine Sanzò, il quale, a sua
volta, nella primavera del 1943, sarà sostituito dal Vice Commissario Mario
Gagliardi.
In seguito all’arrivo di altri
sudditi inglesi, provenienti dalla Libia, il campo raggiunse, nei primi mesi
del 1943, le 150 presenze.
Nel febbraio 1943, il fiduciario
dei sudditi britannici, Enrico Pritchard, denunciava all’Ispettore Generale
Rosati, le condizioni alle quali erano sottoposti due indiani, Fabiani
Jamathmal e Shamtani Purtoschandas, insieme al messicano Ruben Migel Rejes.
Questi infatti, dopo essere stati arrestati, il 26 dicembre, perché si erano
allontanati arbitrariamente dal campo, vennero condannati dal Pretore di
Nereto, e da oltre 50 giorni si trovavano nelle locali carceri in una cella
antigienica e piena di insetti. Il fiduciario, nel lamentare tale trattamento,
chiedeva il loro immediato rilascio, poichè, essendo internati, potessero
scontare la pena nel campo di concentramento.
Oltre a questo episodio, altri
incidenti accaddero all’interno del campo di Corropoli, acccentuati dal modo
con il quale le guardie e il direttore applicavano il regolamento. Questo
provocò le lamentele degli internati che, insofferenti, iniziarono a chiedere
di essere trasferiti in altri campi.
Nel giugno 1943, mentre il
Consorzio Antitubercolare di Teramo continuava a reclamare la disponibilità
della Badia, il Ministero dell’Interno, per garantire maggior sicurezza ed
evitare tentativi di fuga, dispose la recinzione del campo è una sorveglianza
più attenta. Il 23 giugno, veniva approvato, dal Ministero dei Lavori Pubblici,
il progetto, fatto dal Corpo Reale del Genio Civile di Teramo, per la
recinzione con filo spinato del campo.
Intanto erano arrivati,
trasferiti dal campo di concentramento di Tollo, come si è detto
precedentemente, 48 internati slavi, i quali, l’8 luglio, vennero inviati,
insieme ad altri 27 internati, al campo di Bagno a Ripoli (Firenze). Alcuni
giorni prima, il 2 luglio, erano stati trasferiti al campo di Civitella del
Tronto 42 internati inglesi.
Dopo questi trasferimenti, a
Corropoli rimasero 9 internati, due presenti nel campo, sei detenuti a Nereto e
uno in ospedale. Il 15 luglio, dopo l’arrivo di 22 militari dell’arma, vennero
inviati, alla Badia, 100 internati provenienti dalla colonia di Lipari.
Nell’agosto successivo, il campo
raggiunse le 165 presenze, delle quali 158 erano ex jugoslavi trasferiti da
Lipari, che capeggiati da "Janko Mricevic, avvocato e sedicente ex
Deputato della Camera di Belgrado, dal giornalista, sacerdote cattolico Vinko
Fraievic e da tal Ugo Ajcevic", avevano iniziato lo sciopero della fame
per protestare contro il trattamento al quale erano sottoposti dal direttore
Gagliardi. Dopo l’intervento del Questore di Teramo, lo sciopero venne sospeso,
e il direttore Gagliardi trasferito, per un breve periodo, a Treviso. Il Ministero
dell’Interno lo sostituì per circa due mesi con il Commissario Aggiunto di P.S.
Luigi Grande.
Il 19 settembre, la formazione
partigiana comandata da Armando Ammazzalorso insieme al tenente croato Svetozar
Ciukovic da Karlovac, entrò nel campo liberando trentasei internati jugoslavi.
Dopo che altri due internati
vennero liberati dai partigiani, nel dicembre successivo, erano 130 gli
internati ancora presenti nella Badia.
Nello stesso mese, il direttore
Gagliardi consegnò al Podestà di Corropoli parte del casermaggio del campo, che
venne utilizzato per sistemare gli sfollati provenienti da Napoli.
Il 1 febbraio 1944, arrivarono
alla Badia 69 internati trasferiti dal campo di Nereto.
Il 19 gennaio precedente, il
Ministro dell’Interno Tamburini aveva inviato ai "Capi Provincie Teramo
Frosinone" un telegramma nel quale si comunicava che "internati sia
isolati che campi di concentramento et ebrei cotesta provincia dovranno essere
avviati massima urgenza campo concentramento Servigliano (Ascoli Piceno). Per
trasporto internati pregasi provvedere opportuni accordi con Comandi Germanici
competenti".
In un primo momento, a causa
della mancanza dei mezzi di trasporto, solo alcuni internati vennero trasferiti ; successivamente, nel maggio 1944, i tedeschi riuscirono a
trasferire, a Servigliano, 60 internati, quasi tutti ebrei.
Il campo venne chiuso alla fine
di maggio, e gli ultimi internati ancora presenti inviati in altri campi del
Nord.
2.12. I cinesi internati nella
Basilica di S. Gabriele a Isola del Gran Sasso.
Il campo di concentramento di
Isola del Gran Sasso era composto da due edifici. Uno di essi si trovava vicino
alla Basilica di S. Gabriele, ed era un grande salone, fatto costruire dai
Padri Passionisti del Santuario per il ricovero di pellegrini. L’altro edificio
(che venne adibito a campo di concentramento) si trovava a due chilometri da
Isola, ed era un ex albergo (S. Gabriele), di recente costruzione, di proprietà
della famiglia Santilli.
Il campo all’inizio venne
predisposto per 180 posti complessivi, che, dopo l’ispezione dell’Ispettore
Falcone insieme al Questore di Teramo e al medico provinciale, vennero ridotti
a 135.
La direzione era affidata al
Podestà del paese, Giovanni De Plato, coadiuvato dal segretario comunale
Saverio Pietrantonio; il Dr. Luigi Di Sabatino garantiva l’assistenza
sanitaria.
Alla metà di giugno 1940 il campo
era già stato allestito e, il 7 luglio, registrava la presenza di 13 internati.
Alla fine dello stesso mese saranno 86 i presenti e il 13 settembre, nei due
edifici, si conteranno 93 internati, in maggioranza ebrei tedeschi.
L’8 settembre 1940, un anonimo
riferì alla polizia che:
gli internati nel campo di
concentramento del Gran Sasso goderebbero di una certa libertà, che avrebbe
fatto meraviglia agli stessi internati ed ai villeggianti, i quali colà
sarebbero piuttosto numerosi. Si aggiunge, in proposito, che gli internati
medesimi, grazie alla libertà loro consentita, potrebbero fare vita comune con
i villeggianti e qualcuno di essi si servirebbe della compiacenza di costoro
per far scrivere lettere e per mandare notizie, le quali, inviate direttamente,
sarebbero sottoposte a censura.
Dopo un'ispezione al campo, il 15
settembre, l’Ispettore Falcone, in una relazione per il Ministero dell’Interno,
dichiarava infondate le accuse dell’anonimo e dispose che il sottufficiale e i
quattro carabinieri addetti alla sorveglianza dovessero intensificare la
vigilanza "affinché la disciplina sia osservata con la massima
scrupolosità".
All’inizio del 1941, alcuni degli
ebrei internati vennero trasferiti in altri campi e altri vi furono inviati,
facendo raggiungere al campo le 105 presenze.
Il 5 settembre dello stesso anno,
a Isola del Gran Sasso, arrivarono, trasferiti dal campo di concentramento di
Tossicia, dieci cinesi ed altri vi furono inviati nel mese successivo.
Nell’aprile 1942, erano presenti
42 internati, in maggioranza ebrei tedeschi, nell’ex albergo e 65, quasi tutti
cinesi, nel locale dei Padri Passionisti.
Il 5 maggio il Ministero
dell’Interno, con un telegramma, ordinò: "da Tossicia trasferire tutti i
cinesi ad isola Gran Sasso; gli ebrei da Isola Gran Sasso a Ferramonti e gli
italiani trasferirli in altri campi". Il 15 dello stesso mese, 55 ebrei
stranieri vennero trasferiti da Isola a Ferramonti (Cosenza), l’unico italiano presente,
Luigi Pietro Boero, fu inviato nel campo di concentramento di Isernia, mentre
il giorno successivo nel campo di Isola giunsero 116 cinesi provenienti dal
campo di Tossicia.
Nell’aprile 1942, l’Ispettore
Generale Medico, dopo un ispezione ai due edifici dove si trovavano gli
internati, descriveva, in una relazione al Ministero dell’Interno, l’ex albergo
in buono stato e dotato di cucina, refettorio, infermeria, bagno con
scaldabagno e acqua potabile. Mentre nel locale vicino alla Basilica di S. Gabriele,
la doccia era poco funzionante e senza scaldabagno, non aveva l’infermeria e la
cucina non garantiva i pasti per tutti gli internati.
Nel settembre 1942, due
internati, Yu King e Ko Schon Tchon, vennero rinchiusi in camera di sicurezza
con l’accusa di aver fomentato, tra gli internati, risentimento contro il
confidente del direttore Fung Sin Tcheon. In seguito all’accaduto, gli
internati si accusarono reciprocamente di aver fatto la spia e, il 28
settembre, scoppiò una rissa che coinvolse dodici internati, i quali vennero
arrestati e portati nelle carceri di Tossicia.
Insieme agli internati cinesi
c’era Padre Antonio Tchang, dei Minori conventuali, che, nel maggio 1941, era
stato inviato dalla Santa Sede al campo di concentramento di Tossicia per convertire
al cattolicesimo i cinesi. Il 18 settembre, il reverendo venne aggredito da tre
internati, i quali, insieme ad altri nove che avevano manifestato idee ostili
contro lui, vennero trasferiti, il 21 ottobre successivo, al campo di
Ferramonti (Cosenza).
Nel marzo 1943 il campo era
sovraffollato, infatti, nel dormitorio dei Padri Passionisti, erano presenti 80
internati, rispetto ai 75 previsti, e nell’ex albergo 66 invece di 60.
Dopo l’arrivo di un altro cinese,
fino all’ottobre 1943, saranno 147 gli internati presenti nel campo.
Il 26 ottobre 1943, 102 internati
vennero trasferiti in altri campi dai tedeschi. Il 27 novembre successivo altri
42 internati vengono prelevati insieme al materiale di casermaggio, e
trasportati dalle autorità germaniche verso nord.
Il campo rimase vuoto per alcuni
giorni, ma, all’inizio del 1944, altri cinesi vengono inviati nel campo di
concentramento di Isola del Gran Sasso e, in 99 vi rimarranno internati fino ai
primi di giugno, quando l’intera zona verrà liberata dagli alleati.
2.13. Il campo di
concentramento di Nereto.
Il campo di concentramento di
Nereto era composto da tre edifici. Due di essi, la casa di Silvio Santoni in
viale Vittorio Veneto e il secondo piano della casa di proprietà di Carmine
Lupini in vicolo Scarfoglio, vennero istituiti nel giugno 1940, mentre il
fabbricato di proprietà del consorzio agrario, detto "palazzo
bacologico" in viale Roma, nel settembre successivo.
La direzione del campo venne
affidata, dal 1 luglio 1940, a Mario Marzi, Segretario della Sezione di Nereto
dell’Istituto fascista di cultura e, dal 31 giugno 1941 a Pasquale di Pietro,
Commissario Prefettizio e dal gennaio 1943 Podestà del comune.
Per la sorveglianza, nella casa
di proprietà dei Santoni e nell’edificio in viale Vittorio Veneto, erano stati
creati dei posti fissi di RR.CC. in due case vicine con un carabiniere per
parte, al consorzio agrario, invece, la vigilanza era assicurata da una guardia
municipale. Dell’assistenza sanitaria agli internati, nei primi due anni, se ne
occupò il Dr. Bruno Marsili e in seguito il Dr. Salutanzi
I primi internati, arrivarono nel
luglio 1940 e vennero sistemati nella casa dei Santoni. Alla fine dello stesso
mese, il campo di Nereto contava 28 internati, in maggioranza ebrei tedeschi.
Nel corso del 1940 il campo di
concentramento di Nereto, pur avendo una capienza complessiva di 160 posti,
venne poco utilizzato, e anche all’inizio del 1941 gli internati presenti non
superarono le 60 unità.
Verso la fine del 1941, gli
internati presenti nel campo erano circa 100 e nei primi mesi del 1942, dopo
alcuni trasferimenti, scesero a 85.
L’Ispettore Generale Medico,
nell’aprile 1942, in una relazione al Ministero dell’Interno sulla situazione
dei campi di concentramento abruzzesi, denunciava che quello di Nereto, nella
"casa in vicolo Scarfoglio n. 4", si trovava senza docce e senza
infermeria ed era occupata da "16 israeliti, uomini, di varie nazionalità
ma in maggioranza tedeschi". Invece la "casa privata in viale
Vittorio Veneto n. 39", dove vi erano internati "50 ebrei tedeschi e
polacchi", era l’unico, dei tre edifici, in ottimo stato, e l’unico
"che abbia un bagno a doccia, costruito appositamente (a spese di un
internato)". Nel palazzo del consorzio agrario, dove si contavano 30 internati
in maggioranza ebrei polacchi, il campo era stato allestito nei magazzini del
consorzio "in locali del tutto inidonei e umidi a pianterreno e aggravati
dal fatto che gli internati non possono menomamente uscire un po' come negli
altri campi". In quest’ultimo edificio, era "stata adattata una
cucina, e un refettorio sotto un porticato aperto, in quanto gli internati
mangiano tutti dentro", non c’era l’infermeria e "in una latrina è
stata applicata un annaffiatoio a doccia senza scaldabagno".
Dopo che la Direzione Generale della
Sanità Pubblica più volte aveva richiesto, al Ministero dell’Interno, la
costruzione delle docce e dell’infermeria nel campo di Nereto, nel settembre
1942, il Ministero dispose che venissero realizzate.
Nello stesso periodo il direttore
del campo, Di Pietro, aveva emanato delle disposizioni per delimitare il
percorso consentito agli internati per la passeggiata.
Nell’agosto precedente, a
sovraintendere il campo di Nereto, era stato nominato il Commissario Francesco
Alongi, direttore del campo di Corropoli. Quando, nel 1943, il direttore Di
Pietro divenne Podestà del paese, e il segretario comunale Nicola Lucidi, che
di fatto dirigeva il campo, venne richiamato alle armi, il Commissario Alongi
passò a dirigere il campo di concentramento di Nereto.
Nell’agosto 1942, dopo l’arrivo
di sedici internati da Capodistria, il campo raggiunse le 145 presenze.
Il 24 marzo 1943, vennero
arrestati, "per non aver osservato il regolamento del campo, che fa
assoluto divieto agli internati di parlare di politica", quattro internati
slavi.
Il 5 maggio successivo, il
Ministero dell’Interno aveva disposto il trasferimento di tutti gli internati
di Nereto a Ferramonti (Cosenza) e quelli di Tortoreto a Nereto. Alcuni giorni
dopo il Ministero, con un telegramma, revocò la decisione precedentemente
presa, e, i 156 internati, in maggioranza ebrei tedeschi, rimasero al campo di
concentramento di Nereto.
L’Ispettore Generale Rosati, il
27 agosto 1943, in seguito ad un’ispezione della Croce Rossa Internazionale al
campo, riferiva al Ministero dell’Interno che gli internati non si erano
lamentati del trattamento al quale erano sottoposti. L’unico inconveniente
secondo l’Ispettore, era rappresentato dalla disagevole condizione di cinque
internati costretti a dormire per terra per insufficienza di brande. Per
ovviare a questa carenza, l’Ispettore Rosati e il direttore del campo avevano
scelto cinque internati, "fra i migliori e ben conosciuti per la loro
condotta, indole e sentimenti politici", autorizzandoli, sotto stretta
sorveglianza dei carabinieri, a dormire in un albergo del paese.
Il 13 settembre 1943, dodici
internati, di nazionalità jugoslava, riescono ad evadere dal campo con cinque
moschetti, prelevati nella caserma dei carabinieri di Nereto. I fuggitivi, però
nel pomeriggio dello stesso giorno, vennero arrestati e riportati al campo
mentre dirigevano verso Ascoli Piceno. Interrogati dai carabinieri, sul perché
del loro gesto, risposero di essersi allontanati per "combattere contro i
tedeschi".
Il 4 dicembre successivo, il
consorzio agrario venne occupato dalle truppe tedesche e gli internati, che lì
si trovavano, trasferiti, in parte negli altri due edifici e in parte in alcune
case di contadini.
Nello stesso mese, il direttore
del campo di Nereto, Alongi, venne richiamato in servizio presso la Questura di
Teramo e, al suo posto, il Ministero dell’Interno nominò il Commissario Capo di
P.S. Attilio Capurro.
La polizia tedesca, il 21
dicembre, "ingiunse al funzionario della polizia Repubblicana, di
consegnare entro le 8 tutti gli internati ebrei ivi esistenti". Alle ore
16 dello stesso giorno, il nuovo direttore dispose che tutti gli internati si
sarebbero dovuti riunire nell’edificio di viale Vittorio Veneto, col pretesto
di fare alcune raccomandazioni. Gli internati, dopo essersi recati nel posto
stabilito, vennero circondati da 12 carabinieri, e il giorno seguente,
"alle ore 8 n. 61 internati sono stati ritirati dalla polizia
tedesca". In seguito a questo episodio, il 27 dicembre, sette internati
evasero dal campo dirigendosi verso "ignota direzione".
Gli internati rimasti a Nereto,
nel gennaio 1944, vissero in condizioni al limite della sopravvivenza: le
razioni alimentari furono dimezzate, i locali che li ospitavano erano senza
vetri, luce e acqua,.
Il 1 febbraio 1944, come riferiva
il Capo della Provincia di Teramo, il campo venne chiuso per le
"sopraggiunte esigenze belliche". I 69 internati ancora presenti come
già detto, vennero trasferiti al campo di Corropoli.
2.14. Il campo di
concentramento di Notaresco.
Il campo di concentramento di
Notaresco fu uno dei primi campi, della provincia di Teramo, ad essere
allestito e a ricevere i primi internati. Era composto da due edifici: il
fabbricato di proprietà dei Marchesi De Vincenzi - Mazzarosa in via Borgo n.
14, con 90 posti e la casa di Eligio Liberi (eredi Caruso), in via Giardino n.
14, con 41 posti.
La direzione del campo, nei primi
mesi, venne affidata al Commissario Prefettizio Cesare Forcella, coadiuvato dal
segretario comunale Nicola Lucidi, che in seguito, come abbiamo visto, sarà
impiegato al comune di Nereto dove si occuperà del locale campo di
concentramento. Verso la fine del 1940, il direttore Forcella, ormai troppo
anziano per adempiere tale compito, venne sostituito da Davide De Nigris,
veterinario condotto che in seguito sarà nominato Podestà di Notaresco.
Per garantire la sorveglianza, in
una casa vicina all’edificio De Vincenzi, venne istituito un posto fisso di
RR.CC., mentre per la casa di Eligio Liberi, il servizio di vigilanza, veniva
adempiuto dagli stessi carabinieri della locale stazione, la quale si trovava
nella stessa via. L’asistenza sanitaria agli internati veniva effettuata dal
Dr. Ulisse Pirocchi.
Il 13 luglio, subito dopo
l’arrivo dei primi internati, il direttore, Forcella, comunicò le norme
generali a cui questi dovevano sottostare: nove disposizioni, che, oltre a
ribadire le norme valide per tutti i campi (divieto di interessarsi di
politica, di leggere libri, giornali e riviste italiane, divieto di avere
contatti con la popolazione locale ecc....), regolavano la vita nel campo, in
particolare la quinta delimitava gli spazi percorribili dagli internati durante
il giorno.
Il campo, il 31 luglio 1940,
contava già 55 internati, quasi tutti ebrei e di varie nazionalità (tedesca,
russa, polacca, italiana, cecoslovacca, palestinese e ungherese) e apolidi,
nell’agosto successivo, raggiunse le 96 presenze.
Il 24 agosto, l’internato
Friedrich Grunnfeld venne ricoverato all’ospedale di Teramo perché affetto da
poliomenite anteriore. I seguito a questo caso, il Prefetto di Teramo dispose
"una vigilanza per una quindicina di giorni di tutto il gruppo convivente
con l’infermo", in modo che non venissero a contatto con la popolazione
locale. Il Ministro dell’Interno Bocchini, per evitare possibili contagi, sospese,
il 1 settembre successivo, l’invio di altri internati al campo di
concentramento di Notaresco.
Nell’ottobre 1940 alcuni
internati vennero trasferiti, e le presenze diminuirono a circa 80. Verso la
fine dell’anno gli spostamenti continuarono, e l’11 gennaio 1941, a Notaresco
erano 68 gli internati presenti.
Nel corso del 1941, le presenze
nel campo ebbero un andamento altalenante, infatti si passa dalle settanta
presenze nel gennaio, alle quarantuno nel maggio successivo, a trentasei nel
giugno-luglio, per poi aumentare a sessantasette alla fine dell’anno.
Nell’aprile 1942, l’Ispettore
Generale Medico riferiva al Ministero dell’Interno che in entrambi gli edifici,
al campo di Notaresco, mancava l’infermeria, e la doccia, senza scaldabagno,
era stata improvvisata. L’Ispettore, inoltre, riferiva che gli internati
"prendono i loro pasti in trattorie del paese", e, infine, denunciava
la necessità che "la vaccinazione antitifica, praticata sei mesi or
sono", fosse al più presto ripetuta.
Nello stesso periodo, arrivarono
alcuni partigiani e favoreggiatori di partigiani, istriani e dalmati, e qualche
sloveno.
I posti disponibili nel campo,
nel 1942, a causa della costruzione di servizi igienici, erano stati diminuiti
a 96. Il 9 agosto dello stesso anno, si registra la presenza di tre internati
appartenenti alla "setta religiosa Teosofia. Il 28 successivo, dopo
l’arrivo di undici internati, il campo di Notaresco raggiunse le 99 presenze
con tre internati in più.
Nel 1943, i posti a disposizione
nel campo risultavano 70, perché in un locale si era finalmente approntata
l’infermeria. Nonostante ciò, il Ministero dell’Interno, a Notaresco, continuò
ad inviare internati e fino al luglio 1943 il campo rimase sovraffollato . Nell’agosto successivo, per la presenza di cimici, alcuni locali
vennero sgomberati e gli internati diminuirono intorno alle 70 presenze.
Nell’autunno 1943, dopo che
numerosi internati lasciarono il campo, ne rimasero a Notaresco 21.
Nel gennaio 1944, il direttore De
Nigris venne sostituito dall’avvocato Domenico Rotini, e le presenze nel campo
scesero a 5.
Nell’aprile seguente, il Questore
di Teramo Alberto Zardo dispose che tutti gli internati di Notaresco venissero
trasferiti al campo di Corropoli. Ma, i due internati ancora presenti non
vennero trasferiti perché avevano chiesto di rimanere a Notaresco come liberi
internati per fare i lavori agricoli.
Il campo di Notaresco, nonostante
fosse oramai prossimo alla chiusura, continuò a registrare la presenza di 5
internati fino al giugno 1944.
2.15. I campi di concentramento
di Tortoreto Stazione (Alba Adriatica) e Tortoreto Alto.
A Tortoreto il campo di
concentramento era stato allestito in due edifici distanti, l’uno dall’altro,
circa sette chilometri: uno di essi, la villa di proprietà di Francesco
Tonelli, si trovava a Tortoreto Stazione (l’attuale Alba Adriatica), sulla via
statale Pescara-Ancona a trecento metri dalla stazione ferroviaria, mentre
l’altro, un vecchio fabbricato di proprietà di Nicola De Fabritiis, si trovava
a Tortoreto Alto in piazza della Concordia.
La direzione del campo di
Tortoreto, come per altri campi composti da più edifici, fu unica, anche se con
notevoli difficoltà di gestione, dovuta alla distanza dei due fabbricati.
All’inizio, a Tortoreto, per la mancanza sia del Podestà che del Commissario
prefettizio, il campo rimase senza direttore. In seguito, nell’agosto 1940, il
Ministero dell’Interno inviò a dirigere il campo, il Vice Commissario Vito
Lillo, sostituito nel 1941 dal Vice Commissario Pietro Castro.
La vigilanza, all’edificio di
Tortoreto Stazione, era garantita da un appuntato e da quattro carabinieri
della locale caserma, in quello di Tortoreto Alto, invece, da due agenti di
P.S. che alloggiavano in un locale vicino al campo. L’assistenza sanitaria,
agli internati della villa Tonelli era affidata al Dott. Nicola De Santis, a
quelli che si trovavano nel fabbricato di proprietà del sig. De Fabritiis al
Dott. Ercole Tolò. In seguito, ad occuparsi delle condizioni mediche di tutti
gli internati, sarà il Dott. Falò, Ufficiale Sanitario del comune.
Nel luglio 1940 la ditta Montuori
terminò l’allestimento del casermaggio per 115 posti complessivi. I primi 8
internati, tutti ebrei di varie nazionalità (ceca, tedesca, polacca e
italiana), arrivarono verso la fine dello stesso mese.
Il 15 settembre, il campo di
concentramento di Tortoreto contava 103 internati, quasi tutti ebrei tedeschi.
I quali, in 25 erano internati nell’edificio di Tortoreto Alto, e in 78 in
quello di Tortoreto Stazione.
La villa Tonelli, nell’autunno
del 1940, subì alcuni lavori di adattamento, in particolare la costruzione
della fognatura e dei servizi igienici. Per approntare tali strutture i posti
disponibili nel campo diminuirono a 105.
Nel 1941, dopo alcuni
trasferimenti avvenuti all’inizio dell’anno, gli internati presenti saranno 79,
quasi tutti ebrei tedeschi.
Il 28 aprile 1941, gli internati
di Tortoreto inviarono al "Duce", per ringraziarlo dell’aumento del
sussidio giornaliero, due disegni, il primo riproduceva la "Villa
Tonelli" e il secondo la "Torre dell’orologio" di Tortoreto
Alto.
Nell’aprile dell’anno successivo,
l’Ispettore Generale Medico descriveva il campo di Tortoreto Alto
senza acqua corrente per
insufficienza della pressione (acquedotto del ruzzo). Ospita 24 israeliti,
uomini in maggioranza tedeschi internati da quasi due anni. Vi è un ambiente
per l’infermeria; occorrerebbe impiantarvi una doccia con scaldabagno. Per
mangiare gli internati si recano nelle trattorie del paese. Per lavare le
biancherie si danno a lavandaie del paese.
Lo stesso Ispettore descriveva
anche quello di Tortoreto Stazione:
ospita 51 israeliti, in
maggioranza tedeschi e polacchi. Vi è una cucina e refettorio, perché gli
internati mengiano dentro. Vi è infermaria con tre letti. Manca un impianto
doccia con relativo scaldabagno. L’approvvigionamento idrico è dato da pozzi
come nel resto dell’abitato. Lo smaltimento dei liquami avvieni in pozzi neri.
All’inizio del 1942, il direttore
Castro venne sostituito dal Commissario Aggiunto Umberto Nardi, che a sua
volta, nel corso dello stesso anno, sarà rimpiazzato dal Commissario Aggiunto
Filiberto De Raffaele.
Verso al fine dello stesso anno,
il campo, con 111 internati, era sovraffollato e solo nel febbraio 1943 il
numero degli internati presenti diminuì a 97.
Nel marzo 1943, essendoci nelle
vicinanze del campo di Tortoreto Stazione un aereoscalo di fortuna, il
maresciallo dell’areonautica, Giovanni Santilli, dopo un ispezione al campo,
riteneva villa Tonelli idonea ad essere adibita a scuola di pilotaggio.
Successivamente, visto che la zona costiera abruzzese era diventata importante
dal punto di vista bellico, le autorità militari chiesero più volte, al
Ministero dell’Interno, che la villa venisse utilizzata per scopi militari.
Contemporaneamente, alla prefettura e alla questura di Teramo, arrivarono
numerose lettere, con le quali si chiedeva
il trasferimento degli internati
di Tortoreto, in località non costiera, perché non essendo la Villa Tonelli
recintata e sufficientemente vigilata da carabinieri ed agenti, poteva riuscire
facile agli internati, avere contatto con elementi al soldo del nemico, e
compiere atti di sabotaggio, specie sulla ferrovia poco distante dal campo.
Il 5 maggio 1943, viste le
preoccupazioni delle autorità militari su possibili sabotaggi e attività di
spionaggio da parte degli internati di Tortoreto, il Ministero dell’Interno
dispose che il campo venisse sgomberato per poi essere utilizzato per
l’internamento di uomini responsabili di infrazioni annonarie.
Nell’estate dello stesso anno, i
circa 90 internati presenti (ebrei di varie nazionalità e slavi) vennero
trasferiti in altri campi. Dopo questo trasferimento, il campo di
concentramento di Tortoreto per alcuni giorni rimase vuoto; in seguito, nel
luglio 1943, solo l’edificio di Tortoreto Alto tornò ad essere occupato da 12
internati, italiani che avevano commesso delle infrazioni annonarie.
Nel frattempo, poichè il
direttore De Raffaele, il 12 luglio, era stato richiamato dalla questura di
Teramo, la direzione del campo venne affidata temporaneamente al podestà di
Tortoreto. Nell’agosto successivo, il Ministero dell’Interno inviò a dirigere
il campo, il Capo di P.S. Attilio Capurro.
Il 3 settembre 1943, erano 8 gli
internati presenti nel campo di Tortoreto Alto, nel novembre successivo, solo
due internati, italiani che avevano commesso reati annonari, rimasero nel
campo. Il 6 dello stesso mese, il Ministero dell’Interno dispose la chiusura
del campo e il trasferimento al campo di Corropoli dei due internati.
2.16. Gli zingari internati
nel campo di concentramento di Tossicia.
Il campo di concentramento di
Tossicia fu il campo, tra quelli istituiti in provincia di Teramo, con le
maggiori carenze igienico sanitarie. Gli internati a Tossicia furono costretti
a vivere in condizioni disumane. Il campo, per tutto il periodo nel quale
rimase aperto, malgrado le varie denuncie sul suo stato da parte degli
Ispettori Generali e della Croce Rossa, non subì nessuna opera di
ristrutturazione o di allestimento di strutture che ne migliorassero
l’abitabilità.
Il campo di Tossicia era composto
da tre stabili. Due di essi, quello di proprietà di Giulio De Fabii e di
Francesco Mattei e quello di proprietà dell’avvocato Domenico Mirti, entrambi
in piazza Regina Margherita, vennero adibiti a campo di concentramento nel
giugno 1940. Mentre i locali di proprietà di Alfredo Di Marco vennero presi in
affitto, dal Ministero dell’Interno, solo nel novembre 1941.
Il campo venne diretto fino alla
sua chiusura dal podestà Nicola Palumbi, coadiuvato dal vice podestà Mario
Franceschini e dal segretario comunale Michele Marano .
La vigilanza era garantita dal
maresciallo e dai quattro carabinieri della locale stazione, che si trovava a
circa cinquanta metri dai primi due edifici
Dell’assistenza sanitaria agli
internati se ne occupava il Dott. Giovanni Palumbi.
I primi internati arrivarono a
Tossicia nell’agosto 1940, ed erano quasi tutti ebrei tedeschi. Il 16
settembre, dopo l’arrivo di alcuni cinesi, il campo raggiunse le 27 presenze.
Nel mese successivo altri cinesi vennero inviati, dal Ministero dell’Interno, a
Tossicia, e il campo , nel novembre 1940, risultava quasi interamente occupato
da 112 internati.
La ditta Montuori, addetta al
casermaggio del campo, aveva allestito 115 posti, invece dei 135 inizialmente
preventivati. Anche con questa diminuzione, a detta del Dott. Palumbi e del
tecnico della ditta, i posti letto allestiti, per la mancanza di spazio e per
le condizioni dei locali, erano eccessivi.
Nel corso del 1941, i pochi
internati di nazionalità tedesca vennero trasferiti, ed a Tossicia rimasero
solo i cinesi.
Il campo, nei primi mesi del
1942, risultava oramai completo, gli internati, costretti a vivere in poco
spazio e in pessime condizioni igieniche, iniziarono a dare segni di
insofferenza.
L’Ispettore Medico, nell’aprile
1942, descriveva "casa Fabii" in questo modo:
ospita 48 individui, con
eccessivo affollamento per cui le brande sono contigue. La capacità sarebbe al
massimo di una ventina di persone. La più parte mangia in casa per cui vi è la
cucina che funzione anche da refettorio. Manca l’infermeria nonché il bagno.
L’approvvigionamento idrico è dato dall’acquedotto del Ruzzo, ma nella casa la
conduttura non funziona. Vi sono state costruite due latrine, naturalmente
senz’acqua. Lo scarico dei liquami luridi avviene in pozzi neri i quali per
insufficiente capacità traboccano.
L’Ispettore, nella relazione
denunciava anche lo stato in cui si trovavano gli altri due edifici,
casa Mirti, dove sono accumulati
69 individui anche qui con eccessivo affollamento. Il refettorio è senza
finestra qui vi è acqua. Manca l’infermeria e il bagno. Anche qui i pozzi neri
sono traboccanti. Casa di Marco, dove sono alloggiati 10 uomini anche qui manca
l’acqua. la cucina è microscopica. La latrina primitiva. Non vi è infermeria ne
doccia. Le biancherie vengono date a lavare a lavandaie del paese.
Il 16 aprile 1942, sei cinesi,
affetti da scabbia, vengono allontanati dal campo.
Un mese dopo, come già
precedentemente detto, i cinesi internati a Tossicia vengono trasferiti al
campo di Isola del G. Sasso.
In seguito al trasferimento dei
cinesi il campo rimase vuoto fino al 22 giugno , quando arrivarono 35 zingari
provenienti da Lubiana.
Nel luglio successivo altri
zingari vennero inviati a Tossicia, e il campo, nell’autunno 1942, raggiugerà
le 115 presenze.
Con i posti letto diminuiti a 86,
poiché i locali Di Marco erano tenuti a disposizione per l’isolamento di malati
infettivi, gli internati presenti nel campo erano pur sempre in sovrannumero.
Gli zingari erano composti da
nuclei familiari in maggioranza appartenenti al gruppo Hudorovic (altri gruppi
di minore consistenza: Levakovic, Brajdic, Rajhard e Malavac). Dall’agosto 1942
al settembre 1943, ben 9 bambini nascono nel campo. Gli internati erano
costretti a vivere in condizioni miserevoli, ammassati nei due fatiscenti
edifici; alcuni di essi anche senza indumenti, dormivano per terra. Il mangiare
era poco e razionato, con il sussidio governativo italiano insufficiente a
sfamare tutti, riuscivano a sopravvivere grazie al manghel (mendicare)
delle donne più anziane nei paesi limitrofi.
L’Ispettore Generale di P.S.,
Nicola Lorito, il 3 settembre 1943, riferiva, al Ministero dell’Interno, che
nel campo di Tossicia, "si trovano 116 internati componenti famiglie di
zingari. Sono molto incuranti delle normali esigenze di vita, usi e costumi;
nel complesso sono disciplinati e rispettosi, ma smaniosi di libertà".
Il 26 settembre successivo, i
carabinieri di Tossicia comunicavano al podestà, direttore del campo, che
"gli internati zingari del locale campo in n. 118, compresi bambini e
donne, approfittando della mancanza totale di illuminazione anche nelle private
abitazioni, di un forte vento e del tempo piovigginoso, alla chetichella, senza
far rumore alcuno, privi di scarpe, si sono allontanati per ignota destinazione".
La lettera dei carabinieri aggiungeva, in oltre, che "i predetti, si vuole
che si siano diretti verso Bosco Martese, essendo essi venuti a conoscenza
nella giornata di ieri; che ivi, vi era concentramento di fuggiaschi, dato che
simili dicerie circolano nel paese".
Dopo l’evasione degli zingari il
campo rimase inutilizzata; successivamente, nel dicembre 1943, parte del
casermaggio venne adibita ad alloggio per gli sfollati provenienti da Napoli.
CAPITOLO III
La gestione e la vita nei campi di
Concentramento
3.1. Direzione e vigilanza dei
campi di concentramento.
La direzione dei campi di
concentramento abruzzesi venne affidata, come abbiamo visto, a Commissari (vice
o aggiunti) di P.S. oppure ai podestà dei paesi dove i campi erano stati
istituiti. Il loro principale ruolo, oltre a quello di amministrare il campo,
era quello di far rispettare le disposizioni previste per gli internati,
avevano, inoltre, il compito di segnalare alle prefetture eventuali lavori per
la manutenzione dei campi, di redigere un regolamento interno del campo e
mantenere aggiornate l’elenco delle presenze, di pagare i sussidi inviati dal
Ministero dell’Interno, controllare i pacchi e la corrispondenza che arrivavano
nel campo, denunciare agli organi competenti eventuali infrazioni o
irregolarità da parte degli internati e punire quelli più indisciplinati. A
proposito delle punizioni che i direttori potevano infliggere, Maria Eisenstein
nel suo diario scriveva che essi
possono fare, quando vogliono,
mille cose, senza motivi seri. Basta che gonfino una sciocchezza: ecco tutto.
Astraendo dalle punizioni gravi come il carcere, le isole, il campo di rigore,
ci sono quelle leggere, più che altro seccanti: proibizione di uscire dalla
casa, sospensione dei permessi per recarsi in città, ecc.. Però ci sono anche
le punizioni private non ufficiali, che sono le più odiose: la posta non ci
viene consegnata per delle settimane - e qui dentro si vive per la posta -
cicchetti perché fumiamo - le donne oneste non fumano! - perché leggiamo - fate
la calza o qualche altro lavoro utile! - perché ci mettiamo la cipria - volete
conquistare un carabiniere? - perché siamo in ritardo all’appello o alla mensa
- perché parliamo con le donne di servizio - perché siamo, insomma. Sì,
perché siamo.
Il comportamento dei direttori, a
seconda dei campi, fu differente. Nei campi di Istonio, Tollo, Città S. Angelo,
Civitella, Corropoli e Tossicia, il regolamento venne applicato in modo più
rigido e concessa meno libertà agli internati, il che può essere attribuito, in
alcuni casi, alla "maggiore pericolosità degli internati", in altri,
semplicemente alla severità dei singoli direttori.
Spesso questi ultimi venivano
sostituiti dal Ministero dell’Interno, perché ritenuti dagli Ispettori Generali
poco idonei a dirigere determinati campi oppure trasferiti su loro stessa
richiesta.
Per la sorveglianza, era previsto
che in tutti i campi bisognasse istituire un posto fisso di RR.CC., questo non
avvenne per tutti i campi abruzzesi, quando erano situati vicino la caserma dei
carabinieri oppure, quando per ragioni di spazio, era difficile creare il posto
fisso all’interno.
I carabinieri nei campi di
Istonio, Città S. Angelo, Civitella del Tronto e Tortoreto Alto, vennero
affiancati, nel servizio di vigilanza, da due agenti di P.S..
Gli addetti alla sorveglianza
dovevano montare la guardia giorno e notte agli edifici adibiti a campi di
concentramento, controllare il rispetto del regolamento vigente nel campo, in
caso di infrazioni redigere al direttore il rapporto sull’accaduto e fare
l’appello al mattino, a mezzogiorno e la sera.
Compito dei carabinieri e degli
agenti di P.S. era anche quello di accompagnare, durante i vari trasferimenti,
gli internati, che spesso venivano tenuti, durante il tragitto, con i
"ferri ai polsi".
Alla stazione ferroviaria di
Giulianova vennero inviati "un funzionario e due agenti in divisa con
ordine di presenziare tutti i treni in arrivo per ricevere internandi".
Appena arrivati a Giulianova, gli internati erano "raccolti" nei
locali dell’albergo Kursall per poi essere smistati nei campi della provincia
di Teramo.
3.2. L’alimentazione.
Il Ministero dell’Interno, con un
telegramma inviato il 30 maggio 1940 ai Prefetti delle province dove dovevano
essere istituiti i campi di concentramento, ordinò di "predisporre accordo
autorità locali anche servizi approvvigionamento viveri e mezzi di confezione
vivande".
I Prefetti abruzzesi stipularono
accordi con trattorie, esercizi alimentari e con qualche contadino, per
assicurare l’approvvigionamento alimentare. Una volta contattati i fornitori
gli internati acquistavano, utilizzando gran parte del loro sussidio
governativo, i viveri necessari.
Le internate di Lanciano
acquistavano i generi alimentari dalle contadine del luogo, che spesso,
approfittando dello stato di necessità nel quale si trovavano, aumentavano i
prezzi. Questo provocava le loro lamentele:
paghiamo alle contadine prezzi
superiori a quelli che sono use ottenere sul mercato, non ci vendono le loro
mercanzie. Inutilmente spieghiamo a queste donne che risparmiamo loro un quarto
d’ora di cammino all’andata e uno al ritorno e il tempo di vendere al mercato
stesso, nonostante la concorrenza. E’ come parlare al muro. Ci credono molto
ricche, perché parecchie di noi si vestono molto bene e, comunque, in maniera
cittadina: anche se fingono di credere alle nostre proteste di libertà e ai
nostri giuramenti, quando si tratta di pagare, dobbiamo dare più delle persone
libere. Le persone libere intanto, si sono lamentate più volte con le autorità
politiche e municipali perché noi internate roviniamo la piazza.
Nei campi dove fu possibile,
venne approntata una mensa comune, che veniva gestita, quasi sempre, dagli
stessi internati, i pasti venivano consumati all’interno del campo e tutti
contribuivano all’acquisto dei viveri. Di solito, nei primi mesi del 1940, la
direzione dei campi tratteneva 5,5 lire del sussidio giornaliero per acquistare
i generi alimentari. Nel corso della guerra i soldi che gli internati dovevano
versare per il vitto aumentò considerevolmente; in più gli internati del campo
di Corropoli, nel 1942, davano 6,50 lire al giorno al fornitore. Nel novembre
dello stesso anno il direttore, per avere un miglioramento quantitativo delle
razioni, decise di portare a 7 lire la quota da versare, e a ciascun internato
veniva corrisposto
al mattino un quarto di latte
misto a surrogato; al mezzogiorno ad un piatto di minestra di circa 300 grammi
composto di pasta e patate o pasta, patate e fagioli; di un secondo composto di
100 grammi di carne quanto il mercato ne è provvisto, di verdura e frutta
fresca in misura di 150 o 200 grammi, ovvero di 60 grammi di formaggio o di 70
di marmellata, e di 150 grammi di pane. nelle 7 lire sono compresi i condimenti
e la legna per cucinare.
Il trattamento alimentare
previsto non venne sempre rispettato dal fornitore, e a Corropoli, come in
altri campi, si verificarono diversi episodi di borsa nera".
Nei campi dove non fu possibile
approntare una mensa comune, gli internati consumavano i pasti nelle locali
trattorie oppure, come accadde a Isola del Gran Sasso, presso alcune famiglie,
che, in cambio di denaro, cucinavano anche per alcuni di loro.
Nel campo di Nereto
gli internati che non dispongono
di mezzi diversi dal sussidio governativo, fanno cucina comune: mangiano una
minestra il mattino, un’altra la sera, e un pezzo di pane ‘integrale’ prelevato
con la carta annonaria individuale. I facoltosi (si fa per dire) cioè coloro
che ricevono soccorsi in denaro da parenti ed amici ‘ariani’, hanno
l’autorizzazione di prendere i pasti, alla presenza dei Carabinieri, comandati
a sorvergliarli, nelle trattorie di Laura Fagotti, Teresa Di Gaetano, Giulia De
Gregoris: anche qui il nutrimento consiste nel piatto di minestra a pranzo e a
cena e nei duecento, poi centocinquanta, grammi di pane della tessera. Ma ogni
tre quattro giorni, la tavola di questi ‘privilegiati’ è allietata da un ‘pezzo
di carne di castrato’. Il tutto per una lira a coperto.
Nel prendere in considerazione il
trattamento alimentare degli internati nei campi abruzzesi, bisogna tenere
presente che in una situazione di economia di guerra per tutti, sia liberi che
internati, era difficile riuscire a sfuggire alla fame. Nel 1942, con
l’inasprirsi della guerra, gli internati avevano maggiori difficoltà a reperire
cibo e ciò provocava malcontento e proteste, le quali, dopo numerose denuncie
da parte anche della Croce Rossa, portarono, il 29 marzo 1943, il Ministero
della Guerra e quello dell’Agricoltura e Foreste ad emanare le disposizioni per
il
· trattamento alimentare dei prigionieri di
guerra e degli internati civili (rastrellati):
internati in campi di
concentramento nel Regno
1°) -protettivi: identico
trattamento alimentare previsto dal tesseramento per la popolazione civile
nella località ove a sede il campo di concentramento con l’integrazione di un
assegno giornaliero di £.5 a testa, da destinarsi all’acquisto di generi di
libero commercio con i quali integrare la razione viveri (verdura, frutta,
vino, ecc.). Gli internati civili occupati in lavori hanno in oltre diritto
alle stesse razioni supplementari previste per i lavoratori italiani a parità
di condizioni di impiego.
2°) -repressivi: identico
trattamento alimentare dei detenuti, con l’integrazione di un assegno
giornaliero di £.2 a testa, da destinare all’acquisto di generi di libero
commercio.
3°) -bambini ragazzi fino a 18
anni internati per protezione o per repressione: identico trattamento
alimentare stabilito, a parità di età e di condizioni, per i bambini e i
ragazzi italiani nel Regno.
Per i "campi di
concentramento fuori dal Regno", era previsto che agli internati venisse
somministrata la stessa quantità di generi alimentari che spettava alla
popolazione civile del luogo. Coloro che si trovavano in "particolari
condizioni di salute, i quali non erano ricoverati in stabilimenti
sanitari" avevano "diritto alle identiche razioni normali o
supplementari previste per gli italiani nelle medesime condizioni"
Nonostante le nuove norme, la
condizione alimentare degli internati nei campi abruzzesi nel 1943 divenne
sempre più difficile. Il direttore del campo di Istonio, il 14 maggio 1943,
lamentava che la ditta Molino, che gestiva la mensa, "con i 315 chili di
pasta e 60 di riso" assegnati mensilmente dall’Ufficio Provinciale dell’Alimentazione,
non riusciva a dare un minimo di minestra ai 154 internati presenti nel campo.
Nell’ultimo periodo in cui i
campi rimasero aperti, in particolare quelli in provincia di Teramo, le
condizioni di vita degli internati peggiorarono sensibilmente. I generi
alimentari diventarono introvabili ed i prezzi proibitivi, specialmente per gli
internati che, con le loro scarse risorse, erano costretti ad acquistare i
viveri al mercato nero.
3.3. Sussidi e assistenza.
Gli internati indigenti, ossia
coloro che possedevano meno di 400 lire, avevano diritto ad un sussidio
giornaliero, che era identico a quello previsto per i confinati politici: 6,50
lire agli uomini, 4 lire alle donne non sposate (altrimenti 1.10 lire), 0,55
lire per ogni figlio a carico, 50 lire quale indennità di alloggio agli
internati "liberi". Agli internati privi di mezzi, inoltre, veniva
concessa una "carta individuale d’abbigliamento", con la quale
potevano richiedere i vestiti e le calzature, documentandone l’effettiva necessità,
al Ministero dell’Interno.
Il sussidio governativo veniva
quasi interamente utilizzato, dagli internati, per acquistare i generi
alimentari e poco rimaneva per far fronte ad altre necessità: le stesse
autorità lo identificavano, infatti, come "sussidio di soccorso alimentare".
Con l’aumento dei prezzi e con la
svalutazione della lira, il sussidio corrisposto inizialmente era insufficiente
a garantire un livello accettabile di sussistenza, così nel corso della guerra
venne aumentato. Il primo aumento si ebbe per il sussidio degli "internati
liberi"; il 28 ottobre 1940, il Ministero dell’Interno inviò a tutti i
"Prefetti del Regno" un dispaccio telegrafico nel quale si faceva
presente che
Il Duce ha disposto che sussidio
ai familiari indigenti autorizzati da questo ministero a convivere con
confinati politici o con internati sia portato, a decorrere dal 1° novembre
p.v., seguente misura:
£. due per la moglie, £. una per
ogni figlio d’età inferiore a quindici anni et £. due per ogni figlio età
superiore ai quindici anni et fino maggiore età. Ai figli di età maggiore va
dovuta alcun sussidio salvo casi speciali da segnalare con singoli rapporti.
Tale sussidio non est
naturalmente dovuto ai familiari autorizzati convivere proprie spese con
confinati aut internati.
Il 1 maggio 1941, il sussidio
venne portato a 8 lire per gli uomini, 4 lire per le mogli, per i figli e i
conviventi a carico maggiorenni, mentre per i figli e i conviventi minorenni 3
lire . Il 1 luglio 1944 il sussidio che spettava al capo famiglia era di 9
lire, 5 lire alle mogli, 4 lire per ogni figlio o familiare a carico, mentre le
50 lire mensili concesse per l’alloggio agli "internati liberi"
rimase invariato.
All’ingresso nei campi il
sussidio era corrisposto a tutti gli internati, ma in seguito, ad accertamenti
da parte delle Prefetture, il suo mantenimento venne subordinato all’effettivo
riscontro dello stato di indigenza, ed il provvedimento aveva efficacia
retroattiva, tanto che, se tale stato non veniva riscontrato, le somme erogate
dovevano essere restituite.
Questo portava gli internati in
una situazione al limite della sussistenza, ma grazie agli aiuti di varie
organizzazioni riuscivano a superare i periodi più difficili.
Gli ebrei, tramite la DELASEM
(Delegazione Assistenza Emigrati Ebrei) di Genova e la "Mensa dei
Bambini" di Milano, ricevevano assistenza economica, religiosa, medica e
culturale. La Croce Rossa Italiana e Internazionale (quest’ultima, tramite il
suo delegato in Italia Pierre Lambert) oltre a fornire assistenza, ispezionava
i campi, accompagnato dall’Ispettore Generale Rosati, e denunciava i casi dove
il trattato di Ginevra non veniva rispettato. Gli internati dei paesi nemici,
specialmente inglesi e francesi, ricevevano aiuti dalla Delegazione Svizzera e
dall’Ambasciata Americana. La Santa Sede, tramite i sacerdoti che curavano
l’assistenza religiosa degli internati cattolici ,
contribuì, in alcuni casi, a fornire mezzi ai più bisognosi.
L’assistenza sanitaria, come
abbiamo visto precedentemente, veniva garantita dai medici condotti che effettuavano
visite individuali e periodicamente visite generali.
3.4. Condizioni igieniche e
sanitarie.
Le condizioni igieniche e
sanitarie dei campi abruzzesi, nella maggior parte dei casi, risultavano essere
pessime. Questo era da ricondurre, soprattutto, allo stato degli edifici
adibiti a campi di concentramento. I medici provinciali, addetti al controllo
igienico e sanitario dei campi, la Croce Rossa Internazionale e gli Ispettori
Generali, spesso denunciarono le carenze nelle quali questi si trovavano. In alcuni
periodi, a causa del sovraffollamento, parte degli internati furono costretti a
dormire per terra ammassati nelle camerate. Nonostante parte dei locali, quasi
sempre umidi con gli infissi inadeguati, venissero riscaldati con delle stufe a
legna, il freddo pungente nei mesi invernali, in particolare nei campi di Lama
dei Peligni, Casoli,Civitella del Tronto, Isola del Gran Sasso e Tossicia, era
insopportabile, e causò numerose malattie da raffreddamento (reumatismi,
artriti, influenze e polmoniti). Oltre a queste, le malattie più ricorrenti,
diagnosticate dai medici condotti, erano: tubercolosi, poliomenite, tifo,
scabbia, amenorrea, dissenteria, imbarazzi gastrico febbrili, eternite acuta,
blenoraggia e, specialmente nel campo femminile di Lanciano, minacce di aborto,
esaurimento nervoso e attacchi isterici. Nel campo di Tollo, gli internati
vennero messi in quarantena poichè infestati dai pidocchi. Nei casi di malattie
più gravi, che non potevano essere curate nelle infermerie, allestite in quasi
tutti i campi, gli internati venivano ricoverati nell’ospedale più vicino,
mentre i "folli" erano portati nell’ospedale psichiatrico di Teramo.
Nel 1943, venne data la
possibilità alla "Commissione Medica Mista", che si occupava, in base
all’art. 68 della Convenzione di Ginevra, dei prigionieri di guerra, di
visitare gli internati civili di nazionalità inglese per l’eventuale rimpatrio.
Nel settembre dello stesso anno per sei internati di Civitella, affetti da
varie malattie croniche, la Commissione che diede parere positivo per il
rimpatrio
In una circolare del Ministero
dell’Interno, sul "pagamento rette e spedalità per italiani e stranieri
internati", dell’11 agosto 1940, si precisava che le spese ospedaliere
"per gli italiani internati, sono a carico dell’Ente che vi è tenuto per
Legge", invece per gli stranieri sono a carico del Ministero dell’Interno,
e le Prefetture nella cui giurisdizione si trovava l’internato, dovevano
provvedere ad includere le spese sul rendiconto mensile che andava a gravare sul
fondo speciale per i campi di concentramento. Agli indigenti, nel periodo del
ricovero, non veniva corrisposto il sussidio. Le spese per i medicinali,
all’inizio, salvo quelli destinati alle cure specialistiche (operazioni,
analisi, protesi dentarie ecc.) che comportano un certo costo, erano a carico
del Ministero dell’Interno. Successivamente, nella circolare del 28 settembre
1941, lo stesso Ministero rettificò le precedenti disposizioni, prevedendo che
per quanto riguarda gli
stranieri, dovranno essere poste a carico di questo Ministro le spese di cui
oggetto soltanto quando si riferiscono a sudditi di paesi nemici internati nei
campi di concentramento.
Per gli altri stranieri ristretti
nei campi di concentramento, come per quelli che si trovano nelle località
d’internamento e per i connazionali, dovranno invece essere eseguiti i consueti
accertamenti sulle loro condizioni economiche per stabilire se le spese in
parola debbono o meno essere poste a carico dell’Erario.
Si conferma, infine, che a tutti
i connazionali e stranieri, sia abbienti che indigenti, internati nei campi di
concentramento debbono essere concessi gratuitamente i soccorsi d’urgenza;
di conseguenza, gran parte degli
internati che non erano sudditi di uno Stato nemico e non erano indigenti dovettero
provvedere da soli alle spese per le cure mediche.
Un altro particolare disagio, per
gli internati nei campi abruzzesi, era rappresentato dalla difficoltà di
potersi curare le malattie dentarie, poiché, nelle maggior parte dei casi,
dovevano pagare sia lo specialista che le spese del viaggio.
3.5. Corrispondenze Postali.
L’arrivo della corrispondenza era
per gli internati uno dei momenti più attesi. Il poter avere notizie dei
familiari e dagli amici diventava uno dei pochi momenti che interrompevano la
noia e l’isolamento su quello che accadeva al di fuori dal campo. A causa dei
ripetuti spostamenti degli internati da un campo all’altro, la Croce Rossa
Internazionale stentava a tenere sempre aggiornati i parenti sulla loro nuova
destinazione e questo provocava, la dispersione delle lettere e dei pacchi
inviati.
La corrispondenza sia in arrivo
che in partenza, venivano controllati dal direttore del campo oppure dal
podestà. Nel revisionare i pacchi spesso i direttori e le direttrici ne
approfittavano per prendere parte di quello che veniva spedito agli internati.
Maria Eisenstein nel suo diario denunciava la direttrice, Maria Fusco Marfisi:
non sappiamo se tutte derubino le
internate come ha fatto la nostra specialmente fino all’arrivo del Commissario.
Naturalmente non ha mai detto: datemi cinquanta lire, o frugato nelle nostre
cose a nostra insaputa. Ma c’è l’affare dei pacchi, che è per lei una cuccagna.
Molti di noi ricevono pacchi con viveri, sigarette, libri eccetera da amici o
parenti in Italia. All’arrivo qui nel campo dobbiamo: a) dare due lire al
fattorino della posta che ci porta i pacchi, benché le spese postali siano
coperte dal mittente e noi preferiremmo caso mai andare noi stessi a ritirarli
alla posta; b) assistere alla censura dei pacchi della Marfisi. Non si è ancora
dato il caso che alla Marfisi non sia piaciuto qualcosa in ogni pacco. Dice
subito: "Che bello, questo formaggio, chi sa come è buono!" o
"Guarda quante sigarette, queste sono la marca preferita da mio marito eccetera"
e noi paghiamo il tributo.
Inizialmente la corrispondenza in
partenza in lingua straniera degli internati nei campi abruzzesi, a causa della
censura, veniva inviata all’ufficio statistica della locale Questura, dove
fiduciari che conoscevano soprattutto l’inglese e il tedesco provvedevano alla
traduzione. In seguito, con l’aumento degli internati e l’accresciuta diversità
linguistica della corrispondenza, l’ufficio della Questura non riusciva a
disimpegnare il servizio di revisione. Così, il Ministero dell’Interno, con una
circolare, 3 agosto 1940, dispose che
sia soltanto permesso nella
corrispondenza degli internati, l’uso delle lingue francese, inglese e tedesca.
Qualora il Funzionario addetto non sia in grado di revisionare tale
corrispondenza, le Questure potranno utilizzare gli interpreti che fanno parte
delle Commissioni Provinciali di Censura. In mancanza degli interpreti,
dovranno essere incaricate, per le traduzioni, persone di fiducia che abbiano
buona conoscenza delle suddette lingue.
Nonostante questi provvedimenti,
l’enorme quantità di corrispondenza metteva in crisi l’intero sistema della
censura postale. Il Presidente della Commissione Provinciale di Censura di
Teramo, nel gennaio 1942, denunciava a causa della quantità di lettere e
cartoline postali, circa 50 al giorno, non si riusciva a smaltire la mole di
lavoro.
Il 20 gennaio 1942, vennero
emanate dal Ministero dell’Interno le "norme per corrispondenza pacchi e
vaglia ad internati di guerra in Italia", da questo momento in poi la
corrispondenza degli internati venne equiparata a quella dei prigionieri di
guerra. In particolare, era previsto che le lettere e le cartoline dovevano
essere scritte su apposito modulo, distribuito dalle autorità militari; nel
caso "non sono distribuiti moduli appositi le lettere devono essere
scritte su carta leggera, ed incluse ugualmente in busta leggera senza fodera.
Le lettere e le cartoline devono contenere non più di 24 righe di
scrittura". Inoltre, non erano ammesse raccomandate o espressi, né
l’avviso di ricevimento, e i pacchi non potevano superare i 5 chilogrammi.
In base a questa normativa venne
disposto che
la franchigia postale viene
concessa ai prigionieri di guerra ed agli internati civili a causa della guerra
soltanto agli effetti della reciprocità di trattamento nei riguardi dei nostri
prigionieri di guerra ed internati civili nei paesi nemici. Pertanto questo
Ministero, sentito il Dicastero delle Comunicazioni, Dir.Gen.PP.TT., è venuto
nella determinazione di mantenere ferme le vigenti disposizioni circa la concessione
della franchigia postale soltanto agli internati civili a causa di guerra. A
tali effetti si precisa che debbono ritenersi internati civili a causa di
guerra gli stranieri sudditi dei seguenti Stati nemici: Inghilterra, Francia,
Stati Uniti, Jugoslavia, Grecia, Panama, Guatemala, Costarica, Repubblica
Domenicana, San Salvador, Cuba, Haiti, Honduras e Nicaragua. Tutti gli altri
stranieri e connazionali debbono considerarsi internati per motivi di polizia e
non debbono essere quindi ammessi alla franchigia postale.
Con questa disposizione gli
internati nei campi abruzzesi, di nazionalità tedesca, polacca, cinese,
italiana e gli apolidi furono costretti a pagare la corrispondenza e i pacchi
che intendevano inviare.
3.6. Lavoro e tempo libero.
L’obbligo di lavorare, per
gli internati, all’inizio non era previsto, anche se quelli che si
trovavano in difficoltà economica cucinavano, pulivano i locali del campo e le
latrine in cambio di qualche lira che gli veniva corrisposta da quelli più
"facoltosi".
Il 5 luglio 1942, Il Ministero
dell’Interno inviò una circolare alle "Prefetture del Regno", nella
quale si disponeva di
esaminare la possibilità, in
relazione alle attitudini lavorative dei confinati ed internati d’impiantare,
con le cautele del caso, piccoli laboratori per artigiani in modo da permettere
agli internati e confinati stessi di potere dedicarsi a proficuo lavoro.
Inoltre, la circolare precisava
che
gli internati ebrei potranno
naturalmente essere autorizzati ad occuparsi soltanto in lavori per i quali per
le disposizioni vigenti non sussista divieto. Essi pertanto non potranno
esercitare attività professionali vietata agli appartenenti alla razza ebraica.
Gli altri internati ariani
potranno esercitare la loro professione soltanto se nulla osti al riguardo da
parte dei competenti organi sindacali.
Gli internati, tra sussidio
giornaliero e salario, non potranno ricevere più di quanto percepisce la mano
d’opera locale. Perciò il sussidio sarà ridotto o sospeso in modo che non
superi il guadagno degli altri lavoratori.
Queste direttive, per quanto
riguarda i campi abruzzesi, rimasero inattuate. Infatti le Prefetture di
Chieti, Pescara e Teramo, risposero al Ministero che "non vi è possibilità
di istituire, nei comuni sedi di campi di concentramento in questa provincia,
laboratori od officine per l’avviamento collettivo al lavoro degli
internati".
L’intento di rendere produttivi
gli internati venne raggiunto nell’estate del 1943, quando in "occasione
della mietitura nell’Agro Romano, in Puglia e Lucania", il Ministero delle
Corporazioni richiese l’impiego di circa 1.500 internati. Non tutti potevano
essere utilizzati, erano esclusi gli "elementi politicamente
pericolosi" e quelli che erano già impiegati in lavori agricoli. Le
Prefetture abruzzesi stilarono gli elenchi degli internati "idonei ai
lavori agricoli", sia di quelli che si trovavano nei campi di
concentramento, che di quelli stanziati nei comuni. Così, nel maggio 1943,
circa duecento internati vennero inviati al "lavoro di falciatura e
mietitura nell’Agro Romano-Puglie e Lucania".
Verso la fine del 1943 e agli
inizi del 1944, con l’occupazione tedesca, gran parte degli internati vennero
impegnati a scavare trincee e costruire fortificazioni.
Nei primi mesi di internamento le
loro condizioni di vita migliorarono viste le scarse opportunità di lavoro,
agli internati rimaneva un ampio margine di tempo libero, che spesso veniva
impiegato con lunghe passeggiate al di fuori del campo, nei limiti previsti dal
regolamento; e con il permesso del direttore, che si poteva ottenere
dimostrandone la effettiva necessità, agli internati era concessa la
possibilità di girovagare per il paese . In seguito tali "libertà"
verranno concesse in misura sempre inferiore, a causa della crescente rigidità,
nell’applicare il regolamento, da parte dei direttori .
Gli internati ebrei crearono
all’interno dei campi delle piccole comunità, in particolare quelli di
Civitella del Tronto, istituirono persino una scuola, dove, essendo gli
internati raggruppati in famiglie anglo-libiche, oltre alla lingua inglese, si
insegnava la lingua italiana e le altre materie delle classi elementari. La
scuola era diretta da tre insegnanti che quotidianamente, riunivano tre gruppi
di bambini delle famiglie anglo-libiche, per l’insegnamento.
Le festività e i culti religiosi
erano consentiti: per la pasqua ebraica in alcuni campi venne distribuito il
pane azzimo.
Tra gli internati di alcuni campi
venne nominato il "capo campo", che si faceva carico delle istanze da
presentare al direttore , il quale spesso aveva il suo fiduciario che, in
cambio di varie agevolazioni, lo informava delle attività che venivano svolte
dagli internati.
Ai campi era impedito l’ingresso
ai non addetti e in modo assoluto a giornalisti e diplomatici. Familiari e
amici potevano visitare gli internati solo se autorizzati dal Ministero
dell’Interno. In caso di visita dei coniugi, gli internati potevano ottenere il
permesso di passare la notte in un albergo o in una locanda del paese.
In queste condizioni, il tempo
passato all’interno del campo sembrava interminabile: "ci aiutavamo
reciprocamente nelle lunghe ore di forzato ozio , discutevamo di problemi
politici, sociali e militari", molti lo occupavano leggendo i libri e i
giornali italiani che secondo il Ministero della Cultura Popolare non erano
"colpiti da interdizione".
3.7. Sovraffollamento e
spostamenti.
In quasi tutti i campi abruzzesi
si registrarono casi di sovraffollamento. In alcuni dei campi il sovrannumero
delle presenze registrate fu di poco superiore rispetto alla capienza prevista,
in altri si arrivò, anche per diversi mesi, a venti-trenta internati in più.
Nei periodi di sovraffollamento, le condizioni di vita peggioravano, infatti
per gli internati, costretti a dorminere ammucchiati e a condividere i già
limitati spazi dei campi, aumentavano i rischi di malattie infettive e le
razioni di cibo diminuivano.
Numerose sono le denunce degli
Ispettori Generali e degli stessi direttori al Ministero dell’Interno, nelle
quali si chiedeva di non inviare nuovi internati e di trasferire gli eccedenti.
Questo fu possibile solo in
parte, perchè l’aumento dei provvedimenti di internamento nel corso della
guerra e i limitati posti nei campi di concentramento rendevano difficile
trovare nuove sistemazioni. Così si decise di rivedere la posizione degli
internati e si adottarono vari provvedimenti di clemenza.
Nell’ottobre 1942, in occasione
del ventennale della marcia su Roma, il Ministero dell’Interno propose 218
internati italiani per la concessione dell’atto di clemenza del
"Duce", alcuni di essi si trovavano nei campi di Istonio e Nereto e
nelle località d’internamento "libero" abruzzesi.
A questo problema, già di per sé
grave, andò ad aggiungersi quello degli sfollati. Il 19 gennaio 1943, il
Ministero, inviò una circolare alle Prefetture nelle quale si chiedeva
Data l’urgente necessità di
sistemare nei comuni gli sfollati dai grandi centri, dovrà disporsi il graduale
trasferimento nei campi di concentramento e nelle colonie di confine delle
persone attualmente confinate ed internate nei comuni.
Siccome la disponibilità nei
detti locali è molto limitata è necessario che sia riesaminata la posizione di
tutti i confinati politici ed internati per le proposte di proscioglimento di
quelli non pericolosi.
Inoltre le nuove proposte per assegnazioni
al confino o per internamento nei campi di concentramento dovranno essere
limitate alle persone effettivamente pericolose in linea politica.
Anche con queste nuove
disposizioni, l’emergenza del sovraffollamento nei campi abruzzesi, accentuate
dal crescente numero di sfollati provenienti dalle città del sud, non venne
risolta.
Nel 1941, il Ministero
dell’Interno, diede la possibilità agli internati di chiedere il trasferimento
dai campi di concentramento alle località di internamento "libero".
Questa opportunità venne concessa sopratutto a quelli che chiedevano di
ricongiugersi con la famiglia, a quelli gravemente malati, ma sempre se veniva
giudicato "elemento non pericoloso".
I trasferimenti degli internati
da un campo all’altro avvenivano di continuo. Nelle relazioni dei direttori,
sulle presenze, si riscontra che in quindici giorni in un campo potevano
passare anche cinquemila internati. Questi continui spostamenti sono da
ricollegare all’improvvisazione nella quale venne gestito l’internamento e alla
confusione, accentuata dalle continue circolari, sulle norme da applicare.
Nei campi di concentramento
abruzzesi non si registrarono casi di violenze premeditate o gravi
maltrattamenti, le categorie di internati che vennero trattati in modo più duro
furono gli slavi e gli zingari.
Le condizioni di vita variarono
da campo a campo e, generalmente, divenirono più difficili nel corso della
guerra, quando aumentarono i disagi e le incertezze sul proprio futuro.
Gli internati trovarono conforto
nell’atteggiamento della popolazione, che, tranne in casi particolari, si
dimostrò solidale e comprensiva nei loro confronti . Ma ciò non toglie l’amaro sfogo di Arturo Avicdor, internato a
Nereto, che in un’intervista concessa a Italia Iacoponi ricorda
tutto il male che ci hanno fatto,
non può essere cancellato. Per 4 anni sono stato privato della mia libertà, del
mio modo di vivere e questi anni per me sono stati 10 anni della mia morte. La
libertà che io desideravo ardentemente mi è stata privata. Non m’importava aver
fame, soffrire, il peggio era che mi mancava la mia libertà. Per essa non c’è
alcun prezzo. Posso dimenticare si, ma perdonare non mi è proprio possibile.
Nel campo di concentramento le lunghe ore della giornata venivano occupate
sempre al solito modo. Io studiavo, mangiavo quando c’era, discutevo e a volte
anche si litigava. Dormivamo in 5-6 persone in una stanza. Un miscuglio di
razze. Il mio letto si trovava in un angolo e io dovevo passare sopra 5 letti
per poter arrivare al mio, il che era molto triste per me. Possedevamo un
fornellino elettrico, qualcuno mangiava qui, altri mangiavano nell’albergo di
Lauretta o di Silvio Lupini, dove ora c’è la sala da bigliardo. Poi se più di
30 persone aveva qualche soldo ci portavano anche al cinema, ma molto di rado.
Alcuni internati erano musicisti, tenori e qualche volta venivano organizzati
dei cori, cui era presente anche il Podestà. Di giorno ci facevano passeggiare
lungo la Val Vibrata sempre sotto controllo dei soldati. Quando non avevamo
altro da fare io Frenkel e Kalisiak organizzavamo delle partite di calcio e
giocavamo.
CAPITOLO IV
4.1. L’internamento e i campi
di concentramento durante i quarantacinque giorni.
Dopo la caduta del fascismo, 25
luglio 1943, e durante i quarantacinque giorni, la situazione nei campi
abruzzesi rimase pressoché immutata, anzi, per timore di evasioni o di
possibili degenerazioni delle scene di giubilo da parte degli internati,
all’inizio, si intensificò la sorveglianza. Prova ne è la nota inviata il 26 luglio
dalla Questura di Teramo al campo di Tossicia: "stante l’attuale delicato
momento, pregasi disporre che la vigilanza sugl’internati sia intensificata al
massimo onde siano, nel modo più assoluto, evitati disordini od incidenti.
All’uopo verranno inviati in ogni campo di concentramento, in servizio di
rinforzo, n. 3 soldati ed un graduato di truppa. Si avverte inoltre che
dovranno essere sospesi gli accompagnamenti in questo capoluogo [Teramo] di
internati per cure sanitarie salvo casi di massima riconosciuta urgenza".
In seguito, anche se
l’atteggiamento da parte di qualche sorvegliante diverrà più permissivo, le
condizioni generali rimarranno identiche.
Il 27 luglio, il capo della
polizia Carmine Senise inviò ai "questori del regno, dirigenti OVRA, direzione
colonia confino Ventotene, Ponza e Tremiti", un "dispaccio
telegrafico", nel quale si disponeva che venissero stilati gli elenchi dei
confinati da liberare "escludendo sempre i comunisti e gli
anarchici".
Una nuova circolare venne inviata
"a questori del regno, dirigenti zone OVRA" dal capo della polizia,
il 29 successivo:
Comunicasi che dovranno essere
immediatamente liberati anche internati italiani sia campi di concentramento
comuni liberi cui confronti provvedimento è stato adottato per attività
politica non ripetesi non riferendosi comunismo et anarchia aut spionaggio aut
irredentismo et non ripetesi non trattisi allogeni Venezia Giulia e territori
occupati (.) Con analoghi criteri dovranno farsi cessare vincoli ammonizione
confronti ammoniti politici (.) dovranno inoltre essere liberati ebrei italiani
internati aut confinati che oltre a non aver svolto attività politica come
sopra non abbiano commesso fatti speciale gravità (.) Questori competenti per
giurisdizione sono pregati comunicare presente circolare et precedente
Direttori Colonie Confino et Campi di Concentramento (.).
A questa circolare ne seguì un
altra, del 2 agosto, nella quale, in grandi linee, si ribadivano le
disposizioni precedenti e si dava maggior discrezionalità ai Questori e ai
Prefetti nel valutare i singoli casi. Essendo costoro, rimasti gli stessi del
periodo fascista, nella confusione della normativa le interpretazioni furono
alquanto arbitrarie.
Il 14 agosto, il capo della
polizia Senise dispose che "liberazione condannati, detenuti et internati
politici si debbono estendere anche ai comunisti" e il 17 dello stesso
mese venne esteso anche agli ebrei italiani comunisti.
Rimanevano "esclusi dalla
liberazione dei condannati, detenuti, confinati et internati politici individui
responsabili attività anarchica et spionistica et allogeni Venezia Giulia et
territori occupati" e diversi altri che avrebbero dovuto essere liberati,
ma che, con vari pretesti, continuarono ad essere trattenuti nei campi di
concentramento.
Il 3 settembre 1943, i campi
abruzzesi risultavano tutti attivi, e con un numero di presenze rimaste
invariate rispetto al periodo precedente: Casoli n. 61; Istonio n. 143; Lama
dei Peligni n. 46; Lanciano n. 43; Tollo n. 13, Città S. Angelo n. 79,
Civitella del Tronto n. 185, Corropoli n. 158, Isola del Gran Sasso n. 147;
Nereto n. 159; Notaresco n. 71; Tortoreto n. 8; Tossicia n. 116.
Per quanto riguarda gli ebrei,
Badoglio, per timore di provocare reazioni da parte dei tedeschi, mantenne in
vigore le leggi razziali, in questo modo, la maggior parte di essi rimase
confinata nei campi di concentramento. Il 10 settembre, due giorni dopo
l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, il capo della polizia, Senise, revocò
il provvedimento d’internamento, ma ormai l’Italia era divisa in due. Gli ebrei
che si trovavano nel territorio occupato dagli Alleati riconquistarono la
libertà, mentre, quelli che si trovavano in territorio occupato dai tedeschi
subirono una nuova e più violenta persecuzione.
4.2. I campi di concentramento
dopo l’8 settembre.
Dopo l’armistizio, mentre i campi
istituiti nell’Italia meridionale vennero liberati dagli Alleati, quelli che si
trovavano nell’Italia centrosettentrionale continuarono a funzionare sotto
l’occupazione tedesca e secondo le nuove norme della Repubblica Sociale
Italiana.
Gli internati, in quasi tutti i
campi, accolsero la notizia dell’armistizio con scene di giubilo; alcuni di
loro, nei giorni che seguirono, approfittando della confusione e dello
sbandamento degli addetti alla sorveglianza, riuscirono a fuggire.
Successivamente, i campi
abruzzesi ebbero destini differenti. Il Prefetto della provincia di Chieti,
verso la fine di ottobre, comunicava al Ministero dell’Interno che "in
seguito agli avvenimenti bellici che si svolgono in questa Provincia i campi di
concentramento in questa giurisdizione si sono automaticamente sciolti.
Gl’internati sia dei campi che nei comuni d’internamento si sono nella massima
parte dati alla latitanza mentre alcuni sono stati rastrellati dalle forze
armate Germaniche". Gli altri campi, quello di Città S.Angelo e quelli in
provincia di Teramo, tranne Tortoreto, rimasero funzionanti insieme a quelli
che il Ministero dell’Interno il 26 novembre comunicò alla polizia germanica:
di 40 Campi di concentramento
funzionanti fino a Giugno 1943 rimangono tutt’oggi soltanto i campi di Fabriano
(Ancona), Civitella del Tronto (Teramo), Corropoli (Teramo), Isola Gran Sasso
(Teramo), Nereto (Teramo), Notaresco (Teramo), Tossicia (Teramo), Fraschette
d’Alatri (Frosinone), Civitella della Chiana (Ar), Montalbano di Rovezzano
(Firenze), Bagno a Ripoli (Firenze) e Scipione di Salsomaggiore (Parma). Gli
altri campi sono stati chiusi in seguito alle operazioni belliche nell’Italia
meridionale e gli altri sgombrati dalle autorità militari germaniche dopo gli
avvenimenti dell’8 settembre.
Data la sensibilissima
diminuzione dei Campi di Concentramento e la necessità di sgomberare di
urgenza, per motivi di carattere militare il Campo di Fraschette di Alatri,
dove si trovano 2.000 internati, per le esigenze di polizia politica,
occorrerebbero, nell’Italia settentrionale, quattro campi di Concentramento per
la capienza complessiva di 4.000 persone.
Vista l’esigenza, da parte
tedesca, di avere subito disponibili nuovi campi, verso la fine del 1943 e i
primi mesi del 1944, vennero approntati i campi di:
·
- S.
Martino di Rosignano Monferrato (Alessandria), con una capienza di 40 posti,
per donne straniere, diretto dal Commissario Prefettizio Giovanni Zanello;
·
-
Pian di Coreglia, comune di Orero (Genova), con una capienza di 300 posti, per
donne, venne diretto da un aiutante della Guardia Nazionale Repubblicana ;
·
-
Roccatederighi (Roccastrada Grosseto), con una capienza di 110 posti, per ebrei
italiani e stranieri, venne diretto dal Sig. Gaetano Rizziello;
·
-
Vallecrosia (Imperia), con una capienza di 150 posti, campo misto, venne
diretto dal Vice Commissario Aggiunto Curci;
·
-
Mantova (periferia), con una capienza di 70 posti, per ebrei, venne diretto dal
Ragioniere della Prefettura Martiradone;
·
-
Villa Vò Vecchio (Padova), con una capienza di 200 posti, per ebrei;
·
-
Cortemaggiore (Piacenza), con 500 posti, venne diretto dal Capitano della
Guardi nazionale Repubblicana Albino Pastorelli;
·
-
"Istituto Morello", Spotano (Savona), aveva una capienza di circa 50
posti, per croati e italiani, il 30 aprile 1944 venne dismesso e gli internati
trasferiti nel campo di Cairo Montenotte;
·
-
Cairo Montenotte, Celle Ligure (Savona), istituito nella "Colonia
Bergamasca", era già attivo dal febbraio 1943, aveva una capienza di 400
posti, per croati e italiani, venne diretto da un Tenente della Guardia
Nazionale Repubblicana;
·
-
Teramo (caserma Mezzacapo), con una capienza di 300 posti, per italiani, venne
diretto dal Commissario Aggiunto di P.S. della Guardia Nazionale Repubblicana
Filiberto Di Raffaele.
Oltre a questi campi, che
dipendevano dal Ministero dell’interno, vennero utilizzati per internare i
civili anche alcuni campi per prigionieri di guerra, che dipendevano dalle
autorità militari, come quelli di Servigliano (Ascoli Piceno), Sforzacosta
(Macerata) e il più tragicamente conosciuto Fossoli di Carpi (Modena) del quale
ci occuperemo, insieme ai campi cosiddetti "anticamere dello
sterminio", nel prossimo paragrafo.
4.3. La persecuzione degli
ebrei e le "anticamere dello sterminio".
Le disposizioni del 10 settembre,
e le altre emanate dal governo Badoglio vennero revocate dal governo della
Repubblica Sociale Italiana, il 4 novembre 1943. Il 14-16 dello stesso mese,
venne redatto il Manifesto programmatico della R.S.I., documento noto come la
"Carta di Verona", che al punto sette stabiliva "Gli
appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra
appartengono a nazionalità nemica". Il 30 successivo, il Ministro
dell’Interno, Buffarini-Guidi dispose, con "l’ordine di polizia n.
5", che:
1) Tutti gli ebrei, anche se
discriminati, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel
territorio nazionale debbono essere inviati in appositi campi di
concentramento. Tutti i loro beni mobili e immobili devono essere sottoposti a
immediato sequestro in attesa di essere confiscati nell’interesse della RSI, la
quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni
nemiche.
2) Tutti coloro che, nati da
matrimonio misto, ebbero, in applicazione delle leggi razziali vigenti, il
riconoscimento di appartenenza alla razza ariana, debbono essere sottoposti a
speciale vigilanza dagli organi di polizia.
3) Siano pertanto concentrati gli
ebrei in campo di concentramento provinciale, in attesa di essere riuniti in
campi di concentramento speciali appositamente attrezzati.
Con questi provvedimenti, la RSI
di fatto legittimò lo sterminio degli ebrei presenti in Italia, dando il
supporto necessario ai nazisti per l’attuazione delle deportazioni.
Nel frattempo, tra il settembre e
il novembre 1943, i tedeschi avevano compiuto eccidi e retate, dei quali
ricordiamo: i 54 ebrei trucidati nella zona del lago Maggiore, 15-23 settembre , e il rastrellamento e la deportazione degli ebrei di Roma
nell’ottobre 1943.
Nel dicembre 1943, in attuazione
dell’ordinanza di polizia n. 5, le questure si attivarono per rintracciare gli
ebrei. Una volta arrestati, in attesa di trasferirli nei campi di
"raccolta", vennero rinchiusi, oltre che nelle locali carceri e in
alcuni dei campi precedentemente citati, in quelli provinciali di:
·
-
Aosta, caserma Mottina;
·
-
Asti, seminario locale;
·
-
Bagni di Lucca (Lucca);
·
-
Calvari di Chiavari (Genova),
·
-
Ferrara, locali del Tempio Israelitico
·
-
Forlì, albergo Commercio in corso Diaz;
·
- Senigallia
(Ancona), colonia Marina Unes;
·
-
Mantova, Casa di Riposo Israelitica;
·
-
Terme di Monticelli (Parma);
·
-
Perugia, Istituto Magistrale;
·
-
Reggio Emilia (provincia), Casa Sinigaglia prima, e poi a Villa Corinaldi, e
successivamente a Villa Levi di Coviolo;
·
-
Sondrio, edificio in via Nazario Sauro;
·
-
Vercelli, cascina Ara Vecchia e successivamente nella casa di Riposo Vittorio
Emanuele III;
·
-
Verona, edificio in via Pallone;
·
-
Piani di Tonezza (Vicenza), Colonia Umberto I.
A questi bisogna aggiungere i quattro
campi, considerate vere e proprie "anticamere dello sterminio", dove,
prima di essere deportati nei lager tedeschi, vennero
"raccolti" la maggior parte degli ebrei precedentemente catturati.
1) Il campo di Borgo San Dalmazzo
(Cuneo), attivo dal 18 settembre 1943, venne chiuso temporaneamente, per
l’evacuazione dei prigionieri verso il campo di Drancy (Francia) il 21 novembre
1943 e successivamente riattivato fino a
febbraio 1944. Era stato istituito nella locale caserma degli alpini e venne
utilizzato come campo di raccolta e transito (Polizei-Haftlager).
2) Il campo di concentramento di
Fossoli di Carpi (Modena), da campo per prigionieri di guerra, nel dicembre
1943, diverrà il centro di raccolta e di transito per la deportazione (Polizei
- und Durchgangslager) più grande d’Italia, dal quale partiranno la maggioranza
dei convogli diretti ai campi di sterminio nazisti. Istituito a cinque
chilometri da Carpi, venne direttamente amministrato dai tedeschi. Chiuso nei
primi giorni dell’agosto 1944 dopo la deportazione degli ultimi ebrei presenti
e l’evacuazione dei prigionieri politici verso Bolzano.
3) Il campo di Bolzano-Gries,
allestito in delle autorimesse riadattate sulla strada per Merano, venne
attivato dopo la chiusura di Fossoli, nell’agosto del 1944, e funzionò come il
precedente da Polizei - und Durchgangslager fino alla fine dell’aprile 1945.
4) Il campo di concentramento di
San Sabba (Trieste) venne istituito in un vecchio stabilimento per la
lavorazione del riso nel 1944, inizialmente utilizzato come campo di detenzione
per i partigiani, diverrà un centro di raccolta e smistamento per gli ebrei
(Polizei-Haftlager). Sarà l’unico campo di concentramento in Italia quasi
simile ai lager tedeschi, dove gli internati verranno
torturati, uccisi, in una rudimentale camera a gas, e cremati nel forno
crematorio istituito nel cortile interno del campo. Verrà liberato dai
partigiani jugoslavi il 30 aprile del 1945.
Mentre "la caccia
all’ebreo" era iniziata, il Capo della Polizia Tamburini, il 10 dicembre
1943, comunicava a tutti i capi delle province che dovevano essere esentati
dall’internamento: a) gli ebrei ultrasettantenni; b) ebrei gravemente malati;
c) figli di matrimonio misto; b) ebrei coniugati con non ebrei. Queste
disposizioni vennero quasi del tutto disattese per le varie pressione
esercitate sulle autorità fasciste dai tedeschi.
"La RSI si vide costretta
non solo a tollerare e ad assistere agli arresti indiscriminati, ai massacri,
alle deportazioni praticati dai tedeschi in spregio alle sue leggi, ma in
innumerevoli casi, a collaborare con essi".
Collaborazione che venne data sia
dai dirigenti fascisti, che dalle vari strutture burocratiche preposte
all’attuazione delle disposizioni antisemite. Inoltre numerosi furono gli
arresti eseguiti dalla polizia italiana: 1898 autonomamente e 312 insieme ai
nazisti, su un totale di 4699 casi accertati. Molti degli arresti, avvennero
grazie alle segnalazioni di civili italiani incentivati dal "premio"
pagato loro dai tedeschi, e da una propaganda antisemita sempre più aspra; in
alcuni casi, ci fu anche chi partecipò alla cattura degli ebrei che cercavano
di sfuggire alla ferocia nazista. Dall’altra parte, numerosi furono gli
italiani che cercarono di nasconderli, offrendo un rifugio e aiuto a rischio
della propria vita.
Il 4 gennaio 1944, viene
intensificata anche l’oppressione a livello economico: con il decreto legge n.
2 si decise la confisca dei beni mobili e immobili degli ebrei. I beni
confiscati vengono affidati all’Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare
(EGELI), che, tra la fine del 1943 e il 31 dicembre 1944, ricevette 5.768
decreti di confisca.
4.4. L’occupazione tedesca,
gli internati e i campi di concentramento abruzzesi.
Dopo l’8 settembre 1943, l’Italia
divenne territorio soggetto all’ occupazione della Wehrmacht. Il 12 settembre
il maresciallo Kesserling dichiarava il territorio italiano "territorio di
guerra" e sottoposto alle leggi di guerra tedesche. I soldati tedeschi,
mentre la popolazione civile e i militari italiani credevano che la guerra
fosse finita, iniziarono a disarmare le truppe italiane ed a prendere il
comando di intere zone. In seguito, con la nascita della Repubblica Sociale
Italiana, ci furono militari e civili italiani che si arruolarono nell’esercito
repubblicano al fianco dei tedeschi, chi vi si oppose attivamente aderendo alle
bande partigiane e chi, la gran parte della popolazione, rimase
"neutrale".
Intanto continuava l’avanzata
degli Alleati nelle regioni del sud, che, nell’ottobre 1943, arrivò fino al
confine tra il Molise e l’Abruzzo, dove i tedeschi avevano costruito la
"linea di sbarramento B" (linea Gustav) che andava da Ortona a Gaeta.
L’Abruzzo, per circa 8 mesi,
divenne zona di operazione militari fino al Giugno 1944, quando l’intera
regione venne liberata.
Gli internati che si trovavano
nei campi di concentramento abruzzesi speravano, con l’armistizio, di poter
riconquistare la libertà, ma invano. Il direttore del campo di Nereto, il 13
settembre 1943, comunicava al Prefetto che "la voce della liberazione si
era sparsa tra gli internati, nei tre campi si notò un insolito e quanto mai
grave subbuglio aumentato dal fatto che tutti i Carabinieri del locale Comando
Stazione si erano messi in borghese. Tale fatto diede impressione sia agli
internati che alla popolazione che i militari dell’Arma avevano abbandonato la
sicurezza pubblica". Il giorno successivo, il Prefetto di Teramo, Bracali,
inviò una nota al Questore di Teramo perché inviasse ai "Direttori Campi
di Concentramento nella provincia affinché con opera persuasiva et occorrendo
repressiva si ristabilisca calma e disciplina tra internati evitando
soprattutto abbandono campi da parte di coloro che non essendo stati liberati
da internamento hanno obbligo di permanervi. Direttori Campi con forze polizia
et Carabinieri Reali debbono essere in grado anche senza concorso rinforzo
truppa mantenere disciplina salda agiscano con avvedutezza et energia".
In quasi tutti i campi ancora
attivi i direttori riuscirono a mantenere la situazione sotto controllo,
infatti la maggior parte degli internati che erano fuoriusciti vennero ripresi
e ricondotti nei campi. Anche i soldati tedeschi parteciparono alle ricerche
degli evasi e numerose furono le retate a ridosso del fronte e i controlli nei
campi di concentramento. Il 26 settembre 1943, durante la ricerca di
prigionieri inglesi, si recarono al campo di Civitella dove gli internati per
timore di rappresaglie, tentarono la fuga ma vennero prontamente ripresi.
Alcuni dei campi di
concentramento istituiti in Abruzzo vennero utilizzati dai tedeschi come basi
d’appoggio. Il campo di Lanciano, villa Sorge, venne requisito dal locale
comando tedesco, l’edificio del consorzio agrario, che faceva parte del campo
di Nereto, divenne base logistica per il battaglione carristi tedesco, dislocato
in Val Vibrata. In altri campi, come in quello di Isola del Gran Sasso e
Tortoreto Stazione, i tedeschi, durante la loro ritirata, vi asportarono gran
parte del casermaggio.
Parte degli internati di
Civitella vennero "prelevati da una dozzina di SS" e per un mese (dal
20 novembre al 20 dicembre), furono costretti a scavare fosse anticarro a
Crocetta sul Sangro: questo faceva parte della strategia tedesca di usare
"il materiale umano" per scopi militari.
Numerosi furono i partigiani, gli
antifascisti e i semplici cittadini rastrellati dai soldati tedeschi che
vennero rinchiusi nei campi di concentramento abruzzesi, specialmente in quello
di Teramo del quale ci occuperemo nel prossimo paragrafo.
I tedeschi effettuavano anche
delle perquisizioni nei vari campi, per controllare il loro stato e verificare
la condotta degli internati.
Per tutto il periodo
dell’occupazione tedesca, gli internati subirono le decisioni delle autorità
germaniche: i funzionari e gli addetti alla sorveglianza della Repubblica
neofascista non erano che degli esecutori della volontà degli occupanti.
4.5. Il Konzentrationlager di
Teramo.
L’ultimo campo di concentramento
in Abruzzo fu quello istituito nella vecchia Caserma Mezzacapo di Teramo, al
Largo Madonna delle Grazie. Il campo, KZ (Konzentrationlager), per tutto il
periodo nel quale rimase attivo, venne sottoposto alla giurisdizione delle
locali autorità della Repubblica Sociale Italiana e, in modo prevalente, alle
decisioni del comando militare tedesco .
Il 28 dicembre 1943, il comando
tedesco di Teramo (Koruch 594, Amministrazione Militare), dispose la
costituzione di un campo di concentramento nel quale poter internare le
numerose persone rastrellate al ridosso del fronte. Il 5 gennaio successivo, il
Capo della Provincia, Ippoliti, faceva sapere al locale Comando Militare
"che a campo di concentramento per internati politici possono essere
adibiti i locali della Caserma "Mezzacapo" in Teramo. Tali locali,
sufficienti per 300 persone, sono già pronti. Mancano, peraltro, lumi e
coperte".
Dopo la nota del Capo della
Provincia, passarono alcuni giorni prima che il campo potesse considerarsi
pronto: infatti, parte della caserma era occupata da militari e automezzi
tedeschi e il casermaggio era incompleto.
Il 18 gennaio il campo entrò in
funzione e, nello stesso giorno, arrivarono i primi 29 internati, tra i quali
anche donne e bambini.
Il campo, in questo primo
periodo, rimase per molti giorni precario e, il 28 gennaio, il Capo della
Provincia comunicava alle varie autorità che "è stato istituito in Teramo
a richiesta del locale Comando Tedesco un Campo di concentramento.
Per opportuna conoscenza e norma
informo che il Campo in parola funziona nei locali della Caserma Mezzacapo
sotto la sorveglianza delle GG.RR. della Legione 135^ e deve essere considerato
Campo chiuso per cui nessun internato può uscirne.
Il Comando Tedesco può rilevare
internati dal Campo per impiegarli al Servizio del Lavoro.
Per quanto riguarda
all’approvvigionamento degli internati si provvede provvisoriamente a mezzo di accreditamenti
fatti dalla Prefettura al locale Ente Comunale di Assistenza.
Sono in corso i provvedimenti di
casermaggio.
Alla disciplina e al regolare
funzionamento dei servizi provvede il Direttore del Campo Commissario agg. di
P.S. Dott. Di Raffaele Filiberto.
Il Direttore del Campo deve
provvedere a tenere un elenco aggiornato degli internati annotando per ciascuno
le date di entrata e di uscita.
per ciascun internato il
Direttore del Campo provvederà perché sia istituito un fascicolo personale.
Per ciascun internato devono
essere accertate a cura del Direttore del Campo, la posizione in genere ed i
precedenti; tali notizie devono, appena possibile, essere comunicate al locale
Comando di presidio Germanico, tramite la Questura".
Pur trovandosi in fase di
allestimento, i militari tedeschi continuarono a portare nel campo persone da
internare: il 5 febbraio, il campo contava 118 internati, quasi tutti italiani
rastrellati nell’intera regione.
Il direttore, Di Raffaele, il 2
febbraio, venne richiamato dalla Questura per assumere la direzione degli
affari amministrativi della 3^ divisione, al suo posto, il Capo della Provincia
nominò a dirigere il campo il Vice Commissario Salvatore Giuliano.
Il 22 febbraio, con
"ordinanza n° 1", il nuovo direttore dispose, per la vigilanza, che
"1° Il Maresciallo della
Guardia Nazionale Repubblicana comanderà un servizio di vigilanza presso:
·
a)
alla porta d’ingresso
·
b)
alla porta carraia
·
c)
alla porta di legno
·
d)
sotto il porticato.
2° La sentinella sotto il
porticato dovrà essere tolta dopo il contrappello e spostata sino alle ore 8
del mattino nel pianerottolo da dove si accede per le camerate. la guardia
vieterà agli internati di scendere durante la notte nel cortile. La stessa
sorveglierà saltuariamente le camerate adibite a dormitorio.
3° Il capo posto o chi per esso
dovrà strettamente sorvegliare l’entrata e l’uscita di tutte le persone,
ritirando per quelle estranee i documenti di identità con la relativa
fotografia che dovranno essere restituite all’uscita.
4° La persone che verranno a
visitare gli internati dovranno essere fatti sostare nel parlatorio (la camera
a sinistra entrando al campo).
5° Nessun internato deve essere
fatto uscire se non è munito di regolare permesso rilasciato solamente dal
sottoscritto.
6° La sentinella posta alla porta
carraia dovrà prestare attenzione che durante l’entrata e l’uscita degli
automezzi tedeschi o di qualsiasi altro veicolo non escano internati che
potrebbero approfittare di questo momento per evadere.
7° Riferirò superiormente per i
provvedimenti disciplinari del caso la sentinella che si allontani dal proprio
posto.
8° Il Maresciallo della Guardia
Nazionale Repubblicana mi riferirà tempestivamente qualsiasi novità e redigerà
apposito rapporto a carico dei dipendenti che non osservino quanto prescritto
nella presente ordinanza".
Malgrado l’attenta sorveglianza
del campo, alcuni internati riuscirono a fuggire. secondo il direttore, ciò era
possibile perché "un’ala dell’edificio è occupata dagli automezzi tedeschi
ed il personale addetto a i vari servizi deve entrare continuamente dalla parte
situata a lato della caserma. Tale movimento contribuisce a favorire l’evasione
degli internati". Il Capo della Provincia, il 5 marzo 1944, ordinò, che,
"per assicurare la più completa e rigorosa sorveglianza", gli
internati venissero trasferiti nelle locali carceri Giudiziarie. Il 13 marzo,
si completò l’intero trasferimento dei 178 internati dalla Caserma alle
carceri, e, il 22 marzo, per evitare nuove evasioni, la sorveglianza del campo
venne affidata al Maresciallo Ioanu Wensauer del 927 reggimento. In seguito,
anche per la direzione, verrà nominato un tedesco, il sottufficiale Maresciallo
Friederich, il quale dirigerà il campo affianco al direttore italiano,
Giuliani.
Anche con questi nuovi provvedimenti,
molti internati, la maggior parte approfittando dei continui spostamenti
(precettazioni per il lavoro, visite mediche, ecc.), riuscirono a fuggire.
Le autorità tedesche emanarono
varie disposizioni su come doveva avvenire "l’accettazione delle persone
al campo di concentramento", in particolare prevedevano che il direttore
dovesse giornalmente comunicare al "Comando di Piazza" le presenze
degli internati e specificare quelli abili al lavoro.
La maggior parte delle persone
internate, quasi tutti italiani, erano state arrestate dai tedeschi per essersi
trovati nella "zona delle operazioni belliche", e ciò bastava per
essere accusati di compiere "azioni che possono essere di danno
all’esercito tedesco". Per ogni internato l’amministrazione del campo
stilò delle schede personali, nelle quali, oltre alle generalità, veniva
precisata la "posizione" con i motivi che "giustificavano"
l’internamento. Le accuse più ricorrenti, erano: tentato passaggio del fronte,
sospetto antifascista e antitedesco, sospetto favoreggiamento al nemico,
sospetto di spionaggio, sospetto di appartenere a bande partigiane, sospetto di
comunismo, furto oggetti all’esercito tedesco.
Il 21 febbraio arrivò nel campo
il parroco di Orsogna, Domenico Pace, il quale era stato arrestato per
"anglofilia".
Le giornate all’interno del campo
erano rigidamente programmate: ore 5,30 sveglia cucinieri, ore 6,30 sveglia
internati, ore 7 1° appello (in cortile), ore 7,15 colazione, ore 8 pulizie
camerate e campo, ore 12 2° appello (in cortile), ore 12 rancio, ore 15 pulizia
campo, ore 17,30 rancio, ore 18,30 3° appello (in camerata), ore 18,45
silenzio.
Il 22 febbraio venne emanata, dal
direttore, l’ordinanza n. 2, con le disposizioni per le pulizie e l’igiene del
campo:
"1) Ogni Capo Camerata metterà
a disposizione per tutta la giornata, a turno, due uomini (ad eccezione della
Camerata D che ne metterà uno solo) che dovranno essere adibiti alla pulizia
del campo.
2) Le pulizie delle singole
Camerate viene affidato ad un altro uomo comandato pure dal Capo Camerata.
3) Gli uomini comandati per la
pulizia del campo verranno messi a disposizione dell’Agente di P.S. Falone
Carmine addetto a tale servizio che li impiegherà secondo il suo criterio.
4) Il Capo Camerata è
responsabile personalmente della perfetta e precisa osservanza della presente
ordinanza. Alla mattina redigerò rapporto di quanto accaduto durante la notte e
curerò al contempo di prendere nota dei desideri degli uomini a lui affidati.
5) La pulizia della direzione e
dell’infermeria viene affidata agli internati Pergola Michele e Della Peste
Donato".
Oltre agli adempimenti previsti
dall’ordinanza, gli internati venivano precettati dai tedeschi per i lavori di
fortificazione.
Dai primi giorni d’internamento
le condizioni di vita degli internati furono pessime. Costretti a vivere
ammassati, nei fatiscenti locali della Caserma, uomini, donne e bambini, alcuni
senza indumenti dormivano su pagliericci insufficienti, senza servizi igienici,
con scarsa assistenza medica e con delle stufe inadeguate. In un ambiente così
invivibile, numerosi furono i ricoveri in ospedale per gravi malattie infettive
e da raffreddamento. Insieme ai vari disagi, quello più sentito era
rappresentato dalla difficoltà a reperire cibo. All’inizio, al vitto pensò la
Prefettura che, accreditando 9 lire per ogni internato, predispose che l’E.C.A.
(Ente di Assistenza Comunale) confezionasse i pasti per gli internati; in
seguito, dal 1 marzo, venne attivata una cucina all’interno della Caserma, ma
sia prima che dopo, in piena economia di guerra, la difficoltà a reperire
alimenti portò alla fame gran parte degli internati. Anche dopo il
trasferimento alle carceri Giudiziarie la situazione rimase immutata, anzi, con
il continuo arrivo di internati, si aggiunse il problema del sovraffollamento.
Il Commissario delle carceri, nell’aprile 1944, in una nota al Capo della
Provincia, faceva presente che le presenze avevano raggiunto le 436 unità (368
internati più 68 detenuti) quasi il doppio della capienza massime dello
stabile.
All’inizio del marzo 1944, il
Capo della Provincia aveva nominato una "commissione per l’esame degli
internati", composta dal Presidente del Tribunale, Ugo Gianniro, dal
membro del direttorio federale Aldo Finavera, dal direttore del campo Salvatore
Giuliani e dal Presidente della C.R.I. Giuseppe Lonero. La commissione aveva il
compito di verificare la posizione degli internati e di proporre, al comando
tedesco, la liberazione di quelli ritenuti "meno pericolosi".
Numerosi furono gli internati per i quali si chiese la liberazione e, per
alcuni di essi, il comandante la "retrozona dell’armata tedesca",
Generale Zanthier, concesse il rilascio.
Il 29 maggio, il Comando di
Piazza di Teramo, Comandato dal Tenente Colonnello Kinzle, dispose il
trasferimento degli internati a Servigliano (Ascoli Piceno). Il 7 giugno 100
internati, stipati su un camion con un rimorchio, vennero trasportati verso
Servigliano, ma giunti al "ponte Zolfo, a circa 6 Km. da Teramo, gli
internati, approfittando della piccola sosta che l’automezzo fece per dare la
precedenza a un camion tedesco", riuscirono a sopraffare la scorta,
composta da 11 militi, e a fuggire verso la boscaglia.
Il 9 dello stesso mese, un buon
numero degli internati rimasti nel campo, con l’aiuto dei sorveglianti, riuscì
a fuggire: il Questore, Alberto Zardo, in un ultimo rapporto sul campo di
Teramo, dichiarò che "gli internati presenti questa mattina erano 111. Di
questi che poco prima della fuga erano stati controllati dal sottufficiale
germanico di collegamento e da un agente, 17 non sono fuggiti. Dei 94 fuggiti
tre sono stati ripresi e 4 uccisi, per cui il numero dei mancanti risulta di
87".
4.6. Il contributo degli
internati alla Resistenza.
Sulla partecipazione degli ex
internati alla Resistenza ancora non sono stati fatti studi in modo organico,
ma esistono varie testimonianze sul contributo che, specialmente gli internati
jugoslavi, hanno dato alla lotta di Liberazione in Italia.
Approfittando dello sfacelo
generale, dopo l’8 settembre, alcuni internati, in maggioranza jugoslavi,
riuscirono a fuggire dai campi di concentramento con l’intenzione di
raggiungere i confini orientali della Jugoslavia, ma, senza documenti, senza
soldi, in molti decisero di darsi alla macchia e combattere i tedeschi. Quasi
tutti quelli che non vennero ripresi parteciparono, insieme agli evasi dai
campi per i prigionieri di guerra, alla lotta di liberazione in Italia. Parte
degli jugoslavi si inserirono nelle cinque "Brigate d’Oltremare",
costituite a Bari, dove in seguito vennero inquadrati nelle file dell’esercito
di Tito.
Gran parte degli ex internati
provenienti dai campi dell’Abruzzo, delle Marche e dell’Umbria, si unirono alle
bande partigiane di queste regioni o ne costituirono di proprie. Una delle
prime formazioni partigiane jugoslave fu la "Gramsci", guidata dal
comandante Svetozar Lakovic (Toso), la quale operò in Umbria, ed in seguito,
per motivi logistici, tutti gli jugoslavi appartenenti a questa formazione
vennero riuniti nel "Battaglione Tito". La "Brigata Spartaco",
che faceva parte della "Divisione Garibaldi Marche", era composta
anche dal "Battaglione Stalingrado", interamente formato da jugoslavi
e comandata da Milutin Pavlicic, in seguito, gli ex internati verranno riuniti
nella "Brigata Garibaldi Pesaro", quest’ultima composta da 167 uomini
tra cui alcuni russi.
Nella "Brigata
Maiella", che operava in Abruzzo, il secondo plotone della quarta
compagnia venne comandato dallo jugoslavo Stanislao Roc.
Consistente l’apporto dato dagli
internati alle formazioni partigiane della provincia di Teramo. Nella battaglia
di Bosco Martese (25 settembre 1943) circa 40 internati provenienti quasi tutti
dal campo di Corropoli, dove erano stati liberati dalla formazione partigiana
di Armando Ammazzalorso, al comando del maggiore Mattievic e del tenente Ciukovic
parteciparono alla battaglia insieme ai partigiani italiani e riuscirono a
mettere in fuga un intero battaglione motorizzato tedesco.
Dopo Bosco Martese, per ragioni
organizzative, vennero formate cinque bande, che operavano in diversi settori,
e due di esse, formate prevalentemente da ex internati, furono comandate da
Raiko Neradovic e Vasilij Radovic. Un’altra formazione che annoverava ex
internati tra le sue file era quella di Mirko Jovanovic, la quale agì
generalmente in modo indipendente.
Alla formazione
"Gorzano" diede un attivo supporto un gruppo di montenegrini fuggiti
dal campo di concentramento di Colfiorito (Perugia), capeggiati da Mirko e
Dimitri Vujosevic.
Il gruppo di stranieri, tra i
quali numerosi internati, che prese parte alla lotta partigiana in provincia di
Teramo, era costituito da circa 200 jugoslavi, 100 "anglosassoni", un
russo, un indiano, e circa una trentina, tra albanesi e sudafricani. Di questi
numerosi furono i caduti: alla memoria di costoro, e di tutti gli altri partigiani
morti durante la Resistenza nella provincia, la città di Teramo ha dedicato una
lapide.
4.7. Dalla deportazione alla
Liberazione.
Nell’ottobre 1943 i nazisti
decisero di estendere anche all’Italia la "soluzione finale".
L’Italia, in base alle disposizioni tedesche, doveva divenire
"Judenrein" (ripulita dagli ebrei).
Il 16 ottobre, le autorità
germaniche disposero che "si sarebbe dovuto cominciare ad occuparsi della
questione ebraica subito a ridosso della linea del fronte, per poi proseguire
passo l’epurazione procedendo verso nord".
Le SS addette alla cattura degli
ebrei, secondo il capo divisione Wagner, risultavano essere insufficienti,
quindi era indispensabile che "le forze fasciste sotto la loro
responsabilità" collaborassero a rintracciare e ad arrestare gli ebrei.
La polizia italiana, come abbiamo
già detto, contribuì a imprigionare gli ebrei nei campi di raccolta
provinciale: "le tracce di questa collaborazione sono innumeri e
indelebili non solo nei ricordi dei sopravvissuti e di coloro che vi assistettero,
ma in centinaia di documenti che attestano senza possibilità di equivoco e di
giustificazione come i funzionari e i militari della RSI collaborarono su vasta
scala alla caccia all’ebreo e, quindi, allo sterminio di migliaia di
ebrei"
Quando le autorità della RSI non
cooperavano all’attuazione delle disposizioni naziste, non avevano la
possibilità di opporsi alle deportazioni arbitrarie effettuate dalle SS.
L’aver internato gli ebrei nei
campi di concentramento, prima provinciali e poi in quelli di
"raccolta", facilitò il compito dei tedeschi quando dal 1 febbraio
1944, dopo che già due convogli erano partiti dall’Italia (quello partito da
Merano il 16 settembre 1943 e quello da Roma il 18 ottobre successivo),
iniziarono a deportarli verso i campi di sterminio.
Gli ebrei deportati dall’Italia
saranno 6.746, di questi 5.916 moriranno nei lager tedeschi.
Anche le varie autorità
provinciali abruzzesi, insieme agli addetti alla sorveglianza dei campi di
concentramento, nella maggior parte collaborarono con i tedeschi. Il 21
dicembre 1943, i Carabinieri nel campo di Nereto consegnarono alle SS 61 ebrei,
pur sapendo quale sarebbe stata la loro sorte. Il 23 marzo 1944, il Capo della
Provincia intensificò la sorveglianza nei campi e nei confronti degl’internati
che si trovavano nei comuni, in modo da impedire possibili fughe.
Il direttore del campo di
Civitella consegnò ai tedeschi i numerosi ebrei libici, i quali in parte
moriranno nel campo di Auschwitz.
Il campo di Teramo venne
istituito su disposizione del "Comando Militare Tedesco" dalle locali
autorità della RSI, le quali fornirono tutto il necessario supporto fino a
trasportare loro stessi gli internati verso il campo di Servigliano (Ascoli
Piceno).
A metà giugno 1944, l’intera
provincia di Teramo veniva liberata, il casermaggio rimasto nei campi di
concentramento, in parte ormai dismessi, venne requisito dagli Alleati. Il 25
luglio successivo il Ministero dell’Interno della RSI comunicava al capo della
polizia che "a seguito dell’andamento delle operazioni militari, sono
venuti gradatamente a mancare anche i campi istituiti nelle provincie di
Grosseto, Arezzo, Ancona e Firenze, nonché quello di Scipione di Salsomaggiore
in provincia di Parma per esigenze di carattere militare.
Recentemente, d’ordine del
Ministero dell’Interno, è stato inoltre, come è noto, sciolto il vecchio vasto
campo di Fossoli di Carpi, mentre quello nuovo ivi costituito con tutte le più
confortevoli attrezzature, venne tempo fa passato a disposizione dell’autorità
germanica.
Attualmente sono in efficienza i
campi: casale Monferrato (Alessandria); Mantova; Villa Vò Vecchio (Padova);
Cortemaggiore (Piacenza); Celle Ligure (Savona) e Vallecrosia (Imperia); tutti
con capienza minima e, dove si ha disponibilità di posti, o non è completo il
materiale di casermaggio o mancano le necessarie attrezzature".
Il 19 settembre 1944, in una
circolare, il nuovo Prefetto di Teramo, Giovanni Lorenzini, comunicava che
"dei campi di concentramento già esistenti in questa Provincia quelli
sottoindicati non sono in grado di funzionare nè possono essere rapidamente
rimessi in efficienza, come rilevasi dalle tante copie di lettere dei
Commissari Prefettizi dei rispettivi comuni:
Isola del Gran Sasso - Tortoreto
- Nereto - Corropoli.
Si fa riserva di ulteriori
notizie allorquando saranno rinvenute le risposte di altri 3 comuni interessati
e cioè Tossicia, Civitella del Tronto e Notaresco".
1.
RISERVATA Roma 25 giugno1940 XVIII
MINISTERO DELL’INTERNO ECCELLENZE I PREFETTI DEL REGNO
AL SIGNOR QUESTORE DI ROMA
DIREZIONE GENERALE DELLA P.S.
e.p.c.
Divisione A.G.R. - Sezione II^
Ispett. Gen. P.S. Comm. ARGENTIERI
" " Gr. Uff. FALCONE
Prot. N° 442/14178 " "
Comm. PANARIELLO
" " Comm. Menna
" " Comm. GIANCAGLINI
OGGETTO : Prescrizioni per i
campi di concentramento
e per le località
d’internamento.
1) non è consentito agli
internati di tenere presso di loro passaporti o documenti equipollenti e
documenti militari;
2) gli internati non debbono
possedere denaro a meno che non si tratti di piccole somme non eccedenti in
nessun caso le cento lire; le eccedenze dovranno essere depositate presso
banche o uffici postali su libretti nominativi che saranno conservati dal
direttore del campo di concentramento o in mancanza dal Podestà. Qualora gli
internati abbiano necessità di effettuare prelevamenti, dovranno chiedere di
volta in volta l’autorizzazione al direttore del campo di concentramento o in
mancanza al Podestà, il quale, se ritiene giustificata la richiesta, provvederà
a far eseguire l’operazione tenendo presente che la somma da prelevare non deve
mai superare quella consentita. Prelevamenti di somme superiori dovranno essere
autorizzati dal Ministero;
3) gli internati non possono
tenere gioielli di valore rilevante ne titoli; tanto i gioielli che i titoli dovranno
essere depositati, a spese dell’interessato, in cassette di sicurezza presso la
banca più vicina dove l’internato sarà fatto accompagnare per tale operazione.
La chiave della cassetta sarà tenuta dall’interessato, mentre il libretto di
riconoscimento sarà conservato dal direttore del campo di concentramento ed in
mancanza dal podestà;
4) gli internati non possono
detenere armi o strumenti atti ad offendere;
5) gli internati non debbono
occuparsi di politica;
6) agli internati può essere
consentita in linea di massima soltanto la lettura di giornali italiani; per la
lettura di giornali o libri in lingua straniera deve essere chiesta
l’autorizzazione al Ministero;
7) in un primo tempo dovrà essere
corrisposto a tutti gli internati, senza distinzione di sorta, il sussidio
giornaliero di £. 6,50, aumentato per gli internati nei comuni della somma di
£. 50 mensili; successivamente le Questure interessate dovranno chiedere alle
Questure nelle cui giurisdizioni dimorava l’internato se questi sia in grado di
mantenersi con mezzi propri provvedendo, in caso affermativo, a sospendere la
corresponsione del sussidio;
8) ai fini di una maggiore
vigilanza le Questure nelle cui giurisdizioni dimorava l’internato
provvederanno a fornire alle Questure interessate i precedenti delle persone
internate sospette di spionaggio o ritenute comunque pericolose;
9) la corrispondenza ed i pacchi
di qualsiasi genere, sia in arrivo che in partenza, debbono essere sempre
revisionati o controllati, prima della consegna o della spedizione, dal
Direttore del campo di concentramento o in mancanza dal Podestà o da un loro
incaricato;
10) gli internati non possono
tenere apparecchi radio;
11) le visite dei familiari agli
internati sia nei campi di concentramento che nei comuni di internamento
debbono essere autorizzate dal Ministero;
12) la convivenza dei familiari
con gli internati nei campi di concentramento non è consentita;
13) la convivenza dei familiari
con gli internati nei comuni d’internamento deve essere autorizzata dal
Ministero; le relative pratiche debbono essere trasmesse al Ministero dalle
Questure interessate debitamente istruite.
PEL MINISTRO
(Carmine Senise)
F/to illegibile
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 102.
2.
DECRETO DEL DUCE DEL FASCISMO,
CAPO DEL GOVERNO, 4 SETTEMBRE 1940 XVIII PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE N°
239 DELL’11 OTTOBRE 1940.
Disposizioni relative al
trattamento dei sudditi nemici internati.
IL DUCE DEL FASCISMO CAPO DEL GOVERNO MINISTERO PER L’INTERNO.
Visto l’art. 289
della legge di guerra, approvata con R.D. 8 luglio 1938 XVI n° 1415;
Visto il R.D. 10 giugno 1940
XVIII, n. 566, che ordina all’applicazione della legge predetta;
Intesi i Ministri degli Affari
Esteri e per le finanze;
Decreta
- ART. I° -
I sudditi nemici internati
possono essere raggruppati in speciali campi di concentramento, ovvero essere
obbligati a soggiornare in una località determinata da provvedimento di
internamento.
- ART. 2° -
I campi di concentramento,
preveduti dal precedente articolo, sono posti sotto la sorveglianza e il
controllo del Ministero dell’Interno.
All’organizzazione e alla
disciplina di detti campi, provvede il Ministero predetto per mezzo di un
funzionario di pubblica sicurezza, che deve risiedere sul posto. All’uopo il
Ministero impartisce le istruzioni per il funzionamento interno del campo.
L’organizzazione del campo di
concentramento riflette in particolare i servizi delle abitazioni,
dell’alimentazione, dell’assistenza igienica e sanitaria, della amministrazione
dei medicinali, del lavoro e del dopolavoro.
La disciplina concerne
soprattutto l’orario di libera uscita per gli internati, il divieto di
interessarsi, in modo palese od occulto, di argomenti politici o militari, di
disturbare il riposo mediante schiamazzi o rumori, di bere, barattare o
pignorare effetti di vestiario o altri oggetti forniti dall’Erario.
- ART. 3° -
Se l’internato è obbligato a
soggiornare in una località diversa dal campo di concentramento, la vigilanza e
il controllo sull’internato stesso spettano all’autorità di pubblica sicurezza,
del luogo di soggiorno.
La detta autorità determina le
visite periodiche che l’internato è tenuto a fare all’autorità locale di
pubblica sicurezza, l’orario di libera uscita la località nella quale
l’internato può circolare.
- ART. 4. -
Gli internati possono essere
impiegati, in determinati lavori, purchè non eccessivi, conformi al loro rango,
e tali da non implicare partecipazioni a reazioni belliche.
In tal caso gl’internati ricevono un equo compenso da determinarsi dal Ministero dell’Interno.
- ART. 5° -
Gli internati devono essere
trattati con umanità e protetti contro ogni offesa e violenza.
Essi non possono essere destinati
in località esposte al fuoco nemico o insalubri.
- ART. 6° -
La libertà di religione e di
culto degli internati è rispettata, con l’osservanze delle norme prescritte dal
Ministero dell’Interno per il mantenimento dell’ordine.
- ART. 7° -
Gli internati conservano gli
effetti e gli oggetti di uso personale che non siano stati requisiti o
sequestrati, semprechè non si tratti di armi munizioni, equipaggiamenti, o
documenti militari.
- ART. 8° -
Le spese per il mantenimento del
campo di concentramento fanno carico all’Erario, salva rivalsa sui beni
dell’internato, o su compenso da questi percepito del suo lavoro.
- ART. 9° -
L’internato che sia obbligato a
soggiornare in una località diversa dal campo di concentramento, e che non
abbia mezzi propri o proventi di lavoro, è alloggiato gratuitamente e
percepisce un sussidio giornaliero pel suo sostentamento e per gli altri
bisogni della vita.
Il sussidio è corrisposto dal
Prefetto nella misura stabilita dal Ministero dell’Interno.
- ART. 10° -
Gli internati in campi di
concentramento o in località diversa non possono spedire o ricevere
corrispondenze postali o telegrafica o pacchi di qualsiasi genere, se non per
il tramite delle autorità di pubblica sicurezza che esercita la diretta
vigilanza sugli internati medesimi.
Agli internati è vietato di
tenere presso di loro titoli, gioielli, ed oggetti di valore; è inoltre vietato di tenere somme di denaro che, a giudizio insindacabile, delle autorità
di pubblica sicurezza, siano superiori ai bisogni ordinari.
I titoli, i gioielli, e gli
oggetti di valore, sono depositati in cassetti di sicurezza presso un istituto
bancario, con le modalità che saranno stabilite dal Ministero dell’Interno.
Le somme eccedenti i bisogni sono
depositate in una banca locale o all’ufficio postale con libretti intestati
agli interessati e non possono essere ritirate senza il visto delle autorità di
pubblica sicurezza.
Roma, addì 4 settembre 1940
XVIII.
Mussolini
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 102
3.
MINISTERO DELL’INTERNO
R. DECRETO = LEGGE 17
SETTEMBRE 1940 XVIII N° 2374 = PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE N° 240 DEL
12 OTTOBRE 1940 XVIII.
______________
Modificazioni ed aggiunte al
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per il periodo dell’attuale stato
di guerra.
- Visto il testo unico 18 giugno 1931 IX n° 773
delle leggi di pubblica sicurezza;
- Visto l’art. 18 della legge 19 gennaio 1939
XVIII, n° 129;
- Ritenuto che si versa in istato di necessità per
causa di guerra;
- Sentito il Consiglio dei Ministri;
- Sulla proposta del Duce del Fascismo, Capo del Governo,
Ministro per l’Interno, di concerto col Ministro per la grazia e
giustizia;
Abbiamo decretato e decretiamo:
- ART. I° -
Durante l’attuale stato di
guerra, il Ministero dell’Interno può disporre l’internamento delle persone
contemplate dall’art. 181 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con R. Decreto 18 giugno 1931 IX n° 773.
- ART. 2° -
Durante l’attuale periodo di
guerra, l’obbligo della presentazione degli stranieri all’autorità di pubblica
sicurezza, al loro ingresso nel territorio dello Stato ed in occasione del
trasferimento da uno ad altro Comune dello Stato, previsto dall’art. 142 del
citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, deve essere adempiuto
entro le ventiquattro ore dall’ingresso o dal trasferimento.
E’ sospesa l’applicazione
dell’ultimo comma del predetto art. 142.
- ART. 3° -
Il presente decreto entra in
vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regno e
sarà presentato alle Assemblee legislative per la conversione in legge.
Il Ministero proponente è
autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente
decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella Raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti
osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 17
settembre 1940 XVIII.
Vittorio Emanuele
Mussolini - Grandi
Visto, il Guardiasigilli: Grandi
- Registrato alla Corte dei conti il 10 ottobre 1940 XVIII - Atti del Governo,
registro 426, foglio 28 - Mancini.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 99.
4.
MINISTERO DELL’INTERNO
DIREZIONE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA
Roma 8 maggio 1941 -
XIX° DEL REGNO ALLE RR. PREFETTURE
OGGETTO: ALLA REGIA QUESTURA DI
ROMA
Località militarmente importanti
e.p.c.
- MINISTERO AFFARI ESTERI - A.G.IV° -
- MINISTERO DELLA GUERRA - Gabinetto -
- MINISTERO DELLA GUERRA - S.I.M. -
ROMA
Il Ministero della Guerra ha,
d’intesa con quelli della Marina e dell’Aeronautica, compilato l’unito elenco
delle località militarmente importanti il quale sostituisce le tabelle A e B
annesse alla legge 1° giugno 1931 n° 886.
Ciò permesso, ed a richiesta
dello stesso Ministero della Guerra si prega allontanare i sudditi nemici dalle
località indicate nell’elenco, inviandoli a scegliersi subito altra residenza.
Eventuali eccezioni potranno
essere esaminate, caso per caso, e a richiesta degli interessati dalle
rispettive Questure previ accordi con gli organismi militari.
Si prega altresì di rivedere,
sempre d’intesa con gli organismi militari, la posizione degli stranieri non
appartenenti a Stati nemici e residenti in località militarmente importanti,
avanzando proposte nei confronti di quelli ritenuti sospetti o indesiderabili.
Si prega infine di sottoporre a
speciali misure di vigilanza tutti gli stranieri residenti in Italia vietando
loro gli spostamenti da una località ad altra militarmente importante senza
preventiva autorizzazione da parte degli organi di Polizia, i quali, prima di
rilasciarla, dovranno interpellare la Questura nella cui giurisdizione lo
straniero intende recarsi.
Le limitazioni di cui sopra è
cenno non si applicano ai sudditi tedeschi ariani favorevolmente noti ed agli
stranieri ristretti in campi di concentramento. Quelli internati in comuni
compresi nell’elenco dovranno essere trasferiti in altri comuni della stessa
provincia non militarmente importanti.
Per le Prefetture della Venezia
Giulia si richiamano le disposizioni impartite col telegramma del ventisei
aprile u.s. n° 27727-443.
Si resta in attesa di
assicurazione.
PEL MINISTRO
(Carmine Senise)
F/to illegibile
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 99.
5.
EUGENIO PARRINI
CAVALIERE AL MERITO DEL LAVORO
ROMA, 24 febbraio XX
VIA DELL’AMBA ARADAM, 48 -
TEL. 760-258
OSSERVAZIONI E NORME PER LA COSTRUZIONE DI UN CAMPO DI
CONCENTRAMENTO PER INTERNATI NON MILITARI
GENERALITA’ - Le contingenze belliche hanno
ancora una volta e in più vasta misura generato le necessità di riunire in
appositi campi di concentramento numerosi raggruppamenti di persone allo scopo
di isolarle in una limitata zona adatta ad una facile sorveglianza.
Il problema si ripresenta solo a
grandi distanze di tempo ed è per tale ragione che, almeno in Italia, esso
manca di una necessaria elaborazione.
Le esigenze della costruzione e
organizzazione di un campo di concentramento sono molteplici e vanno dalla
necessità di dare ricovero e mezzi di vita agli internati e personale di
sorveglianza in modo da garantire la bontà delle condizioni igieniche del
campo, fino alla opportunità che la costruzione e la gestione siano tali da
rendere nello stesso tempo meno penosa la relegazione agli internati e meno
preoccupante ed oneroso per lo Stato il problema della vigilanza degli stessi.
Così, pur considerando la
caratteristica dell’urgenza che sempre si accompagna alla contingenza che porta
alla costruzione del campo, questo non deve essere ridotto alla costruzione di
baracche non igieniche, impiantate ove sia, senza riguardo alla vita normale
della zona e alla difficoltà di provvedere economicamente ai servizi logistici
e senza la previsione - che ritengo molto importante - di uno scopo più
durature di poter destinare in tutto o in parte le costruzioni eseguite anche a
successivi scopi di pace.
Osservazioni ed esperienze che
risalgono anche alla guerra europea mi hanno portato alle seguenti conclusioni
che ritengo utili alla più razionale impostazione dei campi ancora da
costruire.
A) SCELTA DELLA ZONA
Oltre alle ovvie caratteristiche
circa la distanza da centri abitati, circa la accessibilità, la salubrità e la
possibilità di rifornimenti, la località prescelta dovrebbe essere al
centro di una zona vasta tale da consentire la possibilità di impiego a tutti i
volenterosi che volessero dedicarsi ai lavori intesi a:
1) Impiantare grandi orti il cui
prodotto dovrebbe essere ceduto al campo di concentramento a pranzo modesto,
evitando così di gravare per le provviste sui mercati locali;
2) Intraprendere la
trasformazione agraria e fondiaria o qualsiasi altra attività nella zona a
mezzo degli internati che volontariamente domandassero di lavorare, mediante un
modesto contributo.
B) COSTRUZIONE DEL
CAMPO
Il campo di concentramento, per
sommi capi, deve comprendere:
·
1)
Ricoveri per gli internati e relativi servizi accessori;
·
2)
Uffici e abitazioni della direzione del comando del campo, per gli Ufficiali
M.V.S.N. - alloggi
·
sottufficiali
P.S. e impiegati e famiglia;
·
3)
Direzione tecnica per la manutenzione del campo e la cura dei servizi vari:
acqua ecc.;
·
4)
Caserma per la Milizia e agenti P.S., corpo di guerdia, camera di sicurezza per
internati e forze
·
armate;
·
5)
Infermeria con ambulatorio e reparto di isolamento;
·
6)
Magazzino casermaggio;
·
7)
Forno;
·
8)
Macelleria;
·
9)
Magazzini e locali per l’organizzazione centrale per l’alimentazione e
provviste accessorie;
·
10)
Autorimessa;
·
11)
Cappella per la necessità di culto.
Spesso, per le contingenze del
momento, non si sono fatte valutazioni di sorta e si è costruito senz’altro in
baraccamenti di legno o simili.
Diciamo subito che questo
sistema, dopo tante prove cattive, ha ormai fatto il suo tempo.
I baraccamenti, se possono
ammettersi e sono inevitabili per i militari, sono addirittura da scartarsi nel
caso in oggetto per le seguenti constatazioni: i militari sono tutti uomini
adulti con possibilità di dislocarsi a loro piacimento per i bisogni più vari e
sopratutto, in molti casi, tali baraccamenti hanno una provvisiorietà d’impiego
che chiameremo volante. Infatti le migliori baracche sono quelle smontabili,
che secondo le necessità si portano da un punto all’altro, quando addirittura,
per contingenze militari, non si abbandonano al loro destino.
Ma i campi di concentramento, per
internati, sono veri e propri paesi provvisori composti di uomini, donne,
vecchi, bambini, famiglie complete, con tutti i bisogni inerenti. Le baracche
in legno non possono costruire questo paese della durata di qualche anno; dove
mancando le necessarie condizioni igieniche, varrebbe ben presto meno
l’efficace difesa sanitaria con le inevitabili conseguenze che a lungo andare
si verificherebbero, non solo fra gli internati ma anche fra gli altri, che per
ragioni di lavoro o di ufficio sono costretti a fare vita comune con gli
internati.
Le costruzioni debbono pertanto
conciliare le seguenti esigenze:
·
- rispondenza alle necessità igieniche, in
relazione alle varie destinazioni degli ambienti, e alla necessità di potere
resistere convenientemente alle offese del tempo e dell’uso per una durata non
solo di mesi ma anche di anni;
·
-
massima rapidità di esecuzione;
·
-
utilizzazione dei materiali locali in odo da ridurre al minimo l’entità dei
trasporti, sempre difficile e onerosa, in caso di emergenza;
·
-
adozione di strutture tali che almeno in parte abbiano carattere permanente
onde essere convenientemente utilizzate a guerra finita, a scopi di pace;
·
-
realizzazione nelle strutture della massima economia di costo;
A tale proposito occorre
osservare che le strutture di oggi a carattere provvisorio, se permettono la
maggiore rapidità di esecuzione, non sempre realizzano la massima economia;
esse spesso sono costose quanto le costruzioni permanenti con ben diversa
consistenza di opera.
Sarà bene perciò far fronte
alle necessità di urgenza con una parte di costruzioni a carattere provvisorio
e contemporaneamente eseguire con il ritmo più celere costruzioni a carattere
permanente.
I fabbricati per la Direzione del
Campo, alloggi forza pubblica, infermeria e servizi è comunque opportuno, per
ragioni ovvie, che siano in muratura. Tali fabbricati, se il campo è stato
situato in zona adatta potranno costituire le prime costruzioni del futuro
villaggio agricolo o di altra attività. Gli altri fabbricati, quelli a
carattere provvisorio, dovranno avere internamente le caratteristiche, durante
l’uso, di costruzioni stabili, meglio se internamente intonacate, onde
permettere le necessarie periodiche disinfezioni e disinfestazioni senza di che
è possibile la necessaria profilassi.
C) ORGANIZZAZIONE
SERVIZI E FUNZIONAMENTO
Accenniamo ad una organizzazione
già esperimentata con esito soddisfacente.
Ammesso che il campo sia per 3000
unità, si potranno fare 5 gruppi di 600 unità ciascuno, distribuite in 7
baracche, nelle quali possono alloggiare circa 80 persone, altre alla cucina,
ai lavandini, docce e gabinetti.
In ogni baracca vi deve essere il
capo baracca, e fra i 7 capi baracca dovrà essere scelto il
capo gruppo.
Fra i capi gruppo il capo del
campo, il quale espone a chi di dovere i desideri e le necessità degli
internati.
Si evita così quel continuo
richiedere e protestare dei singoli internati - tante volte proteste
ingiustificate e richieste impossibili.
Predisposti i fabbricati alloggi,
direzione, sorveglianza e accessori occorre provvedere alla provvista, alla
costruzione del casermaggio del tipo più idoneo. La caratteristica di tale
casermaggio sarebbe preferibile quella di tipo militare.
La parte in legname (tavoli -
panche - panghetti - mensole - etc. tutto in legno grezzo) eseguita sul posto,
durante la costruzione del campo di concentramento.
Alimentazione - Elemento fondamentale di ogni
consorzio umano, il problema dell’alimentazione non può essere risolto con
mezzi di fortuna e con esperimenti improvvisati.
Il sistema di raggiungere nuclei
numerosi con relativo servizio centrale (vi sono proggetti per nuclei anche di
1000 unità) è certamente da scartare e per ovvie ragioni. Gli internati, giunti
al campo, non hanno niente da fare e noi li abbiamo visti abbandonarsi alle più
nere malinconie ed al più fastidioso mormorare. La mensa comune gestita dalla
Direzione del Campo o da chi per essa toglie all’internato anche la piccola
preoccupazione del pensare alla mensa quotidiana, sarà sempre fonte di fastidi,
sia per l’accusa molto facile verso Tizio o verso Caio di speculazione sulla
mensa stessa.
E’ per queste ragioni che i
migliori risultati si sono avuti dove si è creata una organizzazione centrale
capace di provvedere, come se fosse un grande emporio alimentare, a tutti i
bisogni di prodotti alimentari del campo, il quale farà capo a tale
organizzazione centrale a mezzo di tanti nuclei rappresentanti delle singole
baracche costituiti tenendo conto delle differenze di lingua, razza, di
categoria sociale, nonchè dei sessi e dell’età. Tali nuclei avranno una propria
organizzazione (capo mensa, cuoco, servizi di cucina, ecc.) che provvederà a
tutti i rifornimenti, e alla preparazione degli alimenti per il nucleo stesso.
Ne è a dire che la costruzione di
tante piccole cucine, come già è avvenuto, sia più onerosa della costruzione di
una grande cucina, ad esempio per mille unità, la quale poi importa un vero e
proprio servizio, con competenze particolari e nonostante ciò, senza riuscire
ad evitare danni e proteste. Poichè è ben difficile che 1000 persone rimangono
soddisfatte della stessa pentola.
Concludendo, il concetto
informatore è questo: che un campo di concentramento, anzichè essere concepito
come un baraccamento o campo di concentramento per militari, deve poter
costituire un organismo capace di avviarsi a funzionamento autonomo, capace di favorire
il lavoro volontario che immancabilmente si va a determinare, capace di opere
utili, capace cioè di costituire - dopo l’utilità contingente del tempo di
guerra - il nucleo di un nuovo centro di vita e di produzione.
PARRINI
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 112.
9.
ELENCO
ITALIANI INTERNATI NEI SEGUENTI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
Località ariani
Ariani Irpino 77
Fabriano 78
Isernia 1
Istonio 108
Lipari 1
Manfredonia 180
Monteforte Irpino 48
Nuoro 7
Pisticci 80
Pollenza 20
Treia 1
Tremiti 76
Ustica 318
Ventotene 77
__________________________________________________________________________
Località ebrei
__________________________________________________________________________
Campagna 3
Casacalenda 1
Isola del Gran Sasso 44
Tremiti 3
Urbisaglia 35
Ustica 4
8 - 3 - 41
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 65.
10.
ELENCO DEGLI STRANIERI INVIATI IN CAMPI DI CONCENTRAMENTO
12 Febbraio 1941 XIX°
__________________________________________________________________________
Località |
Ebrei |
"Ariani" |
Civitella della Chiana |
30 |
34 |
Treia |
10 |
30 |
Campagna |
193 |
14 |
Manfredonia |
6 |
1 |
Urbisaglia e Tolentino |
53 |
= |
Lanciano |
19 |
1 |
Alberobello |
55 |
2 |
Pollenza |
3 |
51 |
Ferramonti |
958 |
33 |
Nereto |
46 |
8 |
Lama dei Peligni |
21 |
3 |
Agnone |
72 |
30 |
Chieti |
= |
3 |
Isola del Gran Sasso |
61 |
5 |
Solofra |
= |
44 |
Isernia |
2 |
87 |
Notaresco |
56 |
16 |
Casacalenda |
22 |
19 |
Montechiarugolo |
1 |
113 |
Casoli |
43 |
= |
Tortoreto |
74 |
4 |
Bagni a Ripoli |
40 |
70 |
Civitella del Tronto |
105 |
27 |
(pescatori dodecanesini) |
= |
100 |
Gioia del Colle |
1 |
1 |
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 107.
11.
PRESENZE INTERNATI AL 31 - 10 - 1942 - XXI°
PROVINCIA COMUNE Posti occupati Posti liberi
Ancona Fabriano 93 7
Arezzo Cvitella della Chiana
56 13
Avellino Ariano Irpino 70 24
" Monteforte Irpino
" Solofra 23 27
Bari Alberobello 91 9
Campobasso Agnone 130 9
" Casacalenda 41 24
" Isernia 93 57
" Vinchiaturo 38 10
Chieti Casoli 91 in più 21
" Istonio (capienza 170)
181 in più 11
" Lama dei Peligni (
" 60) 60 =
" Lanciano ( " 55)
57 in più 2
" Tollo ( " 90) 91
in più 1
Cosenza Ferramonti 1430 954
Firenze Bagno a Ripoli 78 102
" Montalbano 42 13
Foggia Manfredonia 140 34
" Tremiti 196 15
Littoria Ponza 541 197
" Ventotene
Macerata Pollenza 83 7
" Urbisaglia e Tolentino
95 in più 11
" Treia 24 26
Matera Pisticci
Messina Lipari 309 51
Palermo Ustica 1170
Parma Montechiarugolo 79 110
" Salsomaggiore
(Scipioni) 143 32
Pescara Città S. Angelo 107 10
Salerno Campagna 174 33
Teramo Civitella del Tronto
155 20
" Corropoli 81 119
" Isola del Gran Sasso
169 =
" Nereto 196 4
" Notaresco 99 in più 3
" Tortoreto 110 in più 5
" Tossicia 114 =
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 107.
13.
PROVINCIA DI CHIETI
ELENCO NOMINATIVO degli individui assegnati in campi di concentramento ed
internati in Comuni della provincia di CHIETI.
CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI CASOLI
1) Arensberg Willi di Hermann
- ebreo tedesco
2) Beran Bruno di Sigismondo -
ebreo tedesco
3) BerolzHeimer Kaus Alberto
fu Martino - ebreo tedesco
4) Brasch Kaus di Saly - ebreo
tedesco
5) Cohn Rodolfo di Sigismondo
- ebreo tedesco
6) Eckstein Oskar Israel di
Ugo - ebreo tedesco
7) Fried Erick di Fritz -
ebreo tedesco
8) Freund Maso Israel di
Edoardo - ebreo tedesco
9) Goldmann Oskar Israel di
Samuele - ebreo tedesco
10) Goldstein Bertoldo di
Israele - ebreo tedesco
11) Gollerstepper Maso di
Israele - ebreo tedesco
12) Harth Heinrich di Fabiano
- ebreo tedesco
13) Harnick Isacco di Haim -
ebreo tedesco
14) Herzberg Siegbert di Louis
- ebreo tedesco
15) Hochsstimm Kaus Walter di
Rodolfo - ebreo tedesco
16) Klarfeld Giacomo fu Leo -
ebreo tedesco
17) Klein Alessandro fu
Giuseppe - ebreo tedesco
18) Lager Sigfrido fu Giuseppe
- ebreo tedesco
19) Loew Riccardo di Joseph -
ebreo tedesco
20) Loewenstein Fritz di
Israel - ebreo tedesco
21) Segall Maximilian Israele
di Saly - ebreo tedesco
22) Weinberg Arturo di Kermann
- ebreo tedesco
23) Choczner Salomone fu
Moises - ebreo apolide
24) Bettinger Salomone Mannes
di Pinkas - ebreo apolide
25) Furst Arturo di Magnose -
ebreo apolide
26) Gorlin Lazar di Elias -
ebreo apolide
27) Grauer Samuel di Marco -
ebreo apolide
28) Grun Marco di Israel -
ebreo apolide
29) Heber Isacco di Giacobbe -
ebreo apolide
30) Hassaid Giuseppe di Behor
- ebreo apolide
31) Hellmann Ralfh di Giacomo
- ebreo apolide
32) Hochberger Woicech Bela di
Simeone - ebreo apolide
33) Karp Mayer di Giuseppe -
ebreo apolide
34) Kuznitzri Bertoldo di
Manfredo - ebreo apolide
35) Lipmanovicz Samuele di
Efraim - ebreo apolide
36) Marder Marco di Giuseppe -
ebreo apolide
37) Magler Salo fu Giacomo -
ebreo apolide
38) Pitzela Hermann di Masc -
ebreo apolide
39) Rothemberg Mandel di
Salomone - ebreo apolide
40) Widder Abramo di Giovanni
- ebreo apolide
41) Zylbergerg Jaukiel - ebreo
apolide
42) Berl Silvio di Aronne -
ebreo polacco
43) Krebs Benedetto di Ignazio
- ebreo polacco
44) Wiesenfeld Abramo Isacco
fu Nathan - ebreo polacco
45) Wittmann Sigismondo di
Enrico - ebro polacco
46) Balint Dionisio di
Giuseppe - ebreo ungherese
47) Freilich Emilio di Isidoro
- ebreo ungherese
48) Grunhut Marcello Moritz di
Emanuele - ebreo slovacco
49) Grunfut Rodolfo di
Marcello Moritz - ebreo slovacco
50) Goldemberg Salomone di
Israele - ebreo rumeno
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.
14.
DIREZIONE DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO - CHIETI
ELENCO NOMINATIVO degli internati nel campo di concentramento di CHIETI
1) Bailey Colin Campbell fu
Giovanni di anni 59, insegnante privato, inglese;
2) Bazin Antonio fu Didier, di
anni 27, pittore, francese;
3) Bisio Emilio di Federico,
di anni 34, pescivendolo, inglese;
4) Brousse Luciano di Antonio,
di anni 41, impiegato privato, francese;
5) Duthil Pietro fu Giuseppe,
di anni 53, manovale, francese;
6) Francesconi Otello di
Pellegro, di anni 34, scultore. italiano
7) Fried Ignatz di Eugen, di
anni 37, cantante lirico, slovacco
8) Giorgi Giuseppe fu Nicolò,
di anni 52, cartaio, francese;
9) Kapoor Bikram Jit di Chand,
di anni 27, direttore di Hotel, inglese;
10) Loewy Paul di Jacob, di
anni 34, agricoltore, ceco;
11) Money Alexander fu
Francesco, di anni 44, impiegato privato, inglese;
12) Montali Guido fu Giuseppe,
di anni 64, geometra, italiano;
13) Morgentstern Maxdi Herman,
di anni 59, chimico, ceco;
14) O’Mullane Cornelius di
Guglielmo, di anni 50, insegnante privato, irlandese;
15) Petera Walter Max fu
Giovanni, anni 27, impiegato privato, ceco;
16) Sarsfield Salazar Demetrio
fu Lorenzo, di anni 56, agente di commercio, inglese;
17) Simon Remj fu Pietro, di
anni 54, meccanico, francese;
18) Singer Egan Werner di
Gustavo, di anni 35, ingegnere, ceco;
19) White Edoardo fu Alfredo,
di anni 32, impiegato privato, inglese;
20) White Roberto fu Alfredo,
di anni 27, impiegato privato, inglese;
21) White William di Lanchlan,
di anni 52, impiegato privato, inglese;
CHIETI, li 14 SET. 1940, Anno
XVIII
IL COMMISSARIO A. DI P.S.
Direttore del Campo
F.to Mario La Monica
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.
15.
CAMPO DI CONCENTRAMENTO ISTONIO MARINA (Prov. Chieti)
Elenco nominativo degli internati al 15 settembre 1940 XVIII
1) Abbatista Giovanni fu
Domenico, di anni 43, rappresentante di commercio italiano;
2) Agostini Livio fu Antonio,
di anni 57, dottore chimico, italiano;
3) Aroldi Cesare Enrico fu
Guglielmo, di anni 65, libraio, italiano;
4) Balbinot Guerrino fu Osvaldo,
di anni 26, venditore ambulante, italiano;
5) Bandiera Roberto fu
Gaetano, di anni 44, venditore macchine da cucire, italiano;
6) Baruchello Tullio, fu
Pietro, di anni 48, sarto, italiano;
7) Bellandi Ugo fu Rotiglio,
di anni 62 muratore, italiano;
8) Bellini Giacomo di
Ambrogio, di anni 38, ex commerciante, italiano;
9) Benedetti Ardiccio fu
Stanislao, di anni 59, barbiere, italiano;
10) Benocci Tuscano Stefano fu
Olindo, di anni 47, professore di lettre, italiano;
11) Benvenuto Ruggero fu
Costante, di anni 39, cameriere, italiano;
12) Bertoja Luigi di Giuseppe,
di anni 25, meccanico, italiano;
13) Bonfantini Corrado di
Giuseppe, di anni 31, medico, italiano;
14) Brenna Ercole fu Vincenzo,
di anni 46, Scalpellino, italiano;
15) Carrano Giovanni fu Francesco,
di anni 55, meccanico, italiano;
16) Carrega Francesco fu
Angelo, di anni 63, maestro elementare, italiano;
17) Cattaneo Dante di Claudio,
di anni 30, argentiere, italiano;
18) Cattaneo Emilo di Carlo,
di anni 34, fattorino, italiano;
19) Cernac Giovanni di
Giovanni, di anni 37, meccanico, italiano;
20) Cerne Pietro di Giovanni,
di anni 39, meccanico, italiano;
21) Cesarò Salvatore fu
Salvatore, di anni 64, chimico, italiano;
22) Colombo Giuseppe di Carlo,
di anni 41, produttore auto, italiano;
23) Confalonieri Lorenzo di
Manlio, di anni 29, disegnatore, italiano;
24) Consentino Antonino fu
Vincenzo, di anni 57, professore lingue, italiano;
25) Cordoni Beniamino di
Battista, di anni 44, falegname, italiano;
26) Costantini Costantino fu
Giuseppe, di anni 55, procaccia, italiano;
27) Costanza Francesco fu
Michele, di anni 66, portuale, italiano;
28) Damen Secondo Onorato fu
Giovanni, di anni 47, professore di lettere, italiano;
29) Della Giusta Piero fu
Fausto, di anni 40, avvocato, italiano;
30) Delpin Marino fu Lodovico,
di anni 29, commerciante, italiano;
31) Depangher Guerrino fu
Pietro, di anni 35, pescatore, italiano;
32) Fumis Romano di Pietro, di
anni 37, fabbro, italiano;
33) Furlani Giuseppe di
Antonio, di anni 44, agricoltore, italiano;
34) Gerin Ottavio di
Francesco, di anni 32, agricoltore, italiano;
35) Gherbassi Antonio fu
Antonio, di anni 66, agricoltore, italiano;
36) Giolli Paolo di Raffaele,
di anni 19, studente, italiano;
37) Giolli Raffaello fu
Gaetano, di anni 51, pubbliciasta, italiano;
38) Giunta Giuseppe fu Biagio,
di anni 38, dottore commercialista, italiano;
39) Gradnik Giuseppe di
Giuseppe, di anni 43, agricoltore, italiano;
40) Grilli Giovanni fu Mario,
di anni 37, ragioniere, italiano;
41) Grottoli Pirro fu
Giuseppe, di anni 52, sellaio, italiano;
42) Jelenich Giuseppe di
Stefano, di anni 51, carrettiere, italiano;
43) Jergog Floriano di
Giuseppe, di anni 28, operaio chimico, italiano;
44) Jovenitti Francesco di
Giuseppe, di anni 36, meccanico, italiano;
45) Monic Andrea fu Francesco,
di anni 46, bracciante, italiano;
46) Ladavaz Luigi fu Giuseppe,
di anni 28, agricoltore, italiano;
47) Larinti Luigi di ignoto,
di anni 43, commesso, italiano;
48) Lucini Virgilio fu
Giovanni, di anni 34, fotografo, italiano;
49) Maccari Antonio fu Pietro,
di anni 44, facchino, italiano;
50) Maffi Bruno di Fabio, di
anni 31, professore di lettere, italiano;
51) Maiocchi Carlo di Natale,
di anni 38, meccanico, italiano;
52) Maranini Giuseppe fu
Giovanni, di anni 63, commerciante, italiano;
53) Marchi Lodovico di Angelo,
di anni 35, autista, italiano;
54) Marega Emeregildo fu
Giuseppe, di anni 44, calzolaio, italiano;
55) Martina Attilio di
Giuseppe, di anni 43, muratore, italiano;
56) Mazzadi Guido di Vittorio,
di anni 45, pubblicista, italiano;
57) Meoni Umberto fu Gregorio,
di anni 62, commesso viaggiatore, italiano;
58) Micali Vittorio fu
Giuseppe, di anni 40, bracciante, italiano;
59) Molaschi Carlo fu Giacomo,
di anni 54, impiegato, italiano;
60) Molinelli Guido fu
Quirino, di anni 46, pubblicista, italiano;
61) Montagnani Piero fu
Giacinto, di anni 39, dottore fartmacista, italiano;
62) Musumeci gioacchino fu
Rosario, di anni 37, falegname, italiano;
63) Padovani Umberto di
Pasquale, di anni 34, bracciante, italiano;
64) Pahor Romano di Carlo, di
anni 37, agente di assicurazione, italiano;
65) Pampuri Angelo di Pietro
A., di anni 41, saldatore, italiano;
66) Pedroni Giordano di
Rinaldo, di anni 31, incisore, italiano;
67) Pellicella Rodolfo di
Guido, di anni 26, tipografo, italiano;
68) Pobega Giovanni di
Giovanni, di anni 42, carpentiere, italiano;
69) Punsar Roberto di Antonio,
di anni 40, fattorino, italiano;
70) Radici Umberto di
Guglielmo, di anni 35, bracciante, italiano;
71) Razzini Mario fu Luigi, di
anni 50, impiegato, italiano;
72) Renzulli Luigi di Aurelio,
di anni 42, mediatore, italiano;
73) Repossi Luigi fu Ercole,
di anni 58, commerciante, italiano;
74) Riboldi Ezio fu Giacomo,
di anni 62, avvocato, italiano;
75) Rivolt Emilio di Pietro,
di anni 38, bracciante, italiano;
76) Salardi Francesco fu
Antonio, di anni 57, commesso viaggiatore, italiano;
77) Scalarini Giuseppe fu
Raniero, di anni 67, disegnetore, italiano;
78) Scarcelli Nicola fu
Vincenzo, di anni 44, calzolaio, italiano;
79) Scarpa Emilio di ignoto,
di anni 45, montatore cingoli, italiano;
80) Scodellaro Luigi di
ignoto, dianni 37, piazzista, italiano;
81) Sever Giovanni fu
Giovanni, di anni 39, commerciante, italiano;
82) Silvestri Carlo fu Carlo,
di anni 47, pubblicista, italiano;
83) Spanger Luigi fu Giovanni,
di anni 34 falegname, italiano;
84) Sponton Olimpo di Rodolfo,
di anni 27, lattoniere, italiano;
85) Steppi Pietro fu Giacomo,
di anni 48, orologiaio, italiano;
86) Stucchi Mario fu Domenico,
di anni 41, rappresentante, italiano;
87) Stuparich Alberto fu
Giovanni, di anni 51, rappresentante, italiano;
88) Tedesco Ferdinando fu
Giovanni, di anni 43, contadino, italiano;
89) Tondini Manlio fu
Giuseppe, di anni 29, elettricista, italiano;
90) Trevisan Massimiliano fu
Giovanni, di anni 37, falegname, italiano;
91) Ulisse Mariano di
Vincenzo, di anni 38, meccanico, italiano;
92) Ursic Rodolfo di Antonio,
di anni 34, commerciante, italiano;
93) Usai Teodoro fu Valentino,
di anni 37, meccanico, italiano;
94) Valeri Antoni fu Secondo,
di anni 40, impiegato, italiano;
95) Valentini Giuseppe fu
Giovanni, di anni 37, bracciante, italiano;
96) Vallon Bernardo fu Bonomo,
di anni 40, carpentiere, italiano;
97) Varè Vincenzo di Enrico,
di anni 29, ragioniere, italiano;
98) Venanzi Nello fu Vito, di
anni 62, avvocato, italiano;
99) Venegoni Mauro di Paolo,
di anni 37, lattoniere, italiano;
100) Vollati Lorenzo di
ignoto, di anni 41, macchinista navale, italiano;
101) Zanganelli Giulio di
Bernando, di anni 39, agente di assicurazione, italiano;
102) Zega Emilio fu Michele,
di anni 39, impiegato, italiano;
103) Zeriali Andrea di
Antonio, di anni 44, contadino, italiano;
104) Zuder Giuseppe fu
Giovanni, di anni 44, idraulico, italiano;
105) Allegri Roberto fu
Giuseppe, di anni 34, verniciatore, italiano; note: attualmente ricoverato
nell’ospedale d’Istonio;
106) Colombo Davide di
Antonio, di anni 58, guantaio, italiano; note: attualmente detenuto nelle
carceri d’Istonio;
107) Mazzagaglia Abele di
Giuseppe, di anni 40, cameriere; note: attualmente detenuto nelle carceri
d’Istonio;
108) Pizzamus Vittorio di
Giuseppe, di anni 40, calderaio, italiano; note: attualmente ricoverato
nell’ospedale d’Istonio;
109) Terraneo Felice fu
Angela, di anni 29, impiegato, italiano; note: attualmente ricoverato
nell’ospedale d’Istonio;
ISTONIO MARINA, 15 Sett. 1940
XVIII
Il Commissario di P.S.
Direttore del Campo di
Concentramento
F.to V. Prezioso
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.
16.
COMUNE DI LAMA DEI PELIGNI
(Provincia di Chieti)
Elenco nominativo degli INTERNATI qui residenti
Lama dei Peligni, 14 Settembre 1940 XVIII
IL DIRETTORE
del Campo di Concentramento
F.to PINDIERI
1) Scharzmann Alberto fu
Moise, di anni 52, rappresentante e grossista di frutta secca, ex protetto
francese-ebreo, nato a Smirne il 5-12-1887, arrivato da Milano;
2) Maisels Jeremis di Aims, di
anni 33, medico chirurgo, lettone-ebreo, arrivato da Bologna;
3) Melamerson Max fu
Alessandro, di anni 59, industriale, russo-ebreo, arrivato da Vietri sul Mare;
4) Dancyngier Chaim di Szyia,
di anni33, medico chirurgo e farmacista, polacco- ebreo, arrivato da Siena;
5) Saltstein Abraham di Noach,
di anni 24, commerciante, polacco-ebreo, arrivato da Milano;
6) Jerett Willì di Pincus, di
anni 37, commerciante, polacco-ebreo, arrivato da Milano;
7) Makus Otto di Max, di anni
45, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
8) Semmel Josef-Enrico fu
Marco, di anni 39, commerciante e dottore in filosofia, polacco-ebreo, arrivato
da Milano;
9) Bindefeld Siegmund di Wolf,
di anni 47, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
10) Beer Simon di Faibis, di
anni 27, laureando in medicina, romeno-ebreo, arrivato da Siena;
11) Stanich Lodovico di
Francesco, di anni 24, falegname, suddito jugoslavo, arrivato da Trieste;
12) Kellmer Norbert di
Guglielmo, di anni 27, tecnico industria tessile, apolide-ebreo, arrivato da
Milano;
13) Gottesman Giogio fu
Hersch, di anni 41, impiegato presso la Montecatini, apolide-ebreo, arrivato da
Milano;
14) Jelinek Gustavo di Carlo,
di anni 45, commerciante, tedesco-ebreo, arrivato da Milano;
15) Hagler Wolf di Moisè, di
anni 35, commercianti, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
16) Schachter Vigdor di
Feiwel, di anni 28, fornaio, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
17) Winkler Emerico di
Gaspare, di anni 41, meccanico di radio, arrivato da Milano;
18) Winikov Michele di Boris,
di anni 58, pittore, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
19) Preis Mosé di Benzion, di
anni 36, artigiano pellicciaio, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
20) Feueremann Friderik di
Abraham, di anni 30, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
21) Gleitmann Abraham di
David, di anni 42, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
22) Milgrom Icek di Kasriel,
di anni 29, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
23) Orbach Schmul di Wolf, di
anni 59, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.
17.
COMUNE DI LANCIANO (CHIETI)
Situazione internate nel Campo di Concentramento al giorno 15
settembre 1940. XVIII
1) Roth Raisel Ette di Hevazo,
in Schmuckler, di anni 30, donna di casa, apolide ebrea;
2) Moldauer Maria L. fu
Norberto, nubile, di anni 26, Dott. in lettere, polacca ebrea;
3) De Matteo Giuseppa fu
Gennaro, in Crisculo, di anni 47, donna di casa, francese;
4) Michaut Leontina fu
Augusto, in Kahn, di anni 48, donna di casa, apolide ebrea;
5) Cattadori Maria di Guido,
nubile, di anni 27, sarta, francese;
6) Coquard Wanda M. di ignoti,
in Drewon, di anni 49, donna di casa, francese;
7) Abramowa Natalia fu Ivan,
Nubile, di anni 29, donna di casa, apolide;
8) Barer Chaia di Iacob,
nubile, di anni 38, donna di casa, polacca ebrea;
9) Hubschmann Federica di
Efrain, nubile, di anni 34, Dott. in medicina, polacca ebrea;
10) Breitel Lilly M. fu
Roberto, in in Breitel, di anni 35, impiegata, polacca ebrea;
11) Wolfstein Ruth di Leo,
nubile, di anni 20, donna di casa, tedesca ebrea;
12) Blondel Adele fu Paolo, in
Deman, di anni 47, donna di casa, francese;
13) Kaczor Freida di Franz, in
Fin kelstein, di anni 28, donna di casa, polacca;
14) Comte Maria fu Enrico, in
Hergyk, di anni 35, donna di casa, polacca;
15) Reich Adele fu Samuele, in
Weigner, di anni 65, donna di casa, tedesca ebrea;
16) Cattadori Simone di
Giulio, nubile, di anni 20, sarta, francese;
17) Heymann Clara di Leopoldo,
in Nathan, di anni 42, donna di casa, tedesca ebrea;
18) feldmann Berta fu Leo, in
Nosseck, di anni 27, donna di casa, tedesca ebrea;
19) Centawer Ruth fu Alfredo,
in Pinkus, di anni 22, studentessa, tedesca ebrea,
20) Stehberg Hilda fu
Bernhard, in Margoninev, di anni 45, donna di casa, tedesca ebrea;
21) Bergez Yvonne fu Alexis,
nubile, di anni 30, operaia, francese;
22) Sternheim Angela fu Otto,
nubile, di anni 36, donna di casa, tedesca ebrea;
23) Baransborofsca Bronislawa
fu Alberto, nubile, di anni 61, attrice, polacca;
24) Freund Minna fu Hone, in
Adler, di anni 57, donna di casa, tedesca ebrea;
25) Kollmann Regina M. fu
Carlo, nubile, di anni 37, insegnante, tedesca;
26) Pacini Iacobina fu Angelo,
in Salini, di anni 48, donna di casa, italiana;
27) Driks Elena fu Adam,
nubile, di anni 40, donna di casa, polacca ebrea;
28) Welizcker ester fu Ionas,
in Kranthammer, di anni 70, donna di casa, polacca ebrea;
29) Korn Clara fu Hirsch, in
Hamel, di anni 45, donna di casa, polacca ebrea;
30) Sgenwic Angelica fu
Felice, nubile, di anni 27, Dott. in lettere, polacca;
31) Steinfeld Hela fu Alberto,
nubile, di anni 42, impiegata, tedesca ebrea;
32) Kachler Gerta fu Federico,
in Fluss, di anni 23, donna di casa, tedesca;
33) Bronowska Maria fu Adam,
nubile, di anni 35, professoressa di lettere, polacca;
34) Laudmann Augusta fu
Alberto, in Klimmer, di anni 50, pittrice, tedesca ebrea;
35) Aleksandrowicz Cypa di
Szyia, in Brodacz, di anni 27, Dott. in medicina, polacca;
36) Lewinger Susanne fu Otto,
nubile, di anni 26, insegnante, tedesca ebrea;
37) Loeb Amalia fu Martin, in
Guckenheimer, di anni 52, donna di casa, tedesca ebrea;
38) Zoia Ferrari di Valerio,
nubile, di anni 33, donna di casa, francese;
39) Spirgatis Augusta fu
Carlo, in Lehmann, di anni 48, donna di casa, tedesca;
40) Kimelman Lisolette fu
Osvaldo, in Liebenstritt, di anni 33, donna di casa, tedesca ebrea;
41) Lovstein Dorotea di
Ludovico, in Bellak, di anni 43, donna di casa, tedesca;
42) Collin Cathe di Ermanno,
in Mayer, di anni 53, donna di casa, tedesca ebrea;
43) Neuwchner Carlotta fu
Isacco, in Laudau, di anni 55, donna di casa, polacca ebrea;
44) Landau Felicetta di
Giuseppe, nubile, di anni 27, dattilografa, polacca;
45) Frankel Taube fu Sail, in
Zucherberg, di anni 56, donna di casa, polacca;
46) Fillinger W. Sara di
Guglielmo in Hamel, di anni 47, donna di casa, tedesca ebrea;
47) Schick Ilona di Riccardo,
in Crapal, di anni 45, donna di casa, tedesca ebrea;
48) Schwarz Sacha di Gustavo,
in Borch, di anni 38, donna di casa, tedesca ebrea;
49) Barsonkoff Vera fu Jean,
nubile, di anni 31, artista, russa;
N.B. L’internata di cui al N. 5 Roth
Raisel ha con sé un figlio di 1 anno
L’internata di cui al N. 23
Comte Maria ha con sé un figlio di 5 anni
L’internata di cui al N. 44 Korn Clara ha con sé due figli uno di anni 14 e l’altro di anni 6.
Lanciano, li 17/9/1940.
XVIII IL PODESTA’
DIRETTORE DEL CAMPO CONCENTRAMENTO
F. to illeg.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.
18.
Elenco degli internati giunti
nel campo di concentramento di Tollo nel febbraio 1942 XX
1) Angelopolj Milan fu Nicolo
e di Tomic Maria, nato a Mostar (Erzegovina) il 22/1/1896, meccanico;
2) Bartulovic Antonio fu
Natale e di Sraem Matia, nato a Bloza (Dalmazia) il 7/12/1899, giornalista;
3) Bjeladinovic Niko di Ljubo
e di Katuric Bosiljka, nato a Risano (Cattaro) il 7/6/1912, macellaio;
4) Bjeladinovic Petar di Paolo
e di Herman Maria, nato a Risano (Cattaro) il 10/8/1916, conciatore di pelli;
5) Bogdanovic Blaggio di Spiro
e di Perovic Ivana, nato a Teodo (Cattaro) il 14/3/1907, macellaio;
6) Bogdanovic Natale fu
Simeone e di Minic Persa, nato a Prijepolje (Montenegro) il 30/6/1903, economo
di sanatorio;
7) Brguljan Giovanni fu Mateo
e di Grgurevic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 30/10/1907, agricoltore;
8) Brcanovic Ilia di Natale e
di Petrovic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 30/6/1921, operaio
costruttore;
9) Buj Stefano fu Francesco fu
Gozdenovic Giovanna, nato a Petrovac al Mare (Dalmazia) il 4/3/1888, direttore
di casa di spedizione;
10) Cetcovic Zarko fu Ilia e
di Vukasovic Mileva, nato a Dobrota (Cattaro) il 26/9/1919, agricoltore;
11) Bracanovic Paolo fu
Giovanni e di Zico Stana, nato a Scagliari (Cattaro) il 13/10/1919, operaio
costruttore;
12) Ciatovic Gojko fu Giovanni
e di Petrovic Sofia, nato a Risano (Cattaro) il 15/9/1911, autista;
13) Dzono Nikola fu Giovanni e
di Radoman Mara, nato a Ljubotinje (Montenegro) il 12/2/1893, gendarme;
14) Dokic Uros fu Miro e di
Bulatovic Jaliza, nato a Lipovo (Montenegro) il 14/12/1908, gendarme;
15) Grgurevic Pietro fu Luca e
di Franovic Pave, nato a Scagliari (Cattaro) il 6/6/1920, falegname;
16) Grugrevic Antonio fu
Natale e di Petrovic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 2/6/1920, falegname;
17) Ivovic Luigi fu Antonio e
di Cosilari Maria, nato a Lastava (Cattaro) il 22/2/1894, possidente;
18) Ivovic Trifone di Giovanni
e di Usanovic Josefina, nato a Perzagno (Cattaro) il 6/12/1908, meccanico;
19) Jancovic Svetozar fu
Nicolo e di Marinic Mile, nato a Genovizzo (Cattaro), il 17/9/1901, pescatore;
20) Kisic Luka fu Giogio e di
Dostinic Saveta, nato a Kuti (Cattaro), il 28/10/1906, fornaio;
21) Kisic Mitar fu Giogio e di
Dostinic Saveta, nato a Kuti (Cattaro), il 31/10/1902, agricoltore;
22) Kavacevic Emilio fu
Lazzaro e di Gacinovic Ange, nato a Gazco (Erzegovina), il 30/3/1902,
tornitore;
23) Kovacic Giogio fu Dusan e
di Cincovic Vukosava, nato a Risano (Cattaro), il 7/6/1901, negoziante;
24) Kukuric Risto fu Risto e
di Bokonic Andje, nato a Trebinje (Erzegovina), il 15/4/1901, agente di
polizia;
25) Marcovic Ilia fu Marco e
di Radulovic Maria, nato a Trujine (Montenegro), il --/8/1910, agricoltore;
26) Milinovic Lazzaro fu
Costantino di Popovic Natalie, nato a Cattaro l’8/8/1905, impiegato di Pretura;
27) Marcovic Mirco fu Stefano
e di Ivancovic Marisa, nato a Cattaro il 25/12/1919, falegname;
28) Marcovic Slavo di Giovanni
e di Nicolic Mariza, nato a Cattaro il 15/8/1920, studente;
29) Marinic Natale di Giorgio
e di Lepetic Gospava, nato a Cattaro, il 12/12/1913, agricoltore;
30) Miloscevic Gojko fu
Cristoforo e di Seferovic Giovanna, nato a Bjela (Cattaro) il 23/9/1903,
gendarme;
31) Milutin Daniele di
Vincenzo e di Petrovic Ozana, nato a Krpanj (Sebenico) il 4/8/1921, meccanico;
32) Mustur Dusan fu Natale e
di Mandi Jovanka, nato a Perasto (Cattaro) il 21/9/1908, impiegato di porta,
tecnico;
33) Petrovic Ante di Giogio e
di Petrovic Mara, nato a Scagliari (Cattaro) il 30/5/1918, meccanico;
34) Petrovic Grazia fu Trifone
e fu Petrovic Anna, nato a Scagliari (Cattaro) il 25/3/1899, negoziante;
35) Petrovic Pietro fu Filippo
e di Sontic Daniza, nato a Scagliari (Cattaro) il 18/6/1904, operaio;
36) Petrovic Natale di
Cristoforo e di Bosarevic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 18/1/1923,
calzolaio;
37) Petrovic Nicolo di
Cristoforo e di Boserevic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 5/12/1912,
giardiniere;
38) Petrovic Roko fu Marco e
di Sandic Daniza, nato a Scagliari (Cattaro) il 28/11/1921, falegname;
39) Sindik Trifone di
Cristoforo e di Sindik Maria, nato a Teodo (Cattaro) il 2/2/1918, tornitore;
40) Subotic Veselin fu Mitar e
di Krljevic Gospava, nato a Risano (Cattaro) il 15/11/1904, macellaio;
41) Todorevic Giogio di
Trifone e di Brcovic Cristina, nato a Perasto (Cattaro) il 3/5/1908, impiegato;
42) Vrbica Michele fu Basilio
e di Vukovic Gospava, nato a Njegus (Montenrgro) il 18/8/1921, studente in
medicina;
43) Vujacic Gojko fu Cirac e
di Coprivica Cosa, nato a Grhovo (Montenegro) il 15/8/1905, negoziante;
44) Vukovic Vlado fu Mitar e
fu Tanzovic Maria, nato a Kruscevize (Cattaro) il 16/11/1909, autista;
45) Vukovic Vojslav di Biaggio
e di Boljevic Daniza, nato a Cattaro il 18/6/1920, agricoltore.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 1.
19.
Ministero dell’Interno
Elenco dei civili internati nel campo di concentramento di
"Città S. Angelo"
Abjevic Huseim fu Soli
jugoslavo
Anzie Albino fu Antonio "
Buvac Giovanni di Matteo
"
Bostiancich Stanko d’ignoto
"
Ban Luca di Mario "
Bacic Peter fu Martino "
Balaban Alessandro di Arkadine
"
Biegovic Pietro fu Mareo
"
Belcic Matteo di Matteo "
Bai Miroslavo di Francesco
"
Bordin Rado di Drago "
Bezic Ladislao di Ignazio
Spione
Barbalic Opietro fu Giovanni
jugoslavo
Ban Dusan fu Giuseppe "
Blazina Iesip di Giovanni
Spione
Boncina Ferdinando di Antonio
jugoslavo
Cimmermann Antonio di Antonio
"
Carli (già Krali) Stanislao fu
Giovanni "
Ciulic Vinko fu Ante "
Cugeli Mirko fu Matteo "
Cvenianov Zivco fu Giovanni
"
Carlavaris Ferdinando fu
Ferdinando "
Cosic Giovanni fu Matteo
"
Dimich Bogden di Oros "
Diniaski Todor di Milan "
Dragicievich Kovacevic Arsenio
d’ignoto "
Dimovec Emilio fu Cristiano
"
Duimic Giovanni fu Giovanni
"
Emili (De) Boren di Enrico
"
Filippovich Gregorio di
Gregorio "
Flasner Edoardo di Adolfo
ebreo tedesco
Fon Daniele fu Giusepope
Spione
Frlau Luigi fu Luigijugoslavo
"
Gatara Giovanni fu Gerolamo
"
Gerzetic Stanislao di Rodolfo
"
Glavacevich Vinko di valentino
"
Grzunov Ioso di Natale "
Grzac Pietro di Pietro "
Grm Luigi di Giovanni "
Gabrenja Francesco fu Giovanni
"
Germek Alfonso di Alfonso
"
Giunio Rodolfo fu Giovanni
"
Gluscenio Vladimiro di Paolo
"
Grosmann Desiderio fu Ernesto
jugoslavo
Gaglianic Giovanni di Giovanni
"
Hrovatin Mario fu Bartolomeo
"
Hlandik Francesco fu Francesco
"
Hujev Jerko di Matteo "
Heidenfelder Leonardo di
Pietro "
Iovanovic Simon di Simon
"
Jussich Giuseppe fu Giuseppe
"
Jacovina Rodolfo di Giovanni
"
Imetic Emilio fu Marco "
Jurkovic Gabriele fu Stefano
"
Ielisei Giuseppe fu Giacomo
"
Ibraimovic Jcozja di Husseim
"
Jokich Michele fu Vasilio
"
Ielencic Cirillo Metodio fu
Ferdinando "
Klesnik Ivan fu Francesco
"
Kinnor Vladimiro fu Francesco
"
Krstie Aklessandro fu Michele
"
Kucinic Giuseppe di Tommaso
"
Kozoglav Giovanni fu Giuseppe
"
Elemen Paolo fu Floriano
"
Kapovic Antonio fu Nicolò
"
Kotnic Vittorio Cirillo di
Francesco "
Knavs Giuseppe fu Antonio
"
Korencic Gabriele di Franco
"
Labyosky Michele fu Vitaliano
"
Lozei Antonio di ignoto "
Lorber Giacomo fu Giacomo
"
Lenhart Delimir detto Miro di
Antonio "
Lasic Zvonko fu Andrea "
Lipnik Giovanni di Antonio
"
Lucev Antonio fu Sava "
Matulic Ernesto di Antonio
"
Milos Sante di Matteo "
Mazura Stefano fu Vasilio
"
Mattias Marco di Giuseppe
"
Mosetic Miroslavo di Filippo
"
Milanovic Milan fu Enrico
"
Montanara Pietro fu Francesco
"
Mihich Stanislao di Antonio
"
Matetic Francesco fu Giuseppe
"
Motkovich Augusto di Giorgio
"
Mialivich Bruno fu Antonio
"
Czegovic de Barbalesca fu
Stefano "
Perovic Ivan fu Francesco
"
Petric Bozo Natale fu Cosimo
"
Predadovic Ivi fu Dusan "
Pintoris Rudolf di Ivan "
(croato)
Paulin Giuseppe fu Giuseppe
"
Preis Francesco fu Carlo
"
Pirisum Paolo di Pietro Spione
Prener Branco di Josep
jugoslavo
Preghel Michele fu Pietro
"
Poliakoff Alexis di Ivan ebreo
apolide
Rupret Cirillo d’ignoto
jugoslavo
Rugeli Giuseppe fu Giovanni
"
Rodizza Giuseppe fu Giuseppe
"
Romie Jure di Duie "
Ruzichka Emilio fu Giuseppe
"
Relia Antonio fu Simeone
"
Rapotec Vincenzo di Francesco
"
Radulich Mario di Gustavo
"
Rozic Kzuma fu Andrea "
Rubessa Giovanni fu Giovanni
"
Salamonec Matteo fu Ivan
"
Skrobogna Giovanni fu
Francesco "
Stojan Carlo fu Giogio "
Solic Milan fu Francesco
"
Solic Marjan fu Francesco
"
Spitzer Francesco di Ignazio
"
Scaunikar Vinko fu Stefano
"
Sancin Giovanni fu Giovanni
"
Soie Filippo fu Gregorio
"
Skomina Venceslao di Vinko
"
Srok Antonio fu Giuseppe
"
Sosnovic Zvonimir fu
Costantino "
Sorenic Bozo fu Hinko "
Sasson Giovanni fu Giuseppe
"
Spincich Antonio fu Domenico
"
Todorovic Miloslav di Radivoi
"
Tuta Andrea fu Michele "
Tatalovic Giovanni fu Elia
"
Truta Antonio fu Giovanni
"
Tolianic Pietro fu Giuseppe
"
Troha Giuseppe di Filippo
"
Ukmar Francesco fu Giacomo
"
Valentincich Albino fu
Giovanni "
Vidmar Zivko fu Antonio "
Verbic Andrea di Andrea "
Valiacic Emerik di Giovanni
"
Vaniar Giuseppe di Giuseppe
"
Varenina Ivo di Antonio "
Zagar Vincenzo di Giuseppe
"
Zigoni Antonio di Antonio
Spione
Zic Valentino fu Andrea
jugoslavo
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 5.
20.
Civitella del Tronto
Elenco nominativo degli
internati di questo campo di concentramento che sono stati trasferiti altrove a
cura del comando tedesco.
1) Abeasis Clemente fu
Giuseppe ebreo inglese
2) Abeasis Giorgio di Clemente
idem
3) Benjamin Eugenio fu Edoardo
idem
4) Banjamin William fu Rdoardo idem
5) Burbea Jacco fu Jusef idem
6) Burbea Sion di Jacob idem
7) Burbea Hammus di Jacob idem
8) Burbea Hammus di Jacob idem
9) Burbea Huato fu Jusef idem
10) Dihi Simeone fu Keliffa
idem
11) Habib Scialon fu Benedetto
idem
12) Habib Jacob fu Benedetto
idem
13) Habib Mosé fu Benedetto
idem
14) Labi Isacco di Scialon
idem
15) Labi Sion di Scialon idem
16) Labi Giuseppe di Scialon
idem
17) Labi Hammus fu Mosé idem
18) Labi Alfredo fu Adolfo
idem
19) Labi Abramo fu Hammus idem
20) Nemni Jusef fu Nessim idem
21) Nemni Mosé di Simeone idem
22) Reginiano Hamani fu Hlafo
idem
23) Reginiano Abramo di Davide
idem
24) Reginiano Efrain fu Hlafo
idem
25) Reginiano Scialon fu Hlafo
idem
26) Adler Nachmann di Leib
ebreo ungherese
27) Aussemberg Chaskel fu Kain
ebreo polacco
28) Azzopardi Ernesto fu
Emanuele ariano inglese
29) Arnstein Ernesto fu
Sigismondo ebreo tedesco
30) Bersciadski Semil di
Aronne ebreo apolide russo
31) Bersciatski Abramo fu Mosé
idem
32) Bonello Nicola di Panaiota
ariano inglese
33) Buttigieg Basilio fu
Giorgio idem
34) Cassar Andrea fu Battista
idem
35) Camilleri Giuseppe fu
Carmelo idem
36) Chassaud Giovanni fu
William idem
37) Cums Pericle fu Paolo idem
38) Damato Pietro fu Luigi
idem
39) Damato Pietro fu Raimondo
idem
40) Daniloff Vittorio fu
Giovanni ariano apolide russo
41) Darmanin Francesco fu
Paolo ariano inglese
42) Darmanin Giuseppe di
carmelo idem
43) Costa Michele fu Antonio
idem
44) Costa Giuseppe di Michele
idem
45) Eisinger Max di Jgnazio
ebreo tedesco
46) Farrugia Michele fu
carmelo ariano inglese
47) Diamant Salim fu Mosé
ebreo polacco
48) Feisi Francesco di ignoti
ariano turco
49) Fischer Riccardo di Wilem
ariano polacco
50) Fuchs Rodolfo di Marco
ebreo tedesco
51) Furst Kurt di Adolfo idem
52) Gedalie Bernardo di ignoto
idem
53) Gize Stanilaw fu Filippo
ariano polacco
54) Gluchsmann Ferdinando fu
Filippo ebreo tedesco
55) Goldberg Arturo di
Giovanni ebreo rumeno
56) Goldmann Alberto di
Arnoldo ebreo tedesco
57) Galeo Francesco fu
Giuseppe ariano inglese
58) Goodwin Vernon fu Alfredo
ariano inglese
59) Grech Lazzaro fu Carmelo
idem
60) Grunwad Ludovico fu
Giovanni ebreo tedesco
61) Haar Pavel fu Federico
ebreo ex cecoslovacco
62) Hain Jgnazio fu Mosé ebreo
tedesco
63) Hacher Samuele di Emanuele
ebreo tedesco
64) Jacobson Alberto di
Ernesto idem
65) Jacobson Leo Lazzaro fu
Massimo ebreo lettone
66) Jakubczak Jan di Ludovico
ariano polacco
67) Jonson Stanlei di Andrew
ariano inglese
68) Jonson Stanlei di Andrew
idem
69) Josefsberg Jacob fu Taicel
ebreo tedesco
70) Kaldegg Erwin fu Max idem
71) Karp Michele di Leone
ebreo apolide russo
72) Kazouba Simone fu Timotei
ortodosso apolide russo
73) Kerbes Lemel fu Wilhelm
ebreo tedesco
74) Kornreich Simone fu Abramo
idem
75) Kort Simone di Nussan idem
76) Leer Oskar fu Franz idem
77) Lilienthal Reinold di
Sigfrido idem
78) Lissauer Hans di Edoardo
idem
79) Loriente Pietro fu
Francesco ariano inglese
80) Lyon Emilio fu Felice
ebreo tedesco
81) Manes Giovanni di Isidoro
idem
82) Meilah Salvatore di
Giuseppe ariano inglese
83) Micaleff Spiro fu Salvino
idem
84) Morgstern Hans di Moritz
ebreo tedesco
85) Muscat Giuseppe fu
Vincenzo ariano inglese
86) Nussbaum Ernesto fu
Giuseppe ebreo tedesco
87) Mausner Jacob fu Taiel
idem
88) Pincus Enrico fu Hugo idem
89) Pisani Carmelo di
Giovanniariano inglese
90) Prishard Enrico fu Walter
idem
91) Rector Arturo fu Simone
ebreo tedesco
92) Rivans Roberto fu Antonio
ariano inglese
93) Rivans Antonio fu Nicola
idem
94) Rivans Nicola di Antonio
idem
95) Rosenbaum Ernesto fu Jsacco
ebreo tedesco
96) Rosenblatt Raffaele di
Levi ebreo apolide
97) Rosental Giuseppe di Wolf
ebreo polacco
98) Rosenzweig Nathal fu Loeb
ebreo polacco
99) Eschenazi Giuseppe fu
Boris ebreo apolide russo
100) Safarzinski Mario di
Antonio ariano polacco
101) Sagone Paolo di Oreste
ariano inglese
102) Sant Francesco fu Andrea
idem
103) Schwarschild Ernesto di
Emanuele ebreo tedesco
104) Sommerfeld Leo di Max
idem
105) Spiteri Giovanni fu
Gregorioariano inglese
106) Stein Riccardo fu Adolfo
ebreo tedesco
107) Stein Horst di Riccardo
idem
108) Romney Lionel di Alfredo
ariano olandese
109) Szenkier Jsacco di Abramo
ebreo polacco
110) Taussig Walter di
Ludovico ebreo tedesco
111) Valle Corrado fu Corrado
ariano inglese
112) Wachsberg Alfredo di
Salomone ebreo tedesco
113) Warmund Marco di Enrico
ebreo polacco
114) Weil Bertoldo fu Leopoldo
ebreo tedesco
115) Weinzweig Kurt fu Max
idem
116) Wetterschneider Carlo fu
Mosé idem
117) Woodley Edoardo di
Alfredo protestante greco
118) Zarafe Carlo di Giuseppe
ariano inglese
119) Zieg Samuele fu Alter
ebreo tedesco
120) Zielinski Stanilaw di
Boleslaw ariano polacco
121) Eisech Giovanni fu
Ernesto ebreo tedesco
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat A 4bis, B. 6.
21.
Campo di Concentramento Civitella del Tronto
DIREZIONE
Elenco nominativo degli internati civili
con le loro generalità aggiornato a tutto il 22/11/1943 - XXII
1) HASSAN Rachele
in Abeasis fu Beniamino e fu Curiel Angelina, nata a Tripoli il 10/2/1908,
casalinga, via Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internata a Civitella del Tronto.
2) ABEASIS Ester
di Clemente e di Hassan Rachele, nato a Tripoli il 19/10/1926, impiegata
privata, via Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internata a Civitella del Tronto.
3) ABEASIS Renato
di Clemente e di Hassan Rachele, nato a Tripoli il 20/9/1928, minorenne, via
Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a
Civitella del Tronto.
4) ABEASIS Rebecca
di Clemente e di Hassan Rachele, nata a Tripoli il 2/12/1931, minorenne, via
Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
5) HABIB Gemma
in Benjamin fu Berkani e fu Maria Hassan, nata a Tripoli il 23/3/1903, casalinga,
via Terranova n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
6) BENJAMIN Anna
di Eugenio e di Habib Gemma, nata a Tripoli l’8/12/1930, minorenne, via
Terranova n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
7) BENJAMIN Maria
Silvana di Eugenio e di Habib Gemma, nata a Tripoli il 12/11/1933, minorenne,
via Terranova n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
8) BENJAMIN Desi
di Eugenio e di Habib Gemma, nata a Tripoli il 30/1/1937, minorenne,
nazionalità inglese, razza ebraica, via Terranova n. 13 Tripoli, internata a
Civitella del Tronto.
9) CAMILLERI Maria
(ved. Lanzon) fu Andrea e fu Francesca Micoleff, nata a Malta il 29/5/1886,
casalinga, via Plauto n. 33 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internata a Civitella del Tronto.
10) LANZON Giovanni
fu Salvatore e di Camilleri Maria, nato a Tripoli il 19/1/1928, meccanico, via
Plauto n. 33 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella
del Tronto.
11) LANZON Anna
fu Salvatore e di Camilleri Maria, nata a Tripoli il 18/10/1930, minorenne, via
Plauto n. 33 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella
del Tronto.
12) HASSAN Buba
in Burbea fu Hammus e di Sturi Fargian, nata a Tripoli nel 1894, casalinga,
Sciara Angelo 19 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
13) JONA Giora
in Burbea di Jusef e di Addad Rutnel, nata a Tripoli nel 1911, casalinga, via
Milazzo n. 5 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella
del Tronto.
14) SEROR Mina
in Burbea fu Mosé e di Sandra Seror, nata a Tripoli il 10/3/1900, casalinga,
Sciara Angelo 19 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella
del Tronto.
15) FARGIAN Regina
in Dihi fu Cammus e fu Nachum Messauda nata a Tripoli il 23/8/1890, casalinga,
via Matera n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
16) DIHI Diamantina
di Simone e di Fargian Regina, nata a Tripoli il 12/1/1916, casalinga, via
Matera n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella
del Tronto.
17) BARANES Jda
(ved. Habib) fu Nessim e fu Rita Megnagg, nata a Homs (Libia) nel 1900,
casalinga, via Vignola n. 54 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internata a Civitella del Tronto.
18) HABIB Scialom
fu Hlafo e di Baranes Jda, nato a Tripoli il 21/10/1927, studente, via Vignola
n. 54 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del
Tronto.
19) HABIB Rita
fu Hlafo e di Baranes Jda, nata a Tripoli il 23/10/1931, minorenne, via Vignola
n. 54 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
20) HASCHI Giulia
(ved. Habib) fu Jsacco e di Hanni Allegra, nata al Cairo nel 1898, casalinga,
Kussect Essafar 325 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
21) HABIB Nessim
fu Scialom e di Sara Minna, nato a Tripoli nel 1887, tipografo, Kussect Essafar
n. 325 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del
Tronto.
22) LABI Scialom
fu Jusef e fu Addad Messauda, nato a Tripoli nel 1879, ramaio, Sciara Giama el
Druszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese , razza ebraica, internato a
Civitella del Tronto.
23) LABI Diamantina
fu Jsacco e fu Rubina Nahum, nata a Tripoli, nel 1885, casalinga, Sciara Giama
el Druszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
24) LABI Fortuna
di Scialom e di Diamantina Labi, nata a Tripoli, nel 1917, casalinga, Sciara
Giama el Druszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Ciavitella del Tronto.
25) LABI Rubina
di Scialom e di Diamantina Labi, nata a Tripoli il 10/6/1925, casalinga, Sciara
Giama el Drunszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
26) LABI Jda
di Scialom e di Diamantina Labi, nata a Tripoli il 10/2/1929, casalinga, Sciara
Giama el Drunszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
27) RUBLIL Zariffa
in Labi di Raffaele e di Joha Missa, nata a Tripoli nel 1922, casalinga, via
Leopardi n. 30 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
28) LABI Diamantina
di Giuseppe e di Bublil Zariffa, nata a Civitella del Tronto il 28/8/1942,
minorenne, via Leopardi n. 30 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internata a Civitella del Tronto.
29) LABI Juda
fu Jsaccoe fu Ester Labi, nato a Tripoli nel 1878, lattaio, Zeuch Biscic n. 44
Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.
30) FRATI Messauda
in Labi fu Abramo e fu Buthul nata a Tripoli nel 1878, casalinga, Zeuch Biscisc
n. 44 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
31) LABI Mezzala
fu Scialom e fu Hadria Habib, nata a Tripoli nel 1895, Sciara Erbarsad n. 10
Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.
32) LABI Jolanda
fu Haim e di Mina Smila, nata a Tripoli il 14/7/1916, casalinga, via Perugina
n. 37 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
33) LABI Marcello
di Renato e di Labi Iolanda, nato a Tripoli il 5/10/1938, minorenne, via
Perugina n. 37 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a
Civitella del Tronto.
34) LABI Diana
di Renato e di Labi Iolanda, nata a Tripoli il 27/12/1940, minorenne, via
Perugina n. 37 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
35) VIVIENNE Guetta
di Giulio e di Nachum Fortunata, nata a Tripoli il 29/5/1911, casalinga, Corso
Vittorio Emanuele III Palazzo Assicurazione Venezia Tripoli, nazionalità
inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.
36) SCIOA Gamila
di Juda e di Aghib Regina, nata a Tripoli nel 1915, casalinga, via Benedetto
Cairoli n. 35 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
37) LABI Luli
Alba di Abramo e di Scioa Gemila, nata a Civitella del Tronto, il 22/8/1942,
minorenne, via Benedetto Cairoli n. 35 Tripoli, nazionalità inglese, razza
ebraica, internata a Civitella del Tronto.
38) MESSIAH Jsacco
fu Salomone e fu Hassan Fortunata, nato a Tripoli il 6/2/1889, spedizioniere,
Sciara Sidi el Hattab n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internato a Civitella del Tronto.
39) SABBAN Sultana
in Messiah fu Sion e fu Rubin Emilia, nata a Tripoli nel 1895, casalinga,
Sciara Sidi el Hattab n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica,
internata a Civitella del Tronto.
40) ARBIB Vittorio
fu Giacobbe e fu Messiah Elisa, nato a Bengasi il 2/8/1935, minorenne, Sciara
Sidi el Hattab n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a
Civitella del Tronto.
41) BEDUSSA Regina
fu Beniamino e fu Nemni Messauda, nata a Tripoli nel 1889, casalinga, Sciara
Hammuna n. 25 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
42) HALFUM Zula
in Nemni fu Messaud e fu Nisa Zahut, nata a Tripoli nel 1908, casalinga, via
Angelo n. 24 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella
del Tronto.
43) NEMNI Misa
di Mosé e di Halfum Zula, nata, a Tripoli nel 1929, casalinga, via Angelo n. 24
Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.
44) NEMNI Simeone
di Mosé e di Halfun Zula, nato a Tripoli il 28/3/1934, minorenne, via Angelo n.
24 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del
Tronto.
45) LABI Zatuba
fu Hammus e fu Hanissa Labi, nata a Tripoli nel 1881, casalinga, Haira Ustia n.
25 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
46) REGINIANO Samina
fu Hlafo e di Labi Zatuba, nata a Tripoli nel 1912, casalinga, Haira Ustia n.
25 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
47) REGINIANO Misa
fu Hlafo e di Labi Zatuba, nata a Tripoli, nel 1890, casalinga, Zacched el
Bescisc n. 28 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a
Civitella del Tronto.
48) REGINIANO Abramo
fu Beniamino e fu Aghib Zula, nato a Tripoli nel 1878, sarto, Hara Ustia n. 23
Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.
49) FELLAH Buba
fu Rubino e fu Massauda Haggiag, nata a Tripoli nel 1893, casalinga, Hara Ustia
n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
50) GEAN Norina
di Vittorio e di Haim Rachele, nata a Tripoli nel 1917, casalinga, via
Costantino Scimola n. 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata
a Civitella del Tronto.
51) REGINIANO Vittorio
di Abramo e di Genea Norina, nato a Tripoli il 3/3/1939, minorenne, via
Costantino Scimola n. 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato
a Civitella del Tronto.
52) REGINIANO Jrma
di Abramo e di Norina Gean, nata a Civitella del Tronto il 22/12/1942,
minorenne, via Costantino Scimola n. 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza
ebraica, internata a Civitella del Tronto.
53) DEBASE Ester
fu Giacobbe e di Tajeb Rachele, nata a Tripoli nel 1901, casalinga, Sciara Sidi
el Hattab 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella
del Tronto.
54) MESSICA Emilia
fu Mosé e di Esterina Racah, nata a Tripoli il 10/10/1909, casalinga, via Lazio
184, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.
55) REGINIANO Rina
di Scialom e di Messica Emilia, nata a Tripoli il 15/12/1936, minorenne, via
Lazio 184, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del
Tronto.
56) REGINIANO Hlafo
di Scialom e di Messica Emilia, nato a Tripoli il 18/11/1938, minorenne, via
Lazio 184 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella
del Tronto.
57) BURBEA Jacob
di Hammus e di Jona Giora, nato a Tripoli il 13/12/1941, minorenne, via Milazzo
5 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del
Tronto.
58) BURBEA Jusef
di Hammus e di Jona Giora, nato a Civitella del Tronto il 27/6/1943, minorenne,
via Milazzo 5 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a
Civitella del Tronto.
59) ROSENTHAL Maurizio
di Mosé e di Amalia Schutz, nato a Nassan (Germ.) il 23/1/1899, commerciante,
attualmente all’Ospedale Civile di Teramo, nazionalità tedesca, razza ebraica,
internato a Civitella del Tronto.
60) EICHENBAUM Ernesto
fu Pio e di Seindel Spivack, nato a Lutow (Polonia) il 23/9/1881, ingegnere,
attualmente in licenza a Milano, nazionalità apolide, razza ebraica, internato
a Civitella del Tronto.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.
22.
ELENCO DEGLI INTERNATI CIVILI
TRASFERITI IL 18/4/1944 XVIII
DAL CAMPO DI CIVITELLA DEL
TRONTO A CARPI (Modena) DALLA GENDARMERIA TEDESCA
1) ARNSTEIN Ernesto fu
Sigismondo e fu Henriette Menie nato a Furt (Baviera) il 12/4/1889,
industriale, naz. tedesca, celibe, ebreo.
2) EISECK Giovanni Alberto fu
Ernesto e di Jda Choen, nato a Berlino il 12/1/1900, medico, naz. tedesca,
cogniugato, ebreo.
3) EINSINGER Max di Jgnazio e
di Rosaria Strausler nato a Poysdorf (Germania) il 23/11/1879, commerciante,
naz. tedesca, cogniugato, ebreo.
4) GLUCHSMANN Ferdinando fu
Filippo e fu Baldivine Stern, nato a Presburg (Germ.) il 26/5/1903, cameriere,
naz. tedesca, cogniugato, ebreo.
5) GOLDMANN Alberto di Arnoldo
e fu Rosa Hochs, nato a Radschin (Moravia) il 18/12/1902, negoziante,
cogniugato, tedesco ebreo.
6) HACHER Samuele di Emanuele
e di Hermine Kobosa, nato a New-York il 21/3/1900, viaggiatore di commercio,
cogniugato tedesco, ebreo.
7) JACOBSON Alberto di Ernesto
e di Loewentral Minna nato a Duderstadt (Germania) il 5/10/1900, salumiere,
celibe, tedesco, ebreo.
8) KALDEGG Erwin fu Max e fu
Rosa Czisech nato a Vienna l’11/7/1896, ingegnere, tedesco, celibe, ebreo.
9) LILIENTHAL Reinold di
Sigfrido e di Stein Elisabetta nato a Berlino il 7/3/1904, scrittore d’arte,
cogniugato, tedesco, ebreo.
10) LISSAUER Hans di Edoardo e
di Erna Meier, nato a Berlino il 30/3/1908, commerciante, celibe, tedesco,
ebreo.
11) LYON Emilio fu Felice e di
Stoller Vittoria nato a Breslavia il 21/5/1906, dottore in legge, celibe,
tedesco, ebreo.
12) NUSSBAUM Ernesto fu
Giuseppe e fu Benedette Berhein nato a Monaco di Baviera il 3/7/1895, attore di
prosa, celibe, tedesco, ebreo.
13) PINCUS Enrico fu Hugo e di
Regina Brach nato a Berlino il 29/5/ 1899, artigiano, celibe, tedesco, ebreo.
14) RECTOR Arturo fu Simeone e
fu Anna Krenzberger nato a Clewitez (Germania) il 25/10/1885, commerciante,
cogniugato, tedesco, ebreo.
15) ROSENBAZM Ernesto fu
Jsacco e di Wolff Elfriede nato a Hager (Germania) il 18/4/1895, avvocato,
celibe, tedesco, erbreo.
16) SCHWARSCHILD Ernesto fu
Emanuele e di Schiff Augusta, nato a Francoforte sul Meno il 28/9/1881, ex
Magistrato, celibe, tedesco, ebreo.
17) SOMMERFELD Leo di Max e di
Lippa Koppermann nato a Berlino il 5/10/1899, suonatore ambulante, coniugato,
tedesco, ebreo.
18) TAUSSIG Walter di Ludovico
e di Giuseppina Rumann nato a Vienna il 24/1/1896, amministratore di commercio,
celibe, tedesco, ebreo.
19) WINZWEIG Kurt fu Max e fu
Edwige Friede, nato a Magdeburgo (Germania) il 18/5/1887, viaggiatore di
commercio, celibe, tedesco, ebreo.
20) WETTERSCHNEIDER Carlo fu
Mosé e di Eugenia Krauss, nato a Vienna il 24/1/1889, commerciante, coniugato,
tedesco, ebreo.
21) Kerbes Lemel fu Wilhelhm e
fu Duore Reire, nato a Tornopol (Germania) il 20/9/1893, pellicciaio, tedesco,
coniugato, ebreo.
22) WEIL Bertold fu Leopoldo e
fu Carolina Lowenthal, nato a Ludwisburg (Germ.) il 15/3/1891, chimico, coniugato,
tedesco, ebreo.
23) ZIEG Samuele fu Alter e fu
Macle Degen nato a Komarno (Galizia) il 6/6/1892, viaggiatore di commercio,
tedesco, coniugato, ebreo.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.
23.
ELENCO NOMINATIVO DEGLI INTERNATI CIVILI DI QUESTO CAMPO DI
CONCENTRAMENTO TRASFERITI IL 4/5/1944 XXII CON MEZZI E SCORTA
DELLA POLIZIA TEDESCA AL CAMPO DI CARPI (Modena).
1) AUSSENBERG Chaskel
fu Kain e fu Lazi Goldmann nato a Lipsia il 15/9/1893, pellicciaio, naz.
polacca, coniugato, ebreo.
2) BERSCIADSKI Semil
d i Aronne e fu Fania Nudelmann nato a Kisinau (Russia) il 20/7/1899,
farmacista, celibe, apolide, ebreo.
3) BERSCIATSKI Abramo
fu Mosé e fu Muri Dora nato a Kodema (Russia) l’11/10/1892, mediatore, apolide,
celibe, ebreo.
4) AZZOPARDI Ernesto
di Emanuele e fu Michelina Muscat nato a Tripoli il 27/11/1904, macellaio,
coniugato, naz. inglese, cattolico ariano.
5) BONELLO Nicola
di Penajota e fu Penajota nato a Smirne l’11/1/1914, commerciante, coniugato,
naz. inglese, cattolico ariano.
6) BUTTIGLIEG Basilio
fu Giogio e di Luisa Spiteri nato a Corfù il 12/11/1903, falegname, coniugato,
inglese, cattolico ariano.
7) DAMATO Pietro
fu Luigi e di Asnif Bludia nato a Cavallara (Macedonia) il 16/7/1895, commerciante,
celibe, inglese, cattolico ariano.
8) DAMATO Pietro
fu Raimondo e fu Anna Armau nato a Costantinopoli il 17/9/ 1890, celibe,
meccanico, inglese, cattolico ariano.
9) CASSAR Andrea
fu Battista e di Peppina Sartini nato a Patrasso il 18/2/1899, parrucchiere,
coniugato, inglese, cattolico ariano.
10) COSTA Michele
fu Antonio e fu Liberata Falson nato a Tripoli il 26/3/1893, marinaio
coniugato, inglese, cattolico ariano.
11) COSTA Giuseppe
di Michele e di Rosina Falzon nato a Tripoli 23/12/1923, esercente, celibe
inglese, cattolico ariano.
12) CHASSAUD Giovanni
fu Guglielmo e fu Staluni Grisandi, nato ad Alessandria d’Egitto il 10/4/1903,
commerciante, coniugato, inglese, cattolico ariano.
13) CAMILLERI Giuseppe
fu Carmelo e fu Liberata Gosmann nato a Malta nell’agosto del 1890,
carpentiere, coniugato, inglese, cattolico ariano.
14) DANILOFF Vittorio
fu Giovanni e di Maria Usbekowa nato a Karcof il 10/3/1901, marinaio, celibe,
apolide, greco ortodosso.
15) DARMANIN Francesco
fu Paolo e fu Adriana Carabot nato a Tunisi l’11/11/1880, pescatore, coniugato,
inglese, cattolico ariano.
16) DARMANIN Giuseppe
fu Carmelo e di Debono Carmela nato a Gerba (Tunisia) il 1/10/1913, panettiere,
celibe, inglese, cattolico ariano.
17) FARRUGINA Michele
fu Carmelo e di Anna Costa nato a Tripoli il 13/8/1916, esercente, celibe,
inglese, cattolico ariano.
18) GALEA Francesco
fu Giuseppe e fu Antonia Grech nato a Tripoli il 6/1/1885, calzolaio,
coniugato, inglese, cattolico ariano.
19) ESKENASI Giuseppe
fu Boris e di Ida Annamaria nato a Odessa il 26/1/1905, impiegato, celibe,
apolide, ebreo.
20) GIZA Stanislao
fu Filippo e di Antonia Ekelian nato a Dolaza Wielka (pol.) il 27/8/1912,
minatore, celibe, polacco, cattolico ariano.
21) GOODWIN Vernon
fu Alfredo e di Marinon Yeo nato a Svansen (Inghilterra) il 26/9/1896,
musicista, coniugato, inglese, cattolico ariano.
22) HAAR Pavel
fu Federico e di Eisner Malvina nato a Praga il 27/4/1905, commerciante,
celibe, ex cecoslovacco, ebreo.
23) KAZOUBA Simon
fu Timofei e fu Facolo Ksenia nato a Taganrog (Russia) il 1/8/1883, marinaio,
celibe, apolide, greco ortodosso.
24) JONSON James
di Andrew e di Kiriabula Kazzaro, nato a Smirne il 21/10/1921, meccanico,
celibe, inglese, cattolico ariano.
26) LORIENTE Pietro
fu Francesco e di Marella Galca nato a Tripoli il 29/6/1919, pittore, celibe,
inglese, cattolico ariano.
27) LORIENTE Pio
fu Francesco e di Marella Galea nato a Tripoli il 10/2/1910, meccanico, celibe,
inglese, cattolico ariano.
28) MICALEFF Spiro
fu Salvino e di Angela Sachu nato a Corfù il 19/9/1899, cuoco, coniugato,
inglese, cattolico ariano.
29) MUSCAT Giuseppe
fu Vincenzo e fu Carmela Vaccarizzi nato a Tripoli l’11/11/1889, impiegato,
celibe, inglese, cattolico ariano.
30) MEILAK Salvatore
di Giovanni e di Michelina Debono, nato a Tripoli il 28/7/1905, verniciatore,
coniugato, inglese, cattolico.
31) JACUBCZAK Jan
di Ludovico e di Maddalena Maiejenska nato a Szezalkovo (Pol.) il 22/6/1908,
marinaio, celibe, polacco, cattolico ariano.
32) PRITCHARD Enrico
fu Walter e fu Agnese Watters nato a Londra il 25/6/1895, agente marittimo,
coniugato, inglese, cattolico ariano.
33) PISANI Carmelo
di Giovanni e di Filomena Falson nato a Tripoli il 25/3/1910, calzolaio,
celibe, inglese, cattolico ariano.
34) RIVANS Antonio
fu Nicola e di Antonia Rubini nato a Smirne l’8/10/1901, pescatore, coniugato,
inglese, cattolico ariano.
35) RIVANS Nicola
di Antonio e di Stavrulla Parava nato ad Atene il 22/6/1922, calzolaio, celibe,
inglese, cattolico ariano.
36) RIVANS Roberto
fu Antonio e di Eleonora Saletovic nato a Smirne il 13/1/1901, impiegato,
coniugato, inglese, cattolico ariano.
37) ROSENBLATT Raffaele
di Levi e di Antonietta Blumerfeld nato a Grogen (Olanda) il 25/10/1912,
studente di canto, celibe, apolide, ebreo.
38) ROSENZWEIG Nathan
fu Loeb e Elsa Kort nato a Francoforte sul Meno il 16/11/1885, commerciante,
coniugato, polacco, ebreo.
39) ROMNEY Lionel
di Alfredo e di Maria Illidg, nato a Curacao (Piccole Antille) il 12/4/1915,
marinaio, coniugato, oloandese, cattolico ariano.
40) HAIN Jgnazio
di Moses e di Paolina Schuster nato a Ulnbach (Germania) il 29/6/1902,
impiegato, coniugato, naz. tedesca, ebreo.
41) SAGONA Paolo
di Oreste e di Fortunata Sagona nato a Tripoli il 16/5/1906, tornitore,
coniugato, inglese cattolico ariano.
42) SANT Francesco
fu Andrea e fu Nicoletta Stabri nato a Corfù il 24/8/1900, commerciante,
coniugato, inglese, cattolico ariano.
43) SAFARZINSKI Mario
di Antonio e di Emilia Drzenska nato a Varsavia il 15/10/1905, impiegato,
celibe, polacco, cattolico ariano.
44) ZARAFA Carlo
di Giuseppe e di Michelina Grech nato a Tripoli il 3/1/1922, pittore, celibe,
inglese, cattolico ariano.
45) ZIELINSKI Stanilaw
di Boleslaw e di Lilliana Malissa nato a Dzwierzuo (Pol.) il 27/7/1913,
marinaio, celibe, polacco, cattolico ariano.
46) FURST Kurt
di Adolfo e di Grete Fischer nato a Vienna il 29/1/1912, musicista, coniugato,
naz. tedesca, ebreo.
47) VELLA Corrado
fu Corrado e di Lorenza Vella nato a Malta il 15/9/1910, nichelatore, celibe,
inglese, cattolico ariano.
48) WCODLEI Edoardo
di Alfredo e di Elena Kimarios nato a Corfù il 24/9/1909, agente marittimo,
celibe, naz. greca, religione protestante.
49) ABEASIS Clemente
fu Giuseppe e fu Nahun Water nato a Homs (Libia) il 23/11/1896, impiegato,
coniugato, inglese, ebreo.
50) MASSAN Rachele
fu Beniamino e fu Curiel Angelina nata a Tripoli il 10/2/1908, casalinga,
inglese, ebrea, moglie.
51) Giorgio, nato a Tripoli il
4/2/1923, meccanico, inglese, celibe, ebreo, figlio.
52) Ester, nata a Tripoli il
19/10/1926, impiegata, inglese, nubile, ebrea, figlia.
53) Renato, nato a Tripoli il
20/9/1928, inglese, ebreo, figlio.
54) Rebecca, nata a Tripoli il
2/12/1931, inglese, ebrea, figlia.
55) BENJAMIN Eugenio
fu Edoardoe di Riben Anna nato a Zliten (Libia) il 18/5/1900, impiegato,
coniugato, inglese, ebreo.
56) HABIB Gemma fu Brrhani e
fu Maria Hassan nata a Tripoli il 23/3/1905, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
57) Anna, nata a Tripoli
l’8/12/1930, inglese, ebrea, figlia.
58) Silvana, nata a Tripoli il
12/11/1933, inglese, ebrea, figlia.
59) Desi, nata a Tripoli il
30/1/1937, inglese, ebrea, figlia.
60) BENJAMIN William
fu Edoardo e di Ruben Anna nato a Zliten (Libia) il 10/11/1902, commerciante,
divorziato, inglese, ebreo.
61) CAMILLERI Maria
fu Andrea e fu Francesca Nicoleff nata a Malta il 29/5/1886, vedova Lanzon,
casalinga, inglese, cattolica, ariana.
62) Lanzon Giovanni fu
Salvatore nato a Tripoli il 29/1/1928, meccanico, celibe, inglese, cattolico
ariano, figlio.
63) Lanzon Anna fu Salvatore
nata a Tripoli il 18/10/1930, inglese, cattolica ariana, figlia.
64) BURBEA Hammus
di Jacob e di Hassan Buba nato a Tripoli l’11/12/1911, barbiere, coniugato,
inglese, ebreo.
65) JONA Giora di Jusef e di
Addad Rut nata a Tripoli nel 1911, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
66) Jacob, nato a Tripoli il
13/12/1941, inglese, ebreo, figlio.
67) Jusef, nato a Civitella
del Tronto (Teramo) il 27)6)1943, inglese, ebreo, figlio.
68) BURBEA Jacob
fu Jusef e fu Tasciuba Sarina, nato a Tripoli nel 1892, barbiere, coniugato,
inglese, ebreo.
69) HASSAN Buba fu Hammus e di
Sturi Fargian nata a Tripoli nel 1894, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
70) Sion, nato a Tripoli il
17/11/1920, commesso, celibe, inglese, ebreo, figlio.
71) Giuseppe, nato a Tripoli
nel 1923, commesso, celibe, inglese, ebreo, figlio.
72) BURBEA Huato
fu Giuseppe e fu Sarina Tisciuba nato a Tripoli nel 1903, barbiere, coniugato,
inglese, ebreo.
73) SEROR Mina fu Mosé e di
Sandra Seror nata a Tripoli il 10/3/1900, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
74) HABIB Nessim
fu Scialom s fu Sara Mimun nato a Tripoli nel a887, tipografo, celibe, inglese,
ebreo.
75) DIHI Simeone
fu Kaliffa e fu Manta Racha nato a Tripoli nel 1892, sarto, coniugato, inglese,
ebreo.
76) REGINA Fargian fu Hammus e
fu Nahun Messauda nata a Tripoli il 23/8/1890, casalinga, inglese, ebrea,
moglie.
77) Diamantina, nata a Tripoli
il 12/1/1916, casalinga, nubile, inglese, ebrea, figlia.
78) BARANES Jda
fu Nessim e fu Rita Megnani nata a Homs (Libia) nel 1900 casalinga, vedova
Habib, inglese, ebrea.
79) Habib Scialom fu Hlafo
nato a Tripoli il 21/10/1927, studente, celibe, inglese, ebreo, figlio.
80) Habib Rita fu Hlafo nata a
Tripoli il 23/9/1931, inglese, ebrea, figlia.
81) HASCHI Giulia
fu Jsacco e di Hamui Allegra nata a Cairo nel 1898, vedova Habib, casalinga,
inglese, ebreo.
82) HABIB Scialom fu Benedetto
nato a Bengasi il 13/8/1915, impiegato, celibe, inglese, ebreo, figlio.
83) Habib Jacob fu Benedetto
nato a Bengasi il 26/4/1918, impiegato, celibe, figlio, inglese, ebreo.
84) Habib Mosé fu Benedetto
nato a Tripoli il 5/12/1926, studente, celibe, inglese, ebreo, figlio.
85) LABI Scialom
fu Jusef e fu Addad Messauda nato a Tripoli nel 1879, ramaio, coniugato,
inglese, ebreo.
86) LABI Diamantina fu Jsacco
e fu Nahun Rubina nata a Tripoli nel 1885, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
87) Jsacco, nato a Tripoli nel
1914, barbiere, celibe, inglese, ebreo, figlio.
88) Fortunata, nata a Tripoli
nel 1917, casalinga, nubile, inglese, ebreo, figlia.
89) Sion nato a Tripoli il
22/7/1922, imopiegato, celibe, inglese, ebreo, figlio.
90) Rubina, nata a Tripoli il
10/6/1925, casalinga, nubile, inglese, ebrea, figlia.
91) Jda, nata a Tripoli il
10/2/1929, casalinga, nubile, inglese, ebrea, figlia.
92) LABI Juda
fu Jsacco e fu Ester Labi nato a Tripoli nel 1878, lattaio, coniugato, inglese,
ebreo.
93) FRATI Messauda fu Abramo e
fu Buthul nata a Tripoli nel 1878, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
94) LABI Hammus
fu Mosé e fu Levi Mina Nato a Bengasi nel 1884, commerciante, inglese,
coniugato, ebreo.
95) Labi Mezzala fu Scialom e
fu Hadria Habib nata a Tripoli nel 1895, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
96) LABI Giuseppe
di Scialom e di Diamantina Labi nato a Tripoli il 6/7/1907, ramaio, coniugato,
inglese, ebreo.
97) Bublil Zariffa di Raffaele
e di Jona Missa nata a Tripoli nel 1922, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
98) Diamantina, nata a
Civitella del Tronto il 28/8/1942, inglese, ebrea, figlia.
99) Scialomk, nato a Civitella
del Tronto il 7/2/1944, inglese, ebreo, figlio.
100) LABI Jolanda
in Labi fu Kaim e di Mina Smila nata a Tripoli il 14/7/1916, casalinga,
inglese, ebrea.
101) Labi Marcello di Renato
nato a Tripoli il 6/5/1938, inglese, ebreo, figlio.
102) Labi Diana di Renato nata
a Tripoli il 27/11/1940, inglese, ebrea, figlia.
103) LABI Alfredo
fu Adolfo e fu Arbib Diamantina, nato a Tripoli il 17/3/1900, commerciante,
inglese, coniugato, ebreo.
104) Vivienne Guetta di Giulio
e di Nahun Fortuna nata a Tripoli il 29/5/1911, casalinga, ebrea, moglie.
105) NEMNI Davide
fu Sion e di Mezzala Haggiag nato a Tripoli il 2/4/1905, rappresentante di
commercio, celibe, inglese, ebreo.
106) NEMNI Jusef fu Wessim e
di Bedussa Regina nato a Tripoli il 12/2/1910, negoziante, celibe, inglese,
ebreo.
107) Bedussa Regina fu
Beniamin e fu Nemni Messauda nata a Tripoli nel 1894, casalinga, inglese,
ebrea, madre.
108) LABI Abramo fu Hammus e
di Misa Reginiano nato a Tripoli il 1/6/1914, sarto, inglese, coniugato, ebreo.
109) Scioa Gemila di Juda e di
Regina Aghib nata a Tripoli nel 1915, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
110) Luli, nata a Civitella
del Tronto il 22/8/1942, inglese, ebrea, figlia.
111) Regina, nata a Civitella
del Tronto il 2/4/1944, inglese, ebrea, figlia.
112) MESSIAH fu Salomone e fu
Hassan Fortunata nato a Tripoli il 6/2/1889, spedizioniere, coniugato, inglese,
ebreo.
113) Sabban Sultana fu Sion
nata a Tripoli nel 1895, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
114) Arbib Vittorio fu
Giacobbe e fu Messiah Elisa nato a Bengasi, il 2/8/1935, inglese, ebreo,
nipote.
115NEMNI Mosé di Simeone e fu
Essaieg Misa nato a Tripoli nel 1902, droghiere, coniugato, inglese, ebreo.
116) Halfun Zula fu Messauda e
fu Misa Zahut nata a Tripoli nel 1909, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
117) Simeone, nato a Tripoli
il 29/3/1934, inglese, ebreo, figlio.
118) Misa, nata a Tripoli il
16/4/1929, inglese, ebrea, nubile, casalinga, figlia.
119) REGINIANO Hamani fu Hlafo
e di Zatuta Labi nato a Tripoli nel 1914, sarto, celibe, inglese, ebreo.
120) Labi Zatuba fu Hammus e
fu Hanissa Labi nata a Tripoli di anni 74, casalinga, vedova Reginiano,
inglese, ebrea, madre.
121) Samina, nata a Tripoli
nel 1912, casalinga, nubile, inglese, ebrea, sorella.
122) REGINIANO Misa fu Hlafo e
di Zatuba Labi nata a Tripoli nel 1890, casalinga, ved. Labi, ebrea.
123) REGINIANO Abramo di
Davide e di Barda Barcana nata a Tripoli il 5/10/1900, libraio, coniugato,
inglese, ebreo.
124) Gean Norina di Huato e di
Haim Rachele nata a Tripoli nel 1917, casalinga, inglese, ebrea, moglie.
125) Vittorio, nato a Tripoli
il 3/3/1939, inglese, ebreo, figlio.
126) Jrma, nata a Civitella
del Tronto il 22/11/1942, inglese, ebrea, figlia.
127) REGINIANO Abramo fu
Beniamino e fu Zula Aghib nato a Tripoli di anni 65, sarto, coniugato, inglese,
ebreo.
128) Fellah Buba fu Rubino e
fu Messauda Haggiag nata a Tripoli di anni 50, casalinga, inglese, ebrea,
moglie.
129) REGINIANO Sfrain fu Hlafo
e di Zatuba Labi nato a Tripoli il 15/9/1892, sarto, coniugato, inglese, ebreo.
130) Debase Ester fu giacobbe
e di Taieb Rachele nata a Tripoli nel 1901, casalinga, inglese, ebrea,
moglie.
131) REGINIANO Scialom fu
Hlafo e di Zatuba Labi nato a Tripoli il 6/7/1909, sarto, coniugato, inglese,
ebreo.
132) Messica Emilia fu Mosé e
di Ester Rachah nata a Tripoli il 10/10/1909, casalinga, inglese, ebrea,
moglie.
133) Rina, nata a Tripoli il
15/11/1936, inglese, ebrea, figlia.
134) Hlafo, nato a Tripoli il
18/11/1938, inglese, ebreo, figlio.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.
24.
CAMPO DI CONCENTRAMENTO INTERNATI
ISOLA GR. SASSO D’ITALIA
Provincia di Teramo
ELENCO DEGLI INTERNATI
risultati mancanti dal campo
dopo il trasferimento eseguito dalle Autorità Tedesche il giorno 27 novembre
1943-XXII°
matricola / cognome e nome
1) - 158 Su Kan Iu
2) - 160 Ching Tsen Iu
3) - 163 Huang Chang Pin
4) - 167 Mi Chang Shin
5) - 168 Cho Kuong Wu
6) - 173 Tchean Fung Sing
7) - 175 Chang Tin Chio
8) - 176 Chin Fa Chai
9) - 233 Wang Sun Tsai
10) - 232 Hu Ton Zin
11) - 239 Tchean Te Ling
12) - 242 Sing Fong Lee
13) - 243 Tsao Dang Chen
14) - 246 Gentile Die Fen
15) - 249 Lui Chen Tsin
16) - 251 Chen Chan An
17) - 252 Shu Chihe Cheng
18) - 255 Wang Heh Ching
19) - 263 Tchon Wu Tchong
20) - 268 King Sing Cha
21) - 270 On Fo Io
22) - 271 Chiang Ding Yan
23) - 277 Chang Wang Ching
24) - 280 King Chang Ching
25) - 285 Chen Yue Chan
26) - 291 Hu Sze Ya
27) - 294 Nhion The Hen
28) - 299 Chin Ting Shen
29) - 303 Wang Yoo Cha
30) - 306 Hu Chao
31) - 311 Lin Yeh Chu
32) - 313 Cheng Pi Hsi
33) - 314 Cin Cin Na
34) - 315 Suen Tchon Pao
35) - 318 Chin Yung Chang
36) - 320 Yang Lie Chiug
37) - 321 On Nao Chang
38) - 334 Pan Yez Diagne
39) - 336 Tcheng Chi Ching
40) - 340 Chen Feng Hui
41) - 344 Chi Shih Chiung
42) - 346 Kin Giuseppe
Isola Gr. Sasso I dicembre 1943 XXII
IL DIRETTORE DEL CAMPO
F/to illeggibile
P.C.C.
L’imp. di Polizia di I cl.
F/to illeggibile
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.
26.
ELENCO INTERNATI
Campo di concentramento TORTORETO ALTO.
1./ AXELRAD Davide fu Israele
e fu Rachel Meiseles, nato a Podkamien (Polonia)
il 12/7/1892, commercialista
ebreo tedesco apolide, arr. 14/9/40
2./ BARTFELD Eurelio di Mosè e
di Meier Babec, nato a Krapra (Cecoslovacchia) il 26/2/1889, sarto, res.
Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 14/9/40
3./ BERENT Walter di Adolfo e
di Seligson Fanny, nato a Danzig, il 31/8/1886, giudice, res. Genova,
coniugato, ebreo tedesco, arr. 14/9/40
4./ BERNSTEIN Ernesto di
Simone e di Goldschmit Bettina, nato a Nakel (Posen) il 26/11/1911, meccanico,
ebreo tedesco, arr.14/9/40 (NON SUSSIDIATO)
5./ BLUMENBERG Dott. Giorgio
fu Giulio di Beata Broszinsky, nato a Hannover il 24/3/1906, dentista, res.
Genova, ebreo tedesco apolide, arr. 14/9/40
6./ BOHRER Arnoldo di Wilhelm
e di Hilda Feldmann, nato a Berlino il 30/10/1911 celibe, fabbricante, res.
Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
7./ BUCHHOLZ Paolo fu Leone e
Wolchen Elsa, nato a Leopoli il 30/6/1889, commerciante, res. Genova, celibe,
ebreo tedesco, arr. 14/9/40
8./ BURG Michele di mayer e di
Ethel Rosenluft, nato a Vienna il 3/7/1895, commerciante, coniugato, res.
Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
9./ BUXBAUM Dott. Sigfrido di
Ermanno e di Kahn Amalie, nato a Brehmer (Westfalia) il 26/7/1886, medico, res.
Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 14/9/40
10./ CAHN Kurt di Loeb e di
Clara Kaufmann, nato a Lichtenau (Germania) il 17/81896, meccanico, coniugato,
res. Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
11./ DEUTSCH Ernesto di
Giacobbe e di Scheeiber Carolina, nato a Marienbad (Cecoslovacchia) il
20/11/99, agricoltore, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 14/9/40
12./ DOMINIK Giuseppe fu
Salomone Schneider fu Rebecca Dominik, nato a Leopoli (Polonia) il 10/1/1886,
bandaio, ebreo tedesco, arr. 14/9/40
13./ EISNER Giacobbe fu
Ignazio e di Carlotta Eisner, nato a Vienna il 26/7/1896, commerciante, res.
Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
14./ FLATOW Giovanni fu Giogio
e fu Selma Eifert, nato a Ortelsburg (Germania) il 18/4/1885, commercialista,
coniugato, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
15./ FRISCHER Dott. Isacco di
Leone e di Anna Lieblich, nato a Buczacz (Polonia) il 10/3/1911, medico
chirurgo, ebreo tedesco, arr. 14/9/40
16./ GERSTL Oscar di Maurizio
e fu Carolina Gerstl, nato a Vienna il 23/8/1880, coniugato, orafo, res.
Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
17./ GIVER Hersz di Eisik e di
Rifka Lifschitz, nato a Blendorf il 1/1/1895, sarto, res. Milano, ebreo
apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)
18./ GLASER Emilio fu Leopoldo
e di Teresa Jellinek, nato a Nrazow (Cecoslovacchia) il 2/10/1884, impiegato,
celibe, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
19./ GOLDSTEIN Salomone fu
Giosia e Anna Berkowich, nato a Galatz il 15/5/1877, res. Ascoli Piceno,
ingegnere, coniugato, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)
20./ GRANITZ Edmondo fu
Guglielmo e fu Carolina Klinger, nato a Gyor (Ungheria) il 10/2/1896, celibe,
commerciante, ebreo apolide, res. Fiume, arr. 1/9/40
21./ GUINSBURG Saul fu Lazzaro
fu Rachele Grosowska, nato a Mosca (Russia) il 23/7/1890, commerciante, ebreo
russo apolide, arr. 14/9/40
22./ HOFMANN Sigismondo fu
Maurizio di Giovanna Tintner, nato a Bruck a /M. (Austria) il 7/4/1895,
commerciante ebreo tedesco, arr. 14/9/40
23./ KRAUS Marcello di Edmondo
e di Kraus Emilia nato a Fiume il 23/11/1897, ragioniere, celibe, res. Volosca,
ebreo apolide, arr. 20/7/40
24./ KABAS Ignazio fu Paolo e
Janicek Amalia, nato a Lazy il 12/6/1894, facchino, res. Sanpierdarena
(Genova), vedovo, suddito slovacco, arr. 8/8/40
25./ SCHILLING Giovanni di
Antonio e Sans Agostina, nato a Barcellona il 23/3/1887, res. Foligno,
commerciante, suddito spagnolo, arr. 22/8/40.
TORTORETO ALTO, li 15 settembre 1940 XVIII°
Il Direttore
Lillo
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 137.
27.
ELENCO INTERNATI
Campo di concentramento TORTORETO STAZIONE
1./ ADLER Alfredo fu Giacobbe
e Rosa Weil, nato a Ulm il 27/11/1887, res. Firenze, celibe, impiegato, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
2./ ADLER Gustavo fu Adolfo e
Heinrich Emilia, nato a Königsberg, il 30/10/1895 res. Genova, impiegato, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
3./ ADLER Hermann di Natan e
di Adler Rosa, nato a Vienna il 12/4/1887, res. Genova, legatore di libri,
coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
4./ ADLER Schmul fu Giacobbe e
fu Rosa Eldmann, nato a Olcusz il 8/1/1896, res. Genova, pittore, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
5./ AJZENBERG Szlamy fu Haim e
fu Bluma Salzberg, nato a Leczyca il 23/3/1891, res. Genova, tessitore, ebreo
apolide, arr. 1/9/40
6./ ALTBERGER Teodoro fu
Ignazio e Milchspeiser Carlotta, nato a Vienna il 18/7/1904 ebreo apolide,
celibe, pittore, res. Fiume, arr. 4/8/40
7./ ARZT Edoardo di Enoch e di
Antonia Stiber, nato a Vienna il 22/7/1901, res. Genova, impiegato, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
8./ BAHSEL Emilio fu Filippo e
di Giulia Werner, nato a Vienna il 4/12/1884, res. Genova, commerciante, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
9./ BALTER Massimiliano fu
Ignazio e fu Cecilia Reder, nato a Cernauti il 5/12/1905, res. Milano, attore,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
10./ BARNASS Dagoberto fu
Isidoro e fu Enrichetta Barnass, nato a Bromberg il 8/7/1885, res. Nervi,
industriale, arr. 1/9/40
11./ BAUER Giorgio di Adolfo e
fu Gerstl Francesca, nato a Vienna il 8/6/1887, negoziante, res. San Remo,
ebreo tedesco, arr. 13/9/40
12./ BAUM Adolfo di Mayer e fu
Enrichetta Wolff, nato a Vienna il 26/4/1896, res. Genova, falegname, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
13./ BAUM Herbert di Harold e
Rosa Bauml, nato a Weiden il 16/2/1909, res. Genova, commerciante, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
14./ BECKER Davide di Giuseppe
e di Kreiner Rosa nato a Arad il 5/7/1913, res. Verona, celibe, impiegato,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
15./ BERGER Alberto di Samuele
e fu Antonia Egyes, nato a Susak il 20/8/1899, impiegato, coniugato, res.
Fiume, ebreo apolide, arr. 20/7/40
16./ BERSTLING Edoardo fu
Simeone e fu Clara Thaler, nato a Vienna il 26/10/1889, res. Genova, impiegato,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
17./ BIRKENFELD (Bruckner)
Ignazio di Munio e di Giuseppina Bruckner, nato a Iwanie (Polonia) il
26/10/1894, res. Viareggio, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40 (NON
SUSSIDIATO)
18./ BLUMENFELD Ludwig fu
Osias e fu Regina Blumenfeld, nato a Przemysl il 24/9/1892, res. nervi,
rappresentante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
19./ BÖSSMANN Carlo fu Arnold
e fu Berta Bär, nato a Monaco di Baviera il 2/2/1900, commerciante, celibe,
res. Milano, ebreo tedesco, arr. 18/8/40
20./ BRUNNER Emil fu Arold e
Emma Kohn, nato a Vienna il 30/8/1893, res. Milano, vedovo, commerciante, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
21./ COHEN Enrico fu Oscar e
Elly Herzberg, nato a Hannover il 11/7/1901, res. Rapallo, avvocato, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
22./ DARMSTÄDTER Paolo fu
Guglielmo e fu Ida Darmstädter, nato a Mannheim il 20/4/1884, res. Genova,
viaffiatore, divorziato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
23./ DAVID Sandor di Giacobbe
e Carolina, Toch, nato a Vienna il 19/9/1886, res. Genova, rappresentante,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
24./ DEUTSCH Arnoldo di
Ignazio e di Rosali Mark, nato a Fiume il 19/9/1906, res. Fiume, commerciante,
ebreo apolide, arr. 1/9/40
25./ DIAMANT Josef fu Hirsch e
Paie Hoffler, nato a Zaleszesyki il 13/3/1882, res. Genova, impiegato, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
26./ DICKER Kurt fu Maurizio e
Berta Wolfgang, nato a Vienna il 24/7/1910, impiegato, res. Trieste, ebreo
tedesco, arr. 1/9740
27./ DIESENDORF Joachin di
Moss e di Meyte Grossberg nato a Lemberg il 4/3/1891, res. Genova,
commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
28./ DISKANT Sigfrido fu Leopoldo
e Francesca Kohn, nato a Hohenwart il 14/12/1887, res. Genova, impiegato
bancario, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
29./ DIWALT Giuseppe di
filippo e di Clampa Rosa, nato a Cernauti (Romania) il 18/7/1906, commerciante,
coniugato, res. Milano, ebreo apolide, arr. 1/9/40
30./ EDELHOFER Max fu Adolfo e
Emma Feigel, nato a Ulrichskirchen il 15/2/1880, res. Genova, medico, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
31./ EDELSTEIN Sender fu
Ascher e Adasia Holoschitz, nato a Stanislaw il 1/10/1887, res. Genova,
commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
32./ EHRENSTAMM Maurizio fu
Adolfo, e di Sofia Strauss, nato a Heidesheim il 14/6/1883, res. Rapallo,
industriale, ebreo apolide, arr. 1/9/40
33./ EISINGER Walter di
Alfredo e di Stefania Goldwasser, nato a Vienna il 23/6/1905 res. Milano,
commerciante, celibe, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
34./ ENGEL Adalberto fu
Massimiliano e fu Giovanna Baseh, nato a Békéscaba (Ungheria) il 26/1/1897,
res. Fiume, coniugato, impiegato, ebreo apolide, arr. 1/9/40
35./ ENGLARD Israele di Jonas
e Debora Friedmann, nato a Sienava il 3/1/1909, res. Milano, rappresentante,
celibe, ebreo apolide, arr. 1/9/40
36./ ENGLER Alfredo fu Ignazio
e fu Langer Friderica, nato a Vienna il 12/12/1894, res. Genova, commerciante,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
37./ EPHRAIMSON Ermanno fu
Edoardo e Paolina Tobias, nato a Strelitz il 30/10/1887, res. St. Margherita
Ligure, industriale, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
38./ EPPSTEIN Ludovico fu
Ferdinando e fu Elia Franken, nato a Hoppstädten il 13/12/1882, res. Abbazia,
coniugato, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
39./ FEIN Ernesto fu Simone e
di Gianetta Glücklich, nato a Vienna il 27/9/1898, res. Milano, cuoco, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40
40./ FELIKS Maurizio di Mendel
e Klein Rachele, nato a Roznow il 21/1/1898, commerciante, ciniugato, ebreo
tedesco, arr. 29/8/40
41./ FINKELSTEIN Michele fu
Adolfo e fu Anna Wohlgeschaft, nato a Stanislau il 14/12/1894, res. Milano,
coniugato, industriale, arr. 1/9/40
42./ FISCHOFF Maurizio fu
Enrico e Flieschmann Regina, nato a Simoni (Ungheria) il 14/10/1891,
tappezziere, res. Abbazia, coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
43./ FLINK Naftali fu Chaim
Hirsch e Rosalia Rieger, nato a Neusandez il 31/12/1880, res. Genova,
coniugato, commerciante, ebreo polacco, arr. 1/9/40
44./ FRANK Helmut fu Sigismondo
e Lina Rotschild, nato a Stoccarda il 9/1/1892, res. Genova, celibe,
commerciante, ebreo apolide, arr. 1/9/40
45./ FRANK Werner fu Alfredo e
fu Homberg Hanna, nato a Nauen il 24/12/1898, res. Alassio, coniugato,
commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
46./ FRANKL Walter di Grabiele
e Elia Lion, nato a Vienna, il 26/7/1902, res. Milano architetto, coniugato,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
47./ FREITAG Carlo fu Giuseppe
e Berta Mann nato a Darmstadt il 15/11/1919, res. Milano, celibe, studente,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
48./ FRIEDMANN dott. Edgar fu
Ugo e Leontina Geiringer, nato a Vienna il 25/9/1886, res. Milano, divorziato,
notaio, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
49./ FRISCHMANN Sigismondo fu
Samuele e Giulia Bischitz, nato a Odenburg il 17/3/1894, res. Milano,
divorziato, industriale, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
50./ FÜRST Kurt di Adolfo e
Grete Fischer, nato a Vienna il 29/1/1912, res. Genova, coniugato, musicista,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
51./ GOGG Alois di Giovanni e
di Caterina Birchbauer, nato a Graz (Austria) il 30/5/1910, violinista, res.
Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
52./ GOTTLIEB dott. Alessandro
fu Maurizio e Berta Schächter nato a M. Sziget il 12/2/1904, res. Padova,
celibe, dentista, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)
53./ GRABKOWICZ dott. Hans fu
Alois e Anna Plessner, nato a Vienna il 31/12/1894, res. Milano, celibe,
dentista, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
54./ GRANER dott. Ugo fu max e
Anna Stern, nato a Budapest il 10/3/1894, res. Milano, coniugato, medico, ebreo
tedesco, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)
55./ GROSSMANN Ottone fu
Enrico e Giovanna Graner, nato a Vienna, il 14/1/1894, alberghiere, res.
Abbazia, celibe, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
56./ GRUBER Ignazio fu
Leopoldo e Giulia Noteles, nato a Vienna il 7/2/1898, res. Genova, coniugato,
impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
57./ GRÜNBERGER Sigismondo fi
Giuseppe e fu Mendel Giulia, nato a Budweis il 21/3/1881, rappresentante,
coniugato, res. Fiume, ebreo Slovacco, arr. 20/7/40
58./ GRÜNSPECHT dott. Davide
fu Michele e fu Rosa Rindsberg, nato a Wüstensachsen il 15/7/1884, res. Milano,
celibe, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
59./ GUMBINSKI Arturo fu
Bernardo e Giannette Hartstein, anto a Glauchau il 16/1/1890, res. Milano,
coniugato, impiegato bancario, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
60./ GÜNSBERGER Bertoldo di
Leopoldo e di Paola Fürth, nato a Praga il 23/2/1901, res. Fiume, coniugato,
commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
61./ GÜRTLER Prof. Dott.
Hermann di Adolfo e di Hein Erwinia, anto a Bial (Polonia) il 26/10/1887,
suddito polacco, res. Canobbio (Novara), professore di conservatorio, arr.
26/7/40 (NON SUSSIDIATO)
62./ GUTTMANN Richard di Carlo
e Lotti Reismann, nato a Vienna il 2/3/1894, cameriere, res. Genova, ebreo
apolide, arr. 1/9740
63./ HAUSER Jacob di Hersch e
Golda Stube, nato a Rava (Polonia) il 10/5/1894, cameriere, res. Genova, abreo
apolide, arr. 1/9/40
64./ HEIMANN Hans Ludovico di
Sigismondo e di Elena Weiss, nato a Vienna il 28/5/1921, studente, res. Nervi,
celibe, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
65./ HEIMANN Sigismondo fu
Lodovico e Jglauer Janni, nato a Veszprém (Ungheria) il 1/9/1880, cappellaio,
coniugato, res. Nervi, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
66./ HERTZ Ignazio fu Wolf e
Salomea Moskowitz, nato a Tschenstochau il 25/12/ 1882, res. Genova, coniugato,
speditore, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
67./ HIRSCH Enrico fu Giacobbe
e Vittoria Jäger, nato a Leipzig il 6/9/1885, res. Genova, coniugato,
impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
68./ HIRSCHEL Hermann fu
Ernesto e Johanna Guttmann, nato a Vienna il 15/1/1908, res. Genova, coniugato,
commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
69./ HIRSCHLER Leopoldo fu
Enrico e Regina Weiss nato a Vienna il 15/1/1908, res. Genova, celibe,
impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
70./ HÖFLER Samuele fu Leiser
e mari Springer, nato a Przemysl il 5/11/1890, res. Genova, coniugato, privato,
ebreo tedesco, arr. 1/9/40
71./ HÖNIGSBERG Giuseppe fu
Antonio e Caterina Breuer, nato a Vienna il 22/8/1891, res. genova, coniugato,
tappezziere, ebreo tedesco, arr. 1/9/40
72./ JANKELOWITZ Giuseppe fu
Maurizio e Rubinstein Lucia, nato a Neustadt (Lituania) il 10/2/1872,
industriale, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 11/9/40
73./ LIBSKER Maurizio di Wolf
e di Berta Eichorn, nato a Stoccarda il 25/9/1914, res. Milano, celibe,
rappresentante, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)
74./ MÜLLER Salomone fu
Ignazio e fu Fuchs Giovanna, nato a Galanta (Ungheria) il 12/12/1880, celibe,
rappresentante, res. Fiume, ebreo slovacco, arr. 20/7/40
75./ MÜNZ Giulio di Carlo e di
Bondi Ella, nato a Harasdovice il 22/6/1907, celibe, commerciante, res.
Abbazia, ebreo slovacco, arr. 20/7/40
76./ PORAS Leopoldo di Isidoro
e fu Goldstein Giuseppe, nato a Fiume, il 1/2/1888 viaggiatore, celibe, res.
Fiume, ebreo polacco, arr. 20/7/40.
77./ ROSENZWAIG Aron fu Elias
e Malko Bruin, nato a Zgierz il 24/5/1881, res. Milano, coniugato,
commerciante, ebreo polacco, arr. 1/9/40
78./ SCHWEITZER Dott. Paolo di
Arturo e di Baruch Anna, nato a Fiume il 10/6/1909, procuratore legale, res.
Fiume, celibe, ebreo apolide, arr. 26/7/40 (NON SUSSIDIATO)
Il DIRETTORE
dei campi di concentramento
(Dott. Lillo Vito Carlo)
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 137.
28.
Teramo 12 luglio 1942 XX
R. PREFETTURA DI TERAMO
DIVISIONE P.S. ROT. N. 5338
ALLEGATI N. 1
OGGETTO: Zingari provenienti
da Lubiana
1°) - HUDOROVIC Giovanni fu
Paolo e Hudorovic Caterina, nato a Fragomelj 18/41892, pertinente a Smarje e
figlia;
2°) - Anita di Giovanni e fu
Anica Brajdic, nata a Postumia di anni 8;
3°) - HUDOROVIC Francesco di
Ignoto ed Anna Hudorovic, nato a Crn Lac nel 1910, pertinente a Studenec,
moglie;
4°) - Francesca di Luigi e
Maria Hudorovic di anni 26, figli:
5°) - Ida, nata a Homas di
anni 9;
6°) - Frida, nata a Homas di
anni 6;
7°) - Peppino, nato a Cocevje,
di anni 8;
8°) - Silvestro, nato a
Tomisler di mesi 5;
9°) - Carlo, nato a Nomenda di
anni 3;
10°) - HUDOROVIC - Giovanni fu
Antonio e Hudorovic Caterina, nato a Oselic il 27.11.1893, pertinente a Bloska
Polica 18;
11°) - " Dora di Giorgio
e Maria Hudorovic, nata a Vrhnika nel 1903; pertinente a Stari Trg (convivente
con il predetto) figli:
12°) - " Lorenzo, nato a
Sranja 3.5.1925;
13°) - " Milan, nato
Vrhnika il 10.10.1927;
14°) - " Nazi, Turjak di
anni 11;
15°) - " Albina, nata S.
Vid di anni 9;
16°) - " Giuseppe, nato a
Siska di anni 6;
17°) - " Dora, nata
Horjul di anni 6;
18°) - " Atonio, nato a
Log di anni 1 e 6 mesi;
19°) - " Antonio, di
Francesco di Josefa Hudorovic, nato Hrosuplje 28.10.1914;
20°) - " Carlo di Giorgio
e di aria Hudorovic, nato Grosuplje di anni 14;
21°) - " Ivana di
Giuseppe e Anna Hudorovic, nata Zuzemberg di anni 21;
22°) - LEVAKOVIC Rodolfo di
Giovanni e Levakovic carolina, nato Vana-Iska il 14.5.1986;
23°) - HUDOROVIC Anna in
Levakovic di Luca e di N.N. nata Vrhnika 18.7.1900 figli:
24°) - LEVAKOVIC Giuseppe,
nato Vic 19.9.1935;
25°) - " Amalia, nata
Tacen 6.6.1933;
26°) - " Luigi, nato
Vgjzach 15.5.1938;
27°) - " Miroslavo, nato
Stranzkovic 28.11.1928;
28°) - " Luigia, nata
Smarje 25.4.1940;
29°) - " Vida, nata a
Granbuco 25.3.1942;
30°) - " Elena, nata
Suelarie di anni 10;
31°) - " Lojska, nata
Brezovica di anni 6;
32°) - " Mirko, nato
Tresic di anni 11;
33°) - " Maria, nata
Vrhnika di anni 22,
34°) - " Miska di padre
ignoto, anni 10 (figlia della precedente);
35°) - " Neva di padre
ignoto, anni 6.
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.
29.
DER BEFEHLSHABER der SICHERHEITS- Bologna, 20.12.1943
POLIZEI UND DES S.D. IN ITALIEN via F. Albergati, 6
-Aussenkommando Bologna-
Tgb;: Nr. IV - 38/43
An den
Herrn Questore
in Modena.
OGGETTO: Trasferimento del decreto legge italiana
del 30.11.1943.
Gli ebrei arrestati devono
essere trasferiti alla polizia di sicurezza Comando Bologna.
DESCRIZIONE: La legge italiana del 30.11.1943 prevede
che tutti gli ebrei che devono essere arrestati per qualsiasi motivo devono
essere messi a mia disposizione semprechè esistino le seguenti condizioni:
1°) L’arrestato ebreo deve
essere di pura razza ebraica: questo vuol dire che deve avere minimo tre
generazioni di pura razza ebraica. Gli ebrei che sono stati riconosciuti ariani
dalle attuali leggi italiane, non ostante queste, devono essere
arrestati, qualora dalle leggi tedesche siano riconosciuti ebrei.
2°) L’arrestato ebreo deve
essere sposato con una donna ebraica, non deve aver sposato un’ariana.
3°) Gli ebrei con la
nazionalità di Spagna, Portogallo, Svizzera, Romania, Svezia, Finlandia,
Turchia e Argentina non devono essere sottoposti alla mia competenza. Di loro
mi occorre soltanto un elemento nominativo contenente la data di nascita, il
luogo di nascita l’indirizzo esatto.
Tutti gli appartenenti a razza
ebraica i quali sono stati arrestati per reati politici devono passare alla mia
competenza anche se, come al paragrafo 3, nell’azione contro gli ebrei essi non
avrebbero dovuto essere arrestati. In questo caso vale per essere arrestato la
legge comune di polizia.
4°) Tutti gli ebrei sottoposti
alla mia competenza, hanno diritto di portare seco indumenti di lana (non
superiore s Kg. 15) e il completo ammontare del denaro liquido ed
oggetti di valore.
Di tutti gli arrestati che
dovranno passare a mia disposizione farmi prima pervenire elenco nominativo
indicando il reato salvo a ricevere mie disposizioni circa la consegna degli
arrestati medesimi.
Infine vi faccio osservare
che le requisizioni dei patrimoni degli ebrei di nazionalità nemica verranno
esclusivamente fatti da parte mia.
Se dovesse esservi qualche
dubbio sul trattamento degli ebrei prego Questura di mandarmi l’incaricato per
ricevere dettagliate informazioni.
IL COMANDANTE S.S.
(F/to illeggibile)
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A5G II° Guerra Mondiale, B. 437.
30.
MINISTERO DELL’INTERNO
DIREZIONE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA
URGENTE Maderno, lì 16 marzo 1944 XXII
n° 555/124
A TUTTI I CAPI PROVINCIA
DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
L’Ufficio Centrale del Reich
per la Sicurezza, in accordo con l’O.K.W., ha ordinato l’internamento in campi
tedeschi di concentramento dei cittadini di Stati nemici residenti in Italia,
emanando a tale scopo le seguenti direttive:
1°) sono passibili di
internamento uomini da 16 a 65 anni e donne da 18 a 60 anni salvo il caso che
non siano in condizioni di essere trasportati o internati. Le famiglie di cui
alcuni membri debbano essere internati, se i congiunti non si vogliono
dividere, vengono internate globalmente anche quando i rimanenti membri non
fossero per se stessi soggetti all’internamento. Tuttavia le madri che vivono
solo con i loro figli devono essere escluse dall’internamento, salvo il caso in
cui vi ostino speciali ragioni in contrario. Lo stesso vale in generale per
"Volksdeutsche" (elementi di razza tedesca).
Vanno soggetti
all’internamento i cittadini inglesi (compresi quelli dei domini, ecc.) i
cittadini statunitensi, (non ancora i cittadini degli Stati del Centro e Sud
America), nonché i cittadini sovietici.
Non sono più soggetti
all’internamento. belgi, olandesi, francesi, ed ex polacchi. Parimenti non sono
da internare norvegesi, greci, e cittadini ex jugoslavi.
2°) Per quanto riguarda i
cittadini che devono essere internati è da seguire il criterio generale che per
principio devono essere assolutamente esclusi dall’internamento:
- a) elementi di razza tedesca
("Volksdoutsche") di ineccepibile condotta;
- b) persone animate da indubbi sentimenti
amichevoli per la Germania;
- c) gli indispensabili per ragioni di lavoro ed
altre necessità di ordine economico;
- d) indiani, cittadini egiziani, nonchè tutti i
pertinenti di razza araba di Colonie, Protettorati e territori sotto mandato
inglese;
- e) cittadini di Stati nemici di stirpe italiana
se l’internamento non sia desiderabile per motivi politici di sicurezza.
Si prega di voler provvedere
in conformità, dando corso alle richieste degli uffici tedeschi per
l’esecuzione degli internamenti.
IL CAPO DELLA POLIZIA
F/to illeggibile
ACS, Ministero dell’Interno,
Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 72.
Da:
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