Pagine

17 gennaio 2023

Costantino Di Sante, Dall’internamento alla deportazione. I campi di concentramento in Abruzzo (1940-1944).

Costantino Di Sante

Dall’internamento alla deportazione

I campi di concentramento in Abruzzo (1940-1944)

 

Indice

Introduzione 

I. L’internamento 

  • 1.1. Le prime disposizioni del regime fascista
  • 1.2. Il primo campo di concentramento
  • 1.3. L’applicazione delle norme di sicurezza
  • 1.4. Le disposizioni contro gli ebrei
  • 1.5. L’internamento nell’organizzazione della nazione alla guerra
  • 1.6. L’internamento e le altre forme di repressione
  • 1.7. Prescrizioni per i campi di concentramento
  • 1.8. I primi internati
  • 1.9. Categorie di internati
  • 1.10. I campi di concentramento in Italia

II. Abruzzo regione d’internamento 

  • 2.1. Località di internamento e campi di concentramento in Abruzzo
  • 2.2. L’istituzione dei campi di concentramento
  • 2.3. Casoli, il campo per gli ebrei
  • 2.4. Il campo di concentramento nell’asilo infantile "Principessa di Piemonte" a Chieti
  • 2.5. Il campo per gli italiani "pericolosi" di Istonio Marina (Vasto)
  • 2.6. Il campo di smistamento di Lama dei Peligni
  • 2.7. Il campo femminile di Lanciano
  • 2.8. Tollo, il campo per i comunisti Jugoslavi
  • 2.9. L’unico campo in provincia di Pescara a Città S.Angelo.
  • 2.10. Il campo di concentramento nella città fortezza di Civitella del Tronto
  • 2.11. Il campo di concentramento nella Badia Celestina di Corropoli
  • 2.12. I cinesi internati nella Basilica di S.Gabriele a Isola del Gran Sasso
  • 2.13. I campo di concentramento di Nereto
  • 2.14. I campo di concentramento di Notaresco
  • 2.15. I campi di concentramento di Tortoreto Stazione (Alba Adriatica) e Tortoreto Alto
  • 2.16. Gli zingari internati nel campo di concentramento di Tossicia

III. La gestione e la vita nei campi di concentramento

  • 3.1. Direzione e vigilanza dei campi di concentramento
  • 3.2. L’alimentazione
  • 3.3. Sussidi e assistenza
  • 3.4. Condizioni igieniche e sanitarie
  • 3.5. Corrispondenze Postali
  • 3.6. Lavoro e tempo libero
  • 3.7. Sovraffollamento e spostamenti

IV. L’occupazione tedesca 

  • 4.1. Gli internati e i campi di concentramento durante i quarantacinque giorni
  • 4.2. I campi di concentramento dopo l’8 settembre
  • 4.3. La persecuzione degli ebrei e le "anticamere dello sterminio"
  • 4.4. L’occupazione tedesca, gli internati e i campi di concentramento abruzzesi
  • 4.5. Il Konzentrationlager di Teramo
  • 4.6. Il contributo alla resistenza degli internati
  • 4.7. Dalla deportazione alla liberazione

Appendice

Bibliografia (non fornita dall'Autore)

 

Introduzione: nell’introduzione si chiarisce il significato dell’internamento e dei campi di concentramento fascisti e gli obiettivi che la tesi vuole raggiungere.

Capitolo I: il primo capitolo è una ricostruzione storico-giuridica dell’internamento. Nel primo paragrafo si analizza la fase organizzativa, prima dell’entrata in guerra dell’Italia, riportando le principali normative che disciplinarono l’apertura dei campi di concentramento. Nel secondo paragrafo si prende in considerazione le due forme di internamento attuate dal regime fascista e di come vennero applicate in Abruzzo.

Capitolo II: nel primo paragrafo viene riportata una cartina dei campi di concentramento in Abruzzo e per ogni campo la prassi seguita per la sua istituzione e le opere realizzate per renderlo operativo.

Il secondo paragrafo è costituito prevalentemente dagli elenchi degli internati nei singoli campi abruzzesi distinti per nazionalità, sesso, data dell’internamento e dove è riportato il motivo dell’internamento.

Capitolo III: in questo capitolo si riportano le varie condizioni di vita degli internati nei campi abruzzesi e come erano gestiti.

Il primo paragrafo oltre a riportare un elenco dei vari direttori dei campi definisce anche le loro competenze, lo stipendio che ricevevano, le rimozioni e dove ci sono i verbali delle ispezioni ministeriali e della Croce Rossa Italiana.

Nel secondo paragrafo vengono riportate le condizioni di vita degli internati, gli episodi di carenza alimentare e igienica e le restrizioni alle quali erano sottoposti.

Il terzo paragrafo ricostruisce, oltre ai vari casi di evasione avvenuti nei campi di concentramento abruzzesi, anche i trasferimenti di internati per motivi di sovraffollamento e quelli rimessi in libertà per l’atto di clemenza di Mussolini nell’ottobre del 1942 per il ventennale della marcia su Roma.

Capitolo IV: nel primo paragrafo viene riportata la situazione dei campi abruzzesi, ancora funzionanti, durante l’occupazione tedesca.

Il secondo paragrafo è dedicato all’ultimo campo di concentramento istituito in Abruzzo e alle differenze che lo contraddistinsero rispetto agli altri campi.

Nel terzo paragrafo viene riportato l’elenco degli internati del campo di Teramo con il motivo del loro internamento e la situazione igienico sanitaria del campo.

Nel quarto paragrafo, le ultime disposizioni prese nei confronti degli internati e quando e come avvenne la liberazione dei campi nella primavera del 1944.

Conclusioni

Nell’appendice vengono riportati alcuni documenti che riguardano i campi di concentramento abruzzesi.

La bibliografia oltre a riportare i testi di riferimento conterrà un indice analitico dei vari fondi dell’Archivio Centrale dello Stato sull’internamento.

 "l’internamento degli ebrei

rappresentò la premessa

organizzativa essenziale

per la deportazione del 1944"

LUTZ KLINKHAMMER


INTRODUZIONE

L’internamento, secondo il diritto internazionale, è una misura restrittiva della libertà personale, che tutti gli Stati hanno il potere di applicare in caso di guerra. Non essendo regolato da particolari accordi, ci si attiene alla convenzione sul trattamento dei prigionieri di guerra siglato a Ginevra nel 1929.

La sua applicazione prevede l’allontanamento di cittadini di Stati nemici o anche dei propri, dalle zone di guerra all’interno dello Stato in località militarmente meno importanti. In questo modo si facilitano i controlli e la sorveglianza nei confronti di quelle categorie ritenute pericolose durante le operazioni belliche.

L’internamento di civili venne utilizzato, per la prima volta, durante la seconda guerra boera (1900-1902), da lord Kitchener, che rinchiuse in campi di concentramento i familiari dei Boeri per fiaccarne la resistenza. Nella prima guerra mondiale, quasi tutte le nazioni internarono la popolazione civile sospetta, ma è nella seconda guerra mondiale che l’internamento venne ampiamente utilizzato, soprattutto dagli Stati totalitari, come un mezzo per eliminare tutti coloro che, per motivi di razza o di fede politica, erano ritenuti pericolosi.

Il regime fascista predispose due forme d’internamento quello "libero", cioè in comuni diversi dalla residenza abituale, e quello nei campi di concentramento.

L’internamento venne utilizzato anche come mezzo per annientare gli avversari politici, diventando, insieme a quelli già utilizzati, come la diffida, l’ammonizione, il confino e il tribunale speciale, un altro strumento di repressione del regime fascista.

Il ministero dell’Interno diresse la fase organizzativa mantenendo una stretta corrispondenza con i Prefetti che indicarono i luoghi adatti all’istituzione dei campi e i comuni per il soggiorno coatto. Prevalentemente vennero scelte località dell’Italia centro meridionale, perché erano ritenute militarmente meno importanti e quindi difficilmente interessate dagli eventi bellici. Nella scelta del luogo influirono anche altri elementi, come: l’impervietà dei luoghi, la scarsa concentrazione abitativa e la minore politicizzazione della popolazione.

L’Abruzzo, le Marche e il Molise rappresentavano le regioni, che, più delle altre, avevano queste caratteristiche. Infatti, dei circa 40 campi istituiti nei primi mesi di guerra, ben 22 si trovavano in queste regioni e numerose erano le località per l’internamento "libero".

Per i campi vennero utilizzati edifici già esistenti, di proprietà demaniale o, in mancanza di essi, presi in affitto, come, ad esempio, ville, capannoni, fattorie, castelli disabitati, conventi, scuole, ex carceri e caserme. Gli internati "liberi" vennero invece sistemati in pensioni o in camere ammobiliate.

Il 1° giugno 1940 il ministero dell’Interno inviò alle prefetture una circolare telegrafica che riassumeva le norme sull’internamento: "Appena dichiarato lo stato di guerra, dovranno essere arrestate e tradotte in carcere le persone pericolosissime sia italiane che straniere di qualsiasi razza, capaci di turbare l’ordine pubblico e commettere sabotaggi o attentati, nonché le persone italiane e straniere segnalate dai centri di controspionaggio per l’immediato internamento".

Con l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, ci furono i primi arresti, e nei giorni successivi i trasferimenti nelle località d’internamento.

La maggior parte degli internati nei campi era rappresentata da irredentisti slavi della Venezia Giulia e dell’Istria, da ebrei, in prevalenza tedeschi, da polacchi, jugoslavi, greci, inglesi, indiani, libici, cinesi, da apolidi, da zingari di nazionalità slava e, per finire, dagli antifascisti italiani.

Le loro condizioni furono diverse a seconda della dislocazione dei campi, dell’atteggiamento dei direttori e dei rapporti con la popolazione locale.

Solo da pochi anni sono stati fatti studi sull’internamento e solo per alcuni campi di concentramento sono state condotte ricerche specifiche. Mentre dei lager tedeschi si conosce quasi tutto, riguardo ai campi di concentramento italiani ancora non si riesce a stabilire quanti erano, come erano organizzati, dove erano situati, chi vi era internato e quali erano le loro condizioni di vita.

I motivi di questa dimenticanza storica sono da attribuire, oltre che alla confusione e alla labilità delle fonti, al fatto che gli storici hanno ritenuto di poco conto l’approfondimento di questa forma di repressione del regime fascista, perché l’internamento è stato, generalmente, considerato come una conseguenza delle misure legislative di uno Stato in guerra. Eppure furono decine di migliaia gli internati e per circa 20.000 di essi è conservato un fascicolo personale nell’Archivio Centrale dello Stato.

Oggetto della presente ricerca sono i campi di concentramento in Abruzzo durante la seconda guerra mondiale e il loro ruolo nell’ambito della politica dell’internamento attuata dal regime fascista e dalla Repubblica Sociale Italiana. Viene analizzata, inoltre, la vita degli internati all’interno dei campi fino alla loro deportazione durante l’occupazione tedesca.

Se si esclude una documentazione di base fornita da Italia Iacoponi, per alcuni dei campi della provincia di Teramo, questa rappresenta la prima ricerca che analizza i campi di concentramento presenti nell’intera regione. Ricerca che si è basata prevalentemente sulla documentazione dell’Archivio Centrale dello Stato, e che ha permesso di approfondire il quadro complessivo dell’internamento in Abruzzo.

Ringrazio Paola e Lucia per i loro preziosi suggerimenti, Renata, Rika e Lorenzo per il loro supporto tecnico, mia madre per avermi dato la possibilità di studiare e il compagno Giampiero con il quale ho condiviso gran parte della mia esperienza universitaria.

 

Capitolo I

L’INTERNAMENTO

Attraverso l’internamento civile, come già accennato, in caso di guerra, tutte le nazioni controllano i cittadini dei paesi nemici presenti sul proprio territorio e determinate categorie di connazionali. In questo modo, nell’interesse della sicurezza militare e di quella interna, prevengono azioni di sabotaggio, spionaggio e la diffusione di propaganda politica sgradita.

La prima applicazione di questo provvedimento, in Italia, avvenne durante la prima guerra mondiale, nei confronti dei sudditi austroungarici che furono internati in Sardegna. Il medesimo provvedimento fu adottato anche per gli italiani sospettati di spionaggio o schedati dalla polizia (anarchici, socialisti rivoluzionari e antimilitaristi) o accusati di propaganda antipatriottica. L’internamento, allora, non consisteva nella restrizione in un campo di concentramento, ma nell’obbligo di soggiornare in determinate località lontane dalle zone di guerra.

Con l’avvento del fascismo, l’istituto dell’internamento venne perfezionato e le norme che lo regolamentavano aggiornate. La parte maggiormente ampliata, fu quella che prevedeva l’applicazione nei confronti di cittadini italiani pericolosi per il regime. La sua applicazione, dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, venne realizzata, non in base a leggi organiche, ma unicamente in base a semplici note e circolari, rendendo l’internamento un altro mezzo dell’apparato repressivo fascista.

 

1.1. Le prime disposizioni del regime fascista.

L’8 giugno 1925, con l’approvazione del piano di mobilitazione generale, da adottarsi in Italia in caso di guerra, vennero introdotte le prime disposizioni di carattere interno per regolare l’applicazione dell’internamento.

Ma fu tra il 1930 e il 1940 che si definì una normativa precisa sull’argomento. Nel 1930 il ministero della guerra iniziò il lavoro preparatorio dei provvedimenti da adottarsi nei confronti di italiani e stranieri ritenuti pericolosi nelle contingenze belliche.

Il 6 marzo 1932, con nota n. 442/2401, venne emanata, da parte del ministero dell’Interno, la circolare relativa ai "servizi straordinari di vigilanza e prevenzione"; questa rimase il punto di riferimento per tutte le misure di vigilanza che sarebbero state adottate negli anni successivi e durante la guerra. Nell’ottobre del 1935, furono definiti i provvedimenti circa l’internamento. Venne istituito lo "Schedario M", che comprendeva: schede di colore diverso per gli italiani e gli stranieri, la scheda personale, la cartella personale, la cartella biografica, il fascicolo personale e una rubrica alfabetica degli agenti italiani o stranieri accertati, sospetti o presunti di spionaggio. In ogni prefettura era attivato il servizio schedario con i nomi delle persone da arrestare in caso di guerra e le questure avevano il compito di aggiornarli e di tenere sotto controllo tutte le categorie di persone "sospette in linea politica". Il coordinamento del servizio schedario veniva gestito dal Ministero dell’Interno e faceva capo al Casellario politico centrale.

Il 21 gennaio 1936, in una circolare diretta a tutti i prefetti e al questore di Roma, il ministero dell’Interno sollecitava:

la regolarizzazione degli elenchi delle persone da arrestare in determinate contingenze[...]. Si assicurino che i citati elenchi siano tenuti sempre aggiornati, in modo che si possa in qualunque evenienza, provvedere senza alcun indugio, nei confronti degli individui di che trattasi.

Erano da considerarsi pericolosi: italiani e stranieri agenti accertati e sospetti di spionaggio, italiani e stranieri indiziati come agenti internazionali di spionaggio o provocatori al servizio di altre nazioni e infine italiani e stranieri ritenuti capaci di esercitare propaganda anti-italiana o comunque di arrecare danno alle forze armate.

Le persone che rientravano in queste categorie potevano essere arrestate o internate e per gli stranieri era prevista, inoltre, l’espulsione.

1.2. Il primo campo di concentramento.

Per quanto riguarda l’allestimento dei campi di concentramento, fin dal 1933-1934 la direzione di Pubblica Sicurezza aveva dato l’incarico all’ispettore di PS, Ercole Conti, di ricercare delle località adatte.

L’ispettore Conti, tramite una fitta corrispondenza con prefetti e questori, prevalentemente nell’Italia centrale e meridionale, cercò di individuare luoghi idonei per dislocare i campi di concentramento.

I prefetti dovevano segnalare, fin dove era possibile, località in cui erano presenti edifici da poter utilizzare ai fini dell’internamento: capannoni, castelli e ville disabitate, ex carceri e caserme, conventi, fattorie ecc. di proprietà demaniale o altrimenti, da prendere in affitto. Si richiedeva, anche, di individuare e segnalare comuni nei quali potessero andare a stabilirsi i soggetti destinati all’internamento "libero". La scelta delle località si basava su determinate prerogative: la scarsa concentrazione abitativa, la minore politicizzazione degli abitanti, la poca importanza dal punto di vista militare e la lontananza dalle principali vie di comunicazione.

Nel maggio del 1936, il ministero della Guerra stabilì, in una nota della circolare n. 441/0407, un ulteriore aggiornamento sui criteri per l’istituzione dei campi di concentramento e su quali elementi internare. In particolare si prevedeva:

1) che le località da adibirsi a campi di concentramento per gli individui in oggetto dovessero essere preferibilmente scelte nelle provincie di Perugia, Macerata, Ascoli Piceno, Aquila, Avellino;

2) che fosse preferibile e sufficiente provvedere, almeno per il momento, che la costituzione di un numero limitato di campi (complessivamente tre) nei quali concentrare: a) i sospetti politici già confinati; b) i sospetti politici "da fermare"; c) gli elementi di accertata attività informativa militare. Proponeva inoltre che ogni campo ospitasse al massimo mille, mille e cinquecento persone e che l’alloggiamento non fosse difficoltoso.

I lavori per la costituzione del primo campo iniziarono, nel 1938, a Pisticci in provincia di Matera, dove furono inviati dei confinati politici per bonificare il territorio.

1.3. L’applicazione delle norme di sicurezza.

In occasione del viaggio di Hitler in Italia, 3-9 maggio, 1938, vennero applicate le disposizioni di sicurezza e di controllo predisposte negli anni precedenti. Numerosi stranieri, soprattutto ebrei tedeschi, austriaci e polacchi emigrati in Italia dopo il 1933, furono arrestati o sorvegliati dalla polizia italiana con la collaborazione della Gestapo.

Due mesi dopo, con regio decreto, 8 luglio 1938, vennero promulgate le norme che disciplinavano l’applicazione dell’internamento nei confronti degli stranieri presenti in Italia e, all’art. 284, prevedeva che "il Ministero dell’Interno, con suo decreto può disporre l’internamento dei sudditi nemici atti a portare le armi o che comunque possano svolgere attività dannosa per lo Stato" .

Prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, furono infine emanate le disposizioni che riguardavano i "provvedimenti da adottarsi nei confronti degli stranieri in previsione eventuale stato di emergenza" , e istituite cinque zone per l’internamento, rette da ispettori di P.S..

1.4. Le disposizioni contro gli ebrei.

Nello stesso periodo, settembre 1939, si predisposero, per quanto riguarda l’internamento, i primi "provvedimenti da adottare nei confronti di elementi ebraici" ,

Il 20 maggio 1940, con un telegramma n. 443/35615, del ministero dell’interno ai prefetti, si ebbe il primo provvedimento nei confronti degli ebrei stranieri.

Il 26 maggio, in una corrispondenza tra il ministero dell’Interno con il ministero degli Affari Esteri, si proponeva che "gli ebrei stranieri residenti in Italia o precisamente quelli che vi sono venuti con pretesti, inganno o mezzi illeciti, dovessero essere considerati appartenenti a Stati nemici". La richiesta venne accolta dal ministero degli Affari Esteri, ma con l’esclusione, per evitare complicazioni diplomatiche, degli ebrei appartenenti a stati neutrali.

Con l’attuazione di queste direttive, anche gli ebrei stranieri appartenenti ai paesi dell’Asse (Roma - Berlino), che negli anni precedenti, avevano trovato rifugio in Italia dalla politica razziale attuata dai tedeschi, venivano sottoposti alle misure di internamento, modificando il principio, previsto fino a quel momento, secondo il quale l’internamento avrebbe dovuto comprendere soltanto gli ebrei appartenenti a stati nemici.

Così l’internamento, che all’origine non era un provvedimento antisemita, entrò a far parte della politica razziale del fascismo. La legislazione razziale, che era stata emanata in Italia nell’autunno del 1938, prevedeva che per gli ebrei stranieri entrati nel regno posteriormente al 1° gennaio 1919 dovessero lasciare il paese entro sei mesi, pena l’espulsione .

Non tutti gli ebrei riuscirono a lasciare l’Italia, e, siccome non c’era nessun provvedimento che bloccasse completamente l’ingresso alla frontiera, ne arrivarono altri dal nord-est Europa.

Quando l’Italia entrò in guerra circa 3.800 ebrei stranieri erano sottoposti a provvedimento di internamento.

Il 26 maggio, in una comunicazione del sottosegretario di stato per l’Interno, Guido Buffarini Guidi, al capo della polizia, Arturo Bocchini, si diceva: "Il DUCE desidera che si preparino dei campi di concentramento anche per gli ebrei, in caso di guerra" .

Verso la fine di maggio, il ministero dell’Interno inviò alle prefetture due circolari in cui si sollecitava l’invio di "elenchi di ebrei italiani pericolosi da internare" .

Il 6 giugno 1940, il ministero dell’Interno inviò un dispaccio telegrafico ai prefetti e al questore di Roma, nel quale si comunicava: "pericolosità ebrei italiani da internare deve essere esaminata anche nei riguardi loro capacità propaganda disfattista et attività spionistica".

Il 15 giugno 1940, il ministero dell’Interno inviò ai prefetti l’ordine di arresto degli ebrei stranieri, nel telegramma si afferma:

Appena vi sarà posto nelle carceri ciò che dovrà ottenersi sollecitando traduzione straordinaria individui già arrestati ai campi di concentramento loro assegnati dovrà procedersi rastrellamento ebrei stranieri appartenenti a Stati che fanno politica razziale. Detti elementi indesiderabili imbevuti di odio verso i regimi totalitari, capaci di qualsiasi azione deleteria per la difesa dello Stato et ordine pubblico vanno tolti subito dalla circolazione. Dovranno pertanto essere arrestati ebrei stranieri tedeschi, ex cecoslovacchi, polacchi, apolidi dall’età di diciotto a settanta anni. Di essi dovrà essere inviato Ministero elenco con generalità per assegnazione campi concentramento. Loro famiglie in attesa di apprestamento appositi campi di concentramento già in allestimento dovranno essere provvisoriamente avviate con foglio di via obbligatorio at capoluoghi di Provincia che mi riservo indicare non appena mi saranno pervenuti elenchi relativi. Ebrei ungheresi et rumeni dovranno essere allontanati dal Regno; nei casi in cui ciò non fosse possibile prego informare questo Ministero per determinazioni.

Il 14 gennaio 1941, in un telegramma di Guido Buffarini, si invitava i prefetti a continuare ad applicare le disposizioni contro gli ebrei, in quanto "ancora una volta hanno dimostrato la loro più ottusa incomprensione di fronte agli eventi politici e storici in corso rivelandosi costituzionalmente avversi ad ogni sentimento nazionale", e, a inviare, celermente, nei campi di concentramento "gli elementi ebraici che più danno luogo a sospetti con i loro sentimenti e la loro condotta".

1.5. L’internamento nell’organizzazione della nazione per la guerra. L’Ufficio Internati.

A pochi giorni dell’entrata in guerra dell’Italia, con legge n. 415 del 21 maggio 1940, veniva resa operativa l’organizzazione della nazione per la guerra e ai prefetti dell’Italia centrale e meridionale, esclusa la Sicilia, veniva comunicato con telegramma n. 442/36838 del 25 maggio 1940:

In caso di emergenza Ministero disporrà internamento in comuni Italia Centrale e Meridionale stranieri et italiani che est necessario allontanare loro residenze. Detti individui nelle nuove sedi vivranno per loro conto con obbligo non allontanarsene et di presentarsi una volta al giorno autorità locali. Ciò premesso pregasi inviare entro cinque giugno prossimo elenchi comuni cui internandi potranno essere assegnati con numero persone che ad ognuno di essi potranno essere inviate. Est opportuno nella scelta di tali comuni prendere accordi con locali centri C.S. .

Il 1° giugno 1940, con circolare n. 442/38954, si emanarono norme sulla procedura da attuare nei confronti delle persone da arrestare ed internare:

Perché non abbiano at verificarsi inconvenienti di sorta et siavi unicità direttive circa persone da arrestare et internare in caso di emergenza ritiensi opportuno impartire seguenti norme:

1) Appena dichiarato lo stato di guerra dovranno essere arrestate et tradotte in carcere le persone pericolosissime sia italiane che straniere di qualsiasi razza, capaci di turbare ordine pubblico aut commettere sabotaggi attentati nonché le persone italiane aut straniere segnalate dai centri C.S. per l’immediato arresto;

2) delle persone arrestate dovranno essere segnalate telegraficamente numero Ministero inviando poi brevi rapporti con indicazioni motivi che hanno provocato il fermo et parere circa opportunità che siano destinati in un isola ovvero in campo di concentramento oppure soltanto in comune di terraferma, tenendo presente che essendo i posti nelle isole limitatissimi le relative proposte dovranno essere ristrette ai casi reale effettiva necessità;

3) per le altre persone dovrà essere provveduto volta per volta che se ne presenti la necessità segnalando i casi con rapporto at questo Ministero per le determinazioni. Raccomandasi vivamente che il servizio di cui trattasi proceda con massimo ordine e senza destare allarmismi in modo da dare la sensazione che ogni provvedimento è diretto a colpire casi isolati di effettiva pericolosità e non è la conseguenza di preoccupazioni di ordine che non possano sussistere dato il clima fascista della Nazione.

In base a questa circolare, l’internamento venne applicato anche come misura preventiva di pubblica sicurezza. Questo fu un modo estensivo di applicare la normativa sull’internamento, andando a colpire persone, non in base alla loro pericolosità durante l’evento bellico, ma perché contrarie al regime. Il 17 settembre 1940, la circolare del 1° giugno, venne convertita in legge, e, nell’art. 1, si stabilì, che i provvedimenti previsti per i sudditi nemici erano applicabili anche alle persone per le quali era prevista l’assegnazione al confino di polizia ai sensi dell’art. 181 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con R.D. l’8 giugno 1931, n. 773.

Nell’ambito della direzione generale della Pubblica Sicurezza, venne istituito l’Ufficio internati diviso in due sezioni separate, una per gli internati civili pericolosi italiani, l’altra per gli stranieri.

L’Ufficio internati era un organo amministrativo con la competenza di adottare i provvedimenti dell’internamento con l’assegnazione al campo di concentramento o alle località d’internamento. Di sua competenza era anche la revoca di tali provvedimenti e la costituzione dei fascicoli personali per gli internati. I fascicoli, per ogni internato, dovevano contenere la sua corrispondenza, le domande di grazia, le concessione dei sussidi, le richieste di autorizzazioni e il carteggio, effettuato con gli organi locali (questure, prefetture, direzioni dei campi di concentramento).

In previsione del conflitto si predisposero elenchi dei sovversivi di I° e II° categoria che comprendevano cinque gruppi: 1) persone pericolosissime; 2) persone pericolose perché capaci di turbare il tranquillo svolgimento di cerimonie; 3) persone pericolose in caso di turbamento dell’ordine pubblico; 4) squilibrati mentali; 5) persone pericolose per delitti comuni.

I fascicoli personali degli italiani sottoposti al provvedimento dell’internamento furono classificati in quattro categorie: A/C (ariani internati in campi di concentramento), A/I (ariani internati in località di internamento), E/C (ebrei internati in campi di concentramento), E/I (ebrei internati in località di internamento).

1.6. L’internamento e le altre forme di repressione.

Le due forme di internamento, in campi di concentramento e in località di internamento (in comuni), erano differenziati, oltre che per i diversi sistemi di controllo e di restrizioni della libertà personale, dai diversi criteri di assegnazione. Nei campi era previsto l’internamento di coloro che erano ritenuti pericolosi, nei comuni gli elementi meno pericolosi, mentre per i sospetti di spionaggio era previsto il confino in località insulare.

L’assegnazione dell’internamento nei comuni per motivi politici, poiché colpiva le stesse persone, era quasi simile al confino di polizia, attuato anche esso in due modi: per i confinati politici, "nei cui confronti concorrono speciali circostanze vagliate di volta in volta", ritenuti i più pericolosi, venivano inviati nelle isole di Favignana, Lampedusa, Lipari, Ponza, Ventotene, Tremiti e Ustica e nei campi "di rigore", e quelli: "non pericolosi dal punto di vista politico strettamente considerato erano assegnati in alcuni comuni delle province meridionali e della Sardegna".

I due istituti sono giuridicamente differenti, anche se numerosi antifascisti che si trovavano al confino vennero trattenuti a fine pena come internati.

Durante la guerra, venne preferibilmente usato l’internamento, per la sua procedura più rapida, pur se la sua applicazione era prevista nei confronti di coloro che avessero recato o tentato di arrecare danno ai particolari interessi della nazione in guerra. Anche gli antifascisti schedati, che avevano già subito la condanna da parte del Tribunale Speciale, o, erano ex confinati, ex ammoniti, ammoniti o semplicemente vecchi militanti di partiti dell’Italia prefascista, vennero internati, sia perché ritenuti capaci, visti i precedenti, di organizzare il malcontento e sia perché irriducibili nel loro antifascismo.

1.7. Prescrizioni per i campi di concentramento.

Il ministero dell’Interno, l’8 giugno 1940, perfezionava il funzionamento dell’internamento inviando ai prefetti e al questore di Roma le prescrizioni per i campi di concentramento e per le località di internamento:

Perché non vi siano incertezze e non abbiano a verificarsi disparità di trattamento si ritiene opportuno impartire le seguenti disposizioni circa i campi di concentramento:

1°) il funzionario di P.S. dirigente e dove non vi è funzionario il podestà, dovrà provvedere, a mano amano che gli internati arrivano, a far impiantare i registri e i fascicoli personali;

2°) il funzionario o chi per esso, dovrà inoltre: a) stabilire il perimetro entro il quale gli internati possono circolare; b) imporre loro, senza però rilasciare speciali carte di permanenza, la prescrizione di non allontanarsi da detto perimetro; per giustificati motivi le autorità locali potranno consentire agli internati di recarsi in determinate località potranno consentire agli internati di recarsi in determinate località dell’abitato. Il permesso di allontanarsi dall’abitato. Il permesso di allontanarsi dall’abitato potrà invece essere concesso soltanto dietro autorizzazione del ministero; c) imporre agli internati un orario con divieto, salvo giustificati motivi o speciali autorizzazioni, di uscire prima dell’alba e di rincasare dopo l’Ave Maria;

3°) dovranno essere fatti tre appelli giornalieri degli internati, al mattino, a mezzogiorno ed alla sera; in caso di constatata assenza dovrà darsene avviso telegraficamente alla Questura competente che provvederà a diramare le ricerche informandone il Ministero;

4°) gli internati potranno consumare i pasti in esercizi o presso famiglie private del posto, dietro autorizzazione delle Autorità locali di cui al n. 1;

5°) gli internati sussidiati potranno riunirsi in mense sia presso esercizi che presso famiglie private, dietro autorità locali di cui al n. 1;

6°) gli internati hanno l’obbligo di serbare buona condotta, non dar luogo a sospetti e mantenere contegno disciplinato. I trasgressori saranno puniti a termine di legge o trasferiti in colonie insulari, secondo quanto deciderà questo Ministero sulle proposte delle Prefetture;

7°) le prescrizioni sopra indicate non possono essere modificate senza l’autorizzazione del Ministero;

8°) agli internati bisognosi sarà corrisposto la diaria di lire 6, 50;

9°) le spese per medicinali comuni per i non abbienti saranno a carico del Ministero. Per l’acquisto di specialità medicinali e per le cure sanitarie non urgenti per le quali sia necessaria l’opera di uno specialista dovrà essere chiesta di volta in volta l’autorizzazione al Ministero;

10°) qualora fossero necessari interventi chirurgici urgenti gli interessati potranno essere ricoverati nell’ospedale più vicino, dandone poi avviso al Ministero per la ratifica;

11°) per le spese relative alla corresponsione degli assegni giornalieri, all’affitto dei locali, alla manutenzione ordinaria e per tutte le altre spese di carattere fisso il Ministero provvederà a creare uno speciale fondo presso ciascuna Prefettura. In un primo tempo ed in attesa che detti accreditamenti siano fatti, i prelevamenti dovranno essere fatti sui fondi in genere. Delle spese sostenute dovrà essere inviato ogni mese dettagliato rendiconto al Ministero per la ratifica;

12°) per le spese di carattere fisso (affitto dei locali, assegni giornalieri, manutenzione ordinarie) per i medicinali comuni per i non abbienti, le Prefetture preleveranno le somme occorrenti dal fondo messo a tale scopo a loro disposizione; per tutte le altre spese, invece, dovranno chiedere di volta in volta l’autorizzazione al Ministero. Le parcelle dei sanitari prima di essere inviate al Ministero per l’autorizzazione al pagamento dovranno essere sottoposte al visto del Medico Provinciale;

13°) per il trasferimento o l’accompagnamento degli internandi ai campi di concentramento e nelle altre località di internamento le spese saranno in un primo tempo a carico delle Prefetture in cui risiede l’internato; dette Prefetture provvederanno poi a chiedere il rimborso delle spese alle Prefetture nella cui giurisdizione si trovano il campo di concentramento o le località di internamento.

Il 25 giugno 1940, a guerra iniziata, si impartirono ulteriori disposizioni, che riguardavano in modo più specifico le prescrizioni nei confronti degli internati.

A queste disposizioni si aggiungeranno, il 4 settembre 1940, quelle relative al trattamento dei sudditi nemici internati, emanate, come era stato stabilito dall’art. 289 dal R.D. dell’8 luglio 1938, da Mussolini. Il decreto si atteneva all’articolo 106, relativo al trattamento dei prigionieri di guerra, e disponeva che gli internati dovevano essere trattati con umanità e protetti contro ogni offesa e violenza; se obbligati a soggiornare in una determinata località e privi di mezzi di sostentamento, avevano diritto ad un alloggio gratuito e a un sussidio giornaliero, potevano convivere con i loro familiari e gli internati ristretti nei campi avevano la possibilità di uscire.

Il 17 settembre 1940, venne emanato il decreto legge n. 2374, che apportava delle modifiche e aggiunte al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931. Quest’ultimo decreto, oltre a ribadire che l’internamento era di giurisdizione del ministero dell’Interno, prevedeva che il trasferimento degli stranieri, da un comune all’altro, doveva essere effettuato entro venti quattro ore.

1.8. I primi internati.

In un appunto del ministero dell’Interno, del 31 maggio 1940, si dichiarava:

si sono già approntati campi di concentramento per 4700 posti; entro i primi giorni del prossimo giugno ne saranno allestiti altri i cui locali sono già stati predisposti. Complessivamente saranno così disponibili campi di concentramento sufficienti per internare 9.400 persone. Per far fronte a ulteriori necessità che in seguito si potranno presentare, si è dato incarico alla ditta Parrini di preparare i preventivi per la costruzione di altri due campi di concentramento a baraccamenti in legno in provincia di Matera e di Cosenza per altri 5.000 internandi complessivamente.

Tutto era pronto affinché, appena dichiarato lo stato di guerra, si potesse procedere nei confronti di quanti ritenuti: "pericolosi nelle contingenze belliche". I primi arresti si ebbero lo stesso 10 giugno 1940, e, due giorni dopo, già 394 persone erano state tradotte in carcere. Gli arresti continuarono nei giorni successivi, e, a fine giugno, raggiunsero le 2.075 unità, che erano così distribuite: italiani 1.104 dei quali 80 ebrei, stranieri 971 dei quali 537 ebrei.

Dopo aver effettuato gli arresti, le questure inviavano gli elenchi delle persone da internare al ministero dell’Interno (Ufficio Internati), proponendo anche la località o il campo di concentramento ai quali assegnarli.

Alle donne e ai bambini veniva dato un limite di tempo per potersi recare alla Prefettura della provincia dove erano stati destinati come "internati liberi

Il periodo passato nelle carceri locali, in attesa di essere internati, per molti sarebbe stato il più duro: si ritrovarono ammassati in celle sovraffollate, sporche, infestate di insetti e senza servizi igienici. Ma, il male peggiore, era l’incertezza sul loro destino. Alcuni temevano l’allontanamento verso la Germania, e solo quando, in piccoli gruppi, su scompartimenti speciali dei treni regolari, vennero trasportati verso sud, si rassicurarono.

Il provvedimento dell’internamento era di esclusiva competenza del ministero dell’Interno su proposta delle prefetture. Tuttavia, decisioni relative all’internamento furono prese anche da altri organismi, quali: l’OVRA territoriale, gli Ispettorati di P.S., la Divisione polizia politica, l’Ispettorato generale, le Ambasciate e i Consolati italiani a Berlino, Amburgo, Danzica, Dresda, la Commissione Emigrazione e Lavoro, i ministeri delle Corporazioni, Guerra, Africa orientale, lo Stato Maggiore della Marina e il Consiglio Superiore della Demografia e Razza (Demorazza).

Oltre a questi, dopo l’occupazione e l’incorporazione dei territori della Jugoslavia, anche le autorità militari utilizzarono l’internamento nei confronti delle popolazioni slave.

1.9. Categorie di internati.

L’internamento colpì, come abbiamo visto, sia quei soggetti ritenuti "pericolosi nelle contingenze belliche", che quelli "pericolosi per il regime".

Tra coloro ritenuti "pericolosi nelle contingenze belliche", all’inizio, c’erano gli stranieri appartenenti a stati nemici (inglesi, francesi e greci, per i quali l’internamento era un normale provvedimento di guerra; ma, più tardi, verranno internati anche stranieri di altre nazionalità: libici, cinesi, indiani, irakeni, russi, statunitensi, jugoslavi, belgi, estoni, lettoni, norvegesi, olandesi, iraniani, egiziani, montenegrini, albanesi, latino americani e apolidi, che, secondo il regime, potevano creare disordini o azioni di sabotaggio.

Il maggior numero di stranieri internati fu costituito da slavi, i quali subirono le condizioni più dure dell’internamento fascista.

Per quanto riguarda gli ebrei stranieri, furono internati, oltre a quelli appartenenti a stati nemici, come gli ebrei polacchi e slavi, anche quelli che facevano parte dell’Asse (ebrei tedeschi e austriaci), in base alle circolari emanate nel maggio-giugno 1940.

Degli ebrei italiani, vennero internati solo quelli ritenuti pericolosi per motivi politici e sociali, poiché l’elemento "razza" non costituiva condizione sufficiente, questo fino al 30 novembre 1943, quando si decise l’internamento di tutti gli ebrei.

L’11 giugno 1940, con una circolare telegrafica ai prefetti, si era deciso l’internamento degli zingari. I primi zingari vennero internati in Sardegna, successivamente, con l’occupazione della Slovenia e della Dalmazia, vennero internati nelle isole Tremiti, ad Agnone (Isernia), Boiano (Campobasso) e a Tossicia (Teramo) .

La categoria degli internati, perché antifascisti, può essere suddivisa in tre sottocategorie: 1) gli antifascisti schedati, inclusi negli elenchi che tutte le questure erano tenute a preparare e a tenere aggiornati. Negli elenchi erano inseriti i nomi delle persone giudicate politicamente pericolose da arrestare in determinate circostanze; 2) gli antifascisti trattenuti a fine pena, che rappresentava la categoria più politicizzata; 3) gli antifascisti in atto, cioè coloro che avevano dato luogo a recenti manifestazioni sporadiche di antifascismo.

Una categoria che subì in modo più blando l’internamento era rappresentata dai lavoratori italiani rimpatriati d’autorità dalla Germania: lavoratori italiani, che, occupati in Germania, si erano resi colpevoli di atti di indisciplina, insubordinazione, o avanzato rivendicazioni economiche, incitato allo sciopero, oppure, si erano rifiutati di ritornare in Germania allo scadere della licenza.

I provvedimenti contro questa categoria vennero presi nell’autunno del 1942, e molti dei colpiti, dopo pochi mesi, vennero liberati perché le stesse autorità fasciste finirono con il riconoscere le ragioni delle loro proteste.

Un altra categoria è rappresentata dagli internati dalle autorità militari durante la guerra con la Jugoslavia nel 1941. I primi a subire il provvedimento furono, nell’aprile del 1941, le popolazioni allogene delle province confinanti con la Jugoslavia. Questo fu un provvedimento momentaneo, revocato poche settimane dopo, con la conclusione della campagna balcanica. Durante l’occupazione della Jugoslavia, le misure di internamento vennero adottate, sempre di più, dalle autorità militari, che le utilizzarono contro gran parte della popolazione locale, sospettata di sostenere la guerra partigiana..

A queste categorie, bisogna aggiungere gli internati per reati comuni, come traffici illeciti, infrazioni annonarie e prostituzione, i quali vennero internati in appositi campi.

1.10. I campi di concentramento istituiti in Italia

Rimane, ancora oggi, difficile stabilire con precisione il numero dei campi di concentramento istituiti in Italia nel corso della II° guerra mondiale. Per poterne fare un elenco differenziato e il più possibile aggiornato, bisogna distinguere i vari periodi in cui i campi vennero istituiti.

I campi di concentramento per l’internamento civile, come si è detto, erano sottoposti alla giurisdizione del Ministero dell’Interno, che, per garantire l’applicazione delle disposizioni prevista per l’internamento, aveva nominato cinque Ispettori Generali di Pubblica sicurezza.

Il loro compito, all’inizio, fu quello di individuare, con l’ausilio delle locali Questure, gli edifici e i luoghi idonei dove ubicare i campi di concentramento; in seguito fu quello di mantenere aggiornato il Ministero, con sopralluoghi e relazioni periodiche sulla situazione nei vari campi e nelle località di internamento. Oltre a questi funzionari, a sovrintendere le zone, dove erano dislocati i campi di concentramento e le località d’internamento, vennero incaricati altri Ispettori Generali, con il compito di compiere ispezioni e di verificare sia l’operato dei vari direttori che quello degli altri Ispettori.

Dei "possibili campi", segnalati nelle relazioni degli Ispettori, ne furono istituiti, nel 1940, circa 40. I campi erano dislocati nelle province centro meridionali e avevano le seguenti caratteristiche:

·         - Fabriano (Ancona), dove vi erano internati italiani maschi, istituito nello stabilimento Sisla e nel collegio Gentile, aveva una capienza di 100 posti ed era diretto da Commissario Paride Castellini;

·         - Civitella della Chiana (Arezzo), dove erano internati sudditi nemici maschi, istituito nella villa Oliveto, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario Amedeo Mascio;

·         - Ariano Irpino (Avellino), dove erano internati italiani maschi: era istituito nelle case antisismiche e nel villino Mazza, aveva una capienza di 130 posti ed era diretto dal Commissario Vito Pirozzi;

·         - Monterforte Irpino (Avellino), dove vi erano internati italiani maschi, era istituito nell’ex orfanotrofio Loffredo, aveva una capienza di 100 posti ed era sottoposto alla giurisdizione del podestà del luogo;

·         - Solofra (Avellino), dove erano internate prostitute straniere. Istituito in un edificio dell’abitato, aveva una capienza di 50 posti ed era diretto da Giuditta Festa;

·         - Alberobello (Bari), dove erano internati, prevalentemente, ebrei stranieri maschi. Istituito nell’ex scuola tecnico agraria Gigante, aveva una capienza di 150 posti ed era diretto dal podestà del luogo;

·         - Gioia del Colle (Bari), dove erano internati ebrei italiani maschi. Istituito nell’ex molino pastificio Pagano, aveva una capienza di 240 posti ed era diretto dal Commissario E. Santini;

·         - Boiano (Campobasso), vi era internata una famiglia di zingari. Istituito nell’ex manifattura dei tabacchi, aveva una capienza di 250 posti ed era diretto dal Commissario Mario Contardi;

·         - Casacalenda (Campobasso), dove erano internate delle donne. Istituito in un palazzo dei coniugi Corradino - Di Blasio, aveva una capienza di 160 posti ed era diretto dal Commissario Giuseppe Martone e dalla direttrice Ezia Calogero;

·         - Vinchiaturo (Campobasso), dove erano internate delle donne, istituito in locali di proprietà privata, aveva una capienza di 60 posti ed era diretto dal podestà del luogo;

·         - Isernia: vi erano internati maschi di varie nazionalità; istituito nell’ex convento delle suore Benedettine detto "Antico Distretto", aveva una capienza di 190 posti ed era diretto dal Commissario Guido Renzoni;

·         - Agnone (Isernia), dove erano internati stranieri maschi di varie nazionalità. Istituito nell’ex convento S. Bernardino, aveva una capienza di 190 posti ed era diretto dal Commissario Giuseppe Cecere e dalla direttrice Amalia Vacalucci;

·         - Ferramonti di Tarsia (Cosenza), dove erano internati prevalentemente ebrei, ed era l’unico predisposto, fin dall’inizio, ad accogliere nuclei familiari. Costruito in capannoni, dalla ditta Parrini Eugenio, provvisto di recinzione e sottoposto ad una sorveglianza particolare, aveva una capienza di 1.500 posti ed era diretto dal Commissario Paolo Salvatore;

·         - Bagno a Ripoli (Firenze), dove erano internati sudditi nemici maschi. Istituito nella villa la Selva e nella villa La Colombaia, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario Pasquale De Pasquale e da Marianna Conti;

·         - Montalbano (Firenze), era predisposto ma non ancora attivo. Istituito nel castello di Montalbano, località Sant’Andrea a Rovezzano aveva una capienza di 60 posti;

·         - Manfredonia (Foggia), dove erano internati maschi di varie nazionalità,. Istituito nel nuovo macello comunale, aveva una capienza di 300 posti ed era diretto dal Commissario Guido Celentano;

·         - Pollenza (Macerata), dove erano internate delle donne. Istituito nella villa Lauri in località S. Lucia, aveva una capienza di 110 posti ed era diretto dal Commissario Nicola Martinez e da Fedora Largarini;

·         - Urbisaglia (Macerata), dove erano internati ebrei maschi, italiani e di varie nazionalità. Istituito nell’Abbadia di Fiastra, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario Paolo Spetia;

·         - Treia (Macerata), dove erano internate delle donne. Istituito nella villa La Quiete detta della Spada, aveva una capienza di 100 posti ed era diretto dal Commissario Carmine Ferrigno e da Luisa Marchesini;

·         - Monterchiarugolo (Parma), dove erano internati sudditi nemici maschi. Istituito nel castello medioevale del dr. Marchi, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario Socrate Addario;

·         - Scipione di Salsomaggiore (Parma), era predisposto ma non ancora attivo. Istituito nel castello in fraz. Scipione, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario Tiberio Pasqualoni;

·         - Colfiorito (Perugia), era predisposto ma non ancora attivo. Istituito in capannoni, aveva una capienza di 200 posti ed era diretto dal Commissario Vincenzo La Torre;

·         - Campagna (Salerno), dove erano internati, prevalentemente, ebrei maschi di varie nazionalità. Istituito nell’ex caserma S. Bartolomeo e nell’ex caserma Concezione, aveva una capienza di 650 posti ed era diretto dal Commissario Eugeni De Paoli..

Oltre ai campi di concentramento di nuova istituzione vennero utilizzate le colonie di confino di Lipari, Ponza, Ventotene, Ustica, S. Domino (Tremiti), Nuoro, Pisticci e Castel del Guido, dove vi si internarono, in prevalenza, italiani ritenuti più pericolosi.

Tra la fine del 1940 e il 1943 alcuni campi precedentemente attivati vennero chiusi, come il campo di Gioia del Colle , di Boiano (Campobasso) e quello di Chieti. Altri campi vennero istituiti come il campo di Sassoferrato (Ancona), Renicci di Anghiari (Arezzo), Fraschette d’Alatri (Frosinone), Farfa Sabina (Rieti), Petriolo (Macerata).

Oltre a questi, dal 1941, vennero istituiti dei campi di concentramento anche dalle autorità militari. Erano dislocati, sia nelle zone di occupazione, Jugoslavia, Albania e nelle isole Greche, che in territorio italiano. Anche alcuni dei campi, che all’inizio erano di giurisdizione del Ministero dell’Interno, nel corso della guerra, passarono sotto la dipendenza dello "Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio prigionieri di guerra".

Negli elenchi mancano i campi abruzzesi, oggetto del prossimo capitolo e, i campi istituiti dopo l’8 settembre che saranno riportati nel IV capitolo.

 

CAPITOLO II

ABRUZZO REGIONE D’INTERNAMENTO

 

2.1. Località d’internamento e campi di concentramento in Abruzzo.

L’Abruzzo, per i luoghi impervi, la scarsa concentrazione abitativa, la minore politicizzazione degli abitanti, la scarsità delle vie di comunicazione e l’assenza di zone militarmente importanti, rappresentava una delle regioni, che, più delle altre, aveva tutti i requisiti richiesti dal Ministero dell’Interno per poter istituire campi di concentramento e località d’internamento.

I Prefetti abruzzesi, dopo i sopralluoghi da parte delle Questure e degli Ispettori Generali di P.S., avevano già inviato, tra l’aprile e il maggio 1940, al Ministero dell’Interno, gli elenchi delle località e degli edifici dove potevano essere sistemati gli internati.

Solo alcuni dei "possibili campi" segnalati, in maggior parte per le difficoltà di allestimento, verranno istituiti. Nonostante ciò, nel corso della II guerra mondiale, in Abruzzo saranno ben 15 i campi attivati e 59 le località d’internamento.

Il 6 giugno 1940, la Prefettura dell’Aquila inviò un elenco dei comuni dove poter assegnare i destinati all’internamento "libero"; essi erano: Alfedena, Ateleta, Campo di Giove, Cappadocia, Castel di Sangro, Ortona dei Marsi, Pereto, Pescasseroli, Pescocostanzo, Pizzoli, Rocca di Mezzo, Villetta Barrea. In queste località vennero internati, per la maggior parte, ebrei italiani, le cui condizioni variarono a seconda del luogo d’internamento.

Quella dell’Aquila sarà la sola provincia abruzzese dove non verranno istituiti campi di concentramento.

L’Ispettore Generale di P.S., Roberto Falcone, trasmise, il 27 aprile 1940, al Ministero dell’Interno, l’elenco dei fabbricati della provincia di Chieti dove potevano essere inviati gli internati:

1) edificio dell’asilo infantile Principessa di Piemonte, di Chieti, di proprietà del comune, con 350 posti;

2) ex scuola nel comune di Casoli con 30 posti, e locali di proprietà dell’Avv. Vincenzo Tilli, con 100 posti;

3) palazzina nel comune di Lanciano , in contrada Cappuccini, di proprietà dell’Avv. Filippo Sorge, con 100 posti;

4) fabbricato nel comune di Fossacesia, di proprietà dei coniugi Majer e Gilda Lotti, con 100 posti;

5) palazzina nel comune di Francavilla al Mare, di proprietà del Cav. Giuseppe Gallo, con 100 posti;

6) fabbricato del comune di Miglianico, di proprietà dei fratelli Tomei, con 120 posti;

7) fabbricato del comune di Tollo, di proprietà del Cav. Giuseppe Foppa Pedretti, con 250 posti;

8) fabbricato nel comune di Lama dei Peligni, di proprietà del Banco di Napoli, con 100 posti;

9) fabbricato nel comune di Lama dei Peligni, di Proprietà della vedova Camilla Borrelli, con 150 posti;

10) fabbricato del comune di Istonio, di proprietà dell’Avv. Oreste Ricci, con 300 posti;

11) fabbricato del comune di Istonio, di proprietà degli eredi Marchesani, con 180 posti;

12) fabbricato nel comune di Casalbordino, di proprietà del sig. Germano Sanese, con 350 posti.

Per quanto riguarda le località d’internamento, nella provincia di Chieti vennero interessati i comuni e le località di Archi, Atessa, Bomba, Bucchianico, Carunchio, Casalbordino, Castelfrentano, Castiglione Messer Marino, Celenza sul Trigno, Cupello, Fara Filiorum Petri, Fresagrandinaria, Gissi, Guardiagrele, Lanciano, Montazzoli, Orsogna, Palena, Paglieta, Quadri, Rapino, Ripa Teatina, Roccaspinalventi, San Buono, Scerni, Toricella Peligna, Villamagna e Villa S. Maria.

Il 1 giugno 1940, l’Ispettore Falcone trasmise al Ministero dell’Interno,l’elenco degli edifici individuati nella provincia di Pescara: il fabbricato di proprietà del comune a Città S. Angelo, con 200 posti disponibili; il fabbricato nel comune di Pescara di proprietà del sig. Flauti di Chieti, con 200 posti; la villa isolata nella fraz. Villanova nel comune di Cepagatti di proprietà della sig.ra Maria Pignatelli, con 120 posti e il locale in fr. Castellana nel comune di Pianella. Le località d’internamento nella provincia di Pescara si trovavano a Collecorvino, Montesilvano Spiaggia e Penne.

L’elenco dei "possibili campi", nella provincia di Teramo, venne inviato il 16 maggio 1940, ed era così composto:

1) fattoria del Prof. Serafino Cerulli in Contrada Montagnola nel comune di Corropoli, con 200 posti;

2) convento Badia, di proprietà del comune di Corropoli in contrada Colli, con 200 posti;

3) fabbricato di proprietà del comune di Civitella del Tronto, con 200 posti;

4) fabbricato della signora Migliorati Vinca in Minuti, nel comune di Civitella del Tronto, con 100 posti;

5) fabbricato del sig. Savini Sisgismondo nel comune di Morrodoro, con 120 posti;

6) fabbricato di proprietà dei Marchesi Mazzarosa De Vincenzi in Notaresco, con 150 posti;

7) stabile del sig. Santoni Silvio nel comune di Nereto, con 100 posti;

8) appartamento al 2° piano nello stabile del sig. Lupini Carmine nel comune di Nereto, con 100 posti;

9) convento di S.Pietro in Atri di proprietà del comune, con posti 150;

10) fabbricato di proprietà dei sigg. De Fabii Giulio e Mattei Francesco nel comune di Tossicia, con 150 posti;

11) fabbricato dell’avv. Mirti Domenico nel comune di Tossicia, con posti 120;

12) grande salone dei padri cappuccini del Santuario di S. Gabriele a Isola del Gran Sasso, con 150 posti;

13) fabbricato ad uso albergo nel comune di Isola del Gran Sasso, amministratore delegato il sig. Gabriele Giovanni, con posti 100;

14) grande fabbricato (villa) nel comune di Tortoreto Stazione, di proprietà del sig. Tonelli Francesco, con 200 posti;

15) fabbricato di proprietà del sig. De Fabritiis Nicola nel comune di Totoreto Paese, con 150 posti.

Le località d’internamento in provincia di Teramo erano individuati nei comuni di: Atri, Bellante, Campli, Castilenti, Castelli, Cerminiano, Crognaleto, Fano Adriano, Penna S. Andrea, Rocca S. Maria, S. Omero e Torricella Sicura.

2.2. L’istituzione dei campi di concentramento.

Dopo aver individuato le località e gli edifici adatti per l’internamento, compito delle Prefetture era quello di acquisire lo stabile. Se era di proprietà privata si doveva stipulare un contratto di locazione con i proprietari. Una volta aquisito l’edificio, si sarebbe dovuto procedere all’occupazione "mezzo arma" dei fabbricati. Questa consisteva, nella creazione di un posto fisso di RR.CC. all’interno del campo oppure, se ciò non era possibile, in un edificio vicino.

Compito dei Prefetti era anche quello di stipulare accordi con le autorità locali per i servizi di approvvigionamento dei viveri per gli internati.

Il casermaggio dei campi era fornito dalle stesse imprese che avevano in appalto il servizio di casermaggio ai carabinieri, agli agenti di P.S. e alle colonie di confino.

Il materiale richiesto era lo stesso di quello previsto per le colonie di confino e per ciascuna persona l’impresa doveva fornire: "branda o letto in ferro con rete metallica o con telo; materasso e guanciale di lana borra con federa; due lenzuola di tela canapina o di cotone; una coperta di lana oppure di cotone per la stagione estiva; due asciugamani di tela; una seggiola, un attaccapanni, un catino di metallo, un comodino di legno, una bottiglia, un bicchiere di vetro o di alluminio". Per molti campi, il materiale venne fornito, dalle imprese, solo dopo alcuni giorni dalla loro apertura e in maniera approssimativa per la mancanza di disponibilità delle forniture richieste.

Per le spese di gestione dei campi di concentramento, su proposta di Mussolini, venne istituito con Regio Decreto, 21 giugno 1940 un apposito "comitato speciale per il controllo sulla gestione amministrativa e sulla contabilità dei campi di concentramento". Compito del "comitato" era quello di decidere le somme di denaro da destinare alle varie Prefetture per le spese di istituzione e di gestione dei campi (spese di: casermaggio, riparazioni degli edifici, acqua, luce, sussidi agli internati e i vari pagamenti al personale di sorveglianza); oltre a ciò, si occupava di verificare i bilanci e la corretta amministrazione da parte dei direttori dei campi. Il "comitato" prelevava i soldi destinati alle Prefetture, per le spese di funzionamento dei campi di concentramento e il mantenimento degli internati, da un apposito fondo istituito con successivo decreto ministeriale 21 agosto 1940.

2.3. Casoli, il campo per gli ebrei.

Il campo di concentramento di Casoli venne attivato il 14 giugno 1940 ed era composto da due edifici: uno di proprietà dell’avv. Vincenzo Tilli con la capienza di 50 posti e l’altro era una ex scuola comunale con 30 posti .

Nella relazione dell’Ispettore Falcone sui "possibili campi" in provincia di Chieti, come già accennato nel paragrafo precedente, il campo di Casoli, era indicato come sede idonea per l’invio degli internati più pericolosi. Il Ministero dell’Interno, invece, vi internò principalmente ebrei di nazionalità tedesca e austriaca. Dalla stessa relazione erano stati preventivati 80 posti per l’edificio dell’avv. Tilli, ma dopo un sopralluogo del Genio Civile, che escluse il seminterrato perché umido e non idoneo, tali posti vennero ridotti a 50.

La direzione del campo era affidata al Podestà del paese Mosé Ricci; il compito della sorveglianza ricadeva su un sottufficiale e sei carabinieri, assegnati a questo scopo dalla locale stazione, l’assistenza sanitaria era assicurata dal Dr. Nicola Raimondo.

Le condizioni degli internati di Casoli, se raffrontata a quella di altri campi, all’inizio non furono particolarmente dure. Questo grazie alla conduzione del Podestà, che, come accadde in altre località, applicò in modo blando le disposizioni previste per l’internamento, e grazie anche all’atteggiamento comprensivo della popolazione locale.

Questa mite direzione da parte del Podestà provocò la reazione dei fascisti del luogo, i quali, il 16 ottobre 1940, fecero pervenire una lettera al Capo della Polizia della Questura di Chieti. Nella lettera si denunciava l’internato polacco Hermann Datyner, perchè esercitava la professione di medico nel paese, e il Podestà perché ne elogiava le capacità professionali. Dopo gli accertamenti da parte della polizia, Hermann Datyner venne trasferito al campo di Istonio, mentre per il Podestà non ci furono conseguenze.

Al di là di questo episodio, la condizione degli internati divenne comunque più difficile nei mesi successivi a causa del sovraffollamento e della carenza di vitto denunciata dagli stessi internati medesimi nel mese di agosto 1942 durante l’ispezione dei rappresentanti della Croce Rossa Italiana e di quella Internazionale.

I primi internati giunsero a Casoli verso la metà di luglio 1940 e il 14 dello stesso mese si contavano già cinquanta internati in maggioranza tedeschi di religione ebraica.

Nell’agosto 1941, a causa dei numerosi trasferimenti, il numero degli internati si ridusse fino a trenta presenze. Anche se nel mese successivo arrivarono, provenienti dal campo di Ferramonti di Tarsia, altri 27 internati, il campo di Casoli per tutto il 1941, e nei primi mesi del 1942, non arrivò mai alla piena capienza pur se, per problemi di spazio, la capacità recettiva era stata portata a 70 posti. . Questa venne raggiunta nel maggio del 1942, dopo che, i 50 internati presenti, vennero trasferiti nel campo di Campagna (Salerno), e, dal campo di Corropoli, arrivarono 74 internati. Prima dell’arrivo degli internati di Corropoli, il Ministero trasferì, il 7 maggio 1942, quelli di Casoli, in tutto 50 internati, nel campo di Campagna .

Nell’agosto del 1942 si raggiunsero le 87 presenze, e, in una relazione dell’Ispettore Generale Rosati, si denunciava che a Casoli i "locali sono occupati forse anche oltre una adeguata misura e per tanto non solo non vi si potrebbe inviare altri elementi, ma anzi, se e quando possibile, sarebbe consigliabile uno sfollamento".

Il numero delle presenze nel campo rimase, fino alla chiusura, sempre elevato e il 6 novembre del 1942 la Croce Rossa Internazionale, oltre al sovraffollamento, faceva presente al Ministero dell’Interno che oltre il sovraffollamento, "gli internati si lamentano per la scarsità e la mancanza di varietà del cibo, il vestiario insufficiente e lo spazio a disposizione troppo ristretto per la passeggiata", e, alla fine della relazione, sollecitava il Ministero a prendere provvedimenti.

Il Ministero, invece, vi continuò ad inviare internati, quasi sempre ebrei, fino a quando il campo non cessò di funzionare subito dopo l’8 settembre 1943.

 

2.4. Il campo di concentramento nell’asilo infantile "Principessa di Piemonte" a Chieti.

Il campo di Chieti era stato istituito nell’asilo infantile "Principessa di Piemonte", ed i bambini, circa duecento, che si trovavano nell’edificio, vennero sistemati nell’Istituto S. Maddalena.

Il campo, che aveva una capienza di 200 posti, era diretto dal Commissario Aggiunto di P.S. Mario La Monica. Per la sorveglianza venne attivato un posto fisso di RR.CC. nel campo composto da un sottufficiale e da sei carabinieri reali.

Il 13 giugno 1940 il campo era già pronto a ricevere gli internati e nei giorni successivi ci furono i primi arrivi. Il 14 luglio erano 13 gli internati presenti nel campo, tutti stranieri di nazionalità inglese e francese. Il 14 settembre 1940, erano presenti nel campo 21 internati e, il 15 ottobre dello stesso anno, il campo raggiunse le 29 presenze, gli internati furono sempre in grande maggioranza, inglesi e francesi .

Il Podestà di Chieti, in nome dell’amministrazione comunale proprietaria dei locali dell’asilo, nell’ottobre del 1940 chiese al Prefetto di Chieti la restituzione dell’edificio, poiché non era stato possibile trovare, per il nuovo anno scolastico, sistemazioni alternative per i bambini delle scuole materne. Il Prefetto inviò la richiesta al Ministero dell’Interno, che il 5 novembre 1940 dispose la chiusura del campo. Il 10 novembre gli internati presenti vennero trasferiti a Montechiarugolo (9 sudditi inglesi e 8 sudditi francesi), Casoli (6 ebrei stranieri) e Manfredonia (1 italiano, "sospetto di razza ariana"). I contratti di locazione vennero rescissi e alla Società Anonima Casermaggi di Roma venne restituito il materiale in dotazione al campo.

2.5. Il campo per gli italiani "pericolosi" di Istonio Marina (Vasto).

Il campo di Istonio Marina fu uno dei primi campi abruzzesi ad essere allestiti. L’11 giugno 1940 era già attivato: era costituito dall’albergo dell’avv. Oreste Ricci e dalla villa degli eredi Marchesani, entrambi nel rione marino. Aveva una capienza complessiva, preventivata all’inizio, di 280 posti, poi diminuita a 170. Il servizio di sorveglianza era effettuato da 12 carabinieri, e quello sanitario dal Dr. Nicola D’Alessandro. A dirigere il campo, fino al 16 agosto 1943, venne riassunto il Commissario in pensione Giuseppe Prezioso, poi sostituito dal Vice Commissario Aggiunto di P.S. Giuseppe Geraci.

Nel campo di Istonio vi si internarono, soprattutto, italiani ritenuti "pericolosi", e solo negli ultimi mesi, precedenti la chiusura, gli slavi.

Nel luglio 1940 arrivarono i primi 79 internati, tutti italiani. Sei di essi erano stati internati, perché "sovversivi schedati", gli altri perché ritenuti "pericolosi in linea politica". Il 15 settembre erano presenti nel campo 109 internati tutti italiani ritenuti "pericolosi".

Per tutto il 1940 venne utilizzato solo l’albergo, mentre la villa degli eredi Marchesani rimase quasi sempre vuota. Nell’estate del 1941 il campo venne interamente occupato: superò pure il limite massimo di capienza, raggiungendo, nell’autunno dello stesso anno, le 185 presenze con ben 15 internati in più.

Nel mese di gennaio 1941 venne scoperta, dallo stesso direttore, un'organizzazione sovversiva che si stava formando all’interno del campo: i promotori, Mauro Venegoni e Angelo Pampuri, vennero trasferiti alla colonia delle Tremiti.

Anche nel 1942 il campo rimase sovraffollato; solo nel 1943, il numero degli internati scese, intorno alle 150 presenze. Nello stesso anno arrivarono, trasferiti da Tortoreto, 52 internati "ex Jugoslavi" ed in seguito altri slavi, trasferiti da diversi campi, tutti ritenuti particolarmente "ostili verso l’Italia" .

Le condizioni di vita, nel campo di Istonio, vennero rese difficili dalla mancanza di spazio e degli infissi in alcuni locali, dall’insufficienza dei servizi igienici, dalle difficoltà di approvvigionamento del vitto e dall’atteggiamento arbitrario, nei confronti degli internati, del direttore Vincenzo Prezioso. All’inizio il direttore non autorizzò l’approntamento di una mensa comune nel campo e costrinse gli internati ad andare nelle trattorie del paese, creando gravi disagi ai meno abbienti. In seguito venne stipulato, per il servizio mensa, un contratto con la ditta S.P.I.A. Molini e Pastifici di Casalbordino, la quale, peraltro, spesso distribuì cibo avariato agli internati.

Dopo il, 25 luglio 1943, le autorità militari sollecitarono la chiusura del campo, perché nei pressi di Istonio erano iniziati dei lavori di fortificazioni per la difesa del territorio, e gli internati, dei quali alcuni accusati di spionaggio, potevano vedere, sapere e forse riferire quello che si stava facendo.

Il Ministero dell’Interno, per la mancanza di posti disponibili in altri campi, dispose, solo il trasferimento degli elementi più pericolosi mentre il campo continuò a funzionare fino alla fine del settembre successivo.

2.6. Il campo di smistamento di Lama dei Peligni.

Il campo di Lama dei Peligni era composto dalla casa di proprietà della vedova Camilla Borrelli, si trovava all’interno del paese e aveva una capienza di 60 posti. Venne diretto dal Podestà del paese, prima, dal 1940 al 1942, da Pindieri, poi da Giuseppe Rinaldi, entrambi coadiuvati dal segretario comunale e da una guardia municipale. Il servizio di sorveglianza veniva garantito da un sottufficiale e da sei carabinieri, quello medico, fino al 10 gennaio 1941, dal Dr. Vincenzo Pierantoni, in seguito dal Dr. Giuseppe Baglioni.

L’allestimento del campo venne terminato il 13 giugno 1940 e un mese dopo arrivarono i primi 10 internati, quasi tutti inglesi. Nell’agosto successivo vennero tutti trasferiti e, al loro posto, arrivarono, provenienti dall’Italia del nord, ebrei di varie nazionalità o apolidi. Il 14 settembre 1940, il campo raggiunse le 23 presenze.

Al campo di Lama dei Peligni, transitarono numerosi internati, in maggioranza stranieri, i quali, anche dopo pochi giorni di internamento, venivano smistati in altri campi: per tutto il 1940 non si superarono mai le 40 presenze e, nella primavera-estate del 1941, per alcuni giorni il campo rimase vuoto. Il 27 settembre 1941 arrivarono da Ferramonti di Tarsia 32 internati, ma , il 7 maggio 1942, il campo si svuotò nuovamente, perché i 39 internati presenti, tutti stranieri, vennero trasferiti a Campagna (Salerno). Nell’estate dello stesso anno vi vennero assegnati nuovi internati, anche questi in maggioranza stranieri, e, il 19 settembre 1942, il campo raggiunse le 71 presenze con 11 internati in più. Fino alla chiusura, dopo l’8 settembre 1943, esso rimase sempre interamente occupato.

Gli internati di Lama dei Peligni consumavano il vitto nelle locande del paese; il che permetteva loro, oltre ad una certa libertà di movimento, la possibilità di avere contatti (benché proibiti), con la popolazione locale, che ebbe sempre un atteggiamento comprensivo nei loro confronti. A rendere difficili agli internati le condizioni di vita furono soprattutto il freddo pungente dei mesi invernali e la frequente mancanza di acqua corrente.

2.7. Il campo femminile di Lanciano.

Il campo di Lanciano, insieme a quelli di Casacalenda, Pollenza, Petriolo, Solofra, Treia e Vinchiaturo, era uno dei campi per sole donne. Rimase un campo prettamente femminile fino al febbraio 1942, quando le internate vennero trasferite altrove e sostituite dagli slavi.

Istituito nel giugno del 1940 nella villa dell’avv. Filippo Sorge, la quale per l’occasione venne recintata, in contrada Cappucini a circa un chilometro dal paese, aveva una capienza di 55 posti. All’inizio, per circa un mese, la direzione venne affidata al Podestà di Lanciano Enrico D’Ovidio, in seguito al Commissario Edurino Pistone, sostituito dopo poco tempo dal Commissario Olinto Tiberi Pasqualoni. Essendo un campo femminile, era prevista una direttrice che doveva essere coadiuvata da assistenti donne. Nei primi mesi, il Ministero dell’Interno designò, quale direttice, un’insegnate di 53 anni, Rosa Pace, e quali assistenti Nicoletta Giacristofaro di venti anni e Concetta Carrozza di ventinove anni; il 3 settembre 1940, la direttrice venne sostituita da Maria Marfisi Fusco.

Per la sorveglianza venne creato, di rimpetto al campo, un posto fisso di RR.CC. nel fabbricato, di proprietà di Gustavo Basile, e il servizio era effettuato da sei carabinieri. Il medico del campo era il Dott. Giuseppe Carobba, e la farmacia dei fratelli Marciani forniva i medicinali.

Il 14 luglio 1940, il campo contava già 47 internate di varie nazionalità (inglese, tedesca, francese, polacca e russa) e nell’agosto successivo raggiunse le 75 presenze. Il 17 settembre, dopo che verso la fine di agosto e nei primi giorni di settembre tutte le internate inglesi vennero trasferite, nel campo rimasero 49 internate, in maggioranza tedesche e polacche di religione ebraica. Alcune di esse, essendo Lanciano anche una località per l’internamento "libero", vennero trasferite, nel corso del 1940-41, in case private del paese.

Dopo alcuni trasferimenti, il numero delle internate scese a 37, e per tutto il 1941 il campo rimase occupato solo in parte. Nell’estate dello stesso anno, il direttore Tiberi Pasqualoni, venne sostituito dal Commissario Carmine Medici, che a sua volta, nel 1942, fu trasferito, e sostituito dal Commissario Giuseppe Franco, il quale dirigerà il campo fino alla sua chiusura.

Il 4 febbraio 1942, il Ministero dell’Interno comunicava, tramite dispaccio telegrafico, al Prefetto di Chieti, che le: "Donne internate campo concentramento dovranno essere trasferite al campo di concentramento di Pollenza (Macerata). Campo concentramento Lanciano, dopo tale trasferimento, sarà adibito per internamento uomini". Il provvedimento venne eseguito il 12 febbraio successivo.

Il 27 febbraio arrivarono a Lanciano 45 slavi, classificati come: "elementi comunisti politicamente pericolosi".

Nell’estate del 1942, il campo era ormai eccessivamente affollato, e gli internati lamentavano, in oltre, la mancanza di acqua e di servizi igienici.

Il Prefetto di Chieti, il 16 dicembre 1942, segnalava al Ministero dell’Interno, che sette internati slavi "non fanno mistero della loro fede comunista alla quale cercano di fare proseliti". Il Ministero, alcuni giorni dopo, ne ordinò l’invio alla colonia Tremiti.

Gli internati slavi "erano molto irrequieti e smaniosi di libertà", come riferiva, al Ministero dell’Interno, l’Ispettore Generale di P.S.. Nell’aprile del 1943, quattro internati vennero denunciati, dal direttore del campo, alla Procura di Chieti, per aver trasgredito al regolamento del campo. Condannati ad otto giorni di reclusione, scontarono la pena nelle locali carceri e successivamente vennero riassociati al campo di concentramento di Lanciano .

Il 3 settembre 1943, il campo contava 43 internati, il 6 ottobre circa 70, quasi tutti slavi.

Verso la metà dell’ottobre 1943, tutti gli internati fuggirono. Il campo, seppur vuoto, continuò a funzionare fino al 28 ottobre, quando anche gli stessi carabinieri addetti alla sorveglianza abbandonarono il posto fisso di RR.CC., e il campo venne occupato dai militari tedeschi.

Gli internati a Lanciano vissero in condizioni difficili, a causa della struttura che non era predisposta in modo adeguato per le loro esigenze. Le difficili condizioni erano denunciate dall’Ispettore Rosati in una relazione al Ministero dell’Interno: "manca sul posto una infermeria o almeno una sala con medicinali per interventi di pronto soccorso e manca in oltre un impianto docce o di bagni in vasca e che da parecchio manca l’acqua nel fabbricato: all’esterno v’è un rubinetto di acqua corrente, certo inadeguato ai bisogni della comunità". Oltre a questo, per circa un anno, parecchie stanze della villa adibita a campo di concentramento, rimasero senza vetri, causando alle internate varie malattie da raffreddamento e reumatismi.

2.8. Tollo, il campo per i comunisti jugoslavi.

Il campo di Tollo venne allestito solo nel novembre del 1941, perché il Ministero dell’Interno, pur avendo iniziato le trattative per la locazione nel giugno del 1940, inizialmente non ritenne opportuno prenderlo i affitto per i troppi lavori di adattamento che bisognava apportare allo stabile.

Il 20 ottobre 1941, il Dott. Bruno Mastrovich, delegato alla stipulazione dei contratti della Prefettura di Chieti, e il vice Prefetto, in rappresentanza del Ministero, stipularono il contratto d’affitto con il sig. Giuseppe Casiraghi, rappresentante di Giuseppe Foppa Pedretti, industriale residente a Milano, titolare del fabbricato. Nel novembre successivo si allestì il campo per circa 100 posti, e nel febbraio del 1942 arrivarono i primi internati.

La direzione del campo venne affidata al Podestà Domenico Antonio Fusella, coadiuvato dal vice segretario comunale. Il medico del campo era il Dott. Adelchi Persiani, e il servizio di sorveglianza era effettuato da tre carabinieri che si trovavano in una casa attigua adibita a posto fisso di RR.CC..

Il 23 febbraio 1942, arrivarono a Tollo 42 "comunisti pericolosi politicamente", provenienti dai campi di concentramento dell’Albania. Erano tutti uomini, di cui 39 jugoslavi e tre montenegrini.

Nella relazione per il Ministero dell’Interno, sulle condizioni igienico sanitarie dei "comunisti" giunti a Tollo, l’Ispettore Generale Medico, Dott. Collina, faceva presente che gli internati "erano stati concentrati a Zara, dove dicono di essersi infestati di pidocchi, e da là inviati senza alcuna bonifica, a Trieste dove sarebbero stati sottoposti a bagno e disinfezione abiti: però all’arrivo a Tollo ne sono stati trovati uno con peliculosi nei vestiti (pediculus corporis) e due con scabbia: il primo disinfestato a cura del centro di profilassi, gli altri due sottoposti a trattamento con bergamon. Nessuno aveva subito il taglio dei capelli, per cui si è dovuto cominciare con l’acquistare una macchinetta tosatrice". In oltre, il Prefetto di Chieti denunciava che gli internati erano sprovvisti di indumenti. Il 28 febbraio, provenienti da Trieste, arrivarono altri 4 internati, dei quali: due di essi affetti da scabbia e gli altri due sospetti di tubercolosi. Nel marzo successivo, erano presenti, nel campo 57 internati, e nell’estate 1942 raggiunse le 98 presenze con 8 internati in più.

Il 19 febbraio 1943, il prefetto di Chieti, su segnalazione del Comando dell’Arma dei carabinieri, faceva presente al Ministero dell’Interno che

il campo di concentramento internati politici dalmati di Tollo, offre pochissima garanzia essendo esso sistemato in fabbricato civile già adibito ad abitazione privata al quale nessun ritocco è stato apportato. Tale fabbricato sorge al centro del paese; ha balconi e finestre privi di inferiate di protezione, i quali per essere sovrastanti ad altri, più vicino al suolo, possono favorire la scalata e quindi la fuga.

Il Prefetto concludeva la relazione proponendo "la soppressione del campo, e l’istradamento degli internati a gruppi, in altri campi del Regno, capaci di offrire maggiore garanzia. Qualora ciò non fosse assolutamente possibile fare, propongo vengano apportate al campo delle serie modifiche, onde mettere i militari dell’Arma in condizione di potere veramente vigilare ogni mossa degli internati e non andare incontro, a responsabilità anche penali".

Dopo ulteriori accertamenti, il ministero, il 13 maggio 1943, dispose che gli internati di Tollo venissero trasferiti, inviandone cinquanta a Corropoli e il resto a Bagno a Ripoli, stabilì in oltre, che il campo fosse utilizzato per l’internamento di donne responsabili d’infrazioni annonarie.

Il Prefetto di Chieti cercò in zona una direttrice per il campo di concentramento, ma non riuscì a trovare nessuna persona fornita dei requisiti richiesti, cosicché il Ministero decise di inviare a Tollo solo uomini responsabili di infrazioni annonarie.

Il campo, da metà maggio a metà luglio 1943, rimase vuoto, e solo verso la fine di luglio tornò ad essere occupato da 11 internati, tutti italiani responsabili di infrazioni annonarie. Nel mese di agosto arrivarono altri due internati: questi rimasero gli unici arrivi prima della chiusura del campo nell’ottobre del 1943.

2.9. Il campo di Città S. Angelo, l’unico in provincia di Pescara.

Nella relazione della Prefettura di Pescara, dell’aprile 1940, sul "locale da potersi adibire per campo di concentramento nuclei internati e confinati nel comune di Città S. Angelo", si descriveva un "vasto fabbricato in discreto stato di conservazione e di abitabilità posto in via Umberto I°". Inoltre la relazione precisava che "detto fabbricato si compone del piano terreno con otto vasti ambienti, ove si possono collocare cento persone; nel primo piano con altri dieci vasti ambienti capaci di contenere 150 persone, e del secondo piano con un solo grande salone ove si possono collocare cinquanta persone. E’ dotato di acqua potabile, luce elettrica e cessi. Annesso al fabbricato vi è un orto dell’estensione di mille e cinquecento metri quadrati. Il comune di Città S. Angelo dista dal capoluogo (Pescara) Km. 18, dalla Via Statale Km. 9 e vi si accede mezzo della Via Provinciale".

Il Ministero dell’Interno, nel giugno 1940, prese in affitto il fabbricato e, successivamente, la ditta fornitrice del casermaggio (Luigi Piscitelli) predispose 150 posti letto.

La direzione venne affidata, nei primi mesi, a vari Commissari di P.S., in seguito, al Commissario Fernando Di Donna. Alla sorveglianza erano preposti un appuntato e due carabinieri, dislocati in un fabbricato adibito a posto fisso di RR.CC., poco distante dal campo di proprietà di Alfredo Barbone..

Il campo di Città S. Angelo rimase vuoto fino al febbraio 1941, nonostante che l’Ispettore Falcone, nei mesi precedenti, avesse più volte comunicato al Ministero che il campo era stato attivato ed era pronto a ricevere gli internati.

Il primo gruppo, di 13 internati, arrivò nel febbraio 1941 e, tra il marzo e l’aprile dello stesso anno, il Ministero dell’Interno vi inviò quarantaquattro cittadini dalmati, i quali erano stati fermati alcuni mesi prima nel porto di Genova mentre si trovavano imbarcati nei piroscafi "Una" e "Dubac".

Nel luglio successivo i dalmati vennero rimpatriati e, a Città S. Angelo, il Ministero continuò a inviare internati di nazionalità jugoslava.

Nel 1942, il direttore Commissario Di Donna venne sostituito dal vice Commissario Aggiunto Augusto Menè. Il 5 maggio dello stesso anno, il nuovo direttore comunicava al Ministero dell’Interno che: "50 internati giunti, ieri sera, dal campo di concentramento di Corropoli. Con l’occasione si ritiene opportuno e doveroso far presente che, essendosi raggiunte il numero di 134 internati, poiché una camera è stata destinata in parte alle creazione dell’infermeria di isolamento e in parte riservata per locale di disinfestazione e disinfezione biancheria, in questo campo non vi sono più posti disponibili".

Nel giugno 1942, l’Ispettore Generale Medico, nella relazione per il Ministero dell’Interno, descriveva in questo modo il campo di Città S. Angelo:

Appena entrati appare una porta che dà in una camera buia senza finestre destinata per le punizioni. In un piano terreno sopraelevato sono i dormitori, ampi, con il pavimento a tavolato di legno. Uno dei dormitori trovasi al piano superiore. Finora nessun locale è stato destinato per l’eventuale isolamento o infermeria o ambulatorio, vi è il bagno ma senza scaldabagno che necessita. Tutti i locali avrebbero bisogno di un imbiancatura a calce delle pareti e inoltre sarebbe da raccomandare che le eventuali disinfezioni siano eseguite a cura del Centro provinciale di profilassi per la maggior competenza del personale. Gli internati prendono i loro pasti fuori dal campo. Le vaccinazioni non sono ancora state eseguite. L’assistenza medica è affidata all’unico medico condotto del luogo Dr. Guizzardi, il quale è molto indaffarato per cui spesso non è disponibile. Se ne proporrebbe la sostituzione con l’ufficiale sanitario Dr. Nasuti. Aggiungo che essendo per il passato entrati tre malati di scabbia, il Dr. Guizzardi non si curò nemmeno di denunciarli come di obbligo. Non sono state ancora praticate le vaccinazioni.

Solo alla fine del 1942, verrà costruita l’infermeria con una camera da bagno completa di vasca, lavandino e due docce.

La direzione, nel frattempo, è passava al Commissario Angelo Rossi, ma in realtà il campo, fino alla chiusura, venne diretto dai funzionari di P.S. della questura di Pescara che si alternavano ogni quindici giorni.

A Città S. Angelo, nell’inverno del 1942, erano presenti nel campo circa 120 internati, quasi tutti jugoslavi, tra i quali "ventisei individui, appartenenti al partito comunista", che secondo l’Ispettore Falcone "malgrado l’attiva vigilanza degli agenti di P.S., riescono a mantenere rapporti con gli abitanti di quel comune, molto ospitali per loro natura, avendo occasione di propagandare le proprie idee sovvertitrici".

Dopo alcuni incidenti, vennero inflitte varie punizioni agli internati colpevoli di "confabulare con gli abitanti del comune", e, nel dicembre 1942, l’Ispettore Falcone decise, in accordo col Questore di Pescara, di: "Limitare la libertà agli internati, come già si pratica in altri campi di concentramento, accordando loro, due ore al giorno di uscita, indrappellati e scortati da agenti e da carabinieri, in maniera che non abbiano contatto con estranei".

L’8 gennaio 1943, gli internati, per protesta nei confronti dei nuovi provvedimenti che limitavano ulteriormente la loro libertà personale, non si recarono, come al solito, a prendere i pasti nelle trattorie del paese. L’11 gennaio nove "sobillatori, tutti comunisti" vennero arrestati e il 4 febbraio, su ordine del Ministero dell’Interno, inviati nelle colonie di Lipari e Ponza.

Nell’aprile successivo, per evitare nuovi incidenti e per non far circolare gli internati nel paese, l’Ispettore Falcone propose al Ministero dell’Interno l’istituzione della mensa all’interno del campo. La richiesta venne accolta e, nel maggio 1943, la mensa entrò in funzione.

Nel 1943, dopo alcuni trasferimenti, a Città S. Angelo il numero degli internati scese a 80.

Nell’ultimo periodo nel quale il campo rimase aperto, la difficoltà a reperire il cibo e la presenza di due tubercolotici, resero le condizioni di vita degli internati sempre più precarie.

Il 3 settembre 1943, l’Ispettore Generale Lorito, dopo un’ispezione ai campi di concentramento dell’Abruzzo e del Molise, riferiva al Ministero dell’Interno che il campo di Città S. Angelo: "è in stabile all’interno del paese in locale angusto ed incomodo accesso, neppure igienicamente adatto. Vi si trovano molto addensati 79 internati. Epperò dovrebbero essere ridotti, eliminandosi una decina di elementi irrequieti, insofferenti e talvolta sobillatori, da destinarsi altrove separatamente".

Il campo di Città S. Angelo, anche se con pochi internati, rimase attivo fino ai primi giorni dell’aprile 1944, quando venne definitivamente chiuso.

2.10. Il campo di concentramento nella città fortezza di Civitella del Tronto.

Il campo di concentramento di Civitella del Tronto era composto da tre edifici: dall’Ospizio "Filippo Alessandrini" ( ex convento dei Cappuccini), di proprietà del comune; dall’abitazione della sig.ra Vinca Migliorati, che si trovava all’estremità del paese in via Porta Venore e dal convento Francescano di S. Maria dei Lumi, di proprietà dei frati Minori.

La direzione del campo, inizialmente, venne affidata al Vice Commissario Mario Gagliardi, sostituito, nell’estate del 1940, dal Commissario Giovanni Cardinale.

Alla sorveglianza erano addetti quattro carabinieri e un sottufficiale della locale stazione e il servizio sanitario era effettuato dal Dott. Manlio Scesi.

Nei primi giorni di luglio del 1940, la ditta Montuori, addetta al casermaggio, terminò di allestire il campo per 230 posti. Nel settembre successivo arrivarono i primi internati e, il 15 dello stesso mese, il campo contava 20 internati, tutti ebrei, apolidi e di varie nazionalità (belga, tedesca, polacca, russa e ceca). Oltre questi, nello stesso periodo, si registrava la presenza di nove cinesi. Il 9 novembre 1940, le presenze nel campo aumentarono fino a 109 internati, in maggioranza ebrei tedeschi.

Verso la fine del 1940, il direttore, Cardinale, venne sostituito dal Commissario Gino Franchi, che a sua volta, nel corso del 1941, verrà rimpiazzato dal Cav. Giuseppe Franco.

Il 29 gennaio 1941, dopo una richiesta del sacerdote di Civitella, Don Ascanio Fioravanti, il pontefice inviò agli internati cattolici un sussidio di mille lire per le spese di prima necessità. Nello stesso periodo, arrivarono 100 pescatori greci (dodecanesini), i quali, dopo pochi giorni, vennero trasferiti in altri campi. Dopo questo trasferimento, il numero degli internati del campo scese intorno alle 120 presenze rimanendo tale per il resto del 1941.

Il 9 aprile dello stesso anno, due internati: "Bernard G. Battista fu Adolfo, zingaro, unitamente al figlio Michele", riuscirono ad evadere, agevolati dal fatto che la sorveglianza, dopo la soppressione del corpo di guardia dei carabinieri, veniva esercitata saltuariamente da due agenti di P.S..

Il Ministero dell’Interno, nel gennaio 1942, assegnò al campo di concentramento di Civitella 107 internati tutti ebrei di nazionalità inglese provenienti dalla Libia: divisi in 28 famiglie, composti in prevalenza da vecchi donne e bambini con molti bambini, essi avevano bisogno di movimento e di passeggiate all’aria aperta. I "capi-famiglia" in una lettera al Ministero dell’Interno, denunciavano, infatti, che "abituati a vivere al sole ed all’aperto ed ai bagni di mare, ci riesce oltremodo penoso vivere in un ambiente chiuso in cui abbiamo appena 60/70 metri quadrati all’aperto per passeggiare". Alla fine della lettera aggiungevano di: "voler disporre affinché ci venga concessa la libera uscita ogni giorno, possibilmente dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore 15 alle ore 20, oppure in orario che codesto On.le Ministero riterrà di fissarci. All’uopo facciamo presente che a Tripoli fino al giorno del nostro internamento eravamo completamente liberi".

Mentre gli internati di Civitella chiedevano maggiore spazio e condizioni di vita migliori, una lettera, inviata al Ministero dell’Interno da un anonimo, denunciava che "elementi benpensanti del luogo si dichiarano meravigliati del contegno delle autorità nei confronti degli internati, considerati più ospiti di riguardo che persone sottoposte a sorveglianza; e dicono pubblicamente che oramai a Civitella comandano gli ebrei ed i loro quattrini"

Dopo alcuni accertamenti, la Prefettura di Teramo dichiarò al Ministero che gli internati non godevano di nessun privilegio; solo in determinate ore potevano recarsi nel centro del paese, e in occasione di visite di coniugi pernottare e consumare i pasti nell’albergo del luogo. Oltre a questo, nella relazione si faceva presente che il direttore, Giuseppe Franco, poiché anziano e malato, non era più idoneo a dirigere un campo di concentramento, importante come quello di Civitella.

Dopo che anche l’Ispettore Generale Falcone aveva denunciato l’incapacità del direttore, il Ministero lo sostituì con il Commissario Domenico Palermo e ordinò di limitare le uscite degli internati fuori dal campo di concentramento.

Il 13 agosto 1942, l’Ispettore Generale della 6° zona, dopo un’ispezione a Civitella, riferì al Ministero dell’Interno che nei giorni della sua visita gli internati presenti nel campo erano 167, suddivisi in tre nuclei, uno dei quali, di 94 unità, alloggiato all’Ospizio Alessandrini, un altro, di 37 unità, alloggiato alla casa Migliorati e un terzo, di 36 unità, alloggiato a S. Maria dei Lumi. L’Ispettore, nella relazione al Ministero, aggiungeva che bisognava potenziare la sorveglianza e nominare un altro direttore oltre quello già assegnato poiché gli edifici dove alloggiavano gli internati, essendo distanti tra loro, offrivano troppe possibilità di fuga. Per quando riguardava la richiesta degli internati di avere libera uscita nel paese, l’Ispettore dichiarò che "per la appena sufficienza dei mezzi di vigilanza disponibili e per la ubicazione dei campi non è possibile ne integralmente ne parzialmente accoglierlo".

Nei giorni successivi, gli internati inglesi, tramite i rappresentanti della Croce Rossa e della Legazione Svizzera che andavano a controllare la situazione nel campo, continuarono a chiedere, al Ministero dell’Interno, che fosse loro permesso di uscire.

Il 23 settembre, dopo l’assegnazione di altri due agenti di P.S., il direttore decise che l’uscita in paese agli internati era concessa solo a chi aveva reali necessità, e doveva avvenire isolatamente e sotto sorveglianza. Tuttavia questa non era l’unica preoccupazione degli internati; altri, infatti, erano i problemi che contribuivano a rendere precarie le loro condizioni, quali l’insalubrità degli edifici adibiti a campo di concentramento, il poco spazio nelle camerate, la mancanza di indumenti e il freddo nei mesi invernali.

Nei primi mesi del 1943, le presenze nel campo di Civitella si aggirarono intorno ai 150 internati, sempre, in prevalenza, ebrei tedeschi e inglesi. Dopo che il direttore Palermo venne sostituito dal Commissario Francesco Mariniello, il 2 luglio dello stesso anno vennero trasferiti dal campo di Corropoli a quello di Civitella 42 internati, in maggioranza inglesi.

Dopo l’8 settembre 1943 il campo di Civitella era ancora efficiente, e il 27 ottobre 121 internati vennero inviati verso nord dai tedeschi al campo di Fossoli di Carpi (Modena), per poi essere, il 16 maggio 1944, deportati a quello di Auschwitz in Germania.

Il 22 novembre erano presenti nel campo 60 internati, tutti libici di nazionalità inglese e di religione ebraica. Anch’essi vennero trasferiti, tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944, a Fossoli di Carpi, per poi essere deportati nel campo di Bergen Belsen in Germania.

Dopo questi trasferimenti, altri internati vennero inviati a Civitella, e il 19 dicembre 1943 il campo ne contava 175.

Il 16 marzo 1944, dopo la morte del direttore, Francesco Mriniello, viene nominato a dirigere il campo il Commissario Aggiunto Filiberto De Raffaele.

Nell’aprile 1944, il Ministero dell’Interno inviò varie circolari, alla Prefettura di Teramo, che sollecitavano il trasferimento degli internati presenti in provincia verso nord. In seguito a queste disposizioni, il 18 aprile 23 internati tutti ebrei tedeschi vennero prima trasferiti a Fossoli, dalla polizia tedesca, e poi, il 16 maggio 1944, ad Auschwitz. Stessa sorte, il 4 maggio, toccò ai 134 ebrei inglesi provenienti dalla Libia, i quali, dopo essere stati inviati a Fossoli, vennero deportati, il 16 maggio, a Bergen Belsen e ad Auschwitz.

Gli internati di Civitella, che vennero deportati nei campi di concentramento in Germania, ebbero destini differenti; infatti, solo alcuni di quelli inviati al campo di Bergen Belsen vennero uccisi, mentre quelli inviati nel campo di Auschwitz morirono quasi tutti.

Dopo il trasferimento degli internati, il campo di Civitella venne chiuso il 22 maggio 1944.

2.11. Il campo di concentramento nella Badia Celestina di Corropoli.

Il campo di concentramento di Corropoli venne istituito nel monastero dei frati Celestini denominato Badia, a circa un chilometro dal paese in contrada Colli.

Prima di essere attivato, poiché si trovava in uno stato di inabitabilità, subì vari lavori di adattamento, che si protrassero per quasi tutto il 1940; tanto che i primi internati vi vennero inviati, dal Ministero dell’Interno, solo all’inizio del 1941.

La direzione, nei primi mesi, venne affidata al Commissario Aggiunto di P.S. Guido Trevisani, sostituito nell’autunno del 1940 dal Commissario Aggiunto di P.S. Mario Maiello. Il servizio sanitario veniva garantito dal Dr. Gaetano D’Aristotile, mentre alla sorveglianza furono preposti due carabinieri e due agenti di P.S..

Il 3 marzo 1941 il campo di Corropoli contava 18 internati; nel corso dei mesi successivi ci furono nuovi arrivi, e il campo, nell’agosto del 1941, raggiunse le 64 presenze. Questi primi internati erano in maggioranza irredentisti slavi e comunisti italiani che, in seguito alla condanna del Tribunale Speciale dello Stato, erano già stati confinati in precedenza. Tra gli internati civili italiani, erano presenti anche delle donne che, dopo pochi giorni passati nel campo, vennero trasferite.

Nel frattempo, il direttore Maiello, era stato sostituito dal Commissario Aggiunto di P.S. Giovanni Santamaria. Nell’ottobre successivo, al posto del direttore Santamaria, era subentrato il Dr. Carmine Medici, che a sua volta, nel secondo semestre del 1942, venne sostituito dal Dr. Francesco Alongi.

La Badia di Corropoli era stata individuata prima che diventasse campo di concentramento, dal Consorzio Provinciale Antitubercolare come struttura idonea per poterci impiantare un’istituto analogo. A questo proposito, la Badia era stata acquistata dal Consorzio, il quale aveva anche stanziato i soldi per realizzare l’istituto. Tale progetto, a causa dell’esproprio del monastero da parte del Ministero dell’Interno per adibirlo a campo di concentramento, divenne irrealizzabile.

Il 18 novembre 1941, il presidente del Consorzio inviò una lettera alla Direzione Generale di P.S., ove si faceva presente che i lavori per l’istituto dovevano proseguire, ma ciò risultava impossibile per la presenza degli internati: pertanto il direttore del Consorzio proponeva il trasferimento immediato degli internati nella casa di proprietà della famiglia Persiani, che si trovava nelle vicinanze del campo.

Nel gennaio 1942, il Ministero dell’Interno, rispose alla lettera del Consorzio Antitubercolare, dicendo che non era possibile trasferire in altri campi gli internati e tanto meno utilizzare la casa Persiani perché disponeva di soli 50 o 60 posti, mentre il numero degli internati era di 120.

Dopo ulteriori sollecitazioni da parte del Consorzio Antitubercolare di Teramo, il 4 maggio 1942, il campo venne sgomberato e i 132 internati, quasi tutti slavi, vennero inviati, come già detto, 82 al campo di Casoli e 50 a quello di Città S.Angelo. Così alla Badia poterono ricominciare i lavori di allestimento dell’istituto antitubercolare. I lavori però, proseguirono per poco tempo, infatti, il 16 giugno, il Ministero dell’Interno dichiarò impossibile rinunciare al campo di concentramento di Corropoli, e predispose che nella Badia venissero inviati degli internati inglesi provenienti dalla Grecia.

Nel febbraio 1942, un anonimo riferì alla Prefettura di Teramo, che gli internati di Corropoli godevano di troppa libertà. Dopo alcuni sopralluoghi dell’Ispettore Falcone e della stessa Prefettura, le accuse dell’anonimo risultavano infondate. Infatti, sia l’Ispettore Falcone che il Prefetto Tincani riferirono al Ministero dell’Interno che "proprio per il campo di concentramento di Corropoli, dato che vi sono internati elementi prevalentemente sovversivi, che è stato disposto il maggior rigore, esercitato con scrupolosa energia da parte del funzionario di P.S. addetto alla direzione". Nella relazione si aggiungeva che gli internati si recavano in paese, accompagnati da un agente e da un carabiniere, solo per acquistare le provviste per la mensa comune. Inoltre, si faceva presente che erano stati denunciati alle "Autorità Giudiziarie" dodici internati per aver oltrepassato il perimetro del campo dove era loro consentito circolare, e altri sei per aver ecceduto nel bere dopo aver ricomprato dai compagni il quantitativo di vino che veniva assegnato a ciascuno per i pasti. L’Ispettore, nel riferire il rigore che regnava nel campo, concludeva la relazione dicendo che tutti gli internati indisciplinati erano stati condannati e trasferiti, su proposta della Questura di Teramo, nelle colonie delle Tremiti e di Lipari .

Nei mesi successivi, le lettere anonime continuarono ad arrivare alla Prefettura di Teramo. In una di esse, datata 6 aprile 1942, si faceva presente che gli internati di Corropoli:

circolerebbero indisturbati per il paese e le vicine campagne, e di ciò profitterebbero per rifornirsi - accettando qualunque prezzo - dei generi più svariati, quali polli, agnelli, uova, prosciutti, formaggi, olio persino. Non mancherebbe loro, si dice, neppure il pane bianco. La popolazione del luogo, che osserva, cova il proprio risentimento e commenta con ironia.

A questa lettera ne seguì un altra, datata 16 aprile 1942, nella quale si denunciava che l’agente di P.S., Stefanelli, si lasciava corrompere dagli internati. Anche in questo caso, il Prefetto, il 16 maggio, riferì al Ministero dell’Interno che tali accuse "non corrispondono a verità".

Il 19 luglio, dal campo di concentramento di Civitella della Chiana (Arezzo), vennero trasferiti a quello di Corropoli 11 internati, tutti sudditi indiani. Nella stessa estate del 1942, alla Badia arrivarono, provenienti dalla Grecia, gli internati inglesi, i quali si trovavano in condizioni di assoluta indigenza e privi di vestiario. Insieme agli inglesi, c’erano quarantacinque "ex ufficiali Greci", che dopo aver trascorso un breve periodo nel campo di concentramento di Corropoli, vennero trasferiti nel campo per prigionieri di guerra di Busseto

Verso la fine del 1942, il direttore Alongi venne sostituito dal Commissario Carmine Sanzò, il quale, a sua volta, nella primavera del 1943, sarà sostituito dal Vice Commissario Mario Gagliardi.

In seguito all’arrivo di altri sudditi inglesi, provenienti dalla Libia, il campo raggiunse, nei primi mesi del 1943, le 150 presenze.

Nel febbraio 1943, il fiduciario dei sudditi britannici, Enrico Pritchard, denunciava all’Ispettore Generale Rosati, le condizioni alle quali erano sottoposti due indiani, Fabiani Jamathmal e Shamtani Purtoschandas, insieme al messicano Ruben Migel Rejes. Questi infatti, dopo essere stati arrestati, il 26 dicembre, perché si erano allontanati arbitrariamente dal campo, vennero condannati dal Pretore di Nereto, e da oltre 50 giorni si trovavano nelle locali carceri in una cella antigienica e piena di insetti. Il fiduciario, nel lamentare tale trattamento, chiedeva il loro immediato rilascio, poichè, essendo internati, potessero scontare la pena nel campo di concentramento.

Oltre a questo episodio, altri incidenti accaddero all’interno del campo di Corropoli, acccentuati dal modo con il quale le guardie e il direttore applicavano il regolamento. Questo provocò le lamentele degli internati che, insofferenti, iniziarono a chiedere di essere trasferiti in altri campi.

Nel giugno 1943, mentre il Consorzio Antitubercolare di Teramo continuava a reclamare la disponibilità della Badia, il Ministero dell’Interno, per garantire maggior sicurezza ed evitare tentativi di fuga, dispose la recinzione del campo è una sorveglianza più attenta. Il 23 giugno, veniva approvato, dal Ministero dei Lavori Pubblici, il progetto, fatto dal Corpo Reale del Genio Civile di Teramo, per la recinzione con filo spinato del campo.

Intanto erano arrivati, trasferiti dal campo di concentramento di Tollo, come si è detto precedentemente, 48 internati slavi, i quali, l’8 luglio, vennero inviati, insieme ad altri 27 internati, al campo di Bagno a Ripoli (Firenze). Alcuni giorni prima, il 2 luglio, erano stati trasferiti al campo di Civitella del Tronto 42 internati inglesi.

Dopo questi trasferimenti, a Corropoli rimasero 9 internati, due presenti nel campo, sei detenuti a Nereto e uno in ospedale. Il 15 luglio, dopo l’arrivo di 22 militari dell’arma, vennero inviati, alla Badia, 100 internati provenienti dalla colonia di Lipari.

Nell’agosto successivo, il campo raggiunse le 165 presenze, delle quali 158 erano ex jugoslavi trasferiti da Lipari, che capeggiati da "Janko Mricevic, avvocato e sedicente ex Deputato della Camera di Belgrado, dal giornalista, sacerdote cattolico Vinko Fraievic e da tal Ugo Ajcevic", avevano iniziato lo sciopero della fame per protestare contro il trattamento al quale erano sottoposti dal direttore Gagliardi. Dopo l’intervento del Questore di Teramo, lo sciopero venne sospeso, e il direttore Gagliardi trasferito, per un breve periodo, a Treviso. Il Ministero dell’Interno lo sostituì per circa due mesi con il Commissario Aggiunto di P.S. Luigi Grande.

Il 19 settembre, la formazione partigiana comandata da Armando Ammazzalorso insieme al tenente croato Svetozar Ciukovic da Karlovac, entrò nel campo liberando trentasei internati jugoslavi.

Dopo che altri due internati vennero liberati dai partigiani, nel dicembre successivo, erano 130 gli internati ancora presenti nella Badia.

Nello stesso mese, il direttore Gagliardi consegnò al Podestà di Corropoli parte del casermaggio del campo, che venne utilizzato per sistemare gli sfollati provenienti da Napoli.

Il 1 febbraio 1944, arrivarono alla Badia 69 internati trasferiti dal campo di Nereto.

Il 19 gennaio precedente, il Ministro dell’Interno Tamburini aveva inviato ai "Capi Provincie Teramo Frosinone" un telegramma nel quale si comunicava che "internati sia isolati che campi di concentramento et ebrei cotesta provincia dovranno essere avviati massima urgenza campo concentramento Servigliano (Ascoli Piceno). Per trasporto internati pregasi provvedere opportuni accordi con Comandi Germanici competenti".

In un primo momento, a causa della mancanza dei mezzi di trasporto, solo alcuni internati vennero trasferiti ; successivamente, nel maggio 1944, i tedeschi riuscirono a trasferire, a Servigliano, 60 internati, quasi tutti ebrei.

Il campo venne chiuso alla fine di maggio, e gli ultimi internati ancora presenti inviati in altri campi del Nord.

 

2.12. I cinesi internati nella Basilica di S. Gabriele a Isola del Gran Sasso.

Il campo di concentramento di Isola del Gran Sasso era composto da due edifici. Uno di essi si trovava vicino alla Basilica di S. Gabriele, ed era un grande salone, fatto costruire dai Padri Passionisti del Santuario per il ricovero di pellegrini. L’altro edificio (che venne adibito a campo di concentramento) si trovava a due chilometri da Isola, ed era un ex albergo (S. Gabriele), di recente costruzione, di proprietà della famiglia Santilli.

Il campo all’inizio venne predisposto per 180 posti complessivi, che, dopo l’ispezione dell’Ispettore Falcone insieme al Questore di Teramo e al medico provinciale, vennero ridotti a 135.

La direzione era affidata al Podestà del paese, Giovanni De Plato, coadiuvato dal segretario comunale Saverio Pietrantonio; il Dr. Luigi Di Sabatino garantiva l’assistenza sanitaria.

Alla metà di giugno 1940 il campo era già stato allestito e, il 7 luglio, registrava la presenza di 13 internati. Alla fine dello stesso mese saranno 86 i presenti e il 13 settembre, nei due edifici, si conteranno 93 internati, in maggioranza ebrei tedeschi.

L’8 settembre 1940, un anonimo riferì alla polizia che:

gli internati nel campo di concentramento del Gran Sasso goderebbero di una certa libertà, che avrebbe fatto meraviglia agli stessi internati ed ai villeggianti, i quali colà sarebbero piuttosto numerosi. Si aggiunge, in proposito, che gli internati medesimi, grazie alla libertà loro consentita, potrebbero fare vita comune con i villeggianti e qualcuno di essi si servirebbe della compiacenza di costoro per far scrivere lettere e per mandare notizie, le quali, inviate direttamente, sarebbero sottoposte a censura.

Dopo un'ispezione al campo, il 15 settembre, l’Ispettore Falcone, in una relazione per il Ministero dell’Interno, dichiarava infondate le accuse dell’anonimo e dispose che il sottufficiale e i quattro carabinieri addetti alla sorveglianza dovessero intensificare la vigilanza "affinché la disciplina sia osservata con la massima scrupolosità".

All’inizio del 1941, alcuni degli ebrei internati vennero trasferiti in altri campi e altri vi furono inviati, facendo raggiungere al campo le 105 presenze.

Il 5 settembre dello stesso anno, a Isola del Gran Sasso, arrivarono, trasferiti dal campo di concentramento di Tossicia, dieci cinesi ed altri vi furono inviati nel mese successivo.

Nell’aprile 1942, erano presenti 42 internati, in maggioranza ebrei tedeschi, nell’ex albergo e 65, quasi tutti cinesi, nel locale dei Padri Passionisti.

Il 5 maggio il Ministero dell’Interno, con un telegramma, ordinò: "da Tossicia trasferire tutti i cinesi ad isola Gran Sasso; gli ebrei da Isola Gran Sasso a Ferramonti e gli italiani trasferirli in altri campi". Il 15 dello stesso mese, 55 ebrei stranieri vennero trasferiti da Isola a Ferramonti (Cosenza), l’unico italiano presente, Luigi Pietro Boero, fu inviato nel campo di concentramento di Isernia, mentre il giorno successivo nel campo di Isola giunsero 116 cinesi provenienti dal campo di Tossicia.

Nell’aprile 1942, l’Ispettore Generale Medico, dopo un ispezione ai due edifici dove si trovavano gli internati, descriveva, in una relazione al Ministero dell’Interno, l’ex albergo in buono stato e dotato di cucina, refettorio, infermeria, bagno con scaldabagno e acqua potabile. Mentre nel locale vicino alla Basilica di S. Gabriele, la doccia era poco funzionante e senza scaldabagno, non aveva l’infermeria e la cucina non garantiva i pasti per tutti gli internati.

Nel settembre 1942, due internati, Yu King e Ko Schon Tchon, vennero rinchiusi in camera di sicurezza con l’accusa di aver fomentato, tra gli internati, risentimento contro il confidente del direttore Fung Sin Tcheon. In seguito all’accaduto, gli internati si accusarono reciprocamente di aver fatto la spia e, il 28 settembre, scoppiò una rissa che coinvolse dodici internati, i quali vennero arrestati e portati nelle carceri di Tossicia.

Insieme agli internati cinesi c’era Padre Antonio Tchang, dei Minori conventuali, che, nel maggio 1941, era stato inviato dalla Santa Sede al campo di concentramento di Tossicia per convertire al cattolicesimo i cinesi. Il 18 settembre, il reverendo venne aggredito da tre internati, i quali, insieme ad altri nove che avevano manifestato idee ostili contro lui, vennero trasferiti, il 21 ottobre successivo, al campo di Ferramonti (Cosenza).

Nel marzo 1943 il campo era sovraffollato, infatti, nel dormitorio dei Padri Passionisti, erano presenti 80 internati, rispetto ai 75 previsti, e nell’ex albergo 66 invece di 60.

Dopo l’arrivo di un altro cinese, fino all’ottobre 1943, saranno 147 gli internati presenti nel campo.

Il 26 ottobre 1943, 102 internati vennero trasferiti in altri campi dai tedeschi. Il 27 novembre successivo altri 42 internati vengono prelevati insieme al materiale di casermaggio, e trasportati dalle autorità germaniche verso nord.

Il campo rimase vuoto per alcuni giorni, ma, all’inizio del 1944, altri cinesi vengono inviati nel campo di concentramento di Isola del Gran Sasso e, in 99 vi rimarranno internati fino ai primi di giugno, quando l’intera zona verrà liberata dagli alleati.

2.13. Il campo di concentramento di Nereto.

Il campo di concentramento di Nereto era composto da tre edifici. Due di essi, la casa di Silvio Santoni in viale Vittorio Veneto e il secondo piano della casa di proprietà di Carmine Lupini in vicolo Scarfoglio, vennero istituiti nel giugno 1940, mentre il fabbricato di proprietà del consorzio agrario, detto "palazzo bacologico" in viale Roma, nel settembre successivo.

La direzione del campo venne affidata, dal 1 luglio 1940, a Mario Marzi, Segretario della Sezione di Nereto dell’Istituto fascista di cultura e, dal 31 giugno 1941 a Pasquale di Pietro, Commissario Prefettizio e dal gennaio 1943 Podestà del comune.

Per la sorveglianza, nella casa di proprietà dei Santoni e nell’edificio in viale Vittorio Veneto, erano stati creati dei posti fissi di RR.CC. in due case vicine con un carabiniere per parte, al consorzio agrario, invece, la vigilanza era assicurata da una guardia municipale. Dell’assistenza sanitaria agli internati, nei primi due anni, se ne occupò il Dr. Bruno Marsili e in seguito il Dr. Salutanzi

I primi internati, arrivarono nel luglio 1940 e vennero sistemati nella casa dei Santoni. Alla fine dello stesso mese, il campo di Nereto contava 28 internati, in maggioranza ebrei tedeschi.

Nel corso del 1940 il campo di concentramento di Nereto, pur avendo una capienza complessiva di 160 posti, venne poco utilizzato, e anche all’inizio del 1941 gli internati presenti non superarono le 60 unità.

Verso la fine del 1941, gli internati presenti nel campo erano circa 100 e nei primi mesi del 1942, dopo alcuni trasferimenti, scesero a 85.

L’Ispettore Generale Medico, nell’aprile 1942, in una relazione al Ministero dell’Interno sulla situazione dei campi di concentramento abruzzesi, denunciava che quello di Nereto, nella "casa in vicolo Scarfoglio n. 4", si trovava senza docce e senza infermeria ed era occupata da "16 israeliti, uomini, di varie nazionalità ma in maggioranza tedeschi". Invece la "casa privata in viale Vittorio Veneto n. 39", dove vi erano internati "50 ebrei tedeschi e polacchi", era l’unico, dei tre edifici, in ottimo stato, e l’unico "che abbia un bagno a doccia, costruito appositamente (a spese di un internato)". Nel palazzo del consorzio agrario, dove si contavano 30 internati in maggioranza ebrei polacchi, il campo era stato allestito nei magazzini del consorzio "in locali del tutto inidonei e umidi a pianterreno e aggravati dal fatto che gli internati non possono menomamente uscire un po' come negli altri campi". In quest’ultimo edificio, era "stata adattata una cucina, e un refettorio sotto un porticato aperto, in quanto gli internati mangiano tutti dentro", non c’era l’infermeria e "in una latrina è stata applicata un annaffiatoio a doccia senza scaldabagno".

Dopo che la Direzione Generale della Sanità Pubblica più volte aveva richiesto, al Ministero dell’Interno, la costruzione delle docce e dell’infermeria nel campo di Nereto, nel settembre 1942, il Ministero dispose che venissero realizzate.

Nello stesso periodo il direttore del campo, Di Pietro, aveva emanato delle disposizioni per delimitare il percorso consentito agli internati per la passeggiata.

Nell’agosto precedente, a sovraintendere il campo di Nereto, era stato nominato il Commissario Francesco Alongi, direttore del campo di Corropoli. Quando, nel 1943, il direttore Di Pietro divenne Podestà del paese, e il segretario comunale Nicola Lucidi, che di fatto dirigeva il campo, venne richiamato alle armi, il Commissario Alongi passò a dirigere il campo di concentramento di Nereto.

Nell’agosto 1942, dopo l’arrivo di sedici internati da Capodistria, il campo raggiunse le 145 presenze.

Il 24 marzo 1943, vennero arrestati, "per non aver osservato il regolamento del campo, che fa assoluto divieto agli internati di parlare di politica", quattro internati slavi.

Il 5 maggio successivo, il Ministero dell’Interno aveva disposto il trasferimento di tutti gli internati di Nereto a Ferramonti (Cosenza) e quelli di Tortoreto a Nereto. Alcuni giorni dopo il Ministero, con un telegramma, revocò la decisione precedentemente presa, e, i 156 internati, in maggioranza ebrei tedeschi, rimasero al campo di concentramento di Nereto.

L’Ispettore Generale Rosati, il 27 agosto 1943, in seguito ad un’ispezione della Croce Rossa Internazionale al campo, riferiva al Ministero dell’Interno che gli internati non si erano lamentati del trattamento al quale erano sottoposti. L’unico inconveniente secondo l’Ispettore, era rappresentato dalla disagevole condizione di cinque internati costretti a dormire per terra per insufficienza di brande. Per ovviare a questa carenza, l’Ispettore Rosati e il direttore del campo avevano scelto cinque internati, "fra i migliori e ben conosciuti per la loro condotta, indole e sentimenti politici", autorizzandoli, sotto stretta sorveglianza dei carabinieri, a dormire in un albergo del paese.

Il 13 settembre 1943, dodici internati, di nazionalità jugoslava, riescono ad evadere dal campo con cinque moschetti, prelevati nella caserma dei carabinieri di Nereto. I fuggitivi, però nel pomeriggio dello stesso giorno, vennero arrestati e riportati al campo mentre dirigevano verso Ascoli Piceno. Interrogati dai carabinieri, sul perché del loro gesto, risposero di essersi allontanati per "combattere contro i tedeschi".

Il 4 dicembre successivo, il consorzio agrario venne occupato dalle truppe tedesche e gli internati, che lì si trovavano, trasferiti, in parte negli altri due edifici e in parte in alcune case di contadini.

Nello stesso mese, il direttore del campo di Nereto, Alongi, venne richiamato in servizio presso la Questura di Teramo e, al suo posto, il Ministero dell’Interno nominò il Commissario Capo di P.S. Attilio Capurro.

La polizia tedesca, il 21 dicembre, "ingiunse al funzionario della polizia Repubblicana, di consegnare entro le 8 tutti gli internati ebrei ivi esistenti". Alle ore 16 dello stesso giorno, il nuovo direttore dispose che tutti gli internati si sarebbero dovuti riunire nell’edificio di viale Vittorio Veneto, col pretesto di fare alcune raccomandazioni. Gli internati, dopo essersi recati nel posto stabilito, vennero circondati da 12 carabinieri, e il giorno seguente, "alle ore 8 n. 61 internati sono stati ritirati dalla polizia tedesca". In seguito a questo episodio, il 27 dicembre, sette internati evasero dal campo dirigendosi verso "ignota direzione".

Gli internati rimasti a Nereto, nel gennaio 1944, vissero in condizioni al limite della sopravvivenza: le razioni alimentari furono dimezzate, i locali che li ospitavano erano senza vetri, luce e acqua,.

Il 1 febbraio 1944, come riferiva il Capo della Provincia di Teramo, il campo venne chiuso per le "sopraggiunte esigenze belliche". I 69 internati ancora presenti come già detto, vennero trasferiti al campo di Corropoli.

2.14. Il campo di concentramento di Notaresco.

Il campo di concentramento di Notaresco fu uno dei primi campi, della provincia di Teramo, ad essere allestito e a ricevere i primi internati. Era composto da due edifici: il fabbricato di proprietà dei Marchesi De Vincenzi - Mazzarosa in via Borgo n. 14, con 90 posti e la casa di Eligio Liberi (eredi Caruso), in via Giardino n. 14, con 41 posti.

La direzione del campo, nei primi mesi, venne affidata al Commissario Prefettizio Cesare Forcella, coadiuvato dal segretario comunale Nicola Lucidi, che in seguito, come abbiamo visto, sarà impiegato al comune di Nereto dove si occuperà del locale campo di concentramento. Verso la fine del 1940, il direttore Forcella, ormai troppo anziano per adempiere tale compito, venne sostituito da Davide De Nigris, veterinario condotto che in seguito sarà nominato Podestà di Notaresco.

Per garantire la sorveglianza, in una casa vicina all’edificio De Vincenzi, venne istituito un posto fisso di RR.CC., mentre per la casa di Eligio Liberi, il servizio di vigilanza, veniva adempiuto dagli stessi carabinieri della locale stazione, la quale si trovava nella stessa via. L’asistenza sanitaria agli internati veniva effettuata dal Dr. Ulisse Pirocchi.

Il 13 luglio, subito dopo l’arrivo dei primi internati, il direttore, Forcella, comunicò le norme generali a cui questi dovevano sottostare: nove disposizioni, che, oltre a ribadire le norme valide per tutti i campi (divieto di interessarsi di politica, di leggere libri, giornali e riviste italiane, divieto di avere contatti con la popolazione locale ecc....), regolavano la vita nel campo, in particolare la quinta delimitava gli spazi percorribili dagli internati durante il giorno.

Il campo, il 31 luglio 1940, contava già 55 internati, quasi tutti ebrei e di varie nazionalità (tedesca, russa, polacca, italiana, cecoslovacca, palestinese e ungherese) e apolidi, nell’agosto successivo, raggiunse le 96 presenze.

Il 24 agosto, l’internato Friedrich Grunnfeld venne ricoverato all’ospedale di Teramo perché affetto da poliomenite anteriore. I seguito a questo caso, il Prefetto di Teramo dispose "una vigilanza per una quindicina di giorni di tutto il gruppo convivente con l’infermo", in modo che non venissero a contatto con la popolazione locale. Il Ministro dell’Interno Bocchini, per evitare possibili contagi, sospese, il 1 settembre successivo, l’invio di altri internati al campo di concentramento di Notaresco.

Nell’ottobre 1940 alcuni internati vennero trasferiti, e le presenze diminuirono a circa 80. Verso la fine dell’anno gli spostamenti continuarono, e l’11 gennaio 1941, a Notaresco erano 68 gli internati presenti.

Nel corso del 1941, le presenze nel campo ebbero un andamento altalenante, infatti si passa dalle settanta presenze nel gennaio, alle quarantuno nel maggio successivo, a trentasei nel giugno-luglio, per poi aumentare a sessantasette alla fine dell’anno.

Nell’aprile 1942, l’Ispettore Generale Medico riferiva al Ministero dell’Interno che in entrambi gli edifici, al campo di Notaresco, mancava l’infermeria, e la doccia, senza scaldabagno, era stata improvvisata. L’Ispettore, inoltre, riferiva che gli internati "prendono i loro pasti in trattorie del paese", e, infine, denunciava la necessità che "la vaccinazione antitifica, praticata sei mesi or sono", fosse al più presto ripetuta.

Nello stesso periodo, arrivarono alcuni partigiani e favoreggiatori di partigiani, istriani e dalmati, e qualche sloveno.

I posti disponibili nel campo, nel 1942, a causa della costruzione di servizi igienici, erano stati diminuiti a 96. Il 9 agosto dello stesso anno, si registra la presenza di tre internati appartenenti alla "setta religiosa Teosofia. Il 28 successivo, dopo l’arrivo di undici internati, il campo di Notaresco raggiunse le 99 presenze con tre internati in più.

Nel 1943, i posti a disposizione nel campo risultavano 70, perché in un locale si era finalmente approntata l’infermeria. Nonostante ciò, il Ministero dell’Interno, a Notaresco, continuò ad inviare internati e fino al luglio 1943 il campo rimase sovraffollato . Nell’agosto successivo, per la presenza di cimici, alcuni locali vennero sgomberati e gli internati diminuirono intorno alle 70 presenze.

Nell’autunno 1943, dopo che numerosi internati lasciarono il campo, ne rimasero a Notaresco 21.

Nel gennaio 1944, il direttore De Nigris venne sostituito dall’avvocato Domenico Rotini, e le presenze nel campo scesero a 5.

Nell’aprile seguente, il Questore di Teramo Alberto Zardo dispose che tutti gli internati di Notaresco venissero trasferiti al campo di Corropoli. Ma, i due internati ancora presenti non vennero trasferiti perché avevano chiesto di rimanere a Notaresco come liberi internati per fare i lavori agricoli.

Il campo di Notaresco, nonostante fosse oramai prossimo alla chiusura, continuò a registrare la presenza di 5 internati fino al giugno 1944.

2.15. I campi di concentramento di Tortoreto Stazione (Alba Adriatica) e Tortoreto Alto.

A Tortoreto il campo di concentramento era stato allestito in due edifici distanti, l’uno dall’altro, circa sette chilometri: uno di essi, la villa di proprietà di Francesco Tonelli, si trovava a Tortoreto Stazione (l’attuale Alba Adriatica), sulla via statale Pescara-Ancona a trecento metri dalla stazione ferroviaria, mentre l’altro, un vecchio fabbricato di proprietà di Nicola De Fabritiis, si trovava a Tortoreto Alto in piazza della Concordia.

La direzione del campo di Tortoreto, come per altri campi composti da più edifici, fu unica, anche se con notevoli difficoltà di gestione, dovuta alla distanza dei due fabbricati. All’inizio, a Tortoreto, per la mancanza sia del Podestà che del Commissario prefettizio, il campo rimase senza direttore. In seguito, nell’agosto 1940, il Ministero dell’Interno inviò a dirigere il campo, il Vice Commissario Vito Lillo, sostituito nel 1941 dal Vice Commissario Pietro Castro.

La vigilanza, all’edificio di Tortoreto Stazione, era garantita da un appuntato e da quattro carabinieri della locale caserma, in quello di Tortoreto Alto, invece, da due agenti di P.S. che alloggiavano in un locale vicino al campo. L’assistenza sanitaria, agli internati della villa Tonelli era affidata al Dott. Nicola De Santis, a quelli che si trovavano nel fabbricato di proprietà del sig. De Fabritiis al Dott. Ercole Tolò. In seguito, ad occuparsi delle condizioni mediche di tutti gli internati, sarà il Dott. Falò, Ufficiale Sanitario del comune.

Nel luglio 1940 la ditta Montuori terminò l’allestimento del casermaggio per 115 posti complessivi. I primi 8 internati, tutti ebrei di varie nazionalità (ceca, tedesca, polacca e italiana), arrivarono verso la fine dello stesso mese.

Il 15 settembre, il campo di concentramento di Tortoreto contava 103 internati, quasi tutti ebrei tedeschi. I quali, in 25 erano internati nell’edificio di Tortoreto Alto, e in 78 in quello di Tortoreto Stazione.

La villa Tonelli, nell’autunno del 1940, subì alcuni lavori di adattamento, in particolare la costruzione della fognatura e dei servizi igienici. Per approntare tali strutture i posti disponibili nel campo diminuirono a 105.

Nel 1941, dopo alcuni trasferimenti avvenuti all’inizio dell’anno, gli internati presenti saranno 79, quasi tutti ebrei tedeschi.

Il 28 aprile 1941, gli internati di Tortoreto inviarono al "Duce", per ringraziarlo dell’aumento del sussidio giornaliero, due disegni, il primo riproduceva la "Villa Tonelli" e il secondo la "Torre dell’orologio" di Tortoreto Alto.

Nell’aprile dell’anno successivo, l’Ispettore Generale Medico descriveva il campo di Tortoreto Alto

senza acqua corrente per insufficienza della pressione (acquedotto del ruzzo). Ospita 24 israeliti, uomini in maggioranza tedeschi internati da quasi due anni. Vi è un ambiente per l’infermeria; occorrerebbe impiantarvi una doccia con scaldabagno. Per mangiare gli internati si recano nelle trattorie del paese. Per lavare le biancherie si danno a lavandaie del paese.

Lo stesso Ispettore descriveva anche quello di Tortoreto Stazione:

ospita 51 israeliti, in maggioranza tedeschi e polacchi. Vi è una cucina e refettorio, perché gli internati mengiano dentro. Vi è infermaria con tre letti. Manca un impianto doccia con relativo scaldabagno. L’approvvigionamento idrico è dato da pozzi come nel resto dell’abitato. Lo smaltimento dei liquami avvieni in pozzi neri.

All’inizio del 1942, il direttore Castro venne sostituito dal Commissario Aggiunto Umberto Nardi, che a sua volta, nel corso dello stesso anno, sarà rimpiazzato dal Commissario Aggiunto Filiberto De Raffaele.

Verso al fine dello stesso anno, il campo, con 111 internati, era sovraffollato e solo nel febbraio 1943 il numero degli internati presenti diminuì a 97.

Nel marzo 1943, essendoci nelle vicinanze del campo di Tortoreto Stazione un aereoscalo di fortuna, il maresciallo dell’areonautica, Giovanni Santilli, dopo un ispezione al campo, riteneva villa Tonelli idonea ad essere adibita a scuola di pilotaggio. Successivamente, visto che la zona costiera abruzzese era diventata importante dal punto di vista bellico, le autorità militari chiesero più volte, al Ministero dell’Interno, che la villa venisse utilizzata per scopi militari. Contemporaneamente, alla prefettura e alla questura di Teramo, arrivarono numerose lettere, con le quali si chiedeva

il trasferimento degli internati di Tortoreto, in località non costiera, perché non essendo la Villa Tonelli recintata e sufficientemente vigilata da carabinieri ed agenti, poteva riuscire facile agli internati, avere contatto con elementi al soldo del nemico, e compiere atti di sabotaggio, specie sulla ferrovia poco distante dal campo.

Il 5 maggio 1943, viste le preoccupazioni delle autorità militari su possibili sabotaggi e attività di spionaggio da parte degli internati di Tortoreto, il Ministero dell’Interno dispose che il campo venisse sgomberato per poi essere utilizzato per l’internamento di uomini responsabili di infrazioni annonarie.

Nell’estate dello stesso anno, i circa 90 internati presenti (ebrei di varie nazionalità e slavi) vennero trasferiti in altri campi. Dopo questo trasferimento, il campo di concentramento di Tortoreto per alcuni giorni rimase vuoto; in seguito, nel luglio 1943, solo l’edificio di Tortoreto Alto tornò ad essere occupato da 12 internati, italiani che avevano commesso delle infrazioni annonarie.

Nel frattempo, poichè il direttore De Raffaele, il 12 luglio, era stato richiamato dalla questura di Teramo, la direzione del campo venne affidata temporaneamente al podestà di Tortoreto. Nell’agosto successivo, il Ministero dell’Interno inviò a dirigere il campo, il Capo di P.S. Attilio Capurro.

Il 3 settembre 1943, erano 8 gli internati presenti nel campo di Tortoreto Alto, nel novembre successivo, solo due internati, italiani che avevano commesso reati annonari, rimasero nel campo. Il 6 dello stesso mese, il Ministero dell’Interno dispose la chiusura del campo e il trasferimento al campo di Corropoli dei due internati.

2.16. Gli zingari internati nel campo di concentramento di Tossicia.

Il campo di concentramento di Tossicia fu il campo, tra quelli istituiti in provincia di Teramo, con le maggiori carenze igienico sanitarie. Gli internati a Tossicia furono costretti a vivere in condizioni disumane. Il campo, per tutto il periodo nel quale rimase aperto, malgrado le varie denuncie sul suo stato da parte degli Ispettori Generali e della Croce Rossa, non subì nessuna opera di ristrutturazione o di allestimento di strutture che ne migliorassero l’abitabilità.

Il campo di Tossicia era composto da tre stabili. Due di essi, quello di proprietà di Giulio De Fabii e di Francesco Mattei e quello di proprietà dell’avvocato Domenico Mirti, entrambi in piazza Regina Margherita, vennero adibiti a campo di concentramento nel giugno 1940. Mentre i locali di proprietà di Alfredo Di Marco vennero presi in affitto, dal Ministero dell’Interno, solo nel novembre 1941.

Il campo venne diretto fino alla sua chiusura dal podestà Nicola Palumbi, coadiuvato dal vice podestà Mario Franceschini e dal segretario comunale Michele Marano .

La vigilanza era garantita dal maresciallo e dai quattro carabinieri della locale stazione, che si trovava a circa cinquanta metri dai primi due edifici

Dell’assistenza sanitaria agli internati se ne occupava il Dott. Giovanni Palumbi.

I primi internati arrivarono a Tossicia nell’agosto 1940, ed erano quasi tutti ebrei tedeschi. Il 16 settembre, dopo l’arrivo di alcuni cinesi, il campo raggiunse le 27 presenze. Nel mese successivo altri cinesi vennero inviati, dal Ministero dell’Interno, a Tossicia, e il campo , nel novembre 1940, risultava quasi interamente occupato da 112 internati.

La ditta Montuori, addetta al casermaggio del campo, aveva allestito 115 posti, invece dei 135 inizialmente preventivati. Anche con questa diminuzione, a detta del Dott. Palumbi e del tecnico della ditta, i posti letto allestiti, per la mancanza di spazio e per le condizioni dei locali, erano eccessivi.

Nel corso del 1941, i pochi internati di nazionalità tedesca vennero trasferiti, ed a Tossicia rimasero solo i cinesi.

Il campo, nei primi mesi del 1942, risultava oramai completo, gli internati, costretti a vivere in poco spazio e in pessime condizioni igieniche, iniziarono a dare segni di insofferenza.

L’Ispettore Medico, nell’aprile 1942, descriveva "casa Fabii" in questo modo:

ospita 48 individui, con eccessivo affollamento per cui le brande sono contigue. La capacità sarebbe al massimo di una ventina di persone. La più parte mangia in casa per cui vi è la cucina che funzione anche da refettorio. Manca l’infermeria nonché il bagno. L’approvvigionamento idrico è dato dall’acquedotto del Ruzzo, ma nella casa la conduttura non funziona. Vi sono state costruite due latrine, naturalmente senz’acqua. Lo scarico dei liquami luridi avviene in pozzi neri i quali per insufficiente capacità traboccano.

L’Ispettore, nella relazione denunciava anche lo stato in cui si trovavano gli altri due edifici,

casa Mirti, dove sono accumulati 69 individui anche qui con eccessivo affollamento. Il refettorio è senza finestra qui vi è acqua. Manca l’infermeria e il bagno. Anche qui i pozzi neri sono traboccanti. Casa di Marco, dove sono alloggiati 10 uomini anche qui manca l’acqua. la cucina è microscopica. La latrina primitiva. Non vi è infermeria ne doccia. Le biancherie vengono date a lavare a lavandaie del paese.

Il 16 aprile 1942, sei cinesi, affetti da scabbia, vengono allontanati dal campo.

Un mese dopo, come già precedentemente detto, i cinesi internati a Tossicia vengono trasferiti al campo di Isola del G. Sasso.

In seguito al trasferimento dei cinesi il campo rimase vuoto fino al 22 giugno , quando arrivarono 35 zingari provenienti da Lubiana.

Nel luglio successivo altri zingari vennero inviati a Tossicia, e il campo, nell’autunno 1942, raggiugerà le 115 presenze.

Con i posti letto diminuiti a 86, poiché i locali Di Marco erano tenuti a disposizione per l’isolamento di malati infettivi, gli internati presenti nel campo erano pur sempre in sovrannumero.

Gli zingari erano composti da nuclei familiari in maggioranza appartenenti al gruppo Hudorovic (altri gruppi di minore consistenza: Levakovic, Brajdic, Rajhard e Malavac). Dall’agosto 1942 al settembre 1943, ben 9 bambini nascono nel campo. Gli internati erano costretti a vivere in condizioni miserevoli, ammassati nei due fatiscenti edifici; alcuni di essi anche senza indumenti, dormivano per terra. Il mangiare era poco e razionato, con il sussidio governativo italiano insufficiente a sfamare tutti, riuscivano a sopravvivere grazie al manghel (mendicare) delle donne più anziane nei paesi limitrofi.

L’Ispettore Generale di P.S., Nicola Lorito, il 3 settembre 1943, riferiva, al Ministero dell’Interno, che nel campo di Tossicia, "si trovano 116 internati componenti famiglie di zingari. Sono molto incuranti delle normali esigenze di vita, usi e costumi; nel complesso sono disciplinati e rispettosi, ma smaniosi di libertà".

Il 26 settembre successivo, i carabinieri di Tossicia comunicavano al podestà, direttore del campo, che "gli internati zingari del locale campo in n. 118, compresi bambini e donne, approfittando della mancanza totale di illuminazione anche nelle private abitazioni, di un forte vento e del tempo piovigginoso, alla chetichella, senza far rumore alcuno, privi di scarpe, si sono allontanati per ignota destinazione". La lettera dei carabinieri aggiungeva, in oltre, che "i predetti, si vuole che si siano diretti verso Bosco Martese, essendo essi venuti a conoscenza nella giornata di ieri; che ivi, vi era concentramento di fuggiaschi, dato che simili dicerie circolano nel paese".

Dopo l’evasione degli zingari il campo rimase inutilizzata; successivamente, nel dicembre 1943, parte del casermaggio venne adibita ad alloggio per gli sfollati provenienti da Napoli.

 

CAPITOLO III

La gestione e la vita nei campi di Concentramento

 

3.1. Direzione e vigilanza dei campi di concentramento.

La direzione dei campi di concentramento abruzzesi venne affidata, come abbiamo visto, a Commissari (vice o aggiunti) di P.S. oppure ai podestà dei paesi dove i campi erano stati istituiti. Il loro principale ruolo, oltre a quello di amministrare il campo, era quello di far rispettare le disposizioni previste per gli internati, avevano, inoltre, il compito di segnalare alle prefetture eventuali lavori per la manutenzione dei campi, di redigere un regolamento interno del campo e mantenere aggiornate l’elenco delle presenze, di pagare i sussidi inviati dal Ministero dell’Interno, controllare i pacchi e la corrispondenza che arrivavano nel campo, denunciare agli organi competenti eventuali infrazioni o irregolarità da parte degli internati e punire quelli più indisciplinati. A proposito delle punizioni che i direttori potevano infliggere, Maria Eisenstein nel suo diario scriveva che essi

possono fare, quando vogliono, mille cose, senza motivi seri. Basta che gonfino una sciocchezza: ecco tutto. Astraendo dalle punizioni gravi come il carcere, le isole, il campo di rigore, ci sono quelle leggere, più che altro seccanti: proibizione di uscire dalla casa, sospensione dei permessi per recarsi in città, ecc.. Però ci sono anche le punizioni private non ufficiali, che sono le più odiose: la posta non ci viene consegnata per delle settimane - e qui dentro si vive per la posta - cicchetti perché fumiamo - le donne oneste non fumano! - perché leggiamo - fate la calza o qualche altro lavoro utile! - perché ci mettiamo la cipria - volete conquistare un carabiniere? - perché siamo in ritardo all’appello o alla mensa - perché parliamo con le donne di servizio - perché siamo, insomma. Sì, perché siamo.

Il comportamento dei direttori, a seconda dei campi, fu differente. Nei campi di Istonio, Tollo, Città S. Angelo, Civitella, Corropoli e Tossicia, il regolamento venne applicato in modo più rigido e concessa meno libertà agli internati, il che può essere attribuito, in alcuni casi, alla "maggiore pericolosità degli internati", in altri, semplicemente alla severità dei singoli direttori.

Spesso questi ultimi venivano sostituiti dal Ministero dell’Interno, perché ritenuti dagli Ispettori Generali poco idonei a dirigere determinati campi oppure trasferiti su loro stessa richiesta.

Per la sorveglianza, era previsto che in tutti i campi bisognasse istituire un posto fisso di RR.CC., questo non avvenne per tutti i campi abruzzesi, quando erano situati vicino la caserma dei carabinieri oppure, quando per ragioni di spazio, era difficile creare il posto fisso all’interno.

I carabinieri nei campi di Istonio, Città S. Angelo, Civitella del Tronto e Tortoreto Alto, vennero affiancati, nel servizio di vigilanza, da due agenti di P.S..

Gli addetti alla sorveglianza dovevano montare la guardia giorno e notte agli edifici adibiti a campi di concentramento, controllare il rispetto del regolamento vigente nel campo, in caso di infrazioni redigere al direttore il rapporto sull’accaduto e fare l’appello al mattino, a mezzogiorno e la sera.

Compito dei carabinieri e degli agenti di P.S. era anche quello di accompagnare, durante i vari trasferimenti, gli internati, che spesso venivano tenuti, durante il tragitto, con i "ferri ai polsi".

Alla stazione ferroviaria di Giulianova vennero inviati "un funzionario e due agenti in divisa con ordine di presenziare tutti i treni in arrivo per ricevere internandi". Appena arrivati a Giulianova, gli internati erano "raccolti" nei locali dell’albergo Kursall per poi essere smistati nei campi della provincia di Teramo.

3.2. L’alimentazione.

Il Ministero dell’Interno, con un telegramma inviato il 30 maggio 1940 ai Prefetti delle province dove dovevano essere istituiti i campi di concentramento, ordinò di "predisporre accordo autorità locali anche servizi approvvigionamento viveri e mezzi di confezione vivande".

I Prefetti abruzzesi stipularono accordi con trattorie, esercizi alimentari e con qualche contadino, per assicurare l’approvvigionamento alimentare. Una volta contattati i fornitori gli internati acquistavano, utilizzando gran parte del loro sussidio governativo, i viveri necessari.

Le internate di Lanciano acquistavano i generi alimentari dalle contadine del luogo, che spesso, approfittando dello stato di necessità nel quale si trovavano, aumentavano i prezzi. Questo provocava le loro lamentele:

paghiamo alle contadine prezzi superiori a quelli che sono use ottenere sul mercato, non ci vendono le loro mercanzie. Inutilmente spieghiamo a queste donne che risparmiamo loro un quarto d’ora di cammino all’andata e uno al ritorno e il tempo di vendere al mercato stesso, nonostante la concorrenza. E’ come parlare al muro. Ci credono molto ricche, perché parecchie di noi si vestono molto bene e, comunque, in maniera cittadina: anche se fingono di credere alle nostre proteste di libertà e ai nostri giuramenti, quando si tratta di pagare, dobbiamo dare più delle persone libere. Le persone libere intanto, si sono lamentate più volte con le autorità politiche e municipali perché noi internate roviniamo la piazza.

Nei campi dove fu possibile, venne approntata una mensa comune, che veniva gestita, quasi sempre, dagli stessi internati, i pasti venivano consumati all’interno del campo e tutti contribuivano all’acquisto dei viveri. Di solito, nei primi mesi del 1940, la direzione dei campi tratteneva 5,5 lire del sussidio giornaliero per acquistare i generi alimentari. Nel corso della guerra i soldi che gli internati dovevano versare per il vitto aumentò considerevolmente; in più gli internati del campo di Corropoli, nel 1942, davano 6,50 lire al giorno al fornitore. Nel novembre dello stesso anno il direttore, per avere un miglioramento quantitativo delle razioni, decise di portare a 7 lire la quota da versare, e a ciascun internato veniva corrisposto

al mattino un quarto di latte misto a surrogato; al mezzogiorno ad un piatto di minestra di circa 300 grammi composto di pasta e patate o pasta, patate e fagioli; di un secondo composto di 100 grammi di carne quanto il mercato ne è provvisto, di verdura e frutta fresca in misura di 150 o 200 grammi, ovvero di 60 grammi di formaggio o di 70 di marmellata, e di 150 grammi di pane. nelle 7 lire sono compresi i condimenti e la legna per cucinare.

Il trattamento alimentare previsto non venne sempre rispettato dal fornitore, e a Corropoli, come in altri campi, si verificarono diversi episodi di borsa nera".

Nei campi dove non fu possibile approntare una mensa comune, gli internati consumavano i pasti nelle locali trattorie oppure, come accadde a Isola del Gran Sasso, presso alcune famiglie, che, in cambio di denaro, cucinavano anche per alcuni di loro.

Nel campo di Nereto

gli internati che non dispongono di mezzi diversi dal sussidio governativo, fanno cucina comune: mangiano una minestra il mattino, un’altra la sera, e un pezzo di pane ‘integrale’ prelevato con la carta annonaria individuale. I facoltosi (si fa per dire) cioè coloro che ricevono soccorsi in denaro da parenti ed amici ‘ariani’, hanno l’autorizzazione di prendere i pasti, alla presenza dei Carabinieri, comandati a sorvergliarli, nelle trattorie di Laura Fagotti, Teresa Di Gaetano, Giulia De Gregoris: anche qui il nutrimento consiste nel piatto di minestra a pranzo e a cena e nei duecento, poi centocinquanta, grammi di pane della tessera. Ma ogni tre quattro giorni, la tavola di questi ‘privilegiati’ è allietata da un ‘pezzo di carne di castrato’. Il tutto per una lira a coperto.

Nel prendere in considerazione il trattamento alimentare degli internati nei campi abruzzesi, bisogna tenere presente che in una situazione di economia di guerra per tutti, sia liberi che internati, era difficile riuscire a sfuggire alla fame. Nel 1942, con l’inasprirsi della guerra, gli internati avevano maggiori difficoltà a reperire cibo e ciò provocava malcontento e proteste, le quali, dopo numerose denuncie da parte anche della Croce Rossa, portarono, il 29 marzo 1943, il Ministero della Guerra e quello dell’Agricoltura e Foreste ad emanare le disposizioni per il

· trattamento alimentare dei prigionieri di guerra e degli internati civili (rastrellati):

internati in campi di concentramento nel Regno

1°) -protettivi: identico trattamento alimentare previsto dal tesseramento per la popolazione civile nella località ove a sede il campo di concentramento con l’integrazione di un assegno giornaliero di £.5 a testa, da destinarsi all’acquisto di generi di libero commercio con i quali integrare la razione viveri (verdura, frutta, vino, ecc.). Gli internati civili occupati in lavori hanno in oltre diritto alle stesse razioni supplementari previste per i lavoratori italiani a parità di condizioni di impiego.

2°) -repressivi: identico trattamento alimentare dei detenuti, con l’integrazione di un assegno giornaliero di £.2 a testa, da destinare all’acquisto di generi di libero commercio.

3°) -bambini ragazzi fino a 18 anni internati per protezione o per repressione: identico trattamento alimentare stabilito, a parità di età e di condizioni, per i bambini e i ragazzi italiani nel Regno.

Per i "campi di concentramento fuori dal Regno", era previsto che agli internati venisse somministrata la stessa quantità di generi alimentari che spettava alla popolazione civile del luogo. Coloro che si trovavano in "particolari condizioni di salute, i quali non erano ricoverati in stabilimenti sanitari" avevano "diritto alle identiche razioni normali o supplementari previste per gli italiani nelle medesime condizioni"

Nonostante le nuove norme, la condizione alimentare degli internati nei campi abruzzesi nel 1943 divenne sempre più difficile. Il direttore del campo di Istonio, il 14 maggio 1943, lamentava che la ditta Molino, che gestiva la mensa, "con i 315 chili di pasta e 60 di riso" assegnati mensilmente dall’Ufficio Provinciale dell’Alimentazione, non riusciva a dare un minimo di minestra ai 154 internati presenti nel campo.

Nell’ultimo periodo in cui i campi rimasero aperti, in particolare quelli in provincia di Teramo, le condizioni di vita degli internati peggiorarono sensibilmente. I generi alimentari diventarono introvabili ed i prezzi proibitivi, specialmente per gli internati che, con le loro scarse risorse, erano costretti ad acquistare i viveri al mercato nero.

3.3. Sussidi e assistenza.

Gli internati indigenti, ossia coloro che possedevano meno di 400 lire, avevano diritto ad un sussidio giornaliero, che era identico a quello previsto per i confinati politici: 6,50 lire agli uomini, 4 lire alle donne non sposate (altrimenti 1.10 lire), 0,55 lire per ogni figlio a carico, 50 lire quale indennità di alloggio agli internati "liberi". Agli internati privi di mezzi, inoltre, veniva concessa una "carta individuale d’abbigliamento", con la quale potevano richiedere i vestiti e le calzature, documentandone l’effettiva necessità, al Ministero dell’Interno.

Il sussidio governativo veniva quasi interamente utilizzato, dagli internati, per acquistare i generi alimentari e poco rimaneva per far fronte ad altre necessità: le stesse autorità lo identificavano, infatti, come "sussidio di soccorso alimentare".

Con l’aumento dei prezzi e con la svalutazione della lira, il sussidio corrisposto inizialmente era insufficiente a garantire un livello accettabile di sussistenza, così nel corso della guerra venne aumentato. Il primo aumento si ebbe per il sussidio degli "internati liberi"; il 28 ottobre 1940, il Ministero dell’Interno inviò a tutti i "Prefetti del Regno" un dispaccio telegrafico nel quale si faceva presente che

Il Duce ha disposto che sussidio ai familiari indigenti autorizzati da questo ministero a convivere con confinati politici o con internati sia portato, a decorrere dal 1° novembre p.v., seguente misura:

£. due per la moglie, £. una per ogni figlio d’età inferiore a quindici anni et £. due per ogni figlio età superiore ai quindici anni et fino maggiore età. Ai figli di età maggiore va dovuta alcun sussidio salvo casi speciali da segnalare con singoli rapporti.

Tale sussidio non est naturalmente dovuto ai familiari autorizzati convivere proprie spese con confinati aut internati.

Il 1 maggio 1941, il sussidio venne portato a 8 lire per gli uomini, 4 lire per le mogli, per i figli e i conviventi a carico maggiorenni, mentre per i figli e i conviventi minorenni 3 lire . Il 1 luglio 1944 il sussidio che spettava al capo famiglia era di 9 lire, 5 lire alle mogli, 4 lire per ogni figlio o familiare a carico, mentre le 50 lire mensili concesse per l’alloggio agli "internati liberi" rimase invariato.

All’ingresso nei campi il sussidio era corrisposto a tutti gli internati, ma in seguito, ad accertamenti da parte delle Prefetture, il suo mantenimento venne subordinato all’effettivo riscontro dello stato di indigenza, ed il provvedimento aveva efficacia retroattiva, tanto che, se tale stato non veniva riscontrato, le somme erogate dovevano essere restituite.

Questo portava gli internati in una situazione al limite della sussistenza, ma grazie agli aiuti di varie organizzazioni riuscivano a superare i periodi più difficili.

Gli ebrei, tramite la DELASEM (Delegazione Assistenza Emigrati Ebrei) di Genova e la "Mensa dei Bambini" di Milano, ricevevano assistenza economica, religiosa, medica e culturale. La Croce Rossa Italiana e Internazionale (quest’ultima, tramite il suo delegato in Italia Pierre Lambert) oltre a fornire assistenza, ispezionava i campi, accompagnato dall’Ispettore Generale Rosati, e denunciava i casi dove il trattato di Ginevra non veniva rispettato. Gli internati dei paesi nemici, specialmente inglesi e francesi, ricevevano aiuti dalla Delegazione Svizzera e dall’Ambasciata Americana. La Santa Sede, tramite i sacerdoti che curavano l’assistenza religiosa degli internati cattolici , contribuì, in alcuni casi, a fornire mezzi ai più bisognosi.

L’assistenza sanitaria, come abbiamo visto precedentemente, veniva garantita dai medici condotti che effettuavano visite individuali e periodicamente visite generali.

3.4. Condizioni igieniche e sanitarie.

Le condizioni igieniche e sanitarie dei campi abruzzesi, nella maggior parte dei casi, risultavano essere pessime. Questo era da ricondurre, soprattutto, allo stato degli edifici adibiti a campi di concentramento. I medici provinciali, addetti al controllo igienico e sanitario dei campi, la Croce Rossa Internazionale e gli Ispettori Generali, spesso denunciarono le carenze nelle quali questi si trovavano. In alcuni periodi, a causa del sovraffollamento, parte degli internati furono costretti a dormire per terra ammassati nelle camerate. Nonostante parte dei locali, quasi sempre umidi con gli infissi inadeguati, venissero riscaldati con delle stufe a legna, il freddo pungente nei mesi invernali, in particolare nei campi di Lama dei Peligni, Casoli,Civitella del Tronto, Isola del Gran Sasso e Tossicia, era insopportabile, e causò numerose malattie da raffreddamento (reumatismi, artriti, influenze e polmoniti). Oltre a queste, le malattie più ricorrenti, diagnosticate dai medici condotti, erano: tubercolosi, poliomenite, tifo, scabbia, amenorrea, dissenteria, imbarazzi gastrico febbrili, eternite acuta, blenoraggia e, specialmente nel campo femminile di Lanciano, minacce di aborto, esaurimento nervoso e attacchi isterici. Nel campo di Tollo, gli internati vennero messi in quarantena poichè infestati dai pidocchi. Nei casi di malattie più gravi, che non potevano essere curate nelle infermerie, allestite in quasi tutti i campi, gli internati venivano ricoverati nell’ospedale più vicino, mentre i "folli" erano portati nell’ospedale psichiatrico di Teramo.

Nel 1943, venne data la possibilità alla "Commissione Medica Mista", che si occupava, in base all’art. 68 della Convenzione di Ginevra, dei prigionieri di guerra, di visitare gli internati civili di nazionalità inglese per l’eventuale rimpatrio. Nel settembre dello stesso anno per sei internati di Civitella, affetti da varie malattie croniche, la Commissione che diede parere positivo per il rimpatrio

In una circolare del Ministero dell’Interno, sul "pagamento rette e spedalità per italiani e stranieri internati", dell’11 agosto 1940, si precisava che le spese ospedaliere "per gli italiani internati, sono a carico dell’Ente che vi è tenuto per Legge", invece per gli stranieri sono a carico del Ministero dell’Interno, e le Prefetture nella cui giurisdizione si trovava l’internato, dovevano provvedere ad includere le spese sul rendiconto mensile che andava a gravare sul fondo speciale per i campi di concentramento. Agli indigenti, nel periodo del ricovero, non veniva corrisposto il sussidio. Le spese per i medicinali, all’inizio, salvo quelli destinati alle cure specialistiche (operazioni, analisi, protesi dentarie ecc.) che comportano un certo costo, erano a carico del Ministero dell’Interno. Successivamente, nella circolare del 28 settembre 1941, lo stesso Ministero rettificò le precedenti disposizioni, prevedendo che

per quanto riguarda gli stranieri, dovranno essere poste a carico di questo Ministro le spese di cui oggetto soltanto quando si riferiscono a sudditi di paesi nemici internati nei campi di concentramento.

Per gli altri stranieri ristretti nei campi di concentramento, come per quelli che si trovano nelle località d’internamento e per i connazionali, dovranno invece essere eseguiti i consueti accertamenti sulle loro condizioni economiche per stabilire se le spese in parola debbono o meno essere poste a carico dell’Erario.

Si conferma, infine, che a tutti i connazionali e stranieri, sia abbienti che indigenti, internati nei campi di concentramento debbono essere concessi gratuitamente i soccorsi d’urgenza;

di conseguenza, gran parte degli internati che non erano sudditi di uno Stato nemico e non erano indigenti dovettero provvedere da soli alle spese per le cure mediche.

Un altro particolare disagio, per gli internati nei campi abruzzesi, era rappresentato dalla difficoltà di potersi curare le malattie dentarie, poiché, nelle maggior parte dei casi, dovevano pagare sia lo specialista che le spese del viaggio.

3.5. Corrispondenze Postali.

L’arrivo della corrispondenza era per gli internati uno dei momenti più attesi. Il poter avere notizie dei familiari e dagli amici diventava uno dei pochi momenti che interrompevano la noia e l’isolamento su quello che accadeva al di fuori dal campo. A causa dei ripetuti spostamenti degli internati da un campo all’altro, la Croce Rossa Internazionale stentava a tenere sempre aggiornati i parenti sulla loro nuova destinazione e questo provocava, la dispersione delle lettere e dei pacchi inviati.

La corrispondenza sia in arrivo che in partenza, venivano controllati dal direttore del campo oppure dal podestà. Nel revisionare i pacchi spesso i direttori e le direttrici ne approfittavano per prendere parte di quello che veniva spedito agli internati. Maria Eisenstein nel suo diario denunciava la direttrice, Maria Fusco Marfisi:

non sappiamo se tutte derubino le internate come ha fatto la nostra specialmente fino all’arrivo del Commissario. Naturalmente non ha mai detto: datemi cinquanta lire, o frugato nelle nostre cose a nostra insaputa. Ma c’è l’affare dei pacchi, che è per lei una cuccagna. Molti di noi ricevono pacchi con viveri, sigarette, libri eccetera da amici o parenti in Italia. All’arrivo qui nel campo dobbiamo: a) dare due lire al fattorino della posta che ci porta i pacchi, benché le spese postali siano coperte dal mittente e noi preferiremmo caso mai andare noi stessi a ritirarli alla posta; b) assistere alla censura dei pacchi della Marfisi. Non si è ancora dato il caso che alla Marfisi non sia piaciuto qualcosa in ogni pacco. Dice subito: "Che bello, questo formaggio, chi sa come è buono!" o "Guarda quante sigarette, queste sono la marca preferita da mio marito eccetera" e noi paghiamo il tributo.

Inizialmente la corrispondenza in partenza in lingua straniera degli internati nei campi abruzzesi, a causa della censura, veniva inviata all’ufficio statistica della locale Questura, dove fiduciari che conoscevano soprattutto l’inglese e il tedesco provvedevano alla traduzione. In seguito, con l’aumento degli internati e l’accresciuta diversità linguistica della corrispondenza, l’ufficio della Questura non riusciva a disimpegnare il servizio di revisione. Così, il Ministero dell’Interno, con una circolare, 3 agosto 1940, dispose che

sia soltanto permesso nella corrispondenza degli internati, l’uso delle lingue francese, inglese e tedesca. Qualora il Funzionario addetto non sia in grado di revisionare tale corrispondenza, le Questure potranno utilizzare gli interpreti che fanno parte delle Commissioni Provinciali di Censura. In mancanza degli interpreti, dovranno essere incaricate, per le traduzioni, persone di fiducia che abbiano buona conoscenza delle suddette lingue.

Nonostante questi provvedimenti, l’enorme quantità di corrispondenza metteva in crisi l’intero sistema della censura postale. Il Presidente della Commissione Provinciale di Censura di Teramo, nel gennaio 1942, denunciava a causa della quantità di lettere e cartoline postali, circa 50 al giorno, non si riusciva a smaltire la mole di lavoro.

Il 20 gennaio 1942, vennero emanate dal Ministero dell’Interno le "norme per corrispondenza pacchi e vaglia ad internati di guerra in Italia", da questo momento in poi la corrispondenza degli internati venne equiparata a quella dei prigionieri di guerra. In particolare, era previsto che le lettere e le cartoline dovevano essere scritte su apposito modulo, distribuito dalle autorità militari; nel caso "non sono distribuiti moduli appositi le lettere devono essere scritte su carta leggera, ed incluse ugualmente in busta leggera senza fodera. Le lettere e le cartoline devono contenere non più di 24 righe di scrittura". Inoltre, non erano ammesse raccomandate o espressi, né l’avviso di ricevimento, e i pacchi non potevano superare i 5 chilogrammi.

In base a questa normativa venne disposto che

la franchigia postale viene concessa ai prigionieri di guerra ed agli internati civili a causa della guerra soltanto agli effetti della reciprocità di trattamento nei riguardi dei nostri prigionieri di guerra ed internati civili nei paesi nemici. Pertanto questo Ministero, sentito il Dicastero delle Comunicazioni, Dir.Gen.PP.TT., è venuto nella determinazione di mantenere ferme le vigenti disposizioni circa la concessione della franchigia postale soltanto agli internati civili a causa di guerra. A tali effetti si precisa che debbono ritenersi internati civili a causa di guerra gli stranieri sudditi dei seguenti Stati nemici: Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Jugoslavia, Grecia, Panama, Guatemala, Costarica, Repubblica Domenicana, San Salvador, Cuba, Haiti, Honduras e Nicaragua. Tutti gli altri stranieri e connazionali debbono considerarsi internati per motivi di polizia e non debbono essere quindi ammessi alla franchigia postale.

Con questa disposizione gli internati nei campi abruzzesi, di nazionalità tedesca, polacca, cinese, italiana e gli apolidi furono costretti a pagare la corrispondenza e i pacchi che intendevano inviare.

3.6. Lavoro e tempo libero.

L’obbligo di lavorareper gli internati, all’inizio non era previsto, anche se quelli che si trovavano in difficoltà economica cucinavano, pulivano i locali del campo e le latrine in cambio di qualche lira che gli veniva corrisposta da quelli più "facoltosi".

Il 5 luglio 1942, Il Ministero dell’Interno inviò una circolare alle "Prefetture del Regno", nella quale si disponeva di

esaminare la possibilità, in relazione alle attitudini lavorative dei confinati ed internati d’impiantare, con le cautele del caso, piccoli laboratori per artigiani in modo da permettere agli internati e confinati stessi di potere dedicarsi a proficuo lavoro.

Inoltre, la circolare precisava che

gli internati ebrei potranno naturalmente essere autorizzati ad occuparsi soltanto in lavori per i quali per le disposizioni vigenti non sussista divieto. Essi pertanto non potranno esercitare attività professionali vietata agli appartenenti alla razza ebraica.

Gli altri internati ariani potranno esercitare la loro professione soltanto se nulla osti al riguardo da parte dei competenti organi sindacali.

Gli internati, tra sussidio giornaliero e salario, non potranno ricevere più di quanto percepisce la mano d’opera locale. Perciò il sussidio sarà ridotto o sospeso in modo che non superi il guadagno degli altri lavoratori.

Queste direttive, per quanto riguarda i campi abruzzesi, rimasero inattuate. Infatti le Prefetture di Chieti, Pescara e Teramo, risposero al Ministero che "non vi è possibilità di istituire, nei comuni sedi di campi di concentramento in questa provincia, laboratori od officine per l’avviamento collettivo al lavoro degli internati".

L’intento di rendere produttivi gli internati venne raggiunto nell’estate del 1943, quando in "occasione della mietitura nell’Agro Romano, in Puglia e Lucania", il Ministero delle Corporazioni richiese l’impiego di circa 1.500 internati. Non tutti potevano essere utilizzati, erano esclusi gli "elementi politicamente pericolosi" e quelli che erano già impiegati in lavori agricoli. Le Prefetture abruzzesi stilarono gli elenchi degli internati "idonei ai lavori agricoli", sia di quelli che si trovavano nei campi di concentramento, che di quelli stanziati nei comuni. Così, nel maggio 1943, circa duecento internati vennero inviati al "lavoro di falciatura e mietitura nell’Agro Romano-Puglie e Lucania".

Verso la fine del 1943 e agli inizi del 1944, con l’occupazione tedesca, gran parte degli internati vennero impegnati a scavare trincee e costruire fortificazioni.

Nei primi mesi di internamento le loro condizioni di vita migliorarono viste le scarse opportunità di lavoro, agli internati rimaneva un ampio margine di tempo libero, che spesso veniva impiegato con lunghe passeggiate al di fuori del campo, nei limiti previsti dal regolamento; e con il permesso del direttore, che si poteva ottenere dimostrandone la effettiva necessità, agli internati era concessa la possibilità di girovagare per il paese . In seguito tali "libertà" verranno concesse in misura sempre inferiore, a causa della crescente rigidità, nell’applicare il regolamento, da parte dei direttori .

Gli internati ebrei crearono all’interno dei campi delle piccole comunità, in particolare quelli di Civitella del Tronto, istituirono persino una scuola, dove, essendo gli internati raggruppati in famiglie anglo-libiche, oltre alla lingua inglese, si insegnava la lingua italiana e le altre materie delle classi elementari. La scuola era diretta da tre insegnanti che quotidianamente, riunivano tre gruppi di bambini delle famiglie anglo-libiche, per l’insegnamento.

Le festività e i culti religiosi erano consentiti: per la pasqua ebraica in alcuni campi venne distribuito il pane azzimo.

Tra gli internati di alcuni campi venne nominato il "capo campo", che si faceva carico delle istanze da presentare al direttore , il quale spesso aveva il suo fiduciario che, in cambio di varie agevolazioni, lo informava delle attività che venivano svolte dagli internati.

Ai campi era impedito l’ingresso ai non addetti e in modo assoluto a giornalisti e diplomatici. Familiari e amici potevano visitare gli internati solo se autorizzati dal Ministero dell’Interno. In caso di visita dei coniugi, gli internati potevano ottenere il permesso di passare la notte in un albergo o in una locanda del paese.

In queste condizioni, il tempo passato all’interno del campo sembrava interminabile: "ci aiutavamo reciprocamente nelle lunghe ore di forzato ozio , discutevamo di problemi politici, sociali e militari", molti lo occupavano leggendo i libri e i giornali italiani che secondo il Ministero della Cultura Popolare non erano "colpiti da interdizione".

3.7. Sovraffollamento e spostamenti.

In quasi tutti i campi abruzzesi si registrarono casi di sovraffollamento. In alcuni dei campi il sovrannumero delle presenze registrate fu di poco superiore rispetto alla capienza prevista, in altri si arrivò, anche per diversi mesi, a venti-trenta internati in più. Nei periodi di sovraffollamento, le condizioni di vita peggioravano, infatti per gli internati, costretti a dorminere ammucchiati e a condividere i già limitati spazi dei campi, aumentavano i rischi di malattie infettive e le razioni di cibo diminuivano.

Numerose sono le denunce degli Ispettori Generali e degli stessi direttori al Ministero dell’Interno, nelle quali si chiedeva di non inviare nuovi internati e di trasferire gli eccedenti.

Questo fu possibile solo in parte, perchè l’aumento dei provvedimenti di internamento nel corso della guerra e i limitati posti nei campi di concentramento rendevano difficile trovare nuove sistemazioni. Così si decise di rivedere la posizione degli internati e si adottarono vari provvedimenti di clemenza.

Nell’ottobre 1942, in occasione del ventennale della marcia su Roma, il Ministero dell’Interno propose 218 internati italiani per la concessione dell’atto di clemenza del "Duce", alcuni di essi si trovavano nei campi di Istonio e Nereto e nelle località d’internamento "libero" abruzzesi.

A questo problema, già di per sé grave, andò ad aggiungersi quello degli sfollati. Il 19 gennaio 1943, il Ministero, inviò una circolare alle Prefetture nelle quale si chiedeva

Data l’urgente necessità di sistemare nei comuni gli sfollati dai grandi centri, dovrà disporsi il graduale trasferimento nei campi di concentramento e nelle colonie di confine delle persone attualmente confinate ed internate nei comuni.

Siccome la disponibilità nei detti locali è molto limitata è necessario che sia riesaminata la posizione di tutti i confinati politici ed internati per le proposte di proscioglimento di quelli non pericolosi.

Inoltre le nuove proposte per assegnazioni al confino o per internamento nei campi di concentramento dovranno essere limitate alle persone effettivamente pericolose in linea politica.

Anche con queste nuove disposizioni, l’emergenza del sovraffollamento nei campi abruzzesi, accentuate dal crescente numero di sfollati provenienti dalle città del sud, non venne risolta.

Nel 1941, il Ministero dell’Interno, diede la possibilità agli internati di chiedere il trasferimento dai campi di concentramento alle località di internamento "libero". Questa opportunità venne concessa sopratutto a quelli che chiedevano di ricongiugersi con la famiglia, a quelli gravemente malati, ma sempre se veniva giudicato "elemento non pericoloso".

I trasferimenti degli internati da un campo all’altro avvenivano di continuo. Nelle relazioni dei direttori, sulle presenze, si riscontra che in quindici giorni in un campo potevano passare anche cinquemila internati. Questi continui spostamenti sono da ricollegare all’improvvisazione nella quale venne gestito l’internamento e alla confusione, accentuata dalle continue circolari, sulle norme da applicare.

Nei campi di concentramento abruzzesi non si registrarono casi di violenze premeditate o gravi maltrattamenti, le categorie di internati che vennero trattati in modo più duro furono gli slavi e gli zingari.

Le condizioni di vita variarono da campo a campo e, generalmente, divenirono più difficili nel corso della guerra, quando aumentarono i disagi e le incertezze sul proprio futuro.

Gli internati trovarono conforto nell’atteggiamento della popolazione, che, tranne in casi particolari, si dimostrò solidale e comprensiva nei loro confronti . Ma ciò non toglie l’amaro sfogo di Arturo Avicdor, internato a Nereto, che in un’intervista concessa a Italia Iacoponi ricorda

tutto il male che ci hanno fatto, non può essere cancellato. Per 4 anni sono stato privato della mia libertà, del mio modo di vivere e questi anni per me sono stati 10 anni della mia morte. La libertà che io desideravo ardentemente mi è stata privata. Non m’importava aver fame, soffrire, il peggio era che mi mancava la mia libertà. Per essa non c’è alcun prezzo. Posso dimenticare si, ma perdonare non mi è proprio possibile. Nel campo di concentramento le lunghe ore della giornata venivano occupate sempre al solito modo. Io studiavo, mangiavo quando c’era, discutevo e a volte anche si litigava. Dormivamo in 5-6 persone in una stanza. Un miscuglio di razze. Il mio letto si trovava in un angolo e io dovevo passare sopra 5 letti per poter arrivare al mio, il che era molto triste per me. Possedevamo un fornellino elettrico, qualcuno mangiava qui, altri mangiavano nell’albergo di Lauretta o di Silvio Lupini, dove ora c’è la sala da bigliardo. Poi se più di 30 persone aveva qualche soldo ci portavano anche al cinema, ma molto di rado. Alcuni internati erano musicisti, tenori e qualche volta venivano organizzati dei cori, cui era presente anche il Podestà. Di giorno ci facevano passeggiare lungo la Val Vibrata sempre sotto controllo dei soldati. Quando non avevamo altro da fare io Frenkel e Kalisiak organizzavamo delle partite di calcio e giocavamo.

 

CAPITOLO IV

L’OCCUPAZIONE TEDESCA

4.1. L’internamento e i campi di concentramento durante i quarantacinque giorni.

Dopo la caduta del fascismo, 25 luglio 1943, e durante i quarantacinque giorni, la situazione nei campi abruzzesi rimase pressoché immutata, anzi, per timore di evasioni o di possibili degenerazioni delle scene di giubilo da parte degli internati, all’inizio, si intensificò la sorveglianza. Prova ne è la nota inviata il 26 luglio dalla Questura di Teramo al campo di Tossicia: "stante l’attuale delicato momento, pregasi disporre che la vigilanza sugl’internati sia intensificata al massimo onde siano, nel modo più assoluto, evitati disordini od incidenti. All’uopo verranno inviati in ogni campo di concentramento, in servizio di rinforzo, n. 3 soldati ed un graduato di truppa. Si avverte inoltre che dovranno essere sospesi gli accompagnamenti in questo capoluogo [Teramo] di internati per cure sanitarie salvo casi di massima riconosciuta urgenza".

In seguito, anche se l’atteggiamento da parte di qualche sorvegliante diverrà più permissivo, le condizioni generali rimarranno identiche.

Il 27 luglio, il capo della polizia Carmine Senise inviò ai "questori del regno, dirigenti OVRA, direzione colonia confino Ventotene, Ponza e Tremiti", un "dispaccio telegrafico", nel quale si disponeva che venissero stilati gli elenchi dei confinati da liberare "escludendo sempre i comunisti e gli anarchici".

Una nuova circolare venne inviata "a questori del regno, dirigenti zone OVRA" dal capo della polizia, il 29 successivo:

Comunicasi che dovranno essere immediatamente liberati anche internati italiani sia campi di concentramento comuni liberi cui confronti provvedimento è stato adottato per attività politica non ripetesi non riferendosi comunismo et anarchia aut spionaggio aut irredentismo et non ripetesi non trattisi allogeni Venezia Giulia e territori occupati (.) Con analoghi criteri dovranno farsi cessare vincoli ammonizione confronti ammoniti politici (.) dovranno inoltre essere liberati ebrei italiani internati aut confinati che oltre a non aver svolto attività politica come sopra non abbiano commesso fatti speciale gravità (.) Questori competenti per giurisdizione sono pregati comunicare presente circolare et precedente Direttori Colonie Confino et Campi di Concentramento (.).

A questa circolare ne seguì un altra, del 2 agosto, nella quale, in grandi linee, si ribadivano le disposizioni precedenti e si dava maggior discrezionalità ai Questori e ai Prefetti nel valutare i singoli casi. Essendo costoro, rimasti gli stessi del periodo fascista, nella confusione della normativa le interpretazioni furono alquanto arbitrarie.

Il 14 agosto, il capo della polizia Senise dispose che "liberazione condannati, detenuti et internati politici si debbono estendere anche ai comunisti" e il 17 dello stesso mese venne esteso anche agli ebrei italiani comunisti.

Rimanevano "esclusi dalla liberazione dei condannati, detenuti, confinati et internati politici individui responsabili attività anarchica et spionistica et allogeni Venezia Giulia et territori occupati" e diversi altri che avrebbero dovuto essere liberati, ma che, con vari pretesti, continuarono ad essere trattenuti nei campi di concentramento.

Il 3 settembre 1943, i campi abruzzesi risultavano tutti attivi, e con un numero di presenze rimaste invariate rispetto al periodo precedente: Casoli n. 61; Istonio n. 143; Lama dei Peligni n. 46; Lanciano n. 43; Tollo n. 13, Città S. Angelo n. 79, Civitella del Tronto n. 185, Corropoli n. 158, Isola del Gran Sasso n. 147; Nereto n. 159; Notaresco n. 71; Tortoreto n. 8; Tossicia n. 116.

Per quanto riguarda gli ebrei, Badoglio, per timore di provocare reazioni da parte dei tedeschi, mantenne in vigore le leggi razziali, in questo modo, la maggior parte di essi rimase confinata nei campi di concentramento. Il 10 settembre, due giorni dopo l’armistizio tra l’Italia e gli Alleati, il capo della polizia, Senise, revocò il provvedimento d’internamento, ma ormai l’Italia era divisa in due. Gli ebrei che si trovavano nel territorio occupato dagli Alleati riconquistarono la libertà, mentre, quelli che si trovavano in territorio occupato dai tedeschi subirono una nuova e più violenta persecuzione.

4.2. I campi di concentramento dopo l’8 settembre.

Dopo l’armistizio, mentre i campi istituiti nell’Italia meridionale vennero liberati dagli Alleati, quelli che si trovavano nell’Italia centrosettentrionale continuarono a funzionare sotto l’occupazione tedesca e secondo le nuove norme della Repubblica Sociale Italiana.

Gli internati, in quasi tutti i campi, accolsero la notizia dell’armistizio con scene di giubilo; alcuni di loro, nei giorni che seguirono, approfittando della confusione e dello sbandamento degli addetti alla sorveglianza, riuscirono a fuggire.

Successivamente, i campi abruzzesi ebbero destini differenti. Il Prefetto della provincia di Chieti, verso la fine di ottobre, comunicava al Ministero dell’Interno che "in seguito agli avvenimenti bellici che si svolgono in questa Provincia i campi di concentramento in questa giurisdizione si sono automaticamente sciolti. Gl’internati sia dei campi che nei comuni d’internamento si sono nella massima parte dati alla latitanza mentre alcuni sono stati rastrellati dalle forze armate Germaniche". Gli altri campi, quello di Città S.Angelo e quelli in provincia di Teramo, tranne Tortoreto, rimasero funzionanti insieme a quelli che il Ministero dell’Interno il 26 novembre comunicò alla polizia germanica:

di 40 Campi di concentramento funzionanti fino a Giugno 1943 rimangono tutt’oggi soltanto i campi di Fabriano (Ancona), Civitella del Tronto (Teramo), Corropoli (Teramo), Isola Gran Sasso (Teramo), Nereto (Teramo), Notaresco (Teramo), Tossicia (Teramo), Fraschette d’Alatri (Frosinone), Civitella della Chiana (Ar), Montalbano di Rovezzano (Firenze), Bagno a Ripoli (Firenze) e Scipione di Salsomaggiore (Parma). Gli altri campi sono stati chiusi in seguito alle operazioni belliche nell’Italia meridionale e gli altri sgombrati dalle autorità militari germaniche dopo gli avvenimenti dell’8 settembre.

Data la sensibilissima diminuzione dei Campi di Concentramento e la necessità di sgomberare di urgenza, per motivi di carattere militare il Campo di Fraschette di Alatri, dove si trovano 2.000 internati, per le esigenze di polizia politica, occorrerebbero, nell’Italia settentrionale, quattro campi di Concentramento per la capienza complessiva di 4.000 persone.

Vista l’esigenza, da parte tedesca, di avere subito disponibili nuovi campi, verso la fine del 1943 e i primi mesi del 1944, vennero approntati i campi di:

·         - S. Martino di Rosignano Monferrato (Alessandria), con una capienza di 40 posti, per donne straniere, diretto dal Commissario Prefettizio Giovanni Zanello;

·         - Pian di Coreglia, comune di Orero (Genova), con una capienza di 300 posti, per donne, venne diretto da un aiutante della Guardia Nazionale Repubblicana ;

·         - Roccatederighi (Roccastrada Grosseto), con una capienza di 110 posti, per ebrei italiani e stranieri, venne diretto dal Sig. Gaetano Rizziello;

·         - Vallecrosia (Imperia), con una capienza di 150 posti, campo misto, venne diretto dal Vice Commissario Aggiunto Curci;

·         - Mantova (periferia), con una capienza di 70 posti, per ebrei, venne diretto dal Ragioniere della Prefettura Martiradone;

·         - Villa Vò Vecchio (Padova), con una capienza di 200 posti, per ebrei;

·         - Cortemaggiore (Piacenza), con 500 posti, venne diretto dal Capitano della Guardi nazionale Repubblicana Albino Pastorelli;

·         - "Istituto Morello", Spotano (Savona), aveva una capienza di circa 50 posti, per croati e italiani, il 30 aprile 1944 venne dismesso e gli internati trasferiti nel campo di Cairo Montenotte;

·         - Cairo Montenotte, Celle Ligure (Savona), istituito nella "Colonia Bergamasca", era già attivo dal febbraio 1943, aveva una capienza di 400 posti, per croati e italiani, venne diretto da un Tenente della Guardia Nazionale Repubblicana;

·         - Teramo (caserma Mezzacapo), con una capienza di 300 posti, per italiani, venne diretto dal Commissario Aggiunto di P.S. della Guardia Nazionale Repubblicana Filiberto Di Raffaele.

Oltre a questi campi, che dipendevano dal Ministero dell’interno, vennero utilizzati per internare i civili anche alcuni campi per prigionieri di guerra, che dipendevano dalle autorità militari, come quelli di Servigliano (Ascoli Piceno), Sforzacosta (Macerata) e il più tragicamente conosciuto Fossoli di Carpi (Modena) del quale ci occuperemo, insieme ai campi cosiddetti "anticamere dello sterminio", nel prossimo paragrafo.

4.3. La persecuzione degli ebrei e le "anticamere dello sterminio".

Le disposizioni del 10 settembre, e le altre emanate dal governo Badoglio vennero revocate dal governo della Repubblica Sociale Italiana, il 4 novembre 1943. Il 14-16 dello stesso mese, venne redatto il Manifesto programmatico della R.S.I., documento noto come la "Carta di Verona", che al punto sette stabiliva "Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica". Il 30 successivo, il Ministro dell’Interno, Buffarini-Guidi dispose, con "l’ordine di polizia n. 5", che:

1) Tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel territorio nazionale debbono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni mobili e immobili devono essere sottoposti a immediato sequestro in attesa di essere confiscati nell’interesse della RSI, la quale li destinerà a beneficio degli indigenti sinistrati dalle incursioni nemiche.

2) Tutti coloro che, nati da matrimonio misto, ebbero, in applicazione delle leggi razziali vigenti, il riconoscimento di appartenenza alla razza ariana, debbono essere sottoposti a speciale vigilanza dagli organi di polizia.

3) Siano pertanto concentrati gli ebrei in campo di concentramento provinciale, in attesa di essere riuniti in campi di concentramento speciali appositamente attrezzati.

Con questi provvedimenti, la RSI di fatto legittimò lo sterminio degli ebrei presenti in Italia, dando il supporto necessario ai nazisti per l’attuazione delle deportazioni.

Nel frattempo, tra il settembre e il novembre 1943, i tedeschi avevano compiuto eccidi e retate, dei quali ricordiamo: i 54 ebrei trucidati nella zona del lago Maggiore, 15-23 settembre , e il rastrellamento e la deportazione degli ebrei di Roma nell’ottobre 1943.

Nel dicembre 1943, in attuazione dell’ordinanza di polizia n. 5, le questure si attivarono per rintracciare gli ebrei. Una volta arrestati, in attesa di trasferirli nei campi di "raccolta", vennero rinchiusi, oltre che nelle locali carceri e in alcuni dei campi precedentemente citati, in quelli provinciali di:

·         - Aosta, caserma Mottina;

·         - Asti, seminario locale;

·         - Bagni di Lucca (Lucca);

·         - Calvari di Chiavari (Genova),

·         - Ferrara, locali del Tempio Israelitico

·         - Forlì, albergo Commercio in corso Diaz;

·         - Senigallia (Ancona), colonia Marina Unes;

·         - Mantova, Casa di Riposo Israelitica;

·         - Terme di Monticelli (Parma);

·         - Perugia, Istituto Magistrale;

·         - Reggio Emilia (provincia), Casa Sinigaglia prima, e poi a Villa Corinaldi, e successivamente a Villa Levi di Coviolo;

·         - Sondrio, edificio in via Nazario Sauro;

·         - Vercelli, cascina Ara Vecchia e successivamente nella casa di Riposo Vittorio Emanuele III;

·         - Verona, edificio in via Pallone;

·         - Piani di Tonezza (Vicenza), Colonia Umberto I.

A questi bisogna aggiungere i quattro campi, considerate vere e proprie "anticamere dello sterminio", dove, prima di essere deportati nei lager tedeschi, vennero "raccolti" la maggior parte degli ebrei precedentemente catturati.

1) Il campo di Borgo San Dalmazzo (Cuneo), attivo dal 18 settembre 1943, venne chiuso temporaneamente, per l’evacuazione dei prigionieri verso il campo di Drancy (Francia) il 21 novembre 1943 e successivamente riattivato fino a febbraio 1944. Era stato istituito nella locale caserma degli alpini e venne utilizzato come campo di raccolta e transito (Polizei-Haftlager).

2) Il campo di concentramento di Fossoli di Carpi (Modena), da campo per prigionieri di guerra, nel dicembre 1943, diverrà il centro di raccolta e di transito per la deportazione (Polizei - und Durchgangslager) più grande d’Italia, dal quale partiranno la maggioranza dei convogli diretti ai campi di sterminio nazisti. Istituito a cinque chilometri da Carpi, venne direttamente amministrato dai tedeschi. Chiuso nei primi giorni dell’agosto 1944 dopo la deportazione degli ultimi ebrei presenti e l’evacuazione dei prigionieri politici verso Bolzano.

3) Il campo di Bolzano-Gries, allestito in delle autorimesse riadattate sulla strada per Merano, venne attivato dopo la chiusura di Fossoli, nell’agosto del 1944, e funzionò come il precedente da Polizei - und Durchgangslager fino alla fine dell’aprile 1945.

4) Il campo di concentramento di San Sabba (Trieste) venne istituito in un vecchio stabilimento per la lavorazione del riso nel 1944, inizialmente utilizzato come campo di detenzione per i partigiani, diverrà un centro di raccolta e smistamento per gli ebrei (Polizei-Haftlager). Sarà l’unico campo di concentramento in Italia quasi simile ai lager tedeschi, dove gli internati verranno torturati, uccisi, in una rudimentale camera a gas, e cremati nel forno crematorio istituito nel cortile interno del campo. Verrà liberato dai partigiani jugoslavi il 30 aprile del 1945.

Mentre "la caccia all’ebreo" era iniziata, il Capo della Polizia Tamburini, il 10 dicembre 1943, comunicava a tutti i capi delle province che dovevano essere esentati dall’internamento: a) gli ebrei ultrasettantenni; b) ebrei gravemente malati; c) figli di matrimonio misto; b) ebrei coniugati con non ebrei. Queste disposizioni vennero quasi del tutto disattese per le varie pressione esercitate sulle autorità fasciste dai tedeschi.

"La RSI si vide costretta non solo a tollerare e ad assistere agli arresti indiscriminati, ai massacri, alle deportazioni praticati dai tedeschi in spregio alle sue leggi, ma in innumerevoli casi, a collaborare con essi".

Collaborazione che venne data sia dai dirigenti fascisti, che dalle vari strutture burocratiche preposte all’attuazione delle disposizioni antisemite. Inoltre numerosi furono gli arresti eseguiti dalla polizia italiana: 1898 autonomamente e 312 insieme ai nazisti, su un totale di 4699 casi accertati. Molti degli arresti, avvennero grazie alle segnalazioni di civili italiani incentivati dal "premio" pagato loro dai tedeschi, e da una propaganda antisemita sempre più aspra; in alcuni casi, ci fu anche chi partecipò alla cattura degli ebrei che cercavano di sfuggire alla ferocia nazista. Dall’altra parte, numerosi furono gli italiani che cercarono di nasconderli, offrendo un rifugio e aiuto a rischio della propria vita.

Il 4 gennaio 1944, viene intensificata anche l’oppressione a livello economico: con il decreto legge n. 2 si decise la confisca dei beni mobili e immobili degli ebrei. I beni confiscati vengono affidati all’Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (EGELI), che, tra la fine del 1943 e il 31 dicembre 1944, ricevette 5.768 decreti di confisca.

4.4. L’occupazione tedesca, gli internati e i campi di concentramento abruzzesi.

Dopo l’8 settembre 1943, l’Italia divenne territorio soggetto all’ occupazione della Wehrmacht. Il 12 settembre il maresciallo Kesserling dichiarava il territorio italiano "territorio di guerra" e sottoposto alle leggi di guerra tedesche. I soldati tedeschi, mentre la popolazione civile e i militari italiani credevano che la guerra fosse finita, iniziarono a disarmare le truppe italiane ed a prendere il comando di intere zone. In seguito, con la nascita della Repubblica Sociale Italiana, ci furono militari e civili italiani che si arruolarono nell’esercito repubblicano al fianco dei tedeschi, chi vi si oppose attivamente aderendo alle bande partigiane e chi, la gran parte della popolazione, rimase "neutrale".

Intanto continuava l’avanzata degli Alleati nelle regioni del sud, che, nell’ottobre 1943, arrivò fino al confine tra il Molise e l’Abruzzo, dove i tedeschi avevano costruito la "linea di sbarramento B" (linea Gustav) che andava da Ortona a Gaeta.

L’Abruzzo, per circa 8 mesi, divenne zona di operazione militari fino al Giugno 1944, quando l’intera regione venne liberata.

Gli internati che si trovavano nei campi di concentramento abruzzesi speravano, con l’armistizio, di poter riconquistare la libertà, ma invano. Il direttore del campo di Nereto, il 13 settembre 1943, comunicava al Prefetto che "la voce della liberazione si era sparsa tra gli internati, nei tre campi si notò un insolito e quanto mai grave subbuglio aumentato dal fatto che tutti i Carabinieri del locale Comando Stazione si erano messi in borghese. Tale fatto diede impressione sia agli internati che alla popolazione che i militari dell’Arma avevano abbandonato la sicurezza pubblica". Il giorno successivo, il Prefetto di Teramo, Bracali, inviò una nota al Questore di Teramo perché inviasse ai "Direttori Campi di Concentramento nella provincia affinché con opera persuasiva et occorrendo repressiva si ristabilisca calma e disciplina tra internati evitando soprattutto abbandono campi da parte di coloro che non essendo stati liberati da internamento hanno obbligo di permanervi. Direttori Campi con forze polizia et Carabinieri Reali debbono essere in grado anche senza concorso rinforzo truppa mantenere disciplina salda agiscano con avvedutezza et energia".

In quasi tutti i campi ancora attivi i direttori riuscirono a mantenere la situazione sotto controllo, infatti la maggior parte degli internati che erano fuoriusciti vennero ripresi e ricondotti nei campi. Anche i soldati tedeschi parteciparono alle ricerche degli evasi e numerose furono le retate a ridosso del fronte e i controlli nei campi di concentramento. Il 26 settembre 1943, durante la ricerca di prigionieri inglesi, si recarono al campo di Civitella dove gli internati per timore di rappresaglie, tentarono la fuga ma vennero prontamente ripresi.

Alcuni dei campi di concentramento istituiti in Abruzzo vennero utilizzati dai tedeschi come basi d’appoggio. Il campo di Lanciano, villa Sorge, venne requisito dal locale comando tedesco, l’edificio del consorzio agrario, che faceva parte del campo di Nereto, divenne base logistica per il battaglione carristi tedesco, dislocato in Val Vibrata. In altri campi, come in quello di Isola del Gran Sasso e Tortoreto Stazione, i tedeschi, durante la loro ritirata, vi asportarono gran parte del casermaggio.

Parte degli internati di Civitella vennero "prelevati da una dozzina di SS" e per un mese (dal 20 novembre al 20 dicembre), furono costretti a scavare fosse anticarro a Crocetta sul Sangro: questo faceva parte della strategia tedesca di usare "il materiale umano" per scopi militari.

Numerosi furono i partigiani, gli antifascisti e i semplici cittadini rastrellati dai soldati tedeschi che vennero rinchiusi nei campi di concentramento abruzzesi, specialmente in quello di Teramo del quale ci occuperemo nel prossimo paragrafo.

I tedeschi effettuavano anche delle perquisizioni nei vari campi, per controllare il loro stato e verificare la condotta degli internati.

Per tutto il periodo dell’occupazione tedesca, gli internati subirono le decisioni delle autorità germaniche: i funzionari e gli addetti alla sorveglianza della Repubblica neofascista non erano che degli esecutori della volontà degli occupanti.

4.5. Il Konzentrationlager di Teramo.

L’ultimo campo di concentramento in Abruzzo fu quello istituito nella vecchia Caserma Mezzacapo di Teramo, al Largo Madonna delle Grazie. Il campo, KZ (Konzentrationlager), per tutto il periodo nel quale rimase attivo, venne sottoposto alla giurisdizione delle locali autorità della Repubblica Sociale Italiana e, in modo prevalente, alle decisioni del comando militare tedesco .

Il 28 dicembre 1943, il comando tedesco di Teramo (Koruch 594, Amministrazione Militare), dispose la costituzione di un campo di concentramento nel quale poter internare le numerose persone rastrellate al ridosso del fronte. Il 5 gennaio successivo, il Capo della Provincia, Ippoliti, faceva sapere al locale Comando Militare "che a campo di concentramento per internati politici possono essere adibiti i locali della Caserma "Mezzacapo" in Teramo. Tali locali, sufficienti per 300 persone, sono già pronti. Mancano, peraltro, lumi e coperte".

Dopo la nota del Capo della Provincia, passarono alcuni giorni prima che il campo potesse considerarsi pronto: infatti, parte della caserma era occupata da militari e automezzi tedeschi e il casermaggio era incompleto.

Il 18 gennaio il campo entrò in funzione e, nello stesso giorno, arrivarono i primi 29 internati, tra i quali anche donne e bambini.

Il campo, in questo primo periodo, rimase per molti giorni precario e, il 28 gennaio, il Capo della Provincia comunicava alle varie autorità che "è stato istituito in Teramo a richiesta del locale Comando Tedesco un Campo di concentramento.

Per opportuna conoscenza e norma informo che il Campo in parola funziona nei locali della Caserma Mezzacapo sotto la sorveglianza delle GG.RR. della Legione 135^ e deve essere considerato Campo chiuso per cui nessun internato può uscirne.

Il Comando Tedesco può rilevare internati dal Campo per impiegarli al Servizio del Lavoro.

Per quanto riguarda all’approvvigionamento degli internati si provvede provvisoriamente a mezzo di accreditamenti fatti dalla Prefettura al locale Ente Comunale di Assistenza.

Sono in corso i provvedimenti di casermaggio.

Alla disciplina e al regolare funzionamento dei servizi provvede il Direttore del Campo Commissario agg. di P.S. Dott. Di Raffaele Filiberto.

Il Direttore del Campo deve provvedere a tenere un elenco aggiornato degli internati annotando per ciascuno le date di entrata e di uscita.

per ciascun internato il Direttore del Campo provvederà perché sia istituito un fascicolo personale.

Per ciascun internato devono essere accertate a cura del Direttore del Campo, la posizione in genere ed i precedenti; tali notizie devono, appena possibile, essere comunicate al locale Comando di presidio Germanico, tramite la Questura".

Pur trovandosi in fase di allestimento, i militari tedeschi continuarono a portare nel campo persone da internare: il 5 febbraio, il campo contava 118 internati, quasi tutti italiani rastrellati nell’intera regione.

Il direttore, Di Raffaele, il 2 febbraio, venne richiamato dalla Questura per assumere la direzione degli affari amministrativi della 3^ divisione, al suo posto, il Capo della Provincia nominò a dirigere il campo il Vice Commissario Salvatore Giuliano.

Il 22 febbraio, con "ordinanza n° 1", il nuovo direttore dispose, per la vigilanza, che

"1° Il Maresciallo della Guardia Nazionale Repubblicana comanderà un servizio di vigilanza presso:

·         a) alla porta d’ingresso

·         b) alla porta carraia

·         c) alla porta di legno

·         d) sotto il porticato.

2° La sentinella sotto il porticato dovrà essere tolta dopo il contrappello e spostata sino alle ore 8 del mattino nel pianerottolo da dove si accede per le camerate. la guardia vieterà agli internati di scendere durante la notte nel cortile. La stessa sorveglierà saltuariamente le camerate adibite a dormitorio.

3° Il capo posto o chi per esso dovrà strettamente sorvegliare l’entrata e l’uscita di tutte le persone, ritirando per quelle estranee i documenti di identità con la relativa fotografia che dovranno essere restituite all’uscita.

4° La persone che verranno a visitare gli internati dovranno essere fatti sostare nel parlatorio (la camera a sinistra entrando al campo).

5° Nessun internato deve essere fatto uscire se non è munito di regolare permesso rilasciato solamente dal sottoscritto.

6° La sentinella posta alla porta carraia dovrà prestare attenzione che durante l’entrata e l’uscita degli automezzi tedeschi o di qualsiasi altro veicolo non escano internati che potrebbero approfittare di questo momento per evadere.

7° Riferirò superiormente per i provvedimenti disciplinari del caso la sentinella che si allontani dal proprio posto.

8° Il Maresciallo della Guardia Nazionale Repubblicana mi riferirà tempestivamente qualsiasi novità e redigerà apposito rapporto a carico dei dipendenti che non osservino quanto prescritto nella presente ordinanza".

Malgrado l’attenta sorveglianza del campo, alcuni internati riuscirono a fuggire. secondo il direttore, ciò era possibile perché "un’ala dell’edificio è occupata dagli automezzi tedeschi ed il personale addetto a i vari servizi deve entrare continuamente dalla parte situata a lato della caserma. Tale movimento contribuisce a favorire l’evasione degli internati". Il Capo della Provincia, il 5 marzo 1944, ordinò, che, "per assicurare la più completa e rigorosa sorveglianza", gli internati venissero trasferiti nelle locali carceri Giudiziarie. Il 13 marzo, si completò l’intero trasferimento dei 178 internati dalla Caserma alle carceri, e, il 22 marzo, per evitare nuove evasioni, la sorveglianza del campo venne affidata al Maresciallo Ioanu Wensauer del 927 reggimento. In seguito, anche per la direzione, verrà nominato un tedesco, il sottufficiale Maresciallo Friederich, il quale dirigerà il campo affianco al direttore italiano, Giuliani.

Anche con questi nuovi provvedimenti, molti internati, la maggior parte approfittando dei continui spostamenti (precettazioni per il lavoro, visite mediche, ecc.), riuscirono a fuggire.

Le autorità tedesche emanarono varie disposizioni su come doveva avvenire "l’accettazione delle persone al campo di concentramento", in particolare prevedevano che il direttore dovesse giornalmente comunicare al "Comando di Piazza" le presenze degli internati e specificare quelli abili al lavoro.

La maggior parte delle persone internate, quasi tutti italiani, erano state arrestate dai tedeschi per essersi trovati nella "zona delle operazioni belliche", e ciò bastava per essere accusati di compiere "azioni che possono essere di danno all’esercito tedesco". Per ogni internato l’amministrazione del campo stilò delle schede personali, nelle quali, oltre alle generalità, veniva precisata la "posizione" con i motivi che "giustificavano" l’internamento. Le accuse più ricorrenti, erano: tentato passaggio del fronte, sospetto antifascista e antitedesco, sospetto favoreggiamento al nemico, sospetto di spionaggio, sospetto di appartenere a bande partigiane, sospetto di comunismo, furto oggetti all’esercito tedesco.

Il 21 febbraio arrivò nel campo il parroco di Orsogna, Domenico Pace, il quale era stato arrestato per "anglofilia".

Le giornate all’interno del campo erano rigidamente programmate: ore 5,30 sveglia cucinieri, ore 6,30 sveglia internati, ore 7 1° appello (in cortile), ore 7,15 colazione, ore 8 pulizie camerate e campo, ore 12 2° appello (in cortile), ore 12 rancio, ore 15 pulizia campo, ore 17,30 rancio, ore 18,30 3° appello (in camerata), ore 18,45 silenzio.

Il 22 febbraio venne emanata, dal direttore, l’ordinanza n. 2, con le disposizioni per le pulizie e l’igiene del campo:

"1) Ogni Capo Camerata metterà a disposizione per tutta la giornata, a turno, due uomini (ad eccezione della Camerata D che ne metterà uno solo) che dovranno essere adibiti alla pulizia del campo.

2) Le pulizie delle singole Camerate viene affidato ad un altro uomo comandato pure dal Capo Camerata.

3) Gli uomini comandati per la pulizia del campo verranno messi a disposizione dell’Agente di P.S. Falone Carmine addetto a tale servizio che li impiegherà secondo il suo criterio.

4) Il Capo Camerata è responsabile personalmente della perfetta e precisa osservanza della presente ordinanza. Alla mattina redigerò rapporto di quanto accaduto durante la notte e curerò al contempo di prendere nota dei desideri degli uomini a lui affidati.

5) La pulizia della direzione e dell’infermeria viene affidata agli internati Pergola Michele e Della Peste Donato".

Oltre agli adempimenti previsti dall’ordinanza, gli internati venivano precettati dai tedeschi per i lavori di fortificazione.

Dai primi giorni d’internamento le condizioni di vita degli internati furono pessime. Costretti a vivere ammassati, nei fatiscenti locali della Caserma, uomini, donne e bambini, alcuni senza indumenti dormivano su pagliericci insufficienti, senza servizi igienici, con scarsa assistenza medica e con delle stufe inadeguate. In un ambiente così invivibile, numerosi furono i ricoveri in ospedale per gravi malattie infettive e da raffreddamento. Insieme ai vari disagi, quello più sentito era rappresentato dalla difficoltà a reperire cibo. All’inizio, al vitto pensò la Prefettura che, accreditando 9 lire per ogni internato, predispose che l’E.C.A. (Ente di Assistenza Comunale) confezionasse i pasti per gli internati; in seguito, dal 1 marzo, venne attivata una cucina all’interno della Caserma, ma sia prima che dopo, in piena economia di guerra, la difficoltà a reperire alimenti portò alla fame gran parte degli internati. Anche dopo il trasferimento alle carceri Giudiziarie la situazione rimase immutata, anzi, con il continuo arrivo di internati, si aggiunse il problema del sovraffollamento. Il Commissario delle carceri, nell’aprile 1944, in una nota al Capo della Provincia, faceva presente che le presenze avevano raggiunto le 436 unità (368 internati più 68 detenuti) quasi il doppio della capienza massime dello stabile.

All’inizio del marzo 1944, il Capo della Provincia aveva nominato una "commissione per l’esame degli internati", composta dal Presidente del Tribunale, Ugo Gianniro, dal membro del direttorio federale Aldo Finavera, dal direttore del campo Salvatore Giuliani e dal Presidente della C.R.I. Giuseppe Lonero. La commissione aveva il compito di verificare la posizione degli internati e di proporre, al comando tedesco, la liberazione di quelli ritenuti "meno pericolosi". Numerosi furono gli internati per i quali si chiese la liberazione e, per alcuni di essi, il comandante la "retrozona dell’armata tedesca", Generale Zanthier, concesse il rilascio.

Il 29 maggio, il Comando di Piazza di Teramo, Comandato dal Tenente Colonnello Kinzle, dispose il trasferimento degli internati a Servigliano (Ascoli Piceno). Il 7 giugno 100 internati, stipati su un camion con un rimorchio, vennero trasportati verso Servigliano, ma giunti al "ponte Zolfo, a circa 6 Km. da Teramo, gli internati, approfittando della piccola sosta che l’automezzo fece per dare la precedenza a un camion tedesco", riuscirono a sopraffare la scorta, composta da 11 militi, e a fuggire verso la boscaglia.

Il 9 dello stesso mese, un buon numero degli internati rimasti nel campo, con l’aiuto dei sorveglianti, riuscì a fuggire: il Questore, Alberto Zardo, in un ultimo rapporto sul campo di Teramo, dichiarò che "gli internati presenti questa mattina erano 111. Di questi che poco prima della fuga erano stati controllati dal sottufficiale germanico di collegamento e da un agente, 17 non sono fuggiti. Dei 94 fuggiti tre sono stati ripresi e 4 uccisi, per cui il numero dei mancanti risulta di 87".

4.6. Il contributo degli internati alla Resistenza.

Sulla partecipazione degli ex internati alla Resistenza ancora non sono stati fatti studi in modo organico, ma esistono varie testimonianze sul contributo che, specialmente gli internati jugoslavi, hanno dato alla lotta di Liberazione in Italia.

Approfittando dello sfacelo generale, dopo l’8 settembre, alcuni internati, in maggioranza jugoslavi, riuscirono a fuggire dai campi di concentramento con l’intenzione di raggiungere i confini orientali della Jugoslavia, ma, senza documenti, senza soldi, in molti decisero di darsi alla macchia e combattere i tedeschi. Quasi tutti quelli che non vennero ripresi parteciparono, insieme agli evasi dai campi per i prigionieri di guerra, alla lotta di liberazione in Italia. Parte degli jugoslavi si inserirono nelle cinque "Brigate d’Oltremare", costituite a Bari, dove in seguito vennero inquadrati nelle file dell’esercito di Tito.

Gran parte degli ex internati provenienti dai campi dell’Abruzzo, delle Marche e dell’Umbria, si unirono alle bande partigiane di queste regioni o ne costituirono di proprie. Una delle prime formazioni partigiane jugoslave fu la "Gramsci", guidata dal comandante Svetozar Lakovic (Toso), la quale operò in Umbria, ed in seguito, per motivi logistici, tutti gli jugoslavi appartenenti a questa formazione vennero riuniti nel "Battaglione Tito". La "Brigata Spartaco", che faceva parte della "Divisione Garibaldi Marche", era composta anche dal "Battaglione Stalingrado", interamente formato da jugoslavi e comandata da Milutin Pavlicic, in seguito, gli ex internati verranno riuniti nella "Brigata Garibaldi Pesaro", quest’ultima composta da 167 uomini tra cui alcuni russi.

Nella "Brigata Maiella", che operava in Abruzzo, il secondo plotone della quarta compagnia venne comandato dallo jugoslavo Stanislao Roc.

Consistente l’apporto dato dagli internati alle formazioni partigiane della provincia di Teramo. Nella battaglia di Bosco Martese (25 settembre 1943) circa 40 internati provenienti quasi tutti dal campo di Corropoli, dove erano stati liberati dalla formazione partigiana di Armando Ammazzalorso, al comando del maggiore Mattievic e del tenente Ciukovic parteciparono alla battaglia insieme ai partigiani italiani e riuscirono a mettere in fuga un intero battaglione motorizzato tedesco.

Dopo Bosco Martese, per ragioni organizzative, vennero formate cinque bande, che operavano in diversi settori, e due di esse, formate prevalentemente da ex internati, furono comandate da Raiko Neradovic e Vasilij Radovic. Un’altra formazione che annoverava ex internati tra le sue file era quella di Mirko Jovanovic, la quale agì generalmente in modo indipendente.

Alla formazione "Gorzano" diede un attivo supporto un gruppo di montenegrini fuggiti dal campo di concentramento di Colfiorito (Perugia), capeggiati da Mirko e Dimitri Vujosevic.

Il gruppo di stranieri, tra i quali numerosi internati, che prese parte alla lotta partigiana in provincia di Teramo, era costituito da circa 200 jugoslavi, 100 "anglosassoni", un russo, un indiano, e circa una trentina, tra albanesi e sudafricani. Di questi numerosi furono i caduti: alla memoria di costoro, e di tutti gli altri partigiani morti durante la Resistenza nella provincia, la città di Teramo ha dedicato una lapide.

4.7. Dalla deportazione alla Liberazione.

Nell’ottobre 1943 i nazisti decisero di estendere anche all’Italia la "soluzione finale". L’Italia, in base alle disposizioni tedesche, doveva divenire "Judenrein" (ripulita dagli ebrei).

Il 16 ottobre, le autorità germaniche disposero che "si sarebbe dovuto cominciare ad occuparsi della questione ebraica subito a ridosso della linea del fronte, per poi proseguire passo l’epurazione procedendo verso nord".

Le SS addette alla cattura degli ebrei, secondo il capo divisione Wagner, risultavano essere insufficienti, quindi era indispensabile che "le forze fasciste sotto la loro responsabilità" collaborassero a rintracciare e ad arrestare gli ebrei.

La polizia italiana, come abbiamo già detto, contribuì a imprigionare gli ebrei nei campi di raccolta provinciale: "le tracce di questa collaborazione sono innumeri e indelebili non solo nei ricordi dei sopravvissuti e di coloro che vi assistettero, ma in centinaia di documenti che attestano senza possibilità di equivoco e di giustificazione come i funzionari e i militari della RSI collaborarono su vasta scala alla caccia all’ebreo e, quindi, allo sterminio di migliaia di ebrei"

Quando le autorità della RSI non cooperavano all’attuazione delle disposizioni naziste, non avevano la possibilità di opporsi alle deportazioni arbitrarie effettuate dalle SS.

L’aver internato gli ebrei nei campi di concentramento, prima provinciali e poi in quelli di "raccolta", facilitò il compito dei tedeschi quando dal 1 febbraio 1944, dopo che già due convogli erano partiti dall’Italia (quello partito da Merano il 16 settembre 1943 e quello da Roma il 18 ottobre successivo), iniziarono a deportarli verso i campi di sterminio.

Gli ebrei deportati dall’Italia saranno 6.746, di questi 5.916 moriranno nei lager tedeschi.

Anche le varie autorità provinciali abruzzesi, insieme agli addetti alla sorveglianza dei campi di concentramento, nella maggior parte collaborarono con i tedeschi. Il 21 dicembre 1943, i Carabinieri nel campo di Nereto consegnarono alle SS 61 ebrei, pur sapendo quale sarebbe stata la loro sorte. Il 23 marzo 1944, il Capo della Provincia intensificò la sorveglianza nei campi e nei confronti degl’internati che si trovavano nei comuni, in modo da impedire possibili fughe.

Il direttore del campo di Civitella consegnò ai tedeschi i numerosi ebrei libici, i quali in parte moriranno nel campo di Auschwitz.

Il campo di Teramo venne istituito su disposizione del "Comando Militare Tedesco" dalle locali autorità della RSI, le quali fornirono tutto il necessario supporto fino a trasportare loro stessi gli internati verso il campo di Servigliano (Ascoli Piceno).

A metà giugno 1944, l’intera provincia di Teramo veniva liberata, il casermaggio rimasto nei campi di concentramento, in parte ormai dismessi, venne requisito dagli Alleati. Il 25 luglio successivo il Ministero dell’Interno della RSI comunicava al capo della polizia che "a seguito dell’andamento delle operazioni militari, sono venuti gradatamente a mancare anche i campi istituiti nelle provincie di Grosseto, Arezzo, Ancona e Firenze, nonché quello di Scipione di Salsomaggiore in provincia di Parma per esigenze di carattere militare.

Recentemente, d’ordine del Ministero dell’Interno, è stato inoltre, come è noto, sciolto il vecchio vasto campo di Fossoli di Carpi, mentre quello nuovo ivi costituito con tutte le più confortevoli attrezzature, venne tempo fa passato a disposizione dell’autorità germanica.

Attualmente sono in efficienza i campi: casale Monferrato (Alessandria); Mantova; Villa Vò Vecchio (Padova); Cortemaggiore (Piacenza); Celle Ligure (Savona) e Vallecrosia (Imperia); tutti con capienza minima e, dove si ha disponibilità di posti, o non è completo il materiale di casermaggio o mancano le necessarie attrezzature".

Il 19 settembre 1944, in una circolare, il nuovo Prefetto di Teramo, Giovanni Lorenzini, comunicava che "dei campi di concentramento già esistenti in questa Provincia quelli sottoindicati non sono in grado di funzionare nè possono essere rapidamente rimessi in efficienza, come rilevasi dalle tante copie di lettere dei Commissari Prefettizi dei rispettivi comuni:

Isola del Gran Sasso - Tortoreto - Nereto - Corropoli.

Si fa riserva di ulteriori notizie allorquando saranno rinvenute le risposte di altri 3 comuni interessati e cioè Tossicia, Civitella del Tronto e Notaresco".

 

APPENDICE

1.

RISERVATA Roma 25 giugno1940 XVIII

 

MINISTERO DELL’INTERNO ECCELLENZE I PREFETTI DEL REGNO

AL SIGNOR QUESTORE DI ROMA

DIREZIONE GENERALE DELLA P.S. e.p.c.

Divisione A.G.R. - Sezione II^ Ispett. Gen. P.S. Comm. ARGENTIERI

" " Gr. Uff. FALCONE

Prot. N° 442/14178 " " Comm. PANARIELLO

" " Comm. Menna

" " Comm. GIANCAGLINI

OGGETTO : Prescrizioni per i campi di concentramento

e per le località d’internamento.

1) non è consentito agli internati di tenere presso di loro passaporti o documenti equipollenti e documenti militari;

2) gli internati non debbono possedere denaro a meno che non si tratti di piccole somme non eccedenti in nessun caso le cento lire; le eccedenze dovranno essere depositate presso banche o uffici postali su libretti nominativi che saranno conservati dal direttore del campo di concentramento o in mancanza dal Podestà. Qualora gli internati abbiano necessità di effettuare prelevamenti, dovranno chiedere di volta in volta l’autorizzazione al direttore del campo di concentramento o in mancanza al Podestà, il quale, se ritiene giustificata la richiesta, provvederà a far eseguire l’operazione tenendo presente che la somma da prelevare non deve mai superare quella consentita. Prelevamenti di somme superiori dovranno essere autorizzati dal Ministero;

3) gli internati non possono tenere gioielli di valore rilevante ne titoli; tanto i gioielli che i titoli dovranno essere depositati, a spese dell’interessato, in cassette di sicurezza presso la banca più vicina dove l’internato sarà fatto accompagnare per tale operazione. La chiave della cassetta sarà tenuta dall’interessato, mentre il libretto di riconoscimento sarà conservato dal direttore del campo di concentramento ed in mancanza dal podestà;

4) gli internati non possono detenere armi o strumenti atti ad offendere;

5) gli internati non debbono occuparsi di politica;

6) agli internati può essere consentita in linea di massima soltanto la lettura di giornali italiani; per la lettura di giornali o libri in lingua straniera deve essere chiesta l’autorizzazione al Ministero;

7) in un primo tempo dovrà essere corrisposto a tutti gli internati, senza distinzione di sorta, il sussidio giornaliero di £. 6,50, aumentato per gli internati nei comuni della somma di £. 50 mensili; successivamente le Questure interessate dovranno chiedere alle Questure nelle cui giurisdizioni dimorava l’internato se questi sia in grado di mantenersi con mezzi propri provvedendo, in caso affermativo, a sospendere la corresponsione del sussidio;

8) ai fini di una maggiore vigilanza le Questure nelle cui giurisdizioni dimorava l’internato provvederanno a fornire alle Questure interessate i precedenti delle persone internate sospette di spionaggio o ritenute comunque pericolose;

9) la corrispondenza ed i pacchi di qualsiasi genere, sia in arrivo che in partenza, debbono essere sempre revisionati o controllati, prima della consegna o della spedizione, dal Direttore del campo di concentramento o in mancanza dal Podestà o da un loro incaricato;

10) gli internati non possono tenere apparecchi radio;

11) le visite dei familiari agli internati sia nei campi di concentramento che nei comuni di internamento debbono essere autorizzate dal Ministero;

12) la convivenza dei familiari con gli internati nei campi di concentramento non è consentita;

13) la convivenza dei familiari con gli internati nei comuni d’internamento deve essere autorizzata dal Ministero; le relative pratiche debbono essere trasmesse al Ministero dalle Questure interessate debitamente istruite.

 

PEL MINISTRO

(Carmine Senise)

F/to illegibile

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 102.

2.

DECRETO DEL DUCE DEL FASCISMO, CAPO DEL GOVERNO, 4 SETTEMBRE 1940 XVIII PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE N° 239 DELL’11 OTTOBRE 1940.

 

Disposizioni relative al trattamento dei sudditi nemici internati.

IL DUCE DEL FASCISMO CAPO DEL GOVERNO MINISTERO PER L’INTERNO.

Visto l’art. 289 della legge di guerra, approvata con R.D. 8 luglio 1938 XVI n° 1415;

Visto il R.D. 10 giugno 1940 XVIII, n. 566, che ordina all’applicazione della legge predetta;

Intesi i Ministri degli Affari Esteri e per le finanze;

Decreta

- ART. I° -

I sudditi nemici internati possono essere raggruppati in speciali campi di concentramento, ovvero essere obbligati a soggiornare in una località determinata da provvedimento di internamento.

- ART. 2° -

I campi di concentramento, preveduti dal precedente articolo, sono posti sotto la sorveglianza e il controllo del Ministero dell’Interno.

All’organizzazione e alla disciplina di detti campi, provvede il Ministero predetto per mezzo di un funzionario di pubblica sicurezza, che deve risiedere sul posto. All’uopo il Ministero impartisce le istruzioni per il funzionamento interno del campo.

L’organizzazione del campo di concentramento riflette in particolare i servizi delle abitazioni, dell’alimentazione, dell’assistenza igienica e sanitaria, della amministrazione dei medicinali, del lavoro e del dopolavoro.

La disciplina concerne soprattutto l’orario di libera uscita per gli internati, il divieto di interessarsi, in modo palese od occulto, di argomenti politici o militari, di disturbare il riposo mediante schiamazzi o rumori, di bere, barattare o pignorare effetti di vestiario o altri oggetti forniti dall’Erario.

- ART. 3° -

Se l’internato è obbligato a soggiornare in una località diversa dal campo di concentramento, la vigilanza e il controllo sull’internato stesso spettano all’autorità di pubblica sicurezza, del luogo di soggiorno.

La detta autorità determina le visite periodiche che l’internato è tenuto a fare all’autorità locale di pubblica sicurezza, l’orario di libera uscita la località nella quale l’internato può circolare.

- ART. 4. -

Gli internati possono essere impiegati, in determinati lavori, purchè non eccessivi, conformi al loro rango, e tali da non implicare partecipazioni a reazioni belliche.

In tal caso gl’internati ricevono un equo compenso da determinarsi dal Ministero dell’Interno.

- ART. 5° -

Gli internati devono essere trattati con umanità e protetti contro ogni offesa e violenza.

Essi non possono essere destinati in località esposte al fuoco nemico o insalubri.

- ART. 6° -

La libertà di religione e di culto degli internati è rispettata, con l’osservanze delle norme prescritte dal Ministero dell’Interno per il mantenimento dell’ordine.

- ART. 7° -

Gli internati conservano gli effetti e gli oggetti di uso personale che non siano stati requisiti o sequestrati, semprechè non si tratti di armi munizioni, equipaggiamenti, o documenti militari.

- ART. 8° -

Le spese per il mantenimento del campo di concentramento fanno carico all’Erario, salva rivalsa sui beni dell’internato, o su compenso da questi percepito del suo lavoro.

- ART. 9° -

L’internato che sia obbligato a soggiornare in una località diversa dal campo di concentramento, e che non abbia mezzi propri o proventi di lavoro, è alloggiato gratuitamente e percepisce un sussidio giornaliero pel suo sostentamento e per gli altri bisogni della vita.

Il sussidio è corrisposto dal Prefetto nella misura stabilita dal Ministero dell’Interno.

- ART. 10° -

Gli internati in campi di concentramento o in località diversa non possono spedire o ricevere corrispondenze postali o telegrafica o pacchi di qualsiasi genere, se non per il tramite delle autorità di pubblica sicurezza che esercita la diretta vigilanza sugli internati medesimi.

Agli internati è vietato di tenere presso di loro titoli, gioielli, ed oggetti di valore; è inoltre vietato di tenere somme di denaro che, a giudizio insindacabile, delle autorità di pubblica sicurezza, siano superiori ai bisogni ordinari.

I titoli, i gioielli, e gli oggetti di valore, sono depositati in cassetti di sicurezza presso un istituto bancario, con le modalità che saranno stabilite dal Ministero dell’Interno.

Le somme eccedenti i bisogni sono depositate in una banca locale o all’ufficio postale con libretti intestati agli interessati e non possono essere ritirate senza il visto delle autorità di pubblica sicurezza.

Roma, addì 4 settembre 1940 XVIII.

Mussolini

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 102

 

3.

MINISTERO DELL’INTERNO

R. DECRETO = LEGGE 17 SETTEMBRE 1940 XVIII N° 2374 = PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE N° 240 DEL 12 OTTOBRE 1940 XVIII.

______________

Modificazioni ed aggiunte al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per il periodo dell’attuale stato di guerra.

  • Visto il testo unico 18 giugno 1931 IX n° 773 delle leggi di pubblica sicurezza;
  • Visto l’art. 18 della legge 19 gennaio 1939 XVIII, n° 129;
  • Ritenuto che si versa in istato di necessità per causa di guerra;
  • Sentito il Consiglio dei Ministri;
  • Sulla proposta del Duce del Fascismo, Capo del Governo, Ministro per l’Interno, di concerto col Ministro per la grazia e giustizia;

Abbiamo decretato e decretiamo:

- ART. I° -

Durante l’attuale stato di guerra, il Ministero dell’Interno può disporre l’internamento delle persone contemplate dall’art. 181 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. Decreto 18 giugno 1931 IX n° 773.

- ART. 2° -

Durante l’attuale periodo di guerra, l’obbligo della presentazione degli stranieri all’autorità di pubblica sicurezza, al loro ingresso nel territorio dello Stato ed in occasione del trasferimento da uno ad altro Comune dello Stato, previsto dall’art. 142 del citato testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, deve essere adempiuto entro le ventiquattro ore dall’ingresso o dal trasferimento.

E’ sospesa l’applicazione dell’ultimo comma del predetto art. 142.

- ART. 3° -

Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regno e sarà presentato alle Assemblee legislative per la conversione in legge.

Il Ministero proponente è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 17 settembre 1940 XVIII.

Vittorio Emanuele

Mussolini - Grandi

Visto, il Guardiasigilli: Grandi - Registrato alla Corte dei conti il 10 ottobre 1940 XVIII - Atti del Governo, registro 426, foglio 28 - Mancini.

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 99.

 

4.

MINISTERO DELL’INTERNO

DIREZIONE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA

Roma 8 maggio 1941 - XIX° DEL REGNO ALLE RR. PREFETTURE

OGGETTO: ALLA REGIA QUESTURA DI ROMA

Località militarmente importanti e.p.c.

  • MINISTERO AFFARI ESTERI - A.G.IV° -
  • MINISTERO DELLA GUERRA - Gabinetto -
  • MINISTERO DELLA GUERRA - S.I.M. -

ROMA

Il Ministero della Guerra ha, d’intesa con quelli della Marina e dell’Aeronautica, compilato l’unito elenco delle località militarmente importanti il quale sostituisce le tabelle A e B annesse alla legge 1° giugno 1931 n° 886.

Ciò permesso, ed a richiesta dello stesso Ministero della Guerra si prega allontanare i sudditi nemici dalle località indicate nell’elenco, inviandoli a scegliersi subito altra residenza.

Eventuali eccezioni potranno essere esaminate, caso per caso, e a richiesta degli interessati dalle rispettive Questure previ accordi con gli organismi militari.

Si prega altresì di rivedere, sempre d’intesa con gli organismi militari, la posizione degli stranieri non appartenenti a Stati nemici e residenti in località militarmente importanti, avanzando proposte nei confronti di quelli ritenuti sospetti o indesiderabili.

Si prega infine di sottoporre a speciali misure di vigilanza tutti gli stranieri residenti in Italia vietando loro gli spostamenti da una località ad altra militarmente importante senza preventiva autorizzazione da parte degli organi di Polizia, i quali, prima di rilasciarla, dovranno interpellare la Questura nella cui giurisdizione lo straniero intende recarsi.

Le limitazioni di cui sopra è cenno non si applicano ai sudditi tedeschi ariani favorevolmente noti ed agli stranieri ristretti in campi di concentramento. Quelli internati in comuni compresi nell’elenco dovranno essere trasferiti in altri comuni della stessa provincia non militarmente importanti.

Per le Prefetture della Venezia Giulia si richiamano le disposizioni impartite col telegramma del ventisei aprile u.s. n° 27727-443.

Si resta in attesa di assicurazione.

PEL MINISTRO

(Carmine Senise)

F/to illegibile

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 99.

5.

 

EUGENIO PARRINI

CAVALIERE AL MERITO DEL LAVORO

ROMA, 24 febbraio XX

VIA DELL’AMBA ARADAM, 48 - TEL. 760-258

 

OSSERVAZIONI E NORME PER LA COSTRUZIONE DI UN CAMPO DI

CONCENTRAMENTO PER INTERNATI NON MILITARI

 

GENERALITA’ - Le contingenze belliche hanno ancora una volta e in più vasta misura generato le necessità di riunire in appositi campi di concentramento numerosi raggruppamenti di persone allo scopo di isolarle in una limitata zona adatta ad una facile sorveglianza.

Il problema si ripresenta solo a grandi distanze di tempo ed è per tale ragione che, almeno in Italia, esso manca di una necessaria elaborazione.

Le esigenze della costruzione e organizzazione di un campo di concentramento sono molteplici e vanno dalla necessità di dare ricovero e mezzi di vita agli internati e personale di sorveglianza in modo da garantire la bontà delle condizioni igieniche del campo, fino alla opportunità che la costruzione e la gestione siano tali da rendere nello stesso tempo meno penosa la relegazione agli internati e meno preoccupante ed oneroso per lo Stato il problema della vigilanza degli stessi.

Così, pur considerando la caratteristica dell’urgenza che sempre si accompagna alla contingenza che porta alla costruzione del campo, questo non deve essere ridotto alla costruzione di baracche non igieniche, impiantate ove sia, senza riguardo alla vita normale della zona e alla difficoltà di provvedere economicamente ai servizi logistici e senza la previsione - che ritengo molto importante - di uno scopo più durature di poter destinare in tutto o in parte le costruzioni eseguite anche a successivi scopi di pace.

Osservazioni ed esperienze che risalgono anche alla guerra europea mi hanno portato alle seguenti conclusioni che ritengo utili alla più razionale impostazione dei campi ancora da costruire.

A) SCELTA DELLA ZONA

Oltre alle ovvie caratteristiche circa la distanza da centri abitati, circa la accessibilità, la salubrità e la possibilità di rifornimenti, la località prescelta dovrebbe essere al centro di una zona vasta tale da consentire la possibilità di impiego a tutti i volenterosi che volessero dedicarsi ai lavori intesi a:

1) Impiantare grandi orti il cui prodotto dovrebbe essere ceduto al campo di concentramento a pranzo modesto, evitando così di gravare per le provviste sui mercati locali;

2) Intraprendere la trasformazione agraria e fondiaria o qualsiasi altra attività nella zona a mezzo degli internati che volontariamente domandassero di lavorare, mediante un modesto contributo.

B) COSTRUZIONE DEL CAMPO

Il campo di concentramento, per sommi capi, deve comprendere:

·         1) Ricoveri per gli internati e relativi servizi accessori;

·         2) Uffici e abitazioni della direzione del comando del campo, per gli Ufficiali M.V.S.N. - alloggi

·         sottufficiali P.S. e impiegati e famiglia;

·         3) Direzione tecnica per la manutenzione del campo e la cura dei servizi vari: acqua ecc.;

·         4) Caserma per la Milizia e agenti P.S., corpo di guerdia, camera di sicurezza per internati e forze

·         armate;

·         5) Infermeria con ambulatorio e reparto di isolamento;

·         6) Magazzino casermaggio;

·         7) Forno;

·         8) Macelleria;

·         9) Magazzini e locali per l’organizzazione centrale per l’alimentazione e provviste accessorie;

·         10) Autorimessa;

·         11) Cappella per la necessità di culto.

Spesso, per le contingenze del momento, non si sono fatte valutazioni di sorta e si è costruito senz’altro in baraccamenti di legno o simili.

Diciamo subito che questo sistema, dopo tante prove cattive, ha ormai fatto il suo tempo.

I baraccamenti, se possono ammettersi e sono inevitabili per i militari, sono addirittura da scartarsi nel caso in oggetto per le seguenti constatazioni: i militari sono tutti uomini adulti con possibilità di dislocarsi a loro piacimento per i bisogni più vari e sopratutto, in molti casi, tali baraccamenti hanno una provvisiorietà d’impiego che chiameremo volante. Infatti le migliori baracche sono quelle smontabili, che secondo le necessità si portano da un punto all’altro, quando addirittura, per contingenze militari, non si abbandonano al loro destino.

Ma i campi di concentramento, per internati, sono veri e propri paesi provvisori composti di uomini, donne, vecchi, bambini, famiglie complete, con tutti i bisogni inerenti. Le baracche in legno non possono costruire questo paese della durata di qualche anno; dove mancando le necessarie condizioni igieniche, varrebbe ben presto meno l’efficace difesa sanitaria con le inevitabili conseguenze che a lungo andare si verificherebbero, non solo fra gli internati ma anche fra gli altri, che per ragioni di lavoro o di ufficio sono costretti a fare vita comune con gli internati.

Le costruzioni debbono pertanto conciliare le seguenti esigenze:

·         rispondenza alle necessità igieniche, in relazione alle varie destinazioni degli ambienti, e alla necessità di potere resistere convenientemente alle offese del tempo e dell’uso per una durata non solo di mesi ma anche di anni;

·         - massima rapidità di esecuzione;

·         - utilizzazione dei materiali locali in odo da ridurre al minimo l’entità dei trasporti, sempre difficile e onerosa, in caso di emergenza;

·         - adozione di strutture tali che almeno in parte abbiano carattere permanente onde essere convenientemente utilizzate a guerra finita, a scopi di pace;

·         - realizzazione nelle strutture della massima economia di costo;

A tale proposito occorre osservare che le strutture di oggi a carattere provvisorio, se permettono la maggiore rapidità di esecuzione, non sempre realizzano la massima economia; esse spesso sono costose quanto le costruzioni permanenti con ben diversa consistenza di opera.

Sarà bene perciò far fronte alle necessità di urgenza con una parte di costruzioni a carattere provvisorio e contemporaneamente eseguire con il ritmo più celere costruzioni a carattere permanente.

I fabbricati per la Direzione del Campo, alloggi forza pubblica, infermeria e servizi è comunque opportuno, per ragioni ovvie, che siano in muratura. Tali fabbricati, se il campo è stato situato in zona adatta potranno costituire le prime costruzioni del futuro villaggio agricolo o di altra attività. Gli altri fabbricati, quelli a carattere provvisorio, dovranno avere internamente le caratteristiche, durante l’uso, di costruzioni stabili, meglio se internamente intonacate, onde permettere le necessarie periodiche disinfezioni e disinfestazioni senza di che è possibile la necessaria profilassi.

C) ORGANIZZAZIONE SERVIZI E FUNZIONAMENTO

Accenniamo ad una organizzazione già esperimentata con esito soddisfacente.

Ammesso che il campo sia per 3000 unità, si potranno fare 5 gruppi di 600 unità ciascuno, distribuite in 7 baracche, nelle quali possono alloggiare circa 80 persone, altre alla cucina, ai lavandini, docce e gabinetti.

In ogni baracca vi deve essere il capo baracca, e fra i 7 capi baracca dovrà essere scelto il

capo gruppo.

Fra i capi gruppo il capo del campo, il quale espone a chi di dovere i desideri e le necessità degli internati.

Si evita così quel continuo richiedere e protestare dei singoli internati - tante volte proteste ingiustificate e richieste impossibili.

Predisposti i fabbricati alloggi, direzione, sorveglianza e accessori occorre provvedere alla provvista, alla costruzione del casermaggio del tipo più idoneo. La caratteristica di tale casermaggio sarebbe preferibile quella di tipo militare.

La parte in legname (tavoli - panche - panghetti - mensole - etc. tutto in legno grezzo) eseguita sul posto, durante la costruzione del campo di concentramento.

Alimentazione - Elemento fondamentale di ogni consorzio umano, il problema dell’alimentazione non può essere risolto con mezzi di fortuna e con esperimenti improvvisati.

Il sistema di raggiungere nuclei numerosi con relativo servizio centrale (vi sono proggetti per nuclei anche di 1000 unità) è certamente da scartare e per ovvie ragioni. Gli internati, giunti al campo, non hanno niente da fare e noi li abbiamo visti abbandonarsi alle più nere malinconie ed al più fastidioso mormorare. La mensa comune gestita dalla Direzione del Campo o da chi per essa toglie all’internato anche la piccola preoccupazione del pensare alla mensa quotidiana, sarà sempre fonte di fastidi, sia per l’accusa molto facile verso Tizio o verso Caio di speculazione sulla mensa stessa.

E’ per queste ragioni che i migliori risultati si sono avuti dove si è creata una organizzazione centrale capace di provvedere, come se fosse un grande emporio alimentare, a tutti i bisogni di prodotti alimentari del campo, il quale farà capo a tale organizzazione centrale a mezzo di tanti nuclei rappresentanti delle singole baracche costituiti tenendo conto delle differenze di lingua, razza, di categoria sociale, nonchè dei sessi e dell’età. Tali nuclei avranno una propria organizzazione (capo mensa, cuoco, servizi di cucina, ecc.) che provvederà a tutti i rifornimenti, e alla preparazione degli alimenti per il nucleo stesso.

Ne è a dire che la costruzione di tante piccole cucine, come già è avvenuto, sia più onerosa della costruzione di una grande cucina, ad esempio per mille unità, la quale poi importa un vero e proprio servizio, con competenze particolari e nonostante ciò, senza riuscire ad evitare danni e proteste. Poichè è ben difficile che 1000 persone rimangono soddisfatte della stessa pentola.

Concludendo, il concetto informatore è questo: che un campo di concentramento, anzichè essere concepito come un baraccamento o campo di concentramento per militari, deve poter costituire un organismo capace di avviarsi a funzionamento autonomo, capace di favorire il lavoro volontario che immancabilmente si va a determinare, capace di opere utili, capace cioè di costituire - dopo l’utilità contingente del tempo di guerra - il nucleo di un nuovo centro di vita e di produzione.

PARRINI

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 112.

 

9.

ELENCO

ITALIANI INTERNATI NEI SEGUENTI CAMPI DI CONCENTRAMENTO

Località ariani

Ariani Irpino 77

Fabriano 78

Isernia 1

Istonio 108

Lipari 1

Manfredonia 180

Monteforte Irpino 48

Nuoro 7

Pisticci 80

Pollenza 20

Treia 1

Tremiti 76

Ustica 318

Ventotene 77

__________________________________________________________________________

Località ebrei

__________________________________________________________________________

 

Campagna 3

Casacalenda 1

Isola del Gran Sasso 44

Tremiti 3

Urbisaglia 35

Ustica 4

 

8 - 3 - 41

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 65.

 

 

10.

ELENCO DEGLI STRANIERI INVIATI IN CAMPI DI CONCENTRAMENTO

12 Febbraio 1941 XIX°

__________________________________________________________________________

 

Località 

Ebrei 

"Ariani"

Civitella della Chiana

30 

34

Treia 

10 

30

Campagna 

193 

14

Manfredonia 

1

Urbisaglia e Tolentino

53 

=

Lanciano 

19 

 1

Alberobello 

55 

2

Pollenza 

51

Ferramonti 

958 

33

Nereto 

46 

8

Lama dei Peligni

21 

3

Agnone 

72 

30

Chieti 

3

Isola del Gran Sasso

61 

5

Solofra 

44

Isernia 

87

Notaresco 

56 

16

Casacalenda 

22 

19

Montechiarugolo 

1

113

Casoli 

43 

=

Tortoreto 

74 

4

Bagni a Ripoli 

40 

70

Civitella del Tronto

105 

27 

(pescatori dodecanesini)

=

100 

Gioia del Colle

1

1

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 107.

 

11.

PRESENZE INTERNATI AL 31 - 10 - 1942 - XXI°

PROVINCIA COMUNE Posti occupati Posti liberi

Ancona Fabriano 93 7

Arezzo Cvitella della Chiana 56 13

Avellino Ariano Irpino 70 24

" Monteforte Irpino

" Solofra 23 27

Bari Alberobello 91 9

Campobasso Agnone 130 9

" Casacalenda 41 24

" Isernia 93 57

" Vinchiaturo 38 10

Chieti Casoli 91 in più 21

" Istonio (capienza 170) 181 in più 11

" Lama dei Peligni ( " 60) 60 =

" Lanciano ( " 55) 57 in più 2

" Tollo ( " 90) 91 in più 1

Cosenza Ferramonti 1430 954

Firenze Bagno a Ripoli 78 102

" Montalbano 42 13

Foggia Manfredonia 140 34

" Tremiti 196 15

Littoria Ponza 541 197

" Ventotene

Macerata Pollenza 83 7

" Urbisaglia e Tolentino 95 in più 11

" Treia 24 26

Matera Pisticci

Messina Lipari 309 51

Palermo Ustica 1170

Parma Montechiarugolo 79 110

" Salsomaggiore (Scipioni) 143 32

Pescara Città S. Angelo 107 10

Salerno Campagna 174 33

Teramo Civitella del Tronto 155 20

" Corropoli 81 119

" Isola del Gran Sasso 169 =

" Nereto 196 4

" Notaresco 99 in più 3

" Tortoreto 110 in più 5

" Tossicia 114 =

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 107.

 

13.

PROVINCIA DI CHIETI

ELENCO NOMINATIVO degli individui assegnati in campi di concentramento ed internati in Comuni della provincia di CHIETI.

 

CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI CASOLI

1) Arensberg Willi di Hermann - ebreo tedesco

2) Beran Bruno di Sigismondo - ebreo tedesco

3) BerolzHeimer Kaus Alberto fu Martino - ebreo tedesco

4) Brasch Kaus di Saly - ebreo tedesco

5) Cohn Rodolfo di Sigismondo - ebreo tedesco

6) Eckstein Oskar Israel di Ugo - ebreo tedesco

7) Fried Erick di Fritz - ebreo tedesco

8) Freund Maso Israel di Edoardo - ebreo tedesco

9) Goldmann Oskar Israel di Samuele - ebreo tedesco

10) Goldstein Bertoldo di Israele - ebreo tedesco

11) Gollerstepper Maso di Israele - ebreo tedesco

12) Harth Heinrich di Fabiano - ebreo tedesco

13) Harnick Isacco di Haim - ebreo tedesco

14) Herzberg Siegbert di Louis - ebreo tedesco

15) Hochsstimm Kaus Walter di Rodolfo - ebreo tedesco

16) Klarfeld Giacomo fu Leo - ebreo tedesco

17) Klein Alessandro fu Giuseppe - ebreo tedesco

18) Lager Sigfrido fu Giuseppe - ebreo tedesco

19) Loew Riccardo di Joseph - ebreo tedesco

20) Loewenstein Fritz di Israel - ebreo tedesco

21) Segall Maximilian Israele di Saly - ebreo tedesco

22) Weinberg Arturo di Kermann - ebreo tedesco

23) Choczner Salomone fu Moises - ebreo apolide

24) Bettinger Salomone Mannes di Pinkas - ebreo apolide

25) Furst Arturo di Magnose - ebreo apolide

26) Gorlin Lazar di Elias - ebreo apolide

27) Grauer Samuel di Marco - ebreo apolide

28) Grun Marco di Israel - ebreo apolide

29) Heber Isacco di Giacobbe - ebreo apolide

30) Hassaid Giuseppe di Behor - ebreo apolide

31) Hellmann Ralfh di Giacomo - ebreo apolide

32) Hochberger Woicech Bela di Simeone - ebreo apolide

33) Karp Mayer di Giuseppe - ebreo apolide

34) Kuznitzri Bertoldo di Manfredo - ebreo apolide

35) Lipmanovicz Samuele di Efraim - ebreo apolide

36) Marder Marco di Giuseppe - ebreo apolide

37) Magler Salo fu Giacomo - ebreo apolide

38) Pitzela Hermann di Masc - ebreo apolide

39) Rothemberg Mandel di Salomone - ebreo apolide

40) Widder Abramo di Giovanni - ebreo apolide

41) Zylbergerg Jaukiel - ebreo apolide

42) Berl Silvio di Aronne - ebreo polacco

43) Krebs Benedetto di Ignazio - ebreo polacco

44) Wiesenfeld Abramo Isacco fu Nathan - ebreo polacco

45) Wittmann Sigismondo di Enrico - ebro polacco

46) Balint Dionisio di Giuseppe - ebreo ungherese

47) Freilich Emilio di Isidoro - ebreo ungherese

48) Grunhut Marcello Moritz di Emanuele - ebreo slovacco

49) Grunfut Rodolfo di Marcello Moritz - ebreo slovacco

50) Goldemberg Salomone di Israele - ebreo rumeno

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.

 

14.

DIREZIONE DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO - CHIETI

ELENCO NOMINATIVO degli internati nel campo di concentramento di CHIETI

1) Bailey Colin Campbell fu Giovanni di anni 59, insegnante privato, inglese;

2) Bazin Antonio fu Didier, di anni 27, pittore, francese;

3) Bisio Emilio di Federico, di anni 34, pescivendolo, inglese;

4) Brousse Luciano di Antonio, di anni 41, impiegato privato, francese;

5) Duthil Pietro fu Giuseppe, di anni 53, manovale, francese;

6) Francesconi Otello di Pellegro, di anni 34, scultore. italiano

7) Fried Ignatz di Eugen, di anni 37, cantante lirico, slovacco

8) Giorgi Giuseppe fu Nicolò, di anni 52, cartaio, francese;

9) Kapoor Bikram Jit di Chand, di anni 27, direttore di Hotel, inglese;

10) Loewy Paul di Jacob, di anni 34, agricoltore, ceco;

11) Money Alexander fu Francesco, di anni 44, impiegato privato, inglese;

12) Montali Guido fu Giuseppe, di anni 64, geometra, italiano;

13) Morgentstern Maxdi Herman, di anni 59, chimico, ceco;

14) O’Mullane Cornelius di Guglielmo, di anni 50, insegnante privato, irlandese;

15) Petera Walter Max fu Giovanni, anni 27, impiegato privato, ceco;

16) Sarsfield Salazar Demetrio fu Lorenzo, di anni 56, agente di commercio, inglese;

17) Simon Remj fu Pietro, di anni 54, meccanico, francese;

18) Singer Egan Werner di Gustavo, di anni 35, ingegnere, ceco;

19) White Edoardo fu Alfredo, di anni 32, impiegato privato, inglese;

20) White Roberto fu Alfredo, di anni 27, impiegato privato, inglese;

21) White William di Lanchlan, di anni 52, impiegato privato, inglese;

CHIETI, li 14 SET. 1940, Anno XVIII

IL COMMISSARIO A. DI P.S.

Direttore del Campo

F.to Mario La Monica

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.

 

15.

 

CAMPO DI CONCENTRAMENTO ISTONIO MARINA (Prov. Chieti)

Elenco nominativo degli internati al 15 settembre 1940 XVIII

 

1) Abbatista Giovanni fu Domenico, di anni 43, rappresentante di commercio italiano;

2) Agostini Livio fu Antonio, di anni 57, dottore chimico, italiano;

3) Aroldi Cesare Enrico fu Guglielmo, di anni 65, libraio, italiano;

4) Balbinot Guerrino fu Osvaldo, di anni 26, venditore ambulante, italiano;

5) Bandiera Roberto fu Gaetano, di anni 44, venditore macchine da cucire, italiano;

6) Baruchello Tullio, fu Pietro, di anni 48, sarto, italiano;

7) Bellandi Ugo fu Rotiglio, di anni 62 muratore, italiano;

8) Bellini Giacomo di Ambrogio, di anni 38, ex commerciante, italiano;

9) Benedetti Ardiccio fu Stanislao, di anni 59, barbiere, italiano;

10) Benocci Tuscano Stefano fu Olindo, di anni 47, professore di lettre, italiano;

11) Benvenuto Ruggero fu Costante, di anni 39, cameriere, italiano;

12) Bertoja Luigi di Giuseppe, di anni 25, meccanico, italiano;

13) Bonfantini Corrado di Giuseppe, di anni 31, medico, italiano;

14) Brenna Ercole fu Vincenzo, di anni 46, Scalpellino, italiano;

15) Carrano Giovanni fu Francesco, di anni 55, meccanico, italiano;

16) Carrega Francesco fu Angelo, di anni 63, maestro elementare, italiano;

17) Cattaneo Dante di Claudio, di anni 30, argentiere, italiano;

18) Cattaneo Emilo di Carlo, di anni 34, fattorino, italiano;

19) Cernac Giovanni di Giovanni, di anni 37, meccanico, italiano;

20) Cerne Pietro di Giovanni, di anni 39, meccanico, italiano;

21) Cesarò Salvatore fu Salvatore, di anni 64, chimico, italiano;

22) Colombo Giuseppe di Carlo, di anni 41, produttore auto, italiano;

23) Confalonieri Lorenzo di Manlio, di anni 29, disegnatore, italiano;

24) Consentino Antonino fu Vincenzo, di anni 57, professore lingue, italiano;

25) Cordoni Beniamino di Battista, di anni 44, falegname, italiano;

26) Costantini Costantino fu Giuseppe, di anni 55, procaccia, italiano;

27) Costanza Francesco fu Michele, di anni 66, portuale, italiano;

28) Damen Secondo Onorato fu Giovanni, di anni 47, professore di lettere, italiano;

29) Della Giusta Piero fu Fausto, di anni 40, avvocato, italiano;

30) Delpin Marino fu Lodovico, di anni 29, commerciante, italiano;

31) Depangher Guerrino fu Pietro, di anni 35, pescatore, italiano;

32) Fumis Romano di Pietro, di anni 37, fabbro, italiano;

33) Furlani Giuseppe di Antonio, di anni 44, agricoltore, italiano;

34) Gerin Ottavio di Francesco, di anni 32, agricoltore, italiano;

35) Gherbassi Antonio fu Antonio, di anni 66, agricoltore, italiano;

36) Giolli Paolo di Raffaele, di anni 19, studente, italiano;

37) Giolli Raffaello fu Gaetano, di anni 51, pubbliciasta, italiano;

38) Giunta Giuseppe fu Biagio, di anni 38, dottore commercialista, italiano;

39) Gradnik Giuseppe di Giuseppe, di anni 43, agricoltore, italiano;

40) Grilli Giovanni fu Mario, di anni 37, ragioniere, italiano;

41) Grottoli Pirro fu Giuseppe, di anni 52, sellaio, italiano;

42) Jelenich Giuseppe di Stefano, di anni 51, carrettiere, italiano;

43) Jergog Floriano di Giuseppe, di anni 28, operaio chimico, italiano;

44) Jovenitti Francesco di Giuseppe, di anni 36, meccanico, italiano;

45) Monic Andrea fu Francesco, di anni 46, bracciante, italiano;

46) Ladavaz Luigi fu Giuseppe, di anni 28, agricoltore, italiano;

47) Larinti Luigi di ignoto, di anni 43, commesso, italiano;

48) Lucini Virgilio fu Giovanni, di anni 34, fotografo, italiano;

49) Maccari Antonio fu Pietro, di anni 44, facchino, italiano;

50) Maffi Bruno di Fabio, di anni 31, professore di lettere, italiano;

51) Maiocchi Carlo di Natale, di anni 38, meccanico, italiano;

52) Maranini Giuseppe fu Giovanni, di anni 63, commerciante, italiano;

53) Marchi Lodovico di Angelo, di anni 35, autista, italiano;

54) Marega Emeregildo fu Giuseppe, di anni 44, calzolaio, italiano;

55) Martina Attilio di Giuseppe, di anni 43, muratore, italiano;

56) Mazzadi Guido di Vittorio, di anni 45, pubblicista, italiano;

57) Meoni Umberto fu Gregorio, di anni 62, commesso viaggiatore, italiano;

58) Micali Vittorio fu Giuseppe, di anni 40, bracciante, italiano;

59) Molaschi Carlo fu Giacomo, di anni 54, impiegato, italiano;

60) Molinelli Guido fu Quirino, di anni 46, pubblicista, italiano;

61) Montagnani Piero fu Giacinto, di anni 39, dottore fartmacista, italiano;

62) Musumeci gioacchino fu Rosario, di anni 37, falegname, italiano;

63) Padovani Umberto di Pasquale, di anni 34, bracciante, italiano;

64) Pahor Romano di Carlo, di anni 37, agente di assicurazione, italiano;

65) Pampuri Angelo di Pietro A., di anni 41, saldatore, italiano;

66) Pedroni Giordano di Rinaldo, di anni 31, incisore, italiano;

67) Pellicella Rodolfo di Guido, di anni 26, tipografo, italiano;

68) Pobega Giovanni di Giovanni, di anni 42, carpentiere, italiano;

69) Punsar Roberto di Antonio, di anni 40, fattorino, italiano;

70) Radici Umberto di Guglielmo, di anni 35, bracciante, italiano;

71) Razzini Mario fu Luigi, di anni 50, impiegato, italiano;

72) Renzulli Luigi di Aurelio, di anni 42, mediatore, italiano;

73) Repossi Luigi fu Ercole, di anni 58, commerciante, italiano;

74) Riboldi Ezio fu Giacomo, di anni 62, avvocato, italiano;

75) Rivolt Emilio di Pietro, di anni 38, bracciante, italiano;

76) Salardi Francesco fu Antonio, di anni 57, commesso viaggiatore, italiano;

77) Scalarini Giuseppe fu Raniero, di anni 67, disegnetore, italiano;

78) Scarcelli Nicola fu Vincenzo, di anni 44, calzolaio, italiano;

79) Scarpa Emilio di ignoto, di anni 45, montatore cingoli, italiano;

80) Scodellaro Luigi di ignoto, dianni 37, piazzista, italiano;

81) Sever Giovanni fu Giovanni, di anni 39, commerciante, italiano;

82) Silvestri Carlo fu Carlo, di anni 47, pubblicista, italiano;

83) Spanger Luigi fu Giovanni, di anni 34 falegname, italiano;

84) Sponton Olimpo di Rodolfo, di anni 27, lattoniere, italiano;

85) Steppi Pietro fu Giacomo, di anni 48, orologiaio, italiano;

86) Stucchi Mario fu Domenico, di anni 41, rappresentante, italiano;

87) Stuparich Alberto fu Giovanni, di anni 51, rappresentante, italiano;

88) Tedesco Ferdinando fu Giovanni, di anni 43, contadino, italiano;

89) Tondini Manlio fu Giuseppe, di anni 29, elettricista, italiano;

90) Trevisan Massimiliano fu Giovanni, di anni 37, falegname, italiano;

91) Ulisse Mariano di Vincenzo, di anni 38, meccanico, italiano;

92) Ursic Rodolfo di Antonio, di anni 34, commerciante, italiano;

93) Usai Teodoro fu Valentino, di anni 37, meccanico, italiano;

94) Valeri Antoni fu Secondo, di anni 40, impiegato, italiano;

95) Valentini Giuseppe fu Giovanni, di anni 37, bracciante, italiano;

96) Vallon Bernardo fu Bonomo, di anni 40, carpentiere, italiano;

97) Varè Vincenzo di Enrico, di anni 29, ragioniere, italiano;

98) Venanzi Nello fu Vito, di anni 62, avvocato, italiano;

99) Venegoni Mauro di Paolo, di anni 37, lattoniere, italiano;

100) Vollati Lorenzo di ignoto, di anni 41, macchinista navale, italiano;

101) Zanganelli Giulio di Bernando, di anni 39, agente di assicurazione, italiano;

102) Zega Emilio fu Michele, di anni 39, impiegato, italiano;

103) Zeriali Andrea di Antonio, di anni 44, contadino, italiano;

104) Zuder Giuseppe fu Giovanni, di anni 44, idraulico, italiano;

105) Allegri Roberto fu Giuseppe, di anni 34, verniciatore, italiano; note: attualmente ricoverato nell’ospedale d’Istonio;

106) Colombo Davide di Antonio, di anni 58, guantaio, italiano; note: attualmente detenuto nelle carceri d’Istonio;

107) Mazzagaglia Abele di Giuseppe, di anni 40, cameriere; note: attualmente detenuto nelle carceri d’Istonio;

108) Pizzamus Vittorio di Giuseppe, di anni 40, calderaio, italiano; note: attualmente ricoverato nell’ospedale d’Istonio;

109) Terraneo Felice fu Angela, di anni 29, impiegato, italiano; note: attualmente ricoverato nell’ospedale d’Istonio;

 

ISTONIO MARINA, 15 Sett. 1940 XVIII

Il Commissario di P.S.

Direttore del Campo di Concentramento

F.to V. Prezioso

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.

 

16.

COMUNE DI LAMA DEI PELIGNI

(Provincia di Chieti)

Elenco nominativo degli INTERNATI qui residenti

 

Lama dei Peligni, 14 Settembre 1940 XVIII

IL DIRETTORE

del Campo di Concentramento

F.to PINDIERI

 

1) Scharzmann Alberto fu Moise, di anni 52, rappresentante e grossista di frutta secca, ex protetto francese-ebreo, nato a Smirne il 5-12-1887, arrivato da Milano;

2) Maisels Jeremis di Aims, di anni 33, medico chirurgo, lettone-ebreo, arrivato da Bologna;

3) Melamerson Max fu Alessandro, di anni 59, industriale, russo-ebreo, arrivato da Vietri sul Mare;

4) Dancyngier Chaim di Szyia, di anni33, medico chirurgo e farmacista, polacco- ebreo, arrivato da Siena;

5) Saltstein Abraham di Noach, di anni 24, commerciante, polacco-ebreo, arrivato da Milano;

6) Jerett Willì di Pincus, di anni 37, commerciante, polacco-ebreo, arrivato da Milano;

7) Makus Otto di Max, di anni 45, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

8) Semmel Josef-Enrico fu Marco, di anni 39, commerciante e dottore in filosofia, polacco-ebreo, arrivato da Milano;

9) Bindefeld Siegmund di Wolf, di anni 47, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

10) Beer Simon di Faibis, di anni 27, laureando in medicina, romeno-ebreo, arrivato da Siena;

11) Stanich Lodovico di Francesco, di anni 24, falegname, suddito jugoslavo, arrivato da Trieste;

12) Kellmer Norbert di Guglielmo, di anni 27, tecnico industria tessile, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

13) Gottesman Giogio fu Hersch, di anni 41, impiegato presso la Montecatini, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

14) Jelinek Gustavo di Carlo, di anni 45, commerciante, tedesco-ebreo, arrivato da Milano;

15) Hagler Wolf di Moisè, di anni 35, commercianti, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

16) Schachter Vigdor di Feiwel, di anni 28, fornaio, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

17) Winkler Emerico di Gaspare, di anni 41, meccanico di radio, arrivato da Milano;

18) Winikov Michele di Boris, di anni 58, pittore, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

19) Preis Mosé di Benzion, di anni 36, artigiano pellicciaio, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

20) Feueremann Friderik di Abraham, di anni 30, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

21) Gleitmann Abraham di David, di anni 42, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

22) Milgrom Icek di Kasriel, di anni 29, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

23) Orbach Schmul di Wolf, di anni 59, commerciante, apolide-ebreo, arrivato da Milano;

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.

 

17.

COMUNE DI LANCIANO (CHIETI)

Situazione internate nel Campo di Concentramento al giorno 15 settembre 1940. XVIII


1) Roth Raisel Ette di Hevazo, in Schmuckler, di anni 30, donna di casa, apolide ebrea;

2) Moldauer Maria L. fu Norberto, nubile, di anni 26, Dott. in lettere, polacca ebrea;

3) De Matteo Giuseppa fu Gennaro, in Crisculo, di anni 47, donna di casa, francese;

4) Michaut Leontina fu Augusto, in Kahn, di anni 48, donna di casa, apolide ebrea;

5) Cattadori Maria di Guido, nubile, di anni 27, sarta, francese;

6) Coquard Wanda M. di ignoti, in Drewon, di anni 49, donna di casa, francese;

7) Abramowa Natalia fu Ivan, Nubile, di anni 29, donna di casa, apolide;

8) Barer Chaia di Iacob, nubile, di anni 38, donna di casa, polacca ebrea;

9) Hubschmann Federica di Efrain, nubile, di anni 34, Dott. in medicina, polacca ebrea;

10) Breitel Lilly M. fu Roberto, in in Breitel, di anni 35, impiegata, polacca ebrea;

11) Wolfstein Ruth di Leo, nubile, di anni 20, donna di casa, tedesca ebrea;

12) Blondel Adele fu Paolo, in Deman, di anni 47, donna di casa, francese;

13) Kaczor Freida di Franz, in Fin kelstein, di anni 28, donna di casa, polacca;

14) Comte Maria fu Enrico, in Hergyk, di anni 35, donna di casa, polacca;

15) Reich Adele fu Samuele, in Weigner, di anni 65, donna di casa, tedesca ebrea;

16) Cattadori Simone di Giulio, nubile, di anni 20, sarta, francese;

17) Heymann Clara di Leopoldo, in Nathan, di anni 42, donna di casa, tedesca ebrea;

18) feldmann Berta fu Leo, in Nosseck, di anni 27, donna di casa, tedesca ebrea;

19) Centawer Ruth fu Alfredo, in Pinkus, di anni 22, studentessa, tedesca ebrea,

20) Stehberg Hilda fu Bernhard, in Margoninev, di anni 45, donna di casa, tedesca ebrea;

21) Bergez Yvonne fu Alexis, nubile, di anni 30, operaia, francese;

22) Sternheim Angela fu Otto, nubile, di anni 36, donna di casa, tedesca ebrea;

23) Baransborofsca Bronislawa fu Alberto, nubile, di anni 61, attrice, polacca;

24) Freund Minna fu Hone, in Adler, di anni 57, donna di casa, tedesca ebrea;

25) Kollmann Regina M. fu Carlo, nubile, di anni 37, insegnante, tedesca;

26) Pacini Iacobina fu Angelo, in Salini, di anni 48, donna di casa, italiana;

27) Driks Elena fu Adam, nubile, di anni 40, donna di casa, polacca ebrea;

28) Welizcker ester fu Ionas, in Kranthammer, di anni 70, donna di casa, polacca ebrea;

29) Korn Clara fu Hirsch, in Hamel, di anni 45, donna di casa, polacca ebrea;

30) Sgenwic Angelica fu Felice, nubile, di anni 27, Dott. in lettere, polacca;

31) Steinfeld Hela fu Alberto, nubile, di anni 42, impiegata, tedesca ebrea;

32) Kachler Gerta fu Federico, in Fluss, di anni 23, donna di casa, tedesca;

33) Bronowska Maria fu Adam, nubile, di anni 35, professoressa di lettere, polacca;

34) Laudmann Augusta fu Alberto, in Klimmer, di anni 50, pittrice, tedesca ebrea;

35) Aleksandrowicz Cypa di Szyia, in Brodacz, di anni 27, Dott. in medicina, polacca;

36) Lewinger Susanne fu Otto, nubile, di anni 26, insegnante, tedesca ebrea;

37) Loeb Amalia fu Martin, in Guckenheimer, di anni 52, donna di casa, tedesca ebrea;

38) Zoia Ferrari di Valerio, nubile, di anni 33, donna di casa, francese;

39) Spirgatis Augusta fu Carlo, in Lehmann, di anni 48, donna di casa, tedesca;

40) Kimelman Lisolette fu Osvaldo, in Liebenstritt, di anni 33, donna di casa, tedesca ebrea;

41) Lovstein Dorotea di Ludovico, in Bellak, di anni 43, donna di casa, tedesca;

42) Collin Cathe di Ermanno, in Mayer, di anni 53, donna di casa, tedesca ebrea;

43) Neuwchner Carlotta fu Isacco, in Laudau, di anni 55, donna di casa, polacca ebrea;

44) Landau Felicetta di Giuseppe, nubile, di anni 27, dattilografa, polacca;

45) Frankel Taube fu Sail, in Zucherberg, di anni 56, donna di casa, polacca;

46) Fillinger W. Sara di Guglielmo in Hamel, di anni 47, donna di casa, tedesca ebrea;

47) Schick Ilona di Riccardo, in Crapal, di anni 45, donna di casa, tedesca ebrea;

48) Schwarz Sacha di Gustavo, in Borch, di anni 38, donna di casa, tedesca ebrea;

49) Barsonkoff Vera fu Jean, nubile, di anni 31, artista, russa;

N.B. L’internata di cui al N. 5 Roth Raisel ha con sé un figlio di 1 anno

L’internata di cui al N. 23 Comte Maria ha con sé un figlio di 5 anni

L’internata di cui al N. 44 Korn Clara ha con sé due figli uno di anni 14 e l’altro di anni 6.

 

Lanciano, li 17/9/1940. XVIII IL PODESTA’

DIRETTORE DEL CAMPO CONCENTRAMENTO

F. to illeg.

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 118.

 

18.

Elenco degli internati giunti nel campo di concentramento di Tollo nel febbraio 1942 XX

1) Angelopolj Milan fu Nicolo e di Tomic Maria, nato a Mostar (Erzegovina) il 22/1/1896, meccanico;

2) Bartulovic Antonio fu Natale e di Sraem Matia, nato a Bloza (Dalmazia) il 7/12/1899, giornalista;

3) Bjeladinovic Niko di Ljubo e di Katuric Bosiljka, nato a Risano (Cattaro) il 7/6/1912, macellaio;

4) Bjeladinovic Petar di Paolo e di Herman Maria, nato a Risano (Cattaro) il 10/8/1916, conciatore di pelli;

5) Bogdanovic Blaggio di Spiro e di Perovic Ivana, nato a Teodo (Cattaro) il 14/3/1907, macellaio;

6) Bogdanovic Natale fu Simeone e di Minic Persa, nato a Prijepolje (Montenegro) il 30/6/1903, economo di sanatorio;

7) Brguljan Giovanni fu Mateo e di Grgurevic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 30/10/1907, agricoltore;

8) Brcanovic Ilia di Natale e di Petrovic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 30/6/1921, operaio costruttore;

9) Buj Stefano fu Francesco fu Gozdenovic Giovanna, nato a Petrovac al Mare (Dalmazia) il 4/3/1888, direttore di casa di spedizione;

10) Cetcovic Zarko fu Ilia e di Vukasovic Mileva, nato a Dobrota (Cattaro) il 26/9/1919, agricoltore;

11) Bracanovic Paolo fu Giovanni e di Zico Stana, nato a Scagliari (Cattaro) il 13/10/1919, operaio costruttore;

12) Ciatovic Gojko fu Giovanni e di Petrovic Sofia, nato a Risano (Cattaro) il 15/9/1911, autista;

13) Dzono Nikola fu Giovanni e di Radoman Mara, nato a Ljubotinje (Montenegro) il 12/2/1893, gendarme;

14) Dokic Uros fu Miro e di Bulatovic Jaliza, nato a Lipovo (Montenegro) il 14/12/1908, gendarme;

15) Grgurevic Pietro fu Luca e di Franovic Pave, nato a Scagliari (Cattaro) il 6/6/1920, falegname;

16) Grugrevic Antonio fu Natale e di Petrovic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 2/6/1920, falegname;

17) Ivovic Luigi fu Antonio e di Cosilari Maria, nato a Lastava (Cattaro) il 22/2/1894, possidente;

18) Ivovic Trifone di Giovanni e di Usanovic Josefina, nato a Perzagno (Cattaro) il 6/12/1908, meccanico;

19) Jancovic Svetozar fu Nicolo e di Marinic Mile, nato a Genovizzo (Cattaro), il 17/9/1901, pescatore;

20) Kisic Luka fu Giogio e di Dostinic Saveta, nato a Kuti (Cattaro), il 28/10/1906, fornaio;

21) Kisic Mitar fu Giogio e di Dostinic Saveta, nato a Kuti (Cattaro), il 31/10/1902, agricoltore;

22) Kavacevic Emilio fu Lazzaro e di Gacinovic Ange, nato a Gazco (Erzegovina), il 30/3/1902, tornitore;

23) Kovacic Giogio fu Dusan e di Cincovic Vukosava, nato a Risano (Cattaro), il 7/6/1901, negoziante;

24) Kukuric Risto fu Risto e di Bokonic Andje, nato a Trebinje (Erzegovina), il 15/4/1901, agente di polizia;

25) Marcovic Ilia fu Marco e di Radulovic Maria, nato a Trujine (Montenegro), il --/8/1910, agricoltore;

26) Milinovic Lazzaro fu Costantino di Popovic Natalie, nato a Cattaro l’8/8/1905, impiegato di Pretura;

27) Marcovic Mirco fu Stefano e di Ivancovic Marisa, nato a Cattaro il 25/12/1919, falegname;

28) Marcovic Slavo di Giovanni e di Nicolic Mariza, nato a Cattaro il 15/8/1920, studente;

29) Marinic Natale di Giorgio e di Lepetic Gospava, nato a Cattaro, il 12/12/1913, agricoltore;

30) Miloscevic Gojko fu Cristoforo e di Seferovic Giovanna, nato a Bjela (Cattaro) il 23/9/1903, gendarme;

31) Milutin Daniele di Vincenzo e di Petrovic Ozana, nato a Krpanj (Sebenico) il 4/8/1921, meccanico;

32) Mustur Dusan fu Natale e di Mandi Jovanka, nato a Perasto (Cattaro) il 21/9/1908, impiegato di porta, tecnico;

33) Petrovic Ante di Giogio e di Petrovic Mara, nato a Scagliari (Cattaro) il 30/5/1918, meccanico;

34) Petrovic Grazia fu Trifone e fu Petrovic Anna, nato a Scagliari (Cattaro) il 25/3/1899, negoziante;

35) Petrovic Pietro fu Filippo e di Sontic Daniza, nato a Scagliari (Cattaro) il 18/6/1904, operaio;

36) Petrovic Natale di Cristoforo e di Bosarevic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 18/1/1923, calzolaio;

37) Petrovic Nicolo di Cristoforo e di Boserevic Stane, nato a Scagliari (Cattaro) il 5/12/1912, giardiniere;

38) Petrovic Roko fu Marco e di Sandic Daniza, nato a Scagliari (Cattaro) il 28/11/1921, falegname;

39) Sindik Trifone di Cristoforo e di Sindik Maria, nato a Teodo (Cattaro) il 2/2/1918, tornitore;

40) Subotic Veselin fu Mitar e di Krljevic Gospava, nato a Risano (Cattaro) il 15/11/1904, macellaio;

41) Todorevic Giogio di Trifone e di Brcovic Cristina, nato a Perasto (Cattaro) il 3/5/1908, impiegato;

42) Vrbica Michele fu Basilio e di Vukovic Gospava, nato a Njegus (Montenrgro) il 18/8/1921, studente in medicina;

43) Vujacic Gojko fu Cirac e di Coprivica Cosa, nato a Grhovo (Montenegro) il 15/8/1905, negoziante;

44) Vukovic Vlado fu Mitar e fu Tanzovic Maria, nato a Kruscevize (Cattaro) il 16/11/1909, autista;

45) Vukovic Vojslav di Biaggio e di Boljevic Daniza, nato a Cattaro il 18/6/1920, agricoltore.

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 1.

19.

Ministero dell’Interno

Elenco dei civili internati nel campo di concentramento di "Città S. Angelo"

 

Abjevic Huseim fu Soli jugoslavo

Anzie Albino fu Antonio "

Buvac Giovanni di Matteo "

Bostiancich Stanko d’ignoto "

Ban Luca di Mario "

Bacic Peter fu Martino "

Balaban Alessandro di Arkadine "

Biegovic Pietro fu Mareo "

Belcic Matteo di Matteo "

Bai Miroslavo di Francesco "

Bordin Rado di Drago "

Bezic Ladislao di Ignazio Spione

Barbalic Opietro fu Giovanni jugoslavo

Ban Dusan fu Giuseppe "

Blazina Iesip di Giovanni Spione

Boncina Ferdinando di Antonio jugoslavo

Cimmermann Antonio di Antonio "

Carli (già Krali) Stanislao fu Giovanni "

Ciulic Vinko fu Ante "

Cugeli Mirko fu Matteo "

Cvenianov Zivco fu Giovanni "

Carlavaris Ferdinando fu Ferdinando "

Cosic Giovanni fu Matteo "

Dimich Bogden di Oros "

Diniaski Todor di Milan "

Dragicievich Kovacevic Arsenio d’ignoto "

Dimovec Emilio fu Cristiano "

Duimic Giovanni fu Giovanni "

Emili (De) Boren di Enrico "

Filippovich Gregorio di Gregorio "

Flasner Edoardo di Adolfo ebreo tedesco

Fon Daniele fu Giusepope Spione

Frlau Luigi fu Luigijugoslavo "

Gatara Giovanni fu Gerolamo "

Gerzetic Stanislao di Rodolfo "

Glavacevich Vinko di valentino "

Grzunov Ioso di Natale "

Grzac Pietro di Pietro "

Grm Luigi di Giovanni "

Gabrenja Francesco fu Giovanni "

Germek Alfonso di Alfonso "

Giunio Rodolfo fu Giovanni "

Gluscenio Vladimiro di Paolo "

Grosmann Desiderio fu Ernesto jugoslavo

Gaglianic Giovanni di Giovanni "

Hrovatin Mario fu Bartolomeo "

Hlandik Francesco fu Francesco "

Hujev Jerko di Matteo "

Heidenfelder Leonardo di Pietro "

Iovanovic Simon di Simon "

Jussich Giuseppe fu Giuseppe "

Jacovina Rodolfo di Giovanni "

Imetic Emilio fu Marco "

Jurkovic Gabriele fu Stefano "

Ielisei Giuseppe fu Giacomo "

Ibraimovic Jcozja di Husseim "

Jokich Michele fu Vasilio "

Ielencic Cirillo Metodio fu Ferdinando "

Klesnik Ivan fu Francesco "

Kinnor Vladimiro fu Francesco "

Krstie Aklessandro fu Michele "

Kucinic Giuseppe di Tommaso "

Kozoglav Giovanni fu Giuseppe "

Elemen Paolo fu Floriano "

Kapovic Antonio fu Nicolò "

Kotnic Vittorio Cirillo di Francesco "

Knavs Giuseppe fu Antonio "

Korencic Gabriele di Franco "

Labyosky Michele fu Vitaliano "

Lozei Antonio di ignoto "

Lorber Giacomo fu Giacomo "

Lenhart Delimir detto Miro di Antonio "

Lasic Zvonko fu Andrea "

Lipnik Giovanni di Antonio "

Lucev Antonio fu Sava "

Matulic Ernesto di Antonio "

Milos Sante di Matteo "

Mazura Stefano fu Vasilio "

Mattias Marco di Giuseppe "

Mosetic Miroslavo di Filippo "

Milanovic Milan fu Enrico "

Montanara Pietro fu Francesco "

Mihich Stanislao di Antonio "

Matetic Francesco fu Giuseppe "

Motkovich Augusto di Giorgio "

Mialivich Bruno fu Antonio "

Czegovic de Barbalesca fu Stefano "

Perovic Ivan fu Francesco "

Petric Bozo Natale fu Cosimo "

Predadovic Ivi fu Dusan "

Pintoris Rudolf di Ivan " (croato)

Paulin Giuseppe fu Giuseppe "

Preis Francesco fu Carlo "

Pirisum Paolo di Pietro Spione

Prener Branco di Josep jugoslavo

Preghel Michele fu Pietro "

Poliakoff Alexis di Ivan ebreo apolide

Rupret Cirillo d’ignoto jugoslavo

Rugeli Giuseppe fu Giovanni "

Rodizza Giuseppe fu Giuseppe "

Romie Jure di Duie "

Ruzichka Emilio fu Giuseppe "

Relia Antonio fu Simeone "

Rapotec Vincenzo di Francesco "

Radulich Mario di Gustavo "

Rozic Kzuma fu Andrea "

Rubessa Giovanni fu Giovanni "

Salamonec Matteo fu Ivan "

Skrobogna Giovanni fu Francesco "

Stojan Carlo fu Giogio "

Solic Milan fu Francesco "

Solic Marjan fu Francesco "

Spitzer Francesco di Ignazio "

Scaunikar Vinko fu Stefano "

Sancin Giovanni fu Giovanni "

Soie Filippo fu Gregorio "

Skomina Venceslao di Vinko "

Srok Antonio fu Giuseppe "

Sosnovic Zvonimir fu Costantino "

Sorenic Bozo fu Hinko "

Sasson Giovanni fu Giuseppe "

Spincich Antonio fu Domenico "

Todorovic Miloslav di Radivoi "

Tuta Andrea fu Michele "

Tatalovic Giovanni fu Elia "

Truta Antonio fu Giovanni "

Tolianic Pietro fu Giuseppe "

Troha Giuseppe di Filippo "

Ukmar Francesco fu Giacomo "

Valentincich Albino fu Giovanni "

Vidmar Zivko fu Antonio "

Verbic Andrea di Andrea "

Valiacic Emerik di Giovanni "

Vaniar Giuseppe di Giuseppe "

Varenina Ivo di Antonio "

Zagar Vincenzo di Giuseppe "

Zigoni Antonio di Antonio Spione

Zic Valentino fu Andrea jugoslavo

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 5.

 

 

20.

Civitella del Tronto

Elenco nominativo degli internati di questo campo di concentramento che sono stati trasferiti altrove a cura del comando tedesco.

1) Abeasis Clemente fu Giuseppe ebreo inglese

2) Abeasis Giorgio di Clemente idem

3) Benjamin Eugenio fu Edoardo idem

4) Banjamin William fu Rdoardo idem

5) Burbea Jacco fu Jusef idem

6) Burbea Sion di Jacob idem

7) Burbea Hammus di Jacob idem

8) Burbea Hammus di Jacob idem

9) Burbea Huato fu Jusef idem

10) Dihi Simeone fu Keliffa idem

11) Habib Scialon fu Benedetto idem

12) Habib Jacob fu Benedetto idem

13) Habib Mosé fu Benedetto idem

14) Labi Isacco di Scialon idem

15) Labi Sion di Scialon idem

16) Labi Giuseppe di Scialon idem

17) Labi Hammus fu Mosé idem

18) Labi Alfredo fu Adolfo idem

19) Labi Abramo fu Hammus idem

20) Nemni Jusef fu Nessim idem

21) Nemni Mosé di Simeone idem

22) Reginiano Hamani fu Hlafo idem

23) Reginiano Abramo di Davide idem

24) Reginiano Efrain fu Hlafo idem

25) Reginiano Scialon fu Hlafo idem

26) Adler Nachmann di Leib ebreo ungherese

27) Aussemberg Chaskel fu Kain ebreo polacco

28) Azzopardi Ernesto fu Emanuele ariano inglese

29) Arnstein Ernesto fu Sigismondo ebreo tedesco

30) Bersciadski Semil di Aronne ebreo apolide russo

31) Bersciatski Abramo fu Mosé idem

32) Bonello Nicola di Panaiota ariano inglese

33) Buttigieg Basilio fu Giorgio idem

34) Cassar Andrea fu Battista idem

35) Camilleri Giuseppe fu Carmelo idem

36) Chassaud Giovanni fu William idem

37) Cums Pericle fu Paolo idem

38) Damato Pietro fu Luigi idem

39) Damato Pietro fu Raimondo idem

40) Daniloff Vittorio fu Giovanni ariano apolide russo

41) Darmanin Francesco fu Paolo ariano inglese

42) Darmanin Giuseppe di carmelo idem

43) Costa Michele fu Antonio idem

44) Costa Giuseppe di Michele idem

45) Eisinger Max di Jgnazio ebreo tedesco

46) Farrugia Michele fu carmelo ariano inglese

47) Diamant Salim fu Mosé ebreo polacco

48) Feisi Francesco di ignoti ariano turco

49) Fischer Riccardo di Wilem ariano polacco

50) Fuchs Rodolfo di Marco ebreo tedesco

51) Furst Kurt di Adolfo idem

52) Gedalie Bernardo di ignoto idem

53) Gize Stanilaw fu Filippo ariano polacco

54) Gluchsmann Ferdinando fu Filippo ebreo tedesco

55) Goldberg Arturo di Giovanni ebreo rumeno

56) Goldmann Alberto di Arnoldo ebreo tedesco

57) Galeo Francesco fu Giuseppe ariano inglese

58) Goodwin Vernon fu Alfredo ariano inglese

59) Grech Lazzaro fu Carmelo idem

60) Grunwad Ludovico fu Giovanni ebreo tedesco

61) Haar Pavel fu Federico ebreo ex cecoslovacco

62) Hain Jgnazio fu Mosé ebreo tedesco

63) Hacher Samuele di Emanuele ebreo tedesco

64) Jacobson Alberto di Ernesto idem

65) Jacobson Leo Lazzaro fu Massimo ebreo lettone

66) Jakubczak Jan di Ludovico ariano polacco

67) Jonson Stanlei di Andrew ariano inglese

68) Jonson Stanlei di Andrew idem

69) Josefsberg Jacob fu Taicel ebreo tedesco

70) Kaldegg Erwin fu Max idem

71) Karp Michele di Leone ebreo apolide russo

72) Kazouba Simone fu Timotei ortodosso apolide russo

73) Kerbes Lemel fu Wilhelm ebreo tedesco

74) Kornreich Simone fu Abramo idem

75) Kort Simone di Nussan idem

76) Leer Oskar fu Franz idem

77) Lilienthal Reinold di Sigfrido idem

78) Lissauer Hans di Edoardo idem

79) Loriente Pietro fu Francesco ariano inglese

80) Lyon Emilio fu Felice ebreo tedesco

81) Manes Giovanni di Isidoro idem

82) Meilah Salvatore di Giuseppe ariano inglese

83) Micaleff Spiro fu Salvino idem

84) Morgstern Hans di Moritz ebreo tedesco

85) Muscat Giuseppe fu Vincenzo ariano inglese

86) Nussbaum Ernesto fu Giuseppe ebreo tedesco

87) Mausner Jacob fu Taiel idem

88) Pincus Enrico fu Hugo idem

89) Pisani Carmelo di Giovanniariano inglese

90) Prishard Enrico fu Walter idem

91) Rector Arturo fu Simone ebreo tedesco

92) Rivans Roberto fu Antonio ariano inglese

93) Rivans Antonio fu Nicola idem

94) Rivans Nicola di Antonio idem

95) Rosenbaum Ernesto fu Jsacco ebreo tedesco

96) Rosenblatt Raffaele di Levi ebreo apolide

97) Rosental Giuseppe di Wolf ebreo polacco

98) Rosenzweig Nathal fu Loeb ebreo polacco

99) Eschenazi Giuseppe fu Boris ebreo apolide russo

100) Safarzinski Mario di Antonio ariano polacco

101) Sagone Paolo di Oreste ariano inglese

102) Sant Francesco fu Andrea idem

103) Schwarschild Ernesto di Emanuele ebreo tedesco

104) Sommerfeld Leo di Max idem

105) Spiteri Giovanni fu Gregorioariano inglese

106) Stein Riccardo fu Adolfo ebreo tedesco

107) Stein Horst di Riccardo idem

108) Romney Lionel di Alfredo ariano olandese

109) Szenkier Jsacco di Abramo ebreo polacco

110) Taussig Walter di Ludovico ebreo tedesco

111) Valle Corrado fu Corrado ariano inglese

112) Wachsberg Alfredo di Salomone ebreo tedesco

113) Warmund Marco di Enrico ebreo polacco

114) Weil Bertoldo fu Leopoldo ebreo tedesco

115) Weinzweig Kurt fu Max idem

116) Wetterschneider Carlo fu Mosé idem

117) Woodley Edoardo di Alfredo protestante greco

118) Zarafe Carlo di Giuseppe ariano inglese

119) Zieg Samuele fu Alter ebreo tedesco

120) Zielinski Stanilaw di Boleslaw ariano polacco

121) Eisech Giovanni fu Ernesto ebreo tedesco

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat A 4bis, B. 6.

 

21.

Campo di Concentramento Civitella del Tronto

DIREZIONE

Elenco nominativo degli internati civili

con le loro generalità aggiornato a tutto il 22/11/1943 - XXII

 

1) HASSAN Rachele in Abeasis fu Beniamino e fu Curiel Angelina, nata a Tripoli il 10/2/1908, casalinga, via Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

2) ABEASIS Ester di Clemente e di Hassan Rachele, nato a Tripoli il 19/10/1926, impiegata privata, via Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

3) ABEASIS Renato di Clemente e di Hassan Rachele, nato a Tripoli il 20/9/1928, minorenne, via Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

4) ABEASIS Rebecca di Clemente e di Hassan Rachele, nata a Tripoli il 2/12/1931, minorenne, via Pantelleria n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

5) HABIB Gemma in Benjamin fu Berkani e fu Maria Hassan, nata a Tripoli il 23/3/1903, casalinga, via Terranova n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

6) BENJAMIN Anna di Eugenio e di Habib Gemma, nata a Tripoli l’8/12/1930, minorenne, via Terranova n. 15 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

7) BENJAMIN Maria Silvana di Eugenio e di Habib Gemma, nata a Tripoli il 12/11/1933, minorenne, via Terranova n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

8) BENJAMIN Desi di Eugenio e di Habib Gemma, nata a Tripoli il 30/1/1937, minorenne, nazionalità inglese, razza ebraica, via Terranova n. 13 Tripoli, internata a Civitella del Tronto.

9) CAMILLERI Maria (ved. Lanzon) fu Andrea e fu Francesca Micoleff, nata a Malta il 29/5/1886, casalinga, via Plauto n. 33 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

10) LANZON Giovanni fu Salvatore e di Camilleri Maria, nato a Tripoli il 19/1/1928, meccanico, via Plauto n. 33 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

11) LANZON Anna fu Salvatore e di Camilleri Maria, nata a Tripoli il 18/10/1930, minorenne, via Plauto n. 33 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

12) HASSAN Buba in Burbea fu Hammus e di Sturi Fargian, nata a Tripoli nel 1894, casalinga, Sciara Angelo 19 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

13) JONA Giora in Burbea di Jusef e di Addad Rutnel, nata a Tripoli nel 1911, casalinga, via Milazzo n. 5 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

14) SEROR Mina in Burbea fu Mosé e di Sandra Seror, nata a Tripoli il 10/3/1900, casalinga, Sciara Angelo 19 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

15) FARGIAN Regina in Dihi fu Cammus e fu Nachum Messauda nata a Tripoli il 23/8/1890, casalinga, via Matera n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

16) DIHI Diamantina di Simone e di Fargian Regina, nata a Tripoli il 12/1/1916, casalinga, via Matera n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

17) BARANES Jda (ved. Habib) fu Nessim e fu Rita Megnagg, nata a Homs (Libia) nel 1900, casalinga, via Vignola n. 54 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

18) HABIB Scialom fu Hlafo e di Baranes Jda, nato a Tripoli il 21/10/1927, studente, via Vignola n. 54 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

19) HABIB Rita fu Hlafo e di Baranes Jda, nata a Tripoli il 23/10/1931, minorenne, via Vignola n. 54 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

20) HASCHI Giulia (ved. Habib) fu Jsacco e di Hanni Allegra, nata al Cairo nel 1898, casalinga, Kussect Essafar 325 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

21) HABIB Nessim fu Scialom e di Sara Minna, nato a Tripoli nel 1887, tipografo, Kussect Essafar n. 325 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

22) LABI Scialom fu Jusef e fu Addad Messauda, nato a Tripoli nel 1879, ramaio, Sciara Giama el Druszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese , razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

23) LABI Diamantina fu Jsacco e fu Rubina Nahum, nata a Tripoli, nel 1885, casalinga, Sciara Giama el Druszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

24) LABI Fortuna di Scialom e di Diamantina Labi, nata a Tripoli, nel 1917, casalinga, Sciara Giama el Druszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Ciavitella del Tronto.

25) LABI Rubina di Scialom e di Diamantina Labi, nata a Tripoli il 10/6/1925, casalinga, Sciara Giama el Drunszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

26) LABI Jda di Scialom e di Diamantina Labi, nata a Tripoli il 10/2/1929, casalinga, Sciara Giama el Drunszk n. 17 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

27) RUBLIL Zariffa in Labi di Raffaele e di Joha Missa, nata a Tripoli nel 1922, casalinga, via Leopardi n. 30 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

28) LABI Diamantina di Giuseppe e di Bublil Zariffa, nata a Civitella del Tronto il 28/8/1942, minorenne, via Leopardi n. 30 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

29) LABI Juda fu Jsaccoe fu Ester Labi, nato a Tripoli nel 1878, lattaio, Zeuch Biscic n. 44 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

30) FRATI Messauda in Labi fu Abramo e fu Buthul nata a Tripoli nel 1878, casalinga, Zeuch Biscisc n. 44 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

31) LABI Mezzala fu Scialom e fu Hadria Habib, nata a Tripoli nel 1895, Sciara Erbarsad n. 10 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

32) LABI Jolanda fu Haim e di Mina Smila, nata a Tripoli il 14/7/1916, casalinga, via Perugina n. 37 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

33) LABI Marcello di Renato e di Labi Iolanda, nato a Tripoli il 5/10/1938, minorenne, via Perugina n. 37 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

34) LABI Diana di Renato e di Labi Iolanda, nata a Tripoli il 27/12/1940, minorenne, via Perugina n. 37 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

35) VIVIENNE Guetta di Giulio e di Nachum Fortunata, nata a Tripoli il 29/5/1911, casalinga, Corso Vittorio Emanuele III Palazzo Assicurazione Venezia Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

36) SCIOA Gamila di Juda e di Aghib Regina, nata a Tripoli nel 1915, casalinga, via Benedetto Cairoli n. 35 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

37) LABI Luli Alba di Abramo e di Scioa Gemila, nata a Civitella del Tronto, il 22/8/1942, minorenne, via Benedetto Cairoli n. 35 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

38) MESSIAH Jsacco fu Salomone e fu Hassan Fortunata, nato a Tripoli il 6/2/1889, spedizioniere, Sciara Sidi el Hattab n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

39) SABBAN Sultana in Messiah fu Sion e fu Rubin Emilia, nata a Tripoli nel 1895, casalinga, Sciara Sidi el Hattab n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

40) ARBIB Vittorio fu Giacobbe e fu Messiah Elisa, nato a Bengasi il 2/8/1935, minorenne, Sciara Sidi el Hattab n. 13 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

41) BEDUSSA Regina fu Beniamino e fu Nemni Messauda, nata a Tripoli nel 1889, casalinga, Sciara Hammuna n. 25 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

42) HALFUM Zula in Nemni fu Messaud e fu Nisa Zahut, nata a Tripoli nel 1908, casalinga, via Angelo n. 24 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

43) NEMNI Misa di Mosé e di Halfum Zula, nata, a Tripoli nel 1929, casalinga, via Angelo n. 24 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

44) NEMNI Simeone di Mosé e di Halfun Zula, nato a Tripoli il 28/3/1934, minorenne, via Angelo n. 24 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

45) LABI Zatuba fu Hammus e fu Hanissa Labi, nata a Tripoli nel 1881, casalinga, Haira Ustia n. 25 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

46) REGINIANO Samina fu Hlafo e di Labi Zatuba, nata a Tripoli nel 1912, casalinga, Haira Ustia n. 25 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

47) REGINIANO Misa fu Hlafo e di Labi Zatuba, nata a Tripoli, nel 1890, casalinga, Zacched el Bescisc n. 28 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

48) REGINIANO Abramo fu Beniamino e fu Aghib Zula, nato a Tripoli nel 1878, sarto, Hara Ustia n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

49) FELLAH Buba fu Rubino e fu Massauda Haggiag, nata a Tripoli nel 1893, casalinga, Hara Ustia n. 23 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

50) GEAN Norina di Vittorio e di Haim Rachele, nata a Tripoli nel 1917, casalinga, via Costantino Scimola n. 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

51) REGINIANO Vittorio di Abramo e di Genea Norina, nato a Tripoli il 3/3/1939, minorenne, via Costantino Scimola n. 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

52) REGINIANO Jrma di Abramo e di Norina Gean, nata a Civitella del Tronto il 22/12/1942, minorenne, via Costantino Scimola n. 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

53) DEBASE Ester fu Giacobbe e di Tajeb Rachele, nata a Tripoli nel 1901, casalinga, Sciara Sidi el Hattab 46 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

54) MESSICA Emilia fu Mosé e di Esterina Racah, nata a Tripoli il 10/10/1909, casalinga, via Lazio 184, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

55) REGINIANO Rina di Scialom e di Messica Emilia, nata a Tripoli il 15/12/1936, minorenne, via Lazio 184, nazionalità inglese, razza ebraica, internata a Civitella del Tronto.

56) REGINIANO Hlafo di Scialom e di Messica Emilia, nato a Tripoli il 18/11/1938, minorenne, via Lazio 184 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

57) BURBEA Jacob di Hammus e di Jona Giora, nato a Tripoli il 13/12/1941, minorenne, via Milazzo 5 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

58) BURBEA Jusef di Hammus e di Jona Giora, nato a Civitella del Tronto il 27/6/1943, minorenne, via Milazzo 5 Tripoli, nazionalità inglese, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

59) ROSENTHAL Maurizio di Mosé e di Amalia Schutz, nato a Nassan (Germ.) il 23/1/1899, commerciante, attualmente all’Ospedale Civile di Teramo, nazionalità tedesca, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

60) EICHENBAUM Ernesto fu Pio e di Seindel Spivack, nato a Lutow (Polonia) il 23/9/1881, ingegnere, attualmente in licenza a Milano, nazionalità apolide, razza ebraica, internato a Civitella del Tronto.

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.

 

22.

ELENCO DEGLI INTERNATI CIVILI TRASFERITI IL 18/4/1944 XVIII

DAL CAMPO DI CIVITELLA DEL TRONTO A CARPI (Modena) DALLA GENDARMERIA TEDESCA

1) ARNSTEIN Ernesto fu Sigismondo e fu Henriette Menie nato a Furt (Baviera) il 12/4/1889, industriale, naz. tedesca, celibe, ebreo.

2) EISECK Giovanni Alberto fu Ernesto e di Jda Choen, nato a Berlino il 12/1/1900, medico, naz. tedesca, cogniugato, ebreo.

3) EINSINGER Max di Jgnazio e di Rosaria Strausler nato a Poysdorf (Germania) il 23/11/1879, commerciante, naz. tedesca, cogniugato, ebreo.

4) GLUCHSMANN Ferdinando fu Filippo e fu Baldivine Stern, nato a Presburg (Germ.) il 26/5/1903, cameriere, naz. tedesca, cogniugato, ebreo.

5) GOLDMANN Alberto di Arnoldo e fu Rosa Hochs, nato a Radschin (Moravia) il 18/12/1902, negoziante, cogniugato, tedesco ebreo.

6) HACHER Samuele di Emanuele e di Hermine Kobosa, nato a New-York il 21/3/1900, viaggiatore di commercio, cogniugato tedesco, ebreo.

7) JACOBSON Alberto di Ernesto e di Loewentral Minna nato a Duderstadt (Germania) il 5/10/1900, salumiere, celibe, tedesco, ebreo.

8) KALDEGG Erwin fu Max e fu Rosa Czisech nato a Vienna l’11/7/1896, ingegnere, tedesco, celibe, ebreo.

9) LILIENTHAL Reinold di Sigfrido e di Stein Elisabetta nato a Berlino il 7/3/1904, scrittore d’arte, cogniugato, tedesco, ebreo.

10) LISSAUER Hans di Edoardo e di Erna Meier, nato a Berlino il 30/3/1908, commerciante, celibe, tedesco, ebreo.

11) LYON Emilio fu Felice e di Stoller Vittoria nato a Breslavia il 21/5/1906, dottore in legge, celibe, tedesco, ebreo.

12) NUSSBAUM Ernesto fu Giuseppe e fu Benedette Berhein nato a Monaco di Baviera il 3/7/1895, attore di prosa, celibe, tedesco, ebreo.

13) PINCUS Enrico fu Hugo e di Regina Brach nato a Berlino il 29/5/ 1899, artigiano, celibe, tedesco, ebreo.

14) RECTOR Arturo fu Simeone e fu Anna Krenzberger nato a Clewitez (Germania) il 25/10/1885, commerciante, cogniugato, tedesco, ebreo.

15) ROSENBAZM Ernesto fu Jsacco e di Wolff Elfriede nato a Hager (Germania) il 18/4/1895, avvocato, celibe, tedesco, erbreo.

16) SCHWARSCHILD Ernesto fu Emanuele e di Schiff Augusta, nato a Francoforte sul Meno il 28/9/1881, ex Magistrato, celibe, tedesco, ebreo.

17) SOMMERFELD Leo di Max e di Lippa Koppermann nato a Berlino il 5/10/1899, suonatore ambulante, coniugato, tedesco, ebreo.

18) TAUSSIG Walter di Ludovico e di Giuseppina Rumann nato a Vienna il 24/1/1896, amministratore di commercio, celibe, tedesco, ebreo.

19) WINZWEIG Kurt fu Max e fu Edwige Friede, nato a Magdeburgo (Germania) il 18/5/1887, viaggiatore di commercio, celibe, tedesco, ebreo.

20) WETTERSCHNEIDER Carlo fu Mosé e di Eugenia Krauss, nato a Vienna il 24/1/1889, commerciante, coniugato, tedesco, ebreo.

21) Kerbes Lemel fu Wilhelhm e fu Duore Reire, nato a Tornopol (Germania) il 20/9/1893, pellicciaio, tedesco, coniugato, ebreo.

22) WEIL Bertold fu Leopoldo e fu Carolina Lowenthal, nato a Ludwisburg (Germ.) il 15/3/1891, chimico, coniugato, tedesco, ebreo.

23) ZIEG Samuele fu Alter e fu Macle Degen nato a Komarno (Galizia) il 6/6/1892, viaggiatore di commercio, tedesco, coniugato, ebreo.

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.

 

23.

ELENCO NOMINATIVO DEGLI INTERNATI CIVILI DI QUESTO CAMPO DI

CONCENTRAMENTO TRASFERITI IL 4/5/1944 XXII CON MEZZI E SCORTA

DELLA POLIZIA TEDESCA AL CAMPO DI CARPI (Modena).

 

1) AUSSENBERG Chaskel fu Kain e fu Lazi Goldmann nato a Lipsia il 15/9/1893, pellicciaio, naz. polacca, coniugato, ebreo.

2) BERSCIADSKI Semil d i Aronne e fu Fania Nudelmann nato a Kisinau (Russia) il 20/7/1899, farmacista, celibe, apolide, ebreo.

3) BERSCIATSKI Abramo fu Mosé e fu Muri Dora nato a Kodema (Russia) l’11/10/1892, mediatore, apolide, celibe, ebreo.

4) AZZOPARDI Ernesto di Emanuele e fu Michelina Muscat nato a Tripoli il 27/11/1904, macellaio, coniugato, naz. inglese, cattolico ariano.

5) BONELLO Nicola di Penajota e fu Penajota nato a Smirne l’11/1/1914, commerciante, coniugato, naz. inglese, cattolico ariano.

6) BUTTIGLIEG Basilio fu Giogio e di Luisa Spiteri nato a Corfù il 12/11/1903, falegname, coniugato, inglese, cattolico ariano.

7) DAMATO Pietro fu Luigi e di Asnif Bludia nato a Cavallara (Macedonia) il 16/7/1895, commerciante, celibe, inglese, cattolico ariano.

8) DAMATO Pietro fu Raimondo e fu Anna Armau nato a Costantinopoli il 17/9/ 1890, celibe, meccanico, inglese, cattolico ariano.

9) CASSAR Andrea fu Battista e di Peppina Sartini nato a Patrasso il 18/2/1899, parrucchiere, coniugato, inglese, cattolico ariano.

10) COSTA Michele fu Antonio e fu Liberata Falson nato a Tripoli il 26/3/1893, marinaio coniugato, inglese, cattolico ariano.

11) COSTA Giuseppe di Michele e di Rosina Falzon nato a Tripoli 23/12/1923, esercente, celibe inglese, cattolico ariano.

12) CHASSAUD Giovanni fu Guglielmo e fu Staluni Grisandi, nato ad Alessandria d’Egitto il 10/4/1903, commerciante, coniugato, inglese, cattolico ariano.

13) CAMILLERI Giuseppe fu Carmelo e fu Liberata Gosmann nato a Malta nell’agosto del 1890, carpentiere, coniugato, inglese, cattolico ariano.

14) DANILOFF Vittorio fu Giovanni e di Maria Usbekowa nato a Karcof il 10/3/1901, marinaio, celibe, apolide, greco ortodosso.

15) DARMANIN Francesco fu Paolo e fu Adriana Carabot nato a Tunisi l’11/11/1880, pescatore, coniugato, inglese, cattolico ariano.

16) DARMANIN Giuseppe fu Carmelo e di Debono Carmela nato a Gerba (Tunisia) il 1/10/1913, panettiere, celibe, inglese, cattolico ariano.

17) FARRUGINA Michele fu Carmelo e di Anna Costa nato a Tripoli il 13/8/1916, esercente, celibe, inglese, cattolico ariano.

18) GALEA Francesco fu Giuseppe e fu Antonia Grech nato a Tripoli il 6/1/1885, calzolaio, coniugato, inglese, cattolico ariano.

19) ESKENASI Giuseppe fu Boris e di Ida Annamaria nato a Odessa il 26/1/1905, impiegato, celibe, apolide, ebreo.

20) GIZA Stanislao fu Filippo e di Antonia Ekelian nato a Dolaza Wielka (pol.) il 27/8/1912, minatore, celibe, polacco, cattolico ariano.

21) GOODWIN Vernon fu Alfredo e di Marinon Yeo nato a Svansen (Inghilterra) il 26/9/1896, musicista, coniugato, inglese, cattolico ariano.

22) HAAR Pavel fu Federico e di Eisner Malvina nato a Praga il 27/4/1905, commerciante, celibe, ex cecoslovacco, ebreo.

23) KAZOUBA Simon fu Timofei e fu Facolo Ksenia nato a Taganrog (Russia) il 1/8/1883, marinaio, celibe, apolide, greco ortodosso.

24) JONSON James di Andrew e di Kiriabula Kazzaro, nato a Smirne il 21/10/1921, meccanico, celibe, inglese, cattolico ariano.

26) LORIENTE Pietro fu Francesco e di Marella Galca nato a Tripoli il 29/6/1919, pittore, celibe, inglese, cattolico ariano.

27) LORIENTE Pio fu Francesco e di Marella Galea nato a Tripoli il 10/2/1910, meccanico, celibe, inglese, cattolico ariano.

28) MICALEFF Spiro fu Salvino e di Angela Sachu nato a Corfù il 19/9/1899, cuoco, coniugato, inglese, cattolico ariano.

29) MUSCAT Giuseppe fu Vincenzo e fu Carmela Vaccarizzi nato a Tripoli l’11/11/1889, impiegato, celibe, inglese, cattolico ariano.

30) MEILAK Salvatore di Giovanni e di Michelina Debono, nato a Tripoli il 28/7/1905, verniciatore, coniugato, inglese, cattolico.

31) JACUBCZAK Jan di Ludovico e di Maddalena Maiejenska nato a Szezalkovo (Pol.) il 22/6/1908, marinaio, celibe, polacco, cattolico ariano.

32) PRITCHARD Enrico fu Walter e fu Agnese Watters nato a Londra il 25/6/1895, agente marittimo, coniugato, inglese, cattolico ariano.

33) PISANI Carmelo di Giovanni e di Filomena Falson nato a Tripoli il 25/3/1910, calzolaio, celibe, inglese, cattolico ariano.

34) RIVANS Antonio fu Nicola e di Antonia Rubini nato a Smirne l’8/10/1901, pescatore, coniugato, inglese, cattolico ariano.

35) RIVANS Nicola di Antonio e di Stavrulla Parava nato ad Atene il 22/6/1922, calzolaio, celibe, inglese, cattolico ariano.

36) RIVANS Roberto fu Antonio e di Eleonora Saletovic nato a Smirne il 13/1/1901, impiegato, coniugato, inglese, cattolico ariano.

37) ROSENBLATT Raffaele di Levi e di Antonietta Blumerfeld nato a Grogen (Olanda) il 25/10/1912, studente di canto, celibe, apolide, ebreo.

38) ROSENZWEIG Nathan fu Loeb e Elsa Kort nato a Francoforte sul Meno il 16/11/1885, commerciante, coniugato, polacco, ebreo.

39) ROMNEY Lionel di Alfredo e di Maria Illidg, nato a Curacao (Piccole Antille) il 12/4/1915, marinaio, coniugato, oloandese, cattolico ariano.

40) HAIN Jgnazio di Moses e di Paolina Schuster nato a Ulnbach (Germania) il 29/6/1902, impiegato, coniugato, naz. tedesca, ebreo.

41) SAGONA Paolo di Oreste e di Fortunata Sagona nato a Tripoli il 16/5/1906, tornitore, coniugato, inglese cattolico ariano.

42) SANT Francesco fu Andrea e fu Nicoletta Stabri nato a Corfù il 24/8/1900, commerciante, coniugato, inglese, cattolico ariano.

43) SAFARZINSKI Mario di Antonio e di Emilia Drzenska nato a Varsavia il 15/10/1905, impiegato, celibe, polacco, cattolico ariano.

44) ZARAFA Carlo di Giuseppe e di Michelina Grech nato a Tripoli il 3/1/1922, pittore, celibe, inglese, cattolico ariano.

45) ZIELINSKI Stanilaw di Boleslaw e di Lilliana Malissa nato a Dzwierzuo (Pol.) il 27/7/1913, marinaio, celibe, polacco, cattolico ariano.

46) FURST Kurt di Adolfo e di Grete Fischer nato a Vienna il 29/1/1912, musicista, coniugato, naz. tedesca, ebreo.

47) VELLA Corrado fu Corrado e di Lorenza Vella nato a Malta il 15/9/1910, nichelatore, celibe, inglese, cattolico ariano.

48) WCODLEI Edoardo di Alfredo e di Elena Kimarios nato a Corfù il 24/9/1909, agente marittimo, celibe, naz. greca, religione protestante.

49) ABEASIS Clemente fu Giuseppe e fu Nahun Water nato a Homs (Libia) il 23/11/1896, impiegato, coniugato, inglese, ebreo.

50) MASSAN Rachele fu Beniamino e fu Curiel Angelina nata a Tripoli il 10/2/1908, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

51) Giorgio, nato a Tripoli il 4/2/1923, meccanico, inglese, celibe, ebreo, figlio.

52) Ester, nata a Tripoli il 19/10/1926, impiegata, inglese, nubile, ebrea, figlia.

53) Renato, nato a Tripoli il 20/9/1928, inglese, ebreo, figlio.

54) Rebecca, nata a Tripoli il 2/12/1931, inglese, ebrea, figlia.

55) BENJAMIN Eugenio fu Edoardoe di Riben Anna nato a Zliten (Libia) il 18/5/1900, impiegato, coniugato, inglese, ebreo.

56) HABIB Gemma fu Brrhani e fu Maria Hassan nata a Tripoli il 23/3/1905, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

57) Anna, nata a Tripoli l’8/12/1930, inglese, ebrea, figlia.

58) Silvana, nata a Tripoli il 12/11/1933, inglese, ebrea, figlia.

59) Desi, nata a Tripoli il 30/1/1937, inglese, ebrea, figlia.

60) BENJAMIN William fu Edoardo e di Ruben Anna nato a Zliten (Libia) il 10/11/1902, commerciante, divorziato, inglese, ebreo.

61) CAMILLERI Maria fu Andrea e fu Francesca Nicoleff nata a Malta il 29/5/1886, vedova Lanzon, casalinga, inglese, cattolica, ariana.

62) Lanzon Giovanni fu Salvatore nato a Tripoli il 29/1/1928, meccanico, celibe, inglese, cattolico ariano, figlio.

63) Lanzon Anna fu Salvatore nata a Tripoli il 18/10/1930, inglese, cattolica ariana, figlia.

64) BURBEA Hammus di Jacob e di Hassan Buba nato a Tripoli l’11/12/1911, barbiere, coniugato, inglese, ebreo.

65) JONA Giora di Jusef e di Addad Rut nata a Tripoli nel 1911, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

66) Jacob, nato a Tripoli il 13/12/1941, inglese, ebreo, figlio.

67) Jusef, nato a Civitella del Tronto (Teramo) il 27)6)1943, inglese, ebreo, figlio.

68) BURBEA Jacob fu Jusef e fu Tasciuba Sarina, nato a Tripoli nel 1892, barbiere, coniugato, inglese, ebreo.

69) HASSAN Buba fu Hammus e di Sturi Fargian nata a Tripoli nel 1894, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

70) Sion, nato a Tripoli il 17/11/1920, commesso, celibe, inglese, ebreo, figlio.

71) Giuseppe, nato a Tripoli nel 1923, commesso, celibe, inglese, ebreo, figlio.

72) BURBEA Huato fu Giuseppe e fu Sarina Tisciuba nato a Tripoli nel 1903, barbiere, coniugato, inglese, ebreo.

73) SEROR Mina fu Mosé e di Sandra Seror nata a Tripoli il 10/3/1900, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

74) HABIB Nessim fu Scialom s fu Sara Mimun nato a Tripoli nel a887, tipografo, celibe, inglese, ebreo.

75) DIHI Simeone fu Kaliffa e fu Manta Racha nato a Tripoli nel 1892, sarto, coniugato, inglese, ebreo.

76) REGINA Fargian fu Hammus e fu Nahun Messauda nata a Tripoli il 23/8/1890, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

77) Diamantina, nata a Tripoli il 12/1/1916, casalinga, nubile, inglese, ebrea, figlia.

78) BARANES Jda fu Nessim e fu Rita Megnani nata a Homs (Libia) nel 1900 casalinga, vedova Habib, inglese, ebrea.

79) Habib Scialom fu Hlafo nato a Tripoli il 21/10/1927, studente, celibe, inglese, ebreo, figlio.

80) Habib Rita fu Hlafo nata a Tripoli il 23/9/1931, inglese, ebrea, figlia.

81) HASCHI Giulia fu Jsacco e di Hamui Allegra nata a Cairo nel 1898, vedova Habib, casalinga, inglese, ebreo.

82) HABIB Scialom fu Benedetto nato a Bengasi il 13/8/1915, impiegato, celibe, inglese, ebreo, figlio.

83) Habib Jacob fu Benedetto nato a Bengasi il 26/4/1918, impiegato, celibe, figlio, inglese, ebreo.

84) Habib Mosé fu Benedetto nato a Tripoli il 5/12/1926, studente, celibe, inglese, ebreo, figlio.

85) LABI Scialom fu Jusef e fu Addad Messauda nato a Tripoli nel 1879, ramaio, coniugato, inglese, ebreo.

86) LABI Diamantina fu Jsacco e fu Nahun Rubina nata a Tripoli nel 1885, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

87) Jsacco, nato a Tripoli nel 1914, barbiere, celibe, inglese, ebreo, figlio.

88) Fortunata, nata a Tripoli nel 1917, casalinga, nubile, inglese, ebreo, figlia.

89) Sion nato a Tripoli il 22/7/1922, imopiegato, celibe, inglese, ebreo, figlio.

90) Rubina, nata a Tripoli il 10/6/1925, casalinga, nubile, inglese, ebrea, figlia.

91) Jda, nata a Tripoli il 10/2/1929, casalinga, nubile, inglese, ebrea, figlia.

92) LABI Juda fu Jsacco e fu Ester Labi nato a Tripoli nel 1878, lattaio, coniugato, inglese, ebreo.

93) FRATI Messauda fu Abramo e fu Buthul nata a Tripoli nel 1878, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

94) LABI Hammus fu Mosé e fu Levi Mina Nato a Bengasi nel 1884, commerciante, inglese, coniugato, ebreo.

95) Labi Mezzala fu Scialom e fu Hadria Habib nata a Tripoli nel 1895, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

96) LABI Giuseppe di Scialom e di Diamantina Labi nato a Tripoli il 6/7/1907, ramaio, coniugato, inglese, ebreo.

97) Bublil Zariffa di Raffaele e di Jona Missa nata a Tripoli nel 1922, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

98) Diamantina, nata a Civitella del Tronto il 28/8/1942, inglese, ebrea, figlia.

99) Scialomk, nato a Civitella del Tronto il 7/2/1944, inglese, ebreo, figlio.

100) LABI Jolanda in Labi fu Kaim e di Mina Smila nata a Tripoli il 14/7/1916, casalinga, inglese, ebrea.

101) Labi Marcello di Renato nato a Tripoli il 6/5/1938, inglese, ebreo, figlio.

102) Labi Diana di Renato nata a Tripoli il 27/11/1940, inglese, ebrea, figlia.

103) LABI Alfredo fu Adolfo e fu Arbib Diamantina, nato a Tripoli il 17/3/1900, commerciante, inglese, coniugato, ebreo.

104) Vivienne Guetta di Giulio e di Nahun Fortuna nata a Tripoli il 29/5/1911, casalinga, ebrea, moglie.

105) NEMNI Davide fu Sion e di Mezzala Haggiag nato a Tripoli il 2/4/1905, rappresentante di commercio, celibe, inglese, ebreo.

106) NEMNI Jusef fu Wessim e di Bedussa Regina nato a Tripoli il 12/2/1910, negoziante, celibe, inglese, ebreo.

107) Bedussa Regina fu Beniamin e fu Nemni Messauda nata a Tripoli nel 1894, casalinga, inglese, ebrea, madre.

108) LABI Abramo fu Hammus e di Misa Reginiano nato a Tripoli il 1/6/1914, sarto, inglese, coniugato, ebreo.

109) Scioa Gemila di Juda e di Regina Aghib nata a Tripoli nel 1915, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

110) Luli, nata a Civitella del Tronto il 22/8/1942, inglese, ebrea, figlia.

111) Regina, nata a Civitella del Tronto il 2/4/1944, inglese, ebrea, figlia.

112) MESSIAH fu Salomone e fu Hassan Fortunata nato a Tripoli il 6/2/1889, spedizioniere, coniugato, inglese, ebreo.

113) Sabban Sultana fu Sion nata a Tripoli nel 1895, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

114) Arbib Vittorio fu Giacobbe e fu Messiah Elisa nato a Bengasi, il 2/8/1935, inglese, ebreo, nipote.

115NEMNI Mosé di Simeone e fu Essaieg Misa nato a Tripoli nel 1902, droghiere, coniugato, inglese, ebreo.

116) Halfun Zula fu Messauda e fu Misa Zahut nata a Tripoli nel 1909, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

117) Simeone, nato a Tripoli il 29/3/1934, inglese, ebreo, figlio.

118) Misa, nata a Tripoli il 16/4/1929, inglese, ebrea, nubile, casalinga, figlia.

119) REGINIANO Hamani fu Hlafo e di Zatuta Labi nato a Tripoli nel 1914, sarto, celibe, inglese, ebreo.

120) Labi Zatuba fu Hammus e fu Hanissa Labi nata a Tripoli di anni 74, casalinga, vedova Reginiano, inglese, ebrea, madre.

121) Samina, nata a Tripoli nel 1912, casalinga, nubile, inglese, ebrea, sorella.

122) REGINIANO Misa fu Hlafo e di Zatuba Labi nata a Tripoli nel 1890, casalinga, ved. Labi, ebrea.

123) REGINIANO Abramo di Davide e di Barda Barcana nata a Tripoli il 5/10/1900, libraio, coniugato, inglese, ebreo.

124) Gean Norina di Huato e di Haim Rachele nata a Tripoli nel 1917, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

125) Vittorio, nato a Tripoli il 3/3/1939, inglese, ebreo, figlio.

126) Jrma, nata a Civitella del Tronto il 22/11/1942, inglese, ebrea, figlia.

127) REGINIANO Abramo fu Beniamino e fu Zula Aghib nato a Tripoli di anni 65, sarto, coniugato, inglese, ebreo.

128) Fellah Buba fu Rubino e fu Messauda Haggiag nata a Tripoli di anni 50, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

129) REGINIANO Sfrain fu Hlafo e di Zatuba Labi nato a Tripoli il 15/9/1892, sarto, coniugato, inglese, ebreo.

130) Debase Ester fu giacobbe e di Taieb Rachele nata a Tripoli nel 1901, casalinga, inglese,  ebrea, moglie.

131) REGINIANO Scialom fu Hlafo e di Zatuba Labi nato a Tripoli il 6/7/1909, sarto, coniugato, inglese, ebreo.

132) Messica Emilia fu Mosé e di Ester Rachah nata a Tripoli il 10/10/1909, casalinga, inglese, ebrea, moglie.

133) Rina, nata a Tripoli il 15/11/1936, inglese, ebrea, figlia.

134) Hlafo, nato a Tripoli il 18/11/1938, inglese, ebreo, figlio.

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.

 

24.

CAMPO DI CONCENTRAMENTO INTERNATI

ISOLA GR. SASSO D’ITALIA

Provincia di Teramo

ELENCO DEGLI INTERNATI

risultati mancanti dal campo dopo il trasferimento eseguito dalle Autorità Tedesche il giorno 27 novembre 1943-XXII°

matricola / cognome e nome

 

1) - 158 Su Kan Iu

2) - 160 Ching Tsen Iu

3) - 163 Huang Chang Pin

4) - 167 Mi Chang Shin

5) - 168 Cho Kuong Wu

6) - 173 Tchean Fung Sing

7) - 175 Chang Tin Chio

8) - 176 Chin Fa Chai

9) - 233 Wang Sun Tsai

10) - 232 Hu Ton Zin

11) - 239 Tchean Te Ling

12) - 242 Sing Fong Lee

13) - 243 Tsao Dang Chen

14) - 246 Gentile Die Fen

15) - 249 Lui Chen Tsin

16) - 251 Chen Chan An

17) - 252 Shu Chihe Cheng

18) - 255 Wang Heh Ching

19) - 263 Tchon Wu Tchong

20) - 268 King Sing Cha

21) - 270 On Fo Io

22) - 271 Chiang Ding Yan

23) - 277 Chang Wang Ching

24) - 280 King Chang Ching

25) - 285 Chen Yue Chan

26) - 291 Hu Sze Ya

27) - 294 Nhion The Hen

28) - 299 Chin Ting Shen

29) - 303 Wang Yoo Cha

30) - 306 Hu Chao

31) - 311 Lin Yeh Chu

32) - 313 Cheng Pi Hsi

33) - 314 Cin Cin Na

34) - 315 Suen Tchon Pao

35) - 318 Chin Yung Chang

36) - 320 Yang Lie Chiug

37) - 321 On Nao Chang

38) - 334 Pan Yez Diagne

39) - 336 Tcheng Chi Ching

40) - 340 Chen Feng Hui

41) - 344 Chi Shih Chiung

42) - 346 Kin Giuseppe

Isola Gr. Sasso I dicembre 1943 XXII

IL DIRETTORE DEL CAMPO

F/to illeggibile

P.C.C.

L’imp. di Polizia di I cl.

F/to illeggibile

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.

 

26.

ELENCO INTERNATI

Campo di concentramento TORTORETO ALTO.

 

1./ AXELRAD Davide fu Israele e fu Rachel Meiseles, nato a Podkamien (Polonia)

il 12/7/1892, commercialista ebreo tedesco apolide, arr. 14/9/40

2./ BARTFELD Eurelio di Mosè e di Meier Babec, nato a Krapra (Cecoslovacchia) il 26/2/1889, sarto, res. Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

3./ BERENT Walter di Adolfo e di Seligson Fanny, nato a Danzig, il 31/8/1886, giudice, res. Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

4./ BERNSTEIN Ernesto di Simone e di Goldschmit Bettina, nato a Nakel (Posen) il 26/11/1911, meccanico, ebreo tedesco, arr.14/9/40 (NON SUSSIDIATO)

5./ BLUMENBERG Dott. Giorgio fu Giulio di Beata Broszinsky, nato a Hannover il 24/3/1906, dentista, res. Genova, ebreo tedesco apolide, arr. 14/9/40

6./ BOHRER Arnoldo di Wilhelm e di Hilda Feldmann, nato a Berlino il 30/10/1911 celibe, fabbricante, res. Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

7./ BUCHHOLZ Paolo fu Leone e Wolchen Elsa, nato a Leopoli il 30/6/1889, commerciante, res. Genova, celibe, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

8./ BURG Michele di mayer e di Ethel Rosenluft, nato a Vienna il 3/7/1895, commerciante, coniugato, res. Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

9./ BUXBAUM Dott. Sigfrido di Ermanno e di Kahn Amalie, nato a Brehmer (Westfalia) il 26/7/1886, medico, res. Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

10./ CAHN Kurt di Loeb e di Clara Kaufmann, nato a Lichtenau (Germania) il 17/81896, meccanico, coniugato, res. Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

11./ DEUTSCH Ernesto di Giacobbe e di Scheeiber Carolina, nato a Marienbad (Cecoslovacchia) il 20/11/99, agricoltore, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

12./ DOMINIK Giuseppe fu Salomone Schneider fu Rebecca Dominik, nato a Leopoli (Polonia) il 10/1/1886, bandaio, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

13./ EISNER Giacobbe fu Ignazio e di Carlotta Eisner, nato a Vienna il 26/7/1896, commerciante, res. Genova, coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

14./ FLATOW Giovanni fu Giogio e fu Selma Eifert, nato a Ortelsburg (Germania) il 18/4/1885, commercialista, coniugato, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

15./ FRISCHER Dott. Isacco di Leone e di Anna Lieblich, nato a Buczacz (Polonia) il 10/3/1911, medico chirurgo, ebreo tedesco, arr. 14/9/40

16./ GERSTL Oscar di Maurizio e fu Carolina Gerstl, nato a Vienna il 23/8/1880, coniugato, orafo, res. Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

17./ GIVER Hersz di Eisik e di Rifka Lifschitz, nato a Blendorf il 1/1/1895, sarto, res. Milano, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)

18./ GLASER Emilio fu Leopoldo e di Teresa Jellinek, nato a Nrazow (Cecoslovacchia) il 2/10/1884, impiegato, celibe, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

19./ GOLDSTEIN Salomone fu Giosia e Anna Berkowich, nato a Galatz il 15/5/1877, res. Ascoli Piceno, ingegnere, coniugato, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)

20./ GRANITZ Edmondo fu Guglielmo e fu Carolina Klinger, nato a Gyor (Ungheria) il 10/2/1896, celibe, commerciante, ebreo apolide, res. Fiume, arr. 1/9/40

21./ GUINSBURG Saul fu Lazzaro fu Rachele Grosowska, nato a Mosca (Russia) il 23/7/1890, commerciante, ebreo russo apolide, arr. 14/9/40

22./ HOFMANN Sigismondo fu Maurizio di Giovanna Tintner, nato a Bruck a /M. (Austria) il 7/4/1895, commerciante ebreo tedesco, arr. 14/9/40

23./ KRAUS Marcello di Edmondo e di Kraus Emilia nato a Fiume il 23/11/1897, ragioniere, celibe, res. Volosca, ebreo apolide, arr. 20/7/40

24./ KABAS Ignazio fu Paolo e Janicek Amalia, nato a Lazy il 12/6/1894, facchino, res. Sanpierdarena (Genova), vedovo, suddito slovacco, arr. 8/8/40

25./ SCHILLING Giovanni di Antonio e Sans Agostina, nato a Barcellona il 23/3/1887, res. Foligno, commerciante, suddito spagnolo, arr. 22/8/40.

TORTORETO ALTO, li 15 settembre 1940 XVIII°

Il Direttore

Lillo

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 137.

 

27.

ELENCO INTERNATI

Campo di concentramento TORTORETO STAZIONE

1./ ADLER Alfredo fu Giacobbe e Rosa Weil, nato a Ulm il 27/11/1887, res. Firenze, celibe, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

2./ ADLER Gustavo fu Adolfo e Heinrich Emilia, nato a Königsberg, il 30/10/1895 res. Genova, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

3./ ADLER Hermann di Natan e di Adler Rosa, nato a Vienna il 12/4/1887, res. Genova, legatore di libri, coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

4./ ADLER Schmul fu Giacobbe e fu Rosa Eldmann, nato a Olcusz il 8/1/1896, res. Genova, pittore, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

5./ AJZENBERG Szlamy fu Haim e fu Bluma Salzberg, nato a Leczyca il 23/3/1891, res. Genova, tessitore, ebreo apolide, arr. 1/9/40

6./ ALTBERGER Teodoro fu Ignazio e Milchspeiser Carlotta, nato a Vienna il 18/7/1904 ebreo apolide, celibe, pittore, res. Fiume, arr. 4/8/40

7./ ARZT Edoardo di Enoch e di Antonia Stiber, nato a Vienna il 22/7/1901, res. Genova, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

8./ BAHSEL Emilio fu Filippo e di Giulia Werner, nato a Vienna il 4/12/1884, res. Genova, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

9./ BALTER Massimiliano fu Ignazio e fu Cecilia Reder, nato a Cernauti il 5/12/1905, res. Milano, attore, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

10./ BARNASS Dagoberto fu Isidoro e fu Enrichetta Barnass, nato a Bromberg il 8/7/1885, res. Nervi, industriale, arr. 1/9/40

11./ BAUER Giorgio di Adolfo e fu Gerstl Francesca, nato a Vienna il 8/6/1887, negoziante, res. San Remo, ebreo tedesco, arr. 13/9/40

12./ BAUM Adolfo di Mayer e fu Enrichetta Wolff, nato a Vienna il 26/4/1896, res. Genova, falegname, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

13./ BAUM Herbert di Harold e Rosa Bauml, nato a Weiden il 16/2/1909, res. Genova, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

14./ BECKER Davide di Giuseppe e di Kreiner Rosa nato a Arad il 5/7/1913, res. Verona, celibe, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

15./ BERGER Alberto di Samuele e fu Antonia Egyes, nato a Susak il 20/8/1899, impiegato, coniugato, res. Fiume, ebreo apolide, arr. 20/7/40

16./ BERSTLING Edoardo fu Simeone e fu Clara Thaler, nato a Vienna il 26/10/1889, res. Genova, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

17./ BIRKENFELD (Bruckner) Ignazio di Munio e di Giuseppina Bruckner, nato a Iwanie (Polonia) il 26/10/1894, res. Viareggio, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)

18./ BLUMENFELD Ludwig fu Osias e fu Regina Blumenfeld, nato a Przemysl il 24/9/1892, res. nervi, rappresentante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

19./ BÖSSMANN Carlo fu Arnold e fu Berta Bär, nato a Monaco di Baviera il 2/2/1900, commerciante, celibe, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 18/8/40

20./ BRUNNER Emil fu Arold e Emma Kohn, nato a Vienna il 30/8/1893, res. Milano, vedovo, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

21./ COHEN Enrico fu Oscar e Elly Herzberg, nato a Hannover il 11/7/1901, res. Rapallo, avvocato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

22./ DARMSTÄDTER Paolo fu Guglielmo e fu Ida Darmstädter, nato a Mannheim il 20/4/1884, res. Genova, viaffiatore, divorziato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

23./ DAVID Sandor di Giacobbe e Carolina, Toch, nato a Vienna il 19/9/1886, res. Genova, rappresentante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

24./ DEUTSCH Arnoldo di Ignazio e di Rosali Mark, nato a Fiume il 19/9/1906, res. Fiume, commerciante, ebreo apolide, arr. 1/9/40

25./ DIAMANT Josef fu Hirsch e Paie Hoffler, nato a Zaleszesyki il 13/3/1882, res. Genova, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

26./ DICKER Kurt fu Maurizio e Berta Wolfgang, nato a Vienna il 24/7/1910, impiegato, res. Trieste, ebreo tedesco, arr. 1/9740

27./ DIESENDORF Joachin di Moss e di Meyte Grossberg nato a Lemberg il 4/3/1891, res. Genova, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

28./ DISKANT Sigfrido fu Leopoldo e Francesca Kohn, nato a Hohenwart il 14/12/1887, res. Genova, impiegato bancario, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

29./ DIWALT Giuseppe di filippo e di Clampa Rosa, nato a Cernauti (Romania) il 18/7/1906, commerciante, coniugato, res. Milano, ebreo apolide, arr. 1/9/40

30./ EDELHOFER Max fu Adolfo e Emma Feigel, nato a Ulrichskirchen il 15/2/1880, res. Genova, medico, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

31./ EDELSTEIN Sender fu Ascher e Adasia Holoschitz, nato a Stanislaw il 1/10/1887, res. Genova, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

32./ EHRENSTAMM Maurizio fu Adolfo, e di Sofia Strauss, nato a Heidesheim il 14/6/1883, res. Rapallo, industriale, ebreo apolide, arr. 1/9/40

33./ EISINGER Walter di Alfredo e di Stefania Goldwasser, nato a Vienna il 23/6/1905 res. Milano, commerciante, celibe, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

34./ ENGEL Adalberto fu Massimiliano e fu Giovanna Baseh, nato a Békéscaba (Ungheria) il 26/1/1897, res. Fiume, coniugato, impiegato, ebreo apolide, arr. 1/9/40

35./ ENGLARD Israele di Jonas e Debora Friedmann, nato a Sienava il 3/1/1909, res. Milano, rappresentante, celibe, ebreo apolide, arr. 1/9/40

36./ ENGLER Alfredo fu Ignazio e fu Langer Friderica, nato a Vienna il 12/12/1894, res. Genova, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

37./ EPHRAIMSON Ermanno fu Edoardo e Paolina Tobias, nato a Strelitz il 30/10/1887, res. St. Margherita Ligure, industriale, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

38./ EPPSTEIN Ludovico fu Ferdinando e fu Elia Franken, nato a Hoppstädten il 13/12/1882, res. Abbazia, coniugato, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

39./ FEIN Ernesto fu Simone e di Gianetta Glücklich, nato a Vienna il 27/9/1898, res. Milano, cuoco, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

40./ FELIKS Maurizio di Mendel e Klein Rachele, nato a Roznow il 21/1/1898, commerciante, ciniugato, ebreo tedesco, arr. 29/8/40

41./ FINKELSTEIN Michele fu Adolfo e fu Anna Wohlgeschaft, nato a Stanislau il 14/12/1894, res. Milano, coniugato, industriale, arr. 1/9/40

42./ FISCHOFF Maurizio fu Enrico e Flieschmann Regina, nato a Simoni (Ungheria) il 14/10/1891, tappezziere, res. Abbazia, coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

43./ FLINK Naftali fu Chaim Hirsch e Rosalia Rieger, nato a Neusandez il 31/12/1880, res. Genova, coniugato, commerciante, ebreo polacco, arr. 1/9/40

44./ FRANK Helmut fu Sigismondo e Lina Rotschild, nato a Stoccarda il 9/1/1892, res. Genova, celibe, commerciante, ebreo apolide, arr. 1/9/40

45./ FRANK Werner fu Alfredo e fu Homberg Hanna, nato a Nauen il 24/12/1898, res. Alassio, coniugato, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

46./ FRANKL Walter di Grabiele e Elia Lion, nato a Vienna, il 26/7/1902, res. Milano architetto, coniugato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

47./ FREITAG Carlo fu Giuseppe e Berta Mann nato a Darmstadt il 15/11/1919, res. Milano, celibe, studente, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

48./ FRIEDMANN dott. Edgar fu Ugo e Leontina Geiringer, nato a Vienna il 25/9/1886, res. Milano, divorziato, notaio, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

49./ FRISCHMANN Sigismondo fu Samuele e Giulia Bischitz, nato a Odenburg il 17/3/1894, res. Milano, divorziato, industriale, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

50./ FÜRST Kurt di Adolfo e Grete Fischer, nato a Vienna il 29/1/1912, res. Genova, coniugato, musicista, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

51./ GOGG Alois di Giovanni e di Caterina Birchbauer, nato a Graz (Austria) il 30/5/1910, violinista, res. Genova, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

52./ GOTTLIEB dott. Alessandro fu Maurizio e Berta Schächter nato a M. Sziget il 12/2/1904, res. Padova, celibe, dentista, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)

53./ GRABKOWICZ dott. Hans fu Alois e Anna Plessner, nato a Vienna il 31/12/1894, res. Milano, celibe, dentista, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

54./ GRANER dott. Ugo fu max e Anna Stern, nato a Budapest il 10/3/1894, res. Milano, coniugato, medico, ebreo tedesco, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)

55./ GROSSMANN Ottone fu Enrico e Giovanna Graner, nato a Vienna, il 14/1/1894, alberghiere, res. Abbazia, celibe, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

56./ GRUBER Ignazio fu Leopoldo e Giulia Noteles, nato a Vienna il 7/2/1898, res. Genova, coniugato, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

57./ GRÜNBERGER Sigismondo fi Giuseppe e fu Mendel Giulia, nato a Budweis il 21/3/1881, rappresentante, coniugato, res. Fiume, ebreo Slovacco, arr. 20/7/40

58./ GRÜNSPECHT dott. Davide fu Michele e fu Rosa Rindsberg, nato a Wüstensachsen il 15/7/1884, res. Milano, celibe, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

59./ GUMBINSKI Arturo fu Bernardo e Giannette Hartstein, anto a Glauchau il 16/1/1890, res. Milano, coniugato, impiegato bancario, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

60./ GÜNSBERGER Bertoldo di Leopoldo e di Paola Fürth, nato a Praga il 23/2/1901, res. Fiume, coniugato, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

61./ GÜRTLER Prof. Dott. Hermann di Adolfo e di Hein Erwinia, anto a Bial (Polonia) il 26/10/1887, suddito polacco, res. Canobbio (Novara), professore di conservatorio, arr. 26/7/40 (NON SUSSIDIATO)

62./ GUTTMANN Richard di Carlo e Lotti Reismann, nato a Vienna il 2/3/1894, cameriere, res. Genova, ebreo apolide, arr. 1/9740

63./ HAUSER Jacob di Hersch e Golda Stube, nato a Rava (Polonia) il 10/5/1894, cameriere, res. Genova, abreo apolide, arr. 1/9/40

64./ HEIMANN Hans Ludovico di Sigismondo e di Elena Weiss, nato a Vienna il 28/5/1921, studente, res. Nervi, celibe, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

65./ HEIMANN Sigismondo fu Lodovico e Jglauer Janni, nato a Veszprém (Ungheria) il 1/9/1880, cappellaio, coniugato, res. Nervi, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

66./ HERTZ Ignazio fu Wolf e Salomea Moskowitz, nato a Tschenstochau il 25/12/ 1882, res. Genova, coniugato, speditore, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

67./ HIRSCH Enrico fu Giacobbe e Vittoria Jäger, nato a Leipzig il 6/9/1885, res. Genova, coniugato, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

68./ HIRSCHEL Hermann fu Ernesto e Johanna Guttmann, nato a Vienna il 15/1/1908, res. Genova, coniugato, commerciante, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

69./ HIRSCHLER Leopoldo fu Enrico e Regina Weiss nato a Vienna il 15/1/1908, res. Genova, celibe, impiegato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

70./ HÖFLER Samuele fu Leiser e mari Springer, nato a Przemysl il 5/11/1890, res. Genova, coniugato, privato, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

71./ HÖNIGSBERG Giuseppe fu Antonio e Caterina Breuer, nato a Vienna il 22/8/1891, res. genova, coniugato, tappezziere, ebreo tedesco, arr. 1/9/40

72./ JANKELOWITZ Giuseppe fu Maurizio e Rubinstein Lucia, nato a Neustadt (Lituania) il 10/2/1872, industriale, res. Milano, ebreo tedesco, arr. 11/9/40

73./ LIBSKER Maurizio di Wolf e di Berta Eichorn, nato a Stoccarda il 25/9/1914, res. Milano, celibe, rappresentante, ebreo apolide, arr. 1/9/40 (NON SUSSIDIATO)

74./ MÜLLER Salomone fu Ignazio e fu Fuchs Giovanna, nato a Galanta (Ungheria) il 12/12/1880, celibe, rappresentante, res. Fiume, ebreo slovacco, arr. 20/7/40

75./ MÜNZ Giulio di Carlo e di Bondi Ella, nato a Harasdovice il 22/6/1907, celibe, commerciante, res. Abbazia, ebreo slovacco, arr. 20/7/40

76./ PORAS Leopoldo di Isidoro e fu Goldstein Giuseppe, nato a Fiume, il 1/2/1888 viaggiatore, celibe, res. Fiume, ebreo polacco, arr. 20/7/40.

77./ ROSENZWAIG Aron fu Elias e Malko Bruin, nato a Zgierz il 24/5/1881, res. Milano, coniugato, commerciante, ebreo polacco, arr. 1/9/40

78./ SCHWEITZER Dott. Paolo di Arturo e di Baruch Anna, nato a Fiume il 10/6/1909, procuratore legale, res. Fiume, celibe, ebreo apolide, arr. 26/7/40 (NON SUSSIDIATO)

 

Il DIRETTORE

dei campi di concentramento

(Dott. Lillo Vito Carlo)

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 137.

 

28.

Teramo 12 luglio 1942 XX

R. PREFETTURA DI TERAMO

DIVISIONE P.S. ROT. N. 5338

ALLEGATI N. 1

OGGETTO: Zingari provenienti da Lubiana

1°) - HUDOROVIC Giovanni fu Paolo e Hudorovic Caterina, nato a Fragomelj 18/41892, pertinente a Smarje e figlia;

2°) - Anita di Giovanni e fu Anica Brajdic, nata a Postumia di anni 8;

3°) - HUDOROVIC Francesco di Ignoto ed Anna Hudorovic, nato a Crn Lac nel 1910, pertinente a Studenec, moglie;

4°) - Francesca di Luigi e Maria Hudorovic di anni 26, figli:

5°) - Ida, nata a Homas di anni 9;

6°) - Frida, nata a Homas di anni 6;

7°) - Peppino, nato a Cocevje, di anni 8;

8°) - Silvestro, nato a Tomisler di mesi 5;

9°) - Carlo, nato a Nomenda di anni 3;

10°) - HUDOROVIC - Giovanni fu Antonio e Hudorovic Caterina, nato a Oselic il 27.11.1893, pertinente a Bloska Polica 18;

11°) - " Dora di Giorgio e Maria Hudorovic, nata a Vrhnika nel 1903; pertinente a Stari Trg (convivente con il predetto) figli:

12°) - " Lorenzo, nato a Sranja 3.5.1925;

13°) - " Milan, nato Vrhnika il 10.10.1927;

14°) - " Nazi, Turjak di anni 11;

15°) - " Albina, nata S. Vid di anni 9;

16°) - " Giuseppe, nato a Siska di anni 6;

17°) - " Dora, nata Horjul di anni 6;

18°) - " Atonio, nato a Log di anni 1 e 6 mesi;

19°) - " Antonio, di Francesco di Josefa Hudorovic, nato Hrosuplje 28.10.1914;

20°) - " Carlo di Giorgio e di aria Hudorovic, nato Grosuplje di anni 14;

21°) - " Ivana di Giuseppe e Anna Hudorovic, nata Zuzemberg di anni 21;

22°) - LEVAKOVIC Rodolfo di Giovanni e Levakovic carolina, nato Vana-Iska il 14.5.1986;

23°) - HUDOROVIC Anna in Levakovic di Luca e di N.N. nata Vrhnika 18.7.1900 figli:

24°) - LEVAKOVIC Giuseppe, nato Vic 19.9.1935;

25°) - " Amalia, nata Tacen 6.6.1933;

26°) - " Luigi, nato Vgjzach 15.5.1938;

27°) - " Miroslavo, nato Stranzkovic 28.11.1928;

28°) - " Luigia, nata Smarje 25.4.1940;

29°) - " Vida, nata a Granbuco 25.3.1942;

30°) - " Elena, nata Suelarie di anni 10;

31°) - " Lojska, nata Brezovica di anni 6;

32°) - " Mirko, nato Tresic di anni 11;

33°) - " Maria, nata Vrhnika di anni 22,

34°) - " Miska di padre ignoto, anni 10 (figlia della precedente);

35°) - " Neva di padre ignoto, anni 6.

 

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A 4bis, B. 6.

29.

DER BEFEHLSHABER der SICHERHEITS- Bologna, 20.12.1943

POLIZEI UND DES S.D. IN ITALIEN via F. Albergati, 6

-Aussenkommando Bologna-

Tgb;: Nr. IV - 38/43

An den

Herrn Questore

in Modena.

OGGETTO: Trasferimento del decreto legge italiana del 30.11.1943.

Gli ebrei arrestati devono essere trasferiti alla polizia di sicurezza Comando Bologna.

DESCRIZIONE: La legge italiana del 30.11.1943 prevede che tutti gli ebrei che devono essere arrestati per qualsiasi motivo devono essere messi a mia disposizione semprechè esistino le seguenti condizioni:

1°) L’arrestato ebreo deve essere di pura razza ebraica: questo vuol dire che deve avere minimo tre generazioni di pura razza ebraica. Gli ebrei che sono stati riconosciuti ariani dalle attuali leggi italiane, non ostante queste, devono essere arrestati, qualora dalle leggi tedesche siano riconosciuti ebrei.

2°) L’arrestato ebreo deve essere sposato con una donna ebraica, non deve aver sposato un’ariana.

3°) Gli ebrei con la nazionalità di Spagna, Portogallo, Svizzera, Romania, Svezia, Finlandia, Turchia e Argentina non devono essere sottoposti alla mia competenza. Di loro mi occorre soltanto un elemento nominativo contenente la data di nascita, il luogo di nascita l’indirizzo esatto.

Tutti gli appartenenti a razza ebraica i quali sono stati arrestati per reati politici devono passare alla mia competenza anche se, come al paragrafo 3, nell’azione contro gli ebrei essi non avrebbero dovuto essere arrestati. In questo caso vale per essere arrestato la legge comune di polizia.

4°) Tutti gli ebrei sottoposti alla mia competenza, hanno diritto di portare seco indumenti di lana (non superiore s Kg. 15) e il completo ammontare del denaro liquido ed oggetti di valore.

Di tutti gli arrestati che dovranno passare a mia disposizione farmi prima pervenire elenco nominativo indicando il reato salvo a ricevere mie disposizioni circa la consegna degli arrestati medesimi.

Infine vi faccio osservare che le requisizioni dei patrimoni degli ebrei di nazionalità nemica verranno esclusivamente fatti da parte mia.

Se dovesse esservi qualche dubbio sul trattamento degli ebrei prego Questura di mandarmi l’incaricato per ricevere dettagliate informazioni.

IL COMANDANTE S.S.

(F/to illeggibile)

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. A5G II° Guerra Mondiale, B. 437.

 

30.

MINISTERO DELL’INTERNO

DIREZIONE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA

URGENTE Maderno, lì 16 marzo 1944 XXII

n° 555/124

A TUTTI I CAPI PROVINCIA

DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA

L’Ufficio Centrale del Reich per la Sicurezza, in accordo con l’O.K.W., ha ordinato l’internamento in campi tedeschi di concentramento dei cittadini di Stati nemici residenti in Italia, emanando a tale scopo le seguenti direttive:

1°) sono passibili di internamento uomini da 16 a 65 anni e donne da 18 a 60 anni salvo il caso che non siano in condizioni di essere trasportati o internati. Le famiglie di cui alcuni membri debbano essere internati, se i congiunti non si vogliono dividere, vengono internate globalmente anche quando i rimanenti membri non fossero per se stessi soggetti all’internamento. Tuttavia le madri che vivono solo con i loro figli devono essere escluse dall’internamento, salvo il caso in cui vi ostino speciali ragioni in contrario. Lo stesso vale in generale per "Volksdeutsche" (elementi di razza tedesca).

Vanno soggetti all’internamento i cittadini inglesi (compresi quelli dei domini, ecc.) i cittadini statunitensi, (non ancora i cittadini degli Stati del Centro e Sud America), nonché i cittadini sovietici.

Non sono più soggetti all’internamento. belgi, olandesi, francesi, ed ex polacchi. Parimenti non sono da internare norvegesi, greci, e cittadini ex jugoslavi.

2°) Per quanto riguarda i cittadini che devono essere internati è da seguire il criterio generale che per principio devono essere assolutamente esclusi dall’internamento:

  • a) elementi di razza tedesca ("Volksdoutsche") di ineccepibile condotta;
  • b) persone animate da indubbi sentimenti amichevoli per la Germania;
  • c) gli indispensabili per ragioni di lavoro ed altre necessità di ordine economico;
  • d) indiani, cittadini egiziani, nonchè tutti i pertinenti di razza araba di Colonie, Protettorati e territori sotto mandato inglese;
  • e) cittadini di Stati nemici di stirpe italiana se l’internamento non sia desiderabile per motivi politici di sicurezza.

Si prega di voler provvedere in conformità, dando corso alle richieste degli uffici tedeschi per l’esecuzione degli internamenti.

IL CAPO DELLA POLIZIA

F/to illeggibile

ACS, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S., AA.GG.RR., cat. Massime M/4, B. 72.

  

 Da:  http://www.associazioni.milano.it/aned/libri/di_sante.htm

Nessun commento:

Posta un commento