Padre Marcellino Cervone da Lanciano e la ricostituzione della Provincia Serafica Abruzzese dopo l’Unità d’Italia
di Angelo Iocco
Il
29 settembre 1839 a Lanciano nasceva Raffaele Cervone. Sin da piccolo manifestò
la sua vocazione si farsi frate, e seguiva i seminari e le prediche dei Minori
Osservanti del convento di S. Angelo della Pace, poi S. Antonio di Padova,
nella sua Lanciano. Dopo un periodo di prova nel Noviziato del Ritiro di
Orsogna, nel 1856 ricevette l’abito serafico, e infine fu ordinato sacerdote il
5 ottobre 1862. Nel 1866 una crudele legge dello Stato piemontese, come
vedremo, soppresso gli Ordini monastici, e chiuse tutti i Conventi d’Italia.
Padre Marcellino da Lanciano come tanti altri monaci, si trovò sperduto. Ma non
demorse, e si dette da fare per ricostituire la Provincia Serafica Abruzzese di
S. Bernardino, dopo il violento passaggio del movimento liberale. Ma come fece?
Ce lo racconta un articolo inedito di Vincenzo Simeoni di Orsogna del 1993
circa, che compone una voluminosa monografia sulla Storia del Convento
dell’Annunziata del Poggio, nella di cui biblioteca si conserva.
Strali
velenosi si scagliarono anche contro il nostro caro Ritiro, ma il primo strale
ufficiale fu lanciato il 29 aprile 1862 con mano empia e felpata da un arco
vibrante di odio e di livore sacrilego di un anonimo cittadino di Filetto.
Quella freccia avvelenata raggiunse lugubremente il bersaglio con effetto
micidiale, anche se in ritardo, e l’eco si ripercosse sinistramente di luogo in
luogo fra le risate beffarde della palude pestifera.
Filippo
Palizzi, schizzo del Convento di Orsogna, 1874 – fotoriproduzione dall’archivio
del Convento della Santissima Annunziata, Orsogna.
Infatti
nel mese di maggio 1862, “La Gazzetta dei Comuni di Chieti” pubblicò il
seguente trafiletto ridondante di feroce livore: “Carezze e punture”.
“Ci
scrivono da Filetto la seguente lettere, che Noi raccomandiamo con ogni calore
alla Delegazione Provinciale. I fatti che si espongono non sono nuovi, né
isolati, e ci sembra inqualificabile la condotta del Governo nel prolungare
pazientemente l’esistenza di questi antichi vivai di piante parassitiche oggi
tramutati in caserme del brigantaggio.
Signore
Direttore,
Nel
Comune di Orsogna, fuori qualche miglio dall’abitato, esiste un Ritiro dei
Frati Riformati di S. Francesco, luogo che per la sua topografica situazione
ispira reverenza, concentrazione, santità. Se quei Monaci intendessero al sacro
Ufficio del loro ministero, sarebbe vergogna e pusillanimità addentrarli in
qualsiasi modo. Tutto il contrario. Preludio e vita ebbe lì il famoso
brigantaggio di Arielli in gennaio del 1861. Oggi queste piccole bande notturne
che si aggirano per le nostre campagne hanno vita e sussistenza da quei cari
Ministri di Dio! Avant’ieri 27 morente aprile, da persone fede degnissime
furono veduti entro quel Cenobio circa 15 individui armati. Che facevano essi
colà? Lo sa il Rev. Padre Guardiano, tipo d’imprudente borbonismo, nonché
sempre il Rev. Padre da Miglianico e l’eccell.mo quaresimalista di Ortona, che
nella sua prima orazione panegirica in Villamagna gridava:
“Italia,
Italia, povera Italia, i figli tuoi sono incarcerati, derubati, oppressi, arsi
fucilati, dispersi!”
Vedete,
Sig. Direttore che cari ninnoli, che bravi Padri, che veri Ministri del
Santuario si nascondono in quelle mura! Né tutto ciò è in contraddizione della
supplica firmata da molti notabili di quel Comune, con la quale si chiedeva al
Governo di non privare gli spirituali soccorsi le povere bacchettone,
soprattutto sopprimendo quel Ritiro. E a capo di quelle firme si leggono il
Sindaco e varii del Municipio, i quali vado augurato, siano stati indotti a
tanto errore più per influenza di gonnella che per convinzione. Un altro fatto,
sig. Direttore, e Vi toglierò la seccatura di questa mia tiritera. Di quel che
io conosco più importante e infame trovo la svergognata astuzia usata da quei
Monaci con l’assoggettare le loro penitenti, e non sono poche, ad una tassa di
carlini 5 per ciascuna da inviarsi a Roma, onde solennizzare la santificazione
di taluni Martiri.”
Dopo
la pubblicazione di questa lettera quel giornale così concludeva:
“Carezze
e punture!”
Proprio
così! Titolo, commento inqualificabile e lettera anonima sono un capolavoro di
ipocrisia, pusillanimità, calunnie, astiosa acredine, invincibile
anticlericalismo che ripugnano al buon senso e alla Verità. Non avrei voluto
riportare questa incredibile “tiritera”, ma l’imparzialità e il dovere di
cronaca me l’hanno imposto. Questa odiosa campagna denigratoria è frutto
dell’eterna, implacabile avversione alla Chiesa e in particolare al nostro
Convento che per secoli è stato centro luminoso di spiritualità francescana, e
vivaio di vocazioni religiose. Un nido di aquile e santi! Ecco fin dove arriva
l’anticlericalismo acceso che ottenebra finanche i cervelli e le coscienze!
“Calunniate,
calunniate. Qualcosa rimarrà!”, esclamava una personalità straniera.
Ma
la calorosa raccomandazione del giornale produsse i suoi gravi effetti,
nonostante il parere contrario dell’Amministrazione Comunale e del buon popolo
orsognese, ai quali bisogna rendere doveroso omaggio e immensa gratitudine.
Infatti il 14 gennaio 1864 venne improvvisamente chiuso questo secolare Ritiro,
dove si sono santificate numerose anime, questo rifugio spirituale al quale
hanno guardato con venerazione tante generazioni, questo sacro luogo che
finanche la soppressione napoleonica aveva rispettato nel 1809. Lo Stato non si
deve opprimere o asservire, ma deve servire alla società.
Eppure
l’iniqua Legge di soppressione di tutti i Conventi fu decretata il 7 luglio
1866! Data diabolica!
L’ordine
era di immediata espulsione dei Frati da Orsogna e dal Convento, e i poveri
Frati lasciando ogni cosa si sparpagliarono sgomenti alla ventura, ma fiduciosi
in un avvenire migliore. Fra tanto orrore e crudeltà, rifulse il cuore di d.
Felice Mola, sacerdote e filosofo che aveva rivendicato libertà di religione e
di insegnamento. Egli pianse a tanto strazio e quella mattina, nonostante
avesse nevicato, si recò al Convento per salutare quei poveri Frati, degni di
stima e di venerazione, iniquamente buttati alla deriva come semplici fuscelli
in pieno rigido inverno!
Mosso a compassione,
pregò il Delegato di pubblica sicurezza di far rimanere in Paese almeno i più
vecchi, finché il tempo inclemente avesse permesso loro di viaggiare. Fu
accontentato e con essi tornò ad Orsogna confortandoli a rassegnarsi alla
disposizione governativa e di non pronunziare parola alcuna per stigmatizzarla.
Anche qui si rivela la grandezza morale, anzi l’anima eminentemente evangelica
di d. Felice, il quale offriva con animo lieto al Signore gioie e dolori
uniformandosi completamente alla sua volontà. Questo suo atteggiamento
contrastava con la dura azione delle Autorità contro i poveri Frati.
Nel
1893 il benemerito P. Marcellino Cervone da Lanciano scrisse:
“Nelle
disastrose vicende della fine del secolo XVIII in tanta confusione di politici
e religiosi sconvolgimenti, molte preziose memorie pertinenti il nostro
Serafico Istituto si persero miseramente”.
Nella
vertiginosa espulsione, restrizione, concentramento dei Frati fu fortuna se
qualche recondito archivio, o dimenticata biblioteca poté salvarsi dalla furia
e dalla mania di distruggere anche le tracce degli aviti documenti dei nostri
buoni e bravi Padri. Erano i “Rari Nantes” del Poeta mantovano, ma pure erano
bastevoli a darci notizie del bene che i nostri Maggiori avevano arrecato alla
Chiesa. Senonché nell’ultima vertiginosa soppressione italiana, tanto fu la
brama di fare presto, la crudezza che si poneva nell’espellere i Frati, lo
sgomento degli espulsi, l’improvviso e inatteso ordine di uscire e la mancanza
di tempo, e le sfiducie nell’avvenire che nulla o quasi nulla, almeno nella
Provincia Serafica Abruzzese, salvarono i nostri Maggiori, eccetto qualche
registro, qualche foglio volante e delle brevi notizie consacrate nelle carte
del Rev.mo Alessandro Cantoli da Crecchio Vescovo di Bovino, già cronologo
della Provincia e dell’Ordine.
Il
17 maggio 1888 fu eletto Ministro Provinciale nel Convento francescano di
Orsogna il P. Marcellino Cervone da Lanciano, Lettore giubilato di Sacra
Teologia, già Professore per 12 anni nel Seminario della sua Città, per 2 anni Segretario generale delle Missioni
francescane nella Curia Generalizia di Ara Coeli, Esaminatore sinodale
dell’Archidiocesi di Lanciano dove era stato Rettore della chiesa di S.
Francesco dopo la famosa soppressione dei Conventi, avvenuta nel 1866. Veniva
così premiato un Frate fornito di alte doti religiose e culturali. Risultarono
inoltre eletti P. Luciano Bucci da Castelfrentano Custode, Definitori i PP.
Vincenzo da Forcella, Angelo da Paganica, Luigi da Pratola e Agostino da Gesso.
Quest’ultimo, sfinito dalle fatiche sostenute nella ricostruzione del Convento
di Castelfrentano e nei lavori di riparazione del Ritiro a Campli, morì a
Orsogna il 23 novembre 1890 “benedetto dai buoni”.
P.
Marcellino contribuì efficacemente e non solo a riaprire il Ritiro di Orsogna,
nel quale stabilì la Sede Provinciale, ma a racimolare la “somma conveniente” per
il suo definitivo possesso. Egli era particolarmente affezionato a questo sacro
luogo nel quale aveva fatto il Noviziato nel 1856. Inoltre riacquistò buona
parte del terreno circostante arricchendolo di moltissime piante e alberi, con
l’intento di far risorgere la bellissima Selva che era stata distrutta dopo
l’espulsione dei Frati. Eresse il nuovo Convento a Paganica, e dopo aver fatto
eseguire i lavori di riparazione, riaprì quello del Buon Consiglio di
Castelfrentano. Intervenne al Capitolo generale che si celebrò a Roma. Nel
Collegio Internazionale di S. Antonio il 3 ottobre 1889, nel quale fu eletto
Ministro Generale P. Luigi da Parma ex Provinciale di Bologna, che con tanto
zelo, dottrina e prudenza governò l’Ordine Francescano.
Nel
1891 si accinse a ricostituire la vecchia Biblioteca del Ritiro di Orsogna, le
cui opere patristiche, ascetiche e letterarie erano state distrutte
nell’infausta soppressione. All’uopo, acquistò moltissimi libri “buoni e
utili”. Tra l’altro, rintracciò i ritratti eseguiti sui cadaveri del B.
Cristoforo da Penne e del Ven. P. Lodovico Riccelli da Gildone e del P.
Francesco de Acetis da Caramanico, le di cui sacre spoglie riposano nella
mistica Chiesa del Ritiro.
Insomma,
si dimostrò un Ministro dinamico, animato di santo zelo, contribuendo
efficacemente alla rinascita spirituale e materiale della Provincia Serafica
Abruzzese. Il 16 luglio 1891 si tenne a Tocco Casauria il Capitolo sotto la presidenza
del Commissario Visitatore P. Pietro da Monsano, Definitore ex Segretario
Generale dell’Ordine. Fu eletto per la seconda volta Provinciale P. Luciano
Bucci da Castelfrentano. Risultarono inoltre: Custode il P. Vincenzo da
Forcella, Definitori i PP. Francesco d’Arischia, Ippolito da Rivisondoli e
Marcellino Cervone. Libero ormai dalle cure della Provincia, il P. Marcellino
si diede ad una nuova attività che l’ha
reso maggiormente benemerito non solo del nostro Ritiro, ma di tutto l’Abruzzo
francescano[1].
“Rintracciando,
egli trascrisse le Cronache dell’Ordine, i Manoscritti e i Registri della
Minoritica Provincia Abruzzese, molti e Santi dotti Uomini vi ho trovato che si
affaticarono con ogni specie di utili e buone opere a vantaggio della Chiesa e della
società civile. Ho quindi riuniti i loro nomi e le loro opere in un unico
volume.”
Senonché,
prima di accingersi a questo arduo compito, a causa della dispersione delle
ricche biblioteche francescane, un fatto imprevedibile venne a invertire il
programma che si era prefisso. Nel mese di febbraio 1891 fu chiamato d’urgenza
a Giuliano Teatino per dare l’ultimo addio a sua sorella, gravemente malata.
Quando vi giunse non fu nemmeno riconosciuto dall’inferma, ormai spacciata dai
medici. Sopraffatto dal dolore, si recò in una stanza vicina dove, prostrato
sul pavimento, invocò dal Signore la guarigione della sorella “madre di tre
innocenti figlioli”, per l’intercessione della Vergine e del P. Ludovico
Riccelli da Gildone, promettendo di scrivere subito la biografia di questo
Santo Religioso seppellito nel Ritiro di Orsogna. Fu esaudito e allora si
accinse con tutto l’entusiasmo che l’animava a compilare la vita del Venerabile
nel nostro Ritiro, nel quale egli si era stabilito. Il volume fu completato il
23 ottobre 1891 “sacro al Grande Apostolo Abruzzese S. Giovanni da Capestrano”.
Con gentile pensiero, il P. Marcellino Cervone lo dedicò alla “Studiosa
Gioventù Francescana”. Così si espresse nella prefazione:
“Riaperto
al culto serafico la Chiesuola del Ritiro della Ssma Annunziata presso Orsogna
il 13 luglio 1885, dopo che per le novelle condizioni d’Italia era stata chiusa
dal 14 gennaio 1864, restai preso da meraviglia e di gioia nel trovare ancora
qui nei popoli di Orsogna e limitrofi, l’affetto e la venerazione verso i Beati
Francescani che abitarono l’annesso Conventino, e le di cui ossa ivi riposano.
In particolare si dimostrava la venerazione verso il B. Francesco da
Caramanico, il di cui centenario della morte cadeva proprio nel 1885, e verso
il B. Ludovico Riccelli da Gildone, del quale sullo scorcio del passato secolo
si erano giuridicamente fatte pratiche per introdurre presso la S. Sede la
causa di beatificazione, ma che poi per i tempi calamitosi si erano interrotte,
con rammarico dei fedeli. A tale entusiasmo verso i nostri Beati fin da allora
concepii il pensiero di assecondare il desiderio di questi buoni popoli e
scrivere a loro conforto una breve vita dei medesimi.
Ma
poscia, impeditone dalle cure e sollecitudini per rimettere su insieme ad altri
buoni e bravi Padri la Provincia Osservante Abruzzese e molto più dal triennio
del mio Provincialato, condotto a termine con il divino aiuto nello scorso
luglio 1891, me ne astenni con dolore del mio animo. Ora però, un po’ più
libero dalle religiose occupazioni, torno alla primitiva idea ed intraprendo la
vita del B. Ludovico da Gildone, tralasciando per adesso quella del B.
Francesco da Caramanico”.
Il
P. Marcdellino si servì all’uopo di diverse fonti tra le quali le Positiones sive Articuli de Observantia
exibendi a P. Postulatore Causae Servi Dei Ludovici a Gildone, Ordinis Minorum
de Observantia S. Francisci, Ill.mo ac Rev.mo Archiepiscopo Teatino Ordinario[2] Terrae Ursuneae, in
qua decessit praedictus Servus Dei, il Registro
giornaliero incominciato l’8 aprile 1796 dei miracoli del Servo di Dio copiati
giornalmente dagli originali atti notarili, sperduti nell’espulsione dei Frati
del 14 gennaio 1864. Questo Registro è stato autenticato dal Cronologo P.
Alessandro Cantoli da Crecchio, morto il 16 ottobre 1884, Vescovo di Bovino, il
quale quasi presago, si era recato al nostro Ritiro nel 1845 pera raccogliere i
documenti del Ven. Ludovico, del Ven. P. Francesco da Caramanico e della
Provincia Francescana Abruzzese; num. 3: le due copie autentiche stampate dei
due Atti rogiti dal Notaio orsognese Dott. Carlo Mola per la ricognizione del
cadavere del Ven. Ludovico; 4°, la Relazione del P. Bernardino d’Arischia,
Lettore giubilato e Cronologo della Provincia, fatta su ordine del Provinciale
P. Domenico Antonio da Caramanico. Fu iniziata il 2 ottobre 1774 e finita il 12
dello stesso mese con il seguente titolo:
Autentica dell’informazione extragiudiziale eseguita sulla vita e i miracoli
del Servo di Dio Ludovico Riccelli da Gildone nel Convento di Orsogna.
Il
P. Marcellino completò il suo volume con notizie storiche del nostro Ritiro. In
base a tutte queste notizie ufficiali, egli ci ha descritto magnificamente la
vita del Ven. Ludovico dalla nascita alla morte, avvenuta nel nostro Ritiro la
sera del 1 aprile 1774, nel tramonto radioso del Venerdì santo, con l’elenco di
98 miracoli compiuti da Lui, tutti autenticati dal Notaio.
Infine
ha aggiunto:
“Non
posso porre termine a queste note senza rivolgere una parola di ringraziamento
ai buoni, accorti e industriosi Cittadini di Orsogna, i quali spesso
svegliatissimi di mente e di generoso sentire, ai nostri giorni mantengono alto
il nome abruzzese fuori la loro Patria, a questi bravi e cordiali amici della
mia povera e inutile persona per l’affetto che hanno nutrito sempre caldo verso
i Figli di Francesco d’Assisi, verso questo santo luogo del Ritiro e verso il
nostro B. Ludovico da Gildone. Intendo quindi ringraziarli ora sentitamente per
mezzo della stampa e mostrare ad essi in questa qualsiasi mia operetta
gratitudine sincera e la mia non peritura riconoscenza.
Orsogna,
ragguardevole Mandamento del Circondario di Lanciano, oltre a tanti altri
illustri Cittadini, ha dato i natali ad un illustre Francescano, il P. Ludovico
Fonzi”.
Sicuro
di interpretare l’unanime pensiero dei miei cari concittadini, io rivolgo il
più vivo ringraziamento a questo caro e illustre Religioso, valorizzatore del
nostro Ritiro e della nostra cara Orsogna.”
P.
Marcellino Cervone si accinse a compilare anche un lavoro più vasto, complesso
e laborioso, il Compendio di storia dei
Frati Minori dei Tre Abruzzi dal tempo di S. Francesco ai nostri giorni. Lo
scrisse e completò ugualmente nel nostro Ritiro il 20 febbraio 1893,
dedicandolo con nobile pensiero e sentite parole a Leone XIII in occasione del
50 ° anniversario della sua Consacrazione episcopale, e 15° della sua
elevazione al supremo Soglio di Pietro. Riferisce prima sommariamente la Storia
d’Abruzzo, poi quella dei Frati Minori della nostra Provincia Serafica e di
rispettivi Superiori, nonché le notizie su tutti i Ministri Generali
dell’Ordine. Dopo aver descritto la storia di ciascun Convento Abruzzese, egli
illustra la serie dei Santi, Beati e Venerabili Francescani della nostra
Regione e di altri Francescani morti nell’Abruzzo con fama di santità. Quindi
ci fornisce notizie utili sui Confratelli che si sono resi benemeriti con
dottrina, e le cariche nell’Ordine e della Chiesa. dopo aver parlato
dell’istituzione del Secondo Ordine, egli si dilunga sulle Figure delle
Clarisse abruzzesi dichiarate Beate e Venerabili e dei rispettivi Conventi.
Infine
si intrattiene sul Terzo Ordine Francescano e sulle loro Fraternità sorte nella
Regione. Sviluppando il suo pensiero sulla grandiosa opera benefica e
pacificamente rivoluzionaria, svolta da S. Francesco e dai primi Frati Minori
nel lontano Medioevo, egli afferma:
“Essi
non erano Monaci, non erano solitari, i quali cercavano il perfezionamento di
sé stessi soltanto nel silenzio e nella solitudine, ma Frati (Fratelli) che
intendevano vivere in mezzo a quella società travagliata dalle apprensioni e
dalle discordie e portare a tanti mali il rimedio della carità, che è amor di
Dio e degli uomini.
Non sibi soli vivere sed aliis
proficere, Dei zelo ductus (S. Bonaventura)”
Il
Frate Minore non conosceva il timore del più forte. La vile compiacenza verso
il potere gli era ugualmente sconosciuta, perché nella pace del Chiostro si era
educato a far guerra ad ogni ingiustizia. Ed è per questo che egli era lo
strumento più adatto a rimettere l’equilibrio giusto tra le classi sociali e
migliorare l’esistenza del popolo angariato ed oppresso. Le grandi Università
del Medioevo accolsero i più insigni Dottori Francescani. Le Università di
Parigi, Oxford, Cambridge, Bologna, Tolosa, Salamanca conobbero la sapienza di
Alessandro d’Ales, Bonaventura da Bagnoregio, Nicolò Lirano, Francesco Mairone,
Adamo da Marisco, Ruggero Bacone, Giovanni Duns Scoto, Guglielmo da Ocham ed
altri ancora. Ma soprattutto Antonio di Padova Dottore evangelico “Armadio
delle Divine Scritture, il quale fu il primo a scrivere una Concordanza
Biblica”. Bisogna aggiungere però che oltre Tommaso da Celano primo storico di
S. Francesco, abbiamo avuto nell’Abruzzo altri colti Francescani: P. Illuminato
da Chieti, religioso di grande senno e di vasta dottrina, Segretario del
celebre Fra’ Elia e forse scrittore di molte pregevolissime lettere inviate
dallo stesso Elia a Federico II ed altri illustri Porporati. Provinciale e poi
Vescovo di Assisi, morì nel 1280.
Il
P. Ludovico Fonzi da Orsogna, il qual scrisse tra l’altro 6 volumi sulla Via
Crucis.
Il
Vescovo Mons. Alessandro Cantoli da Crecchio, Segretario generale e Cronologo
dell’Ordine, il quale morì a Bovino il 16 ottobre 1884 all’età di 72 anni. A
ricordo e riconoscenza, quella Diocesi gli ha eretto un monumento con
significative parole dettate dal Canonico Cerra. A queste belle figure di
Francescani abruzzesi, voglio aggiungere quella di Fra Giovanni da Celano, il
quale scrisse fra l’altro Quasi Stella
mattutina. Su questo Religioso poco, o affatto conosciuto, ho pubblicato un
articolo su Il Tempo l’8 dicembre
1959 (Cronaca Provincia dell’Aquila), e del 18 dicembre 1959 (provincia di
Chieti), nonché su Fiamma nova del 31
maggio 1967. La scoperta di questo illustre abruzzese è dovuta all’insigne
storico P. Aniceto Chiappini.
Proseguendo
la sua insigne esposizione storica, il P. Marcellino ha scritto:
“Il
Signore benedisse in modo meraviglioso questa Minoritica Provincia, e nel
celeberrimo Capitolo generale Narbonese tenuto il 4 giugno 1260, Festa della
Pentecoste, sotto la presidenza del Serafico Dottore S. Bonaventura, Generale
dell’Ordine erano tanti i Conventi che si dovettero dividere in 6 Custodie,
l’Aquilana, la Pennese, l’Atriana, la Teatina, l’Aprutina, la Marsicana. A
questi bisogna aggiungere quelli appartenenti ad altre Province francescane. In
meno di 2 secoli, l’Abruzzo contava il ragguardevole numero di 53 Conventi
francescani!
Da
questo si deduce qual cosa sia più degna di lode la pietà cristiana dei buoni
abruzzesi, o la rinomanza di santa vita dei nostri ottimi Padri, intenti sempre
a beneficare questi popoli con la parola e con l’esempio di religiose virtù. In
seguito i Religiosi aumentarono sino al vistosissimo numero di oltre 200,
comprese le povere Clarisse, nonché gli altri fruttiferi rami del Primo Ordine,
Osservanti, Cappuccini, Conventuali, Riformati, e quelli del Terzo Ordine
Regolare.
I
Frati Minori d’Abruzzo furono sempre fedeli all’Osservanza della Regola e nelle
proprie Costituzioni, anche in tempi difficilissimi…. Da ciò si argomenta
ancora la tempra schietta, sincera, leale dei Francescani Abruzzesi, i quali
sogliono tessere subito e senza troppi cavilli o raggiri, allo scopo prefisso,
siccome peraltro è da dirsi di tutti i figli di questa nostra fertile Regione,
nonché l’amore grande che essi hanno al solo merito e al vero merito. Inoltre
bisogna notare che il massimo lustro di questa nostra Provincia Serafica, detta
giustamente “Provincia di Santi”, dipende dal buon numero di Superiori Santi e
Dotti di tutta l’estensione del vocabolo. Né qui sto a ripeterli. Basta averli
notati al proprio luogo nella terza e quarta parte di questo religioso storico
lavoro”.
Intanto
maturavano nuovi eventi. Il P. Luciano Bucci fu consacrato Vescovo di Sora,
Pontecorvo e Agnone. P. Marcellino fu eletto per la seconda volta Provinciale
dal Capitolo che si tenne a Orsogna il 16 luglio 1897, in riconoscimento dei
suoi alti meriti spirituali e letterari, nonché della sua dinamica attività,
rimanendo ancora al nostro Convento. Nella Seconda Congregazione Intermedia del
10 luglio 1900, si decise di conservare il nostro Ritiro la sede del Noviziato
e lo studio di Filosofia e Letteratura. Essendo scaduto il suo mandato, il P.
Marcellino fu nominato Superiore del Convento di Lama dei Peligni, dove il 13
marzo 1903 vestì delle sacre lane Fra Diego Giampaolo di Gamberale, il quale
poi passò l’intera sua vita religiosa nel nostro Convento di Orsogna.
Finalmente
il 27 ottobre 1903 il P. Marcellino poté realizzare il suo vecchio sogno, che
sembrava utopia, di riaprire nella sua Lanciano il glorioso Convento di S.
Angelo della Pace, che dopo la soppressione del 1866 era in preda alla
distruzione e all’oblio. Questa resurrezione fu merito esclusivamente suo ed
egli stesso ne fu nominato primo Superiore. Esso fu fondato nel 1430 su
iniziativa di S. Giovanni da Capestrano a ricordo della Pace da lui conclusa
fra Ortona e Lanciano per il possesso del porto di S. Vito il 17 febbraio 1427
nella Cattedrale di S. Tommaso apostolo di quell’importante centro marinaro
commerciale. Il 28 ottobre 1904 il P. Marcellino Cervone divenne Custode e
Cronologo della Provincia Francescana.
Dopo
essere stato eletto Visitatore e Definitore Generale, questa bella e virtuosa
Figura francescana che tanto si prodigò per l’Ordine, l’Abruzzo francescano e
per il nostro Ritiro che amò, valorizzò e illustrò, si spense nel Convento di
S. Maria di Colle Romano presso Penne[5],
lasciando profondo rimpianto in tutti quelli che lo avevano conosciuto e
ammirato per il soave profumo di ardente dotto, simpatico, generoso, dinamico
sacerdote. Gli Orsognesi in particolare lo devono ricordare con somma
gratitudine e amore[6].
[1] In realtà morì il 15 dicembre 1905 nel convento di S. Antonio di Lanciano, cfr. prefazione di Peppino di Paolo nell’edizione da lui curata della Vita del Ven. Servo di Dio Fr. Ludovico da Gildone dello stesso, edi. San Giorgio, Campobasso, 2007
[2] Da P.
Marcellino Cervone da Lanciano, articolo di Vincenzo Simeoni sulla rivista
Frate Francesco, Roma luglio-settembre 1981, n. 3
[3]
Simeoni
intende il volume
Vita del venerabile Servo di Dio Fr. Ludovico da Gildone : al
secolo Antonio Martino Riccelli Sacerdote dei Minori Osservanti, edit. R. Carabba, 1892
[4] Mons. Rocco Cocchia francescano.
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