VITO OLIVIERI (1865-1941) di San Vito chietino, le Canzoni abruzzesi
Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate
di Angelo
Iocco
Nella storia della musica abruzzese d’autore, occorre necessariamente parlare di Vito Olivieri di San Vito chietino (1865-1941). Poco si sa delle sue origini, e molte notizie, come mi ha confidato il ricercatore delle sue memorie, lo storico Pietro Cupido di San Vito recentemente scomparso, sono di tradizione orale. Ad esempio chi lo conobbe ricorda che svolgeva in gioventù la professione di calzolaio, e che si dilettava di musica. Non si sa come studiò e dove perfezionò i suoi rudimenti musica, dato che, come possiamo vedere dagli spartiti manoscritti conservatisi di alcune sue canzoni, il nostro Olivieri era ben ferrato nel contrappunto. Resta un mistero, sicché non giungano in futuro documenti a supporto delle nostre ipotesi; una situazione analoga dicasi per il musicista Arturo Colizzi (1885-1964) di Rocca San Giovanni, che lavorò nelle canzoni abruzzesi con il sanvitese Giulio Sigismondi e altri, e scrisse la celebre Voga voghe (1922) per il Concorso delle canzoni di Lanciano. Grazie alle informazioni raccolte da Cupido sull’Olivieri, che si spera siano in fururo pubblicate, e sono lettere, corrispondenze, documenti, fotografie, tra cui il ritratto del musicista, sono riuscito a trarre queste poche righe.
L’Olivieri sicuramente, come dimostrano
le ricerche di Cupido, fu influenzato nelle sue compoisizioni dai canti
popolari del paese, dato che, scrisse
una ballata di Sant’Antonio abate. Sant’Antonio è celeberrimo in Abruzzo, non
c’è paese che non lo festeggi il 17 gennaio, e che non abbia un repertorio di
canti popolari o d’autore a lui dedicati. In effetti il Sant’Antonio sanvitese,
ancora oggi eseguito da qualche compagnia spontanea, ha molto a che fare con i
testi delle varie versioni che il 17 gennaio sono cantate da compagnie allegre
a Mozzagrogna, Treglio, Torre Sansone di Lanciano, Castelfrentano, Ortona ecc.
Anche in questa versione sanvitese, il
cui testo era ben noto all’Olivieri già negli anni ‘20, ad esempio abbiamo il
simpatico ritornello:
S.Antonio
Ecco il vostro S.Antonio,
fier nemico del demonio,
son venuto in mezzo a voi,
ma da lontano un’ombra
vedo ancor.
Son venuto in mezzo a voi
A benedirvi e poi partir.
Coro
È venuto in mezzo a noi
a benedir e poi partir.
S.Antonio
Col cilicio intorno al fianco
sono giunto tanto stanco
per fuggire li da Satana
che non mi lascia riposar.
Coro
Col cilicio intorno al fianco
Lui è giunto tanto stanco
per fuggir li da Satana
che non lo lascia riposar.
S.Antonio
Mi disturba nel mangiare,
mi tormenta nel pregare,
mi si ficca sotto il letto,
e non mi lascia riposar.
Coro
Lo disturba nel mangiare,
lo tormenta nel pregare,
gli si ficca sotto il letto,
e non lo lascia riposar.
S.Antonio
È perciò son qui scappato
per non essere più tentato
da quel mostro scellerato
che dal cielo fu scacciato.
Oltre al Sant’Antonio, Cupido ha rintracciato altre musiche della tradizione popolare trascritte dall’Olivieri, vale a dire un Canto della Passione, un canto del resto molto popolare, eseguito dalle compagnie solitamente il Giovedì santo, di casa in casa, o per le strade, per annunciare l’avvenuta cattura di Gesù dopo la Cena. Leggendo le note dell’Olivieri e il testo tradito, notiamo che si tratta della classica Passione al modo frentano, che con qualche leggera modifica nelle note o in qualche parola, ricorre in tutte le zone circonvicine San Vito, a Lanciano, Castelfrentano, Chieti, Ortona, ecc., e inizia con il celebre: O bona gente state a sentire / la passione di Gesù vi voglio contare!
Olivieri seppe trasmettere nelle sue melodie, come i suoi colleghi Liberati, De Cecco, Montanaro, quel sapore popolare abruzzese di cui non poteva fare a meno, pur realizzando delle composizioni originali con testo d’autore, a discapito di qualcuno che vorrebbe una netta linea di demarcazione tra canzone abruzzese d’autore, e canto popolare, come se non ci sia una perfetta simbiosi tra l’una e l’altra! E invece ce n’è eccome! Basta dare uno sguardo alla Ninna nanna su versi di Giulio igismondi e musica di Arturo De Cecco, e confrontarla con i vari testi delle Ninne nanne popolare abruzzesi raccolte dagli etnologi Finamore, Giancristofaro, De Nino, Lupinetti, oppure le varie Ninne nanne scritte dal De Titta, dallo Zimarino, dal Dommarco!
Eduardo Di Loreto |
Tornando a noi, con ciò abbiamo voluto raccontare uno spaccato del clima di questi concorsi, nei quali spesso accadeva di confondere il sentimento di scegliere come vincente la canzone rappresentatrice del concorso stesso e dello spirito canoro d’Abruzzo, con il desiderio di gloria personale. Anche se, diciamolo, questi concorso nacquero in seno all’inizio del movimento fascista, dunque a quel crogiolo di ideali di rappresentazione della figura tipo di un popolo e di una società, una grande maschera di sé stessi. Canzoni, per rimanere nel nostro contesi, belle senz’altro tanto che ancora oggi sono riproposte, ma nulla affatto rappresentatrici del sentimento di un popolo, i canti di tradizione orale come il Lamento della vedova, Tutte le fontanelle, All’orte, So ite a fa la jerve, erano ben altre!
L’Olivieri sulla scia della fama delle
Maggiolate, partecipò ad organizzare delle feste a San Vito che sapessero tener
testa a Ortona, e così nacque nel 1923 la Festa del Mare alla Marina di San
Vito, che ebbe successo memorabile, anche se attualmente, non si è riusciti a
rintracciare un libretto, ammesso che fosse stato stampato, per poter capire
quali canzoni siano state presentate. Magari qualche articolo di giornale
locale potrebbe darci più luce. Fatto sta che l’Oliveri certamente partecipò a
queste gare canore, e fu tra i protagonisti anche alla II Festa del Mare del
1926, di cui fortunosamente grazie a Maria Di Clemente si conservano dei
libretti. Come possiamo vedere, l’Olivieri aveva stretto un forte rapporto col
dott. Di Loreto di Castelfrentano, che alternava la sua collaborazione col
concittadino Pierino Liberati, reduce dai successoni delle canzoni A core a
core (Ortona 1922) e Tuppe e tuppe (Pescara 1922). Per la Festa del
Mare del ‘26, l’Olivieri scrisse varie canzoni, tra le più belle leggiamo la Serenatella
a lu mare su versi del Di Loreto, dove possiamo comprendere quanto il
piccolo ciabattino si fosse perfezionato, e come riuscisse a far danzare i
versi precisi, briosi e immediatamente accattivanti del Di Loreto. E
naturalmente i due partecipano ad altre Maggiolate con Care amore
(1925), Lu currede (1926), A.B.C. (1930), Azzichete, e che d’è
(1931). Nonostante i temi sempre ripetitivi dell’amore, del corteggiamento dei
fidanzatini, dell’idea di scappare dal paesello di provincia per un’alcova
isolata dove poter divertirsi innocentemente, un po’ faceva l’occhiolino anche
all’ideale dei tempi, alla propaganda di Regime dell’evasione dalla caotica
vita, a divertirsi con motivetti “senza pensieri”, e potremmo citare le canzoni
Voglio vivere così, o Ridere. l’Olivieri seppe sempre dare brio
giusto e calibrato e variabile ai versi dei suoi committenti. Di Loreto infatti
scelse proprio Olivieri come animatore dei suoi versi, in alternanza al
compaesano Liberati, dopo i clamorosi successi del 1922-23. Sembra che avesse
trovato in Olivieri qualcuno che poteva veramente dar vita ai suoi sentimenti
con le note, e di fatto, dopo le sue prime brevi farse teatrali, Di Loreto
cercò di spingersi più in là con i versi.
E di fatti Eduardo Di Loreto, che
giustamente fu considerato l’inventore di un teatro nuovo nell’area Frentana, e
che avrebbe potuto dare molto di più se un male, e soprattutto un precoce
impoverimento dei temi, non lo avessero travolto, con l’Olivieri e
contemporaneamente con Liberati, si dette allo spettacolo nel grande palco. Con
l’Olivieri scisse due commedie, Chi trove la mentucce, rappresentata a
Pescara nel 1929 per l’OND, e poi per San Vito, Punte di stelle,
commedia in due atti intervallata a musiche. Questa commedia tuttavia, ci ha
riferito Cupido, non venne rappresentata mai, benché l’allestimento fosse
pronto, pare per alcuni screzi con l’amministrazione locale fascista. La trama
è assai semplice e briosa, in una sonnacchiosa cittadina, dove tutti si
annoiano e non c’è mai niente di nuovo, all’improvviso arriva un’avvenente
ragazza, che manda in subbuglio tutto il tranquillo clima paesano, tra
l’alternarsi di alcune scene cantate. Purtroppo come accadde per vari altri
musicisti, col passare degli anni e specialmente a causa dell’indifferenza nei
confronti delle carte lasciate sparse, la produzione di un grande come Vito
Olivieri è andata lentamente in parte persa. Gli spartiti manoscritti servivano
al musicista per le esecuzioni, non destinate alla pubblicazione, come nel caso
dei libretti delle canzoni o delle commedie col testo. E dunque per questa
commedia di Punte di stelle, molto frizzante vivace, siamo costretti ad
ascoltare soltanto la bella canzone del finale del I atto, l’Avemmarije.
Una canzone apparentemente allegra, e invece ricca di suggestioni nel suo ritmo
andante e cadenzato, quasi come se ascoltassimo la campana mesta che annuncia
l’Ave Maria la sera, coi suoi lenti rintocchi, mentre il sole tramonta dietro
la montagna. Chissà, Di Loreto nello scriverla pensò alla campana della sua
chiesa di Castel Frentano protetta dalla Majella? e protesa verso San Vito al
mare?
Grazie a Deo Bozzelli (1912-1999),
muratore e musicista di San Vito, allievo di Olivieri, di cui si conserva un
cospicuo archivio di spartiti e riviste presso le eredi, è stato possibile
ricostruire le parti musicali perdute di Punte di stelle. Naturalmente
trattasi di una reinterpretazione del Bozzelli delle originali, ma purtroppo
occorre accontentarsi, altrimenti nemmeno oggi sarebbe stato possibile eseguire
dai cori il celebre canto L’Avemmarije. Con l’armonizzazione per 4 voci
e per organetto, Bozzeli è riuscito a ricostruire dunque queste parti musicali,
e a farne copie, conservandosene alcune anche presso l’Archivio Centro di
Documentazione Teatrale Di Loreto-Liberati di Castel Frentano, sperando che un
domani magari questa commedia possa essere riproposta nei repertori teatrali
abruzzesi.
Cupido mi ha confidato che questa
canzone fu recuperata per tradizione orale, perché gli anziani del paese la
ricordavano ancora, e di fatti il Bozzelli riuscì a trascriverla. Purtroppo,
leggendo la tabella schedario delle canzoni dell’Olivieri, alcune restano e per
sempre forse resteranno mute, senza più la musica. Cosa sciagurata e
deplorevole, che le musiche di una tradizione abruzzese vengano perse per
trascuratezza e indifferenza! La collaborazione teatrale tra il duo Olivieri-Di
Loreto continuò, con Terra luntane (1935) e Filadelfia, Napoli,
Borgomatto (1934), poi riscritta da Di Loreto nel 1945 per il compositore
Ugo Di Santo, che diventerà il capolavoro Lulù, aiutami tu!
Anche di queste due opere, purtroppo si
è persa la musica, solo qualche brandello si è potuto rintracciare sempre
grazie alla tenacia di Pietro Cupido, di Terra luntane resta una traccia di un
brano dal I atto, riproposto in una Festa delle Canzoni di Caldari di Ortona,
con la musica posseduta in copia da Cupido e da Vincenzo Coccione nell’Archivio
dell’Associazione musicale “T. Coccione” di Poggiofiorito; di Filadelfia,
ecc., resta un duetto del IV Atto, presso il manoscritto di Cupido che attende
la pubblicazione. Le musiche dell’Olivieri si caratterizzano per allegria e
spensieratezza, talmente famose che Aristide Sigismondi, fratello del poeta
Giulio, aìemigrato in America, ne incise alcune su disco Columbia nel 1927, e
sono Lu currede (Di Loreto-Olivieri), ABC (Di Loreto-Olivieri), e ne
incise anche alcune del fratello Giulio musicate con De Cecco. La fama di
Olivieri continuò anche dopo la sua morte, quando negli anni ‘70 il M° Rocco
Jarlori con un coro sanvitese, ne ripescò alcune, come ABC, Vu sape’, e
la più famosa Tante salute. Questa canzonetta, scritta come una lettera
inviata dallo sposo alla sposa lontana, è tra le più spassose scritte dal Di
Loreto, lo sposo si raccomanda che lei stia bene, e per farla stare più vicino
al suo Abruzzo, le scrive in dialetto, e le raccomanda di non farsi corrompere
dalla società moderna, ma di rimanere sempre fedele ai suoi principi paesani.
I due erano all’apice del successo, tra
Maggiolate, commedie teatrali che stavano segnando la presa di coscienza di un
teatro abruzzese con un preciso programma e dei testi di riferimento, che non
fossero più solo farse e commediole scritte solo per far divertire, ma con una
precisa storia, e soprattutto con delle canzoni che avrebbero dovuto durare
negli anni…e che invece in gran parte sono andate perse, a causa della
scomparsa degli spartiti, dunque destinate a restare mute sulla carta!
Ma accade qualcosa, Vito Olivieri pare
che ebbe degli screzi col fascismo, col podestà di San Vito in quegli anni? O
per altre situazioni? Per ora non si è riusciti a ricavare sufficienti
documenti per supportare le nostre ipotesi; fatto sta che tra le ultime
collaborazioni per le canzoni, ci sono quelle alle Feste dell’Uva di
Poggiofiorito nella metà degli anni ’30. Le Feste dell’Uva nate nel 1929 per
volere di Cesare de Titta a Poggiofiorito, dove era tornato il grande
fisarmonicista Tommaso Coccione dalla sua turnè in America, si riproponevano
sempre, con dei concorsi, di celebrare la canzone abruzzese, e di dare spazio a
poeti emergenti e poeti già affermati. Da notare che in questi concorsi vari di
Castelfrentano, San Vito, Lanciano ecc.
i temi variavano, ad esempio per Pescara e i paesi marinari, molte canzoni
hanno per tema il mare, vedasi anche A lu mole per la Maggiolata del
1930 con musica di Olivieri e versi di Cesare Fagiani; per Poggiofiorito
ovviamente la vendemmia e la raccolte dell’ulivo (si vedano le varie Canzone
dell’uve – Canzone de lu grane – La cujjeture de la ‘live), celeberrime
quelle di Marcolongo, Dommarco e Di Jorio; per Castelfrentano abbiamo
riferimenti alla bellezza del paesello sul colle ameno, al campanile, alla
Madonna dell’Assunta patrona (Santa Marie per la Maggiolata del 1925, e Campanelle
di Sante Rocche, 1938, su versi di Di Loreto e musica di Liberati.
Olivieri dunque partecipò a Poggiofiorito con alcune canzoni, avrebbe partecipato anche al Primo Concorso della Canzone fascista abruzzese di Poggiofiorito del 1939, ma questo problema col fascismo, di cui non ancora si sa molto, lo impedì. Nel 1936 aveva partecipato alla Prima Festa della Canzone di Caldari, vicino Ortona, con la scenetta agreste La metiture, su versi del giovanissimo Custode Miccoli di Rogatti (1914-2002); ma a quanto ci riferisce Cupido, il testo originale fu scartato perché conteneva delle frasi che irritarono la censure del Regime, e dunque il testo che oggi leggiamo è assai modificato. Fortunatamente il citato Deo Bozzelli riuscì a recuperare il testo originale della musica di Olivieri, e a farne copie, una delle quali utilizzata anche da Cupido per il suo manoscritto, di cui pubblichiamo la prima pagina.
Questa scenetta, sulla scia del più celebre Trittico di Terra d’Oro di Dommarco-Albanese di Ortona, rappresenta l’ormai classico corteggiamento tra innamorato e innamorata in un’aia durante il momento della smarroccatura, con interventi del coro con canti, fino alla promessa finale di matrimonio. Un classico espediente che molti autori utilizzarono, come scena finale delle rassegne canore delle contrade attorno Ortona, ad esempio La villegne de li Macinine di Dragani e Liberati (1947), oppure A mmezz’alla ‘live di Della Barba-Marino (1938), Villegne d’amore di Giangrande-Marrocco (1946), Jamme, jamme Tirisì! (1964) di Dragani-Marrocco, ma sarebbe cosa ardua citarle tutte, e per rendersi conto della quantità di queste scenette teatrali, basti leggersi i libretti delle Settembrate abruzzesi di Pescara.
L’Olivieri nel 1936 cambia residenza da
San Vito, come attestato anche all’anagrafe, per finire a L’Aquila, dove morirà
solo e dimenticato nel 1941. Tuttavia nel capoluogo abruzzese, l’Olivieri ebbe
modo di farsi conoscere, dove ad esempio rielaborò in aquilano la sua prima
canzone scritta per le Maggiolate, Vola canzona, di cui Cupido è
riuscito a trovare il manoscritto. Tuttavia magra consolazione, di Olivieri non
si saprà più nulla, fino alla morte, tra l’altro scoperta di recente, poiché
pare che a San Vito, almeno fino alla lenta riscoperta negli anni ’70, fu
considerato un vero e proprio estraneo, quasi avesse subito una damnatio
memoriae. Infatti quando si costituì il Coro “Vito Olivieri” in opposizione al
Sigismondi, il M° Remo Vinciguerra propose di incidere in un disco alcune
canzoni, soprattutto quelle più facili da reperire perché stampate nei libretti
delle Maggiolate di Ortona. Ancora oggi sono eseguiti suoi celebri pezzi, ma un
lavoro di riscoperta del nostro musicista ciabattino deve essere ancora
operato, soprattutto per rispetto a un personaggio che fu a completamento della
rosa di musicisti e poeti sanvitesi quali furono Sigismondi, Bozzelli, Di
Clemente, Jarlori, D’Intino e Benvenuto.
Qui di seguito pubblichiamo le musiche
dell’Olivieri edite nelle Maggiolate di Ortona e San Vito:
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