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31 agosto 2023

Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate.

 

VITO OLIVIERI (1865-1941) di San Vito chietino, le Canzoni abruzzesi

Vito Olivieri, un musicista abruzzese delle Maggiolate

di Angelo Iocco

Nella storia della musica abruzzese d’autore, occorre necessariamente parlare di Vito Olivieri di San Vito chietino (1865-1941). Poco si sa delle sue origini, e molte notizie, come mi ha confidato il ricercatore delle sue memorie, lo storico Pietro Cupido di San Vito recentemente scomparso, sono di tradizione orale. Ad esempio chi lo conobbe ricorda che svolgeva in gioventù la professione di calzolaio, e che si dilettava di musica. Non si sa come studiò e dove perfezionò i suoi rudimenti musica, dato che, come possiamo vedere dagli spartiti manoscritti conservatisi di alcune sue canzoni, il nostro Olivieri era ben ferrato nel contrappunto. Resta un mistero, sicché non giungano in futuro documenti a supporto delle nostre ipotesi; una situazione analoga dicasi per il musicista Arturo Colizzi (1885-1964) di Rocca San Giovanni, che lavorò nelle canzoni abruzzesi con il sanvitese Giulio Sigismondi e altri, e scrisse la celebre Voga voghe (1922) per il Concorso delle canzoni di Lanciano. Grazie alle informazioni raccolte da Cupido sull’Olivieri, che si spera siano in fururo pubblicate, e sono lettere, corrispondenze, documenti, fotografie, tra cui il ritratto del musicista, sono riuscito a trarre queste poche righe.

L’Olivieri sicuramente, come dimostrano le ricerche di Cupido, fu influenzato nelle sue compoisizioni dai canti popolari del paese, dato che,  scrisse una ballata di Sant’Antonio abate. Sant’Antonio è celeberrimo in Abruzzo, non c’è paese che non lo festeggi il 17 gennaio, e che non abbia un repertorio di canti popolari o d’autore a lui dedicati. In effetti il Sant’Antonio sanvitese, ancora oggi eseguito da qualche compagnia spontanea, ha molto a che fare con i testi delle varie versioni che il 17 gennaio sono cantate da compagnie allegre a Mozzagrogna, Treglio, Torre Sansone di Lanciano, Castelfrentano, Ortona ecc.

Anche in questa versione sanvitese, il cui testo era ben noto all’Olivieri già negli anni ‘20, ad esempio abbiamo il simpatico ritornello:

S.Antonio

Ecco il vostro S.Antonio,

fier nemico del demonio,

son venuto in mezzo a voi,

ma da lontano un’ombra

vedo ancor.

Son venuto in mezzo a voi

A benedirvi e poi partir.

Coro

È venuto in mezzo a noi

a benedir e poi partir.

S.Antonio

Col cilicio intorno al fianco

sono giunto tanto stanco

per fuggire li da Satana

che non mi lascia riposar.

Coro

Col cilicio intorno al fianco

Lui è giunto tanto stanco

per fuggir li da Satana

che non lo lascia riposar.

S.Antonio

Mi disturba nel mangiare,

mi tormenta nel pregare,

mi si ficca sotto il letto,

e non mi lascia riposar.

Coro

Lo disturba nel mangiare,

lo tormenta nel pregare,

gli si ficca sotto il letto,

e non lo lascia riposar.

S.Antonio

È perciò son qui scappato

per non essere più tentato

da quel mostro scellerato

che dal cielo fu scacciato.

Oltre al Sant’Antonio, Cupido ha rintracciato altre musiche della tradizione popolare trascritte dall’Olivieri, vale a dire un Canto della Passione, un canto del resto molto popolare, eseguito dalle compagnie solitamente il Giovedì santo, di casa in casa, o per le strade, per annunciare l’avvenuta cattura di Gesù dopo la Cena. Leggendo le note dell’Olivieri e il testo tradito, notiamo che si tratta della classica Passione al modo frentano, che con qualche leggera modifica nelle note o in qualche parola, ricorre in tutte le zone circonvicine San Vito, a Lanciano, Castelfrentano, Chieti, Ortona, ecc., e inizia con il celebre: O bona gente state a sentire / la passione di Gesù vi voglio contare!

Olivieri seppe trasmettere nelle sue melodie, come i suoi colleghi Liberati, De Cecco, Montanaro, quel sapore popolare abruzzese di cui non poteva fare a meno, pur realizzando delle composizioni originali con testo d’autore, a discapito di qualcuno che vorrebbe una netta linea di demarcazione tra canzone abruzzese d’autore, e canto popolare, come se non ci sia una perfetta simbiosi tra l’una e l’altra! E invece ce n’è eccome! Basta dare uno sguardo alla Ninna nanna su versi di Giulio igismondi e musica di Arturo De Cecco, e confrontarla con i vari testi delle Ninne nanne popolare abruzzesi raccolte dagli etnologi Finamore, Giancristofaro, De Nino, Lupinetti, oppure le varie Ninne nanne scritte dal De Titta, dallo Zimarino, dal Dommarco!

Eduardo Di Loreto

Come molti altri poeti e musicisti locali, l’Olivieri ebbe modo di farsi valere in occasione della nascita delle Maggiolate a Ortona. Nella IV edizione del 1923 l’Olivieri finalmente partecipa con una canzone scritta dal dott. Eduardo Di Loreto di Castelfrentano (1897-1958), Vola canzone!, seguita da vari altri successi. Leggendo gli articoli di giornale dell’epoca, preziose fonti per reperire notizie altrimenti sconosciute, come L’Idea abruzzese di Zopito Valentini, Il Corriere Frentano, I 3 Abruzzi, Il Fuoco, ecc., scopriamo che quando il Valentini col suo giornale nell’agosto 1922 indisse un Bando delle Canzoni Abruzzesi a Pescara nell’Hotel Verrocchio (all’epoca nell’area di Castellammare Adriatico), l’Olivieri partecipò con una canzone, di cui non si conosce il titolo, insieme a vari altri poeti locali, quali Sigismondi, l’Albanese, il Colizzi, il Mariani, il Renzetti, il Di Loreto. Questa canzone tuttavia non venne selezionata dalla giuria fra le migliori, perché non compare nel libretto delle Canzoni eseguite dai Cori. Successivamente sfogliando gli articoli, leggiamo che nella successiva grande festa della Settimana abruzzese di Pescara dell’agosto 1923, rimasta memorabile nel suo allestimento, soprattutto per la contrastata messa in scena dialettale della tragedia dannunziana La figlia di Jorio su versi di Cesare de Titta, Vito Olivieri partecipò con un’altra canzone; le canzoni per regolamento dei concorsi, erano senza nome e senza autore, e venivano presentate con un motto. Ad esempio il primo premio fu vinto dalla canzone Tuppe e tuppe di Eduardo Di Loreto e Pierino Liberati, col motto “versi miei, musica di lui”.  Dunque notiamo come l’Olivieri fosse tenuto in buona considerazione, almeno per quanto riguarda il clima elettrizzante dell’organizzazione di questi festival canori, mentre se dobbiamo attenerci alle fonti, in seno al piccolo paese dove viveva, riceveva solo fischi e scarso successo da parte del popolino. Un sarto che si mette a fare della musica? E che? Modesto Della Porta di Guardiagrele non era forse sarto? Ed oggi è ritenuto il maggior poeta rappresentante d’Abruzzo! Ma “nemo propheta in patria est”, e pure Modesto subì le critiche e le angherie, addirittura, permettendoci una piccola deviazione del discorso, nel Concorso delle canzoni di Lanciano del 1922 con presidente l’illustre musicista Camillo de Nardis di Orsogna, Modesto vinse il primo premio con la canzone Carufine (Garofani), con musica di Carlo Massangioli (altro musicista di cui purtroppo si è perso quasi tutto); e suscitò l’ira funesta dei vari poeti dell’intellighentia locale, quali Sigismondi, Marcolongo, Mola, Renzetti, Brasile, che facevano il tifo per l’illustre sacerdote e linguista Cesare de Titta, che ebbe il secondo posto.

Tornando a noi, con ciò abbiamo voluto raccontare uno spaccato del clima di questi concorsi, nei quali spesso accadeva di confondere il sentimento di scegliere come vincente la canzone rappresentatrice del concorso stesso e dello spirito canoro d’Abruzzo, con il desiderio di gloria personale. Anche se, diciamolo, questi concorso nacquero in seno all’inizio del movimento fascista, dunque a quel crogiolo di ideali di rappresentazione della figura tipo di un popolo e di una società, una grande maschera di sé stessi. Canzoni, per rimanere nel nostro contesi, belle senz’altro tanto che ancora oggi sono riproposte, ma nulla affatto rappresentatrici del sentimento di un popolo, i canti di tradizione orale come il Lamento della vedova, Tutte le fontanelle, All’orte, So ite a fa la jerve, erano ben altre!

L’Olivieri sulla scia della fama delle Maggiolate, partecipò ad organizzare delle feste a San Vito che sapessero tener testa a Ortona, e così nacque nel 1923 la Festa del Mare alla Marina di San Vito, che ebbe successo memorabile, anche se attualmente, non si è riusciti a rintracciare un libretto, ammesso che fosse stato stampato, per poter capire quali canzoni siano state presentate. Magari qualche articolo di giornale locale potrebbe darci più luce. Fatto sta che l’Oliveri certamente partecipò a queste gare canore, e fu tra i protagonisti anche alla II Festa del Mare del 1926, di cui fortunosamente grazie a Maria Di Clemente si conservano dei libretti. Come possiamo vedere, l’Olivieri aveva stretto un forte rapporto col dott. Di Loreto di Castelfrentano, che alternava la sua collaborazione col concittadino Pierino Liberati, reduce dai successoni delle canzoni A core a core (Ortona 1922) e Tuppe e tuppe (Pescara 1922). Per la Festa del Mare del ‘26, l’Olivieri scrisse varie canzoni, tra le più belle leggiamo la Serenatella a lu mare su versi del Di Loreto, dove possiamo comprendere quanto il piccolo ciabattino si fosse perfezionato, e come riuscisse a far danzare i versi precisi, briosi e immediatamente accattivanti del Di Loreto. E naturalmente i due partecipano ad altre Maggiolate con Care amore (1925), Lu currede (1926), A.B.C. (1930), Azzichete, e che d’è (1931). Nonostante i temi sempre ripetitivi dell’amore, del corteggiamento dei fidanzatini, dell’idea di scappare dal paesello di provincia per un’alcova isolata dove poter divertirsi innocentemente, un po’ faceva l’occhiolino anche all’ideale dei tempi, alla propaganda di Regime dell’evasione dalla caotica vita, a divertirsi con motivetti “senza pensieri”, e potremmo citare le canzoni Voglio vivere così, o Ridere. l’Olivieri seppe sempre dare brio giusto e calibrato e variabile ai versi dei suoi committenti. Di Loreto infatti scelse proprio Olivieri come animatore dei suoi versi, in alternanza al compaesano Liberati, dopo i clamorosi successi del 1922-23. Sembra che avesse trovato in Olivieri qualcuno che poteva veramente dar vita ai suoi sentimenti con le note, e di fatto, dopo le sue prime brevi farse teatrali, Di Loreto cercò di spingersi più in là con i versi.

E di fatti Eduardo Di Loreto, che giustamente fu considerato l’inventore di un teatro nuovo nell’area Frentana, e che avrebbe potuto dare molto di più se un male, e soprattutto un precoce impoverimento dei temi, non lo avessero travolto, con l’Olivieri e contemporaneamente con Liberati, si dette allo spettacolo nel grande palco. Con l’Olivieri scisse due commedie, Chi trove la mentucce, rappresentata a Pescara nel 1929 per l’OND, e poi per San Vito, Punte di stelle, commedia in due atti intervallata a musiche. Questa commedia tuttavia, ci ha riferito Cupido, non venne rappresentata mai, benché l’allestimento fosse pronto, pare per alcuni screzi con l’amministrazione locale fascista. La trama è assai semplice e briosa, in una sonnacchiosa cittadina, dove tutti si annoiano e non c’è mai niente di nuovo, all’improvviso arriva un’avvenente ragazza, che manda in subbuglio tutto il tranquillo clima paesano, tra l’alternarsi di alcune scene cantate. Purtroppo come accadde per vari altri musicisti, col passare degli anni e specialmente a causa dell’indifferenza nei confronti delle carte lasciate sparse, la produzione di un grande come Vito Olivieri è andata lentamente in parte persa. Gli spartiti manoscritti servivano al musicista per le esecuzioni, non destinate alla pubblicazione, come nel caso dei libretti delle canzoni o delle commedie col testo. E dunque per questa commedia di Punte di stelle, molto frizzante vivace, siamo costretti ad ascoltare soltanto la bella canzone del finale del I atto, l’Avemmarije. Una canzone apparentemente allegra, e invece ricca di suggestioni nel suo ritmo andante e cadenzato, quasi come se ascoltassimo la campana mesta che annuncia l’Ave Maria la sera, coi suoi lenti rintocchi, mentre il sole tramonta dietro la montagna. Chissà, Di Loreto nello scriverla pensò alla campana della sua chiesa di Castel Frentano protetta dalla Majella? e protesa verso San Vito al mare?

Grazie a Deo Bozzelli (1912-1999), muratore e musicista di San Vito, allievo di Olivieri, di cui si conserva un cospicuo archivio di spartiti e riviste presso le eredi, è stato possibile ricostruire le parti musicali perdute di Punte di stelle. Naturalmente trattasi di una reinterpretazione del Bozzelli delle originali, ma purtroppo occorre accontentarsi, altrimenti nemmeno oggi sarebbe stato possibile eseguire dai cori il celebre canto L’Avemmarije. Con l’armonizzazione per 4 voci e per organetto, Bozzeli è riuscito a ricostruire dunque queste parti musicali, e a farne copie, conservandosene alcune anche presso l’Archivio Centro di Documentazione Teatrale Di Loreto-Liberati di Castel Frentano, sperando che un domani magari questa commedia possa essere riproposta nei repertori teatrali abruzzesi.

Cupido mi ha confidato che questa canzone fu recuperata per tradizione orale, perché gli anziani del paese la ricordavano ancora, e di fatti il Bozzelli riuscì a trascriverla. Purtroppo, leggendo la tabella schedario delle canzoni dell’Olivieri, alcune restano e per sempre forse resteranno mute, senza più la musica. Cosa sciagurata e deplorevole, che le musiche di una tradizione abruzzese vengano perse per trascuratezza e indifferenza! La collaborazione teatrale tra il duo Olivieri-Di Loreto continuò, con Terra luntane (1935) e Filadelfia, Napoli, Borgomatto (1934), poi riscritta da Di Loreto nel 1945 per il compositore Ugo Di Santo, che diventerà il capolavoro Lulù, aiutami tu!

Anche di queste due opere, purtroppo si è persa la musica, solo qualche brandello si è potuto rintracciare sempre grazie alla tenacia di Pietro Cupido, di Terra luntane resta una traccia di un brano dal I atto, riproposto in una Festa delle Canzoni di Caldari di Ortona, con la musica posseduta in copia da Cupido e da Vincenzo Coccione nell’Archivio dell’Associazione musicale “T. Coccione” di Poggiofiorito; di Filadelfia, ecc., resta un duetto del IV Atto, presso il manoscritto di Cupido che attende la pubblicazione. Le musiche dell’Olivieri si caratterizzano per allegria e spensieratezza, talmente famose che Aristide Sigismondi, fratello del poeta Giulio, aìemigrato in America, ne incise alcune su disco Columbia nel 1927, e sono Lu currede (Di Loreto-Olivieri), ABC (Di Loreto-Olivieri), e ne incise anche alcune del fratello Giulio musicate con De Cecco. La fama di Olivieri continuò anche dopo la sua morte, quando negli anni ‘70 il M° Rocco Jarlori con un coro sanvitese, ne ripescò alcune, come ABC, Vu sape’, e la più famosa Tante salute. Questa canzonetta, scritta come una lettera inviata dallo sposo alla sposa lontana, è tra le più spassose scritte dal Di Loreto, lo sposo si raccomanda che lei stia bene, e per farla stare più vicino al suo Abruzzo, le scrive in dialetto, e le raccomanda di non farsi corrompere dalla società moderna, ma di rimanere sempre fedele ai suoi principi paesani.

I due erano all’apice del successo, tra Maggiolate, commedie teatrali che stavano segnando la presa di coscienza di un teatro abruzzese con un preciso programma e dei testi di riferimento, che non fossero più solo farse e commediole scritte solo per far divertire, ma con una precisa storia, e soprattutto con delle canzoni che avrebbero dovuto durare negli anni…e che invece in gran parte sono andate perse, a causa della scomparsa degli spartiti, dunque destinate a restare mute sulla carta!

Ma accade qualcosa, Vito Olivieri pare che ebbe degli screzi col fascismo, col podestà di San Vito in quegli anni? O per altre situazioni? Per ora non si è riusciti a ricavare sufficienti documenti per supportare le nostre ipotesi; fatto sta che tra le ultime collaborazioni per le canzoni, ci sono quelle alle Feste dell’Uva di Poggiofiorito nella metà degli anni ’30. Le Feste dell’Uva nate nel 1929 per volere di Cesare de Titta a Poggiofiorito, dove era tornato il grande fisarmonicista Tommaso Coccione dalla sua turnè in America, si riproponevano sempre, con dei concorsi, di celebrare la canzone abruzzese, e di dare spazio a poeti emergenti e poeti già affermati. Da notare che in questi concorsi vari di Castelfrentano, San Vito, Lanciano ecc.  i temi variavano, ad esempio per Pescara e i paesi marinari, molte canzoni hanno per tema il mare, vedasi anche A lu mole per la Maggiolata del 1930 con musica di Olivieri e versi di Cesare Fagiani; per Poggiofiorito ovviamente la vendemmia e la raccolte dell’ulivo (si vedano le varie Canzone dell’uve – Canzone de lu grane – La cujjeture de la ‘live), celeberrime quelle di Marcolongo, Dommarco e Di Jorio; per Castelfrentano abbiamo riferimenti alla bellezza del paesello sul colle ameno, al campanile, alla Madonna dell’Assunta patrona (Santa Marie per la Maggiolata del 1925, e Campanelle di Sante Rocche, 1938, su versi di Di Loreto e musica di Liberati.

Olivieri dunque partecipò a Poggiofiorito con alcune canzoni, avrebbe partecipato anche al Primo Concorso della Canzone fascista abruzzese di Poggiofiorito del 1939, ma questo problema col fascismo, di cui non ancora si sa molto, lo impedì. Nel 1936 aveva partecipato alla Prima Festa della Canzone di Caldari, vicino Ortona, con la scenetta agreste La metiture, su versi del giovanissimo Custode Miccoli di Rogatti (1914-2002); ma a quanto ci riferisce Cupido, il testo originale fu scartato perché conteneva delle frasi che irritarono la censure del Regime, e dunque il testo che oggi leggiamo è assai modificato. Fortunatamente il citato Deo Bozzelli riuscì a recuperare il testo originale della musica di Olivieri, e a farne copie, una delle quali utilizzata anche da Cupido per il suo manoscritto, di cui pubblichiamo la prima pagina.


Questa scenetta, sulla scia del più celebre Trittico di Terra d’Oro di Dommarco-Albanese di Ortona, rappresenta l’ormai classico corteggiamento tra innamorato e innamorata in un’aia durante il momento della smarroccatura, con interventi del coro con canti, fino alla promessa finale di matrimonio. Un classico espediente che molti autori utilizzarono, come scena finale delle rassegne canore delle contrade attorno Ortona, ad esempio La villegne de li Macinine di Dragani e Liberati (1947), oppure A mmezz’alla ‘live di Della Barba-Marino (1938), Villegne d’amore di Giangrande-Marrocco (1946), Jamme, jamme Tirisì! (1964) di Dragani-Marrocco, ma sarebbe cosa ardua citarle tutte, e per rendersi conto della quantità di queste scenette teatrali, basti leggersi i libretti delle Settembrate abruzzesi di Pescara.

L’Olivieri nel 1936 cambia residenza da San Vito, come attestato anche all’anagrafe, per finire a L’Aquila, dove morirà solo e dimenticato nel 1941. Tuttavia nel capoluogo abruzzese, l’Olivieri ebbe modo di farsi conoscere, dove ad esempio rielaborò in aquilano la sua prima canzone scritta per le Maggiolate, Vola canzona, di cui Cupido è riuscito a trovare il manoscritto. Tuttavia magra consolazione, di Olivieri non si saprà più nulla, fino alla morte, tra l’altro scoperta di recente, poiché pare che a San Vito, almeno fino alla lenta riscoperta negli anni ’70, fu considerato un vero e proprio estraneo, quasi avesse subito una damnatio memoriae. Infatti quando si costituì il Coro “Vito Olivieri” in opposizione al Sigismondi, il M° Remo Vinciguerra propose di incidere in un disco alcune canzoni, soprattutto quelle più facili da reperire perché stampate nei libretti delle Maggiolate di Ortona. Ancora oggi sono eseguiti suoi celebri pezzi, ma un lavoro di riscoperta del nostro musicista ciabattino deve essere ancora operato, soprattutto per rispetto a un personaggio che fu a completamento della rosa di musicisti e poeti sanvitesi quali furono Sigismondi, Bozzelli, Di Clemente, Jarlori, D’Intino e Benvenuto.

Qui di seguito pubblichiamo le musiche dell’Olivieri edite nelle Maggiolate di Ortona e San Vito:

 



























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